La riscoperta della nostra terra

In molti hanno paragonato il periodo che stiamo vivendo a una guerra. In realtà fortunatamente si tratta di qualcosa di ben diverso, ma per certi versi vi sono delle similitudini, soprattutto per quanto concerne il sentimento di vulnerabilità e il legame alla propria terra, la propria Patria.

Le regole di comportamento e le limitazioni di movimento hanno modificato le nostre abitudini e ci hanno costretti a nuove norme. Molte delle attività che facevamo in modo automatico hanno dovuto essere messe da parte o modificate. Tra queste vi è anche il “fare la spesa”. Il settore orticolo possiamo dire che, seppur nella difficoltà, ha potuto in parte beneficiare di questi mutamenti di abitudini e mentalità. “Distanti ma vicini”, “insieme ce la faremo”, “andrà tutto bene”, sono gli slogan che hanno contraddistinto la nostra quotidianità in queste settimane di fatica e di incertezza. E così la “distanza sociale” ha fatto il paio con una maggiore unità di popolo; l’individualismo di quando si poteva fare tutto e incontrare chiunque si è trasformato in attenzione all’altro, rispetto e solidarietà, per la consapevolezza che siamo tutti sulla stessa barca e che dal comportamento di ciascuno, dunque anche il mio, dipende la salute e talvolta la vita degli altri.

Lo spirito di solidarietà

La grande distribuzione ci ha sostenuto nel promuovere alcune particolari insalate che normalmente non acquista perché utilizzate esclusivamente dall’industria e dalla ristorazione. La chiusura di questi due importanti canali di vendita ha creato non pochi problemi a questa produzione che, invece, non ha mai potuto fermarsi giacché la natura ha continuato il suo corso e in marzo e aprile queste insalate hanno dovuto essere raccolte. L’acquisto da parte di alcune importanti catene di alimentari che hanno provato a proporre gli articoli ai propri clienti, è stato un gesto di collaborazione molto apprezzato che fa ben sperare per il futuro. Purtroppo molto prodotto non ha potuto comunque essere smerciato ed è finito in biogas, con conseguente perdita di guadagno per i produttori. Un’altra espressione di solidarietà nei confronti dell’orticoltura è invece riconducibile al consumatore finale che ha molto spesso scelto di acquistare locale per sostenere i produttori che non hanno mai smesso di lavorare, adeguandosi alle misure sanitarie imposte non senza difficoltà. La pandemia è capitata nel momento in cui la produzione cominciava a entrare nel vivo per molte colture per cui bisognava raccogliere. Inoltre la domanda di prodotto è sempre stata alta ed era necessario garantire l’approvvigionamento. Molti svizzeri hanno scelto di comperare i prodotti indigeni anche per dimostrare gratitudine al mondo contadino.

La spesa di prossimità

La vendita di ortaggi ha visto un incremento rispetto ai periodi “normali”, il che può sembrare paradossale, se pensiamo che si tratta di merce fresca e che la possibilità di fare la spesa regolarmente era limitata. Eppure i ticinesi non si sono limitati ad acquistare verdura in scatola o surgelata. Le frontiere chiuse hanno naturalmente aiutato, bloccando il fenomeno del turismo degli acquisti e così il consumatore ha ancor più scoperto il prodotto locale, a volte un po’più caro, ma di grande qualità e a due passi da casa. Addirittura si è vissuto un grande successo delle vendite dirette nelle aziende: in molti hanno preferito recarsi direttamente dai produttori piuttosto che l’acquisto al supermercato, sia per evitare l’affollamento, sia perché il prodotto appena raccolto è stato toccato da meno mani e quindi con meno rischio di essere “contagiato”. Anche il servizio di acquisto online con consegna a domicilio della TIOR SA (ossia la società commerciale che distribuisce la produzione orticola dei soci della Federazione Ortofrutticola Ticinese) portoacasa.ch ha visto un notevole incremento. Tutto ciò ha creato una nuova vicinanza dei consumatori ticinesi ai nostri prodotti e ai nostri stessi produttori, con soddisfazione e gratificazione per tutti. Permettendo al prodotto locale, che di regola in questo periodo subisce una forte pressione di prezzo perché l’importazione è ancora libera, di essere comunque preferito a scapito della produzione spagnola o olandese.

Lavorare la terra, un lavoro che può anche essere svizzero

A inizio primavera le aziende, come ogni anno, si sono trovate nella necessità di assumere addetti alle attività agricole (i cosiddetti “braccianti”). Personale che normalmente è difficile trovare in Ticino ma arriva da altri Paesi (prevalentemente Europa dell’Est). Viste le limitazioni di spostamento e la paura del contagio queste persone non hanno potuto o voluto raggiungere il nostro Cantone e il resto del Paese. La collaborazione con l’ufficio del lavoro, il soccorso operaio e altre organizzazioni del territorio, ha permesso di reperire personale residente alla ricerca di un impiego per questi numerosi posti di lavoro. Le aziende hanno dovuto organizzarsi e insegnare il mestiere a tante persone nuove sotto la pressione della urgenza della raccolta, ciò che ha richiesto loro un notevole sforzo. Si sa che lavorare la terra è e faticoso, e in molti hanno desistito dopo breve tempo, ma diverse di queste esperienze sono state positive e qualcuno ha anche scoperto il piacere di questo lavoro rimanendo nelle aziende.

Quale futuro?

La pandemia non è ancora passata, anche se questa fase di allentamento ci sta facendo ritornare ad una vita quasi normale. Che cosa succederà? L’auspicio è che il buono che si è potuto imparare e vivere in questo periodo possa rimanere nel tempo e consolidarsi. Gli orticoltori sono lavoratori instancabili, abituati all’imprevisto perché la natura comanda sempre, entusiasti di quello che fanno e orgogliosi di quanto producono, e alle parole preferiscono sempre i fatti. Pensando a loro gli auspici per il futuro non possono ridursi a semplice retorica. La pandemia ha portato le persone più vicino al territorio sia fisicamente (andando nelle aziende ad acquistare) sia moralmente (scegliendo di sostenere la produzione indigena). Certamente la riconoscenza dimostrata in questi mesi è importante ma occorre lavorare affinché il legame tra produzione e consumatore si consolidi e cresca sempre di più. Per raggiungere questo obiettivo è importante che anche l’agricoltura trovi nelle nuove vie per avvicinare la popolazione alla realtà contadina. La vendita online è un esempio di questo, ma ci sono sicuramente molte altre iniziative che si possono realizzare affinché anche la nostra filiera alimentare sia maggiormente conosciuta e valorizzata. A livello nazionale si sono levate voci e richieste di maggiore tutela della realtà contadina, proprio perché la sensibilità accresciuta in questi mesi ha dato forza a un settore primario che tante volte è sotto i riflettori più per i suoi aspetti negativi (per l’agricoltura pensiamo alle votazioni contro l’utilizzo di pesticidi) piuttosto che per ciò che offre. La valorizzazione del prodotto locale è in atto da tempo nei concetti di marketing e nella politica della grande distribuzione, ma il limite che c’è sempre tra le parole e i fatti è costituito dai prezzi, troppo spesso ancora l’unico metro di giudizio. Credo che nessuno metta in dubbio la qualità della produzione ma si fatica ad accettare che se vogliamo il “made in Switzerland” dobbiamo comprendere cosa significa produrlo in Svizzera: i costi sono diversi, le regole sono diverse, il territorio è diverso. E tutto questo genera oneri finanziari che per forza di cose ricadono in parte sul prodotto finale. Solo comprendendo questo e facendo quindi una scelta consapevole di volerlo sostenere, l’orticoltura, e in generale il primario, potranno avere un futuro nel nostro Paese. Speriamo che anche questa volta potremo ripetere il detto “non tutti i mali vengono per nuocere” e la pandemia porti i ticinesi, e in generale gli svizzeri, a guardare con occhi nuovi ciò che il nostro Paese è in grado di offrire.
Riscoprire o scoprire un amore e una passione per una terra e un settore che ha instancabilmente lavorato da sempre per noi e continua a volerci offrire beni e qualità che aggiungono valore al nostro territorio e lo sostengono.


