È ancora una volta “affaire à suivre” per la plastic tax, la cui entrata in vigore è ora posticipata al 1° luglio 2026. Nessuna proroga invece per la sugar tax, che entrerà in vigore a luglio, come previsto, ma con aliquote ridotte.
Le modifiche sono state inserite nell’emendamento al Decreto legge “Superbonus”.
Per la plastic tax si tratta del settimo rinvio. Come anticipato nell’articolo Italia: rinviate la plastic tax e la sugar tax – Cc-Ti del 9 novembre 2023, la tassa andrà a colpire i manufatti in plastica monouso (i cosiddetti MACSI), nell’ordine di 0.45 euro per ogni chilo di prodotti in plastica monouso venduto o acquistato.
La sugar tax, che colpisce il consumo di bevande edulcorate analcoliche (voci di tariffa 2009 e 2202) entrerà invece in vigore a luglio 2024, come previsto, ma inizialmente nella misura di 5 euro per ettolitro e a decorrere dal 1° luglio 2026 nella misura 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,13 rispettivamente 0,25 euro per kg nel caso di prodotti predisposti ad essere utilizzati previa diluizione.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-plastic-sugar-tax-italia.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-05-23 08:00:002024-05-23 10:57:28Italia: plastic tax rinviata al 2026, sugar tax da luglio con aliquote ridotte
Di fronte ai nuovi rischi parzialmente o non coperti dalle assicurazioni tradizionali come l’assicurazione di cose e le assicurazioni RC (responsabilità civile), le compagnie di assicurazione mettono a disposizione delle imprese diverse polizze raggruppate sotto il nome generico di “assicurazioni linee finanziarie”.
L’assicurazione ’Responsabilità dei dirigenti e degli amministratori’ (nota anche come D&O)
Questa copertura protegge dirigenti e amministratori di un’impresa dai reclami di terzi (fornitori, creditori, varie azioni legali da parte di dipendenti, concorrenti o azionisti, ecc.) derivanti dalle loro decisioni e dalla loro gestione nell’esercizio delle loro funzioni o del loro mandato. Questo funziona sia per le violazioni degli obblighi legali, regolamentari e statutari, come pure per qualsiasi errore di gestione commesso per imprudenza o negligenza, per omissione, per errore, per dichiarazione inesatta, …
Sono coperte:
le spese legali della difesa dei dirigenti in caso di implicazione della loro responsabilità personale,
le conseguenze finanziarie derivanti dalla responsabilità dei dirigenti quando assicurabili, comprese le sanzioni pronunciate da un’autorità,
le spese legali ed eventuali conseguenze per la società.
Questa protezione considera che l’assunzione di rischi fa parte della vita quotidiana. Gli assicuratori offrono un vero supporto e prevenzione.
L’assicurazione cyber
Copre i rischi legati a un incidente informatico, che di solito mira ai dati personali e riservati di un’azienda. Le fughe di dati possono generalmente comportare sanzioni regolamentari, danneggiare gravemente l’immagine dell’azienda e mettere in discussione la sua sostenibilità. Di fronte agli effetti devastanti di un attacco informatico, le coperture proposte solitamente riguardano:
l’assistenza e la gestione della crisi,
le responsabilità legate ai dati,
le spese di indagine,
il ripristino dei dati elettronici,
l’interruzione della rete,
le spese legate alla richiesta di riscatto.
È importante notare che oggi l’assicurazione cyber offre un supporto completo in termini di prevenzione e assistenza, con il coinvolgimento di specialisti in sicurezza informatica e gestione delle crisi, nonché avvocati per assistere le vittime.
L’assicurazione contro le frodi
Inizialmente destinata alle istituzioni finanziarie, questa copertura si estende oggi a tutti i tipi di aziende, assicurando le perdite finanziarie derivanti da atti di frode interna ed esterna commessi da dipendenti o terzi, come l’appropriazione indebita, l’ottenimento o l’appropriazione criminale o fraudolenta di capitali, titoli o beni, attività tecnologiche o finanziarie.
Una necessaria presa di coscienza
È essenziale che le aziende valutino regolarmente i rischi a cui sono esposte, sviluppino piani di gestione adeguati e considerino soluzioni assicurative adeguate per limitare l’impatto sulle loro attività.
A tal fine, è consigliabile consultare un esperto assicurativo per valutare i rischi specifici legati all’ecosistema aziendale e per determinare la copertura più adatta. In questo senso, il vostro broker di fiducia può fornirvi preziosi consigli.
Fonte: Articolo a cura di Qualibroker-Swiss Risk & Care Group, apparso su “CCIG Info” nr 9 – 10.2023. Traduzione ed adattamento Cc-Ti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-nuovi-rischi.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-17 08:00:002024-05-10 11:14:45Affrontare i nuovi rischi
Dal 13 dicembre 2024 nell’Unione europea si applicherà il Regolamento (UE) 2023/988 relativo alla sicurezza generale dei prodotti, con obblighi di conformità anche per i prodotti extra-UE.
