Quante materie consuma la Svizzera?

Ogni cittadino svizzero consuma 10 tonnellate di materiale all’anno. Se l’acciaio è quasi interamente riciclato, questa percentuale è inferiore al 10% per la plastica. Cosa possiamo fare individualmente per ridurre i nostri consumi?

Costruzioni, strade, combustibili, carburante: la Svizzera industriale utilizza enormi quantità di materie prime. Uno studio commissionato dall’Ufficio federale dell’ambiente (OFEV) stima questo consumo intorno alle dieci tonnellate pro capite all’anno, per un totale di 87 milioni di tonnellate l’equivalente di 8’700 Torri Eiffel. Quarantotto milioni di tonnellate vengono importati ogni anno e 56 milioni provengono dalla Svizzera. Quindici milioni di tonnellate provengono anche dal riciclaggio. Globalmente e provenienti da tutto il mondo arrivano in Svizzera 119 milioni di tonnellate di materie ogni anno, di cui 52 milioni rimangono in Svizzera sotto forma di infrastrutture e merci (scorte di merce).

In Svizzera, i 40 milioni di tonnellate di calcestruzzo utilizzate rappresentano circa la metà del consumo annuo di materie. Seguono gli agenti energetici (17%) sotto forma di combustibili e carburanti, così come l’elettricità (convertita in equivalente petrolio).
L’alimentazione umana è al terzo posto (10 %). Se questo alto consumo può a prima vista sorprendere, dimostra in modo impressionante ciò che la popolazione svizzera “metabolizza” ogni anno.
La ghiaia e anche la sabbia costituiscono una parte importante del consumo di materie prime (8%).

I 15 milioni di tonnellate che rientrano ogni anno nell’economia grazie al riciclaggio consistono principalmente in cemento, asfalto, sabbia, ghiaia e acciaio. Il tasso di riciclaggio dell’acciaio raggiunge il 96% e quello del calcestruzzo l’85%, contro il 40% per legno e carta e meno del 10% per la plastica.

L’economia circolare obbedisce ai principi economici. Il riciclaggio diminuisce dove mancano gli incentivi e l’azione pubblica o economica non colma questa lacuna. Metalli tecnici rari come indio, neodimio o tantalio sono quindi oggi in gran parte persi, perché riciclarli non è redditizio. Il riciclaggio di PET, batterie o gli apparecchi di illuminazione, per i quali esistono normative ufficiali, invece, funzionano relativamente bene.

Benzina e olio combustibile

Il quadro a volte è molto diverso se confrontiamo i flussi di materiale con il loro impatto ambientale. Alla luce delle emissioni di CO2, carburanti e combustibili vengono prima di tutto: costituiscono circa la metà delle emissioni della Svizzera, seguite dal cibo umano (18%). Il cemento è nettamente dietro (3%), non lontano dall’acciaio (5%). Il tessile (4,5%), i prodotti chimici di base (4,5%), l’elettronica e anche le batterie (3,3%) hanno una quota relativamente alta di emissioni di CO2 Se consideriamo tutte le esigenze di energia non rinnovabile, le fonti energetiche (elettricità, carburanti e combustibili) generano quasi i due terzi di emissioni totali. Materie plastiche, prodotti chimici di base e l’alimentazione umana contribuiscono dal 5 al 7%.

La quota a carico dell’alimentazione emerge ancora più chiaramente se prendiamo come base la totalità del carico ambientale: passa allora al29 % e si attesta praticamente allo stesso livello di carburanti, combustibili ed elettricità (che raggiungono in totale il 31%).
I metalli, l’elettronica e la chimica di base restano molto più indietro. Il confronto tra le emissioni dirette di CO2 e l’energia “grigia” contenuta nei materiali sono interessanti. Mentre che le prime provengono dal consumo di energia, le “emissioni grigie” risultano dalla produzione dei beni in cui sono praticamente incorporate. Sembra che la produzione delle merci utilizzate in Svizzera generi tante emissioni di gas serra quanto quelle del nostro consumo energetico. Quando rappresentiamo emissioni dirette ed emissioni grigie specifiche di determinate categorie di consumo, risulta che il settore alimentare costituisce la principale fonte di emissioni (18,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti). A ciò fa seguito il traffico di autovetture (15,6 milioni di tonnellate) e l’industria (13,4 milioni di tonnellate).


Cosa si può fare?


Come consumatori, possiamo influenzare il consumo di materie prime fino a certo punto. Tutti hanno la possibilità di modulare i consumi in modo più consapevole e ridurne l’uso. Ci sono, tuttavia, limiti evidenti: se ognuno può, in larga misura, decidere personalmente sul proprio consumo in termini di mobilità, alloggio, cibo o abbigliamento, il campo di azione è molto più circoscritto nel caso i progetti statali o del settore privato. Abbiamo quindi un’influenza limitata sugli investimenti pubblici nella costruzione di strade, nel settore sanitario o nella fornitura di energia. Difficilmente possiamo anche condizionare la modalità e il volume di produzione nel settore privato. Pertanto, anche uno stile di vita molto rispettoso dell’ambiente e molto sostenibile non permetterà mai di ridurre le emissioni di CO2 a zero, poiché tutti gli abitanti dipendono da infrastrutture comuni come strade, scuole e ospedali.
Dove situare quindi i limiti dell’influenza di un singolo abitante?

Per trovare le risposte a questa domanda, uno studio effettuato in Svizzera nel marzo 2021 da MDPI – un editore accademico indipendente situato a Basilea – intitolato “The Influence of Consumer Behavior on Climate Change: The Case of Switzerland”, ha distinto cinque gruppi di consumatori tipici che vanno da individui molto rispettosi dell’ambiente a coloro che ne sono totalmente insensibili. L’intensità dell’impatto diretto e indiretto sull’uso delle materie è stata determinata per ciascuna area di consumo. L’impatto è diretto quando è possibile decidere personalmente quello che consumiamo. È indiretto, invece, quando si può esercitare un’influenza solo attraverso il proprio comportamento durante i processi decisionali della politica. Sembra che
anche se tutte le persone residenti in Svizzera si comportassero come il gruppo più sensibile all’ambiente, le emissioni totali di CO2 diminuirebbero solo del 16%. Al contrario, aumenterebbero del 17% se tutti adottassero le abitudini del gruppo indagato dallo studio citato poc’anzi come meno rispettoso dell’ambiente. Lo studio conclude quindi che, senza una gestione da parte di una politica ambientale attiva, le emissioni di CO2 della Svizzera non possono essere ridotte abbastanza da poter garantire il rispetto degli impegni internazionali del Paese ed evitare la crisi climatica. Il mondo politico è invitato a raddoppiare gli sforzi per sviluppare l’economia circolare.