Articolo a cura di

Alice Croce, Presidente Federazione Ortofrutticola Ticinese (FOFT)

La formazione per promuovere il futuro lavorativo

Termini come smart working, BYOD, lavoro da remoto, games for learning e intrapreneurship hanno fatto la loro prepotente comparsa nelle aziende, accelerate dal lockdown dovuto al Covid-19.

Ci sono delle attività e degli strumenti che faciliteranno l’uso e il mantenimento dello smart working anche successivamente a questo particolare periodo. Uno di questi è la gamification. Attualmente utilizzata per lo più dalle grandi realtà aziendali nell’ambito delle Human Resources, per l’unione del gioco e di strumenti tecnologici all’avanguardia inseriti all’interno del processo di selezione del personale. Permette ai candidati di vivere il colloquio più serenamente e con minor tensione rispetto al colloquio tradizionale che avviene di persona, ma non solo; permette di mostrare eventuali competenze tecniche, facilita l’utente nel rispondere a quesiti e/o prove di creatività e via dicendo. Per i recruiter, invece, il processo di selezione sarà facilitato grazie alla gamification consentendo per esempio una più precisa valutazione del candidato, ottimizzando i tempi di lavoro e la condivisione dei dati con colleghi; ovviamente a patto che le competenze dei recruiter stessi siano aggiornate e siano realmente in grado di usare gli strumenti di gamification e interpretare correttamente i vari feedback provenienti dai candidati. Per questo motivo è molto importante concentrarsi sulla formazione continua dei recruiter stessi; molto spesso ancorati ad un metodo desueto che non ottimizza il sistema aziendale. La gamification può essere usata a vantaggio di tutte le aziende, sia PMI che grosse imprese e, ovviamente, integrata in tutti i reparti aziendali, non solo nelle risorse umane.
Il sistema di recruiting deve subire dei cambiamenti. Basti pensare a grandi aziende come Google, Audi, MSC Crociere, Servizio postale francese Farmapost, Heineken giusto per citarne qualcuna, che già utilizzano sistemi di gamification per l’assunzione del personale. Si tratta di aziende che, non solo traggono un vantaggio organizzativo da questo processo ma rispondono ad una precisa esigenza del mercato dei lavoratori più giovani, sia attuali che futuri, cresciuti in un contesto in cui gamification e tecnologia rappresentano la norma.

Aziende e professionisti non devono rimanere indietro

Possedere una laurea o una competenza in un singolo settore non sarà garanzia di accesso ad un determinato posto di lavoro, soprattutto in un mercato lavorativo in cui si dà sempre maggiore rilevanza alla capacità di adattarsi rapidamente ad un contesto mutevole e alle cosiddette soft skills; dall’organizzazione e gestione delle priorità agli ambienti di lavoro, dalla strumentazione da utilizzare in azienda ai metodi per la condivisione delle informazioni e così via. Ogni aspetto legato alla vita lavorativa stava già conoscendo dei rapidi sviluppi, il lockdown dovuto al Covid-19 ha sicuramente accelerato il processo. In aggiunta a ciò basti pensare che secondo Cathy Davidson, Direttrice della Futures Initiative alla City University of New York, ben il 65% degli impieghi dei prossimi 10 anni non avrà nulla a che fare con i lavori che conosciamo oggi; in parole semplici il lavoro di domani ancora non esiste ma esistono i metodi per aggiornarsi, formarsi e prepararsi a quello che ci aspetta, sia per le aziende che per i singoli professionisti.

I centri di formazione dovranno aggiornarsi per fronteggiare le richieste dei lavoratori

I centri di formazione continua devono aggiornarsi costantemente per garantire la qualità della formazione professionale; soprattutto al giorno d’oggi in cui innovazione e progressi tecnologici hanno un impatto profondo su tutti il sistema lavorativo. Per farlo dovranno riorganizzare il modello della formazione stessa: a partire dai manager che saranno alla guida dei processi di trasformazione in tutti i settori fino ad arrivare a professionisti, collaboratori e dipendenti di piccole, medie e grandi realtà aziendali. Si tratta di un processo complesso e non tutti i centri di formazione saranno in grado di organizzare corsi all’avanguardia con modalità didattiche e strumentazioni innovativi. Tuttavia, per le aziende e i professionisti sarà necessario prepararsi al cambiamento per non rimanere indietro nel mercato del lavoro.

La formazione futura

Dopo l’attuale periodo pandemico dovranno esserci dei cambiamenti nei metodi di formazione. Mutamenti che potrebbero generare nuove opportunità. Modifiche che non possono riguardare solamente la didattica a distanza ma prevedere forme nuove anche nei centri di formazione
fisici; ovviamente seguendo le attuali e future regolamentazioni per garantire la sicurezza di tutti: formatori, personale e corsisti.
Prendendo come spunto di partenza il progetto europeo FCL – Future Classroom Lab, in cui soluzioni tecnologiche innovative supportano metodi di insegnamento e apprendimento all’avanguardia, potremmo divedere i centri di formazione in otto zone ben distinte:

  • Zona di simulazione in cui i corsisti possono esercitarsi, per esempio, con scenari VR sotto la diretta supervisione dei formatori che, in tal modo, possono offrire feedback immediati. Nel report “Seeing is beliving” di PwC (marzo 2020), vengono valutate le tecnologie di VR e AR; queste tecnologie entro il 2030 genereranno 1,5 trilioni di dollari. Queste tecnologie miglioreranno oltre 23 milioni di posti di lavoro.
  • Zona di interazione in cui sia discenti che formatori sono attivamente coinvolti in un processo di scambio informazioni, domande/risposte e discussione.
  • Zona di presentazione per condividere progetti e lavori con tutta l’aula tramite strumenti che permettano presentazioni interattive, non solo in presenza ma anche online.
  • Zona game room per rafforzare tramite la gamification le soft skills come capacità di leadership, ottimizzazione di tempi e compiti, capacità di risolvere problemi e così via.
  • Zona investigazione per incoraggiare un apprendimento attivo e non passivo tramite la ricerca di materiali e informazioni, sia singolarmente che in gruppi.
  • Zona di creazione per creare, per esempio, progetti multimediali e/o presentazioni interattive.
  • Zona di scambio per favorire la collaborazione con gli altri corsisti, sia a distanza che in presenza.
  • Zona di sviluppo per favorire un apprendimento informale basato sulla propensione del singolo individuo ad incamerare ed elaborare le nozioni acquisite, con i propri ritmi e metodi.

Ovviamente per far sì che tutto questo sia possibile è necessario dotarsi di strumenti e soluzioni tecnologiche innovative; giusto per citarne qualcuno: visori per la realtà aumentata, monitor interattivi, dispositivi mobili di apprendimento come laptop e tablet, telecamere motorizzate per permettere agli alunni di seguire oltre l’aula, BYOD, flipchart interattivo, regia audio-video, schermi HD e strumenti di pubblicazione online come piattaforme.
I centri di formazione così intesi possono non solo ampliare il bacino di corsisti ma allo stesso tempo favorire l’evoluzione verso un nuovo modo di insegnare ed apprendere; un modo in cui tramite la Blended Learning (ossia l’apprendimento misto o apprendimento ibrido, che nella ricerca educativa si riferisce ad un mix di ambienti d’apprendimento diversi) vengono impartite nozioni tramite una combinazione di media digitali, formazione classica in aula e uso di strumenti altamente tecnologici. Fino ad oggi la scuola è rimasta ancorata al passato insegnando ad esempio la tecnologia con corsi ICT a indirizzi prettamente informatici ma ora più che mai è necessario andare oltre.
La scuola digitale per molti è uno slogan più che una reale esigenza didattica e sociale. Non dovrebbe esser così, ancor di più dopo questo periodo. L’accompagnamento e la formazione di qualità nell’uso della tecnologia sono una priorità.


Articolo a cura di

Luca Mauriello, CEO Swisstecnology Sagl

Video killed the radio star

Le numerose tecnologie esistenti sul mercato e a disposizione delle aziende possono cambiare il processo di selezione?

Il processo che adottiamo nella selezione del personale assomiglia sempre più ai primissimi programmi televisivi degli anni ’50. Questi ultimi infatti non erano nient’altro che programmi radiofonici trasmessi in video. Ci sono voluti decenni perché la televisione sviluppasse un suo linguaggio con un cambio di paradigma. Così funziona l’innovazione. Parte lenta e cambia solo le cose più superficiali, poi improvvisamente s’impenna e porta a cambiamenti profondi che spesso sono perturbativi.

