Parità salariale: l’obbligo di effettuare un’analisi

La Legge federale sulla parità dei sessi (LPar) è stata recentemente oggetto di una modifica, entrata in vigore il 1° luglio 2020, che mira, da un lato, a sensibilizzare i datori di lavoro sul problema della discriminazione salariale e, dall’altro, ad aggiornare ed eliminare ogni discriminazione salariale sistematica in ragione del sesso, per mezzo di analisi regolari sulla parità dei salari.

Concretamente, le nuove disposizioni prevedono tre tappe: un’analisi della parità salariale dalla parte del datore di lavoro entro il 30 giugno 2021; una verifica di questa analisi da un organo indipendente entro il 30 giugno 2022; una comunicazione ai propri dipendenti ed eventuali azionisti sul risultato dell’analisi entro il 30 giugno 2023.

Analisi della parità salariale: datori di lavoro toccati e metodo

Il nuovo obbligo di analisi della parità dei salari concerne i datori di lavoro che occupano un effettivo di almeno 100 lavoratori, questo indipendentemente dal tasso di attività. Gli apprendisti non sono conteggiati in questo effettivo. Le aziende devono aver effettuato la prima analisi al più tardi entro il 30 giugno 2021. L’obbligo di analisi entro questo termine concerne non solo i datori di lavoro che occupavano all’inizio del 2020 almeno 100 lavoratori, ma anche quelli che occuperanno almeno 100 collaboratori all’inizio del 2021.

Di principio, l’analisi della parità salariarle dev’essere ripetuta ogni quattro anni. Se però l’analisi effettuata dimostra che la parità salariale è rispettata, il datore di lavoro è dispensato dall’obbligo di ripeterla.

Sono dispensati dall’effettuare l’analisi salariale le aziende che sono oggetto di un controllo del rispetto dell’analisi in questione nell’ambito di una procedura di attribuzione di un appalto pubblico o di una concessione di sussidi, o che sono già stati oggetti di una verifica simile tra luglio 2016 e giugno 2020 e che hanno dimostrato di soddisfare i requisiti.

L’analisi della parità salariale dev’essere effettuata secondo un metodo scientifico e conforme al diritto. A tal fine la Confederazione mette a disposizione gratuitamente alle aziende uno strumento d’analisi standard (Logib) disponibile online a questo indirizzo: https://www.ebg.admin.ch/ebg/it/home/servizi/logib.html

Verifica dell’analisi da parte di un organo indipendente

I datori di lavoro che sottostanno al Codice delle obbligazioni devono far verificare la loro analisi della parità salariale da un organo indipendente. Possono far appello, a scelta: a una società di revisione riconosciuta al senso della Legge federale del 16 dicembre 2005 sulla sorveglianza dei revisori; a un’organizzazione al senso dell’articolo 7 della LPar, costituita da almeno 2 anni e che ha per compito, in virtù del suo statuto, di promuovere la parità tra uomo e donna o di difendere gli interessi dei lavoratori e lavoratrici (per esempio un sindacato); a una rappresentanza di lavoratori al senso della Legge federale del 17 dicembre 1993 sull’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese (Legge sulla partecipazione).

Le persone che dirigono la revisione e verificano l’analisi della parità salariale a richiesta di un datore di lavoro devono aver seguito una formazione specifica che deve permettere di garantire che la verifica rispetti i requisiti minimi di qualità e che tutti i datori lavoratori sottomessi a l’obbligo di analisi siano trattati in egual misura. Le persone o entità che desiderano ottenere il riconoscimento di un corso di formazione devono depositare domanda presso l’Ufficio federale per la parità dei sessi che può rilasciare un riconoscimento valido per 4 anni e rinnovabile. L’organo indipendente deve redigere, nel termine di un anno dall’analisi salariale, un rapporto sull’esecuzione dell’analisi della parità salariale ad uso della direzione dell’azienda in verifica.

Comunicazione ai lavoratori e agli azionisti

Una volta ricevuto il rapporto dell’organo indipendente, i datori di lavoro devono informare per iscritto i lavoratori sul risultato dell’analisi della parità salariale, al più tardi un anno dopo la verifica. Le società le cui azioni sono quotate in borsa devono allegare il risultato dell’analisi della parità salariale al loro rapporto annuale.

Per contro, a meno che una legge specifica non lo preveda, i risultati non devono essere comunicati a un’autorità.

Quanto ai datori di lavoro del settore pubblico, devono pubblicare i risultati dettagliati dell’analisi e della verifica.

Conseguenza in caso di non-rispetto dell’obbligo di analisi

Tenuto conto che l’obbligo di analisi della parità salariale mira a sensibilizzare i datori di lavoro sulla questione della parità salariale e che numerose aziende effettuano volontariamente l’analisi, il legislatore ha rinunciato a prevedere una sanzione per le aziende che si sottraggono a questo obbligo. Una violazione della parità salariale tra uomo e donna però può comportare delle conseguenze pecuniarie, avere delle conseguenze sulla gara di un appalto pubblico o l’ottenimento di sovvenzioni dello stato, o ancora avere ripercussioni sull’immagine o la reputazione del datore di lavoro.

