Un sì convinto il 24 novembre prossimo

Autostrada: è un tipo di via di comunicazione, progettata per agevolare la circolazione di grandi volumi di traffico veicolare ad alta velocità, in alternativa a una strada della viabilità ordinaria che non garantisce la stessa capacità di transiti e non gestisce gli stessi problemi di sicurezza. (fonte: Wikipedia)

Proprio partendo dalla definizione di autostrada che si legge in Wikipedia, la nota enciclopedia libera online fonte apprezzata di molte informazioni, e riallacciandomi all’articolo della scorsa edizione di Ticino Business dal titolo «Un tempo, le strade erano un “arricchimento del paesaggio» cercherò di fare un’analisi personale della situazione attuale.

Che le autostrade svizzere siano delle vie di comunicazione importanti è fuori dubbio. Con un minimo sfruttamento del territorio che rappresenta oggi solo il 2.7% della superficie stradale complessiva svizzera (che a sua volta rappresenta il 2% dell’intero territorio svizzero) assorbe in compenso il 45% del traffico su stradale. Anche questo secondo punto che troviamo nella definizione di autostrada viene ancora oggi pienamente confermato. Wikipedia ci ha pienamente azzeccato quindi! Non proprio, la definizione continua poi con: ad alta velocità, in alternativa a una strada della viabilità ordinaria … Ecco che qui, come si suol dire casca l’asino. Oggi percorrere le autostrade svizzere significa speso e volentieri restare fermi in colonna e percorrere lunghi tratti a velocità ridotta o in alternativa uscire dall’autostrada e percorrere strade urbane ed extraurbane che attraversano villaggi e città creando disagi ai residenti e intasando pure queste vie di comunicazione.

A questo proposito le cifre fornite da USTRA sono impietose: nel 2023 gli automobilisti svizzeri hanno trascorso 48’807 ore incolonnati in autostrada di cui 86.7% era imputabile direttamente all’intasamento delle strade. Questo corrisponde ad un aumento rispetto all’anno precedente del 22.4% a fronte di un aumento del traffico di solo l’1.5%. La spiegazione di tutto ciò sta nel raggiungimento, e spesso del superamento, della capacità di traffico delle autostrade progettate e costruite nella gran parte dei casi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. La situazione è quindi sempre più insopportabile e sicuramente come ognuno di noi ha provato sulla propria pelle restando incolonnato per ore, richiede delle soluzioni.

La mobilità della popolazione è oggi uno dei diritti che si ritiene acquisito e che quindi difficilmente saremo disposti a rinunciarvi. Una interessante statistica pubblicata dalla rivista del TCS nella sua edizione di settembre 2024 dimostra che gli spostamenti per il tempo libero rappresentano la maggior parte del traffico seguiti, al mattino presto e alla sera dagli spostamenti per recarsi al lavoro. Viene spontaneo chiedersi come si possa intervenire per limitare i disagi dovuti agli imbottigliamenti senza però limitare la libertà di spostamento della popolazione per piacere o per dovere. Certamente lo sviluppo dei trasporti pubblici (in particolare della rete ferroviaria) è una strada che va percorsa e che la Confederazione sta portando avanti con la garanzia dei necessari investimenti grazie al fondo per il finanziamento e l’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria FIF, ma anche il potenziamento della reta stradale nazionale deve fare la sua parte.

Il 25 novembre prossimo il popolo svizzero sarà chiamato ad esprimersi sul referendum contro il Programma di sviluppo strategico (PROSTRA) delle strade nazionali che prevede un investimento di 11.6 miliardi di franchi entro il 2030 per portare a termine 5 progetti volti ad eliminare quelli che sono oggi i punti più soggetti ad imbottigliamenti dovuti al traffico veicolare.

In particolare, si tratta di adeguare le strutture del tunnel del Reno a Basilea, del tratto autostradale Wankdorf – Schönbhül – Kirberg, di quello tra Le Vengeron – Coppet -Nyon, della seconda canna del tunnel di Fäsenstaub e della terza canna del tunnel Rosenberg. In caso di bocciatura da parte del popolo di questi cinque progetti, è scontato che la situazione della viabilità non potrà che peggiorare a scapito anche delle zone circostanti che si vedranno sempre più messe sotto pressione dal traffico di aggiramento che invece che transitare sull’autostrada si sposterà sempre più sulle strade cantonali e comunali.

Un altro grosso pericolo in caso di voto contrario al referendum è che tutti i futuri progetti di completamento e adeguamento della rete di strade nazionali vengano rimandati se non addirittura cancellati con ripercussioni negative anche per il nostro cantone. Il collegamento diretto tra Locarno e Bellinzona, o altri progetti a sud delle Alpi volti a migliorare la viabilità di tutti noi, difficilmente vedrebbero la luce.

Un sì convinto è certamente la scelta giusta che i cittadini svizzeri dovranno esprimere con il voto del prossimo 25 novembre nella consapevolezza che un potenziamento della rete stradale nazionale è oggi indispensabile per garantire un futuro di prosperità e sicurezza a tutti cittadini sia automobilisti che utenti dei mezzi di trasporto pubblici.


Articolo a cura di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti