Prestazioni transitorie per i disoccupati anziani

Le prestazioni transitorie (entrate in vigore il 1° luglio 2021) sono tese a garantire la copertura del fabbisogno vitale delle persone che hanno perso il lavoro poco prima di raggiungere l’età di pensionamento, fino al momento in cui possono riscuotere la rendita di vecchiaia.

Si tratta di prestazioni in funzione del bisogno, che vengono calcolate analogamente alle prestazioni complementari all’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (AVS) o all’assicurazione invalidità (AI). I disoccupati che hanno esaurito il diritto all’indennità dell’assicurazione contro la disoccupazione dopo i 60 anni e non riescono a conseguire un reddito sufficiente possono ricevere prestazioni transitorie fino al pensionamento. Queste prestazioni, finanziate dalla Confederazione e versate dai Cantoni, constano della prestazione transitoria annua, che viene versata mensilmente e del rimborso delle spese malattia e d’invalidità.

Possono ricevere le prestazioni transitorie le persone che:

  • esauriscono il diritto all’indennità di disoccupazione nel mese in cui compiono i 60 anni di età o successivamente;
  • sono stati assicurati all’AVS svizzera per almeno 20 anni, di cui almeno cinque dopo aver compiuto i 50 anni di età, e hanno conseguito un determinato reddito da attività lucrativa (una persona deve aver guadagnato 21’510 franchi all’anno -75 % di 28’680 franchi- per poter esercitare il diritto alle prestazioni transitorie -importi per il 2021-);
  • dispongono di una sostanza non superiore a 50’000 franchi (persone sole) o 100’000 franchi (coppie sposate), senza tener conto delle abitazioni ad uso proprio;
  • sono domiciliate e dimorano abitualmente in Svizzera o;
  • hanno spese riconosciute superiori ai redditi computabili (condizione economica).

Non ricevono le prestazioni transitorie le persone che:

  • hanno diritto a una rendita dell’AVS o dell’AI (il coniuge ha un diritto proprio alla PC);
  • hanno esaurito il diritto all’indennità di disoccupazione prima del compimento dei 60 anni;
  • hanno esaurito il diritto all’indennità di disoccupazione prima del 1° luglio 2021.

Le persone che giungono alla scadenza del diritto tra il 1° gennaio 2021 e l’entrata in vigore della presente legge hanno diritto a prestazioni transitorie ai sensi della presente legge, purché soddisfino le condizioni di concessione di cui all’art. 5 LPTD.

Quali prestazioni sono versate e come sono suddivise?

Le PTD comprendono:

  • una prestazione transitoria annua, versata mensilmente
  • il rimborso delle spese di malattia e d’invalidità

A quanto ammontano le prestazioni transitorie?

Le prestazioni transitorie sono fissate in funzione del bisogno e versate fino a un importo massimo annuo di 44’123 franchi per le persone sole e di 66’184 franchi per le coppie sposate (limite massimo delle prestazioni transitorie). Per le spese di malattia e d’invalidità sono rimborsati annualmente al massimo 5’000 franchi per le persone sole e 10’000 franchi per le coppie sposate, fino al raggiungimento dell’importo massimo delle prestazioni transitorie.

Richiesta delle prestazioni transitorie

Si può esercitare il proprio diritto alle prestazioni transitorie con una richiesta all’organo esecutivo competente del luogo di domicilio. Per le persone domiciliate in uno Stato dell’UE o dell’AELS è competente l’organo esecutivo dell’ultimo luogo di domicilio in Svizzera. Per il Cantone Ticino esiste un apposito formulario scaricabile dal sito internet dell’Istituto delle assicurazioni sociali.

Per le persone che non sono mai state domiciliate in Svizzera è competente l’organo esecutivo del luogo della sede dell’ultimo datore di lavoro. Ci si può rivolgere agli organi esecutivi anche per ricevere i moduli ufficiali per la richiesta, che possono essere inoltrati dalla persona richiedente, dal suo rappresentante legale o da un parente stretto. L’organo esecutivo competente comunica per iscritto la decisione concernente le prestazioni transitorie. La persona interessata può fare opposizione.
Come devo procedere per la richiesta del rimborso delle spese di malattia?
Bisogna inviare o consegnare presso la ricezione dell’Istituto delle assicurazioni sociali, Via Ghiringelli 15a, 6501 Bellinzona, gli originali delle fatture o dei conteggi della propria Cassa malati.

Quando inizia e quando finisce il diritto alle prestazioni transitorie?

Il diritto alle prestazioni transitorie nasce in linea di principio dal mese in cui viene presentata la richiesta e sono adempiute le condizioni per il versamento. Il diritto si estingue alla fine del mese in cui il richiedente:

• non adempie più una delle condizioni;

• ha il diritto di riscuotere anticipatamente la rendita AVS (62 anni per le donne e 63 per gli uomini), se dagli accertamenti dell’organo esecutivo competente risulta prevedibile che al raggiungimento dell’età ordinaria di pensionamento avrà diritto alle prestazioni complementari; o

• raggiunge l’età ordinaria di pensionamento.

Le richieste di prestazioni transitorie vengono trattate dalle Casse cantonali AVS.


Il formulario di richiesta per il Cantone Ticino, denominato “Formulario domanda di PTDA” è scaricabile dal presente link: https://bit.ly/3xFDLmR

Il modulo «Prestazioni transitorie per anziani disoccupati» è disponibile sul sito web del Centro d’informazione AVS/AI: www.ahv-iv.ch; Link opuscolo: www.ahv-iv.ch/p/5.03.i

Per maggiori informazioni ci si può rivolgere ai competenti organi esecutivi, che di regola sono ubicati presso la cassa di compensazione del Cantone di domicilio: www.avs-ai.ch.


Fonte: 5.03/i, edizione giugno 2021

analitic

Aziende, LIFT ha bisogno di voi!

Anche durante la pandemia il progetto LIFT – che la Cc-Ti sostiene sin dalla sua introduzione in Ticino nel 2013 – ha continuato ad accompagnare i giovani che rischiano di incontrare delle difficoltà nella transizione dalla scuola verso il mondo professionale.

