Proposta di riforma del sistema IVA UE 1.1.2019
Testo a cura di Bernardo Lamoni
Misure a breve
La Commissione Europea ha varato in data 4 ottobre 2017 la proposta di un’importante riforma dell’IVA riguardante i fondamenti giuridici del sistema definitivo per gli scambi intracomunitari B2B che sarà seguita nel 2018 da un’ulteriore proposta di disposizioni tecniche di dettaglio (COM (2017) 569 final). Il relativo piano di azione prevede anche che entro il 2022 siano proposti provvedimenti di attuazione che serviranno come base per gli sviluppi informatici per il funzionamento del nuovo sistema (COM (2017) 566 final). Il processo sarà quindi lungo e assai complesso. La proposta del 4 ottobre 2017 include inoltre quattro misure attuabili al 1° gennaio 2019 (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-3443_it.htm). Queste sono state esplicitamente richieste dagli Stati dell’Unione Europea (UE) per migliorare il funzionamento pratico di talune questioni spinose, in attesa dell’approvazione e attuazione del regime definitivo. E’ inoltre introdotto il nuovo status di “Soggetto passivo certificato “ai fini dell’IVA.
1. Misura: Numero identificazione IVA ed elenchi riepilogativi
Gli Stati UE hanno chiesto che nella direttiva IVA sia incluso l’obbligo per l’acquirente di disporre di un numero di identificazione IVA nello Stato UE di destinazione della merce, dove ha luogo l’acquisto intracomunitario. Ciò rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare l’esenzione IVA alla sua cessione nello Stato UE di partenza della spedizione. Ciò sistemerebbe la situazione attuale, dove, stando all’interpretazione della Corte di Giustizia Europea il numero di identificazione IVA dell’acquirente rappresenta un mero requisito formale per l’esenzione ad IVA della cessione intracomunitaria. In quest’ambito viene pure rafforzata l’importanza degli elenchi riepilogativi. L’attuale regime IVA prevede l’obbligo del fornitore di presentare tali elenchi alle autorità fiscali del paese di partenza della merce, le quali trasmettono gli stessi alle autorità di destinazione della spedizione, permettendo verifiche incrociate nei confronti degli acquirenti in relazione al loro obbligo di dichiarazione del relativo acquisto intracomunitario. Attualmente tuttavia, il mancato inoltro degli elenchi riepilogativi comporta l’applicazione di sanzioni, senza tuttavia causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie. Le modifiche alla direttiva IVA prevedono che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per l’applicazione dell’esenzione IVA alle cessioni intracomunitarie.
2. Misura: Regime di “Call-off stock”, semplificazioni e armonizzazioni
Nel regime di “Call-off stock” il fornitore di uno Stato UE trasferisce merce ad un acquirente noto, operante in un altro Stato UE, senza ancora trasferirne la proprietà. In un primo momento, il fornitore deterrà quindi merci proprie presso gli stabilimenti dell’acquirente. L’acquirente a sua volta avrà il diritto di prelevare i beni secondo i propri fabbisogni d’impresa.
Le attuali normative comunitarie prevedono i seguenti eventi rilevanti ai fini dell’IVA.
- La spedizione della merce all’acquirente genera nello Stato UE del fornitore un trasferimento intracomunitario di beni “a sé stessi” in uscita, da dichiarare con gli stessi criteri delle usuali cessioni intracomunitarie.
- Contemporaneamente l’arrivo della merce negli stabilimenti del futuro acquirente genera sempre per il fornitore un trasferimento a di beni “a sé stessi” in entrata, da dichiarare con gli stessi criteri degli usuali acquisti intracomunitari nello Stato UE del futuro acquirente.
- All’atto del prelevamento dei beni da parte dell’acquirente si genererà la cessione rilevante ai fini dell’IVA che qualificherà come cessione nazionale imponibile.
Il cedente deve quindi identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente sia per dichiarare il trasferimento dei suoi beni presso gli stabilimenti dell’acquirente, sia per dichiarare la successiva cessione nazionale.
Va riconosciuto che nel corso degli anni alcuni Stati UE hanno sviluppato misure di semplificazione personalizzate attuabili tuttavia solamente se “sincronizzabili” con le normative dello Stato UE in cui opera la controparte commerciale. La soluzione ora proposta nel regime di “Call-off stock”, consiste in un’unica operazione rilevante ai fini IVA che qualifica come cessione intracomunitaria, differita al momento del prelevamento della merce da parte dell’acquirente. Il semplice trasferimento intracomunitario del bene non rileverà più ai fini dell’IVA e il cedente non dovrà identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente. Attenzione: questa misura sarà applicabile unicamente se cedente e acquirente dispongono dello status di “soggetti passivi certificati”.