HR e digitalizzazione

La selezione del personale non fa differenza. All’interno del processo di selezione si sono andati via via inserendo strumenti tecnologici sempre
più sofisticati, ma il processo rimane lo stesso. Si è cominciato con la possibilità di avere CV su supporto digitale anziché cartaceo e di gestire
una parte di processo e gli archivi documentali con i software di gestione risorse umane. Poi sono apparsi il web e Internet. Così abbiamo aggiunto la career page del nostro sito, gli scambi via mail e gli annunci anche sui siti web specializzati invece che solo sui giornali. Poi sono arrivati i social e abbiamo cominciato a pubblicare gli annunci sui social. Con gli smartphone sono arrivati i video fatti in casa e abbiamo creato i video CV. È nata una piattaforma per videochiamate e abbiamo avuto i colloqui virtuali. Sta arrivando l’intelligenza artificiale e stiamo avendo i primi bot che selezioneranno per noi i CV e risponderanno con una bella lettera al candidato non selezionato. Tutto questo produce piccole innovazioni superficiali ma lascia sostanzialmente inalterato il processo di selezione, che resta più o meno sempre lo stesso da decenni: bisogno, profilo, annuncio, screening CV, primo colloquio, short list, secondo colloquio, contratto, inserimento. Abbiamo messo dentro tecnologia e applicazioni, ma stiamo trasmettendo un format radiofonico sul mezzo televisivo. Proviamo a fare delle riflessioni per capire se questo
paradigma stia ancora in piedi.

Fare selezione del personale oggi

Le aziende si trovano sempre più raramente nella condizione di poter programmare con largo anticipo il fabbisogno di personale futuro. L’orizzonte di visibilità è nel migliore dei casi qualche mese, il tempo della costruzione del budget dell’anno prossimo. Quindi la selezione è sempre di più un processo impulsivo, che insegue o il bisogno momentaneo, come una fluttuazione in una posizione o una programmazione a breve. Il tempo di ricerca deve essere il più breve possibile, indipendentemente dal tipo di profilo, persino per quelli che sono rari o particolarmente richiesti. Anche il periodo di inserimento in azienda è sempre più limitato. Infine le funzioni HR sono sempre più ridotte in termini di personale e la selezione è uno di quei processi a maggior consumo di tempo. Su questi presupposti il processo di selezione come lo abbiamo concepito finora è probabilmente inadeguato perché è incapace di rispondere ai bisogni dell’azienda, richiedendo spesso troppo tempo e risorse che non abbiamo. Le alternative restano le società specializzate oppure provare a cambiare questo processo. Il punto è che l’HR deve riprendere a guardare avanti per anticipare l’esigenza. Guardare avanti non significa avere il bastoncino da rabdomante o essere il campione dei futuristi, ma concentrarsi sul proprio business. Se guardiamo con attenzione il business sappiamo in anticipo quali sono le competenze e i profili necessari. Quindi la domanda è se li conosciamo perché dobbiamo aspettare che qualcuno ce li chieda? Non possiamo prepararci prima?
Certo, ma per farlo è necessario un certo lavoro integrato e sistemico. Dobbiamo ragionare con logiche di marketing.

Il marketing nella selezione del personale

Il primo punto è il cliente, cioè i nostri candidati. Chi sono? Cosa fanno? Dove sono? Di che parlano? Vanno creati dei cluster pre-profilati per famiglie professionali basate sulle esigenze di business. Non dobbiamo farlo per tutti i collaboratori, ma solo per quelle posizioni dove sono richiesti profili significativi, per le posizioni chiave. Secondo punto: il prodotto, cioè la nostra azienda. Dato che un ingegnere non vuole necessariamente le stesse cose di un contabile, qual è il valore che possiamo offrire specificatamente a ciascun cluster? Si tratta di costruire quella che si chiama l’employee value proposition cioè la nostra proposta di valore per questi profili, un pacchetto concreto che includa benefici tangibili e intangibili. Il terzo punto è il posizionamento: come datore di lavoro come vogliamo essere percepiti e per che cosa vogliamo essere riconosciuti dai nostri cluster? Quindi qual è l’immagine che vogliamo dare? Quarto punto: la promozione. Come li contattiamo? Come ci facciamo conoscere? Come li attiriamo e li incuriosiamo? Come facciamo a proporgli il nostro pacchetto? La risposta a queste domande richiede un lavoro preparativo di riflessione e poi ha delle conseguenze pratiche mediante l’uso combinato delle tecnologie digitali.

Social recruiting

Le piattaforme social come ad esempio Linkedin, dispongono di sistemi di ricerca filtrati che permettono di creare dei gruppi di potenziali candidati che posso tenere in “osservazione”. Non stanno probabilmente cercando lavoro, sono i cosiddetti “passivi”, ma appartengono al cluster che ci interessa e quindi li identifico (per esempio cerco un ingegnere elettronico esperto di scambiatori di calore). È possibile comunque cominciare a contattarli e a conoscerli. Non ho bisogno di farli venire in azienda. Un colloquio virtuale, con tutti i suoi vantaggi logistici, sarà più che sufficiente per aprire il contatto e farmi una idea. Posso costruire delle community di persone interessate ad un determinato argomento e proporre articoli o contributi che hanno un valore per il mio target. Posso legare il mio sito web alla pagina aziendale Linkedin, in modo da costruire uno scambio virtuoso di contenuti che lavorino su un concetto di employer branding. In questo gli stessi collaboratori dell’azienda possono essere coinvolti, mediante un programma specifico di testimonianze, che in cambio di contributi, li valorizza e finisce per offrire loro una utile visibilità. Posso utilizzare degli strumenti di gamification per incentivarli a entrare in contatto con noi, a postare dei video CV per farmi raccontare delle storie. O addirittura posso usare i meccanismi di gamification evoluta (veri e propri giochi costruiti appositamente) per selezionare i profili più interessanti. Del resto la categoria dei nativi digitali si sta affacciando sul mondo del lavoro ora e questi ragazzi sono cresciuti nel mondo dei videogame, hanno familiarità con quei meccanismi e li sanno sfruttare al meglio. Per quel che riguarda le persone di altre fasce di età, la pandemia e lo smart working forzato li hanno spostati volenti o nolenti in avanti. Chi era già un early adopter non ha fatto fatica e chi invece era riottoso si è dovuto adattare a usare tecnologie di community, come le chat evolute, o gli strumenti di meeting e cooperazione a distanza.

E domani?

Le tecnologie per operare ci sono, vanno ricombinate in una forma nuova dove il processo di selezione comincia molto prima e finisce molto più
rapidamente quando serve. La pandemia è stato ed è tuttora un formidabile acceleratore che sta polverizzando i paradigmi dell’organizzazione del lavoro. L’intero concetto di spazio/tempo lavorativo è stato distrutto per essere ricostruito in forme nuove, con problemi nuovi e vantaggi anche nuovi. A proposito di selezione, siete proprio sicuri che le persone che in questo periodo hanno provato un certo modo di lavorare vorranno tornare indietro come se nulla fosse successo? Non sarà che dobbiamo cominciare a chiederci ora chi sono le persone che vorranno lavorare da casa? Che profilo dovranno avere perché noi le possiamo integrare efficacemente con quelli che lavoreranno in presenza?
Potete non chiedervelo. Arriverà presto qualcun altro a chiedere di selezionarli. Naturalmente per ieri.


Articolo a cura di

Andrea Abbatelli, Partner KIAI Sagl

Dai soci per i soci

Una raccolta di iniziative segnalateci dai nostri soci volte al sostegno delle differenti attività imprenditoriali ai tempi del Covid-19. Articolo in aggiornamento periodico.

Distanti ma vicini. Un sostegno tra le diverse attività economiche. Grazie a tutti!

Consulenza

EventsDesigner Sagl: propone la propria esperienza a favore di aziende, ristoranti, negozi, ecc. creando rendering accurati – con il programma easyRAUM – per coloro che hanno necessità di riorganizzare gli spazi adempiendo alle normative di distanza sociale emanate dalle autorità. Maggiori dettagli scrivendo a info@eventsdesigner.ch.

