Forte slancio dell’export elvetico in Cina

Negli ultimi decenni la Svizzera si è impegnata a sostenere le aziende esportatrici promuovendo una politica del libero scambio e siglando una trentina di accordi volti ad agevolare il commercio con l’estero. I trattati sono in continua evoluzione e la Confederazione ambisce a stipularne di nuovi per poter facilitare l’export svizzero. Punta di diamante degli scambi commerciali elvetici è sicuramente la Cina, nazione con oltre 1,4 miliardi abitanti e un potenziale ancora da sfruttare, come conferma la netta crescita delle esportazioni svizzere negli ultimi dieci anni, praticamente raddoppiate dal 2008. Una spinta sostanziale è stata data proprio dall’accordo di libero scambio (ALS) bilaterale entrato in vigore il 1 luglio 2014, che ha permesso alle aziende svizzere di beneficiare di un vantaggio concorrenziale fondamentale rispetto ai cugini europei o americani che non godono del libero scambio. La particolarità dell’ALS Svizzera-Cina è infatti stata la soppressione parziale, ma per lo più totale, dei tributi doganali distribuita nell’arco di 5 o 10 anni (in singoli casi 12 o 15) per gran parte dei prodotti industriali svizzeri.

Forte interesse delle aziende elvetiche

Oltre ad aver migliorato l’accesso reciproco ai rispettivi mercati per le merci e i servizi, l’ALS ha anche aumentato la sicurezza giuridica in materia di proprietà intellettuale e, in generale, negli scambi economici bilaterali, contribuendo altresì allo sviluppo sostenibile e rafforzando la collaborazione tra i due Paesi. La Cina è infatti considerata la nazione più interessante per l’export elvetico, affermazione confermata da un recente sondaggio condotto da S-GE tra le aziende esportatrici: queste hanno posizionato la Repubblica popolare cinese al primo posto di una classifica di 107 Paesi dove seguono gli USA e la Corea del Sud. È inoltre emerso che, anche chi non esporta ancora in Cina, è comunque intenzionato a farlo nel corso dei prossimi mesi.

Opportunità concrete di business

La Cc-Ti e S-GE intendono fornire maggiori informazioni e segnalare nonché aprire nuove opportunità su questo mercato tramite un evento-Paese, che si terrà il prossimo 7 giugno, e una missione economica a Shenzhen nel mese di novembre. Quest’ultima permetterà alle aziende di visitare la città più imprenditoriale della Cina ed incontrare aziende locali tramite appuntamenti B2B. La missione prevede inoltre una parte facoltativa anche a Shanghai. Per maggiori dettagli, non esitate a contattarci.

Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

 

 

 

 

 

 

 

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze
in ambito di esportazioni.

Workstream Collaboration

Testo a cura di Carlo Secchi

L’introduzione della tecnologia VoIP (Voice over Internet Protocol) ha posto progressivamente fine al mondo dei centralini telefonici basati su hardware e collegamenti proprietari, isolati dalle infrastrutture informatiche.

È nato così il concetto delle comunicazioni multi-modali, più noto con il termine “Unified Communications” (UC) che ha permesso di unire in un unico client voce, voice-mail e instant messaging (IM). Eppure, nonostante gli innegabili progressi della tecnologia UC, in molte aziende risulta ancora difficile unificare davvero le comunicazioni. Siamo tutti sempre più connessi ma, paradossalmente, la maggior parte delle conversazioni sembra avvenire ancora al di fuori della suite UC aziendale, mentre la produttività individuale e di gruppo rischia di soccombere sotto la mole di email e di allegati che intasano i sistemi di posta elettronica.

Man mano che l’azienda si espande, la collaborazione interna è più importante che mai per lavorare con i colleghi di team, i reparti e le diverse sedi. Il nuovo paradigma del posto di lavoro digitale, è la collaborazione basata sulla conversazione. In effetti, un segmento emergente dell’industria tecnologica, offre la possibilità di ottimizzare la coordinazione, le prestazioni, le comunicazioni e la produttività dei team: si tratta della workstream collaboration.

Gli strumenti di workstream collaboration, sono progettati per ridurre o sostituire in modo significativo le e-mail presentando funzionalità di base come messaggistica frequente, notifiche, upload di video, ricerca ottimizzata, archiviazione, flussi di comunicazione e semplici modi per condividere contenuti. Si tratta di strumenti che generalmente si integrano con altre applicazioni aziendali tramite API e bot aperti. Possono essere accessibili su dispositivi mobili o desktop in modo che siano facilmente accessibili da tutti i membri dell’organizzazione, compresi quelli che lavorano in prima linea.

Per poter adottare gli strumenti più adeguati di workstream collaboration, occorre affrontare workshop interni che prendano in esame i diversi flussi di lavoro e di collaborazione e permettano di valutare nuove metodologie per lavorare in modo più efficiente, con strumenti e canali di comunicazione semplificati e con infrastrutture IT più flessibili e meno costose.

Carlo Secchi
Sales Director-Vice President
Swisscom Enterprise Customers
6500 Bellinzona
carlo.secchi@swisscom.com
www.swisscom.com
Seguiranno in autunno molte proposte formative puntuali sull’argomento comunicazione e digitalizzazione, che stiamo programmando.

Troppa fiducia nelle piccole e medie imprese

Testo elaborato da Lorenzo Job

La varietà di frodi aziendali è ampia: manipolazione di informazioni e rendiconti, appropriazione indebita, corruzione privata e pubblica, conflitti di interesse e reati informatici sono solo alcuni degli episodi più diffusi.

Anche in Svizzera la criminalità economica non è un fenomeno marginale. A livello internazionale si stima che molte imprese perdano in media il 5% del loro fatturato a causa di frodi aziendali, e la Svizzera non è da meno. Chi si occupa di criminalità forense si occupa perlopiù di casi di corruzione; si constatata che nel ramo economico è pure frequente la corruzione di responsabili per ottenere incarichi migliori. Ma spesso si manifestano casi di frode anche per motivi psicologici. Quando il collaboratore teme il suo datore di lavoro, esiste la possibilità di compiere eventuali sbagli o imprecisioni e l’impiegato potrebbe decidere di dissimularli invece di ammetterli. Sono molto frequenti anche i casi legati all’aumento del fatturato, dove il datore di lavoro fa pressione affinché i collaboratori generino un fatturato sempre maggiore spingendoli alla manipolazione dei dati contabili per raggiungere artificialmente gli obiettivi posti.

Un altro problema può emergere quando il datore di lavoro si mostra troppo fiducioso nei propri collaboratori e non adotta un adeguato sistema di controllo interno. Sistema di controllo interno che spesso, per mancanza di fondi e risorse da dedicare ad esempio all’implementazione di un buon software di sicurezza informatica, non risulta essere efficace. Questa problematica tocca in particolare le piccole e medie imprese, ovvero la maggior parte delle aziende che compongono il tessuto economico ticinese. Le aziende ticinesi, infatti, superano la media svizzera in fatto di attacchi criminali.

Il tema più attuale nel mondo economico è però quello dei “cyber attacks”, i quali avvengono spesso tramite l’invio di e-mail a clienti con indicazioni di conti falsi o tramite l’intrusione nel sistema interno di contabilità inserendo dei virus che generano trasferimenti bancari a favore degli hackers. Anche se molti sistemi informatici sono sicuri, l’uomo rappresenta sempre un fattore di rischio: criminali travestiti da artigiani o addetti alle pulizie possono entrare nella sede di una società e installare microspie “digitali” all’interno degli uffici. È anche possibile che il collaboratore stesso apra dei file salvati su una pennetta USB infetta da un virus senza esserne a conoscenza.

In futuro il lavoro relativo alla criminologia economica e forense sarà incentrato prevalentemente all’ambito digitale: verranno sviluppati dei nuovi sistemi di individuazione di frode basati su nuove tecnologie e su processi di automatizzazione – senza però trascurare il fattore umano.

 

Lorenzo Job, Office Managing Partner, Lugano
KPMG SA
Via Balestra 33
6900 Lugano
Tel. +41 58 249 32 61
www.kpmg.ch

 

Maggiori informazioni in merito sono possibili attraverso un comunicato stampa specifico, elaborato da KPMG, oppure scaricando lo studio completo sul tema.
Riscoprite tutti gli articoli e le diverse attività che la Cc-Ti ha portato avanti nell’ultimo periodo sul tema:

Dossier tematico e presa di posizione Cc-Ti sull’argomento
Resoconto dell’evento del 2017: L’economia del futuro è digitale
Articolo – Il fiume della digitalizzazione scorre libero e vigoroso in Svizzera
Resoconto dell’evento del 2017: I nuovi modelli di business che si impongono con la digitalizzazione
Articolo – La digitalizzazione nelle strategie di marketing
Articolo  – Il Ticino è sempre più digitale (partecipazione del Direttore Cc-Ti alla Swisscom Dialogarena 2017)
• Articolo – “Pensare come un Hacker”? Il Direttore della Cc-Ti tra i relatori di un evento sul tema
• Risultati dell’inchiesta sul rischio cyber promossa da Cc-Ti, Supsi e InTheCyber SA – 11.2017
• Articolo – Attacchi cyber: continua la sensibilizzazione sul tema

Dialogo efficace fra aziende ed Amministrazione federale

Da sempre la comunicazione fra aziende ed Amministrazione federale è buona. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO)  ha implementato negli anni un vero e proprio portale dedicato alle PMI ed alle aziende per informazioni, un’interazione costante e numerosi servizi online, proprio per essere ancora più performante nel suo dialogo tra autorità ed aziende.

Quale Cc-Ti riceviamo spesso domande in relazione ai temi di costituzione di un’attività, successione, IVA, eccetera. Tra i numerosi servizi dedicati agli associati  vi sono le consulenze in ambito giuridico  e relative all’internazionalizzazione ed export. Pensiamo però valga la pena segnalare il portale della Confederazione per una prima efficace informazione su dubbi e/o domande che possono trovare una risposta immediata, anche negli orari di chiusura dei nostri uffici.

Il portale www.pmi.admin.ch

Questa piattaforma è stata strutturata con lo scopo di alleggerire il carico amministrativo delle PMI, offrendo una fonte di risposte pratiche a tutta una serie di quesiti che spesso gli imprenditori si pongono. Le domande infatti spaziano dalla creazione e gestione di un’impresa, alla successione, passando per le questioni di import/export, a quelle giuridiche. Oltre a ciò vi è la possibilità di un comunicazione diretta con la SECO, oltre a diversi servizi online.

Contenuti

In pratica, dunque, sul portale della SECO si trovano informazioni utili su come creare un’attività, muovendo i primi passi, sia per cittadini svizzeri che stranieri, sulle diverse forme giuridiche in essere in Svizzera, dettagli utili sulle pratiche di import/export di beni e prodotti vari, ma sono trattati anche temi quale la gestione del personale e il diritto del lavoro.  Vi sono poi i link diretti agli sportelli online della Confederazione, come pure anche a quelli cantonali (con una panoramica su tutti i Cantoni svizzeri), oltre alla possibilità di accedere a EasyGov. Si tratta di un altro portale dedicato alle PMI che snellisce le pratiche amministrative, poiché offre l’opportunità di svolgere online procedure per autorizzazioni, notifiche e presentazione delle domande.

La Cc-Ti è sempre a disposizione dei propri associati per consulenze specifiche.
Non siete ancora affiliati alla Cc-Ti? Contattate Lisa Pantini, Responsabile delle Relazioni con i soci per ogni dettaglio in merito.

Conosco la corretta voce di tariffa doganale dei miei prodotti?

Per le aziende esportatrici è fondamentale conoscere i dazi doganali all’importazione in un Paese estero. Alfine di avere tutte le informazioni corrette bisogna però conoscere due elementi importantissimi: l’origine della merce (che non tratteremo in questo articolo ma di cui abbiamo già ampiamente dato spazio) e la corretta voce di tariffa doganale (VT). Proprio quest’ultima è al centro di questo breve testo – nonché argomento centrale di un corso in agenda il prossimo 17 maggio – poiché non conoscere il codice doganale della merce può generare tutta una serie di problematiche a catena, ovvero dazi sbagliati o, peggio ancora, origine della merce non corretta. Inoltre la classificazione tariffaria permette di conoscere anche eventuali misure commerciali (ad es. contingenti), norme di sicurezza o formalità fitosanitarie o sanitarie, divieti o embarghi.

Il sistema armonizzato

La tariffa doganale si basa sull’accordo internazionale del “Sistema Armonizzato” (SA), attualmente in uso in quasi tutti i Paesi del Mondo. Ciò significa che tutti i Paesi utilizzano una medesima nomenclatura doganale, armonizzando le prime sei cifre a livello mondiale. Il SA suddivide a “blocchi” la tariffa doganale, scomponendo la cifra in sezioni, capitoli e sotto-capitoli.

Le piattaforme online

Tares è la piattaforma online messa a disposizione dall’Amministrazione Federale delle Dogane (AFD) dove si possono trovare tutte le voci di tariffa con pratiche ricerche di testo ma anche direttamente di codici doganali.

Ben sapendo che le voci di tariffa doganale possono essere differenti nei Paesi esteri, Mendel Online, una piattaforma messa gratuitamente a disposizione alle aziende svizzere da Switzerland Global Enterprise, permette di effettuare ricerche accurate delle VT in tutto il mondo. È una banca dati che sfruttata nel modo corretto permette di fornire tutta una serie di informazioni fondamentali per le aziende esportatrici, come ad esempio le regole dell’origine.

Per informazioni doganali sui paesi dell’UE si può invece utilizzare la TARIC (tariffa doganale integrata dell’Unione europea) che fornisce dati precisi sulle tariffe doganali dei singoli Stati membri.

Per saperne di più

Il Servizio Export della Cc-Ti in maniera complementare rispetto al ruolo dell’Amministrazione federale delle Dogane, aiuta le aziende affiliate alle necessarie ricerche dei tributi e delle voci di tariffa doganali. Siamo quindi a disposizione per ulteriori approfondimenti in merito come per le consulenze export generali dedicate agli affiliati Cc-Ti.

Servizio Export Cc-Ti

Gratifica o benefici in natura: quali riflessioni fare?

In una storia di forte competizione economica, il rafforzamento della motivazione e dello sviluppo dei team aziendali è diventato una priorità. Il riconoscimento del lavoro svolto in modo individuale o di gruppo può diventare un fattore chiave per il successo del business.

L’incentivo è apparso nei paesi anglosassoni negli anni 90. Questo metodo consente ai datori di lavoro di motivare i propri collaboratori principalmente in due modi:

  • da un lato, la motivazione di “essere”, che permette di creare una coesione nella squadra e di fare leva sull’atteggiamento dei collaboratori;
  • d’altra parte, la motivazione del “fare”, che volge a migliorare le prestazioni singole e di gruppo.

In entrambi i casi, i dipendenti ricevono una contropartita che mira a gratificarli e a incentivare la loro voglia di fare e collaborare al meglio (ad esempio seminari, formazione supplementare, viaggi o regali).

È necessario rammentare una sola condizione perché questi metodi si rivelino realmente efficaci:

l’azienda deve premiare durante un periodo di crescita, perché il premio è un acceleratore di performance.
Assolutamente da sconsigliare in caso quindi, ad esempio, di un piano sociale.

Proviamo a fare chiarezza.

La gratifica o il bonus

 Per definizione, la gratifica è un premio straordinario pagato in aggiunta al salario. Potrebbe essere accordata come ricompensa per un lavoro già fornito e concluso o come incoraggiamento per il lavoro futuro.

L’ammontare della gratifica dipende, in linea di principio, dalla volontà del datore di lavoro.

Secondo l’art. 322d al 1 CO la gratifica è una retribuzione eccezionale che il datore di lavoro accorda in aggiunta al salario e in determinate occasioni, come Natale o a fine anno contabile.

Concetto opposto quando parliamo di bonus, il cui ammontare è determinato in anticipo dalle parti o dipende da criteri oggettivi convenzionalmente predeterminati, come l’ammontare della cifra d’affari art. 322aCO.

La partecipazione al risultato viene considerata come una componente del salario (si differenzia ancora dalla provvigione – art. 322bCO- in quanto si riferisce al risultato globale dell’azienda, mentre la provvigione è una remunerazione fissata in base ai risultati personali dal lavoratore).

Esistono comunque circostanze per le quali la gratifica può divenire anch’essa parte integrante del salario e quindi dovuta; questo accade se il carattere facoltativo di questo versamento viene a decadere e il datore di lavoro, di anno in anno, concede puntualmente la gratifica.

Nella misura in qui perde la propria caratteristica opzionale, entra a fare parte delle voci di salario (da ricordare che la gratifica non deve eccedere di principio dal 10% del salario fisso).

Per qualificare invece il bonus e la gratifica è necessario interpretare le volontà delle parti.

Prima di tutto, è necessario stabilire se il bonus è determinato (rispettivamente determinabile) o indeterminato (rispettivamente indeterminabile).

  • Se il bonus è determinato o determinabile, il dipendente ha diritto a questo bonus. La remunerazione è oggettivamente determinabile quando non dipende più dal giudizio del datore di lavoro.
  • Questo è il caso in cui il dipendente ha diritto a una parte dell’utile o del fatturato o altrimenti partecipa al risultato aziendale (articolo 322a CO). Il datore di lavoro deve quindi mantenere il suo versamento, pagando al dipendente la remunerazione concordata (elemento essenziale del contratto di lavoro) e il bonus deve essere considerato come un elemento attivo (variabile) del salario.
    L’obbligo (contrattuale) del datore di lavoro di pagare al suo dipendente questa remunerazione fissa (o oggettivamente determinabile) può venire regolamentata da subito (all’inizio del rapporto di lavoro, all’interno del contratto stipulato tra le parti) o accordata in un secondo tempo, durante il decorrere del rapporto contrattuale di lavoro.

Un bonus può anche essere soggetto a decadere: in particolare, non è dovuto (pro rata  temporis), in caso di cessazione del rapporto di lavoro prima della circostanza che dà    luogo al suo pagamento, a meno che non si abbia concordato diversamente (art. 322 D, paragrafo 2, CO).

  • Se il bonus non è determinato o oggettivamente non determinabile, il dipendente generalmente non ha alcun diritto: la remunerazione dipende dalla buona volontà del datore di lavoro e il bonus viene allora qualificato come gratifica. Questo è il caso in cui la quota non è fissata in anticipo, ma dipende principalmente dal margine di manovra del datore di lavoro.

Quando la quota non è determinata o oggettivamente determinabile, deve essere definita e qualificata come gratifica.

La gratifica può diventare un diritto?

La gratifica può perdere la propria caratteristica di facoltatività nel momento in cui il datore di lavoro, senza riserve, la versa per 3 anni consecutivi:

la gratifica diviene, allora, tacitamente obbligatoria e il collaboratore può pretenderne il pagamento come parte integrante del salario.

Attenzione quindi: una somma, il cui importo e la scadenza sono fissati in anticipo o dipendono
dall’adempimento di determinate condizioni, non potrà essere considerata come gratifica, ma sarà un elemento salariale.

Come deve comportarsi il datore di lavoro?

 Per impedire che la gratifica venga convertita in un elemento salariale, il datore di lavoro deve dichiarare espressamente che tale importo viene pagato a sua discrezione e che questo pagamento può interrompersi in qualsiasi momento.

Si consiglia vivamente di rinnovare questa riserva in occasione di ogni pagamento.

Tuttavia, anche se reintegrata sistematicamente, tale riserva può diventare inefficace se si dimostra puramente formale o nel caso in cui il datore di lavoro dimostri, con il suo comportamento, che il versamento viene effettuato a prescindere da agenti interni o esterni.
Il Tribunale federale ha precisato, per esempio, che una gratifica retribuita sistematicamente per dieci anni consecutivi può vincolare il datore di lavoro al dipendente.

Se il datore di lavoro paga la gratifica ogni anno, compresi gli anni in cui avrebbe avuto un motivo oggettivo per non riconoscerla al dipendente, come ad es. la cifra d’affari in calo, il dipendente ha il diritto di credere che la gratifica gli è dovuta.

Sebbene sia accompagnata da una riserva, la gratifica assume dunque comunque un carattere obbligatorio.

Benefici in natura e fisco

Attualmente, i datori di lavoro sono pieni di immaginazione quando si tratta di motivare e premiare i propri dipendenti. In effetti, metodi alternativi di ricompensa e fidelizzazione sono diffusi, specialmente all’interno delle multinazionali.

Vengono integrati, ad es., sistemi di accumulo punti che danno diritto a buoni sconto per attività rilassanti, abbonamenti sportivi, regali materiali (ad es. orologi di marca), percentuali di sconto per l’acquisto di merci e così via..

I benefici in natura si sono decisamente dimostrati efficaci in termini di motivazione e fidelizzazione dei dipendenti.

Sebbene questi vantaggi particolari non siano, in linea di principio, considerati come una voce salariale dal diritto del lavoro, sarà invece più difficile sfuggire alla qualifica di “reddito”
da un punto di vista fiscale.

Secondo le direttive per la stesura del certificato di salario e del certificato della Cassa pensione, rilasciato dalla Conferenza svizzera delle imposte (CSI) e dall’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), tutti i benefici che il datore di lavoro fornisce al dipendente sono, in linea di principio, tassabili e devono essere dichiarati sul certificato di salario.

Tuttavia, per ragioni pratiche, alcuni elementi sfuggono a questo principio. Alcuni benefici offerti dal datore di lavoro non devono essere necessariamente dichiarati.

Ciò vale per doni di valore inferiore a CHF 500 per particolari occasioni (compleanno, Natale, ecc…), abbonamenti FFS a metà tariffa rilasciati gratuitamente, biglietti di ingresso a manifestazioni culturali, sportive (di un valore pari o inferiore a CHF 500/a evento) e altri casi speciali.

Se si considera una concessione di prestazioni in natura, si deve considerare il fatto che, in generale, questi benefici dovranno essere inclusi nella dichiarazione stipendio del dipendente e saranno pertanto imponibili.

Concludendo

Pertanto, seppur encomiabile qualsiasi gesto del datore di lavoro per condividere con i propri collaboratori la propria realtà aziendale, è auspicabile riflettere anticipatamente sullo scopo e la durata di quanto si propone quando si imposta un sistema di benefici. Il datore di lavoro deve tenere presente che la linea tra la stessa gratifica e la voce definitiva salariale è sottile.

Social selling e LinkedIn

Testo a cura di Massimo Fiorani

Si parla spesso di e-commerce e di scelte per il consumatore. In pochi però si soffermano sull’importanza di internet e dei Social Media per imprenditori, manager e venditori. Per la prima volta al giorno d’oggi, i consumatori sono tecnologicamente più avanti, nel pensiero e nella pratica, rispetto ai venditori, costretti ad aggiornarsi per non lasciarsi scappare importanti occasioni di business. Gli strumenti per generare contatti, fare business e vendere infatti ci sono.

Il Social Selling

Si tratta del il più importante strumento che identifica l’uso delle nuove metodologie da parte di venditori o professionisti per identificare, qualificare e fissare appuntamenti con i potenziali clienti. Più di tutti i social network, è LinkedIn che ha saputo sviluppare il Social Selling, offrendo ai professionisti gli strumenti e le opportunità per creare una rete di contatti valida e remunerativa.

Il Social Selling su LinkedIn è lo strumento più potente per poter attrarre i clienti o cercarli con azioni mirate, quasi da “cecchini”.

Una giusta strategia su LinkedIn – oltre ad un sapiente uso dei tool messi a disposizione – porta a raggiungere i nostri obiettivi commerciali e di business in generale. Molti imprenditori hanno finora snobbato LinkedIn – o al più ne hanno limitato l’utilizzo – poiché hanno sempre identificato questo Social Media come un contenitore di Curriculum Vitae ed un generatore di stalking da parte di candidati a posti di lavoro. Invece LinkedIn ha voluto dare un taglio a questo cliché e da strumento per persone in cerca di lavoro è diventato distributore di opportunità di business pronte ad essere colte: vi si trovano migliaia di profili professionali, e quindi potenziali clienti, ci sono già: sta all’imprenditore capire se vuole giocare la partita.

LinkedIn in Ticino

Oggi in Ticino LinkedIn ha superato i 71’000 iscritti, una quota enorme in un territorio che conta 354’000 abitanti.

In pochi click è possibile raggiungere oltre 500’000’000 di professionisti in tutto il mondo rimanendo nel proprio ufficio.

In conclusione possiamo affermare che LinkedIn ha rivoluzionato il mondo del Business, del Sales Management e della Lead Generation.

Una volta c’era l’agente di commercio con la sua ventiquattrore, tanti viaggi e spese di albergo.  Oggi c’è LinkedIn, che permette a manager, imprenditori e dirigenti di contattare i prospect di loro interesse, costruire la propria rete professionale ed abbattere costi di viaggio e rappresentanza. Tutto in pochi click!

 

Massimo Fiorani
Certified Social Selling Trainer Execus- LinkedIn partner

Clublab
via Serafino Balestra 7
6900 Lugano
www.clublab.ch

Seguiranno in autunno molte proposte formative puntuali sull’argomento comunicazione e digitalizzazione, che stiamo programmando.

Social media: attenzione a cosa dite!

Facebook, LinkedIn e piattaforme social: attenzione a come vi comportate!

“Un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa”: questa era l’idea che ispirava l’attività di Microsoft a metà degli anni ’70.

Ma quando i dipendenti rivelano informazioni sui social network o usano le piattaforme in modo improprio?

In Svizzera, i comportamenti inadeguati dei dipendenti e la criminalità economica sono i principali rischi che devono affrontare le aziende. La quantità di danni causati da casi di frode e abuso raggiunge diversi miliardi. Inoltre, perdita di reputazione e fiducia sono incommensurabili per le aziende.

La legge parla chiaro

Come per i blog, la creazione e l’uso dei social network è una libertà di espressione, ai sensi dell’articolo 16 della Costituzione federale. Tutti hanno il diritto di formulare, esprimere e diffondere liberamente il proprio pensiero.

Nel diritto del lavoro, questa libertà è limitata da alcuni obblighi contrattuali del dipendente nei confronti del suo datore di lavoro.

Calunnie, discorsi diffamatori, offensivi o minacciosi contro l’ambiente di lavoro, i quadri, i colleghi di lavoro e l’azienda, resi pubblici o pubblicati sui social network possono costituire reato penale, punibile quindi ai sensi del codice penale.

Conformemente all’art. 321a cpv. 1 CO, sotto obbligo di fedeltà la legge intende l’obbligo del lavoratore, di salvaguardare con fedeltà gli interessi legittimi del datore di lavoro. L’obbligo di fedeltà è soprattutto un obbligo di non fare: detto in modo semplificato, il lavoratore deve omettere qualsiasi cosa che potrebbe danneggiare economicamente il datore di lavoro.

Correttezza reciproca

Il dovere di diligenza e fedeltà, sancito dall’articolo 321a capoverso 1 del Codice delle obbligazioni, obbliga i dipendenti ad astenersi da qualsiasi comportamento che possa pregiudicare gli interessi legittimi, economici o altro, del proprio datore di lavoro.

Il lavoratore è tenuto ad astenersi assolutamente dal provocare intenzionalmente danno d’immagine e di reputazione al suo datore di lavoro.
Quando si utilizzano i social network, il dipendente deve responsabilizzarsi e astenersi dall’associare il proprio datore di lavoro a commenti, immagini o altro che potrebbero danneggiare la reputazione aziendale, ma anche il personale stesso dell’azienda.

Allo stesso modo, resta inteso che il datore di lavoro è tenuto a proteggere la personalità, la salute e l’integrità personale dei suoi dipendenti. Questo obbligo deriva dalle sezioni 6 della legge sul lavoro e 328 del Codice delle obbligazioni.

Dovere di riservatezza

L’uso dei social network nasconde anche altri rischi, come la divulgazione di informazioni riservate.

Immaginiamo il CEO di un’azienda che s’imbatte sui piani dei suoi nuovi prototipi esposti sulla pagina di LinkedIn del suo manager R&D o un Account Manager che rivela pubblicamente informazioni personali sui clienti del proprio datore di lavoro.
Nel diritto del lavoro, per tutta la durata del contratto, ma anche dopo la fine del rapporto di lavoro, il dipendente è soggetto ad un obbligo di riservatezza (sezione 321a (4) CO).

Deve astenersi dall’utilizzare, rivelare o sottintendere su Internet qualsiasi informazione confidenziale, della quale è venuto a conoscenza durante il suo servizio, a proposito del suo datore di lavoro, sulla produzione, gli affari o sui clienti, ecc. .

Il datore di lavoro può cautelarsi e prendere posizione

Quando il datore di lavoro subisce un danno, può e deve imperativamente esigere la cancellazione definitiva, completa e immediata di tutte le informazioni pubblicate dal dipendente.

Se quest’ultimo non procede alla cancellazione richiesta, il datore di lavoro potrà avvalersi di un’azione legale per la cessazione dell’infrazione (articolo 28a del codice civile).
A seconda della gravità del danno causato al datore di lavoro, queste divulgazioni illecite o improprie di dati possono anche essere un motivo legittimo di licenziamento, anche immediato. L’immediato licenziamento di un manager che denigrava il suo datore di lavoro con i clienti è stato accettato dal Tribunale Federale.

Il controllo dell’utilizzo di Internet e della messaggistica privata è autorizzato quando viene previsto nel regolamento aziendale. Il tipo di controllo eseguito deve, in ogni caso, rispettare il principio di proporzionalità.

Attenzione: Per quanto riguarda la supervisione dei lavoratori, è vietato utilizzare sistemi di controllo progettati per monitorare il comportamento dei dipendenti nel loro lavoro (articolo 26 dell’ordinanza 3 sul diritto del lavoro, di seguito OLT3). Con sistemi di monitoraggio e controllo, si intendono tutti i tipi di dispositivi tecnici (ottici, acustici ed elettronici) atti a registrare e controllare le attività e i comportamenti dei lavoratori.
È consentita una sorveglianza che non abbia scopo di controllo e giudizio sui dipendenti e sul loro lavoro, ma con un obiettivo diverso, come la sicurezza dell’azienda e dei propri collaboratori.

Come comportarsi, come prevenire

Al fine di prevenire gli abusi sui social network il datore di lavoro deve elaborare delle apposite direttive legate all’utilizzo dei canali social network privati e professionali (art 321 d CO.) e inglobarle nel “Regolamento aziendale”, sin dall’inizio del rapporto lavorativo.

Le regole decise dal datore di lavoro devono e possono, di regola, indirizzarsi solo all’ambito professionale del collaboratore e quindi, del suo comportamento all’interno della sfera lavorativa. Solo a titolo eccezionale e per evidenti ragioni correlate al proprio ruolo o ambito lavorativo, il datore di lavoro può prevedere regole che incorporano anche la sfera privata.

Il datore di lavoro può disciplinare un divieto di tutte quelle pubblicazioni che potrebbero lenire la sua reputazione, l’onore, l’immagine propria e quella dei propri collaboratori aziendali. Proibire, senza eccezioni, la divulgazione sotto qualsiasi forma di tutti i dati confidenziali resi noti nell’ambito professionale.

Il datore di lavoro preciserà esplicitamente le sanzioni previste per il collaboratore che viola suddette direttive.

Prevenire meglio che curare – Integrity Management

Purtroppo gli scandali segnano le aziende anche se risolti e accantonati da anni. Le aziende hanno un grande interesse nel prendere rapidamente coscienza dei possibili casi di abuso e nel garantire che le informazioni corrispondenti non siano pubblicate. Più velocemente reagiscono, più basso è il rischio di danni o minore sarà il danno stesso.

Su questo tema, I risultati del “Global Economy Crime Survey 2014” confermano che in Svizzera il 36% dei crimini è stato scoperto a seguito di segnalazioni interne.

La creazione di un sistema indipendente, professionale e anonimo rappresenta quindi una misura efficace in termini di organizzazione al fine di identificare il prima possibile le operazioni discutibili e pericolose nelle aziende.
Negli ultimi 15 anni, molte società attive a livello internazionale hanno istituito questi centri di annunci. Secondo uno studio del 2011, quasi tutte le 20 maggiori società quotate in Svizzera dispongono di un sistema di allarme rapido; la maggior parte consente anche annunci anonimi.

Nel 2013 il Consiglio federale ha presentato al Parlamento proposte di revisione parziale del diritto del lavoro volte a migliorare la protezione dei dipendenti che segnalano abusi. La base giuridica si basa sul principio di una “cascata” di annunci secondo i quali, gli abusi devono prima essere annunciati internamente. Solo quando il datore di lavoro non avrà preso nessuna misura entro 60 giorni o se quanto segnalato e appurato risulta chiaramente insufficiente a chiarire i fatti, sarà reso possibile un annuncio alle autorità esterne.

Riassumiamo e rendiamo attenti

Divulgare informazioni confidenziali, danneggiare l’immagine o ledere in qualsiasi modo all’integrità della propria azienda e al proprio datore di lavoro è considerata una violazione contrattuale grave e il collaboratore può andare in contro a sanzioni che comprendono il licenziamento, il licenziamento in tronco o il perseguimento penale.

Il comportamento scorretto dei dipendenti e il crimine economico costituiscono un rischio considerevole per l’azienda e in Svizzera causano ogni anno miliardi di danni. Un sistema di annunci può essere considerato un importante strumento di gestione e di aiuto per la prevenzione delle azioni dolose degli stakeholder.

Lo spirito vincente nel fare impresa

Internazionalizzazione delle imprese e Swissness sono le due facce di una  stessa medaglia: la costante ricerca della qualità, su tutta la filiera produttiva, che ha reso famoso il “Made in Switzerland” nel mondo. Qualità, innovazione e passione imprenditoriale connotano il “successo svizzero di fare impresa”, a cui sarà dedicata la Giornata dell’export, organizzata dalla Cc-Ti, il 26 aprile al Grand Hotel Villa  Castagnola di Lugano.

La Swissness è qualcosa che va ben  al di là della legge sulla protezione  del marchio elvetico, entrata in vigore nel 2017. È una filosofia aziendale che tende al miglioramento continuo, grazie ad un’attitudine mentale improntata  all’apertura, allo scambio di  competenze ed esperienze e, per  questo, dotata di una spiccata sensibilità  per le mutevoli esigenze del  mercato. È il sapere combinare l’efficacia con l’efficienza, “per fare le cose giuste e farle bene”, come insegnava l’economista Peter Drucker.
Una dimensione del saper fare che con la “Swissness delle menti” investe anche la cultura, la sensibilità e la genialità artistica, di cui è un brillante esempio la fama internazionale di Daniele Finzi Pasca, ospite d’eccezione di questa Giornata dell’export.
Un artista che con la sua compagnia teatrale ha saputo coniugare creatività e imprenditorialità, portando sul palcoscenico del mondo l’estro svizzero. Anche nel campo culturale c’è, dunque, quell’ethos imprenditoriale che ha fatto dello “Swiss made” il sinonimo mondiale di affidabilità, precisione e qualità, che ha portato il nostro Paese ai vertici delle classifiche dell’innovazione e della competitività. Una visione particolare del fare impresa che affonda le sue radici nella storia stessa della Svizzera che, priva di materie prime, ha trovato nella materia grigia, nell’infaticabile sforzo competitivo degli imprenditori, nel loro profondo legame col territorio e con i propri collaboratori, la sua più preziosa risorsa naturale. In un piccolo Paese che vanta una massiccia presenza di multinazionali e un fitto tessuto di PMI, qualità e innovazione nascono spesso dall’ibridazione tra l’industria avanzata e minuscole aziende che hanno conservato quel “saper creare” delle vecchie imprese artigianali, ottenendo così una flessibilità che riesce a calibrarsi con dinamismo sui repentini cambiamenti del mercato. È questa “svizzeritudine” che fa anche da propellente all’internazionalizzazione delle imprese ticinesi e alle loro esportazioni. Ciò ha permesso, negli ultimi anni, al nostro sistema produttivo di reagire tempestivamente alle crisi che riducevano margini di guadagno e quote di mercato, assicurandosi quella qualità che oggi lo ha portato a risultati superiori alla media nazionale e persino a quelli di altri Paesi.
Il Ticino per la sua collocazione geografica di cerniera tra Sud e Nord Europa, per i suoi centri di ricerca di eccellenza mondiale, per l’industria di punta e un 42% di PMI che sono anche aziende esportatrici, ha un’inclinazione naturale verso l’internazionalizzazione della sua economia.

Una vocazione su cui si concentra l’impegno della Cc-Ti che, in collaborazione con Switzerland Global Enterprise (S-GE), sostiene le aziende nella ricerca di nuovi mercati e di nuovi modelli di business. Con gli eventi Paese e le missioni economiche all’estero per far conoscere alle imprese nuovi sbocchi per le esportazioni, con consulenze e percorsi formativi mirati per affrontare anche mercati poco conosciuti. L’export ticinese è in ripresa, con volumi che superano il dato ufficiale dei 6,3 miliardi di franchi all’anno, poiché molte industrie non esportano direttamente, ma da “terzisti” forniscono componenti per prodotti che vengono poi esportati dalle imprese di oltre Gottardo. Le aziende sotto la pressione del franco forte e della recessione che ha investito l’Italia, principale partner commerciale sino a pochi anni fa, hanno saputo diversificare i mercati di riferimento. Se nel 2006 il 22% dell’export era destinato all’Italia, nel 2016 si è scesi al 17%. Oggi il flusso di merci e servizi verso gli altri Paesi europei è salito al 39%, con gli USA ha toccato il 22% e il 16% con l’Asia. Come ricorda Valentina Rossi, Responsabile del Servizio export della Cc-Ti, “la diversificazione dei mercati significa anche più opportunità di business e una nuova crescita imprenditoriale”.

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Valentina Rossi, Responsabile del Servizio Export Cc-Ti ed il suo team sono a disposizione per maggiori informazioni.
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Dazi su acciaio e alluminio negli USA: linee guida per le aziende svizzere

Gli USA hanno reso noto che, a partire dal 23 marzo 2018, sono stati introdotti nel Paese nuovi dazi all’importazione del 25% per determinati prodotti in acciaio e del 10% per determinati prodotti in alluminio. Le importazioni in Canada, Messico e nell’Unione europea sono, per il momento, escluse dai nuovi dazi. Come scrive la Segreteria di Stato dell’economia SECO sul sito web della Confederazione, le aziende con filiali statunitensi possono richiedere l’esenzione.

In linea di principio i nuovi dazi introdotti dagli USA, per ragioni di sicurezza nazionale, riguardano diversi prodotti in acciaio e in alluminio. Ciononostante la Casa Bianca ha incaricato il Ministero del commercio statunitense di sviluppare la procedura per escludere alcuni prodotti dall’applicazione di queste misure. I dettagli della procedura, nonché i formulari sono disponibili sul sito: U.S. Department of Commerce Announces Steel and Aluminium Tariff Exclusion Process.

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