Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere

Il 23 febbraio 2022, la Commissione europea ha presentato una bozza di nuova direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD). La bozza è ancora in fase di negoziazione. Tuttavia, si ritiene relativamente certo che l’UE adotterà la CSDDD.

In Svizzera, il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare “Per aziende responsabili – per proteggere le persone e l’ambiente” ha incluso gli obblighi di due diligence e di reporting nei settori dei minerali dei conflitti e del lavoro minorile negli articoli e 964j-l del Codice delle obbligazioni (CO). Queste disposizioni sono entrate in vigore nel gennaio 2022.

Tuttavia, la CSDDD richiede l’attuazione di obblighi di diligenza molto più ampi rispetto alle disposizioni del CO. Anche l’ambito di applicazione della CSDDD è più ampio. Mentre le disposizioni svizzere in materia di due diligence si concentrano su settori, Paesi o prodotti a rischio, la CSDDD si applica a tutte le società che superano determinate soglie dimensionali. La CSDDD prevede anche la responsabilità civile e la vigilanza regolamentare. Nel CO non esistono meccanismi di applicazione di questo tipo. Sono previste multe fino a 100’000 euro. Tuttavia, è improbabile che queste abbiano un effetto deterrente.

Se l’UE adottasse la CSDDD, vi sarebbero notevoli differenze tra le leggi vigenti in Svizzera e nell’UE.

In sostanza, gli obblighi di diligenza previsti dalla CSDDD sono “obblighi di forzo”. Ciò significa che le aziende non sono obbligate a mettere in atto azioni definite o a raggiungere obiettivi predefiniti (sarebbe un “obbligo di successo”). Inoltre, le aziende non saranno ritenute responsabili di abusi in Paesi terzi sui quali non hanno alcun controllo. Le aziende devono invece stabilire procedure di gestione del rischio e adottare precauzioni organizzative per identificare i rischi. Se vengono identificati dei problemi, le aziende devono adottare misure per porvi rimedio. Se ciò non è possibile, devono cercare di ridurre al minimo il problema. Le misure adottate dipendono da loro. Il CSDDD lascia quindi alle aziende una grande libertà e si affida alla loro responsabilità. Tuttavia, questi obblighi di impegno sono affiancati da obblighi di azione verificabili: le imprese devono, ad esempio, istituire meccanismi di reclamo e riferire in merito alle ispezioni di due diligence.

Complessivamente, il numero di società direttamente interessate dalla CSDDD è ridotto. Tuttavia, si tratta di grandi aziende con un fatturato elevato, che quindi contribuiscono in modo significativo alla creazione di valore in Svizzera. Va considerato che la CSDDD potrebbe sostituire le attuali disposizioni delle RU sul lavoro minorile, ma non le disposizioni delle RU sui minerali dei conflitti. Questo perché anche il regolamento UE sui minerali dei conflitti non verrebbe sostituito dalla CSDDD. La CSDDD non riguarda solo le aziende che rientrano direttamente nel suo campo di applicazione. Le aziende direttamente interessate trasmetteranno i loro obblighi nella catena di approvvigionamento ai loro fornitori.

Già oggi le disposizioni applicabili in materia di CO e le leggi straniere, ad esempio, la legge sulla due diligence della catena di fornitura in Germania, la legge sulla due diligence in Francia, i regolamenti dell’UE sui minerali di conflitto sulle catene di fornitura prive di deforestazione, ecc..
Queste ultime sono quindi “indirettamente” interessate e devono controllare anche le loro catene di approvvigionamento per i rischi reali e potenziali.

Per le imprese interessate, l’introduzione della direttiva CSDDD comporterebbe costi, alcuni dei quali considerevoli: esse dovrebbero adattare i processi aziendali esistenti (ad esempio, in materia di appalti e contabilità) agli obblighi di diligenza e creare nuove strutture e processi (ad esempio, meccanismi di reclamo o processi e sistemi per la raccolta dei dati e l’analisi dei rischi). Se le aziende individuano dei rischi, devono adottare delle misure. Inoltre, le aziende interessate dovranno presentare relazioni sulle loro attività di due diligence. Oltre ai costi diretti dell’implementazione della due diligence, le aziende dovrebbero affrontare rischi di responsabilità e incertezze legali.
Tuttavia, i costi sostenuti sarebbero ridotti dal fatto che le aziende devono comunque adottare alcune delle misure sopra descritte. Molte aziende si trovano già ad affrontare gli obblighi di due diligence. A causa delle disposizioni del CO, della legge tedesca o francese sulla catena di approvvigionamento e dei regolamenti UE sui minerali di conflitto e sulle catene di approvvigionamento prive di deforestazione, nonché di altre normative. Grazie alle disposizioni del CO (art. 964 e segg.) sul bilancio di sostenibilità e alla nuova direttiva UE sul bilancio di sostenibilità delle imprese (CSRD), molte aziende stanno già istituendo processi per raccogliere dati e pubblicare rapporti sull’impatto delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente.
Tuttavia, le aziende direttamente interessate sono grandi imprese che potrebbero sostenere i costi. Per le PMI, sarebbe in parte una sfida implementare i requisiti. Con l’introduzione del CSDD, il numero e il volume delle richieste aumenteranno ulteriormente. A medio termine, molte aziende indirettamente interessate non potranno fare a meno di istituire sistemi propri per la raccolta e la valutazione dei dati. Infine, dovrebbero documentare chiaramente come adempiono ai loro obblighi di due diligence per tutelarsi da potenziali richieste di responsabilità.

