Start-up ed export

Accesso ai mercati esteri: l’importanza di una strategia ben definita già in fase iniziale

L’export è fondamentale per le aziende svizzere, siano esse start-up, micro imprese, PMI o società più grandi.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio chiave emerso dall’evento tenutosi online il 16 novembre, co-organizzato dalla Cc-Ti, insieme a USI, SUPSI, CP Start-up, Switzerland Global Enterprise, con il sostegno di Innosuisse – Swiss Innovation Agency.

Benché ogni azienda (a dipendenza della fase che sta vivendo – neocostituita, in espansione, consolidata, ecc.) attribuisca un’importanza diversa alle attività di esportazione, guardare con un occhio di riguardo “oltre i confini” elvetici resta un elemento imprescindibile per lo sviluppo del business.

L’evento si è svolto in streaming e vi hanno assistito una sessantina di partecipanti. Per la Cc-Ti hanno preso parte all’evento il Vice-Direttore Michele Merazzi, con Martina Grisoni e Giulia Scalzi, Responsabili del Servizio Export.
Sono intervenuti anche Francesco Lurati e Alcide Barberis del CP Start-up e Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise. L’evento è poi proseguito con una testimonianza concreta di un’azienda: Giuseppe Perale di IBI SA ha parlato dell’approccio con le esportazioni e i mercati esteri.

In conclusione, sono emerse numerose domande e riflessioni da parte dei partecipanti, a cui i relatori hanno prontamente risposto fugando ogni dubbio sul tema.
Interessante sottolineare che l’evento in streaming non ha limitato l’interazione tra gli iscritti, anzi, lo scambio di informazioni è stato vivace e interessante.

I relatori della Cc-Ti: Giulia Scalzi, Martina Grisoni e Michele Merazzi

Un’idea chiara per una strategia vincente

Definire un piano di sviluppo e crescita aziendale, con un business plan determinato, e intraprendere i passi necessari per concretizzare la propria idea.

La scalabilità dell’offerta e l’apertura ai mercati esteri sono fondamentali anche in questa fase di previsione e preparazione. È possibile che inizialmente le risorse non permettano grandi manovre o che le priorità strategiche stabilite vadano in altre direzioni (convogliate sul mercato interno, ad esempio).

Comprendere i processi legati all’internazionalizzazione resta importante per le start-up (come pure per le imprese attive sul territorio), così come la conoscenza dei partner, degli attori coinvolti nelle fasi cruciali e dei loro servizi (Camere di commercio e dell’industria, Switzerland Global Enterprise, altre istituzioni, enti, aziende, …).


Per ogni informazione la Cc-Ti, attraverso il Servizio Export, è a disposizione. Contattateci.

Novità in materia di accordi di libero scambio

Accordo tra AELS-Ecuador e tra Ucraina e Georgia. Alcuni dettagli in merito.

Con la conclusione degli accordi di libero scambio (ALS), la Svizzera mira a garantire alle PMI un migliore accesso ai mercati. L’attuale rete (oltre 30 accordi) si arricchisce ora di un nuovo trattato, quello tra AELS ed Ecuador, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Tale accordo ha un vasto campo di applicazione: infatti, non solo promuove gli scambi commerciali regolando le norme di origine, le misure di salvaguardia commerciale, le barriere tecniche al commercio e le misure sanitarie e fitosanitarie, ma disciplina anche il commercio dei servizi, gli investimenti, la protezione della proprietà intellettuale e gli appalti pubblici.

Gli scambi commerciali con la Nazione sudamericana sono relativamente limitati: nel 2019 le esportazioni svizzere ammontavano a 100 milioni di franchi, soprattutto prodotti chimico-farmaceutici e macchinari e le importazioni si attestavano a 313 milioni di franchi, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente dovuto all’aumento delle importazioni di oro. Questo accordo è tuttavia importante per l’export svizzero nella regione in quanto prevede il cosiddetto “cumulo dell’origine” con materiali originari da Colombia e Perù (con cui l’AELS ha accordi separati) favorendo l’ottenimento della condizione di “merce di origine preferenziale” necessaria per uno sgravio dai dazi.