© Stefan Kaiser – Progetto LIFT

Ricordiamo che LIFT è un progetto di prevenzione dei rischi di non inserimento professionale alla fine della scolarità obbligatoria. Si rivolge agli allievi di terza e quarta media che non hanno delle buone condizioni di partenza per riuscire ad integrarsi nel mondo del lavoro. L’elemento principale che facilita questo futuro inserimento è l’avvicinamento al mondo professionale tramite posti di lavoro settimanali. I giovani che partecipano a LIFT si recano in un’azienda della loro regione, qualche ora a settimana (massimo tre ore al giorno), al di fuori dell’orario scolastico. Ogni esperienza LIFT in azienda dura complessivamente 12 settimane, ciò che permette ai ragazzi e alle ragazze di approfondire sul lungo periodo la conoscenza del mondo professionale. Parallelamente, gli allievi LIFT seguono a scuola dei moduli di accompagnamento, al fine di ottimizzare questa sensibilizzazione al mondo professionale.

In Ticino LIFT ha preso avvio nel 2013 e si sta sempre più consolidando grazie anche al sostegno accordato al progetto per il triennio 2020-2022 dalla Divisione della formazione professionale del DECS. LIFT fa parte delle misure previste dal progetto “Obiettivo 95%” promosso dal DECS a sostegno dei giovani ed approvato dal Gran Consiglio poco più di un anno fa. L’obiettivo principale è di permettere, attraverso l’obbligo formativo esteso fino ai 18 anni di età, ad una maggiore percentuale di giovani di conseguire un diploma del secondario II.

Tornando a LIFT, le scuole medie ticinesi che finora hanno attuato il programma sono nove e si tratta delle sedi di Balerna, Morbio Inferiore, Riva S. Vitale, Viganello, Pregassona, Caslano, Agno, Gravesano e Castione. Questo significa che ogni sede si impegna a trovare uno o due (a volte tre) insegnanti che, oltre alla loro materia, si dedichino ai-alle giovani LIFT.

Ed è anche grazie al lavoro e alla passione dei docenti che si occupano dei ragazzi e delle ragazze che seguono il programma, che LIFT è apprezzato e ben accolto dagli allievi e allievi, dalle loro famiglie e dalle aziende coinvolte. I-le giovani si impegnano a loro volta a seguire il programma LIFT durante due anni scolastici e ne traggono diversi benefici: uno sviluppo delle competenze sociali e professionali, una maggiore autostima, una ritrovata motivazione scolastica. E soprattutto avranno maggiori possibilità di trovare un posto di apprendistato o un’altra soluzione di formazione subito al termine della scuola dell’obbligo.

Tutto ciò non sarebbe possibile senza la disponibilità delle aziende e degli enti che accolgono i-le giovani offrendo loro posti di lavoro settimanali. Il Ticino può già contare su un buon numero di aziende, grandi, medie e piccole, che hanno accettato di essere partner delle scuole LIFT, permettendo ai-alle giovani di sperimentare concretamente il mondo del lavoro, conoscere la professione, vivere la realtà lavorativa e confrontarsi con gli adulti al di fuori del contesto famigliare. Le esperienze in azienda sono fondamentali nel percorso LIFT dei-delle giovani e i risultati sono sempre positivi in termini di crescita personale.

L’anno scolastico 2020/2021 è stato però un anno particolare a causa del coronavirus. La seconda ondata della pandemia, con la conseguente chiusura di molte attività, il passaggio all’home working e le restrizioni messe in atto, ha gioco forza frenato le esperienze in azienda dei-delle giovani LIFT. Tuttavia, molte ditte, tra quelle che hanno potuto continuare normalmente la propria attività, sono rimaste a disposizione degli allievi e delle allieve e non hanno smesso di offrire posti di lavoro settimanali. È quindi doveroso un sentito ringraziamento a queste aziende. Inoltre, LIFT non si è mai fermato: i ragazzi e le ragazze hanno continuato a beneficiare a scuola dei moduli di accompagnamento e del sostegno dei docenti LIFT nel cercare un posto di apprendistato, una scuola professionale a tempo pieno o un’altra soluzione di formazione.

Perché mettersi a disposizione offrendo un posto di stage?

Il mondo economico trae senz’altro vantaggio da una società che può vantare un tasso di disoccupazione basso. Per questo è importante sostenere quei progetti o programmi che, come LIFT, intervengono precocemente per favorire una transizione di successo dalla scuola al mondo professionale.

Ora che la situazione sanitaria sembra essersi un po’ normalizzata, invitiamo tutte le aziende che desiderano mettersi a disposizione, per il futuro dei giovani e di tutta la società, ad annunciarsi scrivendo a karole.manfredi@progetto-lift.ch.


Quali sono i vantaggi di diventare un’azienda partner di LIFT?

  • Concretizzare il proprio impegno sociale ed etico
  • Assicurare il ricambio generazionale
  • Far scoprire una professione
  • Creare relazioni positive e di fiducia con i-le giovani
  • Creare relazioni privilegiate con le scuole
  • Essere identificata come azienda partner di LIFT

Concretizzate il vostro impegno proponendo un posto di lavoro settimanale!

L’efficacia di LIFT: le cifre di un successo duraturo
Dal 2006 LIFT fa incontrare giovani, scuola ed economia, con vantaggi per tutti: 310 sedi LIFT in tutta la Svizzera – 39 nuove scuole hanno aderito nel 2020 – 21 Cantoni coinvolti, in Ticino circa 80 giovani ogni anno sono seguiti da LIFT e le scuole possono contare su almeno  un centinaio di aziende partner – L’obiettivo per i prossimi anni è di arrivare progressivamente a 150 giovani e 300 aziende partner (cifre al 31.12.2020).