Prevediamo che i costi di implementazione per le aziende indirettamente interessate saranno significativamente inferiori a quelli per le aziende direttamente interessate. Oltre ai costi diretti di implementazione, le aziende indirettamente interessate, la maggior parte delle quali sono PMI, devono affrontare anche rischi considerevoli. Se non si preparano adeguatamente per l’attuazione della due diligence, rischiano di perdere ordini e clienti e di
uscire dalla catena del valore. Molte PMI non sembrano ancora sufficientemente sensibilizzate a questo rischio.

Tuttavia, le aziende non dovrebbero sostenere solo dei costi. il beneficio derivante dall’implementazione della due diligence risiede principalmente nel valore aggiunto derivante dalla raccolta dei dati necessari.

Le aziende conoscono meglio le loro catene di fornitura, il che comporta numerosi vantaggi per le aziende. Ad esempio, possono valutare meglio il rischio di strozzature nelle forniture o identificare più facilmente il potenziale di innovazione.


Fonte: comunicato stampa del Consiglio federale del 22.12.2023 – “Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere”; adattamento Cc-Ti

Imprese e diritti umani: materiale di supporto per le aziende che devono far fronte a crescenti requisiti legali

Le aziende si trovano ad affrontare requisiti crescenti in termini di rispetto dei diritti umani lungo la loro catena del valore. Negli ultimi anni, le aspettative dei numerosi attori in gioco (Governi, investitori, partner commerciali e clienti, consumatori e dipendenti, società civile e ONG, così come benchmark e rating ESG) sono aumentate. Anche i requisiti legali stanno diventando più severi.

Nazioni come Francia, Germania, Svizzera e l’UE hanno già implementato leggi che obbligano le aziende a condurre due diligence in merito a (alcuni) diritti umani o sono in procinto di adottarle.

Una panoramica sugli ultimi sviluppi normativi può essere trovata sul sito di focusright (tramite questi link 1 e link 2).

Condotta aziendale responsabile: uno studio rileva che le aziende svizzere saranno interessate dalla futura regolamentazione dell’UE

Nell’UE, i requisiti legali relativi ai diritti umani obbligatori e alla due diligence ambientale sono in rapida evoluzione. Nel dicembre 2023 è stato raggiunto un accordo provvisorio sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Anche se si è ancora in attesa della pubblicazione del testo finale della Direttiva, è già chiaro che essa introdurrà obblighi per le grandi aziende in merito a effettivi e potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Visti gli stretti legami economici tra la Svizzera e l’UE, sia le grandi aziende che le PMI svizzere saranno interessate da questo regolamento. Uno studio commissionato
dal Dipartimento federale di giustizia e polizia e dal Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca
è giunto alla conclusione preliminare che la direttiva UE avrà:

  • un impatto diretto su diverse centinaia di aziende in Svizzera e
  • uno indiretto su diverse migliaia di aziende svizzere, poiché le aziende direttamente interessate trasferirebbero i requisiti ai propri fornitori.

Sviluppi attesi in Svizzera

Una volta che l’UE avrà adottato definitivamente la CSDDD e dopo un’analisi approfondita delle modalità di attuazione da parte dei suoi Stati membri, il Consiglio Federale deciderà come procedere con i requisiti legali per le aziende elvetiche. Nel frattempo, continuano le richieste della società civile per obblighi di diligenza più severi per le aziende svizzere. La Koalition für Konzernverantwortung ha già annunciato il lancio di un’altra iniziativa popolare, che richiederà che gli obblighi di due diligence per le aziende svizzere siano allineati al CSDDD dell’UE. Poiché l’UE sta attualmente ampliando gli obblighi di Rendiconto sulla gestione sostenibile delle imprese, il Consiglio federale sta preparando una consultazione pubblica sulla base della quale verranno ampliati anche gli obblighi di rendicontazione per le imprese elvetiche, in linea con gli sviluppi UE.

Materiale a disposizione delle aziende

A sostegno delle aziende per l’attuazione della due diligence sui diritti umani e dei relativi obblighi legali e nell’ambito del Piano d’azione nazionale “Imprese e diritti umani” della Svizzera 2020–2023 (PAN), il DFAE e la SECO hanno incaricato la società di consulenza focusright dello sviluppo di diverso materiale. I documenti di supporto sono disponibili sul sito della Confederazione, citiamo di seguito:


La Svizzera attua il 12° pacchetto di sanzioni UE

Il 31 gennaio 2024 il Consiglio federale ha adottato ulteriori misure contro la Russia, attuando di fatto il 12° pacchetto di sanzioni dell’Unione europea.

