La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), unitamente alle Camere di commercio e dell’industria romande, ha varato un importante progetto a favore delle PMI. Lo scopo è di sostenere le PMI nell’ambito dell’export, soprattutto sui mercati considerati emergenti, che presentano a volte difficoltà maggiori rispetto a mercati considerati più “tradizionali”.
Questo sostegno avviene prevedendo percorsi differenziati a dipendenza delle esigenze delle singole aziende e delle varie realtà cantonali. La scelta di orientarsi prevalentemente alle economie dei paesi emergenti è data anche dal fatto che esse rappresentano dal 2016 oltre il 65% della ricchezza mondiale e, nonostante la crisi del coronavirus, il PIL della Cina da solo probabilmente supererà quello degli Stati Uniti prima del 2025. Si tratta di paesi che sono considerati i principali partner commerciali sia per l’Unione Europea che per la Svizzera.
All’origine dell’iniziativa vi è la Camera di commercio e dell’industria di Ginevra (CCIG) che, da questo mese di settembre ha attivato una collaborazione con l’Alta scuola di gestione ginevrina nel quadro del programma di formazione di “International Business Management”. Nell’ambito di tale programma hanno preso avvio per il 2020-21 due nuovi servizi concordati proprio tra le scuole e i nostri colleghi ginevrini, con il supporto del Centro di competenze digitali presso l’Università di scienze applicate della Svizzera occidentale. Si tratta di:
Export +: che prevede lo svolgimento di uno studio esplorativo preliminare di un progetto di esportazione – sia che si tratti di una questione commerciale e/o di investimento.
Export ++: che contempla la fornitura, attraverso una piattaforma digitale, di servizi commerciali, legali, finanziari e logistici che consentono alle PMI di trovare clienti in mercati emergenti di difficile accesso.
Due esperti senior in commercio internazionale e mercati emergenti, nonché una dozzina di giovani consulenti junior che seguono il corso di specializzazione saranno a disposizione delle PMI interessate presso la Geneva School of Management (HEG-Ge) per definire quale sia la maniera migliore di procedere per le singole aziende interessate. La struttura accademica collaborerà strettamente con i servizi di comunicazione e di esportazione della CCIG e di tutte le altre Camere (compresa la Cc-Ti) facenti parte del progetto.
RILANCIO ECONOMICO: COME ACCEDERE AI MERCATI DEI PAESI EMERGENTI? MARTEDÌ 13 OTTOBRE 2020 17:00 – 18:30, WEBINARIN LINGUA FRANCESE Organizzatori: Haute Ecole de Gestion (IBM), in collaborazione con CCIG Le economie dei paesi emergenti rappresentano nel 2020, Cina e India in testa, quasi il 65% della ricchezza mondiale con una domanda crescente di capitali e beni di consumo. Questa presentazione offre un’introduzione sintetica su come mobilitare le risorse interne all’azienda e accedere dalla Svizzera a servizi di supporto pubblici e privati, con orientamento commerciale, finanziario, legale e logistico. Tutti fattori essenziali per accedere a mercati emergenti attraenti ma distanti geograficamente e a volte rischiosi per la complessità delle norme e del sistema-paese. Link per iscrizione
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-09-24 08:03:362020-09-23 10:43:48Mercati emergenti – consulenti a disposizione delle PMI
Una riflessione a 360 gradi sui team e sul lavorare in modo efficiente e concertato in essi.
Un team: insieme nella stessa direzione
Esco da una riunione di Direzione in cui abbiamo speso 2 ore per decidere che…non eravamo pronti a decidere. Amo lavorare in team. Vibra il cellulare, è un messaggio sulla chat del Project team. Durante la riunione sono arrivati 23 messaggi. Tranne due gli altri sono inutili commenti su commenti…bla bla bla… Amo lavorare in team. Vibra il cellulare, è un collega che si preoccupa perché un’altra collega sarebbe secondo lui (lei non ha parlato) demotivata e gli sembra (sic!) che gli altri componenti del team non se ne curino abbastanza (si concentrano “solo” sulle attività operative!). “Che team è quello che non si prende cura dei suoi membri?” si chiede. La discussione prende la piega del gruppo psicoterapeutico. Amo lavorare in team. O forse no. A pensarci bene certe volte non amo lavorare in team…no. Diciamo la verità: molto spesso si lavorerebbe meglio da soli.
Il fatto è che spesso il team invece di costituire il vantaggio promesso diventa la sorgente di dinamiche disfunzionali, di crepe relazionali e di totale perdita di tempo. Dipende dai singoli? Forse. Ma se chiedete in giro tutti vi diranno che loro sanno lavorare in team e sono degli ottimi team player. Dipende dalla diversità? Di sicuro non volevate il fenomeno del group thinking…ma mettete insieme cinque teste diverse e avrete sei partiti. Dipende dal leader? Ah beh, c’è qualcosa che dicono che non dipenda dal leader? Se il team non funziona è di sicuro colpa sua.
Quello che però penso davvero è che (tenetevi forti) il team non esista se non nella nostra testa. Non esiste un “oggetto”, o anche un soggetto che si chiami team e che si è costruito una volta per tutte in qualche modo. Quello che esiste è invece una manifestazione che è il risultato di un processo o di più processi costitutivi. Cioè esiste un qualcosa di dinamico, il team, che emerge fintanto che vi siano processi che lo fanno emergere (no, non ho preso sostanze allucinogene). Appena questi processi finiscono o diventano difettosi il team cessa di esistere, a parte nella nostra mente dove lo abbiamo oggettivato (cioè reso un “oggetto” dalle proprietà immutabili). Il team è un “emergente dinamico” (calma, continuate a leggere!) le cui proprietà sono anch’esse dinamiche. In pratica è come un arcobaleno, c’è fintanto che il sole si proietta di taglio su goccioline di pioggia: più sole più arcobaleno, via il sole o via la pioggia fine dell’arcobaleno.
Quindi il punto è che se un team non funziona, vuol dire che in quel momento il team di fatto non esiste e se il team non esiste è perché i processi che lo dovrebbero mantenere tale sono in quel momento e in quel contesto difettosi o assenti. Ora poiché nessun processo è a costo zero, dovrebbe risultare chiaro a tutti, ma proprio a tutti (aspiranti team leader e membri del team), che lavorare in team è fatica. Più fatica che a lavorar da soli. Quindi o questa fatica è ripagata o invece di essere un investimento è una perdita certa.