A pochi mesi dall’attuazione del regolamento (UE) 2023/988 ricordiamo che lo stesso si applicherà in modo orizzontale ai prodotti immessi sul mercato unionale e non sottoposti a disposizioni specifiche che regolano la loro sicurezza o per gli aspetti che non sono specificamente regolati da tali disposizioni.
In aggiunta a quanto già illustrato nell’articolo “Sicurezza generale dei prodotti: nuovo regolamento UE” del 6 luglio 2023, segnaliamo che il regolamento 2023/988 amplia la cerchia dei soggetti responsabili. In particolare, stabilisce che l’obbligo generale di immettere o di mettere a disposizione sul mercato solo prodotti sicuri fa capo a tutti gli operatori economici stabiliti nell’Unione europea e intesi come “il fabbricante, il rappresentante autorizzato, l’importatore, il distributore, il fornitore di servizi di logistica o qualsiasi altra persona fisica o giuridica soggetta ad obblighi in relazione alla fabbricazione dei prodotti o alla loro messa a disposizione sul mercato” (art. 3 par. 13).
Una delle principali novità introdotte dal regolamento 2023/988 è l’equiparazione tra le vendite online e offline: i prodotti venduti su siti web ubicati al di fuori dell’UE sottostanno al regolamentose tali siti si rivolgono a consumatori europei (art. 4). Nella sua “Guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti 2022”, che fa riferimento al regolamento (UE) 2019/1020 sulla vigilanza del mercato e la conformità dei prodotti, la Commissione specifica che “un’offerta di vendita è considerata destinata agli utilizzatori finali dell’Unione quando l’operatore economico interessato indirizza, con qualsiasi mezzo, le proprie attività verso uno Stato membro. Per determinare se un sito web ubicato all’interno o all’esterno dell’UE si rivolga agli utilizzatori finali dell’Unione si dovrà valutare la situazione caso per caso, tenendo conto di tutti i pertinenti fattori, quali le aree geografiche dove è possibile effettuare la consegna, le lingue disponibili utilizzate per le offerte e gli ordini, le possibilità di pagamento ecc.”. Per contro “il semplice fatto che il sito web degli operatori economici o degli intermediari sia accessibile nello Stato membro in cui l’utilizzatore finale è stabilito o domiciliato non è sufficiente”.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/ART23-sicurezza-prodotti-regolamento-ue.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-05-16 08:00:002024-05-15 08:32:44Sicurezza generale dei prodotti nell’UE
Acquistare un’automobile a propulsione elettrica non significa solamente scegliere la marca, il modello, il colore e gli optional. Occorre pure preoccuparsi del sistema da utilizzare per la ricarica elettrica della batteria. Con veicolo a propulsione termica, benzina o diesel che sia, per fare il pieno di carburante ci si reca semplicemente presso una delle numerose stazioni di rifornimento sparse sul territorio e, in pochi minuti, il pieno è fatto. Con l’auto elettrica non funziona così.
O meglio, potrebbe anche funzionare in questa maniera, infatti le colonnine di ricarica pubbliche sono disponibili e ben ripartite sul territorio e quindi a disposizione per la ricarica dell’auto. Ma come sappiamo per ricaricare parzialmente o totalmente la batteria occorre più di qualche minuto e quindi il tempo che il proprietario di un’auto elettrica deve investire per fare il pieno risulterebbe non sopportabile.
Una soluzione naturalmente esiste, è pratica e addirittura impegna meno tempo per il pieno al proprietario dell’auto. È la ricarica a domicilio. Ecco che quindi, acquistando un veicolo elettrico è indispensabile pure acquistare, se non già disponibile, un sistema di ricarica da installare nel proprio box o parcheggio di casa. In questa maniera l’auto elettrica può tranquillamente essere ricaricata nei momenti in cui non viene utilizzata e il proprietario non deve preoccuparsi di investire il proprio tempo libero per fare il pieno. Naturalmente tutto questo richiede un’installazione dell’infrastruttura di ricarica adatta alle proprie esigenze e possibilità.
La situazione abitativa della popolazione svizzera è molto variegata e va dai proprietari di case unifamiliari fino agli inquilini che abitano in condomini gestiti da amministrazioni immobiliari o dai proprietari dello stabile abitativo. Ogni situazione personale richiede una soluzione specifica che non può semplicemente essere ridotta all’acquisto di una wallbox da collegare alla presa elettrica di casa. Anche in questo ambito la tecnologia ha fatto passi da gigante e il mercato offre soluzioni più o meno valide.