Le nuove disposizioni, valide dal 1° febbraio, prevedono, tra gli altri:

  • un divieto graduale di acquisto e di importazione di diamanti russi
  • nuovi divieti di importazione per i beni che generano notevoli entrate per lo Stato russo
  • ampliamento delle liste dei beni vietati in quanto potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia o al rafforzamento della sua industria
  • ampliamento della lista delle aziende soggette a restrizioni specifiche in relazione ai beni a duplice impiego
  • ulteriori misure a sostegno dell’applicazione dei limiti massimi di prezzo per il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi (oil price cap) e per contrastare la loro elusione
  • obblighi di notifica e di autorizzazione per la vendita di navi cisterna che possono essere utilizzate per aggirare i massimali di prezzo
  • nel settore dei servizi, divieto di fornitura alle imprese russe di software di gestione aziendale, progettazione industriale e software di produzione.

Eccezion fatta per i beni a duplice impiego, elencati nell’allegato 2 dell’OBDI in base alla classificazione alfanumerica ECCN (Export Control Classification Number), gli altri beni vietati sono identificati tramite voce di tariffa doganale negli allegati dell’ordinanza stessa.

Dal 20 marzo 2024 (art. 14f), per gli esportatori vigerà l’obbligo di vietare contrattualmente ai loro partner stabiliti al di fuori dello SEE o di un Paese partner (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) la riesportazione dei beni elencati negli allegati 3 e 19 dell’ordinanza e di beni ad alta priorità elencati nell’allegato 31 verso la Russia o per l’uso in Russia. Devo essere altresì essere previste contrattualmente misure correttive adeguate per i casi di violazioni. Tali violazioni devono essere notificate immediatamente alla SECO. L’obbligo non si applica agli affari concordati contrattualmente prima del 1° febbraio 2024 ed eseguiti entro il 20 dicembre 2024 o i cui contratti sono scaduti, a seconda dell’evento che si verifica per primo.

L’Ordinanza che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina aggiornata al 1° febbraio 2024 può essere consultata qui.

La SECO ha aggiornato anche il suo documento interpretativo delle sanzioni (FAQ) con particolare riferimento (ma non limitatamente) a:

  • rispetto dell’art. 12b cpv 4 lett. b e cpv. 5: la SECO fa riferimento alle FAQ della Commissione UE sull’attuazione dei regolamenti del Consiglio dell’UE 269/2014 e 833/2014, in particolare alle spiegazioni contenute nel capitolo E «Energy», punto 5 «Oil Price Cap», sezione 7 «Attestations, recordkeeping and itemised ancillary costs ». Queste spiegazioni indicano quali informazioni e documenti sono adatti per le prove corrispondenti;
  • prova attestante il Paese di origine terza dei beni siderurgici di cui all’allegato 17 impiegati come fattori produttivi (art. 14a): dal 1° marzo 2024, tale prova va indicata come documento (codice documento Y824) nella rubrica «Documenti» della dichiarazione doganale. Il documento deve essere presentato su richiesta all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) insieme agli altri documenti doganali di accompagnamento.

Le FAQ della SECO possono essere consultate qui in modalità revisione.

Regno Unito: marcatura CE estesa ad altri prodotti

Il governo britannico intende estendere il riconoscimento della marcatura CE ad altre tre normative e offrire maggiore flessibilità per quanto riguarda l’etichettatura.

Ad agosto 2023, il governo britannico aveva annunciato il riconoscimento a tempo indeterminato della marcatura CE per 18 categorie di prodotto. A gennaio 2024 ne ha comunicato l’estensione a 3 categorie di prodotto:

In queste aree merceologiche i produttori potranno quindi scegliere se mantenere la marcatura CE o se utilizzare il nuovo marchio UKCA.

Nei seguenti ambiti continueranno invece a vigere disposizioni specifiche: dispositivi medici, interoperabilità ferroviaria, prodotti da costruzione, attrezzature navali, funivie, attrezzature a pressione trasportabili, droni.

Nuove disposizioni rapide (Fast-Track UKCA Process) consentiranno inoltre ai produttori di immettere sul mercato britannico i prodotti che soddisfano i requisiti essenziali dell’UE e, ove richiesto, sono stati valutati da un organismo di valutazione della conformità riconosciuto dall’UE. Per beneficiare di questa disposizione, i produttori dovranno apporre il marchio UKCA (nelle modalità consentite) e redigere la dichiarazione di conformità del Regno Unito, elencando la conformità alla legislazione UE pertinente. Ciò significa anche che, nel caso in cui i prodotti rientrino in più normative, sarà possibile utilizzare una combinazione di procedure di valutazione della conformità UKCA e CE.

Più flessibilità in ambito etichettatura

Il governo britannico ha comunicato che intende altresì legiferare in materia di etichettatura, al fine di consentire l’apposizione del marchio UKCA su un’etichetta adesiva o su un documento di accompagnamento e offrire l’opzione volontaria di utilizzare l’etichettatura digitale (le aziende potranno applicare il marchio UKCA, i dati del produttore e i dati dell’importatore in formato digitale).

Ulteriori dettagli su queste misure saranno forniti a tempo debito, compresi i regolamenti a cui si applicheranno.

Le sfide del business internazionale

Tensioni geopolitiche, transizione sostenibile, questioni doganali… numerosi scenari incerti, anche di ordine pratico, attendono le PMI in questo 2024 e negli anni a venire. Vediamone alcuni.

