Lavoro: trasformazione sociale e digitale
Vogliamo riproporvi la nostra posizione sul tema della trasformazione sociale in relazione alle nuove forme di lavoro. Si parla di generazione X e Y, di baby-boomers, ma anche di formazione e digitalizzazione. Un mondo che cambia e che offre spunti per nuove opportunità per le aziende.
Un famoso adagio recita che il lavoro nobilita l’uomo. Oggi diremmo piuttosto che, almeno in parte, l’uomo trasforma il lavoro e che lo rende o cerca di renderlo in qualche modo più consono alle esigenze di vita, attuali che si sono pure profondamente trasformate negli ultimi decenni. La definizione di lavoro è mutata fortemente nel tempo, come spiegato nell’articolo “Per una nuova cultura del lavoro” apparso su Ticino Business di maggio 2017, anche se resta uno dei perni centrali della vita, sia per le nuove leve che per chi ha già molti anni di esperienza sul campo. Ma il mondo del lavoro, da sempre in trasformazione, sta conoscendo mutamenti repentini e sono nati, stanno nascendo e nasceranno nuovi modelli di lavoro sempre più diversificati, grazie o a causa delle molte possibilità offerte dalla tecnologia. In questo contesto è ovviamente di particolare attualità la questione demografica, con le sue importanti implicazioni sull’aspetto previdenziale. Molte possibilità, molte innovazioni, ma paradossalmente una situazione complessiva che rischia di essere sempre più complicata e caratterizzata dall’esigenza di soluzioni “su misura”, non solo per le aziende ma anche per le lavoratrici e i lavoratori.
I baby-boomers e le nuove leve
Recentemente è stato pubblicato il nuovo documento dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT) denominato “Scenari demografici per il Cantone Ticino e le sue regioni, 2016-2040,” il quale ci fa riflettere su come si presenta e come evolverà la struttura della popolazione nel nostro Cantone. Fa riflettere il fatto che la popolazione ticinese invecchierà e attorno al 2035 la generazione del baby-boom si ritroverà nella fascia degli ultrasessantacinquenni. Essi saranno quindi già in pensione, oppure potranno continuare a lavorare secondo i nuovi modelli di lavoro che si stanno delineando in questi anni. In pratica tra 20 anni potremmo avere una eterogeneità di età di persone al lavoro che probabilmente non si è mai vista nella storia! Perché accanto a una parte di loro ci saranno la generazione Y (nati tra il 1982 e il 1996), che nel 2035 avranno tra i 40 e 50 anni, e le nuove leve della generazione Z.
Per trarre il maggior numero di vantaggi da questi cambiamenti, è imprescindibile affrontare l’evoluzione anche dal punto di vista della cultura d’impresa.
Le nuove generazioni intendono il lavoro diversamente
Il quadro è quindi quello di una crescente diversità di età sul posto di lavoro e questo implica, già adesso, una varietà di modelli lavorativi. Il concetto dello stesso posto di lavoro per una vita e sempre a tempo pieno è oramai sempre più rimesso in discussione oggigiorno. E non solo per la vera o presunta precarietà, ma anche per la volontà delle lavoratrici e dei lavoratori. La tecnologia ha avuto un grande impatto sulle società e forse la generazione Y è la prima che ha interiorizzato così profondamente le possibilità che essa fornisce. Quella che un tempo era solo precarietà, oggi viene vista anche come flessibilità, con un’accezione positiva nel senso di una nuova possibilità di organizzare la propria vita e di svilupparsi in maniera poliedrica. Senza negare che vi siano problemi in questo processo di cambiamento, non va dimenticato il rovescio positivo della medaglia che ci sta portando verso modelli di lavoro sempre più diversificati e individualizzati. Questo porterà anche i datori di lavoro ad affrontare nuove sfide. Occorrerà pensare in maniera diversa per attrarre e mantenere i giovani talenti. Al contempo bisognerà trovare un equilibrio interno di gestione tra loro e i colleghi di generazioni diverse, abituati a un modo di approcciarsi al lavoro magari più tradizionale. La gestione di nuovi modelli di lavoro, e nuovi modelli di business in generale, è un compito affascinante ma al contempo molto impegnativo per le aziende, perché la rimessa in questione di molte cose date per acquisite è molto profonda e tocca tanti ambiti.