Articolo a cura di Karole Manfredi, Coordinatrice regionale Ticino, Progetto LIFT

Mobilità sostenibile: auto elettrica, sì, ma…

La mobilità personale fa parte della vita quotidiana di tutti noi. Vuoi per lavoro o per svago, quasi ogni giorno dobbiamo spostarci dal nostro domicilio per distanze più o meno lunghe.

La conformazione del nostro territorio, purtroppo, in alcuni casi rende complesso il solo utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici che, è doveroso dirlo, hanno fatto passi da gigante per migliorare la loro efficienza e la fruibilità da parte della popolazione. Anche l’impegno di diverse aziende di offrire ai propri collaboratori soluzioni di trasporto collettivo per il tragitto casa lavoro, non sono sempre attuabili.

Ecco allora che entra in gioco la responsabilità individuale per la scelta del mezzo di trasporto privato o aziendale.

Sfatiamo subito un mito: non esiste una soluzione unica per tutti. Di principio, pensando alla mobilità sostenibile e tralasciando l’andare a piedi o in bicicletta che per distanze relativamente importanti non possono essere prese in considerazione, viene subito da dire prendiamo un’auto elettrica. L’idea è sicuramente buona in quanto le emissioni di un veicolo di questo genere sono praticamente nulle almeno a livello locale. Poi, andando più a fondo della questione, bisogna chiedersi se effettivamente anche la produzione dell’energia elettrica necessaria a caricare le batterie della nostra vettura è a emissioni zero. Purtroppo, anche se in Svizzera buona parte dell’energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili, come l’idro-elettrico e il fotovoltaico, una buona parte di energia viene prodotta o importata da fonti non rinnovabili e inquinanti quali il nucleare o le centrali a carbone. Un altro, e forse più importante fattore di valutazione che va affrontato nel decidere di acquistare un veicolo elettrico, è se effettivamente sarà possibile caricare le batterie in maniera semplice ed efficace.

La situazione attuale delle stazioni di ricarica pubbliche e private non è assolutamente soddisfacente. Per quanto riguarda la rete pubblica di colonnine di ricarica, sebbene abbastanza ampia, è ancora nettamente insufficiente a soddisfare un probabile aumento delle vetture elettriche in circolazione. Nel privato la situazione è ancora più complessa: chi abita in un condominio non sempre può installare una stazione di ricarica nel proprio parcheggio, come pure chi abita in un centro villaggio ed è costretto a lasciare l’auto in un parcheggio pubblico non ha la possibilità di ricaricare la propria auto. Anche chi possiede una propria abitazione deve valutare bene l’acquisto di una vettura elettrica, non sempre l’impianto elettrico è in grado di sopportare il carico maggiore necessario alla ricarica delle batterie.


Rileggi l’articolo “Focus su una nuova mobilità”

Deduzione delle spese di ricerca e di sviluppo

Quale Paese dall’alto tenore di vita e dagli elevati prezzi (“Hochpreisinsel”) dal dopoguerra la Svizzera è costretta, soprattutto per le sue ditte esportatrici, a puntare sui settori ad alto valore aggiunto e alla continua innovazione dei prodotti e dei processi. Infatti, la Confederazione è uno dei Paesi che, rispetto al loro PIL, più investono nella ricerca e lo sviluppo (in seguito anche “R&S”).

Secondo alcuni studi, l’economia privata sostiene oltre i due terzi dei costi del settore R&S svizzero, che si attestano al momento a circa 22 miliardi di franchi, cioè più di 3 percento del PIL.

Con la Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS (in seguito “RFFA”) è stata creata agli articoli 10a e 25a della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (in seguito “LAID”) la base legale per consentire ai Cantoni di maggiorare la deduzione per le spese di R&S fino a concorrenza del 50% di quest’ultime. Si tratta di un’incentivazione dal lato input delle spese di R&S (mentre l’incentivazione dal lato output è promossa attraverso il Patent box).

Trattandosi di una facoltà e non di un obbligo imposto ai Cantoni, il Legislatore ticinese non era tenuto a recepire questa nuova deduzione fiscale.

In modo molto lungimirante, il nostro Legislatore ha però intuito il potenziale attrattivo di questo nuovo incentivo per l’innovazione e ha colto questa occasione al volo. Con la Riforma fiscale cantonale di adeguamento della Legge tributaria cantonale alla RFFA, sfruttando al massimo i margini di manovra concessi dalla LAID, sono stati così introdotti nella Legge tributaria cantonale (in seguito “LT”) i nuovi articoli 30a e 73a LT che permettono l’ulteriore deduzione per spese di R&S (cosiddetta “superdeduzione R&S”).

Nelle prossime righe cercheremo di descrivere le caratteristiche principali di questo nuovo importante incentivo fiscale e in quali condizioni esso possa essere d’interesse per le PMI ticinesi.

Funzionamento della superdeduzione (o deduzione maggiorata)

Secondo le nuove disposizioni di legge, in vigore dal 1° gennaio 2020, la superdeduzione R&S è concessa solo al contribuente che ne fa richiesta all’autorità di tassazione competente. Non si tratta infatti di un costo che può essere registrato nella contabilità commerciale, ma di una deduzione nel calcolo (extracontabile) delle imposte.

L’agevolazione in questione consiste in una deduzione fiscale supplementare quantificata in ragione di un importo pari al 50% delle spese di R&S giustificate dall’uso commerciale e sostenute in Svizzera direttamente dal contribuente stesso o indirettamente da terzi.

Non tutte le spese che, a prima vista, potrebbero sembrare di R&S qualificano per il calcolo della superdeduzione. Infatti, secondo l’art. 73a cpv. 3 LT, per quanto riguarda le spese sostenute dal contribuente stesso, possono essere considerate solo le spese, sostenute in Svizzera, per il personale direttamente imputabili alla R&S, a cui si aggiunge un supplemento pari al 35%di queste spese, fino a concorrenza delle spese complessive del contribuente.

