Discorso del Presidente Glauco Martinetti per la 102esima AGO Cc-Ti

Ecco la versione integrale del discorso pronunciato dal Presidente Cc-Ti  in occasione della nostra 102esima Assemblea Generale Ordinaria, tenutasi il 18 ottobre 2019 presso l’Espocentro di Bellinzona. 

Non è mai facile trovare la partenza giusta per il mio discorso, tanti sono gli argomenti che vorrei affrontare… tanti davvero che ritengo da 1° pagina!

A nome delle 44 associazioni affiliate alla Cc-Ti, dei 930 soci individuali, in rappresentanza dei 135’000 ca. posti di lavoro e delle 19 Camere di commercio e dell’industria svizzere vi porgo il più cordiale benvenuto alla  102esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino.

Ritengo doveroso iniziare sottolineando il valore e il diversificato repertorio delle nostre attività proposte anche quest’anno. Un 2019 caratterizzato da un intenso lavoro a favore delle nostre imprese. Molti sono stati infatti i momenti informativi, dai Business Breakfast agli eventi tematici dedicati anche all’export, alla presentazione e alla visita di paesi, all’evoluzione dell’economia legata alla trasformazione digitale e così via…

Non dimentichiamo anche la vasta offerta formativa con corsi puntuali dedicati alla formazione continua nell’ambito della gestione aziendale: dal diritto alle risorse umane, dal marketing alle soft skills.
Una nota particolare voglio spenderla per la nostra scuola manageriale: sviluppata nel corso degli ultimi due anni, essa coinvolge decine di persone di ogni settore economico, di disparata formazione, di esperienza e aziende diverse, ma tutte desiderose di acquisire le conoscenze fondamentali per la gestione soprattutto delle piccole e medie aziende, che ricordiamolo sono la maggioranza del tessuto aziendale ticinese.
Tassello fondamentale, quello della nostra scuola manageriale, per incrementare le conoscenze di chi già opera in azienda ma ambisce a un ruolo dirigenziale. Si tratta di un nostro contributo concreto alla crescita e al miglioramento dei leader di oggi e di domani e quindi allo sviluppo responsabile dell’economia ticinese. Tassello che va ad aggiungersi, come detto, alla già ampia offerta formativa di corsi modulari dedicati alla formazione continua, frequentati in media da 1’500 persone all’anno. Numeri ragguardevoli per una struttura come la nostra, dedita a molte attività diverse e non solo alla formazione.

Numeri che raccontano un’economia dinamica e dalle numerose caratteristiche positive come abbiamo più volte sottolineato in questi anni.
Non ripeto quanto già detto lo scorso anno perché i contenuti del discorso del 2018 restano sempre d’attualità per quanto riguarda l’andamento generale, gli elementi da perfezionare, la capacità di autocritica nostra e delle aziende che rappresentiamo.
Di per sé un quadro molto positivo, ovviamente non perfetto, ma assolutamente positivo.

Eppure i “sì, ma” si sprecano e sono una costante quando osiamo mettere in evidenza le qualità del nostro territorio e delle nostre aziende. Qualità che sono appunto molte. “Sì, ma” che non vengono mai sollevati quando altri attori della vita sociale presentano situazioni basate su ipotesi, illazioni, situazioni dubbie tutte  da verificare  e che spesso si  rivelano strumentali. Queste vengono, anzi, considerate verità assolute e spacciate per tali con grande enfasi. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Oggettivamente constato, purtroppo, che noi vediamo la positività delle situazioni, ne parliamo attivamente, ma l’opinione pubblica non la sente.

Vediamo, parliamo, ma voi non sentite…

Ma perché? Ignoranza, nel senso etimologico del termine, cioè mancanza di conoscenza? Mancanza di volontà? Malafede?

Non ho una risposta ma è comunque fortemente sgradevole la sensazione che la valorizzazione dei punti di forza e dei punti positivi siano  trattati con diffidenza, mentre la marcatura delle debolezze sia considerata quasi alla  stregua di  un mantra da seguire  ciecamente  e con soddisfazione.