Tensioni geopolitiche e polarizzazione

Le tensioni USA-Cina e Cina-Taiwan, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, gli attacchi alle navi nel Mar Rosso e il traffico contingentato nel Canale di Panama a causa della siccità pesano sul commercio internazionale. Oltre all’aumento dei tempi di percorrenza delle merci e dei costi di trasporto e assicurativi, le aziende che operano con l’estero devono tener conto anche dei costi per la revisione dei contratti, la conformità alle sanzioni internazionali, la due diligence più severa e l’implementazione di nuovi e sempre più stringenti controlli all’esportazione.

Con l’ingresso di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran, i Paesi BRICS (l’alleanza tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) rappresentano ora il 45% della popolazione mondiale, il 28% del PIL globale e il 44% della produzione globale di petrolio. Questo blocco commerciale riunisce alcuni dei maggiori produttori di energia e dei maggiori consumatori tra i Paesi in via di sviluppo e si rende attrattivo anche per alcuni Stati sanzionati, alterando significativamente gli equilibri economici internazionali e, in sostanza, le “regole del gioco”, e richiedendo sempre più attenzione e cautela da parte delle aziende.

Transizione sostenibile e ESG

La transizione verso un’economia verde da parte dell’Unione europea, che resta pur sempre il principale mercato di sbocco e di approvvigionamento del nostro Paese, e la lotta ai cambiamenti climatici richiedono riforme, costi e oneri burocratici per le aziende che operano a livello globale: pensiamo ad esempio alla tassa sul carbonio (CBAM) che pesa sulle importazioni di prodotti energivori (ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno), a una serie di normative sugli imballaggi e sui prodotti e a obblighi di rendicontazione in materia di sostenibilità.

Il CBAM impone agli importatori europei di fornire alle autorità comunitarie informazioni mirate sull’impronta di carbonio dei prodotti importati, obbligo che di riflesso si può applicare anche ai loro fornitori svizzeri. Sulla scia di questo meccanismo, il Regno Unito ha ora posto in consultazione un suo CBAM di più ampia portata, che vede toccare anche i settori del vetro e della ceramica, aggiungendo ulteriori vincoli alle aziende che commerciano con il Paese.

L’introduzione, il 1° gennaio 2024, del divieto degli imballaggi monouso in Germania e, a luglio 2024, della tassa sugli imballaggi in plastica non riutilizzabili in Italia, solo per fare alcuni esempi, si inseriscono invece nella lotta europea contro lo spreco di imballaggi, mentre il futuro Regolamento della Commissione europea sulla progettazione eco-compatibile per prodotti sostenibili (Ecodesign for Sustainable Products Regulation, ESPR), che dovrebbe essere finalizzato a breve e sarà applicabile a quasi tutte le categorie di prodotti (ad es. lavastoviglie, televisori, finestre, caricabatterie per auto, ecc.), obbligherà i produttori a rendere i loro prodotti non solo efficienti dal profilo energetico e delle risorse, ma anche più durevoli, affidabili, riutilizzabili, migliorabili, riparabili e riciclabili e, sostanzialmente, più facili da gestire in termini di manutenzione.

La Direttiva europea sulla due diligence della sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CS3D), su cui il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo di massima a metà dicembre (e che deve quindi ancora essere approvata e in seguito recepita nelle leggi dei vari Stati membri), si applicherà non solo alle aziende europee, ma anche alle aziende di Stati terzi (tra cui la Svizzera) che forniscono beni o servizi nell’UE, con soglie di applicazione potenzialmente più basse per le industrie ad alto impatto (es. tessile, alimentare, mineraria, edile). L’impatto previsto di questa misura, che dovrebbe applicarsi dal 2026-2027, sarà significativo e le aziende sono chiamate a prepararvisi sin d’ora.

Questioni doganali e accordi di libero scambio

Il 1° gennaio la Svizzera ha abolito i dazi sui prodotti industriali per rafforzare la piazza economica. Le autorità elvetiche hanno però anche annunciato un aumento delle aliquote di dazio sui prodotti agricoli trasformati per combattere l’aumento dei prezzi delle materie prime. Per rimanere in tema di dazi, dal 1° gennaio 2025 nel commercio tra i paesi dell’area paneuromediterrranea si applicheranno norme di origine preferenziale più moderne, che implicheranno alcuni cambiamenti a livello documentale già da febbraio 2024.

Infine, la Svizzera ha messo in consultazione un progetto di mandato per negoziare un nuovo pacchetto di accordi bilaterali con l’Unione europea e per modificare, su alcuni punti, altri accordi esistenti. Il nostro Paese sta intensificando anche la cooperazione con altri partner commerciali. Nel suo Rapporto sulla politica economica esterna 2023, il Consiglio federale ha elencato i negoziati in corso sia per la revisione di accordi di libero scambio (ALS) esistenti sia per la finalizzazione di nuovi accordi: lo scorso anno è stato firmato l’ALS con la Moldavia e il rinnovo dell’ALS con il Regno Unito ha fatto passi avanti. I veri progressi sono però stati fatti a gennaio 2024: si sono conclusi i negoziati per un aggiornamento dell’ALS con il Cile, è stato avviato il dialogo per l’aggiornamento dell’ALS con la Cina ed è stata raggiunta un’intesa sulle “grandi linee” dell’accordo con l’India. Il rinnovo e l’estensione della rete degli accordi di libero scambio, con i conseguenti sgravi daziari e l’allineamento di normative tecniche sui prodotti, si rivelano di fondamentale importanza per le nostre aziende, che devono fare i conti con l’apprezzamento del franco una concorrenza estera sempre più agguerrita.

