Transatlantic Trade and Investment Partnership

L’acronimo TTIP è ancora poco noto alle nostre latitudini anche se nel prossimo futuro è destinato a diventare un termine di uso comune per lo meno nei contesti istituzionali, politici o economici. L’espressione completa Transatlantic Trade and Investment Partnership (partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) ci aiuta a delimitare l’ambito ma ancora non è chiaro di cosa si tratta né perché dovrebbe essere un argomento di crescente importanza a livello globale. Per mettere a fuoco il tema è necessario spiegare che stiamo parlando dell’accordo commerciale di libero scambio in fase di negoziato dal 2013 tra gli Stati Uniti d’America (USA) e l’Unione Europea (UE). Un’intesa che in caso di conferma sarà destinata ad influenzare lo sviluppo economico dei decenni a seguire. Per la Svizzera si prospettano opportunità o rischi a dipendenza di come il nostro Paese vorrà muovere le sue pedine sullo scacchiere internazionale.

L’accordo in corso di negoziazione tra UE e USA potrebbe portare alla creazione della più importante area di libero scambio al mondo. Essa includerebbe quasi la metà della produzione economica a livello globale e circa un terzo del commercio mondiale. Gli obiettivi di questa integrazione del mercato statunitense con quello comunitario sono facilmente riassumibili: facilitare l’accesso al mercato (ad esempio attraverso l’eliminazione dei dazi doganali), rimuovere le cosiddette barriere non tariffali (es. procedure di omologazione, regole sanitarie e fitosanitarie, ecc.) e definire al contempo nuove regole commerciali (si pensi al tema attualissimo della proprietà intellettuale). Inutile dire che il nome di «Partenariato economico» indica già da solo che il contenuto dell’accordo dovrebbe estendersi ben oltre il campo della materia doganale.

Le prospettive di ottenere dei benefici concreti sono evidenti a tutti, ma non è invece ancora chiaro se la Svizzera potrà trovare delle opportunità da questo accordo.

In una risposta ad un’interpellanza parlamentare del giugno del 2014, il Consiglio Federale ha dichiarato che “La Svizzera non è coinvolta nelle trattative in corso tra l’UE e gli Stati Uniti per un partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (…). Tuttavia, dato che sia l’UE sia gli Stati Uniti sono importanti partner commerciali del nostro Paese, il Consiglio federale segue da vicino gli sviluppi relativi al suddetto TTIP”. Si tenga presente che i due terzi delle esportazioni svizzere sono convogliati nell’UE (2014: 114 miliardi di franchi) e negli USA (2014: 26 miliardi di franchi). Per quanto concerne le importazioni di merci, la quota è ancora più significativa (79,3%, di cui il 73,2% proveniente dall’UE e il 6,1% dagli Stati Uniti).

I numeri parlano da sé e l’importanza di questo accordo per la Svizzera è innegabile. Dal punto di vista elvetico l’approccio a questo partenariato deve essere proattivo e incisivo. Sebbene la Svizzera non sia direttamente coinvolta nel TTIP sappiamo che grazie ad un dialogo di politica commerciale aperto dall’AELS con gli USA, anche i membri dell’AELS (tra cui la Svizzera) sono regolarmente al corrente dei negoziati in corso. Naturalmente ad un certo punto anche la Svizzera dovrà capire quale sarà la miglior strategia da attuare per evitare di essere esclusa da un’area di libero scambio destinata a crescere d’importanza. Ciò non è sufficiente se allo stesso momento non si comincia a quantificare i rischi e le opportunità legate ad un siffatto accordo di libero scambio. L’autorità federale ha già avviato delle indagini su quelle che potrebbero essere le ripercussioni di un ALS UE-USA sulla Svizzera.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Export e vice direttore Cc-Ti

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Export proiettato nel futuro: quali sfide e quali contromosse?

La Giornata dell’Export 2016

Mercoledì 3 febbraio si è svolta la Giornata dell’Export 2016. Ha aperto il tradizionale appuntamento della Cc-Ti, un business lunch dedicato alla missione commerciale in Kazakistan prevista nel mese di maggio. La parte centrale della Giornata si è conclusa all’Hotel Parco Paradiso a Paradiso con un’intervista all’ospite d’eccezione, Monika Walser CEO di De Sede, seguita da un’interessante tavola rotonda sulle prospettive dell’export ticinese.

Nell’ultimo anno l’economia ticinese ha subito un forte contraccolpo causato dalla forza del franco svizzero. Per le nostre aziende si tratta di un ulteriore ostacolo monetario nel giro di pochi anni. Tutti i settori sono stati toccati seppur in maniera differenziata. Se da una parte questa crisi valutaria sta portando ad una riduzione dell’autofinanziamento e quindi ad una minore propensione agli investimenti da parte della aziende, dall’altra sta però mostrando un rovescio della medaglia che per certi versi può essere considerato vantaggioso. Infatti, il superfranco ha spinto le aziende a razionalizzare ulteriormente i propri processi, a rivedere i fornitori e a cercare nuovi canali di sbocco per i propri prodotti. Ma oltre a ciò, anche i dipendenti stanno dimostrando un grandissimo senso di responsabilità aumentando la loro efficacia, che si può tradurre in maggiore produttività. Le aziende attive nell’export hanno quindi dovuto adattarsi, reinventarsi o trovare nuove soluzioni per far fronte alla sempre più forte concorrenza con l’estero.