Fonte: La Vie économique 11.2021; adattamento Cc-Ti

Export di prodotti alimentari in Cina: nuove regolamentazioni dal 1.1.2022

L’Amministrazione generale delle dogane della Repubblica popolare cinese (General Administration of Customs of the People’s Republic of China, GACC) ha revisionato la normativa applicabile all’importazione dei prodotti alimentari in Cina e dal 1°gennaio 2022 l’esportazione di prodotti alimentari in Cina dovrà sottostare a nuovi requisiti.

Obbligo di registrazione

Il decreto GACC n. 248 estende l’obbligo a tutti i produttori esteri di derrate alimentari di ottenere l’approvazione all’esportazione da parte della GACC con apposita registrazione degli stabilimenti. Attualmente, solo i produttori esteri di alimenti a base di carne, di prodotti ittici, lattiero-caseari (inclusi gli alimenti per lattanti) e nidi di uccelli commestibili sottostanno a tale obbligo. In futuro, tuttavia, in mancanza di tale registrazione, anche i prodotti alimentari di altre categorie non potranno più essere importati in Cina.

Le modalità di registrazione variano a seconda della tipologia di prodotto esportato e del grado di rischio per la sicurezza alimentare e dei consumatori. Esse sono così riassunte:

  • Registrazione raccomandata dall’autorità competente del Paese di origine
    Dagli artt. 6-8 si evince che 18 categorie di alimenti presentano un alto rischio e sono pertanto soggette alla registrazione raccomandata da parte dell’autorità competente del Paese d’origine: carne e prodotti a base di carne, budelli edibili, prodotti ittici e dell’acquacoltura, prodotti lattiero-caseari, nidi di rondine e prodotti derivati, miele e prodotti dell’apicoltura, uova e ovoprodotti, grassi e oli commestibili, pasta ripiena, cereali commestibili, prodotti dell’industria molitoria e malto; verdure fresche e disidratate, legumi secchi, condimenti, noci e semi, frutta secca, chicchi di caffè non torrefatti e fave di cacao, e alimenti dietetici speciali e alimenti a fini salutari. L’autorità competente in Svizzera è l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV). La registrazione degli stabilimenti stranieri registrati per le seguenti quattro categorie continua ad essere valida: carne e prodotti a base di carne, prodotti ittici e dell’acquacoltura, prodotti lattiero-caseari e nidi di rondine o prodotti derivati. Per (continuare ad) esportare in Cina i loro prodotti, le aziende delle categorie summenzionate e non ancora autorizzate così come le aziende che producono derrate alimentari delle altre categorie dovranno procedere alla registrazione per il tramite dell’USAV.

    Documentazione necessaria alla registrazione:
    • lettera di raccomandazione dell’autorità competente del Paese esportatore;
    • elenco dei produttori raccomandati e delle domande di registrazione dei produttori;
    • documenti che certificano l’identificazione del produttore, quali la licenza commerciale rilasciata dall’autorità competente del Paese esportatore;
    • dichiarazione che il produttore raccomandato dall’autorità competente del Paese esportatore è conforme ai requisiti di questi regolamenti;
    • relazioni di esami/ispezioni/revisioni condotte dall’autorità competente del Paese esportatore ai produttori interessati.
  • Registrazione effettuata in autonomia
    Secondo gli artt. 9-10 gli alimenti non compresi nelle 18 categorie sopra elencate (una verifica può essere effettuata direttamente a sistema utilizzando la voce di tariffa doganale cinese del prodotto) presentano un livello di rischio inferiore e pertanto la registrazione può essere effettuata in autonomia dal produttore stesso o per il tramite del suo partner cinese o di un agente incaricato tramite il China Import Food Enterprise Registration System (CIFER system).

    Documentazione necessaria alla registrazione:
    • domanda di registrazione del produttore
    • documenti che certificano l’identificazione del produttore, quali la licenza commerciale rilasciata dall’autorità competente del Paese esportatore;
    • dichiarazione del produttore che conferma di rispettare i requisiti del regolamento in oggetto;

La domanda di registrazione del produttore deve contenere le seguenti informazioni: nome del produttore, Paese esportatore in cui il produttore è ubicato, indirizzo del sito di produzione, rappresentante legale, persona di contatto, coordinate, numero di registrazione approvato dall’autorità competente del Paese esportatore di residenza, tipo di alimento da registrare, tipo di produzione, capacità di produzione, ecc..

Qualora le informazioni relative al produttore subiscano dei cambiamenti durante il periodo di validità del certificato, il produttore è tenuto a presentare una domanda di modifica alla GACC utilizzando la stessa procedura. In caso di cambiamenti dello stabilimento di produzione, del rappresentante legale o del numero di registrazione nel suo Paese d’origine, il produttore dovrà effettuare una nuova registrazione, che invaliderà la precedente.

La validità del certificato di registrazione è di 5 anni, sarà tuttavia la stessa GACC a fornire indicazioni in merito all’inizio e alla fine del periodo di validità. Per il rinnovo del certificato di registrazione, la richiesta dovrà essere presentata tra i 3 e i 6 mesi prima della scadenza.

Infine, gli stabilimenti registrati all’estero devono includere il numero di registrazione GACC o il numero di registrazione approvato dall’autorità competente del Paese esportatore sia sull’imballaggio interno sia su quello esterno dei prodotti alimentari esportati in Cina.

Le aziende estere che hanno ottenuto il numero di registrazione GACC sono visionabili qui: 进口食品境外生产企业注册信息 (singlewindow.cn)

Etichettatura

Il decreto GACC n. 249 (traduzione non ufficiale) prevede, tra gli altri, nuovi requisiti per quanto riguarda l’imballaggio e l’etichettatura degli alimenti importati (sull’etichetta dovrà figurare il numero di registrazione GACC) e l’istituzione da parte dei produttori esteri di un sistema di controllo della sicurezza alimentare e dei servizi igienico-sanitari nonché di un sistema di valutazione dei fornitori. Requisiti più dettagliati (art. 30) sono stati introdotti per prodotti quali carne surgelata e prodotti ittici, i quali devono riportare l’etichetta in lingua cinese e inglese oppure cinese e lingua madre del Paese esportatore con le necessarie informazioni richieste. La gamma di alimenti che richiedono l’etichettatura cinese stampata sulle confezioni di vendita (e non apposta in formato adesivo) è stata inoltre ampliata.


Disclaimer: le informazioni fornite in questo documento hanno scopo puramente informativo.