Fidinam: il gruppo Fidinam ha creato una pagina web dedicata a imprenditori e aziende con informazioni aggiornate su come affrontare l’emergenza Coronavirus da un punto di vista assicurativo, amministrativo, fiscale e societario. Inoltre è stato creato un ‘team risposta rapida‘ dedicato.

Helvetia Assicurazioni: ha aggiornato il proprio sito web dedicato alla clientela aziendale con tutte le informazioni a supporto delle aziende per consulenze diverse, in ambito d’assicurazioni patrimoniali e di cose, rispettivamente in assicurazioni di persone, ecc..

KPMG: ha sviluppato una nuova pagina web dedicata all’emergenza del COVID-19, che propone informazioni e soluzioni per le sfide che le aziende devono affrontare, ad esempio relative agli impatti legali e salariali e ai futuri sviluppi fiscali e aziendali.

BAK Economics: ha lanciato un ‘checkpoint PMI‘ per offrire un supporto concreto alle aziende nell’affrontare tematiche che toccano molteplici aspetti dell’emergenza aziendale in corso (per es.: garanzia della liquidità; gestione del fatturato e dei costi; pianificazione delle risorse, ecc.).

Legal Solidarity: pro bono (kostenlose) Rechtsberatung für Klienten in Not in Zeiten von COVID-19.


Tecnologia e IT

aqumo technologies: offre a titolo gratuito alle PMI che non dispongono di un’infrastruttura adatta al tele-lavoro, la possibilità di utilizzare la piattaforma tecnologica in cloud  (inclusi software applicativi standard e la consulenza tecnica necessaria per un utilizzo ottimale). Per informazioni e un contatto diretto, scrivere un’e-mail a info@aqumo.net.

Swisscom: propone soluzioni per il telelavoro gratuitamente, senza impegno, né obbligo contrattuale e nemmeno prolungamento automatico del contratto. Inoltre offre l’accesso gratuito per 4 mesi allo shop online, consentendo così a indipendenti e PMI di continuare a proporre i prodotti, grazie a uno shop online professionale (dettagli nel link segnalato).

DOS Group: ha creato un’applicazione dedicata all’ottimizzare la condivisione di aggiornamenti e linee guida, per fornire un’assistenza sanitaria efficiente e sicura, tramite Momentum.

OWL Solutions: presenta OWL for COVID-19, che contiene alcune proposte di consulenza e analisi sull’home office e il lavoro da remoto in modo gratuito (4 ore di consulenza e 4 mesi di – alcuni – servizi gratuiti).

BS4 – Sowre SA: offre soluzioni finalizzate al monitoraggio della diffusione del Covid-19 all’interno di uffici, aree pubbliche, negozi e tutti gli spazi dove normalmente è previsto un assembramento di persone, con proposte per la gestione ingressi per rispettare l’occupazione massima consentita e prevista sulla base della superficie in mq; il monitoraggio della distanza interpersonale e la misurazione automatica della temperatura corporea e controllo utilizzo mascherina. Per maggiori dettagli: info@bs4corp.com.


Diversi

Titraduce: il gruppo offre gratuitamente dei momenti di conversazione in lingua inglese e tedesca anche a chi non è uno studente iscritto alla scuola di lingue. Per i dettagli scrivere una e-mail a info@titraduce.ch.

Tio.ch: propone offerte interessanti sui banner nell’home page del portale informativo, con uno sconto del 50% per le prenotazioni effettuate entro il 30 aprile 2020. Per maggiori informazioni, scrivere a claudio@tio.ch.

Mazzantini & associati: ha messo online il portale emergenza24.ch, quale aggregatore di informazioni e servizi per cittadini e imprese in caso di emergenza.

Cronoparty & Services Catering: propone forniture di pasti presso aziende operative. Scrivendo a info@cronoparty.com, è possibile avere le informazioni necessarie, definire gli aspetti logistici e le proposte di menù.

Gastroticino: numerosi soci dell’associazione di esercenti propongono un servizio di asporto o consegna a domicilio per favorire la popolazione e mantenere un contatto con l’affezionata clientela, aziendale e privata. La lista degli esercizi che forniscono questo servizio è disponibile su www.ticinoatavola.ch.

Kairos Allestimenti SA: propone soluzioni per riqualificate l’ambiente lavorativo e proteggersi allo stesso tempo attraverso mascherine, pannelli e pareti protettive. I dettagli scrivendo a info@kairosgroup.ch.

EMME SA: presenta una cabina termometrica di disinfezione che permette di misurare la temperatura, prima di far accedere le persone in azienda e in luoghi istituzionali. L’apparecchiatura è inoltre dotata di un disinfettante che viene automaticamente nebulizzato ad ogni passaggio, in entrata e in uscita. Maggiori info: emergenzacovid19@emme.ch. Inoltre si mette a disposizione delle aziende per effettuare consulenze gratuite nel campo degli eventi, con un focus sul 2021. Tutti i dettagli scrivendo a info@emme.ch.

Società Mastri Panettieri-Pasticcieri-Confettieri del Cantone Ticino: ha lanciato la campagna “Sosteniamo l’artigiano locale“. In cosa consiste? Si tratta di buoni da regalare ai collaboratori della propria azienda, ai clienti, ai membri della famiglia, ad amici e a conoscenti. È poi possibile usare il buono regalo consegnandolo presso le panetterie-pasticcerie-confetterie affiliate alla SMPPC, e ricevere il corrispondente valore in prodotti. Maggiori info: www.smppc.ch.

Covid-19: le nuove sfide a livello internazionale

L’effetto complessivo del Coronavirus sull’economia globale è ancora sconosciuto, ma possiamo già constatare un forte impatto sulla supply chain, sui consumatori e sulle loro abitudini di acquisto.

Negli ultimi decenni, le aziende hanno puntato molto sull’ottimizzazione della supply chain a livello mondiale per minimizzare i costi. La Cina, in particolare, è diventata la cosiddetta “fabbrica del mondo”, un punto di riferimento per molti settori. Le rotture delle catene di approvvigionamento, dapprima nel Regno di Mezzo e poi nel resto del mondo, aggravate dalle restrizioni commerciali a seguito della pandemia, hanno però mostrato quanto tali relazioni siano vulnerabili alle incertezze e agli choc globali.

Ricostruire il sistema commerciale

Le aziende sono ora chiamate a rivedere e a ricostruire non solo tali catene, ma tutto il loro sistema commerciale, rendendolo più resiliente e agile, ma soprattutto digitale: dalla tracciabilità di componenti, materie prime e prodotti ad una trasmissione di dati a prova di manomissione e contraffazione, da magazzini più flessibili a nuove collaborazioni, anche tecnologiche, sino a nuove strategie omnichannel.

Sì, perché la diffusione della COVID-19 e la quarantena forzata sta modificando notevolmente anche le abitudini di acquisto e di spesa dei consumatori, facendo esplodere le vendite online e in sostanza dando un’accelerata alla trasformazione digitale. Questo fa presagire un dopo-Coronavirus con un commercio dal volto diverso, più digitale e online. Ma quanto sono pronte le aziende esportatrici ticinesi a questa trasformazione?

E-commerce: cosa sapere

Ad esempio, non è sufficiente avviare semplicemente un commercio online per garantire il successo delle vendite, ma bisogna prestare attenzione anche ai minimi dettagli poiché la merce, in definitiva, viaggerà fisicamente e valicherà frontiere internazionali. Le informazioni inerenti i costi previsti dovranno quindi essere trasparenti: dal valore della merce, all’eventuale imposta sul valore aggiunto, alla copertura delle spese di spedizione fino ai dazi doganali. Non ci si può permettere di tralasciare questi aspetti e fatturarli al cliente in un secondo tempo.

Ecco quindi che gli aspetti amministrativi, logistici, legali ma anche culturali non vengono a mancare neanche nell’e-commerce. Se le aziende desiderano rafforzare le loro attività internazionali, questi temi, tra gli altri, le vedranno sicuramente impegnate nel periodo post-pandemia. E con loro anche la Cc-Ti e S-GE.