Il 26 marzo 2020 è inoltre entrato in vigore anche l’ALS tra Ucraina e Georgia. In che modo questo accordo tocca anche la Svizzera? La Confederazione dispone di ALS sia con l’Ucraina (dal 2012) sia con la Georgia (dal 2018) e in tali accordi sono definite norme di origine identiche che rendono possibile il “cumulo dell’origine”. Come nel caso sopra esposto, questo amplia notevolmente la possibilità di ottenere l’origine preferenziale e una (parziale) esenzione daziaria.

La conoscenza dei regimi preferenziali e delle possibilità di esenzione dai dazi doganali è di fondamentale importanza per le nostre aziende, Cc-Ti e S-GE si impegnano quindi a diffondere al meglio tali informazioni e restano a disposizione per approfondimenti.


Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Questionario di autovalutazione per PMI

Lanciato il questionario per le PMI nell’ambito delle iniziative Cc-Ti per la CSR – Corporate Social Responsibility

Il tema della CSR, acronimo inglese di Corporate Social Responsibility, è sempre più d’attualità.

La recente pandemia ha cambiato in maniera significativa le nostre abitudini incrementando il lavoro da casa. “Smartworking” e “Home office” sono i termini che molte delle nostre imprese hanno cominciato a conoscere meglio, ma il concetto di CSR è molto più ampio. Comprende ad esempio la sensibilità ambientale per ridurre l’impatto che le aziende hanno sul territorio in termini di gestione dei rifiuti e consumi energetici. Vi sono però anche la razionalizzazione dei trasporti e degli spostamenti, la conciliabilità lavoro-famiglia promossa anche attraverso le misure sociali introdotte dalla riforma cantonale fiscale e sociale, accettata in votazione popolare nell’aprile 2018. Oppure la prossima introduzione nella LC-Pubb di criteri di responsabilità sociale per quelle imprese che partecipano ai bandi d’appalto pubblici. Il tema CSR è molto ampio e per le grandi aziende è gestibile con relativa facilità. Per le piccole e medie aziende è invece spesso più complicato, per cui abbiamo deciso di creare uno strumento ritagliato soprattutto sulle esigenze delle imprese di piccole e medie dimensioni, per facilitare il loro approccio al tema della CSR.

La nostra annuale Inchiesta congiunturale del 2019 ha portato alla luce un fatto interessante e cioè che molte imprese ticinesi attuano già delle buone pratiche riferite alla CSR, situandosi nella media di quanto fanno gli altri cantoni. Questo avviene spesso in maniera quasi inconscia e automatica nel lavoro quotidiano. Per questo motivo, in collaborazione con la SUPSI, abbiamo elaborato un questionario semplice e intuitivo che permette alle aziende di fare rapidamente il punto sulla loro situazione rispetto ai temi della CSR.

Il questionario si compone di 18 domande sui temi principali della CSR, cioè governance, ambiente e aspetti sociali. Compilando il formulario si riceve un’immediata valutazione con un determinato punteggio che indica la situazione aziendale e formula suggerimenti utili alle aziende per rafforzare misure già esistenti o prevederne altre. Il tutto si svolge online.

Il questionario è disponibile da oggi sul sito della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino.
La compilazione del formulario non ha termini di scadenza e sarà sempre a disposizione. Ciò permetterà alle aziende di verificare lo stato dei loro progressi, aggiornando i dati sulla base dell’evoluzione della loro situazione.

Analisi dei dati

I dati inseriti nel formulario daranno la possibilità alle aziende di avere un’autovalutazione immediata sotto forma di punteggio, ma serviranno anche alla Cc-Ti per valutare e implementare misure a favore delle imprese. I dati saranno aggregati e trattati nel pieno rispetto della Legge federale sulla protezione dei dati (LPD). L’analisi dei dati verrà effettuata periodicamente, in collaborazione con la SUPSI.

A medio termine, i dati serviranno anche a realizzare un modello di “Rapporto di sostenibilità” che sarà poi a disposizione dei soci della Cc-Ti.

Il questionario è riservato a imprese che operano in Ticino nei settori del commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi con un numero di collaboratori superiori a due unità. Pertanto i dati da raccogliere riguardano esclusivamente le sedi presenti sul territorio e le loro attività. La raccolta dati non riguarda imprese individuali, enti pubblici e associazioni del terzo settore.

Ulteriori informazioni, anche sulla compilazione del formulario, possono essere richieste contattandoci al seguente indirizzo: csr@cc-ti.ch

Per le imprese affiliate alla Cc-Ti che intendono approfondire il tema, il CSR Manager della Cc-Ti Gianluca Pagani (pagani@cc-ti.ch) è a disposizione per una consulenza.