Per spese per il personale sono da intendersi i costi aziendali di personale (salari e oneri sociali) purché si tratti di collaboratori effettivamente attivi nella R&S. Non qualificano, per esempio, i costi del personale che svolge funzioni di management, attività amministrative, di produzione, di vendita, ecc. Con il supplemento del 35% sulle spese per il personale si tiene conto in modo forfettario delle altre spese di R&S, quali p.es. i costi di materiale, gli investimenti, i costi delle attrezzature di ricerca o per i servizi ecc.

Per quanto concerne le spese di R&S indirettamente sostenute da terzi, cioè fatturate al contribuente da mandatari esterni, la norma di legge consente l’applicazione della superdeduzione R&S per l’80% dell’importo addebitato per attività di R&S, purché tale attività sia stata effettuata da società del gruppo o da terzi su suolo svizzero.

Da notare che ai fini del calcolo della ulteriore deduzione del 50% è possibile aggiungere alle spese qualificanti del proprio personale del settore R&S l’80% delle spese di R&S fatturate dai mandatari esterni. Inoltre, nel caso in cui sia il mandante che il mandatario siano residenti in Svizzera e abbiano entrambi diritto alla agevolazione, per evitare una doppia deduzione, il Legislatore ha previsto che solo la persona che ha conferito il mandato di R&S abbia diritto alla relativa deduzione, che pertanto non potrà essere fatta valere dal mandatario.

L’interesse per le PMI ticinesi

Si può calcolare che, sfruttando al massimo la superdeduzione R&S e tenuto anche conto della norma sulla limitazione dello sgravio fiscale (art. 73b LT), una società di capitali con sede a Lugano possa ridurre la propria aliquota sull’utile effettiva da circa 18.31% fino a circa 10.35%.

In linea di principio dovrebbe essere più agevole la possibilità di fare valere la superdeduzione R&S rispetto al Patent box. Quest’ultimo è infatti concesso solo in relazione agli utili netti da brevetti e diritti analoghi, mentre la superdeduzione R&S non presuppone l’ottenimento di un brevetto.

Eppure, la possibilità di far valere la superdeduzione R&S non è aperta a tutte le aziende. Infatti, la tipologia di ricerca che qualifica per la deduzione maggiorata per le attività di R&S è limitata alla ricerca scientifica e all’innovazione fondata sulla scienza ai sensi dell’art. 2 della legge federale sulla promozione della ricerca e dell’innovazione. In altre parole, qualificano per l’agevolazione le spese che riguardano la ricerca fondamentale, la ricerca orientata all’applicazione e l’innovazione fondata sulla scienza. Con quest’ultima sono da intendersi lo sviluppo di nuovi prodotti, procedure, processi e servizi per l’economia e la società, ma non la ricerca sostenuta per il lancio dei prodotti sul mercato e la loro valorizzazione (p. es. il marketing). Sapere individuare le spese che qualificano per la superdeduzione R&S costituisce una delle maggiori sfide per le PMI.

Per poter fare valere la superdeduzione l’azienda, a cui spetta l’onere della prova secondo le regole generali, dovrà pertanto potere dimostrare, oltre che il calcolo della deduzione, anche la natura delle attività svolte e perciò dovrà tenere a disposizione dell’autorità fiscale idonea documentazione di supporto.


Articolo a cura di Peter A. Jäggi, Avv. Esperto fiscale dipl. fed., LL.M., Jäggi & Scheller SA, Lugano

Formazione continua in azienda

Da alcuni anni, i dati statistici mostrano che il tasso di partecipazione alla formazione continua in Svizzera è buono, soprattutto se si considerano le persone che già possiedono solide qualifiche grazie alla formazione di base. Dei margini di miglioramento si evidenziano per quanto riguarda le competenze di base degli adulti e la formazione professionale continua. Per questo motivo il Consiglio federale ha deciso di adottare delle misure per migliorare le condizioni quadro nel campo della formazione degli adulti in modo da incoraggiare e facilitare la partecipazione alla formazione continua, con particolare attenzione alle PMI e ai loro dipendenti.

Infatti, il 23 giugno 2021 il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) di ottimizzare le condizioni quadro di partecipazione ai corsi di formazione per adulti e incoraggiare così l’iscrizione di coloro che presentano lacune nelle competenze di base.

Oltre a perfezionare le condizioni quadro per la formazione professionale e continua, la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI) è stata incaricata di promuovere il programma “Semplicemente meglio! …al lavoro”, che sostiene finanziariamente le aziende che vogliono migliorare le competenze di base dei propri dipendenti.

Anche le associazioni professionali interessate saranno maggiormente coinvolte grazie al programma pilota “Coaching formazione continua per le PMI”, che vuole sviluppare un’offerta di consulenza per rilevare e definire le esigenze di formazione continua di piccole e medie imprese (PMI).

Con l’inserimento della promozione delle competenze di base nella legge federale sulla formazione continua (LFCo) e con le misure annunciate la Confederazione ha dato degli impulsi che dovrebbero stimolare le aziende a promuovere l’apprendimento dei propri collaboratori e parallelamente aumentare la partecipazione alla formazione continua di quei pubblici che attualmente ancora faticano ad avere accesso ai corsi.

In questo particolare periodo storico – che ha visto l’accelerazione di processi, come ad esempio la digitalizzazione – la Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti CFC, accoglie con favore la decisione del Consiglio federale e ritiene di fondamentale importanza rafforzare ulteriormente la politica della formazione continua adottando adeguate misure di sostegno e riconoscendo la necessità di maggior azione, in particolare nella formazione continua professionale. Per questo motivo, in collaborazione con i suoi soci – fra cui la Cc-Ti, che siede anche nel Comitato – e i suoi partner, la CFC mira a mettere in rete e rafforzare la collaborazione tra chi offre formazione e le aziende del territorio che intendono implementare misure di formazione specifiche come quelle sostenute dal programma “Semplicemente meglio! …al lavoro”.