Questo ci porta dritti ad uno dei processi fondamentali di emersione del team: il senso del perché siamo insieme. Attenzione questo non è definito una volta per tutte, il senso deve essere presente costantemente e sfortunatamente deve anche essere lo stesso per tutti. Altrimenti mentre voi starete lottando disperatamente per rispettare una consegna, ci sarà un collega che aprirà discorsi (e conflitti) sul fatto che in questo team non si comunica e non c’è empatia. E i team sono diversi perché hanno molti sensi possibili. Vi siete mai chiesti se il vostro è lo stesso di quello degli altri? (sicuramente quando il team non funziona).
Il secondo processo (che farà male ai più delicati) è legato al concetto di utilità. Sarò parte del team se il resto dei colleghi percepisce la mia utilità rispetto allo scopo, ovvero se il mio contributo è visibile e consente un passo in più verso lo scopo. Un concetto imprescindibile da quello di competenza. Per quanto si possa valorizzare l’impegno di una persona, la sua competenza rispetto allo scopo è una condizione necessaria. Per chi si stia chiedendo che fine ha fatto l’empatia e la relazione affettiva, ricordo che ci sono molti team che non ne hanno bisogno per funzionare bene (magari non è il team che fa per voi), ma ce ne sono alcuni senza cui il team non esisterebbe del tutto (questi invece lo sono!). Quindi la domanda da porsi è: cosa devo saper fare perché io vada bene per il mio tipo di team?
Il terzo processo è la definizione delle regole d’ingaggio, quelle esplicite e ancora di più quelle implicite. Si la diversità è una bella ed utile cosa, ma porta rapidamente al caos se non ci sono regole. Le regole stabiliscono i modi e gli spazi di azione. La cattiva notizia è che sfortunatamente non c’è un altro modo che il conflitto per far emergere gli impliciti: farli emergere per poi poterseli negoziare. Quindi abituiamoci a vivere nel conflitto e a saperlo usare, altrimenti è meglio che vi ritiriate a lavorare nella solitudine dello smartworking.
Il quarto processo è l’uso che si fa della disciplina, intesa nel suo senso più lato. Nessuna regola può resistere senza disciplina. Un team che non costruisce un suo modo di interpretare la disciplina finirà per non raggiungere il suo scopo, disperdendo le sue risorse e perdendo opportunità.
Infine, il punto più delicato: l’apprendimento. Senza la capacità di apprendere il team vive un intenso attimo e poi sparisce. È il modo come apprende ad apprendere che gli permette di durare, manutenendo ed evolvendo costantemente tutti i processi che lo fanno “emergere”. L’insieme di questi processi porta all’emersione nel tempo di una identità di team che ha delle proprietà definite, i colori del suo arcobaleno. Fin tanto che questi processi sono adeguati ed efficaci il team emerge e l’arcobaleno splende in tutti i suoi colori.
In ciascuno di essi c’è uno sforzo e una responsabilità individuale, che può essere diversa da ruolo a ruolo, ma che è comunque distribuita, non importa se si sia leader o membri del team. Smettiamo di credere alle favole sul team: non c’è nessuna facile pentola d’oro sotto l’arcobaleno. Solo l’arcobaleno e i suoi colori…finché li facciamo durare, ma farli durare…è fatica.
Scusate, vibra il cellulare. È il mio team leader…ha bisogno di essere motivato…
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-09-23 08:18:582020-09-23 08:18:59Over the rainbow… ovvero la pentola d’oro del team
L’esportazione è il processo di spedizione di beni o di merci (prodotti naturali o fabbricati) da un territorio nazionale in un Paese estero dove saranno poi venduti. Prima di esportare un prodotto è bene tenere conto delle formalità riguardo alla spedizione e al trasporto, così da non confrontarsi con problemi che potrebbero nascere al momento dell’arrivo della merce nel Paese estero.
Le parti interessate
I fattori principali di un’esportazione corretta sono l’esportatore ovvero il venditore, il destinatario ovvero l’acquirente, lo spedizioniere, il trasportatore e le formalità doganali. Lo spedizioniere è la società che organizza il trasporto della merce che viene esportata, mentre il trasportatore è il responsabile del trasporto fisico della merce fino a destinazione.
Partiamo dal principio che:
il prodotto che verrà esportato è ben definito
il destinatario della merce e il Paese di destino sono ben identificati
l’azienda che esporta è attiva
I 5 elementi di cui tenere conto
1. Documenti commerciali
La fattura: verrà emessa una fattura di esportazione senza IVA, in quanto questa verrà riscossa al momento dell’importazione dalle autorità doganali del Paese di destino.
La packing list: questo documento consiste nel descrivere ed elencare con precisione gli articoli che verranno spediti.
2. Il Trasporto
Le merci possono essere trasportate su strada, ferrovia, via aerea o via marittima. La modalità di trasporto sarà determinata in base a tempi di consegna, costi e destinazione. Lo spedizioniere che si occuperà della spedizione saprà consigliare e offrire la soluzione più adatta alla situazione. Al fine di determinare anche i rischi e la ripartizione dei costi, verranno applicate ed indicate in fattura le normative, note come Incoterms. L’imballaggio deve essere resistente per far fronte a tutte le condizioni del trasporto. Sarà determinato dalla natura della merce e dal metodo di trasporto scelto. Quando sarà il momento di esportare lo spedizioniere potrà fornire tutte le indicazioni del caso.
3. Marcatura ed etichettatura
Devono essere conformi ai requisiti in vigore del Paese in cui si vuole importare il proprio prodotto. A grandi linee vengono richieste le seguenti indicazioni:
il nome dell’acquirente o un’altra forma di identificazione
il nome del posto o del porto di entrata nel paese
peso lordo e peso netto
la menzione del Paese di origine della merce
il numero delle casse (imballaggio)
avvertenze e precauzioni (per esempio per merci pericolose)
4. Assicurazione sul trasporto
Si può contattare la propria assicurazione.
5. Formalità doganali
Dichiarazione di esportazione svizzera: viene stabilita grazie all’applicazione di esportazione E-DEC, questa dichiarazione viene utilizzata in particolare per provare l’esportazione del bene giustificando la mancata fatturazione dell’IVA, quindi serve come prova per i vostri conteggi.
La dichiarazione di importazione: la dichiarazione viene stabilita dall’importatore alla destinazione finale della merce
Licenza di esportazione: la merce esportata potrebbe richiedere, a seconda della sua natura, un permesso di esportazione (ad esempio in caso di dual-use). Tutte le informazioni riguardo a questo argomento sono disponibili presso la SECO (www.seco.admin.ch nella rubrica ‘Controlli sulle esportazioni e sanzioni’).
Prova di origine: come indicato in precedenza questo è il documento che attesta l’origine della merce. Esistono però due procedure doganali di origine diverse.