Fonte: articolo adattato e tradotto dal francese dalla rivista DEMAIN, edizione del 09.2020

Associazioni professionali: l’unione fa la forza

Nel 2020, più che mai, le associazioni di categoria hanno giocato un ruolo predominate nel sostegno alle attività economiche.

Si tratta di entità che lavora e supporta i propri associati fungendo anche da intermediari fra Stato e società. L’integrazione nei tavoli di lavoro tematici dei diversi esponenti di categoria permette di creare dialogo, fondamento del nostro sistema democratico, fra i diversi attori e pensare a soluzioni concertate per la società.

Uno degli elementi chiave della prosperità svizzera

L’importanza delle associazioni professionali ed economiche per il tessuto sociale elvetico è di primaria importanza. Basti pensare che in Svizzera, esistono oltre 100’000 associazioni, operanti nei settori economici, sportivi, culturali e sociali.

Associazioni, ma anche cooperative e fondazioni sono forme giuridiche proprie della tradizione svizzera. Da un lato, infatti, quest’ultime rappresentano la concretizzazione dei valori elvetici per ciò che concerne il conseguimento di certi obiettivi, rispettando la responsabilità individuale e l’indipendenza dallo Stato. Dall’altro queste persone giuridiche si inseriscono perfettamente nel nostro quadro legislativo, in cui la libertà d’associazione garantita costituzionalmente (l’articolo 23 della Costituzione svizzera prevede proprio questa libertà). Nella pluralità di voci e testimonianze che compongono il nostro tessuto economico, la Cc-Ti, con le sue 45 associazioni affiliate, rappresenta un Ticino imprenditoriale e composto da numerosi e diversificati ambiti eccellenti. Raggruppare le realtà e portare alla luce progetti condivisi e puntuali, può rendere il risultato concreto e affinato alle esigenze estremamente uniche di ogni settore.

Congedo paternità: breve scheda informativa

Lo scorso 27 settembre 2020 è stata accettata in votazione popolare l’introduzione in Svizzera di un congedo paternità. Le nuove regole entreranno in vigore il 1° gennaio 2021. Una scheda informativa a riguardo.

Un riassunto schematico:

  • La durata del congedo è di due settimane, ossia dieci giorni lavorativi. È possibile beneficiare del congedo in blocco o in singole giornate.
  • Ne hanno diritto i padri che esercitano un’attività lucrativa (dipendente o indipendente).
  • Devono inoltre essere stati assicurati obbligatoriamente ai sensi della LAVS durante i nove mesi che precedono la nascita del figlio e durante tale periodo aver esercitato un’attività lucrativa per almeno cinque mesi.
  • Valgono gli stessi principi applicabili al congedo maternità.
  • Il diritto al congedo va comunque esercitato entro sei mesi dalla nascita del figlio.
  • Si riferisce ai figli nati dopo il 31 dicembre 2020.
  • Il diritto è concesso a condizione che il neonato sia in grado di vivere.
  • Copre l’80 per cento del reddito medio conseguito prima della nascita del figlio, ma non può superare i 196 franchi al giorno.
  • L’indennità di paternità non sarà versata automaticamente, ma andrà espressamente richiesta alla cassa di compensazione competente.
  • L’indennità è versata direttamente al lavoratore oppure al datore di lavoro, se questo continua a versare il salario durante il congedo.
  • Per finanziare il congedo di paternità, il 1° gennaio 2021 il tasso di contribuzione IPG passerà dallo 0,45 allo 0,5 per cento. Il 50% dei costi è a carico dei datori di lavoro.

Contattare il Servizio giuridico Cc-Ti
Il nostro Servizio giuridico è a disposizione delle aziende affiliate per consulenze puntuali. Nell’Area soci sono pubblicate diverse schede giuridiche con informazioni mirate e aggiornate su temi in ambiti quali diritto del lavoro, HR, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.. L’accesso a questa sezione del sito è destinata esclusivamente ai soci.

SEO, step by step

Con l’acronimo SEO – Search Engine Optimization, si intendono tutte le attività volte all’ottimizzazione della presenza online dell’azienda per i motori di ricerca.

CEO (Chief Executive Officer) è l’acronimo definisce il più alto ruolo della direzione di un’azienda. Questa persona detiene diverse responsabilità, tra cui la presa di decisioni critiche, la gestione delle operazioni e delle risorse a disposizione, la facilitazione della comunicazione tra la direzione e dipendenti, ecc.. Il ruolo menzionato è fondamentale per il successo, l’immagine e le relazioni interne ed esterne all’azienda.