Le aziende interessate al programma che desiderano avere maggiori informazioni possono rivolgersi al segretariato CFC oppure consultare il sito www.meglio-adesso.ch/aziende dove, nella sezione “testimonianze”, si possono visionare dei filmati che presentano le esperienze di aziende che hanno beneficiato del programma, permettendo ai propri collaboratori di acquisire le competenze necessarie a sviluppare la loro professionalità sul posto di lavoro. Insomma, siamo di fronte ad un’interessante possibilità per continuare in modo coerente e strutturato quel difficile percorso di costruzione di una chiara identità aziendale formativa. Un’occasione unica e forse irripetibile di cui speriamo anche al Sud delle Alpi si riesca ad approfittare.

LINK UTILI
Il Consiglio federale intende rafforzare l’acquisizione delle competenze in particolare nelle PMI – comunicato stampa
– Programma “Semplicemente meglio! …al lavoro
Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti CFC

Articolo a cura di Paolo Ortelli, Presidente Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti CFC

Welcome to the Swiss Arbitration Centre

The leading commercial dispute resolution institution in Switzerland.Efficient, reliable, and impartial administration of arbitration and other alternative dispute resolution (ADR) since 1866.

Taking effect at the end of May 2021, the Swiss Chambers’ Arbitration Institution (SCAI) has been converted into a Swiss limited company and renamed Swiss Arbitration Centre Ltd (the Swiss Arbitration Centre). The Swiss Arbitration Association (ASA) takes the lead as majority shareholder, working closely together with the Swiss Chambers of Commerce, which will continue to support the Swiss Arbitration Centre as shareholders and through their extensive networks. The reorganization ensures that users will continue to be served at the highest standard in the future.

The conversion of SCAI into the Swiss Arbitration Centre does not affect the validity of existing arbitration or mediation agreements referring to SCAI or any cantonal Chambers of Commerce.

The Board of Directors of the Swiss Arbitration Centre is composed of four members nominated by ASA (Bernhard Berger of Kellerhals Carrard in Bern as President, Domitille Baizeau of Lalive in Geneva as Vice President, Pierre-Yves Gunter of Bär & Karrer in Geneva, and Gabrielle Nater-Bass of Homburger in Zurich) and three members nominated by the Chambers of Commerce of Basel, Bern, Central Switzerland, Geneva, Neuchâtel, Ticino, and Zurich (Andreas Meier, Chamber of Commerce of Basel, Regine Sauter, Chamber of Commerce of Zurich, and Vincent Subilia, Chamber of Commerce, Industry and Services Geneva).


A partire dalla fine di maggio 2021, l’istituto di arbitrato delle Camere svizzere (SCAI) è stato convertito in una società per azioni svizzera e ribattezzato Swiss Arbitration Centre Ltd (il Centro svizzero di arbitrato). L’Associazione svizzera di arbitrato (ASA) assumerà la guida come azionista di maggioranza, lavorando a stretto contatto con le Camere di commercio svizzere, che continueranno a sostenere il Centro svizzero di arbitrato come azionisti e attraverso le loro ampie reti. La riorganizzazione garantisce che gli utenti continueranno a essere serviti ai più alti standard anche in futuro.

La conversione di SCAI in Centro Arbitrale Svizzero non pregiudica la validità degli accordi arbitrali o di mediazione esistenti riferiti a SCAI o ad eventuali Camere di Commercio cantonali.

Il Consiglio di amministrazione del Centro svizzero di arbitrato è composto da quattro membri nominati dall’ASA (Bernhard Berger di Kellerhals Carrard a Berna come presidente, Domitille Baizeau di Lalive a Ginevra come vicepresidente, Pierre-Yves Gunter di Bär & Karrer a Ginevra e Gabrielle Nater-Bass di Homburger a Zurigo) e tre membri nominati dalle Camere di commercio di Basilea, Berna, Svizzera centrale, Ginevra, Neuchâtel, Ticino e Zurigo (Andreas Meier, Camera di commercio di Basilea, Regine Sauter, Camera di commercio di Zurigo, e Vincent Subilia, Camera di Commercio, Industria e Servizi di Ginevra).

Per maggiori dettagli: Avv. Michele Rossi, Responsabile Arbitrato e mediazione, T +41 91 911 51 30, rossi@cc-ti.ch e Monica Foglia, Collaboratrice Arbitrato e mediazione, T +41 911 51 28, foglia@cc-ti.ch.

Creare valore condiviso

L’impegno della Cc-Ti nel diffondere i principi e le buone pratiche per un’economia più sostenibile e responsabile: il nostro report CSR.

Lo sviluppo sostenibile, inteso come la capacità della generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro, è iscritto nella Costituzione federale ed è fatto proprio dal Cantone Ticino nelle sue diverse politiche settoriali.

Da molti anni la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti) presta grande attenzione ai temi della responsabilità sociale delle imprese e della sostenibilità nelle sue tre componenti, economica, sociale e ambientale. Questa attenzione si concretizza in tutti gli ambiti della nostra attività, dalla gestione del personale ai rapporti con i fornitori, dalle relazioni con le autorità in generale alle singole iniziative di collaborazione fra pubblico e privato. Non è del resto un caso che numerosi strumenti da noi addottati siano stati ripresi da altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, a dimostrazione che anche in Ticino si può essere innovativi. Una creatività tipica del tessuto economico che rappresentiamo, tenendo conto del contesto sociale e ambientale in cui ci muoviamo.


Scarica e leggi il report completo, a cura del CSR Manager della Cc-Ti, Gianluca Pagani.

Tema aziende: obbligo di vaccinazione?

Il Coronavirus con il quale siamo purtroppo confrontati da oltre un anno e mezzo non pone solo difficili questioni di gestione della sanità, degli aspetti sociali ed economici, ma presenta inevitabilmente anche molti aspetti di rilevanza giuridica. Come ampiamente previsto e prevedibile, la vaccinazione e un eventuale obbligo di sottoporvisi non fanno eccezione.