Il regime preferenziale
Nel momento in cui i due Paesi, sia dell’esportatore che del destinatario hanno firmato un accordo di libero scambio e le merci provengono dall’uno o dall’altro di questi Paesi, l’importatore beneficerà quindi di aliquote preferenziali su tasse e dazi doganali. Può anche succedere in casi particolari che sia esentasse, per ulteriori informazioni potete consultare il sito delle dogane: www.ezv.admin.ch.
Il regime non preferenziale
Per tutte le altre esportazioni, dunque dove non vige un accordo di libero scambio verrà rilasciato un certificato di origine come prova dell’origine della merce. Per maggiori informazioni potete consultare il nostro sito https://www.cc-ti.ch/export.
Fonte: CVCI, adattamento Cc-Ti
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-09-22 12:02:432020-09-22 12:02:44I primi passi per un’esportazione corretta
Oltre all’accordo di libero scambio (ALS) con l’Unione Europea e alla Convenzione AELS, la Svizzera vanta attualmente una rete di 30 ALS con 40 partner. In che misura vengono sfruttati questi accordi, con quali Paesi e per quali merci?
Uno studio commissionato dalla Segreteria di Stato dell’economia all’Università di San Gallo fa luce in merito basandosi sui dati import-export del 2018 ed evidenzia come in tale anno il risparmio per le PMI svizzere sui dazi imposti dai paesi di destinazione delle loro esportazioni sia stato di 1,8 miliardi di franchi. A questi si sarebbero potuti aggiungere altri 443,3 milioni se esse avessero sfruttato completamente le opportunità date dagli ALS (attuale tasso di utilizzo: 80%).
Sul fronte delle importazioni, il risparmio sui dazi è stato invece di 2,5 miliardi di franchi, per un tasso di utilizzo medio pari al 73%. L’utilizzo degli accordi di libero scambio varia notevolmente sia per quanto riguarda i Paesi di origine e di destinazione sia per settore: esso è ad esempio molto più marcato con i partner dell’UE e dell’AELS rispetto agli altri Paesi.
Sussistono tuttavia ancora molte opportunità di risparmio sui dazi doganali nelle esportazioni verso Germania, Francia, Corea ed Ucraina, ma soprattutto verso la Cina. A livello settoriale, il maggior beneficiario degli ALS è di gran lunga il settore orologiero, che ha risparmiato oltre 300 milioni di franchi sui dazi, seguito dal settore dei macchinari (che però potrebbe sfruttare ancora di più gli accordi) e da quello dei metalli preziosi. Infine, il ramo farmaceutico, principale settore d’esportazione, si avvale in maniera molto limitata degli ALS perché già esentato dai dazi di base.
Come spiegare il mancato sfruttamento completo degli ALS? L’esperienza avuta dalla Cc-Ti e da S-GE con le aziende ticinesi mostra come in genere tali accordi siano molto complessi e implichino oneri amministrativi e di procedura per le PMI attive a livello internazionale.
Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-09-09 08:46:102020-09-09 08:46:11Accordi di libero scambio: potenziale non sfruttato
Prodotti e servizi sono spesso il risultato di costosi progetti di innovazione tecnologica. L’esportazione in un mercato globale di prodotti o servizi e la protezione contro l’uso improprio richiedono un’approfondita conoscenza dei diritti di proprietà intellettuale.
La proprietà intellettuale comprende un’ampia varietà di diritti su invenzioni, design, marchi, opere protette da copyright e segreti commerciali. Tali diritti tuttavia sono in linea di principio validi solo all’interno del territorio nazionale che li ha concessi. Ad esempio, un brevetto concesso in Svizzera avrà diritto di protezione solamente in Svizzera e in Liechtenstein. Pertanto, le aziende interessate a proteggere il loro prodotto devono ricercare protezione focalizzandosi specialmente sui mercati di interesse. La protezione ottenuta tramite una proprietà intellettuale garantisce al proprietario il diritto di escludere altri dalla produzione, dall’uso e dalla vendita dell’invenzione all’interno della giurisdizione stabilita dai diritti di proprietà intellettuale.
Quali tipi di diritti di proprietà intellettuale
ci sono?
Brevetto
Un brevetto è un diritto esclusivo che garantisce un diritto di monopolio
per un periodo di tempo limitato su una soluzione tecnica riguardante ad
esempio un prodotto o processo. Esistono diverse possibilità per proteggere
un’invenzione in dipendenza dal Paese di applicazione. Queste includono i brevetti
e i modelli di utilità.
Marchio
Un marchio è un segno protetto che consente all’azienda di distinguere i
propri prodotti e servizi da quelli di aziende concorrenti. Possono essere registrati come marchi d’impresa
tutti i segni rappresentabili graficamente o meno. Fra questi sono compresi parole,
combinazioni di lettere, numeri, tonalità cromatiche, forme tridimensionali,
slogan, sequenze multimediali o combinazioni di questi elementi e persino suoni
o profumi. Un marchio può essere registrato a livello nazionale, nell’UE o a
livello internazionale grazie a una serie di accordi tra stati.
Design
I design sono forme creative estetiche uniche che si possono proteggere tramite
un’iscrizione in un registro. Questo vale sia per i design bidimensionali sia
per le forme tridimensionali. Un design può essere registrato a livello
nazionale o nell’Unione Europea, oppure tramite una procedura di registrazione internazionale
che attualmente include più di 60 Stati membri.
Diritti d’autore
La protezione del copyright si applica a una vasta gamma di opere, tra cui
opere scritte, teatrali, musicali, drammatiche, coreografiche, artistiche,
architettoniche, fotografiche, cinematografiche, audiovisive, grafiche e
software. Di norma, il copyright non deve essere registrato per la protezione,
ma in alcuni Paesi la registrazione può essere fatta su base volontaria per la prova
certa sulla data di creazione dell’opera.
Segreti commerciali
Un segreto commerciale può essere rappresentato da informazioni di natura tecnica
o commerciale che offrono un vantaggio rispetto ai concorrenti. Per essere classificate
come segreto commerciale, le informazioni devono soddisfare le seguenti
condizioni:
– devono avere un valore commerciale poiché segrete,
– devono essere conosciute solo da una cerchia ristretta di persone, e
– il legittimo proprietario deve prendere le appropriate precauzioni per
garantire il mantenimento della segretezza tramite ad esempio accordi di
riservatezza con partner commerciali e dipendenti.
Quali altri vantaggi offre la proprietà
intellettuale?