Il mercato del lavoro del futuro

Il mercato del lavoro elvetico è in continua evoluzione e molteplici sono i cambiamenti in atto (condizionati anche dal COVID-1, da nuove dinamiche comunicative, dall’incalzare dello smart working, ecc.). Quali sono le conseguenze di queste trasformazioni? La carenza di manodopera qualificata lamentata dalle aziende è un fenomeno diffuso uniformemente in tutta la Svizzera o il Ticino si trova, per esempio, in una posizione diversa? È possibile pensare a delle proposte di soluzioni per questa situazione? Quali sono attualmente le figure professionali più ricercate nel nostro territorio?

Abbiamo risposto a questi e altri quesiti nel webinar del 29 novembre scorso, organizzato dalla Cc-Ti, nel quale sono intervenuti, presentando i risultati di due studi condotti a livello internazionale e nazionale, Aldo Camuso, Regional Manager The Adecco Group Switzerland; Annalisa Job, VP Marketing and Communication The Adecco Group Switzerland; e Silvia Tosetti, Branch Director Adecco Human Resources SA; introdotti da Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti.

Il mercato del lavoro è in perenne sviluppo: alcune professioni stanno cambiando, altre scomparendo, varie invece stanno nascendo.
In Svizzera, si prevede che entro il 2030 grazie alla digitalizzazione verranno creati nuovi posti di lavoro (con una quota circa del 20%), della stessa percentuale saranno però quelli che, sempre a causa dell’avvento dell’economia digitale, svaniranno.
L’invecchiamento della popolazione porterà, a sua volta, ad una riduzione di approssimativamente 500’000 persone professionalmente attive, provocando inevitabilmente una sempre maggiore carenza di competenze specifiche.

Gli studi presentati – e svolti recentemente in collaborazione con l’Università di Zurigo – hanno avuto lo scopo di identificare i cambiamenti negli atteggiamenti dei lavoratori durante il periodo pandemico e l’impatto che questo ha avuto per le aziende. Ad essere intervistate sono state 1’000 persone per 8 diversi Paesi (8’000 in totale) di età compresa tra i 18 e i 60 anni. I criteri richiesti per poter partecipare alla ricerca sono stati quelli di svolgere una professione d’ufficio, essere impiegati almeno 20 ore la settimana e aver riscontrato delle ripercussioni nella propria quotidianità lavorativa in seguito alla diffusione del Coronavirus.
I risultati ottenuti evidenziano come il 49% degli impiegati predilige l’home office, fatta eccezione per la categoria dei giovani che preferisce ampiamente la presenza in ufficio. Le aspettative espresse dagli intervistati sono state una maggiore diffusione di modelli di lavoro flessibile, l’abolizione dell’orario fisso, una formazione specifica sul digitale e una particolare attenzione verso l’intelligenza emotiva.
8 persone su 10 hanno dichiarato di essere ben organizzate nell’assolvimento da casa delle proprie mansioni senza riscontrare significative perdite di produttività ma anzi, riuscendo a svolgere la medesima mole di lavoro in meno di 40 ore settimanali.
Riguardo all’attuale e sempre più diffuso tema della salute mentale, 3 intervistati su 10 hanno ammesso che il proprio benessere psicologico è generalmente peggiorato negli ultimi 12 mesi.

Una seconda indagine, svolta con l’istituto di sociologia dell’Università di Zurigo tramite il Job Market Monitor Svizzera (SMM), indagava la questione della carenza di competenze professionali (si intende, ossia, che la domanda di lavoratori è al momento maggiore dell’offerta in determinati gruppi professionali).

Questa dinamica si ritrova sia in Svizzera che in Ticino, e comporta per i lavoratori una crescente facilità nella ricerca di un impiego e un aumento del potere contrattuale. Le aziende sono invece, di riflesso, confrontate con una seria difficoltà nel reclutamento di dipendenti qualificati, con una riduzione del potere contrattuale e con costi elevati se alcune posizioni restano scoperte.
A livello politico e finanziario, la presenza di posti vacanti rallenta la performance economica e i fondi della sicurezza sociale vengono eccessivamente sollecitati dall’alto numero di disoccupati.

Nel 2021 i profili più ricercati a livello svizzero sono stati i seguenti: professionisti nel campo dell’ingegneria (architetti, ingeneri meccanici, agronomi, ecc.), lavoratori informatici (programmatori, analisti, webmaster, ecc.), tecnici (elettrotecnici, tecnici di veicoli/aeronautica, tecnici tessili, ecc.), medici e farmacisti, esperti fiduciari (periti contabili, revisori, fiduciari, ecc.). Quelli meno richiesti invece: professionisti commerciali e amministrativi (impiegati di commercio e amministrazione, contabili, ecc.), impiegati alberghieri e dell’economia domestica (esercenti di ristoranti e alberghi, personale di cucina o servizio, ecc.), persone attive nell’ambito della pulizia, dell’igiene e della cura della persona (custodi, parrucchieri, estetiste, ecc.), lavoratori nell’industria delle costruzioni (conduttori, costruttori, meccanici, ecc.) e specialisti di commercio e vendita (cassieri, impiegati di commercio al dettaglio, ecc.).

In Ticino i settori che attualmente faticano maggiormente nel reperire mano d’opera competente sono quello informatico e tecnico (ambiti: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), quello industriale (per funzioni specializzate), quello sanitario e dell’«Accounting & Finance» per i ruoli di analisi.
Per contro molte sono le persone interessate ad un’occupazione nell’hospitality, nei servizi alla persona, in ufficio e nell’amministrazione.

Sul territorio si è constatato che le aziende pubblicano in media meno offerte di lavoro e lo fanno con una frequenza ridotta, ciò è imputabile all’utilizzo di canali diversi rispetto ai classici annunci sui quotidiani o online (fermo restando per quelle professioni che soggiacciono all’obbligo di annuncio dei posti vacanti).

Lo sviluppo delle persone in cerca di un impiego è tuttavia simile a quello del resto della Svizzera, così come il tasso di disoccupazione di poco superiore al dato elvetico (2.7% in Ticino, 2.5% in Svizzera).


DOCUMENTAZIONE UTILE
presentazione powerpoint
– link allo studio “Indice della carenza di personale Svizzera 2021

Le smart-car, automobili intelligenti e connesse

Da telefono (phone) a smartphone. Da automobile (car) a smart-car. È possibile paragonare lo sviluppo dei telefonini a quello delle automobili?

Come vedremo di seguito sicuramente sì. Fino a qualche decennio fa con i telefoni si poteva unicamente comunicare a voce con l’interlocutore dall’altra parte del cavo (o dell’etere nel caso dei cellulari). Fino a qualche anno fa con le automobili ci si poteva spostare da un luogo all’altro. Con gli smartphone di oggi si può fare molto di più che semplicemente interagire verbalmente. Grazie a dei telefoni ricchi di sensori e sistemi di comunicazione, le diverse app che possiamo installare ci permettono di sfruttare una serie di funzioni che spaziano dalla navigazione satellitare all’accendere o spegnere la luce di casa e perfino a gestire la salute personale. Nel campo dell’automobile, ma anche in quello dei veicoli utilitari, sta avvenendo la stessa evoluzione.

