Maggiore flessibilità e rapidità nell’attribuzione di aiuti
L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF
La situazione di difficoltà di molte imprese, di per sé sane ma chiuse per ordine statale oppure colpite indirettamente da tale ordine, è nota a tutti. Gli indipendenti e i gerenti di società hanno costituito la categoria meno considerata e aiutata in tutta la pandemia e anche questa è cosa nota. È quindi ben comprensibile quale sia lo stato d’animo di quegli indipendenti e quei gerenti che, avendo da sempre pagato i premi dell’Indennità per perdita di guadagno (IPG), si trovano oggi ad affrontare ostacoli e ritardi nel riscuotere gli aiuti IPG Corona. Questo è il vero paradosso: aver contribuito alla cassa comune per una vita e non ricevere nel momento del bisogno il conseguente supporto.
Nella prima fase di lockdown l’IPG veniva erogata per importi inferiori a quanto previsto per le Indennità per lavoro ridotto (ILR), ma le regole erano equivalenti. Oggi non è più il caso e mal si comprende perché.
Le casse interpretano in maniera restrittiva cosa sia “Subire una perdita di guadagno o stipendio”. Molti si sono visti rifiutare il pagamento delle indennità perché, per vivere, hanno richiesto dei finanziamenti aziendali, oppure si sono permessi di prelevare un acconto mensile. Questo è chiaramente un danno oltre la beffa: come avrebbero potuto mantenere sé stessi e le proprie famiglie senza nessun prelievo?
Si è così creato un problema per i mesi di settembre e ottobre, con conseguenti ricorsi e contestazioni di decisioni fino al Tribunale Amministrativo, che pure è oberato e non ha modo di evadere tempestivamente le pratiche.
La situazione è obiettivamente difficile per tutti, anche per l’amministrazione cantonale e nessuno lo nega. Gli uffici, come l’Istituto delle assicurazioni sociali (IAS), sono sotto pressione. Ciò non toglie che occorra non perdere di vista la priorità: sostenere il lavoro.
Nella prima fase abbiamo saputo dare risposte immediate ed erogare i fondi con velocità. Questo è stato il segreto del successo del modello svizzero. Oggi purtroppo non è più così.
Abbiamo troppa paura degli abusi, che inevitabilmente accadono in situazioni eccezionali, ma che certo da noi non costituiscono la regola.
La diffidenza verso chi chiede sostegno va combattuta: si tratta dei piccoli imprenditori del Cantone, che vivono e hanno famiglia in Ticino e che cercano di salvaguardare l’occupazione per le collaboratrici e i collaboratori.
Lo Stato ha correttamente chiesto ai cittadini di essere ragionevoli e flessibili in questo difficile periodo. L’autorità cantonale dimostri di esserlo altrettanto, concentri le sue energie sui compiti urgenti e se necessario temporeggi invece sui richiami e sui precetti esecutivi, per non togliere con una mano quello che ha concesso (o avrebbe dovuto concedere) con l’altra.