La SEO (Search Engine Optimization) invece, è l’insieme delle attività volte a migliorare la visibilità e l’attrattività delle pagine web rilevanti al sito o ai portali di un’impresa. La SEO, similmente al ruolo del CEO, è per il mondo virtuale, una componente critica per assicurarne il successo online.

Per rendere l’utilizzo dei social media (soprattutto) valorizzante per la visibilità dell’azienda e per attrarre nuovi clienti verso il proprio business, è necessaria la comprensione di come queste dinamiche funzionino, così da poterne trarre beneficio.

Pagine web, piattaforme social e perché pensare a SEO

Le pagine web, come il sito aziendale, vengono “cliccati” o visitati da chi cerca di proposito il nome dell’azienda o da chi si ritrova a navigare nei siti relativi al settore in cui essa opera. La promozione della propria immagine prende vita anche sui social media. Piattaforme come Facebook, Instagram, LinkedIn, … sono oggi dei mezzi di comunicazione in voga, e saperli utilizzare in maniera strategica può portare un vantaggio a livello di visibilità interessante.

L’insieme di queste azioni si iscrive in un più ampio e articolato gruppo di strumenti essenziali per la comunicazione e la corporate image dell’azienda. Esse si inseriscono in precise strategie di governance aziendale.

La SEO è dunque un supporto al marketing digitale, con cui è possibile tracciare e stabilire non solo il contenuto che si vuole condividere con la rete, ma anche gli obiettivi di diffusione.

Creare contenuti incisivi per divenire più attrattivi

Esistono alcuni suggerimenti che rientrano nelle consuete buone prassi, che di seguito condividiamo.

In Ticino vi sono altresì diverse aziende che si occupano – fra le altre cose – di SEO e che offrono i loro servizi alle organizzazioni e alle imprese che ne necessitano. Avvalersi di un esperto SEO può aiutare a comprendere e sviluppare nuove strategie.

Best practices

  • Creare contenuti allineati con l’intento di attirare l’interesse dell’utente

Il contenuto dei messaggi postati sui social deve essere conciso. I post devono contenere elementi strategici che attirino gli internauti a scoprire la pagina dell’azienda, quella sui social, ma anche su altre piattaforme.
Che si tratti di una ricerca su Google o sui social media, le parole chiave usate nei post dell’azienda, soprattutto nei titoli, devono essere pensate come etichette di riconoscimento e di orientamento verso l’azienda.

  • Hashtag e ‘geotag’

Le parole chiave devono collegarsi in maniera rilevante al tema per poter fare una ricerca su internet. Parole che esaltino il valore e che siano pertinenti al contesto in cui vengono menzionate. La dialettica non è di rilevanza solo per scrittori e poeti, ma anche per chi si ritrova a creare contenuti mediatici, il linguaggio dev’essere ben studiato per centrare l’obiettivo prefissatosi.
In questo senso – oltre a un buon uso di content management – usiamo gli ‘hashtag’ (con il simbolo #). Parole chiave che, alla fine di un post o di un messaggio, “mettono un po’ di ordine” e permettono di farsi trovare. Gli hashtag sono filtri grazie ai quali possiamo creare, trovare e seguire solo argomenti e temi che ci interessano. Etichette per catalogare contenuti di varia natura, come testi e foto, utili anche a chi usa i social in modo professionale: hashtag scelti in modo appropriato possono aiutare ad aumentare i like ad un post di Instagram ad esempio.
Anche la localizzazione, ovvero la menzione del luogo in cui si trova l’azienda o dove vengono svolte le attività, rappresenta una tecnica di riconducibilità all’azienda stessa o ai suoi prodotti. I “geotag” giocano un ruolo importante nella promozione delle proprie attività. Promozione e reperibilità, una sfaccettatura del web che permette di rendersi visibili.

  • Ottimizzare l’uso delle immagini

Le immagini dicono più di mille parole, soprattutto quando si naviga nel mondo digitale. Le immagini e tutti i tipi di contenuti mediatici (come video, gif, …) migliorano l’esperienza degli utenti.
La scelta delle immagini deve contribuire ad attirare l’attenzione, deve avere il fine di sottolineare e rimarcare i messaggi che si vogliono far passare attraverso i post.
Occorre fare attenzione alla qualità e al formato che si utilizzano. Tra i diversi formati, quelli più gettonati sono JPEG, PNG o WebP.
JPEG è il formato ideale quando si vogliono pubblicare fotografie e mostrare un’immagine di alta qualità. Il formato PNG, invece, è più utile e adatto ai post.
WebP invece è un formato più attuale: sviluppato da Google, esso garantisce immagini compresse senza perdite di qualità. Le immagini WebP sono il 26% più leggere di un PNG e fino al 34% meno pesanti di un JPEG, a parità di qualità SSIM.
Si tratta di un formato molto diffuso sulle pagine web.