Valutate l’approccio della vostra azienda in tema CSR grazie al nostro questionario che troverete a questo link!

Impedire la cibercriminalità: manuale per PMI

Un’interessante pubblicazione destinata alle aziende, edita dalla Polizia cantonale

La digitalizzazione apre nuove opportunità di crescita e possibilità d’impiego per l’economia. Ciò significa pure, tuttavia, una crescente dipendenza da una funzionante infrastruttura informatica digitale. Determinati criminali ne approfittano in pieno. Dall’azienda artigianale fino a grandi imprese con parecchie migliaia di collaboratori – ognuno ne può essere vittima. Già il 40 percento delle imprese svizzere che hanno partecipato a un’inchiesta hanno indicato di avere sofferto di cibercriminalità Nei fatti, non soltanto possono finire offline i siti web, ma può rimanere colpita l’intera rete informatica di un’impresa. Il più delle volte le imprese subiscono danni finanziari e in molti casi vengono rese pubbliche anche informazioni riservate.

Tutte le informazioni sulla prevenzione dei crimini informatici e del manuale per PMI sono disponibili qui.

La Responsabilità sociale delle imprese dal punto di vista degli ingegneri e degli architetti

Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti, ha partecipato a una conferenza sul tema, illustrando i punti chiave della CSR.

La CSR, secondo la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), costituisce una manifestazione della volontà delle imprese di gestire l’impatto sociale e ambientale delle loro attività. Per la Confederazione, si tratta di un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile, o ancora «la responsabilità delle imprese per gli impatti che hanno sulla società». L’elemento distintivo della CSR è dunque quello di affiancare alla responsabilità economica anche una responsabilità sociale, che crea valori tangibili e intangibili, per tutto ciò che ruota intorno all’azienda. Valori che permettono un’evoluzione positiva per l’impresa, per le persone, per il territorio e per l’ambiente.

Nell’ambito del mondo della costruzione, il legame con la componente ambientale legata alla riduzione del consumo di energia del concetto CSR è oggi riconosciuto e in un certo senso anche abbastanza sviluppato. Si può affermare che la necessità di progettare edifici che limitano i consumi energetici è già oggi una consapevolezza per gli addetti ai lavori.

Lo scopo della tavola rotonda è stato quello di ampliare la conoscenza della definizione di sostenibilità, nozione cardine codificata nella Costituzione federale (art. 73 e art. 89 cpv. 5) e cantonale (Preambolo), inglobando anche gli altri due elementi della CRS, ossia l’aspetto economico e l’aspetto sociale. Durante la serata vi è stata l’opportunità di comprendere come le istituzioni, i rappresentanti dell’economia e della formazione si pongono rispetto a questo tema, quali risultati hanno già prodotto e quali sono gli obiettivi e le visioni che intendono perseguire.

Per quanto riguarda degli ingegneri e degli architetti, il loro ruolo per rapporto alla CSR può essere esaminato da angolazioni diverse. Una in qualità di azienda e in quest’ottica le domande che ci si potrebbe porre sono quelle a sapere che cosa deve fare uno studio al proprio interno per agire in modo socialmente responsabile. L’altra è quella di consulente del committente (sia pubblico, sia privato), il quale deve aiutare il proprio mandante a costruire in modo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

I relatori sono stati: On. Raffaele De Rosa, Consigliere di Stato e Direttore DSS; Gianluca Pagani, CSR manager Cc-Ti; Jenny Assi, Docente e ricercatrice SUPSI ; Marco Del Fedele, Architetto e Presidente OTIA. L’evento è stato moderato da Walter Bizzozero, Architetto e membro del Consiglio OTIA.

Fonte: sito OTIA


Video dell’evento

Rischio aziendale e pandemia

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Ci sono situazioni in cui l’attività lavorativa non è possibile.

In alcuni casi l’impossibilità riguarda la persona del lavoratore come ad esempio la malattia, l’infortunio, le assenze per servizio militare, …Ma altre fattispecie toccano invece la sfera del datore di lavoro. L’art. 324 del Codice delle obbligazioni regola proprio queste situazioni.

