TTIP: Svizzera spettatore o giocatore della partita?
Nella precedente edizione di Ticino Business abbiamo spiegato che la Svizzera dovrà determinare quale strategia intraprendere nell’ambito dei negoziati sull’accordo di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) tra Stati Uniti e Unione Europea. Fare da spettatore o giocare la partita? Evidentemente a dipendenza della strategia che si vorrà intraprendere si prospettano rischi o opportunità per l’economia elvetica.
Ricordiamo che già oggi gran parte delle esportazioni svizzere sono destinate all’UE (53,7%) e agli USA (13,5%). È quindi evidente che il TTIP negoziato tra USA e UE potrebbe penalizzare fortemente le aziende elvetiche soprattutto tenendo presente che non esiste alcun accordo di libero scambio tra USA e CH.
Secondo un sondaggio condotto da economiesuisse tra i propri membri, “per le imprese svizzere del settore chimico, farmaceutico e delle biotecnologie, un’eventuale diminuzione dei dazi doganali significherebbe una discriminazione minore, visto il debole livello di quelli che colpiscono le importazioni negli Stati Uniti (tasso NPF applicato al 3,2%) e i costi previsti per l’applicazione del TTIP (dal 4 al 10% del valore delle merci). Tuttavia, se i negoziati in materia di procedure doganali e facilitazione del commercio dovessero sfociare in una soluzione più liberale rispetto all’accordo sulla facilitazione e la sicurezza doganali, i concorrenti europei sarebbero avvantaggiati rispetto alle imprese svizzere; queste ultime sarebbero, in quel caso, discriminate nel traffico merci transfrontaliero con gli Stati Uniti”. Alla luce di questi pareri provenienti da aziende del settore chimico, farmaceutico e delle biotecnologie, una partecipazione svizzera al TTIP porterebbe dunque grandi vantaggi.
Al contrario, se prendiamo l’esempio simbolico del settore orologiero, a detta degli addetti ai lavori un’adesione a questo spazio di libero scambio potrebbe portare ad una situazione peggiorativa. Infatti, sempre secondo il sondaggio di economiesuisse “l’orologeria teme un rischio di discriminazione se gli Stati Uniti e l’Europa si intendono, nell’ambito del TTIP, su regole d’origine relativamente ridotte con i criteri di valore del 60% o 70% (valore delle materie prime provenienti da Paesi terzi limitata al 60% o al 70% della merce finita). Se il nostro Paese adottasse gli stessi parametri, nell’ottica di conformarsi all’accordo, il settore teme una diminuzione della creazione di valore in Svizzera”.
Nel contesto degli scambi commerciali vanno considerati anche le regole dell’origine per attribuire la preferenza di dazio ai sensi dell’accordo di libero scambio stesso. In questo senso, un secondo studio commissionato dalla SECO ha messo in evidenza le possibili conseguenze, in alcuni importanti settori di importazione, di eventuali regole restrittive nel TTIP per i produttori svizzeri. Diversi settori importanti della nostra industria (componentistica per auto, strumenti di precisione, ecc.) subirebbero infatti maggiormente gli effetti negativi di questo accordo dovuti ad una concorrenza maggiore. In pratica, i produttori dell’UE potrebbero agevolmente sostituire i semilavorati svizzeri con semilavorati provenienti dall’UE o dagli USA. Lo stesso dicasi per gli USA.
Concludiamo con la convinzione che la Svizzera non può rimanere a guardare dalla finestra quello che sta succedendo nell’ambito del TTIP, ma da sola o ancor meglio in seno all’AELS dovrà avere un ruolo ancor più attivo e determinato a livello diplomatico affinché gli scenari peggiori ipotizzati in vari studi non diventino realtà. La storia della politica economica esterna svizzera ci insegna che la strategia di diversificazione dei mercati di sbocco e di estensione della aree di libero scambio porta benefici alle nostre aziende. Continuiamo dunque in questa direzione dando ossigeno alle nostre aziende.
Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Export e vice direttore Cc-Ti