Nel futuro prossimo, ma in alcuni casi è già realtà, le automobili nuove messe in commercio disporranno di tutta una serie di sensori e accessori già installati di fabbrica, ma che, in alcuni casi, non saranno attivi. Per poterne sfruttare tutte le potenzialità, il proprietario del veicolo potrà acquistare le rispettive app dal fabbricante che, durante la notte quando il veicolo non viene utilizzato, le installerà da remoto e, come per magia, il giorno seguente saranno perfettamente funzionanti e attivate. Le app per automobili attivabili con questa tecnologia possono spaziare da svariati servizi che riguardano la vettura stessa, come ad esempio il sistema di navigazione satellitare, le sospensioni adattive, il cruise-control adattivo o i sedili riscaldabili, ma anche a servizi a sostegno del conducente e dei passeggeri come l’assistenza in caso di panne o incidente, la funzione di concierge che permette di ricercare e riservare ristoranti e Hotel o ancora la gestione della flotta di veicoli aziendali per le aziende di grandi dimensioni.

Come è stato per i telefonini, anche per le automobili, questo cambiamento epocale nel modo di pensare e quindi progettare gli oggetti porterà indubbi vantaggi per i consumatori. Da semplici mezzi di trasporto le automobili diventeranno delle estensioni delle nostre abitazioni o dei nostri uffici. Se un tempo, prima di partire per un viaggio eravamo obbligati a pianificare il percorso consultando una cartina a casa, oggi semplicemente saliamo in auto e, grazie ai comandi vocali, dettiamo l’indirizzo di destinazione alla nostra auto e in pochi secondi il percorso migliore viene calcolato e memorizzato. Se poi lo vogliamo, l’automobile stessa ci propone dei luoghi d’interesse da vistare che si trovano sulla via per la destinazione finale.
Grazie ai servizi di concierge non dovremo nemmeno preoccuparci di cercare e riservare l’Hotel, basterà chiamare il nostro assistente personale attraverso il collegamento internet della vettura e lui provvederà per noi. Se per esempio la destinazione del viaggio sarà verso l’estremo nord dell’Europa, dove le temperature sono molto basse, nessun problema, tramite l’accesso personale al portale internet collegato al nostro veicolo, possiamo acquistare per un solo mese l’opzione dei sedili e del volante riscaldati.
Il gioco è fatto: non patiremo il freddo per tutta la durata del viaggio.

Per giungere a questi traguardi il mondo dell’automobile sta attraversando una vera e propria rivoluzione come mai è avvenuto nel passato. Se un tempo lo sviluppo delle auto era prettamente legato al petrolio e all’acciaio (non che in questo momento lo sviluppo tecnico delle auto si sia fermato!) e l’informatica era al servizio della meccanica, oggi sono i programmatori di software che fanno la parte del leone nei reparti di sviluppo delle grandi fabbriche. Prova ne è la notizia apparsa sulla stampa a livello mondiale: un importante costruttore di auto giapponese ha assunto in questi ultimi mesi oltre mille ingegneri programmatori di software. Dietro a questi cambiamenti se ne nascondo altri che scopriremo nei prossimi anni. Il primo e più importante sarà la commercializzazione delle automobili nuove solo attraverso la vendita online scavalcando così i concessionari locali come li conosciamo ora. Tutto questo sarà possibile grazie appunto ad automobili costruite in maniera standardizzata dove solo colore esterno e pochi altri accessori potranno essere scelti del cliente al momento dell’ordinazione in fabbrica. Il resto, come abbiamo visto prima, potrà essere acquistato o noleggiato per un breve periodo anche in seguito come avviene con le app dello smartphone.

Il ruolo dei concessionari sarà comunque fondamentale, da venditori di automobili si trasformeranno in consulenti per l’acquisto dell’automobile corrispondente alle esigenze del cliente e in agenzie di consegna della vettura, nonché gestori di tutti i servizi ad essa connessi. L’utilizzo futuro dell’automobile non sarà quindi più limitato a solo mezzo di trasporto per andare da un luogo a all’altro, ma diventerà uno strumento polifunzionale di mobilità individuale.

Nuovo servizio dedicato al commercio internazionale

La nuova sezione “Commercio Internazionale” è operativa dal 1° dicembre 2021

Monica Zurfluh, Martina Grisoni e Giulia Scalzi

Quale associazione mantello dell’economia ticinese, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti) tutela gli interessi di tutti i settori economici, evidentemente anche di quelli attivi in parte o totalmente nel commercio internazionale. Attualmente l’attività camerale, non solo in Ticino ma in tutta la Svizzera, è essenzialmente concentrata sull’export, con il servizio delle legalizzazioni (rilascio di certificati d’origine, di carnet ATA e CITES e vidimazione di documentazione a fini export) e un’offerta formativa finalizzata al mondo delle esportazioni. Le aziende necessitano però di un forte sostegno anche per le questioni legate alle importazioni, per cui la Cc-Ti dal 1° dicembre ha ampliato la sua attuale gamma di servizi proponendo alle aziende e associazioni affiliate un servizio di informazione e consulenza a 360° nell’ambito internazionale, che comprende quindi sia le tematiche export sia quelle import. Si tratta di una prima in Svizzera e la Cc-Ti funge da progetto-pilota per tutte le altre Camere degli altri cantoni.

La nuova sezione “Commercio Internazionale” è operativa dal 1° dicembre 2021 ed è diretta da Monica Zurfluh, la quale vanta una lunga esperienza nell’ambito dell’internazionalizzazione, grazie alla sua attività presso Switzerland Global Enterprise, avendo in particolare guidato la sede di Lugano dell’organizzazione negli ultimi 12 anni.

La sezione “Commercio Internazionale” comprende anche il collaudato servizio delle legalizzazioni con la relativa responsabile Martina Grisoni e la sua sostituta Giulia Scalzi, che da anni accompagnano le aziende negli aspetti relativi alle certificazioni.

Il nuovo servizio dedicato al Commercio internazionale sarà in particolare chiamato a

  • fornire informazioni e consulenza alle aziende e alle associazioni di categoria affiliate su tutti i temi inerenti il commercio internazionale, dalle questioni amministrative alle formalità di import ed export, dalle regole svizzere e estere sui prodotti (incl. certificazioni, standard, etichettatura ) alle autorizzazioni necessarie per le attività transfrontaliere (controlli all’esportazione, distacco di lavoratori);
  • organizzare eventi sui temi più attuali del commercio internazionale, manifestazioni di messa in rete in Svizzera e missioni economiche all’estero, così come ricevere delegazioni estere in Ticino;
  • relazionarsi con le istituzioni e le altre associazioni cantonali e nazionali allo scopo di identificare e attivare nuove forme di collaborazione.