Anzi, è un tema molto delicato che ci accompagnerà nei prossimi mesi. Alcuni paesi, Francia in testa, proprio in questi giorni hanno iniziato a introdurre un obbligo di vaccinazione, inizialmente per il personale sanitario, ma vi è da credere che la discussione si estenderà anche ad altri ambiti, visto che comunque è già stata ventilata l’ipotesi che chi non è vaccinato nei prossimi mesi avrà una forte limitazione delle sue libertà, per cui si sfiora abilmente di fatto l’obbligatorietà generale per tutti. Qui non si tratta di dare giudizi, ma semplicemente di chiarire quali sono le basi legali oggi applicabili a questo tema.

1. Mondo del lavoro e vaccinazione

In generale, va rilevato che la legge federale del 28 settembre 2012 sulle epidemie, LEp, RS 818.101), e più precisamente l’articolo 22, prevede quanto segue:

“Se esiste un pericolo considerevole, i Cantoni possono dichiarare obbligatorie le vaccinazioni di gruppi di popolazione a rischio, di persone particolarmente esposte e di persone che esercitano determinate attività.”

Come si traduce questo nel contesto del mondo del lavoro, in assenza (finora) di un obbligo imposto dallo Stato?

La vaccinazione è considerata un modo efficace per controllare il Coronavirus e nel rapporto di lavoro evidentemente può assumere una certa rilevanza anche per evitare le assenze per malattia o per quarantena, la diffusione del virus, in un contesto di protezione per dipendenti e clienti. Si pone quindi in primo luogo la questione di sapere se vi sono le basi legali sufficienti ad oggi per il datore di lavoro di ordinare una vaccinazione obbligatoria e chiedere ai dipendenti se sono stati vaccinati.

Partiamo dal principio che nel quadro dell’attività lavorativa il datore di lavoro ha il diritto di impartire istruzioni, come previsto dall’art. 321d del Codice delle obbligazioni, per quanto riguarda l’esecuzione del lavoro.

Questa base legale è sufficiente per prevedere un obbligo generalizzato di vaccinazione per i dipendenti? Il fatto di poter disporre unilateralmente delle istruzioni sull’esecuzione del lavoro e il comportamento in azienda sembra aprire uno spiraglio in questo senso. Tuttavia, questo diritto va esercitato in modo ponderato, tenendo conto degli interessi dei dipendenti e deve avere un rapporto fattuale o funzionale con l’attività professionale svolta.

2. Vaccinazione obbligatoria solo in casi eccezionali?

Non esiste un potere generale per il datore di lavoro di ordinare la vaccinazione obbligatoria dei dipendenti, anche sulla base del diritto di dare istruzioni. Occorre valutare caso per caso. Maggiore è l’interesse operativo del datore di lavoro riguardo alla vaccinazione, tanto più grande sarà la probabilità che il diritto alla vita privata del dipendente e quindi la sua libertà di scelta sul vaccino possano essere limitati. L’obbligo di vaccinare i (singoli) dipendenti dell’azienda deve quindi essere reso necessario dall’attività professionale e solo se non vi è altra misura possibile per impedirlo.

È possibile ritenere che queste misure alternative siano costituite dagli elementi essenziali del concetto di protezione, come il regolare lavaggio delle mani con sapone, la regolare disinfezione delle mani e delle attrezzature di lavoro e l’uso di dispositivi di protezione (maschere, guanti, protezione degli occhi, tute protettive, ecc.).

3. Obbligo di vaccinazione e piani di protezione

Una vaccinazione obbligatoria ordinata dal datore di lavoro può essere attuata quando è necessaria per l’applicazione di un concetto adeguato e completo di protezione. Inoltre, la vaccinazione obbligatoria può essere giustificata se i dipendenti hanno contatti regolari o sono fisicamente vicini a persone che appartengono a un gruppo a rischio (ad esempio persone che soffrono di alcune malattie cardiache, malattie polmonari e respiratorie croniche, cancro, malattie renali, malattie del fegato o diabete). Nelle professioni sanitarie e di assistenza, la vaccinazione obbligatoria è ipotizzabile per le persone che hanno un contatto diretto con queste persone vulnerabili. Benché, nel contesto sanitario, la strategia di vaccinazione punti piuttosto a vaccinare queste persone particolarmente vulnerabili il più presto possibile, per cui la vaccinazione obbligatoria del personale curante dovrebbe essere l’eccezione piuttosto che la regola.

4. Obbligo di vaccinazione e viaggi all’estero

La questione dell’obbligo di vaccinazione assume una valenza particolare per i dipendenti che viaggiano all’estero se il viaggio è possibile solo con la vaccinazione, perché questo diventa una parte essenziale dell’adempimento del lavoro impartito. Obblighi presenti anche nel rapporto, ad esempio, con le compagnie aeree, che richiedono la prova della vaccinazione come parte dei termini contrattuali del viaggio.

Anche qui va valutato attentamente se i viaggi di lavoro sono sempre necessari, fatto in parte relativizzato negli ultimi mesi. In questo contesto, una vaccinazione obbligatoria per i dipendenti che appartengono a gruppi a rischio è difficilmente applicabile, visto che probabilmente non tutti gli spostamenti sono indispensabili. Inoltre, il datore di lavoro deve prendere le misure necessarie e ragionevoli per proteggere i dipendenti interessati, che siano vaccinati o meno e quindi tenere conto di questi aspetti nella situazione particolare dei viaggi di lavoro.

5. Si può rifiutare il vaccino?

Se i dipendenti si rifiutano di rispettare un obbligo di vaccinazione, violano il loro dovere di seguire le istruzioni. Se, di conseguenza, il lavoro non può essere eseguito, il datore di lavoro non è obbligato a pagare il salario. Inoltre, il datore di lavoro può dare disdetta del rapporto di lavoro, osservando i termini contrattuali o generali del preavviso necessario e tale disdetta non è abusiva. Se l’obbligo di vaccinazione risulta essere illegale, i dipendenti possono rifiutarsi di essere vaccinati senza che vi siano conseguenze di alcun genere. Se vi è stata disdetta del rapporto di lavoro sulla base di un obbligo considerato illegale, il licenziamento è abusivo e dà diritto al dipendente di chiedere un risarcimento fino a sei mesi di stipendio.