  • User Experience

L’esperienza dei visitatori delle pagine internet è importante non solo per gli utenti stessi, ma anche per Google (in quanto motore di ricerca). Google, infatti, si focalizza sull’esperienza dei consumatori e di come essi percepiscano e utilizzino il contenuto dei siti. Le statistiche redatte dai motori di ricerca non si basano solo sul numero di “click” verso determinate pagine web, ma anche sull’accessibilità e sul contenuto, sull’uso rilevante ed illustrativo di video e immagini. L’attrattività e il contributo di un sito web al mondo della rete è, per i motori di ricerca, uno standard per cui valorizzare o meno i siti web che appaiono tra le prime scelte di ricerca (ovvero il “ranking”). La gestione dei siti web è per i motori di ricerca un test di qualità.
Per esempio, dal 2017, Google ha messo in atto un sistema di penalizzazione dei siti che trasmettono “pop-up” ai visitatori. Le finestre intrusive e pubblicitarie che disturbano l’internauta sono valutate come una pessima credenziale di qualità, così come lo è un design poco curato.

Le buone prassi SEO sono dei mezzi per sviluppare e divulgare la propria immagine sul web, rientrando in una più ampia strategia di attività definite.
Curare la presenza online della propria azienda, prestando attenzione anche ai dettagli permette una maggior visibilità e un incremento della ‘brand reputation’.

Regole d’origine non preferenziali: facciamo chiarezza

Le regole d’origine non preferenziale figurano tutte nell’Ordinanza sull’attestazione dell’origine non preferenziale delle merci (OAO – ultima modifica il 9 aprile 2008), entrata in vigore il primo maggio 2008. Queste regole servono alle Camere di commercio e dell’industria svizzere per il rilascio dei certificati di origine e di altre attestazioni.

In sostanza, senza un certificato di origine rilasciato da una Camere di commercio e dell’industria competente che confermi la provenienza della merce non è possibile importare dei prodotti in un Paese con cui la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS).

Le otto sezioni presenti nell’ordinanza sono: le disposizioni generali, i criteri d’origine, il rilascio di prove documentali e istituzione di dichiarazioni d’origine, la sorveglianza e controllo, la protezione dei dati e assistenza amministrativa, la protezione giuridica, le disposizioni penali e infine le disposizioni finali.

Le regole d’origine definiscono le condizioni alle quali devono sottostare i prodotti al fine di poter essere dichiarati originari di uno Stato o di un gruppo di Stati nei quali sono stati interamente ottenuti oppure sufficientemente lavorati o trasformati.

Si fanno due distinzioni ben precise:

  • regole d’origine non preferenziali: determinate nell’ambito della politica commerciale autonoma e delle misure tariffali di ogni singolo Paese (OAO).
  • regole d’origine preferenziali: determinate nell’ambito degli accordi di libero scambio (ALS) e di concessioni di preferenze unilaterali in favore dei Paesi in via di sviluppo.

I motivi che giustificano il fatto di indicare l’origine in occasione di una vendita di una merce sono molteplici. Possiamo trovare i diversi interessi dei partner commerciali (provvedimenti antidumping), degli spedizionieri (sdoganamento), della dogana (determinazione dell’aliquota di dazio) o della banca (lettere di credito). Tutto questo può richiedere la presentazione di una prova documentale di origine. Per questa ragione è fondamentale che queste regole siano corrette per il giusto funzionamento sia per il Paese d’origine che per le misure di politica commerciale appropriata al fine di impedire che quest’ultime vengano raggirate.

Queste regole d’origine si dividono in svariati criteri di origine:

  1. Merci di produzione propria
    Criterio A: merce interamente fabbricata
    Criterio B: criterio del 50% del valore aggiunto
    Criterio C: cambiamento della voce di tariffa
    Criterio D: Regole della lista
    Criterio E: altri fatti documentabili nell’ambito dell’attestazione dell’origine
    Criterio F: traffico di perfezionamento
  2. Merci non di produzione propria
    Criterio G: merce commerciale
  3. Accessori, pezzi di ricambio e attrezzature per merci dei cap. 84 e 92 della tariffa d’uso delle dogane svizzere
    Criterio H: fornitura insieme con merce dei cap. 84 a 92
    Criterio I: fornitura per merce già consegnata dei cap. 84 a 92

I Criteri più utilizzati per la richiesta dei Certificati di origine sono il Criterio B, C e G.

Il Criterio B è preso in considerazione qualora il prodotto è stato oggetto di una lavorazione in Svizzera e se il valore di tutti i materiali e dei componenti esteri utilizzati nel processo di lavorazione non supera del 50% il prezzo d’esportazione (prezzo franco fabbrica).