Questa nuova organizzazione interna permetterà di utilizzare al meglio le sinergie con gli altri servizi camerali, in particolare il già menzionato Servizio legalizzazioni, l’ambito della formazione puntuale e quello delle Scuole che portano all’ottenimento di diplomi (Scuola manageriale e Scuola dell’export) e il Servizio giuridico. Rimane invariata la collaborazione con Switzerland Global Enterprise, che rimarrà partner privilegiato nel contesto internazionale e i cui servizi continueranno ad essere complementari e sussidiari alle attività della Cc-Ti. Laddove possibile, le azioni comuni verranno rafforzate.


Contatto: Servizio Commercio internazionale – Monica Zurfluh, Responsabile, T +41 91 911 51 35

Commesse pubbliche, conterà anche la responsabilità sociale

Anche la responsabilità sociale delle imprese entrerà in conto fra i criteri utilizzati per stilare la classifica dei migliori offerenti nell’ambito della Legge sulle commesse pubbliche. Il Consiglio di Stato, infatti, ha approvato le modalità di applicazione della premialità relativa al criterio della responsabilità sociale delle imprese (CSR) nella Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb).

La Responsabilità Sociale di Impresa “RSI” si sta infatti sempre più configurando anche come un fattore di competitività delle aziende e di attrattività del territorio e l’Amministrazione cantonale intende supportare le imprese in questo percorso. La Cc-Ti che fa parte del Gruppo CSR Ticino e condivide questo obiettivo. Si impegna anche nella sensibilizzazione verso i propri associati attraverso l’offerta di diversi strumenti operativi a supporto delle aziende.

Da oltre un anno la Cc-Ti ha messo online, a disposizione dei suoi associati, il “Formulario di autovalutazione”, strumento che permette alle PMI di valutare la propria attitudine per rapporto ai temi della sostenibilità. Oltre 200 imprese del nostro territorio hanno utilizzato questo strumento, ottenendo un primo riscontro rispetto al grado di sostenibilità della loro impresa. Il formulario è gratuito e disponibile per le aziende affiliate nell’area soci sul nostro sito (accesso diretto tramite questo link: www.cc-ti.ch/areasoci).

Da gennaio 2022, inoltre, la Cc-Ti metterà online uno strumento attraverso il quale le aziende potranno redigere, data un’impostazione grafica e tematica, il proprio “Rapporto di sostenibilità” in modo semplificato ed integrarlo con i 30 indicatori scelti dal Consiglio di Stato, pronto da stampare.

Nel “Rapporto di sostenibilità” le aziende potranno descrivere le loro “buone pratiche” in tema di
• Governance,
• Mercato,
• Risorse umane,
• Rapporti con la comunità
• e Tutela dell’ambiente.


Il punteggio massimo ottenuto nei criteri di aggiudicazione della CSR peserà per un 4% rispetto alla ponderazione degli altri fattori presi in esame per l’aggiudicazione.

Si procederà da gennaio 2022 con una fase di test pilota interna all’Amministrazione cantonale, che coinvolgerà la Divisione delle costruzioni del Dipartimento del territorio e la Sezione della logistica del DFE e le relative commesse, a partire da quelle concernenti le opere da impresario costruttore. Successivamente avverrà l’estensione graduale a tutte le tipologie di commesse. La Cc-Ti organizzerà quindi degli eventi formativi e informativi dedicati alle associazioni di categoria e alle aziende per spiegare i principi e i metodi di compilazione del “Rapporto di sostenibilità” e della scheda riassuntiva degli indicatori.

L’inserimento della CSR nella legislazione sulle commesse pubbliche è un esempio concreto di applicazione dello sviluppo sostenibile in ambito pubblico, che si pone come obiettivo la sensibilizzazione delle imprese nei confronti della responsabilità economica, sociale e ambientale del loro operato.

Nel prossimo numero di Ticino Business presenteremo lo strumento di compilazione del “Report di sostenibilità facilitato” e tutte le relative istruzioni per compilarlo.

Il CAS in CSR SUPSI

Per le imprese che fossero interessate ad approfondire il tema, nel mese di febbraio prenderà il via la quarta edizione del Certificate of Advanced Studies in Responsabilità sociale delle imprese (CSR) promosso dalla SUPSI. Il corso transfrontaliero è riservato a 30 imprese e si pone l’obiettivo di formare manager nell’ambito della sostenibilità in grado di promuovere una strategia all’interno delle loro imprese, valorizzando le buone pratiche e redigendo il rapporto di sostenibilità. Il corso ha una durata di 120 ore, con lezioni sia in presenza che a distanza. Alcuni dei temi trattati, all’interno dei moduli, riguarderanno: l’evoluzione del concetto di responsabilità sociale d’impresa; la mappatura degli stakeholder, il codice etico, compliance, risk management, la catena della fornitura e diritti umani, la gestione delle materie prime, i nuovi sistemi di produzione, eco design, l’economia circolare, le certificazioni, il welfare aziendale, la work life balance, il diversity management, le relazioni con la comunità, i progetti con associazioni, il volontariato d’impresa, la gestione dell’energia, dei rifiuti e dei trasporti, la mobilità aziendale, la strategia e gli strumenti di comunicazione, il rapporto di sostenibilità.

Le lezioni saranno articolate in una parte frontale e in un laboratorio con lo svolgimento di esercitazioni, con testimonianze da parte di imprese, associazioni ed esperti del settore. Le iscrizioni sono aperte fino alla fine del mese di dicembre. Per informazioni: cliccare qui.

Sostegno alla formazione

Tra le misure previste dal Consiglio di Stato, per il periodo 2021-2023, al fine di promuovere ulteriormente l’ambito della responsabilità sociale delle imprese rientra anche l’introduzione di un sostegno diretto alle imprese che intendono investire nella formazione di un responsabile aziendale CSR. Possono accedere al contributo tutte le aziende con sede nel Cantone Ticino che intendono formare un proprio responsabile in CSR. Il sostegno finanziario può essere concesso per la frequentazione di percorsi formativi in CSR quali CAS (Certificate of Advanced Studies), DAS (Diploma of Advanced Studies), MAS (Master of Advanced Studies) e/o formazioni certificate equivalenti. Nella “Direttiva per il sussidiamento della formazione di responsabile aziendale CSR” edita dal DFE viene spiegata la procedura da seguire per effettuare la richiesta di contributo finanziario.