Non sono previsti al momento interventi sulle rimanenti disposizioni, che rimarrebbero quindi applicabili agli operatori non qualificabili come soggetti passivi certificati.
3. Misura: Semplificazione e armonizzazione delle norme concernenti le operazioni a catena
Le operazioni a catena rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce le quali sono trasferite da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. Il nuovo articolo 138 bis della Direttiva 2006/122/CE stabilisce i criteri che determinano la cessione intracomunitaria, quando il trasporto è effettuato dal fornitore intermedio e quando il primo fornitore e quello intermedio qualificano come soggetti passivi certificati. In sintesi, nell’ambito di un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C)
- se il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio B
- e gli operatori A e B qualificano entrambi come “soggetti passivi certificati”,
- inoltre B è identificato ad IVA in uno Stato UE diverso da quello di partenza dei beni
- e B comunica ad A il nome dello Stato UE di arrivo dei beni,
la cessione tra A e B sarà la cessione intracomunitaria. Mentre qualora una sola delle condizioni dovesse essere insoddisfatta, la cessione intracomunitaria sarà quella successiva tra B e C. Le operazioni a catena tra quattro e più operatori assai frequenti ad esempio nel trading delle materie prime ne sono escluse.
4. Misura: La prova della cessione comunitaria
Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali. La proposta riguarda solamente i “soggetti passivi certificati” i quali potranno dimostrare l’avvenuta cessione intracomunitaria se in possesso di due documenti non contradditori contemplati in un apposito elenco (Bozza Art 45bis, cpv 3, Reg. UE n. 282/2011). In esso sono previsti ad esempio i documenti di trasporto, la lettera CMR (firmata!), i documenti bancari riguardanti il pagamento del trasporto, la corrispondenza commerciale, la dichiarazione IVA dell’acquirente, oppure la conferma di ricezione delle merci (In tale conferma dovrebbe rientrare la “Certificate of Entry” prevista dalla LIVA germanica).
5. Il soggetto passivo certificato
L’attuale normativa comunitaria non effettua alcuna distinzione tra operatori affidabili e meno affidabili per quanto riguarda la corretta applicazione della normativa IVA. La concessione di questo status dovrebbe consentire di identificare gli operatori affidabili i quali beneficeranno delle semplificazioni summenzionate. Per ottenere lo status di soggetto passivo certificato, l’operatore dovrà provare cumulativamente:
- l’assenza di violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale,
- la propria solvibilità finanziaria che potrà anche essere supportata da garanzie da parte di primarie, compagnie di assicurazioni, o altre istituzioni finanziarie,
- l’alto livello di controllo delle proprie operazioni e del flusso delle merci, mediante un sistema di gestione che consenta adeguati controlli doganali o mediante una pista di controllo interno affidabile o certificata.
Tutti i requisiti si considerano soddisfatti se il richiedente detiene già lo status di operatore economico autorizzato ai fini doganali. La domanda di ottenimento dello status di soggetto passivo certificato dovrà essere inoltrata alle autorità fiscali dello Stato UE dove l’operatore ha la sede della sua attività economica oppure dove è ubicata la stabile organizzazione di un operatore la cui sede dell’attività economica è stabilita in Stati non UE. Lo status di soggetto passivo certificato in uno Stato UE è riconosciuto dagli altri Stati UE (Bozza Art 13bis Dir 2006/112/CE. Sono esclusi alcuni regimi come ad es. franchigie per piccole imprese, regime forfettario produttori agricoli, oppure i soggetti che effettuano cessioni di mezzi di trasporto nuovi a titolo occasionale). La verifica se un soggetto passivo risulta certificato potrà essere effettuata online (VIES) in contemporanea alla verifica della validità della sua partita IVA.
È prematuro prevedere se e come ciò possa concretizzarsi per un’azienda svizzera che effettua cessioni di merci nel territorio comunitario dell’Unione Europea senza una stabile organizzazione. In ogni caso gli operatori comunitari/non comunitari non certificati dovrebbero poter continuare come sinora ad effettuare le cessioni convivendo con le attuali normative e le attuali incertezze riscontrabili in particolar modo nelle operazioni a catena.
Bernardo Lamoni,
MA Università Zurigo Business and Economics,
Fiduciario commercialista,
Via Bosia 13, 6900 Paradiso,
bernardo.lamoni@lbatax.ch, Tel. +41 91 967 49 24
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