La legge recita:

“se il datore di lavoro impedisce per sua colpa la prestazione del lavoro o è altrimenti in mora nell’accettazione del lavoro, egli rimane tenuto al pagamento del salario, senza che il lavoratore debba prestare ulteriormente il suo lavoro”.

Concretamente quando può verificarsi una simile situazione? Ad esempio quando il datore di lavoro non mette a disposizione dei dipendenti le necessarie infrastrutture produttive o gli strumenti di lavoro. Oppure quando ha omesso di chiedere, e pertanto di ottenere, una necessaria autorizzazione per svolgere l’attività in questione. Se, in questi casi, i dipendenti manifestano la loro disponibilità al lavoro, ma l’attività, per i motivi sopra citati, non può essere svolta, ecco che hanno ugualmente diritto al salario.

Lo stesso vale per il cosiddetto rischio economico e per il rischio aziendale, entrambi a carico del datore di lavoro. Il rischio economico riguarda il caso in cui il lavoro è tecnicamente possibile ma non è utile/opportuno per ragioni prettamente economiche (ad esempio il crollo dei prezzi). Il rischio aziendale è invece quello inerente all’attività dell’azienda del datore di lavoro. Come detto, in simili situazioni il datore di lavoro non può rifiutarsi di versare il salario.

E in caso di pandemia cosa succede? Si tratta di una situazione appena vissuta che ha generato importanti limitazioni delle attività economiche, anche nel nostro Cantone. Ora, già nel mese di febbraio la Segreteria di Stato dell’economia – SECO, in una sua comunicazione ufficiale, ha ritenuto che “…la comparsa inaspettata del nuovo coronavirus e dei suoi effetti non rientri nella sfera comune del rischio aziendale…”.

Questa situazione di crisi è comunque stata affrontata con la concessione delle indennità per il lavoro ridotto, qualora fosse dato un nesso causale tra diminuzione del lavoro e crisi sanitaria.

Il Carnet ATA: il passaporto per le merci

Il Carnet ATA è una combinazione di termini francesi “Admission temporaire” ed inglesi “Temporary Admission”. Questo documento doganale ufficiale viene definito come il passaporto per le merci.

L’idea di un regime di ammissione di franchigia per i campioni era già stata elaborata su base bilaterale tra Austria e Svizzera, regime che entrò in vigore tra i due Paesi nel febbraio del 1954. In accordo fu creata la prima Convenzione, con la documentazione Carnet ECS (dal francese “Echantillons Commerciaux”) che andava a sostituire qualsiasi deposito o garanzia per i dazi e gli oneri all’importazione. A seguito del successo del Carnet ECS seguì il Carnet ATA, visto come una versione aggiornata a quella precedente.

Tra il 1950 e il 1970 vi è stato un incremento nel numero di Convenzioni internazionali, raccomandazioni, accordi e altri strumenti sull’ammissione temporanea, ciò ha creato molta confusione per la comunità imprenditoriale internazionale, complicando molto il lavoro delle dogane. Nei primi anni ‘90, l’Organizzazione Mondiale delle Dogane ha deciso di istituire una Convenzione Mondiale sull’ammissione temporanea (Convenzione di Istanbul) con lo scopo di semplificare ed armonizzare i regimi doganali, in particolare la creazione di uno strumento internazionale unico che raggruppi tutte le convenzioni già esistenti in ambito di esportazione temporanea. La Convenzione riguardo all’ammissione temporanea è stata conclusa a Istanbul il 26 giugno 1990 ed è quindi entrata in vigore il 27 novembre del 1993 in lingua inglese e francese con depositario l’Organizzazione Mondiale delle Dogane. Il Carnet ATA è gestito in congiunta dalla World Customs Organization (WCO) e dalla International Chamber of Commerce (ICC).

Ciascun allegato della Convenzione di Istanbul autorizza l’esportazione temporanea di merci per uno scopo preciso come:

  • Esposizioni, fiere e congressi
  • Materiale professionale
  • Campioni commerciali

Il Carnet ATA comprende una copertina rigida anteriore e una posteriore e vari fogli interni, di diversi colori, per le operazioni di esportazione e re-importazione nel Paese di origine, per le operazioni di transito attraverso nazioni terze e per le operazioni doganali nella nazione di arrivo. Ogni autorità doganale coinvolta trattiene la parte inferiore dei fogli di sua competenza (volet), timbrandone la parte superiore che rimane sempre nel Carnet ATA (souche).

