Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti

Giovedì 17 marzo 2022 si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della piattaforma per la compilazione di un modello online di rapporto di sostenibilità, sviluppato dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE). Il nuovo strumento ha lo scopo di agevolare le imprese, comprese quelle piccole e medie, nel redigere il proprio rapporto di sostenibilità ed è disponibile sul portale TI-CSRREPORT.CH.

Da sin. G. Pagani, CSR manager Cc-Ti; L. Albertoni, Direttore Cc-Ti; C. Vitta, Consigliere di Stato e Direttore DFE; A. Gehri, Presidente Cc-Ti e N. Bagnovini, Direttore SSIC TI

La responsabilità sociale delle imprese è un tema di grande attualità, dibattuto non solo a livello politico ma anche nel contesto delle ricerche di lavoro. Non sono unicamente le Autorità a chiedere sempre più responsabilità sociale alle imprese, anche il mercato ne sta facendo un fattore di competitività rilevante e viene considerato con molta attenzione. Un fattore diventato preferenziale in molti legami commerciali. Di regola, le imprese praticano già diverse buone pratiche sul tema, come confermato dai rilevamenti della Cc-Ti effettuati in questi anni unitamente alle Camere di commercio e dell’industria delle altre regioni svizzere. Tali comportamenti spesso non vengono però comunicati, purtroppo sottovalutati anche dalle aziende stesse, e così si perde, sfortunatamente, traccia di molte buone pratiche del mondo imprenditoriale in campo economico, ambientale e sociale già presenti e in atto sul nostro territorio. La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, sta dedicando molte risorse a questo tema e ha sviluppato, col supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), un modello online di rapporto di sostenibilità, che è disponibile dal 1° marzo 2022 sul portale ti-csrreport.ch.

All’evento, tenutosi nella cornice dell’ex-convento delle Agostiniane di Monte Carasso, sono intervenuti Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti; Christian Vitta, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE); Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Nicola Bagnovini, Direttore SSIC.
Presenti in sala anche Gianluca Pagani (CSR Manager Cc-Ti); Caterina Carletti (ricercatrice responsabile dello studio- SUPSI); Jenny Assi (ricercatrice responsabile dello studio- SUPSI); Walter Bizzozero (Responsabile del Centro di competenza in materia di commesse pubbliche) e Luca Bordonzotti (Direttore Marketing & Product Management Banca Stato).
Davanti ai media ed ai partecipanti presenti (esponenti delle associazioni di categoria affiliate alla Cc-Ti, riuniti nel Consiglio economico) è stato illustrato questo nuovo supporto, frutto di un’iniziativa completamente auto-finanziata dalla Cc-Ti, intende supportare tutte le aziende ticinesi di ogni settore economico, con un occhio di riguardo per le piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di una struttura dedicata per trattare in modo approfondito il tema.

L’obiettivo vuole affiancare, anche in questo ambito, tutte le aziende e agevolarle nell’opportunità di dotarsi di un esaustivo documento che raccolga le buone pratiche, integrando le informazioni economiche con un rendiconto dell’impatto sociale e ambientale delle proprie attività. Uno strumento di analisi e di comunicazione che, in modo semplice ed efficace, permette di approcciare il tema della sostenibilità e della responsabilità sociale. Le imprese hanno così l’opportunità di manifestare il loro impegno ai vari interlocutori del territorio (azionisti, clienti, fornitori, dipendenti, comunità, enti finanziatori, pubblica amministrazione, associazioni del territorio, media, ecc.), evidenziando il loro valore generato non solo a livello economico.
Il rapporto di sostenibilità sarà anche un utile strumento atto a verificare con regolarità le misure prese dalle aziende e quindi i miglioramenti e/o rispettivamente gli ambiti su cui ancora intervenire.
La responsabilità sociale delle imprese è un elemento che dal 2021 rientra anche nei bandi di concorso pubblici, visto che vi è un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione.
Il documento della Cc-Ti, anche attraverso un lavoro di consulenza puntuale, aiuterà le aziende a dimostrare la realizzazione di obiettivi economici, ambientali e sociali idonei a ottenere questa percentuale. Grazie al rapporto di sostenibilità e con l’ottenimento di una relativa “Dichiarazione di conformità” (certificata dal servizio CSR della Cc-Ti) si sosterrà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle Autorità chiamate a valutare i dossier. L’iniziativa non è ancora una condizione per partecipare agli appalti pubblici, ma alla quale si può aderire su base volontaria ed è sostenuta dal DFE, dal DT e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche. In presenza dei rappresentanti delle associazioni di categoria associate alla Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, la conferenza stampa è stata aperta dal Presidente della Cc-Ti, Andrea Gehri, seguito dal Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) Christian Vitta che ha salutato positivamente l’importante lavoro di squadra tra istituzioni, Cc-Ti e SUPSI per la realizzazione del modello di rapporto di sostenibilità e ha sottolineato quanto questo sia “un ulteriore tassello nel sostegno alla CSR, a dimostrazione dell’importanza del tema per il Cantone e per gli attori del territorio. Consolidando il proprio impegno verso la responsabilità sociale delle imprese, le aziende contribuiscono a realizzare la visione di un Ticino sostenibile, attento non solo agli sviluppi economici, ma anche sociali e ambientali in atto e, di riflesso, con un impatto positivo sul nostro territorio, su chi vi lavora e su chi vi abita”.

