Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio
La Svizzera dispone ad oggi di una rete di 35 accordi di libero scambio (ALS) a copertura di ben 73 Paesi. In agenda ci sono negoziati sia per il rinnovo e l’aggiornamento dei trattati esistenti sia per la conclusione di nuovi accordi, come lo testimoniano i recenti colloqui per una ripresa e intensificazione delle trattative con l’India. ALS che hanno però anche dei limiti.
Gli ALS hanno essenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli. Se il loro contenuto si è evoluto negli anni, andando a coprire settori come ad esempio i servizi, gli investimenti o ancora gli appalti pubblici, la concessione reciproca di preferenze tariffali (leggi: riduzione o abolizione dei dazi doganali) continua a rimanere un elemento centrale. Tali concessioni vengono accordate per determinati beni prodotti interamente o sufficientemente lavorati sul territorio. Non tutte le aziende beneficiano però delle possibili agevolazioni doganali, soprattutto a causa delle norme d’origine che disciplinano gli scambi preferenziali e che rappresentano un vero e proprio rompicapo: ogni ALS ha infatti le sue peculiarità e non è facile mantenere una visione d’insieme in questa matassa di regole, così complicata da essere paragonata a un piatto di spaghetti (in gergo: “spaghetti bowl”). Un intricato groviglio di norme a cui si aggiungono delle supply chain sempre più lunghe e articolate, che complicano ulteriormente la determinazione dell’origine preferenziale per quei prodotti realizzati utilizzando materie prime o componenti importati da varie parti del mondo.
Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi all’importazione di prodotti industriali, che potranno pertanto essere importati a costi inferiori. L’origine preferenziale di tali prodotti diventa irrilevante. Si aprono nuove opportunità di approvvigionamento anche da Nazioni con le quali la Svizzera non ha concluso un ALS. Fin qui tutto bene, ma… laddove in prima battuta l’eventuale cambio da un fornitore che attualmente garantisce l’origine preferenziale a uno più economico che però non è in grado di conferire alla merce l’origine preferenziale, potrebbe apparire come un evidente risparmio sui costi di produzione, in realtà potrebbe anche rivelarsi un vero e proprio boomerang se non permetterà al prodotto finito di entrare sul mercato di destino beneficiando dello status preferenziale e dello sgravio dai dazi ad esso connesso. Mai come da inizio 2024 le aziende esportatrici saranno chiamate a monitorare e valutare attentamente i loro flussi in entrata e in uscita, così come a conoscere ed applicare correttamente regole e prove dell’origine preferenziale.
Nel contesto del libero scambio, va altresì detto che i limiti degli attuali ALS sono ben noti alle autorità svizzere: se da un lato il principale mercato di approvvigionamento e di sbocco dell’industria svizzera è l’Unione europea, vi sono altri mercati partner del libero scambio con i quali l’interscambio commerciale è in crescita e che potrebbero esserlo maggiormente se venissero adattate le regole relative al “cumulo dell’origine”, ovvero al sistema che consente ai prodotti originari di una determinata Nazione di essere ulteriormente trasformati o incorporati ai prodotti originari di un altro Paese, come se fossero originari di quest’ultimo per ottenere così l’origine preferenziale. Per quanto riguarda le aziende svizzere il cumulo è attualmente possibile con componenti e materie prime provenienti dall’UE, da Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Isole-Faeroer, Georgia e Ucraina. Il cumulo, così come attualmente regolamentato, non è invece possibile con partner importanti come Regno Unito, Giappone, Canada, Corea del Sud o Messico, Paesi con cui anche l’UE ha degli ALS.
È quindi tempo di rivedere le possibilità di cumulo dettate dagli ALS? Sembra pensarla così la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ha fatto condurre uno studio per analizzare il potenziale economico di ulteriori possibilità di cumulo negli ALS della Svizzera per quanto riguarda i prodotti industriali, esaminando in particolare l’impatto di una forma di cumulo incrociato chiamata “regionalizzazione delle norme di origine”, in cui tre o più partner comuni di libero scambio formano una zona di cumulo dell’origine. Per istituire una tale zona di cumulo bisognerebbe tuttavia modificare le norme di origine fissate nei vari ALS, cosa che richiederebbe il consenso di tutti gli Stati interessati. Nel corso dello studio sono state interpellate diverse aziende e tutte si sono dette favorevoli a ulteriori possibilità di cumulo. In questo senso ci verrebbe quindi da dire “buttate la pasta!”, ma ci limitiamo a un “affaire à suivre”, invitando nel frattempo le aziende a formarsi e informarsi continuamente su questa complessa materia.