Un franco su due è guadagnato all’estero. La nostra economia è dinamica e volta all’internalizzazione poiché trova condizioni favorevoli sui mercati esteri, grazie anche ai numerosi accordi di libero scambio siglati dalla Svizzera. Prova di questo successo sono i dati presentati dall’Amministrazione federale delle dogane concernenti il commercio con l’estero per l’anno 2019. Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali, tensioni politiche e una congiuntura mondiale estremamente instabile, il commercio estero elvetico ha nuovamente registrato numeri da record, seppur con un minimo rallentamento. Dopo un 2018 estremamente positivo, lo scorso anno le esportazioni sono cresciute del 3,9% e le importazioni dell’1,6% portando l’eccedenza della bilancia commerciale a oltre 37,3 miliardi di franchi.  

Articolo a cura di

Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Home, Smart o Sustainable Work?

Negli ultimi 90 giorni, tra le parole più inflazionate nei diversi media di tutto il mondo, troviamo senz’altro il termine Work Smart. Il più delle volte, si tratta però di un termine usato impropriamente, quando riferito al lavoro dalla propria abitazione, reso obbligatorio dalla crisi del Coronavirus.

Smart è infatti un aggettivo che, tradotto nel rispetto delle intenzioni di chi lo ha coniato, significa intelligente. L’isolamento a casa (volontario o dettato per legge) per contrastare il contagio denota effettivamente un certo raziocinio, nondimeno non è sufficiente per trasformare il nostro home work in smart work, così come non possiamo sostenere che lavorare in ufficio (in tempi pre-Covid19) fosse necessariamente stupido. Nel dubbio, probabilmente è giunto il momento di abbandonare i termini più modaioli, e cominciare invece a parlare di sustainable work. Perché se c’è un indizio che fa sperare in una nuova normalità edificante, questo è da ricercare nel valore della sostenibilità che, obtorto collo, abbiamo dovuto scoprire e che successivamente ci siamo trovati ad apprezzare. E non solo nell’ambiente lavorativo.

La tecnologia è già a disposizione da tempo

In molti casi è mancata (e manca tuttora) una strategia sostenibile, mentre molte realtà emergenti sono tutt’ora alle prese con un impianto legislativo in perenne ritardo. A prescindere dal tipo di ambiente lavorativo, oggigiorno siamo bombardati da stimoli provenienti da più direzioni. Che si tratti della chat aziendale oppure della notifica Whatsapp, della posta elettronica o del nostro social media preferito, tutti noi siamo chiamati a gestire un ambiente multicanale che ci obbliga a sviluppare un metodo di lavoro fortemente personalizzato, con orari e logiche di alternanza delle pause dettate da specifiche esigenze di ciascuno di noi. Non a caso, già da tempo gli sviluppatori delle più diffuse piattaforme di collaborazione, hanno reingegnerizzato le interfacce ponendo la persona (l’utente) al centro. La produttività individuale non può più essere legata ad un rigido orario di lavoro uguale per tutti, ma deve poter essere organizzata in modo dinamico. Basti pensare agli spostamenti casa-ufficio e viceversa, che il più delle volte determinano surplus di traffico in città e nelle principali arterie, con mezzi pubblici strapieni e abbondanti razioni di stress accumulate prima ancora di cominciare a lavorare. Situazioni già insostenibili in tempi precedenti la pandemia di questi mesi e che oggi sono diventate impensabili. L’emergenza ci ha costretto ad affrontare le estreme conseguenze di un ambiente lavorativo ad alta necessità di personalizzazione, come ad esempio l’ufficio al nostro domicilio, dove le interruzioni, giusto per fare qualche esempio, possono arrivare anche dal cane del vicino di casa, dai figli in età prescolare, dalle molteplici incombenze domestiche che prima o poi siamo obbligati ad affrontare.

Verso una nuova normalità

In tempi in cui le norme accresciute di distanza sociale, dimezzano la capienza dei nostri uffici, le aziende sono tenute a rivederne le strategie di occupazione, dalle scrivanie utilizzate a rotazione (“desk sharing”) al “co-working” in ambienti extraaziendali fino, appunto, all’abitazione privata del collaboratore. Tutto ciò, tenendo necessariamente conto di alcuni fattori decisivi per il successo della nuova sostenibilità:

Processi aziendali senza carta

La dinamicità nella scelta della scrivania obbliga a rinunciare a qualsiasi supporto non elettronico o perlomeno nel limitare fortemente il loro utilizzo. La tecnologia consente processi “paper-free” già da tanti anni, ad esempio sostituendo la firma autografa con quella elettronica e mettendo a disposizione archivi elettronici estremamente sicuri integrati con piattaforme di collaborazione sempre più efficienti.

La cultura della sicurezza informatica

Dunque, posto che il lavoro in mobilità preveda una maggiore disponibilità di dati e applicazioni anche e soprattutto all’esterno del perimetro aziendale, ne dobbiamo prendere dovuto conto nel riscrivere i processi di sicurezza, possibilmente non cedendo al luogo comune secondo cui i dati in casa sono più al sicuro rispetto a quelli depositati su infrastrutture cloud (è vero il contrario) e ricordando sempre che l’anello debole per eccellenza è rappresentato da noi utenti. Ancora più vero nel lavoro in mobilità, o comunque al di fuori dell’ambiente aziendale propriamente detto. Occhi e orecchie indiscrete sono pronti ovunque a captare dettagli delle nostre conversazioni. Mentre ci preoccupiamo dei grandi big che tracciano la nostra quotidianità, spesso non ci rendiamo conto di essere noi i principali divulgatori delle nostre faccende che, grazie alle attività di social engineering assumono profili estremamente dettagliati. La cultura della sicurezza informatica dentro e fuori l’azienda, deve quindi rientrare nei temi di importanza strategica delle aziende.

Be Smart, be happy

Quanto ha senso quella riunione alle 8? Partecipare online mette a repentaglio l’efficacia del meeting? Non sono solo queste le domande che dobbiamo porci. Ciascuno di noi, lavorando da casa, deve affrontare sfide diverse, tenendo sempre presente che solo un sano equilibrio tra impegni di lavoro e vita privata, ci permetterà di lavorare in modo veramente smart o, come detto, sostenibile. Anche in questo caso, entra in gioco la responsabilità dell’azienda che, eventualmente con l’aiuto di consulenti specializzati, deve allestire un efficace coaching per i propri collaboratori.

Think disrupting

Chi scrive fa parte di quella folta schiera di persone che ha più volte invitato le aziende nel rivedere i modelli commerciali consolidati, portando gli esempi di quelli dirompenti noti ormai in tutto il mondo. La crisi pandemica di inizio decennio, ci ha costretto a rivedere molte delle nostre strategie consolidate (al lavoro come a casa) e, nostro malgrado, a pensare in modo innovativo.

Non sono poche le persone che hanno imparato ad organizzare meglio il lavoro “fuorisede” e, nella vita privata, a condividere a distanza interessi sportivi, hobby e affetti. Nel lento ritorno alla normalità, potremo mantenere alcune nuove abitudini, pur senza cadere in atteggiamenti antisociali, a dimostrazione del fatto che da una crisi epocale, i più hanno potuto cogliere nuove opportunità e, a lungo termine, trasformarle in elementi di successo.

Testo redatto da
Carlo Secchi, Director Sales, Swisscom Business Ticino

A favore dei giovani

Il progetto LIFT, che la Cc-Ti sostiene sin dalla sua introduzione, si è distinto vincendo il Premio Svizzero dell’Etica 2020

La transizione tra scuola dell’obbligo e formazione professionale è un passaggio molto delicato.
Per aumentare le possibilità d’integrazione degli allievi nel mercato del lavoro, è nato LIFT, attivo in Ticino dal 2013.

L’Haute Ecole d’Ingénierie et de Gestion du Canton de Vaud attribuisce ogni anno il Premio Svizzero dell’Etica, che è assegnato a tre vincitori, con lo scopo di valorizzare progetti differenti impegnati nella responsabilità sociale e nello sviluppo sostenibile.
Per il 2020 tra i vincitori si è distinto anche il Progetto LIFT, attivo in Ticino quale da oltre 7 anni (prima in fase sperimentale, poi consolidata), a cui la Cc-Ti ha dedicato la propria attenzione e ha fornito il proprio sostegno sin dalla sua introduzione.
Ricordiamo che LIFT è un progetto dedicato ai ragazzi delle scuole medie (3° e 4° media). Lo scopo è quello di far incontrare scuole e aziende, al fine di aumentare le chances d’accesso a un posto di formazione professionale a quei giovani che – per ragioni scolastiche, familiari e/o sociali – potrebbero presumibilmente trovarsi in difficoltà nella transizione scuola-lavoro.