I diritti di proprietà intellettuale (IP) contribuiscono in modo significativo al successo economico aziendale migliorando la quota di mercato o i margini di profitto tramite per esempio la concessione di licenze, la cessione o semplicemente attraverso la commercializzazione di prodotti o servizi in esclusiva. I diritti di proprietà intellettuale possono anche migliorare il valore commerciale di una società agli occhi di possibili investitori e istituti di finanziamento. In caso di vendita, fusione o acquisizione, la proprietà intellettuale può aumentare sostanzialmente il valore di un’azienda e persino rappresentare il bene primario dell’azienda. L’uso strategico dei diritti di proprietà intellettuale può quindi aumentare in modo significativo la competitività. Pertanto, risulta importante garantire che i diritti di proprietà intellettuale siano protetti e possano essere sfruttati ovunque l’azienda si trovi ad operare.
Cosa dovrebbe essere considerato quando si
esportano prodotti e servizi?
Come per i beni materiali, i diritti di proprietà intellettuale devono
essere acquisiti, mantenuti e gestiti in maniera ottimale al fine di mantenere il
loro pieno valore. In tal modo risulta possibile proteggere i prodotti e i
servizi di un’azienda.
Alcuni principi generali sono essenziali per l’efficace gestione della
proprietà intellettuale:
È importante disporre di una strategia globale per proteggere la proprietà intellettuale.
Una strategia valida e ben ponderata per la protezione e la gestione della proprietà intellettuale risulta necessaria per sostenere il successo economico nel mercato di riferimento dove l’azienda opera. La protezione della proprietà intellettuale consente: di impedire ad altri di beneficiare dell’invenzione; di proteggere il marchio di un’azienda e la sua reputazione; di far valere i propri diritti in modo efficace e rapido in caso di violazione; e di generare ulteriori vantaggi. Una cattiva strategia in materia di proprietà intellettuale d’altro canto comporta rischi e in determinate circostanze può comportare il fallimento di un’azienda.
In linea di principio, la protezione dovrebbe aver luogo prima dell’esportazione dei prodotti e dei servizi.
La registrazione tempestiva dei diritti di proprietà intellettuale
garantisce che i suoi vantaggi siano pienamente sfruttabili. I diritti di
proprietà intellettuale non registrabili, come i diritti d’autore e i segreti
commerciali, possono essere protetti con mezzi contrattuali e non contrattuali.
Differenti metodi di protezione sono disponibili in diversi Paesi
In ogni Paese esistono norme specifiche per la protezione della proprietà
intellettuale che devono essere rispettate. Al fine di decidere in quali Paesi
un diritto di proprietà intellettuale debba essere registrato, le domande sui
costi di registrazione, la capacità di ottenere e far valere un diritto, la
necessità di esclusività e il ritorno degli investimenti devo essere tenuti in
considerazione nel supportare la decisione finale.
I diritti in un Paese devono essere registrati e fatti valere seguendo le leggi nazionali.
Quando si ottengono e si sfruttano i diritti di proprietà intellettuale in un Paese, è necessario garantire che tali diritti possano essere ottenuti o fatti valere in modo efficace, equo e sicuro. Ciò è generalmente ottenuto attraverso il sistema IP internazionale. Una serie di trattati internazionali, come l’accordo TRIPS dell’OMC, le convenzioni di Parigi e di Berna, prevedono norme minime che devono essere rispettate dagli Stati membri. A causa di sempre più frequenti cicli di innovazione, tecnologie e leggi che cambiano costantemente a livello globale, la gestione strategica della proprietà intellettuale diventa una sfida e un fattore chiave per il successo. È quindi importante appoggiarsi a Consulenti qualificati in materia di IP.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-08-12 08:17:562020-08-07 14:52:09Ciò che gli esportatori dovrebbero sapere sulla proprietà intellettuale
L’esplosione del fenomeno delle video conferenze è strettamente legata a diversi fattori correlati alla pandemia mondiale dovuta a Covid19. La necessità delle aziende di mantenere i dipendenti connessi tra loro, la relazione a distanza con partner, clienti o fornitori, senza dimenticare la didattica a distanza per i più giovani, sono tutti elementi che hanno portato a dover impostare sempre più le relazioni attraverso uno schermo.
Si definisce “videoconferenza” una riunione tra persone
residenti in luoghi diversi, anche molto lontani, nella quale le parti chiamate
in causa possono interagire non solo a parole ma anche in video. Va da sé che la
conferenza in video sia in grado di ridurre drasticamente i costi e le perdite
di tempo che spesso si riscontrano quando si organizza un incontro in presenza
fisica.
Un limite da subito evidenziato riguarda invece l’assenza o il quasi
totale azzeramento della comunicazione non verbale: la gestualità e la
prossemica non sono premiate da questo tipo di strumenti in quanto l’attenzione
del partecipante va divisa tra la moltitudine di dettagli che presenta una
schermata del PC e quindi anche solo l’occhio fatica a concentarsi su un
singolo punto.
Uno “zoom” sui 3 sistemi di videoconferenza più diffusi
Sono stati sviluppati molti sistemi di videoconferenze che permettono ai team di lavorare e interfacciarsi anche a distanza. Essi consentono di mantenere e rafforzare relazioni lavorative e di portare a termine progetti, anche complessi. Abbiamo analizzato i sistemi di videoconferenza più comuni e commercializzati, dopo averli utilizzati al nostro interno e per conto di alcuni clienti. I parametri di valutazione comprendevano la semplicità di utilizzo, la flessibilità per le diverse applicazioni e l’accessibilità anche in condizioni di rete non performante.
Zoom, secondo un recente studio,è la piattaforma per videoconferenza più utilizzata ed è rinomata per la capacità di gestire grandi numeri (fino a 1’000 partecipanti gestiti da più host). La sua grande diffusione è dettata da due principali fattori: la semplicità d’uso e l’immediatezza. Una volta scaricata l’applicazione desktop, si può partecipare ad una call dopo aver ricevuto l’invito e il codice univoco, il quale scadrà alla fine della videoconferenza. Gli organizzatori hanno la possibilità di decidere i permessi per i singoli partecipanti e a loro volta i partecipanti possono decidere, se non sono stati fissati dei vincoli, di attivare o disattivare il video e possono personalizzare la loro esperienza direttamente nelle Impostazioni. Zoom permette inoltre di poter gestire i contenuti multimediali durante la condivisione dello schermo: quando un host condivide una presentazione può anche dare la possibilità a un partecipante di modificare i contenuti di tale presentazione, creando così un’interazione live.
Google ha recentemente reso disponibile gratuitamente a tutti (almeno
fino a settembre 2020) il suo famoso Google Meet Hangouts, un tempo
destinato solo agli utenti business. La caratteristica più importante di
Hangouts Meet è di interfacciarsi e lavorare con tutti gli altri strumenti
Google, per cui si sincronizza con Google Calendar e lo si può utilizzare
simultaneamente sia su desktop che su mobile, rendendo più facile la mobilità.