Gianluca Pagani, CSR Manager della Cc-Ti, è a disposizione di tutte le aziende interessate per consulenze o informazioni (pagani@cc-ti.ch).

La fallace illusione del comando e controllo

Ogni giorno i manager prendono decisioni che determinano il funzionamento delle aziende per cui lavorano. Ciascuna di queste decisioni è presa nella convinzione che le azioni decise, una volta messe in pratica con perizia e impegno produrranno un risultato prevedibile, controllabile e auspicabilmente positivo.

Per incrementare l’efficienza occorre ampliare la prospettiva del nostro sguardo: finché guarderemo al solo risultato di oggi e terremo la vista al solo giardino di casa nostra, illudendoci che sia sufficiente a costruire aziende e organizzazioni di s successo, siamo destinati ad essere travolti dalle crisi.

Anche se sembrerà strano, questo non lo si impara nelle scuole manageriali di grido, ma nella culla. Ci togliamo il ciuccio dalla bocca e lo lanciamo aldilà del bordo della culla, la mamma lo riprende paziente e, dopo averlo pulito, ce lo rimette, noi lo togliamo e lo gettiamo ancora e così per molte altre volte sino a quando la pazienza della mamma finisce. Si chiama ripetizione ludica e serve ad apprendere come controllare la realtà. Quindi per il resto della vita partiremo dall’assunto che ad ogni azione segue una reazione e che questa reazione è generalmente prevedibile a condizione di padroneggiare l’azione. Funziona talmente bene questo principio che ci permette di fare molto altro nella realtà, come ad esempio guidare un’auto.

Di questo principio fa parte un interessante corollario, che ci arriva sempre dall’esperienza pratica: se applico una piccola forza ottengo un piccolo risultato, se ne applico una grande ottengo un risultato più eclatante. Ovvero esiste una proporzionalità diretta tra lo sforzo e il risultato. Del resto, se girate molto il volante dell’auto, questa fa una curva più stretta, o se schiacciate maggiormente l’acceleratore accelera più velocemente, o frena di più se voi premete forte sul pedale del freno. Nel codice manageriale tutto questo va sotto il nome di comando e controllo.

Con questi semplici principi e corollari abbiamo costruito navi, aerei e mandato l’Uomo sulla Luna. Quindi tornando al manager che ha appena preso una decisione, per quale ragione dovremmo contestargliela se il risultato auspicato non arriva?

Se i principi di comando e controllo sono validi, il motivo è di certo una cattiva esecuzione. Ciò sarà imputabile a scarsa competenza o mancanza di motivazione, oppure dei necessari impegno e determinazione. Insomma, è colpa dei collaboratori. Quindi basterà premere un po’ di più, cioè fare pressione manageriale, o mettere più risorse per ottenere il risultato richiesto. Tuttavia, la Storia insegna che molti Generali hanno perso più di una guerra per via dell’applicazione stolida di questi principi. Il punto è che essi pur non essendo sbagliati si applicano solo in alcuni contesti. Quali?

Contesti semplici o anche complicati, ma non a quelli complessi. La rete di interdipendenze che esiste fra gli elementi di un sistema complesso è tale che prevedere quale possa essere la risposta di un sistema a determinate azioni risulta difficile e talvolta persino impossibile. Le aziende e le organizzazioni moderne sono sistemi complessi che vivono all’interno di sistemi più ampi tutti correlati fra loro. In pratica esse sono all’interno di un ecosistema di business. Proprio come negli ecosistemi naturali una piccola modifica dell’ecosistema può produrre dinamiche e cambiamenti molto ampi su tutto l’ecosistema. La pandemia è un ottimo esempio, da una epidemia circoscritta le conseguenze si estendono ben oltre il confine sanitario, ma coinvolgono la scienza, l’economia, la sociologia, la psicologia, la politica e la geopolitica. Eravamo convinti che il mondo funzionasse in un modo estremamente stabile, in cui molte delle cose su cui facciamo affidamento erano date per scontate. La pandemia ha dimostrato il limite di queste illusioni.

Vivere in un contesto complesso cambia il modo in cui il management deve agire e richiede competenze che sono al momento rare. Per tutta una serie di ragioni socio-economiche, che sarebbe lungo esplorare, ci siamo spinti sempre di più in una focalizzazione al breve e abbiamo ridotto il raggio della nostra visione al nostro immediato intorno. Non siamo allenati ad avere visione d’insieme, cercando e mettendo assieme i tantissimi pezzi di puzzle che sono necessari per avere comprensione di uno scenario e un quadro minimamente predittivo.

Tendiamo a non privilegiare un approccio multidisciplinare alle cose e ci accontentiamo di visioni superficiali e unilaterali. Non siamo allenati a muoverci in contesti non ordinati, che mutano velocemente e che non sono facilmente prevedibili. Spesso non riconosciamo o ignoriamo i “segnali deboli”, ci accorgiamo di un fenomeno o, peggio, lo prendiamo in considerazione solo quando ormai è macroscopico, senza capire che i sistemi complessi non reagiscono in modo lineare, ma partono in sordina e poi esplodono. Perciò sottovalutiamo, non incrociamo gli elementi e quando il maremoto arriva diventa difficilissimo sostenerlo. Non siamo capaci di vivere nelle incertezze, ci produce stress, cerchiamo affannosamente punti certi e sicuri, che spesso non esistono.

Facciamo una grandissima fatica ad agire verificando i risultati e adattando costantemente le modalità con cui operiamo, sperimentando a volte in territori sconosciuti. Dopo ogni adattamento vogliamo e cerchiamo la stabilità. Un chiaro esempio sono le difficoltà di tutta la catena di approvvigionamento e logistica con cui le aziende si stanno dibattendo. Abbiamo creato prima un mondo basato sulla massimizzazione dell’ordine, con il just in time e il sincronismo fornitore-cliente, per garantirci la migliore efficienza abbiamo eliminato tutte le ridondanze all’interno delle nostre aziende, abbiamo spostato e concentrato larga parte della produzione in Cina e nei paesi asiatici. Abbiamo insomma creato le migliori condizioni di fragilità e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Consegne ritardate sino a molti mesi, materie prime e componenti di base alle stelle, funzioni di produzione in tilt e…probabilmente un notevole effetto sulle economie come rimbalzo più avanti nel tempo. Non voglio qui aprire il vaso di pandora del discorso ambientalista e della cosiddetta transizione green su cui pure ci sarebbe molto da dire. Tutte queste sono conseguenze di scelte prese
senza visione sistemica e comprensione dei sistemi complessi. Si poteva prevedere? Probabilmente si, d’altronde era stata prevista e persino simulata nei dettagli anche la Pandemia. Le condizioni che potevano generare queste crisi, peraltro collegate fra loro, erano tutte visibili. Semplicemente o non le abbiamo viste o abbiamo sperato che non capitasse mai la tempesta perfetta. Ma le tempeste arrivano sempre. Perciò è necessario rendere le organizzazioni, non robuste, parola che implica rigidità, ma antifragili, cioè costruite per essere capaci di riadattarsi rapidamente e flessibilmente.