Un lavoro di concertazione

LIFT si basa su tre elementi che interagiscono fra loro: aziende, scuole medie, famiglie. L’economia e lo Stato fanno da ponte fra le differenti ‘parti del puzzle’ per sostenere i giovani che hanno bisogno di una spinta supplementare nel facilitare la loro transizione dalla scuola al mondo professionale.
Un dialogo che nasce dalla volontà di concertazione nel sostenere i futuri attori del mondo del lavoro. Si tratta di una ‘triplice alleanza’ che vede in prima linea le aziende partner che accolgono i giovani, le scuole medie che sviluppano il programma e gli altri attori dell’ambiente economico e sociale che sostengono la causa.
Oggi in Ticino ci sono 9 scuole medie che propongono LIFT agli allievi e oltre un centinaio di aziende coinvolte nell’offrire posti di stages settimanali. La rete è consolidata sia a livello cantonale che nazionale e vede 280 sedi LIFT e 34 nuove scuole attive (dati dicembre 2019).

La Cc-Ti e LIFT

La Cc-Ti è da sempre attiva nel supporto verso la formazione professionale con iniziative alle associazioni di categoria e alle aziende per un aggiornamento costante. Ma non solo: la Cc-Ti si impegna anche in consessi differenti e con progetti innovativi che permettono interazioni anche fra famiglia-economia-scuola. LIFT ne è un esempio.

Desiderate maggiori informazioni sul progetto LIFT? Contattate Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci.

Iniziare a cambiare il finale

“Non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale” (C. S. Lewis)

Gli ultimi difficili mesi hanno evidenziato come, in situazioni estreme come quella che stiamo vivendo, l’esigenza di combinare la tutela della salute e la possibilità di sopravvivenza economica sia un esercizio di equilibrio non facile. Oltretutto dovendo gestire una situazione in rapida e continua evoluzione, senza dati certi, ma imparando quotidianamente nuovi approcci verso un nemico ancora poco conosciuto. Le valutazioni di tipo sanitario non sono certamente di nostra competenza, ma è apparsa evidente l’importanza di concentrarsi su una strategia, cercando di mantenerla e riconoscendone immediatamente le fragilità o le indicazioni errate. Purtroppo in questa difficile circostanza, spesso, abbiamo dovuto imparare molto rapidamente dai nostri errori.

I continui cambiamenti di orientamento, come l’esempio del Regno Unito, hanno ottenuto conseguenze negative e si sono dimostrati poco paganti.

La strategia del passo dopo passo adottata in Svizzera si sta rivelando, a nostro modesto avviso, commisurata alle esigenze del nostro paese. È stato importante costruire l’accettazione delle misure da parte della popolazione, che doveva e deve essere accompagnata nelle varie fasi, nuove per tutti, rendendo le regole credibili e vivibili. Dal punto di vista economico è stato purtroppo necessario limitare tantissimo, ma fortunatamente non si è fermato tutto. Un compromesso che ha permesso di non peggiorare una situazione che, purtroppo e comunque, sta già avendo un peso notevole per l’economia.

I servizi essenziali per i cittadini devono essere sempre garantiti e i necessari finanziamenti per un settore sanitario performante, un alimentare non carente, ecc., attingono anche da un’economia che, anche se “a lavoro ridotto”, non si ferma.

È un fatto che, con l’applicazione delle misure adeguate in ambito sanitario-aziendale, in Svizzera i contagi non siano aumentati malgrado appunto determinate attività siano rimaste operative. Anche l’esposizione giornaliera del personale dei commerci alimentari, per esempio, ma come anche nelle poste, nelle banche, ecc., non ha comportato fortunatamente un aumento significativo dei contagi di categoria.

Restano problematici gli assembramenti pubblici incontrollati e purtroppo le attività economiche a essi legati, a differenza di quelle svolte in cerchia ristretta e controllata, sono quelle più a rischio e probabilmente saranno quelle più difficili da gestire. “Non abbassare la guardia” è una frase che i professionisti della salute hanno raccomandato e raccomandano a gran voce a tutti, ancora tutt’ora. Permane incessante una minacciosa incertezza, con la quale stiamo lentamente imparando a convivere e che dovremo gestire e tollerare presumibilmente ancora per parecchio tempo.

La sfida per l’economia resta quella di garantire la salute parallelamente al funzionamento ottimale delle attività, tutelando cittadini, collaboratori e azienda.

Finora in Ticino e anche in Svizzera l’esercizio è riuscito ed è nostra ferma intenzione continuare a operare in questo senso.


Da una chiusura quasi totale, incalza il desiderio di riprovare a ricostruire quella che, solo qualche mese fa, era scontata normalità. A questo fine, negli ultimi giorni le Nazioni hanno presentato ai loro cittadini piani di ripartenza mirata e commisurata alla propria realtà.
Piani che sono il risultato di serie considerazioni a 360 gradi. Se da un lato si vuole tutelare la salute delle persone, dall’altra, l’economia necessita di respiro dopo settimane di stop.
Le decisioni sui termini della ripartenza vengono prese in base all’evoluzione della pandemia all’interno di ogni Paese, ma tenendo in puntuale considerazione, in particolare, anche la situazione nei Paesi limitrofi.
È ormai appurato come un virus non conosca frontiere o barriere geografiche, per cui, conoscere la realtà che stanno vivendo le diverse Nazioni nel Continente è un ulteriore criterio per una gestione oculata dei passi da intraprendere per un’iniziale riapertura delle diverse attività socioeconomiche interne.

L’Europa intorno al nostro territorio

Italia

L’Italia è una delle nazioni più duramente colpite dal Coronavirus. Un rallentamento dell’espansione della malattia ha permesso al Governo italiano di considerare alcune misure di allentamento dopo lo stop completo delle attività non essenziali.
Il 4 maggio si è permessa la riapertura della manifattura, le costruzioni e tutto l’ingrosso funzionale ai due settori. All’interno della regione sono consentiti gli spostamenti per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, ai quali si aggiunge la possibilità di spostamenti mirati per far visita a congiunti. L’accesso a parchi, ville e giardini pubblici resta condizionato al rigoroso rispetto delle distanze e all’adozione di misure per contingentare gli ingressi. I sindaci potranno disporre la chiusura delle aree se non sarà possibile assicurare il rispetto di queste misure. Sarà consentita l’attività di ristorazione da asporto. Nessun assembramento, il cibo si consumerà a casa o in ufficio.
Il 18 maggio è prevista la riapertura di musei e biblioteche, commercio al dettaglio funzionale ai settori manifatturiero e delle costruzioni.
Dal 1° giugno verrà considerata, numeri pandemici permettendo, la riapertura di bar, ristorazione, barbieri, parrucchieri, estetisti, ecc.

Francia

La Francia ha registrato una tendenza in diminuzione ma i decessi sono ancora numerosi. Sebbene il numero di nuovi contagi non sia ai minimi, il governo francese ha deciso il 28 aprile il piano di riapertura, il quale ha come prima data l’11 maggio.
L’11 maggio sarà una giornata di riapertura per i negozi commerciali, delle biblioteche, dei musei, di parrucchieri, di centri di bellezza, dei parchi e dei giardini pubblici.
In questo giorno riapriranno anche le scuole dell’infanzia, con l’imposizione dell’uso delle mascherine per il personale scolastico. Il limite di bambini è di 10 per gli asili nido, è invece posto a 15 allievi per le scuole dell’infanzia, elementari e per le scuole medie. Per le scuole superiori e universitarie bisognerà attendere prima di ricevere indicazioni riguardo alla data di riapertura.
L’attività fisica all’aperto sarà possibile, con l’imperativo di rispettare le distanze sociali e di non allontanarsi per più di un chilometro da casa e per massimo un’ora al giorno. Tuttavia, i raduni di persone restano limitati ad un massimo di dieci persone. I grandi eventi saranno rimandati almeno fino a settembre.

