Recupero crediti  e fallimento: le novità per le aziende

A partire dal 1° gennaio 2025, i crediti di diritto pubblico (IVA, multe, imposte, contributi previdenziali o premi assicurativi obbligatori) non saranno più perseguiti tramite pignoramento, ma tramite fallimento.

Quando nel 1889 è entrata in vigore la Legge federale sull’esecuzione e sul fallimento (LEF), è stata concordata un’eccezione per i crediti di diritto pubblico. I crediti di diritto pubblico sono perseguiti tramite pignoramento e non tramite fallimento, come avviene per i crediti di diritto privato. A partire dal 1° gennaio 2025, le eccezioni previste dai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 43 della Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (LEF) saranno abrogate. Questa modifica legislativa fa parte della nuova legge federale sulla lotta all’abuso del fallimento.

Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2025, i crediti di diritto pubblico (IVA, multe, imposte, contributi previdenziali o premi assicurativi obbligatori) non saranno più perseguiti tramite pignoramento, ma tramite fallimento. Questo vale solo per le persone giuridiche (società, associazioni) e le persone fisiche (ditte individuali) iscritte nel registro di commercio ai sensi dell’articolo 39 LEF. Si noti che il titolare di una ditta individuale è soggetto al fallimento nel suo cantone di domicilio, anche se la sua società è iscritta nel registro di commercio di un altro cantone.

Quali debiti sono coinvolti?

Questo vale per tutti i crediti di diritto pubblico, comprese le imposte (comunali, cantonali e federali), l’IVA, le multe, le sanzioni e i contributi sociali (compresi i contributi AVS). Sono compresi anche i premi dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni. Tuttavia, due tipi di crediti di diritto pubblico continueranno a essere disciplinati dal regime eccezionale previsto dall’art. 43 LEF. Si tratta dei crediti relativi al recupero degli alimenti periodici e dei contributi alimentari derivanti dal diritto di famiglia, nonché dei contributi alimentari derivanti dalla legge sul  partenariato del 18 giugno 2004 (art. 43 cpv. 2) e della prestazione di garanzie (art. 43 cpv. 3).

Questa revisione prevede una particolarità giuridica: oltre ai procedimenti giudiziari avviati a partire dal 1° gennaio 2025, saranno interessate anche le procedure avviate prima di tale data. Inoltre, anche le persone con un certificato di inadempimento patrimoniale emesso prima del 1° gennaio 2025 potranno avviare una nuova procedura fallimentare. Va notato che un credito stabilito da un atto di mora si prescrive dopo 20 anni dalla data di emissione (art. 149° cpv. 1 LEF).

Cosa ci si può aspettare?

Tutti i crediti, recenti o pregressi, compresi i certificati di inadempimento rianimati, saranno ora soggetti alla procedura fallimentare. In pratica, la procedura iniziale (solleciti, citazioni) rimane invariata. Tuttavia, dopo la notifica dell’intimazione di pagamento e in caso di opposizione,

il creditore beneficerà di un processo di recupero semplificato, poiché le decisioni dell’autorità pubblica costituiranno titoli di scarico definitivi. In questo modo sarà più facile revocare l’ingiunzione di pagamento e procedere direttamente alla procedura fallimentare. Il creditore dovrà quindi richiedere un decreto di fallimento, che darà il via alla liquidazione di tutti i beni dell’azienda. Uno dei vantaggi del fallimento è che consente a un maggior numero di creditori di partecipare alla procedura, garantendo così una distribuzione più equa dei beni. Al termine del fallimento, il creditore ottiene un certificato di inadempienza per l’importo del credito non pagato. Tuttavia, la chiusura del fallimento comporta lo scioglimento della società e la sua cancellazione dal registro di commercio.

Gli amministratori possono comunque essere ritenuti personalmente responsabili, in particolare se l’amministratore non ha adempiuto ai suoi obblighi, come il pagamento dei contributi sociali (art. 51 LAVS), causando così un danno.

Come prevenire la situazione?

Per evitare spiacevoli sorprese, si consiglia alle aziende interessate di saldare gli arretrati entro il 31 dicembre 2024. Se ciò non fosse possibile, si consiglia di contattare i creditori (autorità fiscali, fondo AVS, ecc.) per negoziare accordi o piani di pagamento che consentano di ripartire i debiti nel tempo. È inoltre possibile avviare una procedura di riorganizzazione richiedendo una moratoria per la ristrutturazione del debito. Se non si raggiunge un accordo, l’ufficio di recupero crediti non avrà alcun margine di manovra per concedere una dilazione degli arretrati, essendo vincolato alle scadenze legali obbligatorie. Il rischio di fallimento è quindi molto concreto.

Fonte: CVCI – Scheda giuridica, ottobre-novembre 2024