Per il calcolo della percentuale svizzera possono essere considerati:

  • costi dei materiali svizzeri utilizzati per la lavorazione
  • i salari relativi alla fabbricazione in Svizzera
  • spese d’imballaggio
  • spese di trasporto in Svizzera
  • i guadagni (non possono costituire l’unico elemento per soddisfare il criterio del 50%)

Esempio: fabbricazione di un trapano elettrico in Svizzera

Nel Criterio C, una lavorazione o trasformazione è ritenuta sufficiente se ha per risultato di classificare il prodotto finito in una voce a quattro cifre della tariffa doganale svizzera diversa rispetto a quella che si riferisce ai materiali di origine estera utilizzati per la sua lavorazione.

Esempio: utilizzando tavole di legno importate dall’estero, si fabbrica in Svizzera un armadio

Le tavole di legno corrispondono alla voce no. 4407 della tariffa doganale, il mobile finito alla voce no.9403.

Il Criterio G si differenzia in:

  1. Merci acquistate in Svizzera
    – Fornitori svizzeri (merce di origine estera, legalizzazione interna presso la propria Camera di commercio e dell’industria)
    – Fornitori svizzeri (merce di origine svizzera, dichiarazione su fattura come da OAO)
  2.  Merci acquistate da un fornitore estero
    Di fatto richiedere l’emissione di un certificato di origine o di un’attestazione presso la propria Camera di commercio e dell’industria non è così semplice, bisogna considerare in modo serio tutti gli elementi descritti se non si vuole imbattersi in sanzioni molto elevate per aver dichiarato qualcosa di non veritiero.
Necessitate maggiori dettagli? Il Servizio Export Cc-Ti è a disposizione.

Ripartire dal fallimento

Puoi costruire qualcosa di bello anche con le pietre che trovi sul tuo cammino” (Goethe). Se occorresse trovare il senso di un’esperienza negativa come il fallimento si potrebbe trarre spunto da questa citazione di Johann Wolfgang Goethe, scrittore, poeta e drammaturgo tedesco.

Un fallimento apre una prospettiva diversa da cui ripartire.

Ma partiamo dall’inizio…

Cominciare a pianificare e creare un progetto è come scrivere un libro: dalle pagine bianche può prendere vita qualcosa di innovativo. Quando un imprenditore o un team di un’azienda inizia a lavorare e sviluppare un progetto, con la dovuta pianificazione e strategia, si attivano le risorse necessarie a creare e lanciare la novità.
Nel lavoro giornaliero con i colleghi si instaurano dinamiche di gruppo che favoriscono la nascita di nuovi spunti e la creatività avanza verso l’obiettivo del traguardo finale: terminare il progetto e lanciarlo sul mercato (sia esso un prodotto, un servizio, una nuova strategia o un cambio di rotta).
A volte però non tutto va come si era pianificato, e ci si scontra con il fallimento.
Certamente sarebbe stato gradito fosse andata in modo diverso, ma anche il fallimento va elaborato e condiviso.

La sensazione di insuccesso è sicuramente sgradevole, ma va relativizzata e analizzata per cogliere ciò che di buono si può ritenere dal percorso svolto: sinergia, crescita, innovazione, differenziazione.

La paura del fallimento non deve essere un ostacolo allo sviluppo di nuove idee, anzi. Mettersi in gioco e provare e riprovare, costruire e ricominciare offre prospettive diverse su cui riflettere e migliorare.

Apprendere e aprire la mente

Durante un’intervista dedicata al periodo di sperimentazione della lampadina elettrica ad incandescenza, Thomas Edison,  inventore e imprenditore statunitense, disse: “non ho mai fallito. Ho semplicemente trovato 10’000 modi che non funzioneranno”. Molti si sarebbero arresi al terzo tentativo, ma Edison aveva colto l’essenza del fallimento.
James Dyson (inventore dell’aspirapolvere ‘Dyson’) produsse oltre 5’000 prototipi prima di inventare un’aspirapolvere senza sacchetto.
Prima di arrivare a costruire il suo primo modello di automobile, anche Henry Ford fallì diverse volte, a tal punto che fu radiato dall’industria automobilistica.

Il fallimento non è dunque un’alternativa al successo. Il fallimento è un requisito del successo.
Imparare dal fallimento, dalle vie percorse che non hanno portato alla meta, è anche un passo determinante per creare una visione comune nel team: condividendo le esperienze si trovano nuove visioni per arrivare a soluzioni che funzionano percorrendo strade alternative.

Osare

Senza un pizzico di coraggio il business o il progetto resta sempre ancorato ai vecchi paradigmi. Uscire dagli schemi e progredire significa anche non pensare che la strada sarà retta, ma è indispensabile avere la forma mentis che permetta di adattare e rivedere gli schemi e la strategia cammin facendo.

Nuovi modelli

Sicuramente il 2020 non è stato un periodo semplice. Non ha facilitato le attività economiche, che però si sono adattate e sono ripartite con altri stimoli. Quando ricorderemo il 2020, lo vedremo anche come un propulsore del cambiamento digitale a tutti i livelli (smart working, video conferenze, streaming, ecc.).