Innanzitutto, va specificato che utilizzare un caricatore per batteria da collegare alla normale presa elettrica di casa è assolutamente sconsigliato ed addirittura pericoloso. Le normali prese domestiche non sono progettate per sopportare dei carichi di corrente relativamente elevati e per diverse ore in modo continuato. Il rischio è quello di provocare un incendio per surriscaldamento della presa. Occorre quindi acquistare una stazione di ricarica da collegare in maniera adeguata direttamente all’impianto elettrico o comunque tramite una presa progettata a questo scopo. La scelta poi della stazione di ricarica richiede pure attenzione. Sul mercato ne esistono principalmente di due tipi: le stazioni “non intelligenti” e quelle “intelligenti”. Le prime le possiamo classificare come dei semplici fornitori di energia elettrica che si occupano di fornire sempre il massimo della corrente elettrica richiesta dal veicolo per caricare la batteria di trazione. La seconda invece prevede la possibilità di adeguare l’erogazione di corrente in base alla disponibilità offerta dall’impianto elettrico di casa senza sovraccaricarlo o di fornire maggiore potenza quando ad esempio splende il sole e l’impianto fotovoltaico genera una maggiore quantità di energia elettrica disponibile tra l’altro a costo zero.
Un altro aspetto fondamentale di questa tecnologia, se applicata in modo corretto, è quello di non sovraccaricare la rete pubblica di distribuzione dell’energia elettrica mettendo in crisi l’intero sistema di approvvigionamento. Si, perché un problema che, con il continuo aumento delle vetture con necessità di ricarica della batteria di trazione, sarà quello del sovraccarico che, in alcuni momenti della giornata, per esempio alla sera quanto buona parte della popolazione rientra dal lavoro e approfitta di caricare la propria auto, si verificherà sempre più spesso.
Le possibili soluzioni per evitare blackout elettrici o limitazione della ricarica delle auto, sono principalmente due:
il potenziamento spropositato della rete di distribuzione dell’energia elettrica con investimenti miliardari o
una gestione intelligente dell’energia elettrica disponibile grazie alla ripartizione del carico e allo sfruttamento della sovrapproduzione in particolare delle fonti di energia rinnovabile.
Tra le due è sicuramente più sensato puntare sulla seconda soluzione. In questo caso ogni singolo automobilista con un piccolo investimento può dare il suo contributo installando una colonnina di ricarica intelligente e connessa e, nel prossimo futuro, con l’installazione di una colonnina bidirezionale che permette di trasformare l’auto con batteria di trazione da semplice mezzo di trasporto a powerbank per lo stoccaggio e la messa a disposizione in caso di necessità dell’energia accumulata nei momenti di sovrapproduzione.
Tornando alla considerazione iniziale e partendo dal principio che per ogni veicolo elettrico in circolazione ci deve essere una stazione di ricarica privata a disposizione, oltre alla scelta della nuova auto occorre scegliere il giusto impianto di ricarica. L’importante è non accontentarsi della prima offerta di una wallbox “stupida”, magari meno costosa, ma richiedere una consulenza tecnica professionale e lungimirante che offra soluzioni durevoli nel tempo e adattabili alle mutate esigenze di una mobilità moderna e sostenibile.
Articolo a cura di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-sceta-auto.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-14 08:00:002024-05-14 08:44:06La scelta dell’auto non basta
Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.
In una recente sentenza il Tribunale federale ha dovuto stabilire se una cosiddetta manifestazione per il clima implicasse responsabilità di natura penale. In concreto si è trattato del blocco durato 2 ore dell’ingresso di un centro commerciale a Friburgo.
Il Ministero pubblico ha sostenuto l’accusa per coazione nei confronti dei militanti per il clima. L’articolo 181 del Codice penale prevede che “chiunque, usando violenza o minaccia di grave danno contro una persona, o intralciando in altro modo la libertà d’agire di lei, la costringe a fare, omettere o tollerare un atto, è punito con una pena detentiva sino a tre anni con una pena pecuniaria”.
I giudici hanno pertanto analizzato in tale prospettiva la manifestazione che, come indicato, ha implicato il blocco dell’accesso al centro commerciale. In questa analisi hanno innanzitutto ricordato i principi già precedentemente sviluppati dalla giurisprudenza pertinente. In particolare, hanno ribadito che le autorità devono dar prova di una certa tolleranza nel caso di assembramenti non autorizzati ma non violenti, così da non svuotare della sua sostanza la libertà di riunione. Hanno poi rammentato che i limiti della tolleranza vanno definiti in relazione alle circostanze concrete di ogni caso e non in modo generico e generalizzato. Nella fattispecie concreta è stato possibile appurare che la manifestazione aveva comunque lasciato liberi altri accessi dello stabile permettendo in tal modo alla gente di uscire o entrare per altre vie percorrendo una deviazione di poco conto.