6. Come promuovere la vaccinazione volontaria

Ovviamente l’azienda può disporre misure che incitino i dipendenti a vaccinarsi volontariamente. L’azienda può pagare un premio per il fatto di essersi vaccinati o dare buoni-regalo, ma l’importo non dovrebbe essere troppo alto, altrimenti c’è il rischio che la vaccinazione non sia più veramente considerata volontaria. Lo stesso vale per i test volontari in azienda.

Al fine di promuovere la vaccinazione volontaria o di attuare la vaccinazione obbligatoria, un’azienda può organizzare una campagna di vaccinazione coordinata. Anche in una tale azione, i dipendenti devono essere liberi di decidere se vogliono partecipare o se vogliono essere vaccinati da un medico di fiducia. Inoltre, i dipendenti devono sapere quale vaccino verrà somministrato, poiché alcune persone non vogliono essere immunizzate con i vaccini di alcuni fornitori per paura degli effetti collaterali. Vi è quindi un chiaro obbligo di informazione da parte del datore di lavoro. Da non trascurare che, in caso di effetti collaterali gravi, vi può essere una responsabilità del produttore, di chi somministra il vaccino ma anche dell’azienda stessa, soprattutto se la persona che somministra il vaccino è uno dei suoi dipendenti.

7. Domanda se si è vaccinati o meno. È lecita?

Nel diritto del lavoro si pone spesso la questione di sapere se il datore di lavoro può porre determinate domande ai suoi dipendenti. Un caso classico è quello che concerne un’eventuale gravidanza in occasione del colloquio di assunzione.

Anche chiedere ai dipendenti se sono stati vaccinati può essere delicato. Sia appunto nel contesto del colloquio di assunzione che durante un rapporto già in essere. In linea di principio, il datore di lavoro è autorizzato a trattare solo i dati personali del lavoratore che sono rilevanti per la sua idoneità al rapporto di lavoro o che sono necessari per l’esecuzione del contratto di lavoro (art. 328b CO). Ciò significa che la questione della vaccinazione è consentita solo in misura limitata.

È ammissibile se un obbligo di vaccinazione è anche applicabile per legge o se i dipendenti non sono in grado di svolgere il loro lavoro o sono in grado di farlo solo in misura limitata se non vaccinati. Ciò può essere il caso, come visto anche in precedenza, per i dipendenti che devono spesso viaggiare all’estero e se le norme di viaggio della compagnia aerea o quelle di ingresso del paese di destinazione prevedono una vaccinazione obbligatoria. Se il fatto di essere vaccinati è importante per lo svolgimento del lavoro, la domanda è quindi possibile anche in altri casi in cui vi siano ragioni fattuali e non una semplice curiosità del datore di lavoro. In casi eccezionali, se la domanda su una vaccinazione esistente è inappropriata, non vi è obbligo di rispondere.

8. Protezione dei dati

In termini di protezione dei dati, il datore di lavoro deve anche garantire che le informazioni sul fatto che i dipendenti siano stati vaccinati o meno non vengano trasmesse a terzi. Particolare è il caso in cui vi sia un trattamento diverso fra i dipendenti vaccinati e non vaccinati (ad esempio, mascherina obbligatoria per i dipendenti non vaccinati, esclusione da certi eventi aziendali, ecc.). In tal caso, la divulgazione dei dati diventerebbe di fatto manifesta.

9. Conclusione

Se, in determinate circostanze, un’azienda può disporre un obbligo di vaccinazione per i propri dipendenti, questo eventuale obbligo va maneggiato con grande cura e ponderando bene tutti gli aspetti della situazione concreta. Un obbligo generalizzato, senza motivi particolari legati alla protezione e allo svolgimento concreto del lavoro sarebbe difficilmente considerato ammissibile. Difficile pertanto, ad oggi, stabilire regole che valgano indiscriminatamente per tutti. Ogni situazione va valutata con attenzione e individualmente. Almeno finché non dovesse esservi un obbligo impartito per ordine dello Stato.


Fonte: parte delle considerazioni che precedono sono tratte dall’articolo di Stefan Rieder, Avvocato specialista del diritto del lavoro, “Vacciner! Vacciné/e? pubblicato nella Newsletter n°7 di Ressources Humaines di luglio/agosto 2021

Buona ripresa delle esportazioni svizzere

L’economia svizzera è sopravvissuta alla pandemia di COVID-19 con perdite sorprendentemente ridotte. Perlomeno se si utilizza quale criterio di paragone il prodotto interno lordo (PIL). Nonostante la massiccia seconda ondata di contagi, il PIL ha ora quasi raggiunto di nuovo il livello pre-crisi.

Nel complesso quest’anno il PIL è cresciuto del 3,5% compensando così il calo nel 2020 (-2,6%). Dall’inizio del 2021 anche l’industria delle esportazioni ha avuto una grande ripresa.

Nel marzo 2021 le esportazioni dell’industria meccanica, elettrica e metallurgica hanno raggiunto il livello più alto da maggio 2019. Già dall’inizio dell’anno in corso si è potuto notare un aumento delle esportazioni verso i principali partner commerciali: ciò è stato possibile grazie alla forte domanda globale di beni e merci.

Non solo i macchinari e l’industria hanno avuto un forte rialzo nell’export, anche il settore farmaceutico prosegue positivamente: paragonato al livello pre-pandemia, nel primo trimestre 2021 ha avuto un aumento del 10%.
In particolare, i mercati USA e Cina hanno contribuito a questo incremento. Invece, in Germania e in Italia la ripresa delle esportazioni avanza più lentamente, mentre che i mercati spagnoli e francesi sembrano conoscere anch’essi, una ripresa più positiva.

Persino l’industria dell’esportazioni orologiera nel 1° trimestre 2021 ha registrato quasi gli stessi livelli del pre-pandemia (dati 2019), sebbene nel 2020 abbia incontrato grandi difficoltà. Sembra che in Cina sia stata rilevata un forte incremento della domanda di commercio svizzero dell’orologeria, e che negli Stati Uniti gli aiuti alle famiglie da parte del Governo americano per far ripartire l’economia, abbiano fatto aumentare anche la richiesta nel campo orologiero.