Constato, come dicevo prima e senza timore di essere smentito, che sempre più spesso inchieste fantasiose condotte senza alcuna base quantitativa e qualitativa per attestare malesseri di vario genere, imputabili inesorabilmente alle aziende, sono riprese acriticamente da tutti, senza alcun MA.

Salvo poi fare a pezzi in maniera impietosa, o nella migliore delle ipotesi con un pesante “sì, ma“, tutto quanto di positivo emerge dalle cerchie economiche, anche se suffragato dai fatti. Ad esempio sui dati positivi che scaturiscono dall’inchiesta congiunturale che conduciamo ogni anno su un campione, direi molto rappresentativo, di più di 300 aziende.

Unico cantone in Svizzera dove questo avviene, visto che nessuna delle altre Camere Svizzere che esegue lo stesso sondaggio, deve affrontare la messa in dubbio del principio e dei risultati. Critiche, osservazioni, come è normale che sia, ma nessuna delegittimazione a prescindere.
Senza citare altre pubblicazioni, frettolosamente tacciate come tarocche oppure stravolte, al punto da attribuirci affermazioni mai fatte e accusarci di un trionfalismo che non fa parte del nostro modo di porci di fronte sia alle analisi della situazione economica cantonale, sia ai nostri interlocutori.
Come se gli imprenditori, spesso dipinti come lamentosi per ottenere inconfessabili favori, diventassero strumentalmente ottimisti per ingannare la popolazione con un messaggio di esagerata e non veritiera positività. Quale dovrebbe essere il nostro tornaconto nel dipingere una realtà eccessivamente positiva? Assolutamente nessuno!
Lasciatemi dire che comincia a diventare una situazione ripetitiva e surreale, come è surreale la nemmeno troppo malcelata accusa di non essere attenti al territorio, salvo poi volutamente ignorare ogni nostra iniziativa costruttiva, comprese quelle rivolte a chi è più in difficoltà.

Ho gioco facile nel sottolineare ad esempio, fra le molte iniziative, la nostra collaborazione con l’Ufficio cantonale dell’invalidità per il reintegro professionale di persone che hanno problemi di salute. Collaborazione suggellata da un evento annuale purtroppo quasi completamente ignorato da media e politici. Probabilmente perché non c’è sentore di polemica e perché sfoderare un “sì, ma” sarebbe piuttosto difficile di fronte all’evidenza di una nostra sensibilità sociale innegabile e di cui andiamo molto fieri. Questa incapacità di ascolto  è molto grave: impedisce il dialogo e quindi anche la possibilità di un dibattito costruttivo per la crescita del paese e per procedere e produrre quelle riforme che sono essenziali per il nostro cantone.

Cito quella attualmente discussa in materia di fiscalità cantonale, fondamentale per mantenere il nostro cantone su un buon livello competitivo in campo nazionale e internazionale.

Qui mi permetto un inciso, tanto per non dare l’impressione di sole recriminazioni gratuite e generalizzate. Voglio ringraziare infatti i Consiglieri di Stato e il Cancelliere, presenti in forze questa sera, perché, al di là delle naturali divergenze di opinioni che possono esserci sui vari dossier, non ci negano mai la possibilità di confrontarci direttamente e di approfondire ogni tema importante. A volte si trovano dei compromessi, a volte no, ma questo fa parte del gioco. Ma l’ascolto non manca mai e di questo ne siamo profondamente riconoscenti.

Per chi non ascolta invece, la libertà economica e imprenditoriale sancita esplicitamente nell’articolo 27 della nostra Costituzione federale, sembra essere un valore trascurabile e comunque subordinato ad altri diritti, veri o presunti. No, la libertà economica, che permette l’attività di noi imprenditori e quindi la creazione della ricchezza, non è un valore trascurabile finito per caso nella nostra Magna Charta, ma è un principio fondamentale che ha permesso e permette alla Svizzera e al Ticino di prosperare. Certo, porta con sé i normali limiti imposti dal quadro legislativo, dall’equilibrio che va cercato costantemente con altri diritti costituzionali, ma indubbiamente il suo principio NON è negoziabile.