Stando così le cose, hanno concluso i giudici, la pressione esercitata dai manifestanti sui clienti del centro commerciale non ha raggiunto un’intensità sufficiente da arrecare una grave perturbazione alla loro libertà personale parificabile ad una coazione. A queste condizioni non sussiste pertanto alcuna responsabilità penale dei militanti per il clima come invece era stato in passato il caso in relazione al blocco di tre importanti autostrade. (Sentenza 6B_138/2023)
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-Michele-Rossi-ufficiale.jpg20193166Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-13 08:00:002024-05-10 11:28:01Blocco dell’ingresso di un centro commerciale. Nessuna coazione imputabile ai militanti per il clima
Assieme alla rete ferroviaria, quella stradale nazionale è vitale per il buon funzionamento del nostro Paese. La mobilità individuale, quella pubblica, così come quella necessaria alla consegna delle merci, sono possibili unicamente con infrastrutture ferroviarie e stradali moderne ed efficienti.
Entrambe con importanti necessità di manutenzione e sviluppo, la rete stradale nazionale e quella ferroviaria sono oggi in più punti sovraccariche. Quella autostradale, in particolare, pur rappresentando meno del 3% delle strade in Svizzera, assorbe oltre il 40% del traffico privato e il 70% di quello delle merci su strada, garantendo in particolare anche il tragitto tra i grandi centri di smistamento ferroviari e i destinatari.
Nel breve volgere degli ultimi 10 anni, malgrado i chilometri percorsi da tutti i veicoli siano aumentati soltanto del 5,3%, le ore di colonna complessive sono raddoppiate (+ 100%), raggiungendo le 40’000 ore in coda all’anno. E la tendenza, con l’aumento previsto della popolazione e il sempre crescente bisogno di mobilità, tanto su strada, quanto su ferrovia, è di un incremento esponenziale, con quindi l’elevata probabilità che il traffico, in più punti congestionato sulla rete autostradale, alla stessa stregua di quella ferroviaria, si riversi sulle strade cantonali e comunali, all’interno degli agglomerati. Ora, se i necessari investimenti nella ferrovia (garantiti a livello nazionale dal fondo per il finanziamento e l’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria, FIF, approvato in votazione popolare nel 2014) non vengono attaccati per motivi ideologici, raccogliendo quindi il giusto consenso, quelli per il buon funzionamento delle strade nazionali e la risoluzione dei problemi di traffico negli agglomerati (pure garantiti da un fondo federale, FOSTRA, anch’esso approvato dal popolo nel 2017) devono invece, non di rado, superare lo scoglio di posizioni contrarie per principio.
L’ultimo in ordine di tempo è il referendum lanciato da associazioni ambientaliste capeggiate dall’Associazione traffico e ambiente (ATA) e sostenuto da PS e Verdi contro il programma di sviluppo (la cosiddetta “fase di potenziamento 2023”) della rete stradale nazionale concernente cinque progetti maturi per il decongestionamento di tratte correntemente interessate da ingorghi con il conseguente traffico parassitario che si riversa sulle strade di quartiere degli agglomerati limitrofi e quindi con la conseguenza di maggiori rumori, pericoli e inquinamento, che i progetti in questione si propongono invece di migliorare.
Nello specifico, si tratta della costruzione della terza galleria nel tunnel del Rosenberg a San Gallo, della seconda galleria nel tunnel di Fäsenstaub a Sciaffusa, del tunnel del Reno a Basilea, di una corsia supplementare per senso di marcia sul tratto Wankdorf-Schönbühl-Kirchberg a Berna, così come tra Le Vengeron, Coppet e Nyon, nei Cantoni di Ginevra e Vaud.
Dal canto suo, il referendum in questione costituisce una posizione di principio, contro “nuovi investimenti nelle strade”, che – se accolta – verrà replicata con la medesima motivazione ideologica (“basta investire nelle autostrade”) e determinerà il posticipo di tutta la pipeline dei progetti previsti in futuro sangallesi, sciaffusani, basilesi, bernesi, vodesi e ginevrini non lasceranno ovviamente che altri passino davanti ai loro già maturi adesso), fra cui, in coda, ci sono anche quelli che concernono il Cantone Ticino, collegamento A2-A13 (Bellinzona-Locarno) in testa. Quest’ultimo è attualmente in fase di affinamento da parte dell’Ufficio federale delle strade (USTRA), che ha ripreso in buona parte quanto era stato elaborato dal Cantone Ticino per accelerare i tempi. Il risultato confluirà nel progetto generale che dovrà essere approvato dal Consiglio federale e poi inserito definitivamente in uno dei prossimi (si confida il prossimo) programma di sviluppo della rete nazionale con un orizzonte realizzativo per ora previsto al 2040.