Google Hangouts Meet permette di gestire riunioni virtuali fino a un massimo di
250 persone.
Microsoft mette a disposizione un sistema di videoconferenza all’interno della
sua suite Teams, per permettere a tutti gli utenti che dispongono di
accesso alla suite di partecipare a calls e meeting. Una derivazione data dalla
decennale esperienza con Skype, che può definirsi il fratello maggiore per
anzianità, ma anche la controparte minore in quanto a funzionalità. Si
partecipa ai meeting che vengono organizzati all’interno di stanze specifiche
alle quali appartengono tutti coloro che lavorano su un progetto o che fanno
parte di un’azienda, i quali hanno anche a disposizione delle bacheche dove
tenere traccia dei progetti e organizzare il lavoro. I meeting sono accessibili
tramite un codice di accesso e possono essere sia con che senza video; durante
una videoconferenza si possono condividere file e documenti e condividere lo
schermo. Siccome Teams può gestire un numero molto alto di utenti, sia
gratuitamente che a pagamento, anche alle videochiamate all’interno di Teams
possono partecipare un numero ampio di persone.
La gestione della privacy
Parecchi sono i dubbi sollevati recentemente riguardo la gestione della privacy da parte di questi sistemi di videoconferenza. Può accadere ma esistono precauzioni facilmente implementabili per evitare che ciò accada o almeno minimizzare i rischi. Come prima cosa conviene definire una password di accesso per permettere ai partecipanti di accedere alla propria videoconferenza. Secondariamente bisognerebbe invitare i partecipanti ad analizzare le proprie impostazioni di condivisione. Infine è sempre saggio proteggere il proprio PC con antivirus adeguati.
Beatrice Perruzzo, Assistente di Direzione, EMME SA
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-08-11 07:27:082020-08-07 14:44:12E tu, azienda, che piattaforma di video call utilizzi?
Quando si parla di sviluppo e tecnologia raramente lo si fa parlando del primario ma piuttosto di settori industriali e dei servizi. In realtà l’orticoltura (e così anche gli altri settori dell’agricoltura) negli ultimi decenni ha sviluppato notevolmente la tecnologia a supporto della sua attività.
Si pensi alle misurazioni dei venti, dell’acqua, delle
proprietà organolettiche dei terreni ma anche ai macchinari utilizzati per la
semina, il raccolto e la lavorazione dei prodotti.
Applicazioni smart permettono di controllare tutto quanto
dal proprio telefonino aiutando gli agricoltori a pianificare in modo
efficiente il proprio lavoro quotidiano. Di stretta attualità è anche
l’approvvigionamento energetico: sul piano di Magadino le nuove strutture sono
riscaldate utilizzando l’acqua calda prodotta dal Termovalorizzatore di Giubiasco
grazie alla rete TERIS e i nuovi schermi delle serre moderne permettono di
ridurre al minimo le dispersioni di calore; alcune aziende stanno anche vagliando
altri sistemi di riscaldamento a emissioni zero.
Grazie alla tecnologia delle colture fuori suolo vi è un
utilizzo parsimonioso delle risorse naturali in quanto viene utilizzato solo lo
stretto necessario di acqua e terriccio e l’eccesso viene recuperato e
riutilizzato. Sì, perché la tecnologia avvicina alla natura e ne aumenta la
tutela. Sembra un controsenso e normalmente siamo tentati di pensare il
contrario quando guardiamo le coltivazioni più evolute, invece tecnologia e
agricoltura stanno lavorando per utilizzare in modo sempre più parsimonioso le
risorse a vantaggio dell’ambiente.
Anche la grande distribuzione, nostro principale cliente,
sta richiedendoci di andare in questa direzione perché vuole proporre al
consumatore un prodotto di qualità non solo perché buono da mangiare ma anche
il più possibile rispettoso dell’ambiente dalla sua coltivazione all’arrivo sui
banchi dei supermercati. Tra pochi anni, oltre a sapere chi ha prodotto un
pomodoro, sapremo quanto sole ha preso, come è stata riscaldata la pianta,
quanto è stato nutrito e tante altre informazioni che oggi il produttore ha già
in mano ma che con la tecnologia blockchain presto saranno accessibili anche al
consumatore. Inoltre la produzione secondo i canoni di qualità richiesti
necessita di strutture all’avanguardia che permettano di limitare al massimo il
prodotto non conforme e le perdite, a vantaggio del produttore che ha una
maggior resa e dell’ambiente perché non vi è spreco di risorse.
Tutto questo però richiede importanti investimenti, perché
la tecnologia va testata e acquistata e le strutture più vecchie non sempre
permettono di utilizzarla. Occorrono perciò capitali e soprattutto una solidità
del mercato che purtroppo ad oggi non è garantita a causa della forte pressione
sui prezzi.
La Federazione Ortofrutticola Ticinese è in prima linea
nell’analisi e nello studio di investimenti che possano aiutare i propri
associati e tutto il settore a fare un passo importante nell’innovazione, un
passo necessario per garantire il futuro dell’orticoltura nel nostro Cantone.
Solo con l’innovazione potremo continuare ad approvvigionare il mercato
svizzero e così garantire il futuro alle aziende del nostro territorio.
Le differenti forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra quotidianità. La presenza di questi sistemi rappresenta un sostengo alla semplificazione di attività basiche. Riflessioni in merito.
Macchine e
computer riescono già a capire comandi verbali, distinguono immagini, guidano
automobili, giocano ai videogames meglio di come lo facciamo noi; quanto ci
vorrà prima che queste intelligenze riescano a camminare e confondersi tra di
noi?
L’intelligenza
artificiale (IA) è un argomento ricorrente, un settore della ricerca
tecnologica che sembra lontana all’orizzonte, ma in realtà, è già presente
nelle nostre vite. L’IA è spesso vista come un umanoide in forma robotica, con
cavi, voce metallica e movenze lente. Nonostante quest’immagine forse un po’ cinematografica,
l’IA non è solo rappresentativa del mondo dei robot. Esistono infatti quattro
tipi di intelligenza artificiale, ciascuna mirata a simulare le capacità simili
a quelle umane.
Contestualizzare
l’IA
Prima di scoprire quali siano le diverse forme di intelligenza artificiale, è di vitale importanza definire cosa sia l’IA, la quale viene spesso associata con il progresso digitale, con l’informatica e la tecnologia, ma che in realtà, nella sua definizione è ben più estesa di concetto e di aspirazione all’innovazione futura. Nell’estate
del 1956 John McCarthy, scienziato statunitense, ritenuto uno dei fondatori
dell’IA, organizzò un workshop nel New Hempshire a cui parteciparono una decina
di matematici e scienziati. Lo scopo era quello di poter sviluppare nuove idee
in direzione di quelle che fino ad allora erano definite come “macchine
pensati”. Fu a quel tempo che venne coniato il termine “artificial
intelligence”, così come discusse le basi tecnologiche di linguaggi di
programmazione, reti neutrali e diverse teorie di computazione.