Qui sento già insorgere i paladini di un certo catastrofismo che dopo la nostra Assemblea dello scorso anno ebbero fortemente da ridire sulle mie considerazioni concernenti proprio la libertà economica e il relativo positivo sviluppo del nostro tessuto economico. Ignorando volutamente tutti i richiami, contenuti nello stesso discorso, sull’assoluta necessità di rispettare tutte le regole vigenti. Per noi è chiaro, e i fatti lo dicono in modo incontestabile, che chi opera fuori dalla legge non ha diritto di cittadinanza nella vita associativa. Abbiamo sempre detto e lo ribadiamo a chiare lettere che chi sgarra deve essere sanzionato. Ritengo doveroso sottolineare, però, che questo deve applicarsi a tutte le categorie della società e che tutti dovrebbero assumere le responsabilità dei propri comportamenti e ammetterne le conseguenze, prima di calare sentenze sulle aziende che operano in modo irreprensibile. Purtroppo, e lo dico con sincera tristezza, l’approfondimento, l’oggettività e l’equilibrio per molti non sembrano più valori importanti ed efficaci. Un equilibrio che avevo già invocato lo scorso anno, ma evidentemente invano… visto mi sembra non faccia passi avanti!

Eppure sostengo un equilibrio, un’oggettività e una ricerca approfondita dei fatti, che dovrebbero essere possibili senza forzi sovrumani.

Cito un titolo, e lo cito volutamente in versione originale e integrale:

Tessiner Wirtschaft wächst – aber niemenad glaubt es

Non si tratta di un’affermazione di qualche malcapitato turista germanico annebbiato dal nostro merlot. Molto più semplicemente è il titolo del servizio dedicato dalla radio e televisione della Svizzera tedesca, DRS, alla presentazione dello scorso mese di marzo della seconda edizione dello studio di BAK Economics sull’andamento economico del Cantone Ticino. Senza “sì, ma”, come si sono invece affrettati a ribattere molti osservatori i locali, fra cui anche i colleghi ticinesi  della stessa  DRS : ma non sono  la stessa azienda?  Misteri.

Ancora più misteriosa diventa questa stridente differenza di valutazione se si considera che la Svizzera tedesca di principio non ci regala nulla e quando deve essere critica con il Ticino non si risparmia. Ma un’analisi equilibrata e approfondita ha portato innanzitutto a un giudizio corrispondente alla realtà dei fatti, senza per questo omettere di evidenziare, giustamente, taluni punti critici della nostra realtà cantonale. E’ davvero così difficile essere più oggettivi?

Del resto, anche un noto e brillante economista ticinese, certo non sospettabile di appartenere alla temibile casta delle aziende, in un recente editoriale intitolato “Fuori dalla crisi: adesso!” ha apertamente elogiato il nostro lavoro di analisi. Non ha tralasciato i punti deboli del nostro sistema economico, ma ha smentito clamorosamente le cassandre di sventura.

Altro esempio: qualche settimana fa si è parlato del disagio sul lavoro, riferendosi esclusivamente alle aziende private e omettendo scientemente quelle para-pubbliche e pubbliche. Come se le debolezze dell’essere umano, perché infondo di “persone” stiamo parlando, si concentrassero e concretizzassero solo nelle aziende private, scomparendo magicamente nelle altre. Tutti sappiamo che la realtà non è questa, ma è certamente la realtà più comoda e facile da presentare agli altri.