Sostenere il referendum in questione, per il quale si andrà al voto il prossimo autunno, oltre che impedire il decongestionamento di importanti arterie stradali e la messa in sicurezza delle strade secondarie su cui il traffico intasato sempre più devierebbe, vuol quindi pure dire mettere a repentaglio i nostri interessi cantonali e segnatamente la realizzazione, finalmente, del collegamento autostradale tra Bellinzona e Locarno, così come altri futuri progetti anche a sud delle Alpi.
Articolo a cura di Simone Gianini, Consigliere nazionale, Presidente ACS Sezione Ticino
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-autostrade.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-10 10:48:502024-05-10 10:48:52Sviluppo della rete autostradale: un referendum che danneggia anche il Ticino
L’orizzonte della tecnologia sanitaria si allarga, cancellando i confini tra fisico e digitale e inaugurando un’era in cui il nostro corpo diventa un’interfaccia vivente.
Dispositivi indossabili e impianti interni ci circondano, monitorando movimenti e battiti cardiaci con precisione, anticipando un futuro dove le nostre funzioni biologiche interagiscono direttamente con il mondo digitale. Questo non è solo in concetto di fantascienza ma l’alba dell’Internet of Bodies (IoB), una rivoluzione tecnologica che si annuncia tanto impattante quanto la scoperta del DNA.
In questo contesto, emergono innovazioni rivoluzionarie come Neuralink, che promette di amplificare le nostre capacità cognitive mediante un’interfaccia diretta tra cervello e computer. Quest’epoca di confini sempre più sfumati tra biologia e tecnologia porta sfide inedite per la nostra privacy e identità personale, specialmente nel settore sanitario dove l’IA sta già trasformando la precisione diagnostica e ottimizzando i trattamenti. L’IA, unita alle potenzialità dell’IoB di fornire monitoraggi in tempo reale e terapie personalizzate attraverso l’analisi di dati biologici, getta le fondamenta per un approccio alla cura sempre più preciso e personalizzato. Tuttavia, è essenziale riconoscere che, al di là dell’automazione e della precisione dei dati, il giudizio finale spetta sempre all’esperto clinico, il cui ruolo rimane centrale e insostituibile nel processo decisionale clinico.
Questo nuovo paradigma di salute digitale solleva interrogativi critici su privacy, etica, sicurezza e proprietà dei dati personali, richiedendo una riflessione profonda su come navigare le acque di questa rivoluzione tecnologica senza compromettere i diritti fondamentali dell’individuo. Queste sfide si fanno ancor più pressanti di fronte all’emergere di tecnologie pionieristiche quali Neuralink, che quest’anno ha inaugurato una nuova era con l’impianto del primo dispositivo BCI (Brain Computer Interface) su un paziente, spostando i confini del possibile verso ambiti un tempo considerati pura fantascienza. In questo scenario emergente che si spinge alle frontiere dell’etica, si comincia a delineare una distinzione tra gli esseri umani “1.0”, ovvero quelli non modificati o potenziati tecnologicamente, e gli “umani 2.0”, individui che incorporano tecnologie avanzate per estendere le proprie capacità fisiche e cognitive.
Questa dicotomia solleva questioni etiche fondamentali, interrogandoci su cosa significhi veramente essere umani in un’epoca di profonda trasformazione digitale.
La “Cognizione Collettiva”, un concetto che descrive una nuova forma di intelligenza e di connessione tra individui mediata dalla tecnologia, ad esempio, sta diventando una realtà sempre più tangibile, richiedendo una riflessione critica sul nostro futuro collettivo. Nell’affrontare questa accelerazione dell’innovazione tecnologica, le normative come la LPD, il GDPR e l’EU AI Act sono state create e adattate per cercare un equilibrio tra il progresso tecnologico e la tutela dei diritti individuali. Introducendo standard elevati per la gestione dei dati personali, in particolare quelli sensibili come i dati sanitari, queste leggi riflettono il tentativo di armonizzare l’avanzamento tecnologico con i principi etici e sociali, enfatizzando l’importanza di adottare approcci come il “privacy by design” e il “privacy by default”.
Questi principi non rappresentano solo una risposta alle complessità etiche emergenti, ma diventano parte integrante dell’innovazione responsabile, puntando a un rispetto completo della persona. All’interno del settore sanitario, questa evoluzione normativa si traduce in un cambiamento importante nell’approccio al trattamento dei dati sensibili, stimolando un’avanzata collaborazione tra pazienti, professionisti sanitari e legislatori. La pratica medica si adatta non solo agli obblighi normativi ma rafforza la fiducia, elevando strumenti come il consenso informato oltre la mera burocrazia per migliorare trasparenza e protezione dei diritti nell’era digitale. In questo contesto, l’Internet of Bodies, l’intelligenza artificiale e le interfacce cervello-computer (BCI) catalizzano la transizione verso cure mediche altamente personalizzate, richiedendo norme che superino la mera conformità burocratica per favorire un’innovazione etica e centrata sull’individuo.