Tutte le merci che vengono importate temporaneamente in un territorio, in esenzione di dazi e tasse all’importazione e senza proibizioni o restrizioni di carattere economico, devono essere riesportate entro un anno dalla data di emissione del Carnet ATA. Inoltre, durante la loro permanenza nel Paese estero le merci non devono subire nessun cambiamento fisico o di stato, nemmeno una semplice riparazione.

Utilizzando il Carnet ATA per l’esportazione temporanea si può facilitare agli operatori l’accesso alle disposizioni internazionali vigenti e contribuire in modo efficace allo sviluppo del commercio internazionale e di altre forme di scambi commerciali. Inoltre esso garantisce una maggiore semplificazione dei regimi doganali, facilitando così l’esportazione temporanea di merce all’estero, armonizzando le svariate procedure, proseguendo obiettivi di carattere economico, umanitario, culturale, sociale e turistico, come l’esportazione di opere d’arte, sculture, o perfino cavalli iscritti a competizioni sportive, come pure veicoli ad uso su pista.

Un documento simile è il Carnet CPD, utilizzato solamente per le esportazioni temporanee a Taiwan e un certo numero di Paesi ATA tra cui la Svizzera. Questo documento viene rilasciato dalla Camera di commercio e le condizioni per il suo uso sono identiche al Carnet ATA.

Per poter richiedere un Carnet ATA bisogna contattare la propria Camera di commercio, che vi indirizzerà sul portale www.ataswiss.ch, la pagina sulla quale si possono richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account.

www.ataswiss.ch è accessibile 24 h su 24 h, sette giorni su sette. Una volta effettuato il log-in, si può iniziare, in modo semplice e pratico, la compilazione del documento ATA.

Bisogna inserire i propri dati personali e una dettagliata descrizione della merce che si vuole esportare temporaneamente. In seguito la Camera di commercio competente potrà stampare il Carnet ATA e prendere contatto con il titolare.

Una volta in possesso del Carnet ATA il titolare deve recarsi alla dogana commerciale per l’apertura del Carnet. Questa procedura deve essere effettuata solamente alla prima uscita, per tutti i transiti successivi ci si può recare alla dogana turistica. Molto importante e da mai dimenticare è far timbrare il documento ATA ad ogni valico doganale, sia all’esportazione dalla Svizzera come pure all’importazione nel Paese estero.

Occorre ripetere la stessa procedura al rientro dal proprio viaggio, in particolar modo alla riesportazione dal Paese estero e alla reimportazione in Svizzera. Ogni viaggio deve contenere quattro timbri doganali, i viaggi con il Carnet ATA sono illimitati. Nel momento in cui tutta la merce esportata temporaneamente rientra in Svizzera in modo definitivo, senza aver subito dei cambiamenti e il Carnet ATA non serve più bisogna riportarlo o spedirlo alla propria Camera di Commercio per il controllo e la chiusura definitiva.

Info dirette: www.cc-ti.ch/carnet-ata e www.ataswiss.ch

 

Mercati emergenti – consulenti a disposizione delle PMI

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), unitamente alle Camere di commercio e dell’industria romande, ha varato un importante progetto a favore delle PMI. Lo scopo è di sostenere le PMI nell’ambito dell’export, soprattutto sui mercati considerati emergenti, che presentano a volte difficoltà maggiori rispetto a mercati considerati più “tradizionali”.

Questo sostegno avviene prevedendo percorsi differenziati a dipendenza delle esigenze delle singole aziende e delle varie realtà cantonali. La scelta di orientarsi prevalentemente alle economie dei paesi emergenti è data anche dal fatto che esse rappresentano dal 2016 oltre il 65% della ricchezza mondiale e, nonostante la crisi del coronavirus, il PIL della Cina da solo probabilmente supererà quello degli Stati Uniti prima del 2025. Si tratta di paesi che sono considerati i principali partner commerciali sia per l’Unione Europea che per la Svizzera.