Adeguamento tariffe Carnet ATA

Valide dal 01.01.2024

Il Carnet A.T.A. (Ammissione temporanea/Temporary Admission) è un documento doganale internazionale che può essere utilizzato in sostituzione dei documenti doganali nazionali solitamente necessari, per l’importazione e l’esportazione temporanea di merci, come pure per il loro transito.

I carnet ATA sono emessi dalle Camere di commercio.
ATA Swiss è il sito web per l’emissione dei carnet ATA in formato elettronico: www.ataswiss.ch.

Il Servizio legalizzazioni della Cc-Ti resta a disposizione per eventuali chiarimenti (tel. 091 911 51 23/29, e-mail internazionale@cc-ti.ch).

Scarica le nuove tariffe valide a partire dal 01.01.2024

Stati Uniti: in vigore il Corporate Transparency Act

Dal 1° gennaio 2024 vige l’obbligo, per numerose società costituite negli Stati Uniti, di comunicare i dati dei titolari effettivi.

Il 1° gennaio 2024 è entrato in vigore negli Stati Uniti il Corporate Transparency Act (CTA), che autorizza il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) del Ministero del Tesoro americano, ovvero la Rete per la lotta contro i reati finanziari, a raccogliere i dati dei titolari effettivi (beneficial ownership information, BOI) di determinate società (reporting companies) allo scopo di combattere il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo ed altre attività illecite (cfr. 31 U.S. Code § 5336, PDF). Le informazioni non saranno rese pubbliche, ma saranno riunite in un database centralizzato accessibile unicamente alle entità governative.

Reporting companies

Le aziende tenute ad effettuare la comunicazione (dette “società dichiaranti”) sono

  • le società residenti: Corporation, LLC e qualsiasi altra entità creata presentando un documento presso un ufficio del Segretario di Stato;
  • le società non residenti costituite secondo la legge di un Paese straniero, ma che si sono registrate presso un ufficio del Segretario di Stato per svolgere un’attività commerciale negli USA.

L’obbligo si applica alle aziende di piccola entità, ossia che guadagnano meno di 5 milioni di dollari lordi o che hanno meno di 20 dipendenti a tempo pieno negli Stati Uniti.

Beneficial ownership information (BOI)

Con il termine di “beneficiario effettivo” si intende chi, direttamente o indirettamente, esercita un “controllo sostanziale” sulla società o che possiede o controlla almeno il 25% delle quote di partecipazione.

Le informazioni da fornire al FinCEN, sotto forma di nota informativa (BOI) sono: nome, data di nascita, indirizzo e copia di un documento d’identità.

Tempistiche

I termini per l’inoltro delle BOI sono:

  • per le società costituite prima del 1° gennaio 2024: il 1° gennaio 2025
  • per le società costituite dopo il 1° gennaio 2024: entro 30 giorni.

Ogni modifica ad informazioni comunicate in precedenza andrà comunicata entro 30 giorni.

La mancata comunicazione delle informazioni o la presentazione di informazioni false può portare a sanzioni civili fino a 500 dollari al giorno e a sanzioni penali con multe fino a 10’000 dollari e/o reclusione fino a due anni.

Link utili:

Commesse pubbliche – criteri di aggiudicazione CSR

È stata pubblicata la Scheda informativa aggiornata che definisce i 30 criteri di misurazione della CSR (Corporate Social Responsibility – Responsabilità sociale delle imprese) nell’ambito della Legge sulle commesse pubbliche del Canton Ticino. (art. 32 cpv. 1 LCPubb | art. 53 cpv. 2-4 RLCPubb/CIAP)

Secondo l’art 32 cpv. 1 della LCPubb il committente aggiudica la commessa a favore dell’offerta complessivamente più vantaggiosa sulla scorta di diversi criteri, quali il termine, la qualità, il prezzo, la sua attendibilità, l’economicità, i costi di servizio, il servizio clientela, l’adeguatezza della prestazione, l’estetica, la compatibilità ambientale, la responsabilità sociale, la formazione e il perfezionamento degli apprendisti e il valore tecnico. La ponderazione di un singolo criterio non può superare il 50%.

Secondo l’art 53 del Regolamento di applicazione della legge sulle commesse pubbliche e del concordato intercantonale sugli appalti pubblici (RLCPubb/CIAP) sono ammessi come criteri di aggiudicazione, ma non nelle commesse internazionali, i seguenti criteri: a) la formazione degli apprendisti; b) il contributo alla formazione professionale; c) la responsabilità sociale delle imprese.