Così, l’avanzamento legislativo, guidato dalle sfide poste dalle nuove tecnologie sanitarie, emerge non solo come risposta alle necessità di conformità ma come componente fondamentale di un futuro dove ogni innovazione tecnologica è al servizio del benessere collettivo, preservando i valori fondamentali di rispetto e dignità personale.
Articolo di Baroum Mrad MLaw, CAS-DPO HSG, Data Protection Officer, EOC
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-sanitafuturo.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-08 10:54:492024-05-10 10:55:36Sanità del futuro: tra innovazione tecnologica e diritti individuali
La legge svizzera impone alle aziende di mettere in atto un sistema di registrazione della durata del lavoro e comporta, in modo generale, un obbligo per i lavoratori di registrare il loro tempo di lavoro. Di seguito verrà spiegato quali sono i collaboratori che non devono sottostare a questa norma o che lo sono parzialmente e come procedere per rinunciare alla registrazione dell’orario di lavoro o per mettere in atto una registrazione semplificata.
Quadro normativo
La legge sul lavoro (art 46 LL) impone al datore di lavoro di mettere a disposizione delle autorità di sorveglianza i registri o i giustificativi contenenti le informazioni necessarie all’esecuzione di questa legge e delle relative ordinanze. L’ordinanza 1 relative alla legge sul lavoro (art 73 OLL1) precisa che i registri e i giustificativi devono indicare la durata quotidiana e settimanale del lavoro fornito (lavoro compensativo e supplementare incluso), le coordinate temporali (ore di inizio e fine del lavoro), gli orari e la durata delle pause di una durata uguale o superiore alla mezz’ora.
Registrazione semplificata
Nel quadro della registrazione semplificata (art 73 b OLL1) solo la durata giornaliera del lavoro fornito deve essere presa in considerazione: non è dunque necessario precisare i periodi di lavoro e di risposo, eccezion fatta per il lavoro domenicale e notturno. È altresì possibile creare un sistema di registrazione semplificata per i collaboratori che possono determinare in modo autonomo una parte significativa del loro orario lavorativo. Secondo la SECO (Segretaria di Stato per l’Economia) i lavoratori che potrebbero sottostare a questa misura sono coloro che possiedono una flessibilità tale da organizzare e fissare almeno un quarto dei loro orari di lavoro (valore indicativo). L’esistenza di orari flessibili non è sufficiente.
Il criterio è soddisfatto quando gli orari fissati non sorpassano il 75% del tempo di lavoro totale e quando l’autonomia del lavoratore non è limitata da altre esigenze (es. riunioni obbligatorie o viaggi d’affari).
Al fine di instaurare la registrazione semplificata occorre concludere un accordo collettivo con i rappresentanti dei lavoratori dell’azienda (commissione del personale) o con un sindacato (oppure in mancanza di ciò con la maggioranza dei lavoratori dell’azienda). Questo accordo deve indicare:
quali categorie di lavoratori sottostanno alla registrazione semplificata;
prevedere disposizioni particolari per garantire il rispetto della durata del lavoro e del tempo di riposo (es. blocco delle e-mail durante la notte e la domenica);
una procedura paritaria che permetta di verificare il rispetto dell’accordo.
Nelle aziende che impiegano meno di 50 dipendenti è possibile concludere un accordo individuale per iscritto. Quest’ultimo deve menzionare le disposizioni relative alla durata del lavoro e del riposo. Inoltre, l’azienda deve organizzare un colloquio di fine anno sul carico di lavoro e registrarne il contenuto. Anche se un accordo è stato concluso, il datore di lavoro è tenuto a fornire uno strumento adeguato alla registrazione dell’orario di lavoro, perché i dipendenti restino liberi di registrarlo.
