Opposizione al trasferimento aziendale: una disdetta contrattuale?
Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli!
Il codice delle obbligazioni prevede (art. 333) che in caso di trasferimento di un’azienda i contratti di lavoro in essere passano automaticamente e con tutti i diritti e gli obblighi all’acquirente, a meno che il lavoratore non vi si opponga. Il passaggio dei rapporti di lavoro avviene in contemporanea al trasferimento aziendale.
Per trasferimento di azienda si intende ad esempio la relativa vendita, donazione o permuta oppure una fusione o una scissione di più aziende. Per contro il semplice trasferimento di un pacchetto, minoritario o maggioritario, di azioni non rientra del campo di applicazione dell’art. 333 CO.
La legge prevede l’obbligo di informare tempestivamente la rappresentanza dei lavoratori sul motivo del trasferimento e sulle relative conseguenze. Nel caso in cui fossero previste misure concrete i lavoratori vanno preventivamente consultati.
Ora, cosa significa che il lavoratore si può opporre al trasferimento? Deve dare la disdetta? O è il datore di lavoro che, preso atto dell’opposizione, deve agire con un licenziamento ordinario? Niente di tutto questo. La fine del contratto è una conseguenza legale dell’opposizione. Il dipendente entro un congruo termine deve quindi manifestare la sua volontà di non volere acconsentire al trasferimento del suo contratto. La dottrina ritiene che un termine di un mese, di regola, possa essere adeguato. Se il lavoratore non dovesse reagire entro questo congruo termine si reputa che il trasferimento sia stato tacitamente accettato. In caso di opposizione il contratto termina comunque entro il termine di disdetta legale (anche se non si tratta di disdetta). Infine, non trattandosi di una disdetta, il lavoratore che si oppone al trasferimento non è tutelato dalle disposizioni contro le disdette abusive o date in tempo inopportuno (artt. 336 ss. CO).