All’origine dell’iniziativa vi è la Camera di commercio e dell’industria di Ginevra (CCIG) che, da questo mese di settembre ha attivato una collaborazione con l’Alta scuola di gestione ginevrina nel quadro del programma di formazione di “International Business Management”. Nell’ambito di tale programma hanno preso avvio per il 2020-21 due nuovi servizi concordati proprio tra le scuole e i nostri colleghi ginevrini, con il supporto del Centro di competenze digitali presso l’Università di scienze applicate della Svizzera occidentale. Si tratta di:

  • Export +: che prevede lo svolgimento di uno studio esplorativo preliminare di un progetto di esportazione – sia che si tratti di una questione commerciale e/o di investimento.
  • Export ++: che contempla la fornitura, attraverso una piattaforma digitale, di servizi commerciali, legali, finanziari e logistici che consentono alle PMI di trovare clienti in mercati emergenti di difficile accesso.

Due esperti senior in commercio internazionale e mercati emergenti, nonché una dozzina di giovani consulenti junior che seguono il corso di specializzazione saranno a disposizione delle PMI interessate presso la Geneva School of Management (HEG-Ge) per definire quale sia la maniera migliore di procedere per le singole aziende interessate. La struttura accademica collaborerà strettamente con i servizi di comunicazione e di esportazione della CCIG e di tutte le altre Camere (compresa la Cc-Ti) facenti parte del progetto.



RILANCIO ECONOMICO: COME ACCEDERE AI MERCATI DEI PAESI EMERGENTI?
MARTEDÌ 13 OTTOBRE 2020 17:00 – 18:30, WEBINAR IN LINGUA FRANCESE
Organizzatori: Haute Ecole de Gestion (IBM), in collaborazione con CCIG
Le economie dei paesi emergenti rappresentano nel 2020, Cina e India in testa, quasi il 65% della ricchezza mondiale con una domanda crescente di capitali e beni di consumo.
Questa presentazione offre un’introduzione sintetica su come mobilitare le risorse interne all’azienda e accedere dalla Svizzera a servizi di supporto pubblici e privati, con orientamento commerciale, finanziario, legale e logistico. Tutti fattori essenziali per accedere a mercati emergenti attraenti ma distanti geograficamente e a volte rischiosi per la complessità delle norme e del sistema-paese.
Link per iscrizione

Over the rainbow… ovvero la pentola d’oro del team

Una riflessione a 360 gradi sui team e sul lavorare in modo efficiente e concertato in essi.

Un team: insieme nella stessa direzione

Esco da una riunione di Direzione in cui abbiamo speso 2 ore per decidere che…non eravamo pronti a decidere. Amo lavorare in team.
Vibra il cellulare, è un messaggio sulla chat del Project team. Durante la riunione sono arrivati 23 messaggi. Tranne due gli altri sono inutili commenti su commenti…bla bla bla… Amo lavorare in team.
Vibra il cellulare, è un collega che si preoccupa perché un’altra collega sarebbe secondo lui (lei non ha parlato) demotivata e gli sembra (sic!) che gli altri componenti del team non se ne curino abbastanza (si concentrano “solo” sulle attività operative!). “Che team è quello che non si prende cura dei suoi membri?” si chiede. La discussione prende la piega del gruppo psicoterapeutico. Amo lavorare in team. O forse no.
A pensarci bene certe volte non amo lavorare in team…no. Diciamo la verità: molto spesso si lavorerebbe meglio da soli.

Il fatto è che spesso il team invece di costituire il vantaggio promesso diventa la sorgente di dinamiche disfunzionali, di crepe relazionali e di totale perdita di tempo.
Dipende dai singoli? Forse. Ma se chiedete in giro tutti vi diranno che loro sanno lavorare in team e sono degli ottimi team player.
Dipende dalla diversità? Di sicuro non volevate il fenomeno del group thinking…ma mettete insieme cinque teste diverse e avrete sei partiti.
Dipende dal leader? Ah beh, c’è qualcosa che dicono che non dipenda dal leader? Se il team non funziona è di sicuro colpa sua.

Quello che però penso davvero è che (tenetevi forti) il team non esista se non nella nostra testa. Non esiste un “oggetto”, o anche un soggetto che si chiami team e che si è costruito una volta per tutte in qualche modo. Quello che esiste è invece una manifestazione che è il risultato di un processo o di più processi costitutivi. Cioè esiste un qualcosa di dinamico, il team, che emerge fintanto che vi siano processi che lo fanno emergere (no, non ho preso sostanze allucinogene). Appena questi processi finiscono o diventano difettosi il team cessa di esistere, a parte nella nostra mente dove lo abbiamo oggettivato (cioè reso un “oggetto” dalle proprietà immutabili). Il team è un “emergente dinamico” (calma, continuate a leggere!) le cui proprietà sono anch’esse dinamiche. In pratica è come un arcobaleno, c’è fintanto che il sole si proietta di taglio su goccioline di pioggia: più sole più arcobaleno, via il sole o via la pioggia fine dell’arcobaleno.