L’IA simula i comportamenti, come la capacità di apprendere e di risolvere problemi, simili a quella della mente umana. La definizione di quali siano considerate o meno intelligenze artificiali si evolve con il tempo. Grazie alla digitalizzazione, sempre più macchine necessitano di capacità considerate “di routine”.
L’“AI effect” è un fenomeno per cui l’attribuzione della definizione di intelligenza artificiale viene spinta sempre più verso un livello maggiore di abilità simile a quello umano. Per fare un esempio: il riconoscimento facciale non è più considerato un’IA, in quanto, è una forma di intelligenza di routine, che è di frequente uso in tutto il mondo. Altre forme come l’abilità di capire il linguaggio umano sono invece classificate come IA, in quanto, è ancora attuale e permette un ampio spettro di miglioramento e perfezionamento. L’automatizzazione dei veicoli, le simulazioni militari, i modem capaci di inviare contenuti in maniera sistematica ed autonoma ad altre reti, sono pro forma definite come profili di Intelligenza Artificiale.
Quattro
tipologie di intelligenza artificiale
Macchine reattive
La base dell’IA è puramente reattiva e comprende l’abilità di includere il momento presente e di agire di conseguenza, ma senza avere una memoria remota o la capacità di utilizzare esperienze passate per prendere una decisione. Si basano, in pratica, su un sistema di risposta agli stimoli. Si tratta di automatismi che permettono di utilizzare macchinari per attività di routine, ripetitive, come il lavoro di produzione a catena, dove l’attività svolta non richiede l’ingaggio di un pensiero proattivo. Si pensi al celebre film “Tempi moderni” del 1936 con Charlie Chaplin, dove la catena di produzione richiedeva un impiego di operai al fine di svolgere attività monotone; dove appare la famosissima scena in cui si vede l’attore stringere bulloni fino a venir assorbito completamente da questo movimento meccanico ripetitivo. Un altro esempio di macchina reattiva è la Deep Blue della IBM, la quale è stata capace di vincere una partita di scacchi l’11 maggio del 1977 contro il gran master Garry Kasparov. Questa partita fece storia, in quanto fu la prima volta in assoluto che un computer riuscì a battere un uomo. Deep Blue ha potuto identificare quali pezzi della scacchiera erano sulla tavola da gioco e decise quali mosse fare di seguito.
A memoria limitata
Il secondo tipo di intelligenza artificiale è la cosiddetta “a memoria limitata”, ovvero con la capacità di detenere una memoria del passato e di aggiustare il proprio comportamento di conseguenza. A differenza della memoria umana, questa tipologia di IA è transitoria, cioè non si tratta di una memoria a lungo termine. Ciò significa che non genera un bagaglio d’esperienza e di conoscenza di situazioni già vissute. Ad esempio, le automobili che si guidano da sole integrano già questo sistema di IA. Sono infatti capaci di osservare l’ambiente circostante e di monitorarlo nel tempo; queste automobili controllano la velocità e la distanza degli altri veicoli, e sulla base di queste informazioni aggiustano la propria velocità. L’osservazione in movimento non può essere programmata, ma quella del riconoscimento di linee di marcatura della strada, le luci dei semafori, i cambiamenti di retta della strada sì. Tutti questi elementi possono essere programmati per essere riconosciuti dalla macchina.
La teoria della mente umana
Il terzo tipo di IA è costruito su una base più emotiva
legata alla natura dell’uomo. L’idea di questi supporti artificiali è ideato
per comprendere la sfera di emozioni e di pensieri degli esseri umani. La
capacità di identificare un’emozione permette di capire la motivazione e
l’intenzione di una persona, e se si parte dal presupposto che queste
intelligenze cammineranno tra di noi, diventa opportuno che esse siano capaci
di identificare gli aspetti sociali e interazionali della nostra società, e di
adattare il loro comportamento in base al quanto osservato. L’obiettivo di
questa forma di intelligenza è quella di permettere una collaborazione
proattiva tra umani e macchine, grazie alla creazione di una comunicazione
efficace, dove la cognizione umana è riconosciuta anche dalla macchina. Il
cambiamento del modo di lavorare e di interagire con i vari stakeholder a
livello aziendale e professionale fa sì che alcuni aspetti legati per esempio
al servizio consumatori, alla prevenzione di frodi per scambio di persona, alla
sicurezza delle infrastrutture IT, al trasformazione delle catene di produzione
e anche al modo di selezionare il personale siano campi in cui la teoria del
riconoscimento di emozioni e la predisposizione a identificare un comportamento,
permettano di accompagnare e sostenere tali attività. Non si tratta di
sostituire la persona che svolge oggi questo mestiere, ma di aggiungere un
sostegno nel compimento di queste attività.
Auto-consapevolezza
La quarta tipologia di intelligenza artificiale è costruita attorno alla capacità di autorealizzarsi, ovvero, di formare una rappresentazione di sé stesso in quanto presenza in un determinato luogo. Basti pensare alla differenza tra il concetto di “voglio questo determinato elemento” che implica un’azione conseguente ad una reazione emotiva, al “so di volere questo elemento” cioè la capacità di comprendere la ragione di un’azione determinata da un’emozione. L’intelligenza artificiale di questo tipo è estremamente complessa ed è in ampio sviluppo, al fine di creare delle apparecchiature in grado di autoregolarsi, ed è in continua evoluzione. Un’automobile che riconosce il suono del clacson del veicolo retrostante, ad esempio, comprende non solo la provenienza del suono, ma percepisce che la persona al volante sta esprimendo un sentimento di impazienza e per questo è necessario un comportamento proattivo, ovvero, avanzare nella marcia. Nell’agosto del 2018 all’International Dota 2 Championships a Vancouver in Canada, un gruppo composto da intelligenze artificiali con capacità di autorealizzazione hanno perso clamorosamente contro una squadra di giocatori di videogames professionali. Ciò è accaduto perché, per quanto possa essere avanzata questa forma di IA, non è ancora stato possibile raggiungere un livello sufficiente per simulare le basi delle capacità della mente umana. I videogiochi, a differenza degli scacchi, hanno un livello di analisi e di azione-reazione più rapido e dinamico, per questo motivo sono considerate di più difficile competizione per i computers.
Nelle
aziende il futuro è già quotidiano
Il ruolo
delle IA è centrale per il mondo aziendale, in forma basica o ibrida.