Cambiare il modo di pensare e di approcciarsi ai progetti permette di applicare le diversificazioni anche sui modelli di business. Quello che fino a ieri era impensabile, oggi diviene realtà.

Per ogni impresa, grande o piccola che sia, l’innovazione (quella tecnologica in particolare) è il fattore decisivo per la sua competitività. È notizia d’inizio autunno che la Svizzera è ancora al vertice della classifica mondiale dell’innovazione: il ‘Global Innovation Index’ conferma infatti la Confederazione ai vertici della ‘top ten’ per il 10° anno consecutivo.
Del resto, l’imprenditore, per definizione, deve sempre essere innovativo se vuole perdurare sul mercato, per cui il costante adattamento del proprio modello di business diventa essenziale.

Strumenti e connessioni differenziate, strategie ottimizzate: proprio perché ‘non esiste successo senza fallimento’, l’innovazione è l’ingrediente principale per vincere.

Brexit e Carnet ATA

Come noto, dal 31 dicembre 2020 la Gran Bretagna non farà più parte dell’Unione Europea. Questo vale anche per il suo territorio doganale. Per quanto riguarda i Carnet ATA svizzeri vi sono diversi scenari possibili che elenchiamo qui di seguito. La data fissata per la Brexit (31 dicembre 2020) verrà indicata come D1.

Primo scenario: Sdoganamento all’importazione con Carnet ATA in Gran Bretagna prima del D1 e passaggio in un Paese europeo dopo il D1.

Procedura
Il Carnet ATA dovrà essere sdoganato (timbrato) alla riesportazione presso la dogana della Gran Bretagna. In seguito si dovrà effettuare lo sdoganamento d’importazione alla dogana del Paese europeo. Il titolare del Carnet dovrà assicurarsi di avere sufficienti volet (fogli tratteggiati trattenuti in dogana) sia per l’importazione che per la riesportazione.

Secondo scenario: Importazione con un Carnet ATA in un Paese dell’Unione Europea e passaggio della merce verso la Gran Bretagna prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dalla Gran Bretagna dopo il D1.

  1. Problema che può sorgere alla riesportazione

La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione nell’Unione Europea ma non verso la Gran Bretagna, che non farà più parte dell’Unione Europea dopo il D1. La questione in sospeso è di sapere se le autorità doganali della Gran Bretagna effettueranno uno sdoganamento alla riesportazione sul Carnet ATA, malgrado non avvenga uno sdoganamento all’importazione in Gran Bretagna, bensì in un Paese dell’Unione Europea

2. Il problema del Carnet di rimpiazzo

Per quanto riguarda il Carnet di rimpiazzo la questione è alquanto delicata, poiché come descritto nel punto precedente non avviene alcuna importazione in Gran Bretagna. Per questo motivo la dogana inglese non sarà in grado di gestire un Carnet di rimpiazzo. Allo stesso tempo ci aspettiamo che la dogana dell’Unione Europea rifiuterà il Carnet di rimpiazzo poiché la merce si troverà in Gran Bretagna e per questo motivo non sarà possibile verificare la merce stessa. In questo caso l’emissione del Carnet di rimpiazzo non potrà essere effettuata.

Terzo scenario: Importazione in Gran Bretagna e passaggio della merce attraverso un Paese membro dell’Unione Europea prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dall’Unione Europea dopo il D1.

  1. Problema della riesportazione

La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione verso la Gran Bretagna, ma non verso l’Unione Europea. Anche in questo caso la questione è delicata poiché non è ancora chiaro se in questo caso l’autorità doganale dell’Unione Europea effettuerà lo sdoganamento alla riesportazione, malgrado non avvenga alcun sdoganamento all’importazione all’interno dell’Unione Europea.

2. Problema del Carnet di rimpiazzo

È lo stesso problema che troviamo nel secondo scenario ma inverso. Non avendo effettuato l’importazione nell’Unione Europea, ci aspettiamo che di conseguenza la dogana dell’Unione Europea non sarà disposta a trattare un Carnet di rimpiazzo. Viceversa, le autorità doganali della Gran Bretagna possono rifiutare il Carnet di rimpiazzo, dato che la merce si trova nell’Unione Europea e in questo caso non ci può essere nessuna verifica. Anche in questo caso il Carnet di rimpiazzo non potrà essere rilasciato.

