Tempo … di vacanze

Tempo e vacanza (art 329 CO)

Il datore di lavoro:

  • deve accordare al lavoratore, ogni anno di lavoro, al minimo 4 settimane di vacanza, durante le quali deve versare il salario completo che spetta al dipendente.
  • ai lavoratori sino ai 20 anni compiuti, sono dovute almeno 5 settimane di vacanza, durante le quali deve versare il salario completo che spetta al dipendente.
  • nel caso di un anno incompleto di lavoro, le vacanze sono conteggiate proporzionalmente alla durata del rapporto di lavoro nell’anno considerato.
  • in caso di prolungamento del termine di disdetta a causa di un impedimento al lavoro senza colpa del lavoratore, il diritto alle vacanze cresce in maniera proporzionale.
  • il cpv 2 della disposizione che prevedeva la quinta a settimana di vacanza accordata ai lavoratori con più di 50 anni è stata soppressa nel 1983. Tuttavia, questa regola (o varianti simili) è spesso prevista nei CCL.

Il datore di lavoro deve pagare al lavoratore il salario completo per la durata delle vacanze e sino a quando dura il rapporto di lavoro, le vacanze non possono essere compensate con denaro o altre prestazioni.

Rendiamo attenti che, nel caso il lavoratore esegua durante le vacanze un lavoro rimunerato per conto di terzi, ledendo quindi i legittimi interessi del principale datore di lavoro, il datore di lavoro può rifiutargli il salario delle vacanze o esigerne il rimborso.

Esiste l’eventualità di derogare quanto espresso precedentemente per alcune particolari categorie di lavoratori per i quali è effettivamente difficile calcolare durante l’anno la somma dovuta per le vacanze e di versare, quindi, la corretta somma al momento stesso che le vacanze vengono godute.

Questo potrebbe essere il caso per i rapporti di lavoro su chiamata, impropriamente detti anche “a tempo parziale”, per il lavoratori a tempo parziale per i quali il tasso d’attività è molto variabile, o per i lavoratori interinali al servizio di più datori di lavoro, ecc.

In questo caso, il contratto di lavoro, quando è concluso per iscritto, così come i le relative dichiarazioni salariali periodiche, devono indicare chiaramente ed espressamente quanto del salario totale è destinato al risarcimento delle ferie.

La semplice indicazione che l’assegno di vacanza è incluso nel salario totale non viene ritenuta esaustiva!

La somma che rappresenta il pagamento delle vacanze in aggiunta al salario, deve essere fissata in percentuale o in cifre, e questa menzione deve apparire chiaramente nel contratto di lavoro scritto e nelle dichiarazioni di salario periodiche.

Laddove le parti abbiano stipulato un contratto orale, è ragionevole pensare che anche gli accordi riferiti alle ferie siano stati espressi oralmente.

In questa situazione, la voce specificante le vacanze nella dichiarazione salariale periodica è sufficiente a fornire la necessaria chiarezza e conferma che l’accordo verbale abbia trovato una corretta applicazione.

Lavorare a tempo parziale

I contratti per il lavoro a tempo parziale sono sempre più apprezzati a causa della flessibilità dell’orario di lavoro. Fondamentalmente, sono identici ai contratti di lavoro a tempo pieno. Tuttavia, alcune differenze significative sono ovvie.

Nel caso del lavoro orario, la retribuzione per le vacanze viene solitamente aggiunta al salario orario. Questa prassi è (sempre) autorizzata dalla giurisprudenza corrente, riferita ai lavori di breve durata o molto irregolari.

Ciò significa anche che per i giorni liberi del dipendente, lo stipendio non verrà pagato durante questo periodo di assenza.

In queste realtà lavorative, è essenziale che i datori di lavoro garantiscano che le vacanze siano menzionate non solo nel contratto di lavoro, ma anche in ogni singola dichiarazione di stipendio.

In assenza di tale “voce” formale, potrebbero essere richiesti pagamenti aggiuntivi, anche diversi anni dopo.

Se 4 settimane di ferie sono concordate per contratto, l’indennità di ferie è dell’8,33%, contro il 10,64% per 5 settimane di ferie.      

I giorni festivi

Un obbligo legale intrinseco di pagare i giorni festivi esiste solo per il 1 ° agosto, giorno parificato alla domenica. I Cantoni possono parificare la domenica al massimo a altri 8 giorni festivi all’anno e ripartirli diversamente secondo le regioni. Questo vale anche per i dipendenti a ore ed è riconosciuto anche dal Tribunale Federale.

In Ticino gli 8 giorni parificati alla domenica sono: oltre il 1°agosto, Capodanno, Epifania, Lunedì di Pasqua, Ascensione, Assunzione, Ognissanti, Natale e Santo Stefano.

La questione del pagamento dei giorni festivi non è chiaramente regolata a livello legislativo, poiché la LL ed il CO sono silenti al proposito. Di regola, il problema viene risolto nei CCL o nei contratti individuali oppure ci si orienta agli usi in vigore in un determinato settore o in una certa regione.

La prassi giudiziaria è però chiara per quanto concerne chi percepisce un salario mensile. Questa categoria di dipendenti non può subire riduzioni di salario a causa dei giorni festivi, indipendentemente dal numero di giorni festivi mensili (è però possibile che l’azienda disponga il recupero del lavoro perso a causa dei giorni infrasettimanali non parificati alle domeniche).

Diversa è invece la situazione di chi è pagato a ore o al giorno. In linea di principio, questi dipendenti sono pagati solo per il lavoro effettivamente svolto, a meno che un CCL o il contratto individuale non garantisca loro in modo esplicito il pagamento del salario anche nei giorni festivi.

E’ possibile che, quale compromesso, CCL o contratto individuale prevedano un certo numero di giorni festivi (ad esempio 8) in cui viene compensato il guadagno perso.

Si tratta di solito delle festività parificate alle domeniche che non possono essere recuperate. In questo caso i giorni festivi non parificati alle domeniche non sono pagati, a meno che non vengano recuperati.

Il recupero dei giorni festivi

Per i giorni festivi parificati alle domeniche non vi è alcun obbligo di recuperare le ore perse, indipendentemente dal fatto che i lavoratori abbiano un salario mensile o che siano pagati ad ore.

Per gli altri giorni festivi non parificati alle domeniche il recupero è possibile, a meno che nel contratto non figuri altro.

Il recupero, la cui forma va stabilita d’intesa con il personale, è quindi possibile senza formalità particolari (permessi) né indennità speciali per lavoro straordinario.

I giorni festivi e le ferie

Secondo la costante prassi giudiziaria, le domeniche e gli altri giorni parificati alle domeniche che cadono durante un periodo di vacanza non possono essere dedotti dalle vacanze.

D’altra parte, è chiaro che i giorni festivi che cadono di domenica (come può ad esempio capitare per il 1° maggio) non danno il diritto ad un recupero da parte del dipendente, nel senso di un giorno di vacanza supplementare.

Anche chi è malato in occasione di un giorno festivo non ha diritto di recuperarlo più tardi, a differenza di quanto avviene per le vacanze, per le quali il dipendente malato ha un diritto di recupero.

Spesso le aziende si organizzano in modo da lavorare qualche minuto in più ogni giorno ed accumulare così ore che permettono di chiudere l’azienda in occasione dei cosiddetti “ponti” (ad esempio il venerdi dopo l’Ascensione, oppure per le chiusure fra il periodo natalizio e Capodanno).

Di per sé, tale operazione è poco problematica, salvo nei casi in cui un dipendente lascia l’azienda o si ammala durante i giorni liberi “creati” con il lavoro supplementare accumulato durante l’anno.

In casi del genere, in particolare in quello della partenza dall’azienda, il dipendente ha il diritto di farsi pagare i minuti giornalmente prestati in più, se non ha potuto godere del relativo tempo libero (ad esempio uscita dalla ditta prima della chiusura aziendale del periodo natalizio).

In caso di lavoro part-time regolare, lo stipendio mensile non sarà generalmente ridotto, anche se le festività cantonali cadono nel corso del mese in questione.

Tuttavia, deve essere annotato che le festività che cadono nei giorni liberi dei dipendenti part-time non dovranno essere pagate in aggiunta.

FAQ sul tempo di lavoro

Il datore di lavoro può pretendere dal dipendente che la mail del lavoro venga consultata e venga data risposta se fosse richiesto?

No. Le vacanze servono quale recupero delle proprie energie. Questo obiettivo, fissato dalla legge, viene ovviamente messo in discussione se si dovesse essere in contatto quotidiano con il proprio posto di lavoro e con l’obbligo di dover interagire attivamente.

Questa regola può essere riconsiderata solo in presenza di una reale e comprovata emergenza.

Come regola generale, il tragitto verso il lavoro non è considerato tempo di lavoro. Ma vale anche per un trasferimento temporaneo in una filiale più distante?

Se il lavoratore deve recarsi al lavoro in un altro località da quella concordata nel suo contratto di lavoro, la durata supplementare del tragitto è considerata come tempo di lavoro (es. se il tragitto normale è di 30 minuti e il nuovo posto si trova a 50 minuti, i 20 minuti di differenza saranno considerati come tempo lavorativo

Cos’è il servizio di picchetto e quando conta come tempo di lavoro?

Si parla di picchetto ai sensi della legge quando il lavoratore parallelamente al sul tempo di lavoro ordinario deve tenersi pronto a intervenire in casi di eventuali guasti, a prestare il proprio aiuto in casi d’urgenza, a fare turni diversi dai propri, o a mantenersi a disposizione in caso di avvenimenti eccezionali.

È solo quando un servizio di picchetto deve essere fornito all’interno dell’azienda che quest’ultimo è considerato come orario di lavoro.

Se il servizio di picchetto viene effettuato al di fuori dell’impresa, vengono presi in considerazione solo gli impegni effettivi assunti (tragitto incluso) quale tempo di lavoro.

Il rimborso dei costi viene definito dal contratto di lavoro. I forfaits orari o giornalieri sono i più comuni. Esiste una regolamentazione speciale per ospedali e cliniche.

Un datore di lavoro può richiedere ai suoi dipendenti di fare pausa nel locale adibito e non di non lasciare il perimetro dei locali dell’azienda?

Si. Il Tribunale Federale ha recentemente ammesso che le pause non dovrebbero offrire la stessa libertà di movimento e organizzazione di quelle richieste per il tempo libero di per sé.

La condizione rimane, tuttavia, che lo spazio riservato alle pause sia appropriato, in particolare per quanto riguarda i mobili e l’igiene, al fatto che i dipendenti interessati a prendersi una pausa in pace non vengono costantemente richiamati da interferenze lavorative.

Il Servizio Giuridico della Cc-Ti è volentieri a disposizione dei soci per consulenze in ambito di diritto del lavoro o HR.

Iran e sanzioni USA: impatto per le aziende svizzere

Sanzioni USA

L’8 maggio 2018 il Presidente degli Stati Uniti ha dichiarato conclusa la partecipazione al Piano d’azione congiunto globale (PACG, Joint Comprehensive Plan of Action) e ha annunciato la reintroduzione di sanzioni contro l’Iran. Le sanzioni verranno reintrodotte in due tappe (il primo pacchetto sarà in vigore dal 6 di agosto 2018, il secondo dal 4 novembre 2018) e andranno a toccare svariati ambiti, dal finanziario, all’esportazione e importazione, a settori iraniani mirati come l’automobilistico, il navale o l’energetico. Maggiori dettagli sulle sanzioni: qui.[1]

Impatto per le aziende svizzere

La Segreteria di Stato dell’economia SECO, in un articolo ripreso da Switzerland Global Enterprise (S-GE), ha comunicato che la situazione giuridica in Svizzera, relativa all’Iran e alla decisione degli USA sui temi delle sanzioni, resta immutata. Le sanzioni USA non hanno nessuna applicabilità diretta in Svizzera. “La reintroduzione delle precedenti sanzioni USA può avere tuttavia effetti economici nei confronti delle imprese svizzere che intrattengono relazioni commerciali con l’Iran. In tal senso, gli USA sottolineano che le sanzioni reintrodotte saranno applicate in maniera rigorosa”.[2]

Alle aziende attive negli Stati Uniti e in Iran, consigliamo di monitorare attentamente la situazione e per tutte le informazioni del caso di contattare la Segreteria di Stato dell’economia.

Segreteria di Stato dell’economia SECO
Holzikofenweg 36
3003 Berna
tel. +41 58 462 56 56 –  fax +41 58 462 27 49 –  info@seco.admin.ch

Relazioni Svizzera-Iran: aggiornamento

Il 16 gennaio 2016, d’intesa con l’ONU e l’Unione Europea, la Svizzera ha revocato le sanzioni mantenendo solo quelle inerenti il commercio e le prestazioni di servizi connessi agli armamenti, ai sistemi missilistici e ai beni che potrebbero essere utilizzati per repressioni interne. Il commercio di beni nucleari e di beni a duplice impiego nonché i servizi connessi continuano a sottostare all’obbligo di autorizzazione.

Il 2 e 3 luglio 2018 si è inoltre tenuta la visita ufficiale del Presidente iraniano Hassan Rohani in Svizzera. Durante questa visita la Confederazione e l’Iran hanno confermato gli obiettivi della road map concordata nel 2016; nonostante il mutato contesto, entrambi i Paesi desiderano approfondire le loro relazioni e accelerare l’attuazione della road map. Maggiori dettagli sull’incontro tra il Presidente iraniano e il Presidente della Confederazione svizzera, Alain Berset sono disponibili al seguente link.[3]

 

Cc-Ti – Stato al: 09.07.2018

 

Link utili

[1] U.S Department of the Treasury, Iran sanctions (last update: 28.06.2018)
[2] Switzerland Global Enterprise, Gli USA reintroducono le sanzioni contro l’Iran, 24.05.2018
[3] Comunicato stampa del Consiglio Federale, La Svizzera e l’Iran discutono lo sviluppo delle loro relazioni, 03.07.2018

Misure commerciali dell’UE contro gli USA: effetti sulle PMI svizzere

L’Unione europea ha reagito all’introduzione dei dazi degli USA su prodotti in alluminio e acciaio aumentando i dazi all’importazione su vari prodotti USA. Anche le aziende svizzere possono essere interessate dalle nuove tariffe nell’UE.

Le imprese svizzere devono pagare dazi più elevati nell’UE se, ad esempio, agiscono in qualità di commercianti, importando prodotti dagli USA in Svizzera e riesportandoli poi nell’Unione europea.I nuovi dazi all’importazione negli USA sono in vigore già dal 21 giugno 2018 e riguardano, ad esempio, prodotti quali mais, succhi di frutta, tabacchi, lenzuola, acciaio, ferro e viti.

Nel regolamento dell’Unione europea si evince quanto segue:

“L’applicazione di dazi doganali supplementari su tali prodotti avviene nel modo seguente:

  1. nella prima fase, si applicano dazi supplementari ad valorem del 10% e del 25% sulle importazioni dei prodotti elencati nell’allegato I, come ivi specificato, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento;
  2. nella seconda fase, si applicano altri dazi ad valorem del 10%, 25%, 35% e 50% sulle importazioni dei prodotti elencati nell’allegato II, come ivi specificato,…. continua a leggere
Articolo tratto da Switzerland Global Enterprise (S-GE) ©

Obbligo di annuncio: un’opportunità

Dal 1. luglio entra in vigore l’obbligo di annuncio dei posti vacanti presso gli Uffici regionali di collocamento (URC). La nuova procedura, decisa dalle Camere federali per concretizzare l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, è presentata in queste settimane alle aziende dal Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE).

Si stanno infatti organizzando, anche in collaborazione con le associazioni professionali, momenti informativi a cui hanno partecipato finora diverse centinaia di imprenditori, che hanno così potuto scoprire i sei passi della nuova procedura:

  1. Check – I datori di lavoro sono tenuti ad annunciare agli URC i posti vacanti che rientrano nei generi di professione con un tasso medio di disoccupazione pari o superiore all’8% (soglia che, dal 1. gennaio 2020, sarà abbassata al 5%). Il sito http://lavoro.swiss (raggiungibile anche attraverso www.ti.ch/servizioaziende) propone uno strumento di verifica dell’assoggettamento all’obbligo.
  2. Procedura di annuncio – Sul portale http://lavoro.swiss si può annunciare il posto vacante online, in modo semplice e veloce. Occorre fornire informazioni essenziali relative alla professione cercata, all’attività, al luogo di lavoro, al grado di occupazione, e così via.
  3. Gestione URC – Il servizio aziende URC verifica l’esaustività dell’annuncio e invia una conferma di iscrizione del posto vacante soggetto all’obbligo. Quest’ultima vale come prova dell’adempimento dell’obbligo d’annuncio. Il posto vacante viene inserito in un’area protetta accessibile solo alle persone in cerca di impiego iscritte agli URC.
  4. Pubblicazione – Per i posti vacanti annunciati soggetti all’obbligo vale un divieto di pubblicazione di cinque giorni lavorativi. Il posto vacante può essere pubblicato solo dopo la scadenza di tale termine.
  5. Proposte candidati – Nel periodo di pubblicazione di cinque giorni, chi è in cerca di un impiego ha accesso privilegiato ai posti vacanti soggetti all’obbligo e può autocandidarsi. Entro tre giorni lavorativi dalla conferma di iscrizione del posto vacante annunciato, il datore di lavoro riceve dal Servizio aziende URC una risposta riguardo a candidature idonee.
  6. Riscontro sulla selezione – Il datore di lavoro esamina le candidature trasmesse al Servizio aziende URC e comunica i candidati ritenuti adeguati che sono stati invitati a un colloquio, l’eventuale assunzione di uno di questi e la chiusura del posto vacante.

In conclusione, la nuova procedura, in modo semplice e mirato, permette da un lato di adempiere l’obbligo e, dall’altro, di avvalersi della professionalità e dell’offerta mirata del Servizio aziende URC. Proprio il rapporto di partenariato tra quest’ultimo e gli imprenditori permetterà di incentivare la segnalazione di tutte le posizioni vacanti, indipendentemente dall’obbligo d’annuncio, offrendo al nostro Cantone un’occasione in più per creare nuove opportunità lavorative per chi è alla ricerca di un impiego. Il servizio aziende URC risponde a domande e dubbi delle aziende confrontate con la nuova procedura: www.ti.ch/servizioaziende.

 

A quest’argomento è stato dedicato il Networking Business Breakfast del mese di giugno. Inoltre il Servizio Giuridico della Cc-Ti è volentieri a disposizione dei soci per consulenze diverse.

Una delegazione della città di Ningbo in visita a Lugano

Martedì 3 luglio 2018 è stata in visita a Lugano una delegazione della città di Ningbo (Cina). La delegazione cinese era guidata dalla direttrice dell’Ufficio risorse umane e sicurezza sociale Chen Yu, accompagnata da alcuni rappresentanti di aziende cinesi.

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) ha partecipato all’incontro con il Sindaco Marco Borradori, il quale ha fatto gli onori di casa ricordando la solida tradizione di scambi istituzionali fra Lugano e la Cina e due obiettivi della Città. Il primo: unire le forze e le competenze dei settori pubblico e privato al fine di consolidare Lugano quale piattaforma privilegiata da e per la Cina. Il secondo, divenuto realtà: consolidare una rete di partner che coinvolga attivamente enti pubblici, istituzioni accademiche e bancarie, aziende e associazioni mantello attive sul territorio.

Per la Cc-Ti hanno partecipato Alberto Lotti, rappresentante ufficiale all’estero, e Chiara Crivelli, responsabile dell’International Desk, che con delle interessanti presentazioni hanno messo l’accento sulla crescente importanza del mercato cinese per le aziende ticinesi e sulla competitività del nostro tessuto economico. All’incontro erano presenti anche Mirko Audemars, in rappresentanza dell’Associazione delle imprese familiari Ticino, Airaldo Piva, Presidente della neonata associazione Silk Link Ticino e il vicesindaco Michele Bertini nella veste di vicepresidente dell’associazione.

Al termine dell’incontro è stato firmato un memorandum di intesa fra Silk Link Ticino e Ningbo. L’associazione, che persegue finalità culturali, scientifiche e artistiche e si impegna nella ricerca con l’obiettivo di sviluppare relazioni ad ampio raggio fra il Ticino e la Cina, aprirà un ufficio di rappresentanza a Ningbo. Durante la permanenza a Lugano la delegazione cinese è stata inoltre introdotta a diverse realtà locali, considerato l’interesse per settori specifici fra cui formazione, cultura, turismo e scambi commerciali. In agenda anche un incontro con il rettore dell’Università della Svizzera italiana Boas Erez. Obiettivo della delegazione era infatti conoscere e aprire la strada a possibili scambi accademici.

La guerra dei dazi: cosa sono e perché esistono

Di questi tempi non si fa che parlare di dazi, di guerra al libero scambio e di ritorno al protezionismo. Per capire il futuro spesso è utile volgere lo sguardo al passato. Da dove nascono questi termini e perché?

Per risalire all’origine dei dazi bisogna ripercorrere la storia degli antichi greci e romani, quando si riscuotevano tributi alle entrate delle città sotto forma di denaro o merci. I dazi moderni – come li conosciamo ancora oggi – risalgono però a un periodo più recente.

I dazi moderni

Oggi viviamo in un mondo globalizzato, nato dopo la Seconda guerra mondiale quando gli Stati, ormai scossi dal conflitto, si accordarono per dare nuovo slancio all’economia e agli scambi. Fu così che nel 1947 nacque a Ginevra il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), il cui obiettivo fu una progressiva riduzione delle restrizioni commerciali e l’affermazione del principio della non discriminazione nel commercio internazionale. Oggi il GATT è stato integrato nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) – nata nel 1994 – e di cui fanno parte 153 Stati che hanno accettato non solo i principi del GATT, ma anche gli Accordi in materia di commercio di servizi (GATS), di investimenti (TRIMS), di proprietà intellettuale (TRIPs) e di risoluzione delle controversie (DSU).

La clausola della nazione più favorita

Nel GATT ritroviamo la clausola della nazione più favorita (Most favoured nation – MFN), una sigla che ancora oggi – per chi si occupa di dazi e origine delle merci – viene molto utilizzata. Ma qual è il suo significato? Con questa clausola, il GATT voleva vietare ogni discriminazione tra i suoi Stati membri e quindi, in genere, tutte le agevolazioni concesse a un Paese dovevano essere estese a tutti i membri. Un’utopia? L’idea del commercio libero piaceva ma la storia ci insegna che questo principio non ha avuto un percorso facile.

La clausola della nazione più favorita impedirebbe la creazione di unioni doganali o accordi di libero scambio visto che queste forme di trattato rappresenterebbero una violazione della clausola stessa. Per raggiungere l’obiettivo principale del GATT – la liberalizzazione del commercio mondiale – sono state però concesse delle “scorciatoie”. L’articolo 24 del GATT permette infatti delle eccezioni – le unioni doganali e gli accordi di libero scambio – proprio perché la finalità di questi accordi è quella di promuovere ancor più velocemente l’integrazione del commercio a livello globale.

Dal passato al presente… e il futuro?

Nei decenni passati gli Stati membri hanno continuato sulla via del libero scambio concludendo accordi bilaterali o multilaterali al fine di agevolare gli scambi commerciali eliminando o abbassando i dazi. Oggi – con le diverse vicissitudini legate alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e resto del mondo – sembra che la storia stia prendendo una strada diversa, passando dall’era della globalizzazione a nuove chiusure nazionali, dal libero scambio al protezionismo,… insomma una mutazione epocale che si scontra con i principi dell’OMC.

Con questo excursus storico abbiamo ripercorso le tappe che ci hanno portato ad oggi. Ora rimaniamo vigili e guardiamo con attenzione al futuro, nella speranza che la liberalizzazione del commercio mondiale non venga calpestata.

Testo a cura di

Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

 

 

Le istituzioni internazionali vengono affrontate anche nel primo modulo del corso “L’ABC dell’export: Introduzione al commercio con l’estero” in agenda il 26 settembre

Tu chiamale se vuoi… emozioni

Ci hanno spesso detto che le decisioni in affari si prendono con la ragione e che le emozioni non devono essere mescolate al business. Ci hanno detto che i leader sono coraggiosi e non hanno paura. Ci hanno detto di non pensarci … che la tristezza passa. Ci hanno anche detto che arrabbiarsi non serve, che la rabbia è un’emozione negativa, che dovremmo controllarci ed essere perfettamente zen. Ci hanno detto che è lecito essere felici del proprio successo, ma che va fatto con moderazione. Infine, ci hanno anche detto che se qualche comportamento ci disgusta è (perché non siamo abbastanza aperti alla diversità e al nuovo) perché non siamo capaci di accettare la diversità.

Per molti anni ci hanno detto cose sulle emozioni, peccato che molte di queste siano corrette. Cominciamo col dire che le emozioni sono un prima di tutto un fatto fisico e fisiologico: sono l’esito di una reazione elettro-chimica che il nostro cervello produce quando qualcosa del mondo esterno o interno perturba i nostri sensi.

Le emozioni sono quindi un fatto anche profondamente “fisico”: il cuore accelera, le mani sudano, il respiro di fa corto; le emozioni sono la risposta veloce e immediata che gli esseri viventi hanno a disposizione per agire e reagire al mondo… solo in seconda battuta, attraverso l’elaborazione cosciente siamo in grado di modulare risposte scegliendo tra opzioni di comportamento diverse.

Le ricerche neuro-scientifiche sembrano dirci che non possiamo evitare di emozionarci, anzi, sembrano affermare che le emozioni sono un fattore fondamentale e imprescindibile della nostra esistenza e profondamente interconnesso con tutte le scelte che facciamo.

Quindi se le emozioni non le possiamo evitare in nessuna situazione, come facciamo a farne buon uso e a non diventarne preda? Beh, intanto potremmo cominciare con il saperle riconoscere. Spesso le persone sono inconsapevoli delle emozioni che provano fino a quando non arrivano ad una soglia talmente alta che non è più possibile ignorarle.

Identificare un’emozione significa comprenderne la natura e il messaggio che essa porta.

Ogni emozione veicola infatti un messaggio importante per noi. La capacità di gestione dell’emozione, parte dalla comprensione di tale messaggio. Se di fronte ad una platea di persone a cui devo presentare un progetto importante mi sento in ansia, probabilmente è perché sto prefigurandomi una situazione in cui andrò in difficoltà, che penso che non saprò come gestire e che provocherà un danno alla mia immagine. Quindi in ultima analisi vi è la paura di subire un danno. A questo punto potrei chiedermi se questa paura è fondata su dati di realtà e magari riconoscere che sì la possibilità esiste, perché con questa presentazione sto giocandomi molto della mia carriera, e che probabilmente devo attuare dei comportamenti che possano minimizzare il rischio. Ad esempio, dedicare del tempo alla preparazione della presentazione, al discorso che farò e al superamento delle potenziali obiezioni.

Se mi trovo in una negoziazione di un contratto importante e non sono in grado di identificare le mie emozioni potrei agire in modo impulsivo, senza essere davvero in grado di scegliere i comportamenti più utili e probabilmente perdendo opportunità esistenti.

Saper gestire un’emozione è quindi un’attività molto diversa dal tentativo di “scansarla, soffocarla e contenerla, ma al contrario significa saperla identificare, capirne il messaggio e l’utilità, e scegliere il comportamento che risulta più funzionale per i miei scopi e per il contesto in cui sto agendo. Ma forse non è semplice come sembra…

 

Testo a cura di Andrea Abbatelli

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La Cc-Ti propone una vasta gamma di corsi di formazione puntuale nell’ambito delle risorse umane, a 360° gradi (spaziando dalla gestione delle emozioni, alla conduzione di colloqui difficili, ecc.). Scopri quali saranno in programma con l’inizio dell’autunno.

Uniformarsi al GDPR

Il 25 maggio ha rappresentato la data del cambio di passo sulla protezione dei dati nel senso più ampio del termine.

È entrato in vigore il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali noto con il già famoso acronimo di GDPR.

Le finalità del Regolamento è quello di proteggere tutti i cittadini Europei dalle violazioni dei dati in un mondo articolato e molto diverso rispetto alla precedente direttiva 95/46/CE.

Questo Regolamento probabilmente è il più importante cambiamento nel panorama normativo della riservatezza dei dati in quanto si applica a tutte le società europee ed extra europee che gestiscono dati di cittadini europei.

Il giorno dopo l’entrata in vigore, abbiamo immediatamente assistito ad alcune azioni legali nei confronti dei maggiori colossi mondiale che gestiscono i nostri dati personali.Un paio di organizzazioni si sono subito mosse contro Facebook, Instagram e WhatsApp tramite una class action sulla privacy con potenziali sanzioni che arrivano oltre i 4 miliardi di dollari. Un’altra denuncia del valore di € 3,7 miliardi è stata presentata dalla CNIL francese nel caso del sistema operativo Android di Google.

La sicurezza è uno dei temi preponderanti negli oltre 90 articoli del Regolamento e queste class action pongono le loro basi proprio sul concetto della sicurezza che deve essere garantita.

La nuova norma ha creato molto fermento ed interesse in tutti i settori aziendali. Anche le aziende svizzere che lavorano con l’Unione Europea e quindi hanno archiviato dati di cittadini europei dovranno necessariamente adeguarsi al nuovo Regolamento anche se non in vigore nella Confederazione.

Come dicevo la sicurezza è preponderante e questo Regolamento rispetto alla precedente direttiva sulla privacy ha un altro cambiamento sostanziale. Sono le aziende che devono dimostrare di aver messo in atto tutte le misure di protezione e dimostrare di essere compliance ovvero garantire che ila gestione dei dati avviene in forma sicura.

Viene specificato infatti che tutte le operazioni di protezioni dei dati devono essere fatte by default ovvero dai sistemi esistenti ma anche by design ovvero tramite un approccio di progettazione e di messa in sicurezza sin dalla fase iniziale del processo gestionale dei dati.

Occorre dunque sostenere le aziende che devono regolamentare la protezione dei propri dati come imposto dal GDPR, con un’analisi dettagliata delle vulnerabilità dei dati e una valutazione globale del livello di sicurezza dei sistemi ICT del cliente.

Il GDPR recita di realizzare una procedura atta a “testare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche e organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento dei dati”.

Testo a cura di Carlo Del Bo
Executive Advisor
Gruppo Sicurezza SA
Via Cantonale 20
6942 Savosa
Tel. +41 91 935 90 50
Fax  +41 91 935 90 59
www.grupposicurezza.ch

 

La Cc-Ti continuerà ad approfondire il tema del GDPR e della digitalizzazione. Lo ha già fatto con un Networking Business Breakfast, e  in autunno, seguiranno molte proposte formative puntuali sull’argomento comunicazione d economia digitale, che stiamo programmando.

Anche le PMI si fanno pubblicità nel mondo digitale come «i grandi»

In Svizzera, la situazione è a dir poco paradossale per quanto riguarda l’utilizzo dei media digitali: mentre gli utenti registrano cifre record in questo settore rispetto al resto dell’Europa, le PMI locali raramente optano per il passaggio alla digitalizzazione. Oltre l’80 percento della popolazione elvetica effettua ricerche online su Google, search.ch o local.ch per trovare servizi, informarsi su prodotti tramite social network quali Facebook o Instagram, leggere e scrivere recensioni e, prima di recarsi in un negozio locale, cercare l’itinerario tramite i servizi cartografici e di navigazione come Apple Maps o il rispettivo sistema di navigazione.

Al contempo lo studio «Digital Switzerland», pubblicato da localsearch nel 2017 in collaborazione con l’Hochschule für Wirtschaft Zürich (Scuola universitaria di economia di Zurigo), ha mostrato che sono soprattutto le imprese più piccole a manifestare un certo ritardo nel settore digitale. Secondo lo studio, l’87% degli intervistati rientra tra i cosiddetti «dinosauri digitali» e il divario tra le grandi aziende e le PMI si fa sempre più marcato.Chi desidera raggiungere la maggior parte dei consumatori e delle consumatrici deve essere reperibile sulle piattaforme digitali con una presenza il più possibile accentuata. Solo coloro che compaiono tra milioni di risultati sulle prime pagine di ricerca di local.ch e Google vengono notati. Solo chi si mette in evidenza su Facebook o Instagram può acquisire nuovi clienti. E chi non è registrato su Google o Apple Maps ha pressoché zero possibilità di essere trovato. Per le PMI, le offerte di agenzie online specializzate sono di norma troppo care, non sono scalabili e sono carenti in termini di consulenza. Tuttavia le tecnologie digitali offrirebbero loro un gran numero di opportunità al fine di migliorare la propria visibilità online e di rivolgersi ai clienti in modo specifico in base al gruppo target.

Attualmente i nuovi formati pubblicitari digitali offrono possibilità inedite per farsi pubblicità in modo altamente innovativo ed efficace pur stanziando un budget ristretto. A tale scopo, per prima cosa le PMI devono accertarsi di essere reperibili non solo sui motori di ricerca e sulle piattaforme di social media, ma anche sui portali di recensioni e sui servizi cartografici e di navigazione. In secondo luogo possono iniziare ad acquisire nuovi clienti online. Le campagne di Facebook, ad esempio, consentono di rivolgersi a potenziali clienti in modo specifico in relazione al gruppo target. Infine, le PMI devono riuscire a fidelizzare i clienti attuali a lungo termine. Un presupposto centrale per assicurarsi la fedeltà dei clienti nel tempo è una banca dati clienti, a cui si dovrebbe aggiungere preferibilmente anche la possibilità di effettuare prenotazioni online. Se le PMI dispongono dei dati dei clienti possono optare per l’invio di newsletter con offerte speciali o promemoria di appuntamenti via SMS. Spesso, tuttavia, alle PMI mancano le competenze e il tempo per sfruttare i nuovi canali pubblicitari per la propria azienda. Pertanto localsearch offre loro soluzioni globali pratiche e convenienti con cui gestire il proprio marketing online con successo e beneficiare così della digitalizzazione.

Testo a cura di Stefano Santinelli
CEO
Localsearch.ch
www.localsearch.ch

 

Abbiamo approfondito il tema della comunicazione performante e della pubblicità online nel Networking Business Breakfast di maggio 2018. Vi informiamo che in autunno, seguiranno molte proposte formative puntuali sull’argomento comunicazione ed economia digitale, che stiamo programmando.

Campione dell’innovazione 4.0

In collaborazione con la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino, la community dei Global Shapers di Lugano si è posta l’obiettivo di identificare le best practices più innovative delle aziende che in varie aree d’interesse già si distinguono per approcci innovativi.

È in corso, fino a fine luglio, un’interessante analisi condotta dai giovani del World Economic Forum a cui vi invitiamo a partecipare compilando questo questionario online.
Alla stesura di un rapporto finale seguirà la premiazione delle aziende che si distinguono negli ambiti di analisi.

I Global Shapers

I Global Shapers Lugano Hub sono una community locale promossa dal World Economic Forum e composta da una ventina di giovani professionisti under 30 attivi in diversi settori, che uniscono le loro conoscenze con un scopo comune: avere un impatto positivo in Ticino.

Il progetto

In collaborazione con la Cc-Ti, gli Shapers di Lugano vogliono dunque identificare le best practices più innovative delle aziende. Lo scopo è quello di valutare il grado di preparazione del tessuto economico ticinese alle molte trasformazioni già in corso. Più precisamente, tramite degli indicatori suddivisi in vari ambiti quali l’innovazione, l’impegno sociale, la sostenibilità ambientale e altri, si intende comprendere la filosofia delle aziende ticinesi verso i profondi cambiamenti socio-economici in atto nella nostra società. I risultati dell’analisi saranno successivamente raccolti in una relazione che verrà resa disponibile ai partecipanti e a tutti gli interessati. Le aziende che si distingueranno in ogni area valutata saranno invitate alla serata pubblica, che avrà luogo nell’autunno 2018, in cui saranno premiate le aziende migliori. Con questo progetto i Global Shapers si impegnano a promuovere un cambiamento positivo in cui credono fermamente e che comincia in ogni nostra azione e decisione quotidiana. Maggiori dettagli si possono trovare sulla sezione del sito dedicata al progetto.