Gettito fiscale aziendale tra realtà e presunti “regali”
L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
“Le aziende contribuiscono sempre di più alle finanze dello Stato.”
La campagna di votazione per la Riforma III dell’imposizione delle imprese è stata lanciata qualche settimana fa con toni subito incendiari, visto che gli oppositori parlano di furto, truffa, ulteriori regali sconsiderati alle cattive imprese, ecc.. Ormai le campagne politiche poggiano su questi slogan e la cosa non stupisce più di tanto.
Dei dettagli della riforma diamo conto negli altri articoli di questa edizione di Ticino Business, per cui in questo contributo è giusto affrontare l’argomento da un’altra angolazione, cioè dando un’occhiata all’evoluzione del gettito fiscale delle aziende, secondo taluni vergognosamente diminuito per affamare lo Stato con una liberalizzazione e una defiscalizzazione selvagge che priverebbero gli enti pubblici delle risorse necessarie. In altre parole, per verificare in che misura i presunti “regali” concessi con le precedenti riforme fiscali abbiano diminuito il gettito fiscale nelle casse dello Stato. A tale scopo si può fare riferimento a quanto recentemente pubblicato dall’Amministrazione federale delle finanze e ovviamente ignorato nella discussione pubblica. Forse perché ormai vi è l’andazzo di considerare automaticamente taroccate tutte le cifre che non corroborano la propria tesi politica. Ma qui più che di statistiche in senso stretto si tratta di registrazioni di cassa comparabili a quanto farebbe un negozietto di paese. Quanto è entrato e da chi (risp. quanto è uscito e dove è andato, ma questo non è oggetto delle presenti riflessioni), con precisione svizzera, senza possibilità di interpretazione e a prova di tarocco. Orbene, le entrate della Confederazione derivanti dall’imposta sull’utile aziendale sono aumentate nel 2015 del 14,6%. Secondo alcune stime, le cifre dei Comuni e dei Cantoni dovrebbero in generale avere la medesima evoluzione positiva, una volta forniti i dati definitivi. E questo malgrado ripetute crisi (tre dal 2008, una finanziaria e due valutarie). Un caso si dirà. Mica tanto. Basta dare un’occhiata all’evoluzione del gettito delle persone giuridiche dal 1990 (si veda il grafico qui di seguito). Dalla prima riforma fiscale concernente le aziende e risalente al 1997, le entrate derivanti dall’imposta federale diretta sono passate da 7,5 a 19,8 miliardi di franchi. Nei Cantoni e nei Comuni sono più che raddoppiate, l’incremento per la Confederazione è stato del 166%. La crescita è stata di oltre il doppio rispetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche e buona parte di questa evoluzione è legata alle aziende internazionali e/o a statuto speciale.
Allora perché tutto questo accanirsi contro le aziende e in particolare le multinazionali? Che, detto per inciso, creano posti di lavoro e versano salari, a loro volta soggiacenti all’imposizione fiscale. Probabilmente uno dei motivi dell’ostilità è legata alla riforma II dell’imposizione delle imprese, con le polemiche su alcune valutazioni approssimative che hanno portato a mancati introiti fiscali imprevisti di circa 200-300 milioni di franchi per la Confederazione. Cifra comunque di molto inferiore alle riforme della fiscalità dei coniugi e delle famiglie che hanno privato l’erario di cifre ben superiori (circa un miliardo globalmente per l’imposta federale diretta). Ma le riforme fiscali per le imprese danno molto più fastidio e hanno, come dicono i francofoni, “mauvaise presse”. Ed è un errore. Perché le cifre summenzionate dimostrano inequivocabilmente che le aziende contribuiscono sempre di più alle finanze dello Stato, tanto che la loro parte alle imposte dirette di Confederazione, Cantoni e Comuni dal 1997 è passata dal 18,7 al 25%. E la quota di imposte delle aziende rispetto al prodotto interno lordo nazionale in Svizzera è più alto di quanto avviene nell’OCSE. È vero che vi sono stati tagli fiscali in molti Cantoni, ma le cifre dimostrano che essi sono stati ampiamente compensati da utili maggiori, per cui la cura delle famose (o famigerate, secondo i punti di vista) condizioni-quadro ha dato i suoi frutti. Con una parte importante, come detto, delle vituperate multinazionali che le imposte le pagano, eccome. Con più di 4 miliardi di franchi queste aziende coprono la metà delle entrate fiscali della Confederazione derivanti dalle persone giuridiche, nei Cantoni con circa due miliardi siamo al 20%, la stessa proporzione che grosso modo abbiamo in Ticino. Per non parlare sempre e solo del nostro Cantone (visto che ormai il pensiero dominante è che le aziende straniere creano solo problemi e devastano il Cantone), rileviamo che ad esempio Procter&Gamble nel 1999 si è spostata a Ginevra ed è uno dei più grandi datori di lavoro del Cantone, facendo capo inoltre a circa 400 aziende locali, dal giardiniere al panettiere, passando per il falegname e l’idraulico.
È quindi scorretto affermare che il contributo diretto delle aziende alle casse dello Stato è insufficiente e che già in passato vi sono stati regali ingiustificati, per sostenere che con la riforma III delle imprese si procede ad un ulteriore vergognoso omaggio.
La situazione è ben diversa e la discussione sull’epocale riforma fiscale che sarà in votazione il 12 febbraio 2017 non può prescindere da questi fatti e cifre. Le riforme fiscali passate non hanno affamato lo Stato, quella imminente entrerà nello stesso filone. Anche se incombe l’incognita della permanenza in Svizzera di alcune delle aziende che oggi godono di statuti speciali (che, come visto sopra, non sono da confondere con favori gratuiti), che potrebbero essere orientate verso altri lidi. Non è una minaccia, semplicemente così funzionano le dinamiche internazionali, tanto che non è più assolutamente scontato che la Svizzera sia sempre e comunque considerata la migliore soluzione. Per cui, prima di parlare di ladri e furti, sarebbe bene essere un po’ prudenti e ricordarsi che se si vuole distribuire qualcosa (disciplina in cui molti eccellono) è necessario dapprima creare la ricchezza, anche con strumenti magari poco simpatici sulla carta ma certamente più efficaci di tante roboanti ma vuote dichiarazioni.