È in seguito intervenuto il Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, con alcuni cenni generali sullo strumento e il ruolo attivo dell’economia sul tema. Egli ha sottolineato come si tratti di un segnale molto importante del mondo imprenditoriale verso il territorio, anche perché finanziato interamente con i fondi della Cc-Ti. Inoltre, significativo è il fatto che lo strumento sia stato concepito sia per sostenere il lavoro delle aziende che per facilitare quello delle Autorità, ulteriore segnale di grande collaborazione a 360°.
A chiudere la conferenza stampa l’intervento del Direttore della Società Svizzera Impresari Costruttori – Sezione Ticino, Nicola Bagnovini a confermare l’importanza e l’utilità della dichiarazione di conformità. Egli ha evidenziato la semplicità d’uso dello strumento per le aziende e come questo approccio molto pragmatico eviterebbe ingenti spese supplementari alle imprese che intendano o necessitano dotarsi di un rapporto di sostenibilità e di un riconoscimento come quelli varati in data odierna. L’agevolazione e il supporto assicurati agli utenti saranno un apprezzato sgravio per le aziende.


SCOPRI
– Il Rapporto di sostenibilità – TI-CSRREPORT.CH
La pagina della Cc-Ti dedicata
– Discorso dell’onorevole Christian Vitta alla presentazione della piattaforma CSR

L’evento nei media

Gioco di squadra per la responsabilità sociale – CdT, 17.3.2022
RESPONSABILTÀ SOCIALE ‘Fattore di competitività’ – LaRegione, 17.3.2022

Servizio al Quotidiano del 17.03.2022 sulla presentazione della piattaforma CRS
Servizio su Radio Fiumeticino del 17.03.2022 sulla presentazione della piattaforma CRS, dal m. 28.05 al m. 34.35

Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti – etcinforma, 17.3.2022
Sostenibilità e responsabilità sociale, Andrea Gehri presenta il nuovo strumento della Cc-Ti – liberatv, 17.3.2022
Christian Vitta: “Un passo importante per un Ticino sostenibile” – liberatv, 17.3.2022
Al via la nuova piattaforma per la sostenibilità aziendale – bluewin.ch, 17.3.2022
“Non un ostacolo, ma uno strumento di competitività” – RSI online, 17.3.2022
Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti – ticinolibero, 17.3.2022




L’origine non è sempre origine

L’origine di un prodotto è l’elemento caratterizzante della sua nazionalità economica, riferita al Paese in cui viene estratta, lavorata, trasformata, assemblata e/o fabbricata. Essa riveste particolare importanza nel commercio internazionale ed è centrale non soltanto dal punto di vista doganale e commerciale, ma anche per la tutela dei consumatori, che hanno il diritto e l’esigenza di capire il luogo di effettiva produzione di una merce. In questo contesto occorre però effettuare la seguente distinzione:
– origine preferenziale
– origine non preferenziale
– indicazione di provenienza

La nozione di origine preferenziale individua l’origine delle merci dal punto di vista puramente doganale in quanto determinata sulla base di regole stabilite negli accordi di libero scambio (ALS) che la Svizzera ha concluso bilateralmente o nel quadro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). In generale si può dire che il concetto di origine preferenziale della merce è determinato da accordi ben precisi che un Paese – nel nostro caso la Svizzera da sola o nell’ambito dell’AELS – ha concluso con altri Paesi. Tali accordi definiscono quando la merce è considerata di origine preferenziale e beneficia quindi di preferenze tariffali (sgravi o esenzione dai dazi) nel Paese di destinazione parte dell’accordo. Ogni ALS ha le sue regole specifiche, che vanno pertanto analizzate e applicate caso per caso.