Grazie all’avanzare della campagna di vaccinazione COVID-19 e all’aumento dei test di massa in Svizzera (e ne resto del mondo), i contagi stanno continuando a scendere: questo fa sì che le prospettive economiche e congiunturali per il secondo semestre del 2021 si presentino in maniera abbastanza positiva.
Da un lato, l’attività nella maggior parte dei settori dei servizi svizzeri sta riprendendo quasi gradualmente dopo l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia; d’altro canto, grazie ad una domanda mondiale di beni superiore alla media e ad un settore che si sta ancora riprendendo, c’è persino una carenza diffusa.

Di conseguenza, l’indice PMI per l’industria svizzera, che riflette la domanda industriale, è attualmente al livello più alto dall’inizio dell’indagine nel 1995. Grazie al boom di ripresa in corso nell’industria globale, le esportazioni nel settore MEM svizzero sono aumentate e continuano la loro ascesa.

Inoltre, il graduale allentamento delle restrizioni nell’Unione Europea (UE) dovrebbe risollevare la fiducia dei consumatori e quindi contribuire anche a una ripresa delle esportazioni di orologi svizzeri verso l’UE.


Articolo di Tiziana Hunziker, Swiss Export Journal 3.Quartal 2021 – traduzione e adattamento Cc-Ti

I servizi export digitali della Cc-Ti

La Cc-Ti, fondata nel 1917, da oltre 100 anni, lavora come associazione mantello dell’economia ticinese al servizio delle aziende, sia quelle che operano con e sul mercato interno come pure quelle che lavorano con l’estero. Negli anni l’economia, le persone, le imprese e il mondo nel suo complesso, si sono “tenuti al passo” per fronteggiare al meglio le molteplici esigenze sempre più impegnative dell’internazionalizzazione.

Per questo motivo, crediamo che non ci sia momento migliore per avvalersi del mondo della digitalizzazione anche nel settore dell’export, e in particolar modo, per il rilascio dei certificati d’origine.
Senza un certificato di origine rilasciato da una Camera di commercio e dell’industria competente, che confermi la provenienza della merce, non è possibile esportare dei prodotti in un Paese con il quale la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS) o altre attestazioni di origine, per le quali quali, inoltre, si richiede sempre più celerità nell’emissione.  

Fino a pochi anni fa era impensabile poter richiedere la legalizzazione di documenti per l’esportazione, quali certificati di origine, fatture e altre attestazioni, tramite un portale web. Complice anche la pandemia e l’incremento dell’home working, da qualche tempo è possibile richiedere l’emissione dei documenti direttamente online comodamente da casa o dall’ufficio. Infatti, non è mai stato così facile, veloce e sicuro richiedere un certificato d’origine. Tutto questo è possibile grazie all’utilizzo della piattaforma www.certify.ch, già in utilizzo con successo e praticità anche per altre Camere di commercio e dell’industria svizzere (CCIS).

Per tutte le aziende che erano abituate a fornire le domande di attestazione e a ricevere i documenti via posta cartacea, adesso tutto può avvenire semplicemente online. I certificati e i documenti legalizzati potranno poi essere comodamente stampati dal richiedente o utilizzati in PDF. La piattaforma non ha alcun costo supplementare e i prezzi delle differenti prestazioni rimangono invariati. Si guadagna sicuramente in velocità e in sicurezza.

La piattaforma è accessibile 24h su 24h, 7 giorni su 7, accedendo con il proprio nome utente e la propria password, che la Cc-Ti vi rilascerà al momento della creazione dell’account.

Un altro documento che si può richiedere online è il Carnet ATA (Ammissione temporanea/Temporary Admission), questo documento doganale ufficiale viene definito come il passaporto per le merci utilizzato per l’esportazione temporanea di merce all’estero, per quanto riguarda le mostre fiere e congressi, campioni commerciali e materiale professionale.

L’idea di un regime di ammissione di franchigia per i campioni era già stata elaborata su base bilaterale tra Austria e Svizzera, regime che entrò in vigore tra i due Paesi nel febbraio del 1954. Fu così creata la prima Convenzione, con la documentazione Carnet ECS (dal francese “Echantillons Commerciaux”) che andava a sostituire qualsiasi deposito o garanzia per i dazi e gli oneri all’importazione.
A seguito del successo del Carnet ECS seguì il Carnet ATA, visto come una versione aggiornata a quella precedente.
Anche questo documento era compilato manualmente. Purtroppo, ancora oggi il documento ATA non è ancora del tutto digitalizzato, ma si sta lavorando a un prototipo per renderlo fruibile al 100% in formato elettronico.

Il Carnet ATA è uno strumento che garantisce notevoli vantaggi sugli scambi internazionali e assicura maggiore semplificazione dei regimi doganali, facilitando così l’esportazione temporanea di merce all’estero, armonizzando le svariate procedure, proseguendo obbiettivi di carattere economico, culturale, sociale, umanitario e turistico.

Un documento simile è il Carnet CPD, utilizzato solamente per le esportazioni temporanee a Taiwan e in un certo numero di Paesi ATA tra cui la Svizzera. Questo documento viene rilasciato dalla Camera di commercio e dell’industria e le condizioni per il suo uso sono identiche a quelle previste per il Carnet ATA.

Per poter richiedere un Carnet ATA bisogna contattare la propria Camera di commercio e dell’industria, che vi indirizzerà sul portale www.ataswiss.ch, la pagina sulla quale si possono richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account. Anche questo portale è accessibile 24 h su 24 h, 7 giorni su 7, comodamente da casa o dall’ufficio. Una volta effettuato il log-in con il proprio nome utente e la propria password, si può iniziare in modo semplice e pratico la compilazione del documento ATA.

Per qualsiasi informazione il servizio Export e Legalizzazioni della Cc-Ti è a vostra disposizione.