Quindi il punto è che se un team non funziona, vuol dire che in quel momento il team di fatto non esiste e se il team non esiste è perché i processi che lo dovrebbero mantenere tale sono in quel momento e in quel contesto difettosi o assenti.
Ora poiché nessun processo è a costo zero, dovrebbe risultare chiaro a tutti, ma proprio a tutti (aspiranti team leader e membri del team), che lavorare in team è fatica. Più fatica che a lavorar da soli. Quindi o questa fatica è ripagata o invece di essere un investimento è una perdita certa.

Questo ci porta dritti ad uno dei processi fondamentali di emersione del team: il senso del perché siamo insieme. Attenzione questo non è definito una volta per tutte, il senso deve essere presente costantemente e sfortunatamente deve anche essere lo stesso per tutti. Altrimenti mentre voi starete lottando disperatamente per rispettare una consegna, ci sarà un collega che aprirà discorsi (e conflitti) sul fatto che in questo team non si comunica e non c’è empatia. E i team sono diversi perché hanno molti sensi possibili. Vi siete mai chiesti se il vostro è lo stesso di quello degli altri? (sicuramente quando il team non funziona).

Il secondo processo (che farà male ai più delicati) è legato al concetto di utilità. Sarò parte del team se il resto dei colleghi percepisce la mia utilità rispetto allo scopo, ovvero se il mio contributo è visibile e consente un passo in più verso lo scopo. Un concetto imprescindibile da quello di competenza. Per quanto si possa valorizzare l’impegno di una persona, la sua competenza rispetto allo scopo è una condizione necessaria. Per chi si stia chiedendo che fine ha fatto l’empatia e la relazione affettiva, ricordo che ci sono molti team che non ne hanno bisogno per funzionare bene (magari non è il team che fa per voi), ma ce ne sono alcuni senza cui il team non esisterebbe del tutto (questi invece lo sono!). Quindi la domanda da porsi è: cosa devo saper fare perché io vada bene per il mio tipo di team?

Il terzo processo è la definizione delle regole d’ingaggio, quelle esplicite e ancora di più quelle implicite. Si la diversità è una bella ed utile cosa, ma porta rapidamente al caos se non ci sono regole. Le regole stabiliscono i modi e gli spazi di azione. La cattiva notizia è che sfortunatamente non c’è un altro modo che il conflitto per far emergere gli impliciti: farli emergere per poi poterseli negoziare. Quindi abituiamoci a vivere nel conflitto e a saperlo usare, altrimenti è meglio che vi ritiriate a lavorare nella solitudine dello smartworking.

Il quarto processo è l’uso che si fa della disciplina, intesa nel suo senso più lato. Nessuna regola può resistere senza disciplina. Un team che non costruisce un suo modo di interpretare la disciplina finirà per non raggiungere il suo scopo, disperdendo le sue risorse e perdendo opportunità.

Infine, il punto più delicato: l’apprendimento. Senza la capacità di apprendere il team vive un intenso attimo e poi sparisce. È il modo come apprende ad apprendere che gli permette di durare, manutenendo ed evolvendo costantemente tutti i processi che lo fanno “emergere”.
L’insieme di questi processi porta all’emersione nel tempo di una identità di team che ha delle proprietà definite, i colori del suo arcobaleno.
Fin tanto che questi processi sono adeguati ed efficaci il team emerge e l’arcobaleno splende in tutti i suoi colori.

In ciascuno di essi c’è uno sforzo e una responsabilità individuale, che può essere diversa da ruolo a ruolo, ma che è comunque distribuita, non importa se si sia leader o membri del team.
Smettiamo di credere alle favole sul team: non c’è nessuna facile pentola d’oro sotto l’arcobaleno. Solo l’arcobaleno e i suoi colori…finché li facciamo durare, ma farli durare…è fatica.