Una nuova cultura aziendale
Per riuscire a cavalcare e non subire questi cambiamenti e per trarne il maggior numero di vantaggi per tutti, è imprescindibile affrontare l’evoluzione anche dal punto di vista della cultura d’impresa. Questo va ben oltre la gestione del tempo parziale o del lavoro flessibile, c’è la necessità di ragionare, nel limite del possibile dell’attività condotta dalla propria azienda, a modi diversi di intendere la presenza sul luogo di lavoro e gli orari in cui esso viene svolto. Si può pensare a forme di collaborazioni diverse con i propri collaboratori come l’attività di free-lance, o concedere che essi possano svolgere più incarichi. Anche la possibilità di congedi che vanno oltre gli stop classici come quelli per maternità saranno necessari per motivare e mantenere in azienda le nuove generazioni. Si lavorerà più a lungo ma in modo probabilmente diverso. Come Cc-Ti siamo coscienti che quanto sopra esposto non è di facile attuazione e dipende da moltissimi fattori, avantutto le strutture aziendali e i modelli di business, che sono molto differenti da azienda a azienda, anche nello stesso settore. Specialmente in contesto caratterizzato da continui e repentini mutamenti e un aumento della concorrenza globale. Ma siamo fiduciosi che le aziende sapranno raccogliere anche questa sfida, come hanno dimostrato di saper fare in tempi recenti gestendo al meglio gravi crisi. Certo è che anche il contesto politico generale deve rendersi conto dei mutamenti e aprirsi a soluzioni nuove, senza arroccarsi sulla difesa a oltranza di modelli ampiamente superati dalla realtà del terreno. Non si tratta di far saltare tutte le regole, anzi. Ma quelle che ci sono devono corrispondere alle esigenze reali espresse da chi lavora.
Il valore della formazione
Abbiamo sempre considerato la formazione una parte importante della vita di ogni azienda. Non a caso da anni offriamo ai nostri associati la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di corsi per migliorare le conoscenze del proprio capitale umano. Ma il valore che assumerà la formazione negli anni a venire travalica quanto considerato in passato e assumerà una rilevanza ancora più strategica. Questo perché collaboratrici e collaboratori dovranno costantemente rimanere al passo ad esempio con l’evoluzione tecnologica, per sfruttarne al meglio le potenzialità. Il gioco di squadra fra datori di lavoro e dipendenti è fondamentale in quest’ottica, soprattutto per la generazione nata prima degli anni ‘80. Mentre per le nuove leve l’attenzione per l’acquisizione di competenze tecniche sarà una spinta importantissima per la considerazione e la soddisfazione verso il proprio lavoro.
Le sfide legislative e previdenziali
Abbiamo un diritto del lavoro pensato per un mondo che è già molto cambiato. Si veda ad esempio le “nuove” regole della Seco sul modo in cui si deve registrare il tempo di lavoro. Esse sono sì frutto di un compromesso, ma sono già vecchie perché pensate per modelli di business più rigidi di ciò che sta avvenendo sul terreno. Disposizioni coraggiose e al passo con i tempi avrebbero dovuto essere di altro tenore. Il che non significa sdoganare abusi o liberalizzare in modo selvaggio, bensì tenere conto del fatto che l’economia oggi è molto più complessa e ha esigenze di operatività ben diverse rispetto a qualche anno fa. Ovviamente in questo contesto va ripensato anche il metodo di finanziamento della previdenza, tema di grande attualità non solo in Svizzera ma in tutto il mondo occidentale. La riforma 2020 su cui si voterà prossimamente pensa al futuro assumendo che le nuove generazioni faranno come le precedenti, solo più a lungo. E questo è probabilmente un punto debole della riflessione. Si lavorerà più a lungo, forse, ma comunque in modo diverso e questo purtroppo non è stato preso in considerazione. Come si farà con i “buchi contributivi” magari dati da un periodo di stop oppure per un periodo lavorativo all’estero, che con la moderna mobilità potrà essere sempre più frequente? Tanti quesiti che i 70 franchi in più di rendita proposti per l’AVS non potranno risolvere. La previdenza professionale, ma soprattutto quella facoltativa del terzo pilastro dovranno probabilmente assumere maggiore importanza, ma definire come è, occorre ammetterlo, un compito assai arduo.
La gestione del cambiamento sarà fondamentale
Le nuove forme di lavoro saranno trainate da cambiamenti di ordine demografico e sociologico importante e l’unico punto fermo che al momento si può intravvedere è che ci saranno probabilmente sempre meno punti fermi. Sembra un paradosso, ma è così e non è per forza solo negativo. In questo senso la gestione del cambiamento in azienda sarà vieppiù un tema caldo per dirigenti e collaboratrici e collaboratori. Imparare ad accettare il mondo che cambia e muoversi con lui è sicuramente una buon via per mantenersi al passo con i tempi. Essere in sintonia con il momento storico in cui si vive è quindi un obbiettivo da tenere bene in vista per la navigazione nelle acque imprevedibili dei nostri giorni.