Quindi che fare?

C’è un lavoro profondo sulle competenze legate al management della complessità che richiede un ripensare a come leggiamo e interpretiamo il nostro ecosistema di business, a quali condizioni creiamo all’interno delle nostre organizzazioni per permettergli di adattarsi costantemente. Non sono solo gli stili di management ad essere coinvolti, ma l’intero impianto organizzativo e il modo con cui le persone si muovono all’interno dell’organizzazione. Un lavoro che impone anche un mutamento dell’orientamento dal breve al lungo periodo, perché le condizioni necessarie per rendere le organizzazioni antifragili si costruiscono nel tempo. Dobbiamo ripensare il concetto di efficienza perché in un mondo complesso essa si ottiene attraverso organizzazioni agili e non più basate su concetti di comando e controllo. Tutto ciò riguarda leader, manager, ma anche collaboratori. Finché guarderemo al solo risultato di oggi e terremo la vista al solo giardino di casa nostra, illudendoci che sia sufficiente a costruire aziende e organizzazioni di successo, siamo destinati ad essere travolti dalle crisi.


Articolo a cura di

Andrea Abbatelli, Partner KIAI Sagl

Il Brasile verrà cancellato dalla lista dei Paesi del sistema ATA dal 1° gennaio 2022

Il segretariato dell’International Chamber of Commerce (ICC) di Parigi è stato informato dall’associazione garante del Brasile (CNI) che non prolungherà il mandato quale associazione garante. Questo mandato scadrà il 31 dicembre 2021.

Le dogane brasiliane (RFB) hanno ufficializzato la fine del mandato della CNI e non hanno rinominato una nuova associazione garante, per questo motivo dal 1° gennaio 2022 le Camere di commercio non potranno più rilasciare Carnet ATA verso il Brasile.

È importante tenere conto che i Carnet in circolazione all’interno di questo Paese devono essere timbrati in riesportazione entro il 31.12.2021.

Il Brasile verrà cancellato dalla lista dei Paesi presenti sulla copertina del Carnet ATA.

L’ufficio Export della Cc-Ti rimane sempre a vostra disposizione.

L’accordo di libero scambio fra Canada e l’UE

Canada e Unione Europea hanno firmato un accordo di libero scambio che offre molti vantaggi al Paese nordamericano. In quale misura questo accordo potrebbe offrire sinergie per la Svizzera?

Il rapporto tra Canada e UE è già stato presentato più volte come modello, anche per la Svizzera. Dopo il ‘no’ all’accordo quadro istituzionale fra Svizzera e UE dello scorso maggio, vale la pena approfondire il tema.
L’UE usufruisce di un accordo di libero scambio valido dal 2017. Si tratta dell’Accordo economico commerciale globale (CETA), che mira a promuovere il commercio di beni, servizi e investimenti e a rafforzare le relazioni economiche. Qual è il suo contenuto?

Abolizione dei dazi doganali: all’entrata in vigore dell’accordo sono stati eliminati il 99% di tutte le tariffe industriali e il 92% di quelle agricole. Entro sette anni anche le restanti 17 tariffe industriali, ad esempio sulle automobili e le navi, saranno eliminate. Restano delle eccezioni per i prodotti particolarmente sensibili del settore agricolo.

Abolizione delle barriere commerciali non tariffarie: l’accordo CETA riduce gli ostacoli burocratici, ad esempio semplificando le procedure doganali o con il nuovo riconoscimento reciproco dei test di conformità. Allo stesso tempo, vengono ridotti gli ostacoli d’accesso al mercato per i fornitori di servizi.

Mobilità di lavoratori qualificati: viene agevolata la residenza temporanea per i prestatori di servizi a fini commerciali. Semplificando il distacco del personale presso le filiali, montatori e tecnici possono, ad esempio, installare o curare più facilmente macchine e attrezzature fornite in garanzia e con contratti di assistenza.

Accesso bilaterale agli appalti pubblici: per la prima volta l’accesso al mercato degli appalti pubblici sarà aperto a tutti gli ambiti statali. Il Canada e l’UE istituiranno inoltre una banca dati elettronica centrale sulla quale le imprese potranno ritrovare tutte le informazioni sugli appalti pubblici e le relative procedure, su tutti i livelli dell’Amministrazione.

Tutela e promozione degli investimenti: l’accordo prevede l’abbandono del vecchio sistema arbitrale privato a favore di una procedura di regolamentazione delle controversie radicalmente rinnovata e moderna, che sancisce esplicitamente il diritto statale.

L’ICS comprendente un doppio grado di giurisdizione, vale a dire un tribunale permanente e una corte d’appello competente a rivedere le sentenze pronunciate in primo grado dal tribunale, è costituito in via permanente. Al fine di rimuovere la spada di Damocle sospesa sopra le autorità decisionali, il CETA sancisce il diritto delle autorità pubbliche di regolamentare nell’interesse generale, diritto la cui portata è esplicitata nella nota interpretativa all’accordo. Ne consegue che una normativa che pregiudichi un investimento non avrà l’effetto di violare l’obbligo di un trattamento giusto ed equo.

Regole dell’origine: la struttura delle norme generali di origine, ovvero la prova del luogo di produzione, sarà semplificata e le norme locali saranno reciprocamente riconosciute.

Liberalizzazione del commercio di servizi: i fornitori di servizi beneficeranno di un accesso semplificato al mercato, come nei settori postali e delle telecomunicazioni, nonché sulle rotte parziali di navigazione marittima, a partire dalla data di entrata in vigore.

E la Svizzera?

Resta da vedere se l’accordo CETA possa valere quale modello nelle relazioni tra la Svizzera e l’UE. Innanzitutto, l’accordo è ancora troppo “giovane” per poter trarre delle conclusioni.
In secondo luogo, molte clausole dell’accordo CETA sono da tempo presenti nell’accordo di libero scambio Svizzera-UE e negli accordi bilaterali e restano valide. In terzo luogo, la relazione politica tra la Svizzera e l’UE è differente da quella tra Svizzera e Canada. Comunque, le relazioni fra Svizzera e Canada sono già molto buone. In effetti, anche l’accordo di libero scambio tra l’AELS e il Canada è stato positivo e ha avuto un impatto significativo sulla crescita del volume degli scambi e degli investimenti osservati negli ultimi anni. In effetti, la Svizzera esporta in Canada circa 4 miliardi di franchi svizzeri all’anno.