Germania

La Germania ha retto efficacemente il confronto con gli altri Paesi europei, imparando e agendo tempestivamente. Vista l’adozione preventiva di misure di distanza sociale, in Germania si sono riscontrati meno casi di Covid-19, ragion per cui, si è presto considerato un rientro alla normalità delle attività socioeconomiche.
In data 20 aprile è stato possibile allentare le misure di contenimento per i commercianti e i rivenditori con uno spazio d’attività superiore agli 800 metri quadrati (questo per garantire che le norme di distanza sociale venissero rispettate). Anche i rivenditori di automobili e biciclette hanno loro potuto riaprire le loro attività.
Il 29 aprile, la città di Berlino ha imposto l’obbligo di portare la mascherina in occasione di visite a mercati e supermercati, e sui mezzi pubblici. Misura che è stata poi adottata anche da altre regioni della Germania.
La riapertura delle scuole è stata attuata per il 4 maggio, sia per le scuole dell’obbligo che per il post-obbligatorio.
Per quanto riguarda bar, ristoranti, centri di svago e luoghi culturali, per il momento resteranno chiusi fino a nuovo avviso.
Tutte le manifestazioni, come concerti, spettacoli, competizioni, restano vietati fino a fine agosto.

Austria

Unica nazione ad attuare una quasi-immediata chiusura totale delle proprie frontiere.
L’Austria ha messo sul tavolo le sue direttive per una riapertura graduale delle attività, che riassunta in semplici note si presenta come segue.
Tutti gli spazi commerciali con superfici superiori ai 400 metri quadrati hanno potuto ricominciare ad esercitare le loro attività dal 14 aprile.
A partire dal 1° maggio, i centri commerciali e i negozi, così come i parrucchieri, potranno riaprire, mantenendo però imperativamente le norme di distanza sociale, e portando obbligatoriamente le mascherine.
Gli studenti che si trovano alla fine del loro percorso scolastico potranno accedere agli istituti scolastici a partire dal 4 maggio. Anche nelle scuole è in vigore l’uso di mascherine per gli studenti con più di dieci anni.

Belgio

Ad un mese dal proprio picco, il Belgio ha deciso di ripartire con la messa in atto di norme e direttive basate sul rispetto delle norme igieniche e di distanza sociale.
La gran parte delle attività commerciali tornerà a svolgere le proprie attività a partire dall’11 maggio.
Bar e ristoranti potranno riaprire gradualmente a partire dall’8 giugno.
La mascherina sarà obbligatoria per coloro che frequenteranno i mezzi di trasporto.
Gli studenti potranno tornare in classe a partire dal 18 maggio, con un limite di massimo dieci studenti per aula.

Grecia

Vista la tendenza relativamente bassa di diffusione della malattia ha potuto permettere una riapertura graduale, dando precedenza ai piccoli commerci, agli indipendenti e alle attività legate al turismo. Decisione ponderata sulla grande dipendenza dal settore turistico, fiore all’occhiello per la Grecia e fonte importante di guadagno.
Il 28 aprile è stata annunciata una graduale ripresa delle attività commerciali, come piccoli negozi, librerie, parrucchieri, saloni di bellezza e di cura della persona.
I grandi centri commerciali dovranno attendere il 1° giugno prima di poter accogliere nuovamente i propri clienti.
Agli inizi di giugno potranno anche riaprire bar, hotel e ristoranti, con l’auspicio di poter sollevare anche se in minima parte la stagione turistica.
Le persone potranno spostarsi liberamente, senza restrizioni particolari, ma le spiagge rimarranno chiuse fino a nuovo avviso.
Le scuole medie e i licei riapriranno le loro aule l’11 maggio e la settimana seguente sarà il turno delle scuole professionali e universitarie. Per gli istituti dell’infanzia e le scuole primarie, per il momento, non è prevista una data precisa per la loro riapertura.
Per coloro che utilizzeranno i mezzi pubblici, o che necessiteranno del sistema sanitario, sarà obbligatorio l’uso della mascherina.
A partire dal 17 maggio le chiese potranno riaprire le loro porte ai fedeli e sarà di nuovo possibile partecipare a messe e funzioni religiose.

Repubblica Ceca

Con una tendenza del numero di casi volta verso il ribasso, il Paese ha deciso di far ripartire l’economia interna, favorendo gli spostamenti di persone, ma controllandone rigorosamente lo stato di salute. Dal 27 aprile, infatti, per i residenti della Repubblica Ceca, è possibile uscire dal Paese per motivi lavorativi e non. Al loro ritorno in patria dovranno però dimostrare di essere negativi al Covid-19, sottoponendosi al test o passando direttamente 14 giorni in auto-quarantena. Per i frontalieri sarà necessario presentare un certificato di salute ogni due settimane, che mostri un risultato negativo al Covid-19.
I cittadini possono circolare liberamente all’interno del Paese, senza nessuna restrizione nelle distanze percorse, ma con il limite di assembramento di massimo dieci persone.

Danimarca

Come diversi Paesi del Nord, la Danimarca ha registrato un numero basso di casi fatali. Il picco è stato registrato ad inizio di aprile, con una tendenza in discesa dal dieci aprile in poi. Tendenza che ha convinto la Danimarca a mettere in atto un piano, seppur severo, di ripresa e riapertura delle attività socioeconomiche.
Dal 15 aprile la Danimarca ha riaperto le scuole ai suoi studenti, e ha imposto regole severe sulla distanza sociale da mantenere tra i banchi di scuola. La Danimarca è stata il primo Paese europeo a riportare ad uno stato di normalità il sistema scolastico, nonostante i limiti imposti sul numero di allievi per classe e la suddivisione degli allievi in sottogruppi al fine di limitare il numero di contatti e di persone raggruppate nello stesso stabile.

Norvegia

Come menzionato in precedenza, l’incidenza dei casi di Covid-19 sembra aver colpito in maniera più lieve i Paesi nordici. Anche la Norvegia ha registrato un picco, ma questo non ha fermato la presa di decisioni per la ripresa della normalità nelle attività sociali e commerciali. La Norvegia ha riaperto gli asili nido e le scuole dell’infanzia in data 27 aprile. Il 4 maggio sarà il turno delle scuole primarie, medie e superiori. Il limite di studenti per classe è limitato a quindici al massimo.
Le attività non essenziali, come parrucchieri, estetisti, centri benessere, dermatologi, palestre potranno riattivarsi solo garantendo le misure di distanza sociale e le norme igieniche.
I grandi assembramenti di persone, come in occasione di eventi culturali o raduni sportivi, restano per il momento vietati.

Russia

In Russia non è previsto alcun allentamento delle misure di contenimento, il presidente Vladimir Putin ha infatti menzionato che forse si potrà parlare di alleggerire le misure solo verso metà maggio, ma per il momento, con più di centomila contagi, non vi è ancora margine di riapertura. Per coloro che devono spostarsi per motivi assolutamente necessari è imperativo l’utilizzo della mascherina.

Regno Unito

Boris Johnson ha comunicato che potrebbe trattarsi di attendere ancora qualche giorno prima di parlare di misure di allentamento, per il momento, nessun piano specifico è stato presentato ai cittadini inglesi. Il picco di casi sembra esser stato registrato in data 30 aprile. Purtroppo, il numero delle fatalità sembra essere in continua crescita.

Svezia

La Svezia ha riportato un numero di casi da Covid-19 quasi doppio a quello elvetico. La tendenza degli ultimi giorni è prevalentemente in discesa, con un rallentamento dell’espansione della malattia. A differenze delle nazioni limitrofe, come Norvegia e Finlandia, la Svezia ha adottato delle misure di prevenzione differenti e meno restrittive.
Nessuna attività economica e commerciale è stata temporaneamente sospesa, tutte le attività hanno continuato ad esercitare e a fornire i propri servizi. Persino bar e ristoranti sono rimasti aperti, contrariamente al resto dell’Europa che ha fermato ogni attività che proponesse l’aggruppamento di più persone.
Ad essere state sospese sono i grandi eventi, come concerti, spettacoli, i quali avrebbero riunito un numero importante di persone nello stesso luogo.
La politica svedese ruota la sua strategia di combattimento contro il Coronavirus sulla responsabilità individuale di ciascuno dei sui cittadini.