Fra i molti esempi che ritengo poco edificanti ce n’è un altro che mi ha particolarmente colpito e che si poteva leggere su un portale ticinese poche settimane or sono, per mano di una persona oltretutto istruita. Essa ha affermato, testuale, che “Il Ticino è pieno (sottolineo PIENO) di datori di lavoro trogloditi”. Il tutto evidentemente fortemente poi enfatizzato a livello mediatico, presentando una mancanza assoluta di sensibilità e rispetto per un incalcolabile numero di neo mamme che verrebbero sistematicamente escluse dal mondo del lavoro.

Tutti noi siamo concordi nel sostenere che anche un solo caso di abuso sia da considerare uno di troppo e vada giustamente sanzionato dal punto di vista legale, ma mi permetto di asserire che i numeri reali, che vi invito a verificare, di questo sicuramente disdicevole fenomeno, rapportati ai 230’000 posti di lavoro di donne e uomini in Ticino, non danno il diritto ad insulti di questa portata e totalmente fuori misura.

È evidente che qualcuno in questo cantone ha ormai perso il senso della misura. Questo gioco al massacro non ci porterà da nessuna parte. Abbattere l’imprenditoria non farà certo progredire il cantone e ritengo che molti atteggiamenti accusatori a prescindere non siano più sostenibili.

Per questo penso che sia giunto il momento di dire BASTA! Basta con queste dinamiche. La ricerca disperata di audience non può giustificare qualsiasi cosa e non può esimere da un confronto sui fatti. Rischiamo la perdita di tanti valori che hanno fatto grande il Paese: la stabilità e la prevedibilità del sistema, la certezza del diritto, il principio di legalità, il rispetto della libertà economica e della proprietà privata, l’auto­ responsabilità, solo per citarne alcuni. Non è puntando il dito indistintamente contro tutto il mondo imprenditoriale, senza distinzioni fra i molti che “tirano la carretta” e i pochi che sgarrano, che si fa il bene di questo paese.

L’imprenditoria, quella SERIA che noi rappresentiamo, ha il diritto di essere ascoltata. Criticata quando è giusto farlo, elogiata quando è giusto farlo, certamente non bistrattata. Quando la prima virtù dovrebbe essere quella di rispettare le leggi e di creare posti di lavoro, concetti come “aziende virtuose” possono prestarsi a interpretazioni fuorvianti. Vi possono essere molte sfaccettature: talune aziende hanno più possibilità di offrire vantaggi alla società, altre devono lottare strenuamente nel quotidiano per sopravvivere. Ma non per questo le seconde sono meno virtuose delle prime.
Discorso complesso, ma proprio perché complesso è il sistema economico stesso e la complessità richiede, mi ripeto, equilibrio di analisi e di giudizio.

Non saremo noi a cambiare il mondo, nemmeno il micro-cosmo ticinese. Ma ci sforziamo tutti i giorni per dare il nostro contributo, lavorando seriamente e cercando di essere una vetrina privilegiata per mettere in evidenza le tantissime aziende che permettono a questo cantone di giocarsela con tante realtà mondiali considerate anche molto più competitive di noi. Parliamo di difficoltà di ogni genere, di disoccupazione, di assistenza, di quello che volete. Ma non dobbiamo avere vergogna ad ammettere che vi sono molte cose che funzionano bene. E’ solo con un vero dialogo che si possono affrontare e risolvere i problemi. Noi vogliamo dare voce alle persone, perché di persone sono fatte le aziende che noi tuteliamo.

Noi ci siamo. Agli ALTRI la facoltà di scegliere se le beghe strumentali sono più importanti di un reale lavoro comune nell’interesse di tutti.

In conclusione desidero ringraziare tutto lo staff della Camera, in primis il nostro Direttore Luca Albertoni, che con grande dedizione e professionalità operano a favore di tutte le aziende: grandi, medie, piccole, rivolte al mercato interno o esportatrici. Esattamente come deve essere per un’associazione-mantello.

Vi segnalo infine la data dell’Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti per il prossimo anno, cioè venerdì 16 ottobre 2020.