La Giornata dell’export 2016, organizzata mercoledì 3 febbraio all’Hotel Parco Paradiso dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), ha dato ampio spazio alle sfide future che le aziende ticinesi devono affrontare in un contesto internazionale sempre più competitivo.

In quest’ottica un tema affrontato durante la giornata per dinamizzare l’economia ticinese è la missione commerciale in Kazakistan che avrà luogo in maggio grazie all’iniziativa di Cc-Ti e S-GE. Opportunità commerciali e nuove sfide verso Paesi meno tradizionali per diversificare i mercati di sbocco dei prodotti ticinesi.

Ospite d’eccezione della giornata è stata Monika Walser, già CEO di Freitag e oggi a capo dell’azienda De Sede che durante una frizzante intervista condotta dal vice direttore della Cc-Ti Marco Passalia, ha sottolineato l’importanza di focalizzare le attività sulle nicchie. L’imprenditrice svizzero tedesca ha poi ribadito i valori fondamentali del fare business, “the Swiss Way”: precisione, affidabilità, l’importanza delle risorse umane e anche la tenacia di credere in quello che si fa. “Chi fa impresa – ha dichiarato Walser – deve amare quello che fa perché altrimenti non può garantire il massimo impegno”. Interessante anche l’accostamento tra Ticino e il resto della Svizzera dove l’ospite d’eccezione ha sottolineato che tutto sommato i problemi del sistema economico ticinese rispecchiano esattamente le stesse difficoltà dell’economia del resto della Confederazione.

Da ultimo Monika Walser ha ribadito l’importanza di un futuro dell’economia svizzera sempre più orientata all’internazionalizzazione delle proprie attività considerando anche l’ottima reputazione elvetica.

Da questi spunti è poi nato un interessante dibatto che ha toccato diversi settori grazie alla partecipazione ad una tavola rotonda, moderata dal giornalista Pietro Bernaschina, di Alessandra Alberti, direttrice, Chocolat Stella SA, Aleardo Cattaneo, amministratore delegato, Ferriere Cattaneo SA, Giorgio Calderari, Group General Manager, Helsinn Healthcare SA e Michele Sargenti, Managing Director, ABB Newave SA.

Infine, Marco Arrighini, responsabile Heuler Hermes Ticino, ha presentato brevemente il “Credit Risk Monitor” dichiarando che su un’analisi di circa 400 aziende svizzere orientate all’export, vi è stato un aumento del 4% dei casi d’insolvenza rispetto al 2014. In particolare ci son crepe nella muraglia cinese (+20%), in Brasile (+18%), mentre la Russia si stabilizza dopo la crescita del 30% del 2015. Le insolvenze diminuiscono invece in Germania, Olanda, Austria e crescono (1%) in Svizzera. Dopo la decisione della BNS del 2015 il 29% delle aziende orientate all’export hanno aumentato gli acquisti all’estero, mentre il 24% hanno puntato sulla forza Svizzera dato che la qualità paga. Nel frattempo alcune importanti incertezze politiche ed istituzionali continueranno a farsi sentire nel corso del 2016. Tuttavia gli investimenti privati sembrano essersi risvegliati nelle economie avanzate portando ad un sostenimento della crescita.

La presentazione
“Credit Risk Monitor: risultati e previsioni”
Marco Arrighini, Euler Hermes
L’intervista
Servizio di Teleticino, con intervista a Monica Walser
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La “sharing economy” suscita grande interesse

Il 25 gennaio 2016 si è tenuto presso la sede della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) l’evento “Sharing economy: l’economia della condivisione”. L’evento, co-organizzato dalla Cc-Ti e la Fondazione AGIRE ha voluto rendere attento il pubblico su questo “nuovo” modello economico illustrandone il  potenziale e le sfide che  questo comporta.

Dopo un breve saluto del Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, che ha messo in risalto l’importanza di capire al meglio questo fenomeno, si è entrati subito nel vivo grazie al Professor Siegfried Alberton che ha introdotto il tema, fornendo una visione d’insieme sulla grande evoluzione di quest’ultimo (basti pensare che si stima che negli Stati Uniti quasi 1/3 dei lavoratori è freelancer) e illustrando i campi più illustri dove questo fenomeno – che prende forma attraverso un consumo o produzione collaborativa – si manifesta, come ad esempio nella mobilità e l’efficienza energetica. Ha poi di nuovo preso la parola il Direttore Cc-Ti, Luca Albertoni, fornendo una panoramica delle principali sfide esistenti – in parte giuridiche ma principalmente politiche, prendendo come esempio il “caso Uber” o il “caso Airbnb” – ma sottolineando anche le nuove opportunità di mercato che l’economia della condivisione comporta. Infine, Karim Varini, co-fondatore di TimeRepublik, piattaforma web di “cloud co-working”, ha fornito un esempio concreto di attività di “Sharing economy”. Varini ha sottolineato come in verità, contrariamente alle previsioni, nel periodo successivo alla crisi economica  le persone abbiano  dimostrato sempre più voglia di aiutarsi e di partecipare a un progetto comune. La società infatti sta lentamente cambiando, ne è sintomatico il fatto che gli studenti non scelgono più i loro curriculum accademici unicamente in previsione del salario che percepiranno ma anche tenendo conto del progetto a cui potranno prendere parte.

Agli ospiti è stata poi offerta una colazione di networking dove hanno potuto approfondire, con domande ulteriori, il tema della Sharing economy.

Scaricate le presentazioni
Sharing economy: un nuovo paradigma?
Siegfried Alberton
TimeRepublik. un esempio concreto di “Sharing economy”
Karim Varini
Flyer programma
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