Scusate, vibra il cellulare. È il mio team leader…ha bisogno di essere motivato…


Articolo a cura di

Andrea Abbatelli, Partner KIAI Sagl

I primi passi per un’esportazione corretta

L’esportazione è il processo di spedizione di beni o di merci (prodotti naturali o fabbricati) da un territorio nazionale in un Paese estero dove saranno poi venduti. Prima di esportare un prodotto è bene tenere conto delle formalità riguardo alla spedizione e al trasporto, così da non confrontarsi con problemi che potrebbero nascere al momento dell’arrivo della merce nel Paese estero.

Le parti interessate

I fattori principali di un’esportazione corretta sono l’esportatore ovvero il venditore, il destinatario ovvero l’acquirente, lo spedizioniere, il trasportatore e le formalità doganali. Lo spedizioniere è la società che organizza il trasporto della merce che viene esportata, mentre il trasportatore è il responsabile del trasporto fisico della merce fino a destinazione.

Partiamo dal principio che:

  • il prodotto che verrà esportato è ben definito
  • il destinatario della merce e il Paese di destino sono ben identificati
  • l’azienda che esporta è attiva

I 5 elementi di cui tenere conto

1. Documenti commerciali

  • La fattura: verrà emessa una fattura di esportazione senza IVA, in quanto questa verrà riscossa al momento dell’importazione dalle autorità doganali del Paese di destino.
  • La packing list: questo documento consiste nel descrivere ed elencare con precisione gli articoli che verranno spediti.

2. Il Trasporto

Le merci possono essere trasportate su strada, ferrovia, via aerea o via marittima. La modalità di trasporto sarà determinata in base a tempi di consegna, costi e destinazione. Lo spedizioniere che si occuperà della spedizione saprà consigliare e offrire la soluzione più adatta alla situazione.
Al fine di determinare anche i rischi e la ripartizione dei costi, verranno applicate ed indicate in fattura le normative, note come Incoterms.
L’imballaggio deve essere resistente per far fronte a tutte le condizioni del trasporto. Sarà determinato dalla natura della merce e dal metodo di trasporto scelto. Quando sarà il momento di esportare lo spedizioniere potrà fornire tutte le indicazioni del caso.

3. Marcatura ed etichettatura

Devono essere conformi ai requisiti in vigore del Paese in cui si vuole importare il proprio prodotto. A grandi linee vengono richieste le seguenti indicazioni:

  • il nome dell’acquirente o un’altra forma di identificazione
  • il nome del posto o del porto di entrata nel paese
  • peso lordo e peso netto
  • la menzione del Paese di origine della merce
  • il numero delle casse (imballaggio)
  • avvertenze e precauzioni (per esempio per merci pericolose)

4. Assicurazione sul trasporto

Si può contattare la propria assicurazione.

5. Formalità doganali

  • Dichiarazione di esportazione svizzera: viene stabilita grazie all’applicazione di esportazione E-DEC, questa dichiarazione viene utilizzata in particolare per provare l’esportazione del bene giustificando la mancata fatturazione dell’IVA, quindi serve come prova per i vostri conteggi.
  • La dichiarazione di importazione: la dichiarazione viene stabilita dall’importatore alla destinazione finale della merce
  • Licenza di esportazione: la merce esportata potrebbe richiedere, a seconda della sua natura, un permesso di esportazione (ad esempio in caso di dual-use). Tutte le informazioni riguardo a questo argomento sono disponibili presso la SECO (www.seco.admin.ch nella rubrica ‘Controlli sulle esportazioni e sanzioni’).
  • Prova di origine: come indicato in precedenza questo è il documento che attesta l’origine della merce. Esistono però due procedure doganali di origine diverse.

Il regime preferenziale

Nel momento in cui i due Paesi, sia dell’esportatore che del destinatario hanno firmato un accordo di libero scambio e le merci provengono dall’uno o dall’altro di questi Paesi, l’importatore beneficerà quindi di aliquote preferenziali su tasse e dazi doganali. Può anche succedere in casi particolari che sia esentasse, per ulteriori informazioni potete consultare il sito delle dogane: www.ezv.admin.ch.

Il regime non preferenziale

Per tutte le altre esportazioni, dunque dove non vige un accordo di libero scambio verrà rilasciato un certificato di origine come prova dell’origine della merce. Per maggiori informazioni potete consultare il nostro sito https://www.cc-ti.ch/export.


Fonte: CVCI, adattamento Cc-Ti