Il criterio di aggiudicazione facoltativo inerente alla responsabilità sociale delle imprese, ha un valore di ponderazione definito dall’art. 53 cpv. 2 lett. c RLCPubb/CIAP è stato ripreso dalle Direttive sui criteri di aggiudicazione inerenti alla formazione degli apprendisti, al contributo alla formazione professionale e alla responsabilità sociale delle imprese del 20 dicembre 2023 (pubblicazione sul Foglio ufficiale nr. 245 del 27 dicembre 2023 e nr. 2 del 3 gennaio 2024) ed ha un valore del 4%. La sua valutazione deve essere fatta tenendo conto dell’impegno delle imprese nell’ambito della sostenibilità economica, ambientale e sociale.

Adottare il criterio di CSR nelle commesse pubbliche significa promuovere l’inserimento dei criteri di sostenibilità all’interno dell’operato dell’impresa in ogni sua attività. Questa modalità tende a far sì che le imprese si orientino all’elaborazione di una strategia di sostenibilità che permetta una rendicontazione complessiva dell’impatto dell’impresa, non solo a livello economico ma anche sociale e ambientale. Bisogna tuttavia considerare che i 30 criteri definiti nella Scheda informativa sono criteri che valutano il modo di operare dell’impresa e non la sostenibilità del prodotto o della prestazione offerta oggetto della commessa. Per il prodotto e la prestazione potranno essere inseriti criteri di sostenibilità, aggiuntivi al criterio di CSR, nella fase di idoneità o di aggiudicazione.

Consiglio di utilizzo:

Si consiglia di non utilizzare il criterio CSR nelle commesse in cui la variabile prezzo ha una ponderazione superiore al 50% (forniture standardizzate) o inferiore al 30% (esempio prestazioni intellettuali quali la progettazione).

Inoltre, si consiglia di non utilizzare, inizialmente, il criterio di CSR per commesse pubbliche con un valore economico particolarmente basso (inferiori ai 250’000 franchi) alfine di non penalizzare la possibilità di partecipazione di microimprese. Si consiglia infatti un approccio graduale del criterio con l’obiettivo di sensibilizzare innanzitutto le imprese di più grandi dimensioni.

Non può essere utilizzato il criterio della CSR nell’ambito delle procedure su invito perché il committente determinando la cerchia degli offerenti invitati a presentare un’offerta potrebbe avvantaggiarne uno a discapito di un altro. Il committente ha tuttavia la possibilità di scegliere gli offerenti da invitare valutando preliminarmente questo criterio.

Tabella: Definizione delle soglie per le quali è consigliato utilizzare il criterio CSR:

Durante il 2023 è stata eseguita la necessaria formazione a vari Committenti (Comuni ed enti sussidiati) e agli offerenti di diverse categorie in merito ai 30 indicatori di CSR e all’utilizzo del rapporto di sostenibilità semplificato della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (https://www.ti-csrreport.ch/). Di conseguenza a partire da gennaio 2024 è possibile utilizzare da parte di tutti i committenti il criterio per le opere delle seguenti categorie:

  • Impresario costruttore
  • Pavimentazioni
  • Elettricisti
  • Metalcostruttori
  • Costruttori in legno
  • Falegnami
  • Pittori
  • Gessatori, intonacatori e plafonatori
  • Posatori di pavimenti
  • Vetrerie
  • Giardinieri
  • Ponteggi

Fonte: Progetto CSR Ticino

Più poveri senza i ricchi

Una riforma tributaria necessaria per la crescita economica e sociale del Cantone

Da oltre trent’anni il dibattito politico in Ticino è bloccato sulla questione fiscale, condizionato da una contrapposizione ideologica priva di uno sguardo sul futuro e sulle nuove necessità indotte dall’evoluzione della società. Sul Cantone pesa ancora la cappa di una visione dottrinaria che vede nel fisco solo un’arma per espropriare la ricchezza e intimidire chi la produce. Manca la consapevolezza, la convinzione condivisa, che la fiscalità può essere, invece, una leva decisiva per la crescita economica e sociale.
In un contesto simile era inevitabile che la riforma tributaria, votata dal Gran Consiglio lo scorso dicembre, andasse a scontrarsi col referendum promosso dalla sinistra.  Senza questa revisione non solo si pagheranno più imposte con l’aumento del coefficiente cantonale che ritorna dall’attuale 97% al 100%, ma non si correggeranno neanche le vistose distorsioni che penalizzano le donazioni e le successioni (in particolari quelle aziendali), il prelievo del capitale previdenziale e i redditi più elevati soggetti ad un’imposizione tale da spingere il Ticino in fondo alla classifica nazionale della concorrenzialità fiscale.
Intanto, gli altri Cantoni, compresi quelli dove sono ben presenti le forze di sinistra, fanno di tutto per attirare sul loro territorio con aliquote molto vantaggiose i contribuenti più facoltosi. Basterebbe un minimo di ragionevolezza e di pragmatismo per capire, anche da noi, che, se non ci fossero le persone benestanti saremmo tutti più poveri e pagheremmo tasse più alte.

Le ragioni della riforma

Il principale obiettivo della riforma è di modernizzare il nostro sistema tributario, il cui impianto normativo risale a mezzo secolo fa, per adeguarlo alle trasformazioni economiche e sociali che hanno cambiato il volto del Paese. Rettificando alcune disposizioni che rappresentano un ingiustificato svantaggio per i contribuenti, si vuole rendere più attrattivo e concorrenziale il Ticino per chi vorrebbe risiedere o investire nel Cantone, incrementando così le entrate fiscali e la creazione anche di nuovi posti di lavoro.