L’Assemblea generale ai tempi del Covid-19 – nuova formula fino al 30 giugno

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli!

È in questo periodo dell’anno che le società anonime organizzano di regola le proprie assemblee generali. La tempistica è dettata dall’art. 699 cpv. 2 CO secondo il quale l’assemblea generale ha luogo ogni anno, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale. L’esercizio dei diritti dei soci si svolge normalmente con la presenza fisica degli azionisti o dei loro rappresentanti.

Ora, come purtroppo sappiamo, l’attuale stato di emergenza ha notevolmente limitato le nostre libertà alle quali siamo abituati. Tra le misure di protezione adottate a livello federale vi è il divieto di tutte le manifestazioni pubbliche o private, comprese le attività associative.

Fino all’8 giugno le assemblee generali con presenza fisica dei soci sono vietate in quanto considerate eventi ai sensi dell’art. 6 cpv.1 Ordinanza Covid-19. Per questa ragione l’autorità federale ha previsto quindi una nuova possibilità per potere tenere le assemblee e di considerare al contempo le esigenze sanitarie. In effetti l’art. 6b dell’Ordinanza Covid-19 permette lo svolgimento delle assemblee in una forma speciale fino al prossimo 30 giugno.

L’art. 6b recita che in caso di assemblee di società, l’organizzatore può disporre, a prescindere dal numero previsto di partecipanti e senza osservare il termine di convocazione, che i partecipanti esercitino i loro diritti soltanto per scritto o in forma elettronica, oppure mediante un rappresentante indipendente designato dall’organizzatore. La disposizione deve essere comunicata per scritto o pubblicata in forma elettronica al più tardi quattro giorni prima della manifestazione.

Ma all’assemblea non partecipano solo gli azionisti. Sono presenti anche il Presidente e il segretario, eventualmente un notaio in caso di decisioni particolari, i membri del Consiglio di amministrazione e a volte l’ufficio di revisione. Questi partecipanti possono essere presenti fisicamente o devono essere coinvolti anche loro nella forma sopra indicata? Stando alle direttive federali, questi partecipanti “residui” non costituiscono un’assemblea vera e propria è possono pertanto riunirsi fisicamente. Devono comunque rispettare le regole in materia di igiene e di distanza sociale e il numero di partecipanti deve essere limitato al minimo necessario.

Una situazione particolare è rappresentata dalle società con un’azionista unico. Ora, l’assemblea generale dell’azionista unico non è considerata un evento vietato dall’Ordinanza Covid-19 e può svolgersi pertanto con la sua presenza fisica e quella degli altri partecipanti residui (segretario, notaio, ufficio di revisione).

In tutti i casi, devono sempre essere rispettate le disposizioni federali riguardanti l’igiene e la distanza sociale e se tra i partecipanti vi sono delle persone a rischio è raccomandato far capo a soluzioni che evitano nella misura del possibile la loro presenza, per esempio tramite l’intervento di un rappresentante.

Si tratta quindi di una facoltà a disposizione delle società per potere assolvere ai loro compiti statutari senza la necessità di riunirsi fisicamente in questi tempi particolarmente complicati.

Il nostro Servizio giuridico è a disposizione delle aziende affiliate per consulenze specifiche. Nell’Area soci sono pubblicate diverse schede giuridiche con informazioni mirate e aggiornate su temi d’interesse in ambiti quali diritto del lavoro, HR, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.. L’accesso a questa sezione del sito è destinata esclusivamente ai soci.

eBill e polizza QR: la nuova tecnologia del pagamento

L’ecosistema dei pagamenti sarà al centro di una vera e propria rivoluzione digitale nei prossimi mesi: dal 30 giugno novità in vista.

Con l’intento di uniformare e armonizzare le procedure di pagamento e rendere il processo di pagamento più semplice ed economico, già dal 2018 la piazza finanziaria Svizzera ha adottato lo standard internazionale ISO 20022 che regola il formato dei file che nell’ambito del Cash Management che le istituzioni finanziare ed i loro clienti si scambiano.

L’impatto di questa introduzione non è però stato uniforme per tutti i clienti: alcuni clienti si sono accorti di questo perché hanno dovuto aggiornare il loro software contabile affinché questo sia in grado di leggere i file PVR (il cui formato è passato da v11 a xml) o per inviare i file di pagamento elettronici (che da OPAE o DTA sono divenuti pain.001). Per altri invece l’impatto è stato pressoché nullo, dal momento che il loro istituto bancario trasformava i file per loro.

L’evoluzione digitale nel mondo dei pagamenti ha poi visto un’ulteriore tappa a novembre 2019, con l’introduzione dell’infrastruttura eBill. Da qualche mese, infatti, le fatture elettroniche sono elaborate da un solo attore invece dei multipli attori attivi in questo ambito abbassando i costi per i clienti, realizzando di fatto un sistema standardizzato per lo scambio di fatture in formato elettronico.

Infine, a partire dal 30 Giugno 2020, il sistema dei pagamenti sarà ulteriormente rivoluzionato con l’introduzione della polizza QR, che sostituirà, dopo una fase di transizione, l’attuale sistema di fatturazione.

La nuova fattura con codice QR

Dal 30 Giugno, gli emittenti di fatture potranno inviare fatture con codice QR. Lo Swiss QR Code è un codice a barre bidimensionale ai sensi dell’ISO-18004, leggibile digitalmente e con integrazioni manuali limitate. Le disposizioni sul layout e le raccomandazioni sulla sezione pagamento con Swiss QR Code e sulla ricevuta sono ben definite e seguono lo standard ISO 20022.

La fattura è suddivisa in tre parti: una ricevuta sulla sinistra, un codice QR (con una piccola croce svizzera al centro) nel mezzo e le informazioni sul destinatario, il pagante ed altre «informazioni aggiuntive” (incluso, se necessario, il Creditor Reference, che sostituisce il N° di riferimento) sul lato destro della fattura. I dati nelle «Informazioni aggiuntive» possono contenere informazioni di guida importanti per l’elaborazione o la contabilizzazione della fattura.

Le fatture con codice QR possono essere trasmesse al destinatario in tre modi:

  • cartaceo: con una punzonatura tra la ricevuta e la parte di pagamento, così come tra la polizza ed il resto del foglio
  • per email
  • per invio elettronico in PDF

L’introduzione del nuovo sistema di fatturazione implicherà che tutti gli e-banking ed i software di pagamento dovranno essere aggiornati: infatti, dopo un periodo di transizione in cui potranno circolare in parallelo le “vecchie” e “nuove” polizze, l’unico metodo in vigore sarà costituito dalle fatture con Swiss QR Code.

La nuova eBill

Con l’ambizioso obiettivo di portare il tasso di digitalizzazione dei pagamenti al 60-80% nel 2025, il ruolo della nuova eBill è decisamente strategico per la piazza finanziaria svizzera. Infatti, attraverso l’introduzione della piattaforma unica eBill, si azzerano le tasse di roaming garantendo prezzi più bassi per le transazioni. Nel dettaglio, la fatturazione eBill garantisce la possibilità di inviare, pagare e gestire le fatture tramite l’e-banking. Tra le novità introdotte, c’è la possibilità di allestire autorizzazioni di pagamento permanenti per fatture dedicate; ricevere notifiche di ricevimento di nuove fatture o impostazioni di comunicazione personalizzate; infine, la possibilità di garantire l’accesso alla propria casella postale eBill a terzi, cedendo il diritto di eseguire operazioni nel portale eBill a nome del titolare.

Cosa cambia per le imprese svizzere

Il cambiamento digitale è già in atto: occorre dunque pianificare e prepararsi per tempo per non farsi trovare impreparati: infatti, è opportuno prepararsi con i sistemi informatici adeguati e rivolgersi a partner specializzati che vi possano accompagnare in questo percorso di digitalizzazione. La tecnologia mette a disposizione grandi opportunità per rendere ulteriormente efficiente la vostra amministrazione: non lasciatevela scappare.

Articolo a cura di John Muschietti, Direttore Fidigit SA (una società del Gruppo Fidinam) e Mauro Lancianesi, Consulente clientela commerciale PostFinance