Il marchio “Swissness” è un prestigio
Una riflessione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni.
Nonostante chi sottolinea la pubblicazione di ogni dato economico di segno negativo e celebra la partenza di aziende importanti, per il nostro Paese fortunatamente resta centrale il concetto di “Swissness”. Che non è solo il semplice atto di apporre la bandiera svizzera sui prodotti, bensì è soprattutto una questione di approccio e di mentalità.
Forma mentis strettamente legata alla propensione innovativa, come sottolineato recentemente dal brillante intervento del Professor Lino Guzzella all’Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio e dell’industria ticinese (Cc-Ti).
In effetti, sotto il termine “Swissness” non ricadono solo norme tecniche o definizioni legate all’origine della merci, bensì una serie di fattori che contraddistinguono il modo di fare impresa elvetico, che ingloba appunto l’innovazione, anche la creatività, il rispetto delle regole, il partenariato sociale, la qualità, la precisione, ecc.. Ed è quasi superfluo sottolineare che l’approccio elvetico non ha un valore apprezzabile solo all’interno dei nostri confini, ma rappresenta qualcosa di quasi inestimabile nel contesto internazionale, come lo dimostrano ampiamente i contatti stabiliti durante le numerose missioni economiche all’estero della Cc-Ti.
Non che ci fosse un bisogno particolare di ulteriori verifiche, ma è comunque importante toccare con mano come questo pregio sia decisivo anche per le aziende ticinesi che operano nel contesto internazionale. Non sono infatti solo marchi storici come Ricola, Läderach e Victorinox, saldamente in mano svizzera, a riscuotere approvazione. Anche chi lavora con prodotti forse meno noti al pubblico, ma facenti caposaldo al nostro sistema elvetico, raccoglie consensi importanti e gode di forte credibilità, ciò che permette di fronteggiare una concorrenza sempre più agguerrita. Questo in barba a taluni superficiali osservatori che ritengono che la nostra economia non sappia più rappresentare i valori succitati. Sbagliato! Lo dimostra il fatto che molte imprese internazionali hanno acquisito prodotti svizzeri molto noti, guardandosi però bene dal recidere il legame, ormai consolidato, con la Svizzera. Sì, perché i vati dell’autarchia nostrana ignorano probabilmente che Ovomaltina è in mani britanniche, che Toblerone appartiene a un’azienda americana, che Feldschlösschen è danese, che Valser appartiene a Coca-Cola e che anche il mitico Aromat non è più di proprietà svizzera ma olandese. Il fatto è che all’estero riconoscono la qualità dei nostri prodotti e del nostro modo di lavorare. Sarebbe un clamoroso autogol se proprio noi facessimo il contrario.