Strategia energetica 2050: alcuni buoni principi ma globalmente non convincenti
La revisione della legge federale sull’energia in votazione popolare il 21 maggio rappresenta un dossier estremamente complesso e che dovrebbe essere sviluppato in più tappe. Le opinioni nel mondo politico sono abbastanza definite, mentre nel contesto economico divergono in maniera anche abbastanza netta.
Gli obiettivi generali sono sostanzialmente condivisi. La strategia di abbandono dell’energia nucleare decisa dal Consiglio federale nel 2011 è ormai una realtà, almeno per quanto riguarda gli impianti “tradizionali” come quelli che conosciamo. Anche lo scopo generale di ridurre la dipendenza dalle energie fossili come petrolio e gas, favorendo la riduzione del consumo generale di energia e sviluppando le energie rinnovabili, può essere condivisa nel suo principio.
Incentivi finanziari e nuove prescrizioni
Per raggiungere tali scopi sono ovviamente necessari incentivi finanziari e nuove prescrizioni destinate a migliorare l’efficienza energetica.
Questo è uno dei primi nodi del progetto e una difficoltà importante per chi rappresenta l’economia, visto che talune aziende beneficeranno di questa prevista manna di incentivi finanziari, mentre altre temono, non senza ragioni, difficoltà di approvvigionamento per tutto il paese e un eccessivo aumento del costo dell’energia elettrica. Un aumento che indubbiamente si verificherebbe, al di là delle molte cifre menzionate durante la campagna di votazione, visto che comunque si passerebbe da 1,5 a 2,3 centesimi per Kwh. L’aumento in quanto tale sarebbe digeribile, ma essendo finalizzato soprattutto a finanziare le cosiddette energie rinnovabili, suscita qualche legittimo dubbio quanto alla reale utilità dell’obolo richiesto. Non perché le energie rinnovabili non siano degne di attenzione, anzi! Ma se pensiamo ad esempio alle fortissime opposizioni che riscontrano praticamente tutti i progetti di energia eolica che si sta cercando di ipotizzare, è più che legittimo il dubbio che uno dei tasselli considerato fondamentale per l’approvvigionamento con energie rinnovabili difficilmente potrà avere lo sviluppo sperato in tempi rapidi e atti a compensare i “buchi” lasciati dal progressivo abbandono del nucleare.
Certo, si potrebbe sempre ricorrere a una maggiore importazione di energia dall’estero per coprire tali buchi, ma questo è un po’ paradossale se si considera che tale approvvigionamento deriverebbe prevalentemente da impianti che funzionano con energie fossili. E pensare, contemporaneamente al paventato aumento di capacità di produzione delle energie rinnovabili, che sia realistico il pur lodevole scopo di diminuire il consumo generale di energia (circa il 13% per abitante) è abbastanza azzardato. Indubbiamente il progresso tecnologico può aiutare, ma lo stesso progresso porta anche spesso a un incremento della richiesta di energia, tanto è vero che ad esempio un aumento considerevole delle automobili elettriche nel parco veicoli svizzero (metà entro il 2050, tutti entro il 2070 secondo gli esperti del clima) renderebbe necessario un approvvigionamento che corrisponde al doppio della produzione della centrale nucleare di Gösgen. Difficile coprire tale richiesta senza ad esempio centrali a gas, cosa che sarebbe contraria allo spirito stesso della strategia energetica. Anche perché la questione dell’immagazzinamento della produzione di energia derivante da fonti rinnovabili non è a oggi contemplata e il progetto è limitato perché prevede un sostegno troppo limitato all’energia idroelettrica, che meriterebbe un’attenzione almeno equivalente a quella prestata ad altre fonti di energia rinnovabile meno consolidate.
Costi difficili da stabilire
Sui costi circolano molte cifre. Difficile stabilire quali siano veramente attendibili. E questo è un altro limite importante dell’attuale progetto. A parte il già citato aumento da 1,5 a 2,3 centesimi per Kwh, vanno ovviamente aggiunti gli investimenti necessari a migliorare l’efficienza energetica, ridurre il consumo e adattare i canali di distribuzione a una produzione elettrica meno centralizzata. Il rincaro per le aziende soprattutto industriali rischia di essere quindi più corposo del previsto. Confidare sullo sviluppo tecnologico è certamente buona cosa, ma non permette di fare previsioni precise a lungo termine, anche per la scarsa prevedibilità della direzione presa da tale sviluppo. Nessuno a oggi può ad esempio escludere tecnologie che rendano nuovamente interessante e praticabile il nucleare.
Malgrado si riconoscano le difficoltà di trovare soluzioni condivise, il progetto attuale deve essere rifiutato con un NO alle urne il prossimo 21 maggio.
Come detto in precedenza, non si tratta di tornare sulla decisione di abbandono del nucleare del 2011 né di rimettere in questione il principio degli obiettivi fondamentali della revisione. Sono però preponderanti i dubbi quanto all’effettiva possibilità di realizzazione di tali obiettivi, fondati più su supposizioni che su dati concreti. Vari elementi del dossier in votazione possono quindi senz’altro essere mantenuti, ma vanno inseriti in un progetto meno dirigista e burocratico, che resti sufficientemente aperto per adattare le esigenze alla realtà del mercato e all’evoluzione tecnologica. Quanto sottoposto in votazione non dà garanzie sufficienti in questo senso. Occorre evitare un salto nel buio che sarebbe un’immagine un po’ paradossale per un progetto che vuole garantire l’efficienza energetica.