Cento anni di lavoro per la libertà economica e la prosperità
di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
Il 21 gennaio 1917 nacque la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, con lo scopo principale di dare una voce coordinata agli interessi imprenditoriali di queste due categorie in un periodo storico particolarmente difficile a causa anche del contesto della Prima guerra mondiale. Come usuale in Ticino, le discussioni che precedettero questo atto furono numerose e vivaci, con malcelate tentazioni di creare una struttura solo apparentemente privata, ma in realtà braccio prolungato dello Stato. Fortunatamente la scelta fu diversa e si optò per il modello anglosassone, cioè di un’associazione completamente privata, senza alcun contributo statale e quindi realmente rappresentativa degli interessi economici del mondo produttivo nel confronto con le autorità cantonali e federali. Una scelta coraggiosa e giusta, perché a livello mondiale il modello si dimostra molto più efficace nel contesto politico-istituzionale grazie alla chiara ripartizione dei ruoli.
Laddove invece le Camere sono di natura pubblica o semi-pubblica (penso ad esempio alle strutture tedesche, di forma privata ma con obbligo di adesione per ogni azienda), esse hanno sì una forza finanziaria inimmaginabile per la nostra realtà, ma hanno altresì un ruolo a tratti più ambiguo e molto meno orientato alla tutela delle imprese. Oggi la nostra Camera, ma direi tutte le Camere di commercio e dell’industria in Svizzera hanno un ruolo molto chiaro, cioè di riferimento indiscutibile per i temi di politica economica generale. Come deve essere per un’associazione-mantello che al contempo sostiene in maniera sussidiaria le associazioni di categoria per le loro questioni particolari.
Anche dopo 100 anni di battaglie, quella più importante ed attuale resta quella per la tutela della libertà economica.
Avendo il privilegio di presiedere l’Associazione svizzera delle Camere da ormai sei anni, posso anche confermare che questo modello funziona in tutte le regioni elvetiche e permette a me e ai miei colleghi di parlare un linguaggio comune quando si tratta di affrontare molte questioni che sono simili nelle varie regioni elvetiche. Per cercare soluzioni comuni, nell’interesse dei rispettivi territori, che sono sì in una certa misura in competizione, ma che in realtà traggono la loro forza proprio dall’interazione fra le varie realtà economiche. Ovviamente con uno scopo comune, cioè quello della difesa della libertà economica e imprenditoriale sancita dall’articolo 27 della Costituzione federale, valore imprescindibile per la prosperità svizzera e non fastidioso ammennicolo per proteggere i manigoldi, come taluni maleinformati o, peggio, in malafede, tendono a voler far credere. Dopo 100 anni questa battaglia è più attuale che mai, fra pericolose tendenze isolazioniste e autocratiche che rischiano di portare a una chiusura senza futuro. D’altra parte è ovvio che non ci possono essere aperture senza regole e su questo abbiamo sempre dato la disponibilità a lavorare. La ricerca di tale equilibrio è una sfida che ci accompagnerà anche negli anni a venire (magari per i prossimi 100…) e non è sempre facile trovare un punto d’intesa fra chi chiede anche legittimamente una maggiore protezione del mercato locale e chi invece vuole meno barriere possibili perché esporta i suoi prodotti. Con il sostegno e il lavoro serio della quasi cinquantina di associazioni legate alla Cc-Ti e degli oltre mille associati individuali, sono certo che potremo continuare a lavorare nell’interesse della prosperità del Cantone, con l’obiettivo che tutto il territorio possa beneficiarne. Non è facile in un contesto che purtroppo tende ingiustamente a generalizzare e ad avere scarsa considerazione per il mondo imprenditoriale. Ma la determinazione non ci manca e ne parleremo all’Assemblea generale del prossimo 20 ottobre.