Rinuncia alla registrazione
È consentita la rinuncia alla registrazione dell’orario di lavoro se sono soddisfatte cumulativamente quattro condizioni (art. 73a OLL1). Innanzitutto, la rinuncia deve essere stipulata in un contratto collettivo di lavoro (CCL), sottoscritto dalle parti sociali. Questo CCL deve essere sottoscritto dalla maggioranza delle organizzazioni rappresentanti i lavoratori, in particolare nell’azienda o nel settore, e prevedere misure specifiche per garantire la tutela della salute e assicurare il rispetto della durata del riposo fissata dalla legge. Deve includere, inoltre, l’obbligo del datore di lavoro di designare un responsabile o un servizio interno che si occupi delle questioni relative alla durata del lavoro. In secondo luogo, i lavoratori interessati devono disporre di grande autonomia nel loro lavoro e poter fissare, nella maggior parte dei casi, il proprio orario di lavoro. In terzo luogo, questi dipendenti devono ricevere uno stipendio annuo lordo superiore a CHF 120’000.- (ev. bonus inclusi) o la quota corrispondente in caso di lavoro a tempo parziale. In quarto luogo, deve essere concluso un accordo scritto individuale con ciascun dipendente dove viene indicata la rinuncia alla registrazione del proprio orario di lavoro. Questo accordo è revocabile ogni anno. In caso di rinuncia alla registrazione dell’orario di lavoro, il datore di lavoro deve mettere a disposizione delle autorità gli accordi individuali di rinuncia nonché un registro dei lavoratori che hanno rinunciato alla registrazione della durata del loro lavoro.
Quadri superiori e/o dirigenti
I lavoratori che ricoprono una posizione dirigenziale non sono soggetti alla normativa alla legge sul lavoro sul lavoro (art. 3 lett. d LL) e quindi non sono assoggettati all’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro. Sono considerati tali i soggetti che, in ragione della loro posizione e responsabilità e date le dimensioni dell’azienda, dispongono di un significativo potere decisionale, o sono in grado di influenzare fortemente le decisioni importanti riguardanti, in particolare, la struttura, l’attività commerciale e lo sviluppo di un’azienda o di una parte di azienda (art. 9 OLL1). La nozione di “alta funzione dirigenziale” è interpretata in modo restrittivo dalla giurisprudenza (v. sentenza del Tribunale Federale ATF 126 III 337 c. 5).
Fonte: articolo di Kathia Pauchard, apparso su “ECHO”, rivista della Camera di commercio e dell’industria di Friborgo, nr 1, marzo 2024. Traduzione ed adattamento Cc-Ti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-tempo-lavoro.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-07 11:02:002024-05-10 11:03:56Registrazione dell’orario di lavoro: chi può essere dispensato?
Un’ondata di licenziamenti sta investendo la Svizzera, una situazione articolata per le persone colpite ma anche per quelle che restano in azienda. Come motivarle nonostante l’oggettiva complessità di simili situazioni?
I produttori di cioccolato stanno tagliando migliaia di posti di lavoro, Migros vuole ridimensionarsi contraendosi di centinaia di unità, i dipendenti di Sunrise devono lasciare il loro posto di lavoro e quasi tutte le aziende del settore dei media sono oggi più che mai in fermento per non parlare dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. In azienda, nella maggior parte dei casi, pochi sanno in anticipo chi sarà colpito da un taglio o una riorganizzazione. La calma prima della tempesta è una brutta cosa; l’incertezza che precede l’annuncio di licenziamenti riguarda tutti, le voci girano e la tensione nell’aria è palpabile finché non arriva il giorno X e diventa chiaro chi deve restare e chi deve andarsene. Questo giorno è spiacevole per tutti indistintamente, anche l’esperienza della perdita del lavoro di un collega non lascia indifferenti. Per coloro che restano, un evento simile evoca emozioni contrastanti: da un lato sollievo perché la sorte li ha risparmiati ma grande senso di colpa perché la collega o il collega devono andarsene e loro no.
Nella psicologia organizzativa
Questa situazione è nota come “sindrome del sopravvissuto sul posto di lavoro”. In altre parole, chi rimane si sente un sopravvissuto: sono queste persone a dover fare i conti con la nuova situazione e la conseguente riorganizzazione dei compiti. E spesso vengono trascurati nel contesto dei licenziamenti di massa, poiché l’attenzione si concentra solo su coloro che devono andarsene; di chi resta, normalmente non si occupa nessuno. Le sfide che attendono chi vive questa specie di lutto sono enormi, il carico di lavoro aumenta perché chi esce è solitamente assente da un giorno all’altro e coloro che rimangono devono portare a termine compiti in sospeso occupandosi a volte di progetti di cui spesso non hanno molte conoscenze. Queste persone sono anche frustrate perché i processi non funzionano più, gli errori e i ritardi aumentano e la montagna di lavoro non diminuisce come accadrebbe se tutti fossero ancora presenti. Tutto ciò riduce la motivazione delle persone; se l’umore era in generale già basso prima, ora tende a peggiorare ulteriormente. In casi estremi, si può persino arrivare al punto che coloro che sono ancora in azienda si dimettono “interiormente”, fanno solo lo stretto necessario e spesso ne consegue un esodo spontaneo di coloro che nei piani aziendali avrebbero dovuto restare.