La revisione tributaria si articola in quattro punti:

  • aumento della deduzione forfettaria per le spese professionali per chi esercita un’attività lucrativa dipendente, favorendo quindi tutte le categorie attive;
  • riforma delle imposte sulle successioni e le donazioni per adeguarle ai cambiamenti sociodemografici (aumento della speranza di vita, nuove relazioni coniugali e di partenariato registrato, ecc.), ma che avrà ripercussioni positive anche per le successioni aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa. Si tratta di una modifica molto importante, considerato che ogni anno centinaia di aziende rischiano di scomparire per mancanza di eredi. Difatti, con le disposizioni in vigore il passaggio aziendale ad eventuali subentranti al di fuori della famiglia è scoraggiato da un’imposizione molto pesante;
  • riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali oggi troppo penalizzante per chi dispone di un capitale medio o medio-alto. In Ticino con la tassazione del prelievo del secondo pilastro non ci si discosta dall’esosità dell’imposta sul reddito. Sino a mezzo milione di franchi di capitale il Cantone è concorrenziale rispetto alla media nazionale, ma oltre questa soglia si scivola nell’ultima posizione della graduatoria intercantonale.  La conseguenza è che molti contribuenti scelgono di trasferire il proprio domicilio fiscale altrove, nei Grigioni, a Uri o a Svitto, ad esempio, quando si avvicina il momento di prelevare il capitale previdenziale;
  • riduzione a tappe dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito, una modifica che si attende da decenni. Un’aliquota tanto onerosa da inchiodare il Ticino negli ultimi posti del confronto intercantonale e spingere verso altri lidi un numero consistente di forti contribuenti.  È questo il punto più contestato dalla sinistra, ma non solo, e su cui si farà leva per il referendum, visto che i beneficiari di questa particolare modifica saranno i redditi più elevati.

La riforma, dopo i correttivi apportati dal Parlamento, prevede: la diminuzione dal 15 al 12%, da qui al 2030 (anziché nel 2025) dell’aliquota per i redditi più alti e la riduzione lineare dell’1,66% dell’aliquota d’imposta per tutti contribuenti, come compensazione dell’aumento del 3% del coefficiente cantonale d’imposta che da gennaio ritorna al 100%.
Senza questa compensazione ci sarebbe un aggravio fiscale per i cittadini di 45 milioni di franchi.

Necessitiamo di redditi e patrimoni elevati

Sfortunatamente il dibattito sulla riforma tributaria si è accavallato a quello sul Preventivo 2024 con la manovra da 134 milioni di risparmi sull’arco di un anno che, inevitabilmente, ha contribuito ad inasprire il confronto politico anche sulla fiscalità. “Regali ai ricchi, mentre si risparmia sulle spalle dei poveri” sarà questo il leit-motiv della campagna referendaria. Slogan certamente ad alto impatto emotivo, ma smentito dalla realtà dei fatti e che non tiene conto del sistema fiscale nella sua globalità.

Innanzitutto, va sgomberato il campo da un falso storico secondo cui da noi col fisco si vogliono premiare sempre e solo i più ricchi.  Se si guarda al raffronto con gli altri Cantoni si nota che il Ticino è nelle prime posizioni per l’imposizione leggera dei redditi bassi e medio bassi, a metà classifica per i redditi medi, mentre si va con la mano pesante nella tassazione dei redditi alti. Dunque, abbiamo una fiscalità molto sociale, con una scala di aliquote finalizzata alla redistribuzione dei redditi. Questo approccio sociale, qui non contestato, porta a esentare dalle imposte molte cittadini e molti cittadini (26,6%), mentre il solo 2,6% dei contribuenti con un imponibile superiore ai 200mila franchi garantisce ben il 35,7% del gettito fiscale cantonale. Se oggi possiamo vantare un sistema sociale tra i migliori in Svizzera è grazie soprattutto ad una ancora più minuscola quota, lo 0,5%, di contribuenti, (un migliaio di persone con un reddito di oltre 500mila franchi), che assicura il 20% delle imposte sul reddito con aliquote che superano il 40%.

Si possono caricare i ricchi, ma, come insegnano gli esempi norvegesi e californiani, non si possono oltrepassare certi limiti. Non solo per questioni di opportunità ma anche di equità, principio quest’ultimo che in uno Stato di diritto vale anche per chi ha molti mezzi finanziari, non solo per chi è in difficoltà. Del resto, il Consiglio di Stato ha rilevato come, fra il 2016 e il 2022, ben 395 grandi contribuenti, con redditi o sostanze imponibili da oltre 500mila a 5 milioni di franchi, abbiano trasferito il loro domicilio fiscale fuori dal Ticino. Nello stesso arco di tempo ne sono arrivati 190. Un saldo negativo di 205 soggetti, per loro natura molto mobili, che ha provocato una perdita di gettito fiscale pari a 10 milioni di franchi all’anno. Movimenti che dovrebbero far squillare qualche campanello d’allarme.