Forti legami con la Svizzera

Considerata terra di emigrazione per molte famiglie svizzere, in particolare per il settore agricolo, il Canada dispone di potenzialità in termini di scambio e per le esportazioni.
Il momento attuale non è propizio per viaggiare o per le visite da parte delle aziende svizzere verso questo territorio, ma i legami instaurati fra i due Paesi sono buoni e il federalismo e il multilinguismo fanno parte della cultura di entrambe le Nazioni.
Per informazione, alla fine del 2019, più di 40’000 cittadini svizzeri risiedevano in Canada.
In termini di cooperazione economica, la SECO indica che il Canada è, per importanza, il secondo partner economico della Svizzera nel Continente americano. Nel 2019, la Svizzera ha importato merci dal Canada per quasi 1,2 miliardi di franchi ed ha esportato in questo Paese per 4,4 miliardi di franchi. Queste esportazioni sono costituite principalmente da prodotti farmaceutici. La stessa fonte indica che la Svizzera rientra nella lista  dei dieci maggiori investitori stranieri in Canada. Alla fine del 2018 il capitale svizzero investito ammontava a 31 miliardi di franchi. Nello stesso anno, le aziende svizzere impiegavano più di 35’800 persone. Tra i settori di maggiore spinta figurano quelli sanitari e del Medtech.

Il legno in primo piano

Un’altra area di interesse per le PMI svizzere si trova nel campo legato alle costruzioni in legno. S-GE cita Bernhard Gafner, Ingegnere specializzato in costruzioni in legno, sulle opportunità a disposizione delle PMI svizzere nel settore del Cleantech in Canada. “Occorre chinarsi sul quadro normativo, che non è il più complicato. È essenziale avere una buona conoscenza del mercato locale, prestando attenzione al fatto che le differenze fra Paesi possono essere numerose. Una solida analisi di mercato è molto importante per trovare il luogo dove investire e il partner giusto. A nostro avviso, le PMI svizzere che sono in grado di fornire prodotti e servizi relativi all’efficienza energetica e ai sistemi di fissaggio, possono avere successo. Gli standard costruttivi sono in continua evoluzione e sta emergendo la necessità di nuovi prodotti sul mercato. Le finestre e i prodotti per l’isolamento termico ne sono un perfetto esempio”.

Fonte: testo di Henrique Schneider, USAM; adattamento Cc-Ti

Anche i giocattoli rischiano di scarseggiare e di diventare più costosi

Le conseguenze della pandemia toccano tutti

Le difficoltà riscontrate dal commercio per la scarsità di taluni prodotti sono ormai note. Quasi nessun settore fa eccezione e i commercianti confermano le difficoltà dovute all’elevata domanda globale di giocattoli e ai ritardi nei trasporti dall’Asia. È quindi probabile che la Svizzera, mercato certo attrattivo ma piccolo, potrebbe patire di ritardi notevoli nella fornitura di giocattoli, tanto che questo fattore potrebbe influire sull’attività di vendita natalizia.

I grandi rivenditori di giocattoli hanno cercato di procurarsi prodotti a sufficienza per l’imminente attività natalizia ma la pandemia ha reso questo compito assai arduo.

Il tradizionale negozio Franz Carl Weber e il rivenditore online Digitec Galaxus hanno già avvertito il pubblico delle possibili complicazioni. Le ragioni sono la forte domanda globale e i ritardi nei trasporti navali provenienti dall’Asia. Come detto in precedenza, a livello internazionale il nostro è considerato un Paese piccolo, per cui viene spesso posto tra gli ultimi per quanto riguarda le forniture.

“I mercati più grandi come l’America e l’Inghilterra vengono spesso e volentieri serviti per primi”, spiega Roger Bühler, CEO di Franz Carl Weber. “Dopo i due colossi anglofoni, vi sono i grandi Paesi europei come la Germania e la Francia e solo dopo arriva la Svizzera”.

“La Confederazione è quindi un ‘attore minore’ nel mercato internazionale dei giocattoli: ecco perché le consegne dei giocattoli per Natale potrebbero avere delle complicazioni e forti ritardi”, afferma Bühler. Tuttavia, il negozio Franz Carl Weber farà di tutto per cercare di non avere intoppi.

Problemi di spedizione

I ritardi nella fornitura di giocattoli sono dovuti anche ai problemi nella spedizione, poiché i più grandi porti cinesi come, ad esempio, Ningbo (il terzo porto più grande al mondo) e Yantian (il più grande punto di trasbordo nel Sud della Cina) continuano a ridurre le loro capacità, dati i numerosi lockdown, spiega Bühler.

Per l’industria dei giocattoli, le settimane che precedono il Natale sono tra le più importanti dell’anno. Di conseguenza, i rivenditori faranno tutto ciò che è in loro potere per garantire che gli scaffali delle filiali dei negozi siano ben forniti. Secondo Digitec Galaxus anche i rivenditori online si stanno preparando per avere le forniture necessarie, sperando così che i clienti potranno avere a disposizione un’ampia scelta.

Le merci che arriveranno potrebbero risultare più costose del solito e questo è imputabile ai costi maggiori di trasporto via container, incrementati durante la pandemia. È noto che in Asia i produttori di merci possono aggiungere dei dazi aggiuntivi ai loro prezzi di vendita, per cui aumentano anche i prezzi di vendita dei giocattoli per i clienti finali. Difficile, comunque, a oggi prevedere quale tipologia di giocattoli sarà la più penalizzata da scarsità e ritardi.

Ovviamente l’aumento dei prezzi è anche dovuto all’aumento dei costi per le materie prime, che, nella produzione di giocattoli, sono ad esempio i granulati, la carta, il legno e molti componenti elettronici, che hanno subito un rincaro fino al 35%; a si aggiungono costi di trasporto anche quadruplicati. Aumenti di prezzo già adottati lo scorso anno da alcuni fornitori come Mattel o Hasbro.

Chi ne trarrà vantaggio?

Mattel ha molti marchi di giocattoli famosi nel suo portafoglio: da Barbie a Fisher Price, Scrabble, il gioco di carte UNO e Matchbox. I giochi di Hasbro includono tra gli altri Monopoly, Play-Doh’s Playdough e Transformers.

Secondo gli esperti del settore, la situazione per i rivenditori di giocattoli è più difficile attualmente rispetto al 2020. Per concludere con una nota positiva: va detto che i produttori hanno registrato incrementi interessanti nelle vendite, visto che Mattel ha venduto significativamente più automobiline e bambole nel secondo trimestre 2021 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente quando, a causa della pandemia, aveva invece avuto una flessione netta.

Fonte: Basler Zeitung, adattamento Cc-Ti