Nel settore industriale le IA possono essere integrate nei processi che
richiedono una presenza manuale ripetitiva; nei servizi destinati ai
consumatori queste possono assistere nel rispondere a domande predefinite o a
supportare i servizi internet delle pagine web. Le attività di base di gestione
delle relazioni con i consumatori, dove vengono processate domande e inviate
responsi automatizzati, può essere fornito da sistemi logistici efficienti,
accompagnati dall’ausilio di intelligenze artificiali create ad hoc. Responsi a
quesiti che vengono assegnati tramite algoritmi in grado di codificare i
messaggi ricevuti, trasmettendo risposte concepite anch’esse da un algoritmo
definito antecedentemente. Per aziende orientate al mondo dei servizi, come
compagnie che necessitano potenti sistemi di business intelligence, le IA
possono presentarsi molto utili laddove vengono raccolti ed analizzati grandi
masse di dati e informazioni.
Le IA
vivono il territorio: alcuni esempi pratici
Sono
differenti e svariati gli impieghi delle IA nel nostro Cantone. Grazie alla
presenza di istituti di ricerca e università, possiamo contare su un sistema di
innovazione sempre aggiornato e in fermento.
In ambito
scientifico e di ricerca possiamo certamente citare l’Istituto Dalle Molle di
Studi sull’Intelligenza Artificiale (IDSIA) di Lugano, che collabora con la
Facoltà di Informatica dell’Università della Svizzera Italiana (USI) e con il
Dipartimento delle tecnologie innovative della SUPSI. Gli studi e le ricerche
di IDSIA sono volte a valorizzare l’utilizzo delle intelligenze artificiali
come sistemi di supporto per l’ottimizzazione, la simulazione e la presa di
decisioni in ambiti specializzati; tali quali quello energetico e ambientale,
quello dell’ingegneria e della produzione, quella delle tecnologie industriali,
e non da ultime quello delle tecnologie volte all’informazione e alla
comunicazione.
In Ticino,
l’impiego delle intelligenze artificiali ha varcato le porte degli ospedali,
dove, i sistemi di analisi permettono di effettuare gli esami medici
(attualmente in ambito gastroenterologo) per il riconoscimento istantaneo di
immagini che potrebbero sottolineare la presenza di tumori. Questi apparati aiutano
gli specialisti del settore nell’identificazione e nella diagnosi precoce di
potenziali carcinomi. Attraverso un accertamento prematuro è possibile curare
la patologia prima che essa diventi fatale.
L’aiuto in campo medico-sanitario delle intelligenze artificiali diviene vitale
in ambito preventivo e diagnostico. Una prima elvetica, quella messa in campo
all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona, unico nosocomio elvetico a disporre di
questo strumento per l’individuazione di polipi durante esami gastroenterologi.
ABB, importante gruppo attivo a livello mondiale con sedi anche in Ticino, ha implementato l’uso delle intelligenze artificiali al fine di migliorare l’efficienza e la produttività delle risorse impiegate nella produzione di energia. Da gennaio a fine maggio 2019, ABB ha sostenuto un progetto indirizzato ad aiutare le start-up nell’inclusione di IA nei loro processi di produzione. L’impresa vincitrice del progetto citato ha poi sviluppato un sistema di precisione per la misurazione della produzione di elettricità generata da risorse rinnovabili. Questo sistema verrà utilizzato in maniera integrata al sistema di ABB. La combinazione delle strutture IA con quelle energetiche permette di ottimizzare la generazione di energia e di diminuire i costi, andando sempre più nella direzione di una sostenibilità consapevole nelle sue tre dimensioni (ambientale, sociale ed economica).
Anche la
Confederazione, nel settembre 2018, ha approvato una strategia nazionale
riguardante il digitale avente le IA come punto cardine di sviluppo in materia.
Il risultato del mandato di ricerca commissionato dalla Confederazione ad un
gruppo di lavoro interdipartimentale ha permesso di identificare i concetti e le
caratteristiche strutturali dei sistemi di predizione e di autonomia di una
presenza attiva delle IA nei settori industriali e dei servizi, in quello della
formazione, della ricerca e della scienza, dei media, dell’agricoltura, della
politica di sicurezza, del settore sanitario, della finanza, dell’energia e del
clima, senza dimenticare il settore dell’amministrazione. Questo rapporto
permetterà di definire in maniera concisa le linee guida strategiche per l’introduzione
nella vita di tutti i giorni delle IA.
Le differenti
forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra
quotidianità e la presenza di questi sistemi è un sostengo alla semplificazione
di attività basiche. L’avanzamento della robotica e dello studio di come
programmare computer sempre più intelligenti è rapido e molti istituti si
stanno cimentando nella sperimentazione di nuove forme di apparecchi in grado
di accompagnarci nella nostra vita professionale e privata.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-08-06 13:25:192020-08-06 13:45:21L’intelligenza artificiale al servizio delle aziende
La Cc-Ti presenta la propria valutazione interna per il triennio 2016 – 2018 in termini di responsabilità sociale delle imprese.
A tre anni dalla prima edizione della valutazione interna di sostenibilità, si è deciso di pubblicare nuovamente un set di indicatori aggiornato. I dati testimoniano la costanza e la serietà dell’approccio al tema. Il documento riporta i risultati emersi, pur non esprimendo in modo esaustivo l’impegno che, con innumerevoli attività, svolgiamo a favore della crescita in ambito sociale e ambientale e che trovano riscontro nelle indicazioni sulla Corporate Social Responsibility (CSR) date dalle aziende nei nostri rilevamenti annuali.
Questo progetto si è avvalso della collaborazione istituita nel 2016 fra la Cc-Ti e Quantis, che guida le aziende nella definizione e nell’attuazione di soluzioni intelligenti per la sostenibilità ambientale.
Indicatori di performance economica
Indicatori di performance sociale
Indicatori di performance ambientale
Il flyer completo è a disposizione per tutti i dettagli. La Cc-Ti, con questo progetto, dà prova di continuità delle iniziative dedicate al monitoraggio delle proprie performance di sostenibilità. Per il futuro quindi si intende proseguire sulla via tracciata, con nuove iniziative e progetti per gli associati. A questo proposito è possibile contattare Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/08/ART20-sostenibilità-main.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-08-06 09:00:502021-03-02 14:46:25Indicatori di sostenibilità – edizione 2020
Il ‘giro del mondo’ in chiave delle ripartenze dell’export. Spunti e prospettive.