Raccomandazioni per il secondo e terzo scenario

  • Come raccomandiamo sempre, è meglio che la merce rientri in Svizzera prima della scadenza del Carnet ATA.
  • In caso di un dubbio è meglio evitare il Carnet di rimpiazzo per non avere ulteriori problemi.
  • Se il viaggio avviene tramite aereo dall’Unione Europea (ad esempio Malpensa) consigliamo di aggiungere i transiti nella richiesta del Carnet ATA. Così potranno essere effettuati normalmente l’esportazione dalla Svizzera, il transito in entrata alla prima dogana dell’Unione Europea, il transito in uscita a Malpensa, l’importazione in Gran Bretagna e la riesportazione dalla Gran Bretagna. Al rientro, una volta effettuata la corretta riesportazione dalla Gran Bretagna, quando si arriverà di nuovo su territorio doganale europeo (Malpensa) si effettuerà il transito in entrata, di nuovo il transito in uscita alla dogana prima di entrare in Svizzera e, come ultimo passaggio, la reimportazione in Svizzera.
Per qualsiasi domanda il team Export della Camera di commercio, dell’industria, dei servizi e dell’artigianato del cantone Ticino è sempre a vostra disposizione.

Start-up ed export

Accesso ai mercati esteri: l’importanza di una strategia ben definita già in fase iniziale

L’export è fondamentale per le aziende svizzere, siano esse start-up, micro imprese, PMI o società più grandi.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio chiave emerso dall’evento tenutosi online il 16 novembre, co-organizzato dalla Cc-Ti, insieme a USI, SUPSI, CP Start-up, Switzerland Global Enterprise, con il sostegno di Innosuisse – Swiss Innovation Agency.

Benché ogni azienda (a dipendenza della fase che sta vivendo – neocostituita, in espansione, consolidata, ecc.) attribuisca un’importanza diversa alle attività di esportazione, guardare con un occhio di riguardo “oltre i confini” elvetici resta un elemento imprescindibile per lo sviluppo del business.

L’evento si è svolto in streaming e vi hanno assistito una sessantina di partecipanti. Per la Cc-Ti hanno preso parte all’evento il Vice-Direttore Michele Merazzi, con Martina Grisoni e Giulia Scalzi, Responsabili del Servizio Export.
Sono intervenuti anche Francesco Lurati e Alcide Barberis del CP Start-up e Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise. L’evento è poi proseguito con una testimonianza concreta di un’azienda: Giuseppe Perale di IBI SA ha parlato dell’approccio con le esportazioni e i mercati esteri.

In conclusione, sono emerse numerose domande e riflessioni da parte dei partecipanti, a cui i relatori hanno prontamente risposto fugando ogni dubbio sul tema.
Interessante sottolineare che l’evento in streaming non ha limitato l’interazione tra gli iscritti, anzi, lo scambio di informazioni è stato vivace e interessante.

I relatori della Cc-Ti: Giulia Scalzi, Martina Grisoni e Michele Merazzi

Un’idea chiara per una strategia vincente

Definire un piano di sviluppo e crescita aziendale, con un business plan determinato, e intraprendere i passi necessari per concretizzare la propria idea.

La scalabilità dell’offerta e l’apertura ai mercati esteri sono fondamentali anche in questa fase di previsione e preparazione. È possibile che inizialmente le risorse non permettano grandi manovre o che le priorità strategiche stabilite vadano in altre direzioni (convogliate sul mercato interno, ad esempio).

Comprendere i processi legati all’internazionalizzazione resta importante per le start-up (come pure per le imprese attive sul territorio), così come la conoscenza dei partner, degli attori coinvolti nelle fasi cruciali e dei loro servizi (Camere di commercio e dell’industria, Switzerland Global Enterprise, altre istituzioni, enti, aziende, …).


Per ogni informazione la Cc-Ti, attraverso il Servizio Export, è a disposizione. Contattateci.

Novità in materia di accordi di libero scambio

Accordo tra AELS-Ecuador e tra Ucraina e Georgia. Alcuni dettagli in merito.

Con la conclusione degli accordi di libero scambio (ALS), la Svizzera mira a garantire alle PMI un migliore accesso ai mercati. L’attuale rete (oltre 30 accordi) si arricchisce ora di un nuovo trattato, quello tra AELS ed Ecuador, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Tale accordo ha un vasto campo di applicazione: infatti, non solo promuove gli scambi commerciali regolando le norme di origine, le misure di salvaguardia commerciale, le barriere tecniche al commercio e le misure sanitarie e fitosanitarie, ma disciplina anche il commercio dei servizi, gli investimenti, la protezione della proprietà intellettuale e gli appalti pubblici.

Gli scambi commerciali con la Nazione sudamericana sono relativamente limitati: nel 2019 le esportazioni svizzere ammontavano a 100 milioni di franchi, soprattutto prodotti chimico-farmaceutici e macchinari e le importazioni si attestavano a 313 milioni di franchi, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente dovuto all’aumento delle importazioni di oro. Questo accordo è tuttavia importante per l’export svizzero nella regione in quanto prevede il cosiddetto “cumulo dell’origine” con materiali originari da Colombia e Perù (con cui l’AELS ha accordi separati) favorendo l’ottenimento della condizione di “merce di origine preferenziale” necessaria per uno sgravio dai dazi.

