Per la mobilità servono soluzioni concertate
Di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti
Il prossimo 5 giugno voteremo sull’ormai famosa o famigerata (a seconda dei punti di vista) tassa di collegamento, che nel contesto della legge sui trasporti pubblici prevede una nuova e ulteriore imposta sui parcheggi. Finalmente si vota, si potrebbe dire, visto che la questione è ormai assurta a elemento fondamentale della politica ticinese, tanto che senza la tassa sembrerebbe imminente il blocco di tutti i progetti di potenziamento del trasporto pubblico. La realtà è ben diversa, ma purtroppo il peccato è originale, perché la discussione su questa misura di natura prettamente fiscale è stata dall’inizio impostata secondo canoni di tipo elettorale e poco oggettivo, sottolineando argomenti non sempre pertinenti.
E’ infatti stato pomposamente annunciato che sarebbe stata una tassa contro i frontalieri, quando in realtà l’autorità cantonale stessa ha poi dovuto ammettere che essa sarà a carico dei ticinesi e dei residenti nella misura del 70%. E’ anche stato sottolineato che si tratterebbe di un balzello fondamentale per lo sviluppo del trasporto pubblico, salvo poi candidamente ammettere che si tratta di una misura essenziale per tenere in piedi le finanze cantonali, pena l’aumento generalizzato del moltiplicatore d’imposta. Pura misura finanziaria e fiscale, quindi, senza ombra di dubbio. Che con il finanziamento del trasporto pubblico c’entra solo marginalmente, visto tra l’altro che tale finanziamento dovrebbe avvenire, come negli altri cantoni, attraverso il budget generale dello Stato. Si è anche detto che la tassa avrebbe colpito solo i centri commerciali, per definizione sempre brutti, sporchi e cattivi e quindi da massacrare, perché ormai fare la spesa (in Ticino) è una colpa di cui vergognarsi (con l’effetto paradossale che i tradizionali paladini dell’autarchia cantonale sostengono nella fattispecie chi va a fare la spesa in Italia). A parte il fatto che la demonizzazione dei centri commerciali è difficilmente comprensibile, in realtà la tassa (o imposta che dir si voglia) tocca tutte le aziende, visto che la discriminante è il numero di parcheggi e le aziende grandi non esistono certo solo nel settore del commercio, ma anche e soprattutto in quello industriale. Anche su questo punto vi sono quindi parecchie inesattezze, per usare un eufemismo.
E’ un vero peccato che sull’altare degli interessi elettorali sia stata sacrificata una vera e approfondita discussione sulle finanze cantonali e sulla mobilità, intesa in senso lato e non solo come fenomeno che tocca tutti ma che avrebbe pochi responsabili, le aziende in primis, ovviamente. La realtà, e lo sanno bene anche i promotori della tassa di collegamento, è molto più complessa, come chiaramente emerso dal convegno sulla mobilità che la Cc-Ti ha organizzato lo scorso 15 aprile (cliccate qui per visualizzare il resoconto dell’evento). L’appuntamento di respiro nazionale, con la partecipazione di esponenti dell’economia di altri cantoni, ha chiaramente mostrato come l’unica via per trovare soluzioni efficaci per la mobilità (non solo quella aziendale) sia l’approccio coordinato e concertato fra tutti gli attori pubblici (cantone e comuni) e privati (aziende, ma anche cittadine e cittadini). Il resto sono solo misure puntuali, di regola sanzionatorie, che non risolvono nulla e che rappresentano solo palliativi oltretutto temporanei. Oggi un approccio sistemico del genere non c’è e non vi è alcuna indicazione che potrebbe esservi in un prossimo futuro. E’ strano, perché, almeno sulla carta, il cantone si è dotato di linee direttive sulla mobilità che contengono molte misure che meritano di essere approfondite e discusse in vista di un’applicazione ad ampio respiro e condivisa. Invece sembra esistere solo la tassa, purtroppo. Intendiamoci, anche una tassa potrebbe avere una sua legittimità qualora vi fossero già in atto vere misure alternative. Un po’ come è stato deciso a Basilea, con la differenza che in quella regione la tassa può essere prevista se l’offerta di trasporto pubblico esiste e la sua efficacia è dimostrata. Situazione ben diversa dal Ticino, dove si dice “prima dammi i soldi, poi vedremo se e quale offerta di trasporto pubblico ci sarà”. Una tassa sulla fiducia, insomma, senza contropartita immediata come dovrebbe essere scontato giuridicamente per una tassa. Invece nulla, colpi di mazza sulla cattiva economia che devasta il territorio, tutti contenti e andiamo avanti così. Dimenticando che molte aziende si sono già da tempo attivate autonomamente con programmi di mobilità aziendale e gli esempi non mancano, per cui l’argomento che il mondo economico se ne frega del territorio non regge. Si può sempre migliorare e siamo pronti a discutere di correttivi su chi ha comportamenti criticabili, ma i correttivi devono esserci per tutti, perché come vi sono aziende poco rispettose del sistema, così esistono numerosi esempi di cittadine e cittadini, enti e istituzioni che se ne fregano altamente del territorio. Dire in maniera generica che le imprese non sono socialmente responsabili è una menzogna che non si può accettare. Il comportamento socialmente responsabile delle aziende, che da tempo stiamo promuovendo con decisione, ha sfaccettature talmente ampie che non può essere negato solo in virtù di una nuda e cruda cifra concernente il numero di parcheggi di cui si dispone. L’economia, esprimendosi contro la tassa di collegamento, non vuole quindi sottrarsi alle sue responsabilità, né verso il territorio, né nella discussione concernente le finanze cantonali, ma esige che questo avvenga su basi diverse, oggettive e parlando chiaramente, chiamando le cose con il loro nome e non vantando effetti taumaturgici di misure molto parziali.
Una tassa (o imposta) che non si sa bene a cosa sia destinata, che sanziona maggiormente il numero di parcheggi piuttosto che i movimenti (strano dal punto di vista ambientale…) e che opera inspiegabili distinzioni fra settori economici presenta troppe contraddizioni per essere accettabile, al di là del fatto che l’uso della leva fiscale senza pensare ai compiti dello Stato e quindi alle spese veramente necessarie è per noi insensato. Certo, in un cantone in cui le sei corsie fra Melide e Mendrisio sono promosse e addirittura avvallate da parlamentari cantonali che hanno combattuto con rara violenza la seconda galleria autostradale del San Gottardo perché più strade portano più traffico, può veramente capitare di tutto e non ci si deve più stupire di nulla. Ma questo non deve costituire un alibi per sdoganare qualsiasi proposta che permetta di raccogliere facili consensi. Dalle aziende si esige, giustamente, molto in termini di attenzione al territorio. Ma è altrettanto legittimo attendersi molto dalla politica, perché anche i rappresentanti del popolo devono tenere un comportamento socialmente responsabile.
L’economia non vuole guerre e, indipendentemente da come andrà il 5 giugno, sarà sempre pronta a fare la sua parte. Che non è quella della vittima sacrificale degli isterismi politici, ma quella di un attore a pieno titolo che merita rispetto.