Il blocco di
oltre la metà della popolazione globale e quindi del PIL ha colpito il mondo
come un meteorite, spingendo l’economia globale nella peggiore recessione dai
tempi della Seconda guerra mondiale: -3,3% nel 2020, pari a 9 miliardi di
dollari persi o al PIL di Germania e Giappone messi insieme. È più del doppio
rispetto alla crisi finanziaria globale del 2009. Le perdite commerciali
potrebbero ammontare a 3,5 miliardi di dollari nel 2020. Prevediamo che il
commercio globale diminuirà del -20% spingendo i fatturati aziendali a -30% a
-40% a/a nel secondo trimestre del 2020, in particolare nell’Eurozona.
Nonostante il
sostegno senza precedenti, le insolvenze sono destinate ad aumentare del 35%
entro il 2021: dopo un aumento del 17% nel 2020, la previsione di un ulteriore
+16% per il prossimo anno non lascia intravedere segnali di attenuazione. e
questo quarto anno consecutivo di insolvenze in aumento è il risultato di un
aumento del 25% negli Stati Uniti, del 15% in Cina e del 19% in Europa. Prevediamo
che il settore energetico sarà il più colpito (-733 miliardi USD di perdite
all’esportazione), seguito dai metalli (-420 miliardi USD) e dai servizi di
trasporto legati alle case automobilistiche (-270 miliardi USD). I fornitori di
macchinari e attrezzature, di tessuti e di automobili perderanno meno in valori
assoluti ma il valore delle loro esportazioni crollerà di oltre il 15%. Gli
unici settori che non subiranno danni dovrebbero essere il software e i servizi
informatici e i prodotti farmaceutici. Non da ultimo, vediamo prove evidenti di
un crescente protezionismo, desideri di autonomia industriale e sovvenzioni
nascoste al reshoring (vedasi il
piano di stimolo del Giappone di 2,2 miliardi di USD per spostare alcune
produzioni fuori dalla Cina).
D-day in vista?
L’entusiasmo per un’uscita apparentemente imminente dal blocco dei Coronavirus
è sopravvalutato. Gestire efficacemente il tasso di riproduzione (R0) del virus
significherà che la maggior parte delle economie funzionerà al 70-80% del loro
potenziale per due-tre trimestri con il trasporto, i viaggi, la vendita al
dettaglio e l’ospitalità in pausa più a lungo. Di conseguenza, l’attività nei
settori manifatturiero e delle costruzioni potrebbe aumentare più rapidamente
che nei servizi. Le lezioni apprese dalla Cina ci mostrano che un mese dopo che
il numero di infezioni interne da Covid-19 è sceso vicino allo zero, le
attività di produzione continuano a registrare l’80%-85% dei loro normali
livelli pre-crisi, mentre la spesa dei consumatori per i beni durevoli rimane a
circa il 65% dei livelli normali. A livello globale, il ritorno allo status quo non è previsto prima della
metà del 2021 (+5,6% di crescita del PIL nel 2021) e dipenderà dalla presenza
di un vaccino. I mercati dei capitali potrebbero quindi peggiorare prima di
migliorare man mano che la realizzazione prenderà il via. Inoltre, bisognerà
tenere d’occhio i fattori scatenanti di una possibile crisi prolungata anziché
di un auspicato scenario di ripresa a forma di U.
Politiche adattive cercasi
I disavanzi fiscali a due cifre, l’onere supplementare del debito e il
gonfiamento dei bilanci delle banche centrali (50% del PIL sia per la Fed che
per la BCE) hanno contribuito a mitigare i costi finanziari, economici e
sociali della crisi. Tuttavia, ora è il momento di definire una politica per la
crisi di solvibilità che ci attende, di riparare e recuperare. Riaprire un
passo alla volta: a partire da subito, le politiche dovrebbero passare dal
sostegno di liquidità d’emergenza al sostegno alla solvibilità, con misure
mirate e sempre più condizionate per evitare un’ulteriore “zombificazione”
dell’economia. Non da ultimo, le politiche monetarie dovranno affrontare
l’eredità della crisi ed evitare una ricaduta.
Le prospettive regionali: scenario di base
Stati Uniti ed Europa delineano percorsi divergenti, la Cina conferma un rimbalzo decisamente parziale e i mercati emergenti affrontano la tempesta perfetta. Gli Stati Uniti quale epicentro dell’ondata dei fallimenti con un +57% fino al 2021 (2020: +47%; 2021: +7%). L’Eurozona impiegherà verosimilmente un anno prima di ritornare a livelli pre-crisi. In Svizzera si attende un aumento totale dei casi di insolvenza del 15% entro il 2021 (2020: +6%; 2021: +9%) quale Paese d’esportazione, sentirà più forte, rispetto ad altre nazioni, l’impatto degli sviluppi negativi nei mercati esteri. Ciononostante, è probabile che supererà la crisi meglio di molti altri Paesi. In Cina, la nostra previsione di crescita del PIL per il 2020 è ora pari al +1,8%, rivista al ribasso rispetto al +4,0% (dopo il +6,1% del 2019). Per quanto concerne i mercati emergenti il peggio non è ancora passato. Nella regione Asia-Pacifico, prevediamo ora che la crescita aggregata diminuirà fino a -0,6% nel 2020. Nell’Europa dell’Est si prevede una contrazione del PIL annuo del -3,9% nel 2020. In America Latina la recessione è inevitabile e nel complesso ci aspettiamo una contrazione di circa -4,1% nel 2020. Il Medio Oriente sta affrontando il duplice shock di Covid-19 e il forte calo dei prezzi del petrolio d il PIL reale della regione dovrebbe contrarsi del -5,1% ma potrebbe toccare il -11.6% in caso di crisi protratta. In Africa prevediamo un -1.6%.
Cliccando il pulsante «Accetta», acconsentite all’utilizzo di tutti i nostri cookie così come quelli dei nostri partner. Utilizziamo i cookie per raccogliere informazioni sulle visite al nostro sito web, con lo scopo di fornirvi un'esperienza ottimale e per migliorare continuamente le prestazioni del nostro sito web. Per maggiori informazioni potete consultare la nostra informativa sulla privacy.
Quando visitate un sito web, questo può memorizzare o recuperare informazioni attraverso il vostro browser, di solito sotto forma di cookie. Poiché rispettiamo il vostro diritto alla privacy, potete scegliere di non consentire la raccolta di dati da alcuni tipi di servizi. Tuttavia, il mancato consenso a tali servizi potrebbe influire sull'esperienza dell'utente.
Questi cookie sono strettamente necessari per fornirti i servizi disponibili attraverso il nostro sito web e per utilizzare alcune delle sue funzionalità.
Cookie di Google Analytics
Utilizziamo Analytics con lo scopo di monitorare il funzionamento del sito e analizzare il comportamento utente.
Altri servizi
Utilizziamo cookies di YouTube e Vimeo per l'iterazione di video esterni nel nostro sito.