Uno influenza l’altro
Chi rimane guarda con attenzione a come l’azienda gestisce gli esuberi. Il modo in cui viene gestito un licenziamento, una dismissione di gruppo, l’eventuale accompagnamento in transizione di carriera, sono tutti indicatori per chi rimane di quanto il datore di lavoro apprezzi e valorizzi i propri dipendenti. Se la procedura è condotta in modo equo e rispettoso, genererà fiducia tra i dipendenti rimanenti; ma questo da solo non basta; ci sono due questioni predominanti per coloro che sono rimasti: essi stanno affrontando il dolore dei loro colleghi che sono stati licenziati, e allo stesso tempo loro stessi sono ansiosi e incerti su ciò che accadrà in seguito. È importante riunire tutti e avviare una comunicazione aperta, trasparente e onesta. Coloro che restano hanno bisogno di certezze e indicazioni; la cosa migliore da fare sarebbe annunciare che non sono previste ulteriori misure riorganizzative per i prossimi dodici mesi, ad esempio. Naturalmente, questo purtroppo non è sempre possibile, soprattutto perché di solito tutto è ancora in divenire. Ma è essenziale comunicare onestamente, perché altrimenti si abbassa drasticamente la motivazione di chi resta.
La cosa peggiore che si possa fare è non dire apertamente la verità
Le persone hanno bisogno di un’ancora e di prospettive per il futuro, altrimenti restano bloccate nella paura. Lo si vede alla macchinetta del caffè in pausa: è qui che i dipendenti rimasti discutono, e ogni parola detta dai loro superiori viene ascoltata e interpretata con estrema attenzione. Se un’azienda non comunica o comunica male, le voci si diffondono e queste aumentano l’incertezza e nessuno sa più cosa sia vero. Ecco perché le aziende devono fare un annuncio chiaro, anche solo per dire quando verranno prese le prossime decisioni.
Alle persone che restano in azienda serve “resilienza”
Si tratta di quella forza interiore utile ad affrontare il cambiamento, serve anche illustrare loro le varie fasi emotive che attraversano e come uscirne. Una comprensione di cosa stia accadendo a livello psicologico aiuta a meglio controllare la propria reazione; creare una calma interiore consente una discussione obiettiva per esaminare le procedure, stabilire nuovi processi e pianificare il futuro. I dipendenti devono poter dire la loro: in workshop di gruppo, i manager di linea possono dare ai propri collaboratori l’opportunità di essere coinvolti e di contribuire alla definizione dei nuovi processi. In particolare, i supervisori e i team leader – e non solo il top management devono dedicare del tempo ai propri collaboratori. Ascoltare le loro preoccupazioni, discuterne con loro il più possibile e prendere sul serio i loro feedback e le loro obiezioni. Perché solo chi sente di essere preso sul serio farà un buon lavoro e contribuirà a traghettare l’azienda verso il futuro.
Articolo apparso il 31.03.2024 su www.handelszeitung.ch con un’intervista di Tina Fischer a Pascal Scheiwiller, CEO di von Rundstedt & Partner Schweiz AG. Traduzione ed adattamento a cura di Marco Costantini, Managing Director von Rundstedt & Partner Lugano.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-sindrome.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-06 11:21:492024-05-10 11:23:15La “sindrome del sopravvissuto”… sul posto di lavoro
Approvata in via definitiva l’introduzione di reati e sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’UE.
Il Consiglio dell’UE ha approvato in via definitiva il testo della direttiva europea che introduce reati e sanzioni per la violazione o l’elusione delle misure restrittive dell’UE e modifica la direttiva (UE) 2018/1673. La nuova direttiva (UE) 2024/1226, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 29 aprile 2024 ed entrerà in vigore 20 giorni più tardi. Gli Stati membri avranno 12 mesi per recepirne le disposizioni nel diritto nazionale.
Azioni come aiutare a eludere un divieto di viaggio, commercializzare beni oggetto di misure restrittive o effettuare attività finanziarie vietate saranno considerate reati in tutti gli Stati membri (art. 3). Anche l’istigazione, il favoreggiamento e il concorso in tali reati saranno punibili (art. 4).
Gli Stati membri dovranno garantire che la violazione delle misure restrittive dell’UE sia punibile con sanzioni penali effettive , proporzionate e dissuasive, diverse a seconda del reato. Le sanzioni per persone fisiche prevedono, tra gli altri, pene pecuniarie e detentive, ritiro di permessi e autorizzazioni, divieto di candidarsi a cariche pubbliche (art. 5). Le persone giuridiche potranno essere ritenute responsabili qualora un reato sia commesso da una persona che occupa una posizione preminente in seno all’organizzazione. In tali casi, le sanzioni potrà comprendere l’interdizione di esercitare un’attività commerciale e il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all’esercizio delle attività economiche così come pene pecuniarie fino ad un massimo del 5 % del fatturato globale totale o di 40 milioni di euro (artt. 6-7).
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