Non è con un fisco sanzionatorio che si favorisce la crescita economica e che si garantiscono le risorse necessarie per una socialità attenta e sollecita verso i ceti meno abbienti. Tutt’altro. Con la riforma tributaria si vuole soltanto adeguare l’imposizione sugli alti redditi a quella di quasi tutti gli altri Cantoni. Nulla di sconvolgente, un passo avanti solo per riavvicinarsi alla media nazionale e recuperare la concorrenzialità e l’attrattività fiscale che abbiamo perso, invertendo una tendenza che potrebbe pregiudicare lo sviluppo futuro.  Per favorire la crescita economica e sociale, oltre che di aziende ad alto valore aggiunto, abbiamo anche bisogno di più contribuenti facoltosi che portano molto e non pesano sulla comunità.

Un caro ritardo

Attualmente, se si considera anche l’imposta federale diretta, chi ha un reddito molto alto paga in Ticino il doppio rispetto a Zugo, Obvaldo o Appenzello interno. Un carico impositivo che non incoraggia di certo a trasferirsi nel nostro Cantone. Di fronte all’urgenza di alleggerire la pressione fiscale su questi redditi stiamo, purtroppo, scontando un pericoloso ritardo.

Con l’introduzione dall’inizio del nuovo anno della Global minimum tax, decisa dall’Ocse, la battaglia per la competitività fiscale si sposta, infatti, dalle imprese alle persone fisiche. Si orienta sulla tassazione della remunerazione dei manager e dei dirigenti dei gruppi multinazionali, ossia coloro che in definitiva decidono dove insediare un’azienda o se restare in un determinato Paese, ma che sono, altresì, molto attenti ai loro guadagni. E non si tratta solo d’imprenditori e manager stranieri, ma anche di ticinesi. Una sede fiscalmente concorrenziale per la loro tassazione è indubbiamente un elemento di forte attrazione, che può significare più aziende, più posti di lavoro, più gettito fiscale. Ecco perché gli altri Cantoni si sono già mossi e si stanno decisamente muovendo con sgravi e altri incentivi. I Grigioni a partire da questo anno hanno ridotto le imposte del 5%, Zurigo vuole alleggerire ulteriormente l’onere sulle imprese abbassando l’aliquota dal 7 al 6%, Zugo farà altrettanto con le persone fisiche, Vaud da gennaio ha ridotto del 3,5% l’imposta sul reddito dei cittadini e ha in cantiere pure una riduzione dell’imposta sulla sostanza.

Che lo si voglia o no la concorrenza fiscale esiste, anzi è connaturata al sistema federale svizzero. Quindi non si può non tenerne conto ed agire di conseguenza. Restare fermi ha un costo, comporta perdite notevoli nelle entrate e un rischio sistemico in termini di partenze o di mancati arrivi di grandi contribuenti. Nelle decisioni di questi soggetti, per loro natura molto mobili, la fiscalità rappresenta un aspetto cruciale per la scelta del domicilio. Certo, vi sono anche tutti gli altri fattori, quali la stabilità politica e monetaria, la sicurezza, la sanità, i vari servizi e la qualità stessa della vita, sono pressoché uguali in tutta la Svizzera, ma la leva fiscale in molte situazioni resta una discriminante centrale. È fondamentale, perciò, recuperare competitività fiscale per incentivare il domicilio dei contribuenti più ricchi. A chi si oppone alla riforma va ricordato che anche la politica di redistribuzione dei redditi e una socialità efficace presuppongono la presenza sul territorio di persone facoltose, che saranno sempre più rilevanti per incrementare il gettito fiscale e non aumentare l’onere impositivo sulle fasce medie della popolazione.

Regno Unito: CBAM in arrivo

Il Regno Unito introdurrà un proprio meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) entro il 2027 su ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, idrogeno, ceramica, vetro e cemento.

Lo ha annunciato il Cancelliere dello Scacchiere britannico Jeremy Hunt lo scorso 18 dicembre 2023 in un comunicato stampa, confermando che saranno colpiti i beni di cui sopra, la cui produzione è particolarmente energivora. Ulteriori dettagli, tra cui l’elenco preciso dei prodotti che rientreranno nel campo di applicazione del CBAM saranno oggetto di consultazione nel 2024. Si delinea tuttavia già un ambito di applicazione più ampio rispetto all’omologo europeo.

La responsabilità applicata dal CBAM dipenderà dall’intensità delle emissioni di gas serra del bene importato e dalla differenza tra il prezzo del carbonio applicato nel Paese di origine (se presente) e il prezzo del carbonio che sarebbe stato applicato se il bene fosse stato prodotto nel Regno Unito.

Fonte: Factsheet: UK Carbon Border Adjustment Mechanism

La responsabilità del CBAM ricadrà direttamente sull’importatore dei prodotti importati che rientreranno nel campo di applicazione del CBAM, sulla base delle emissioni incorporate in tali prodotti. Il sistema non prevede l’acquisto o lo scambio di certificati di emissione, per contro lavorerà in modo coerente con il sistema ETS britannico, per garantire che i prodotti importati siano assoggettati a un prezzo del carbonio paragonabile a quello sostenuto dalla produzione britannica, attenuando così il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.