Il 26 marzo 2020 è inoltre entrato in vigore anche l’ALS tra Ucraina e Georgia. In che modo questo accordo tocca anche la Svizzera? La Confederazione dispone di ALS sia con l’Ucraina (dal 2012) sia con la Georgia (dal 2018) e in tali accordi sono definite norme di origine identiche che rendono possibile il “cumulo dell’origine”. Come nel caso sopra esposto, questo amplia notevolmente la possibilità di ottenere l’origine preferenziale e una (parziale) esenzione daziaria.

La conoscenza dei regimi preferenziali e delle possibilità di esenzione dai dazi doganali è di fondamentale importanza per le nostre aziende, Cc-Ti e S-GE si impegnano quindi a diffondere al meglio tali informazioni e restano a disposizione per approfondimenti.


Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Questionario di autovalutazione per PMI

Lanciato il questionario per le PMI nell’ambito delle iniziative Cc-Ti per la CSR – Corporate Social Responsibility

Il tema della CSR, acronimo inglese di Corporate Social Responsibility, è sempre più d’attualità.

La recente pandemia ha cambiato in maniera significativa le nostre abitudini incrementando il lavoro da casa. “Smartworking” e “Home office” sono i termini che molte delle nostre imprese hanno cominciato a conoscere meglio, ma il concetto di CSR è molto più ampio. Comprende ad esempio la sensibilità ambientale per ridurre l’impatto che le aziende hanno sul territorio in termini di gestione dei rifiuti e consumi energetici. Vi sono però anche la razionalizzazione dei trasporti e degli spostamenti, la conciliabilità lavoro-famiglia promossa anche attraverso le misure sociali introdotte dalla riforma cantonale fiscale e sociale, accettata in votazione popolare nell’aprile 2018. Oppure la prossima introduzione nella LC-Pubb di criteri di responsabilità sociale per quelle imprese che partecipano ai bandi d’appalto pubblici. Il tema CSR è molto ampio e per le grandi aziende è gestibile con relativa facilità. Per le piccole e medie aziende è invece spesso più complicato, per cui abbiamo deciso di creare uno strumento ritagliato soprattutto sulle esigenze delle imprese di piccole e medie dimensioni, per facilitare il loro approccio al tema della CSR.

La nostra annuale Inchiesta congiunturale del 2019 ha portato alla luce un fatto interessante e cioè che molte imprese ticinesi attuano già delle buone pratiche riferite alla CSR, situandosi nella media di quanto fanno gli altri cantoni. Questo avviene spesso in maniera quasi inconscia e automatica nel lavoro quotidiano. Per questo motivo, in collaborazione con la SUPSI, abbiamo elaborato un questionario semplice e intuitivo che permette alle aziende di fare rapidamente il punto sulla loro situazione rispetto ai temi della CSR.

Il questionario si compone di 18 domande sui temi principali della CSR, cioè governance, ambiente e aspetti sociali. Compilando il formulario si riceve un’immediata valutazione con un determinato punteggio che indica la situazione aziendale e formula suggerimenti utili alle aziende per rafforzare misure già esistenti o prevederne altre. Il tutto si svolge online.

Il questionario è disponibile da oggi sul sito della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino.
La compilazione del formulario non ha termini di scadenza e sarà sempre a disposizione. Ciò permetterà alle aziende di verificare lo stato dei loro progressi, aggiornando i dati sulla base dell’evoluzione della loro situazione.

Analisi dei dati

I dati inseriti nel formulario daranno la possibilità alle aziende di avere un’autovalutazione immediata sotto forma di punteggio, ma serviranno anche alla Cc-Ti per valutare e implementare misure a favore delle imprese. I dati saranno aggregati e trattati nel pieno rispetto della Legge federale sulla protezione dei dati (LPD). L’analisi dei dati verrà effettuata periodicamente, in collaborazione con la SUPSI.

A medio termine, i dati serviranno anche a realizzare un modello di “Rapporto di sostenibilità” che sarà poi a disposizione dei soci della Cc-Ti.

Il questionario è riservato a imprese che operano in Ticino nei settori del commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi con un numero di collaboratori superiori a due unità. Pertanto i dati da raccogliere riguardano esclusivamente le sedi presenti sul territorio e le loro attività. La raccolta dati non riguarda imprese individuali, enti pubblici e associazioni del terzo settore.

Ulteriori informazioni, anche sulla compilazione del formulario, possono essere richieste contattandoci al seguente indirizzo: csr@cc-ti.ch

Per le imprese affiliate alla Cc-Ti che intendono approfondire il tema, il CSR Manager della Cc-Ti Gianluca Pagani (pagani@cc-ti.ch) è a disposizione per una consulenza.

Valutate l’approccio della vostra azienda in tema CSR grazie al nostro questionario che troverete a questo link!