La nozione di origine non preferenziale individua il luogo geografico (il Paese) in cui il prodotto è totalmente ottenuto o fabbricato o in cui è stato oggetto di lavorazioni o trasformazioni sufficienti. L’origine non preferenziale si applica laddove, all’atto dell’importazione e dell’esportazione, le merci sono soggette a misure economiche esterne. Essa costituisce la base per l’applicazione della nazione più favorita (MFN), o per l’applicazione di molteplici misure di politica commerciale come, ad esempio, i dazi antidumping o compensativi (da non confondere con i dazi doganali), gli embarghi commerciali, le misure di salvaguardia e di ritorsione, le restrizioni quantitative (contingenti tariffali), ecc. In generale si può dire che ogni prodotto ha necessariamente un’origine non preferenziale, che potrebbe essere diversa dalla sua origine preferenziale.

Dal canto suo, l’indicazione di provenienza fornisce invece informazioni sulla regione di fabbricazione o di trasformazione di un prodotto (es. “Swiss Made” o “Made in Switzerland”), sulla base delle quali il compratore si attende una determinata qualità, una precisa caratteristica nonché una buona reputazione. Nel Paese del compratore, tuttavia, questa indicazione non comporta alcun trattamento specifico da parte delle autorità. Tale designazione è infatti utilizzata a fini pubblicitari in quanto può rendere una merce più interessante per i clienti, facendone aumentare il valore ed eventualmente il prezzo.

In generale, le indicazioni di provenienza possono essere utilizzate dai produttori senza alcun obbligo di autorizzazione purché soddisfino le condizioni previste dalla legge. Sia l’origine preferenziale sia quella non preferenziale richiedono invece l’allestimento di prove documentali che autorizzano un determinato trattamento, da parte delle autorità, delle merci nel Paese di destinazione.

Tra sgravi e… multe: ogni accordo di libero scambio ha le sue caratteristiche specifiche e la loro interpretazione e applicazione pratica non sono sempre evidenti e possono avere conseguenze importati per le aziende che operano con l’estero. In stretta collaborazione con la Dogana svizzera, la Cc-Ti organizza pertanto regolarmente dei corsi di formazione sugli ALS e sull’origine preferenziale. A testimonianza dell’importanza del tema, la prima edizione del 2022 è andata subito esaurita. Il servizio Formazione puntuale ha pertanto deciso di proporre una seconda sessione i prossimi martedì 29 marzo (tutto il giorno) e mercoledì 30 marzo 2022 (la mattina). Per ragguagli ed iscrizioni: https://www.cc-ti.ch/calendario/accordi-di-libero-scambio-e-origine-preferenziale-seconda-edizione-2/
Chi volesse approfondire (anche) il tema dell’origine non preferenziale può annunciarsi al corso di mezza giornata che si terrà mercoledì 30 marzo 2022 pomeriggio. Per ragguagli ed iscrizioni: Origine non preferenziale delle merci – SECONDA EDIZIONE – Cc-Ti

Nuove sanzioni contro la Bielorussia

Il Consiglio federale ha proceduto ad una revisione totale dell’ordinanza che istituisce provvedimenti nei confronti della Bielorussia. Sulla scia di quanto adottato contro la Russia, le misure riguardano in particolare il settore commerciale e quello finanziario.

Tra le novità vi è il divieto di esportazione in Bielorussia di tutti i beni a duplice impiego (civile o militare), a prescindere dallo scopo o dal destinatario finale. Viene inoltre vietata l’esportazione di determinati macchinari e di beni per il rafforzamento militare e tecnologico o per lo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza. In relazione a tali beni non è più permesso fornire assistenza tecnica, servizi di intermediazione né mezzi finanziari. Sono stati ampliati anche i divieti di importazione nei confronti della Bielorussia, che ora includono anche i prodotti del legno e della gomma, ferro, acciaio e cemento. In base alla nuova ordinanza è vietato fornire finanziamenti pubblici o assistenza finanziaria pubblica per gli scambi commerciali o gli investimenti in tale Paese. Altri provvedimenti in ambito finanziario concernono titoli di credito, mutui e l’accettazione di depositi. Le transazioni con la Banca centrale bielorussa non sono più consentite. Inoltre, le banche elencate nell’allegato sono escluse dal sistema di messaggistica internazionale SWIFT.

I nuovi provvedimenti possono essere visionati qui: https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Aussenwirtschaftspolitik_Wirtschaftliche_Zusammenarbeit/Wirtschaftsbeziehungen/exportkontrollen-und-sanktionen/sanktionen-embargos/sanktionsmassnahmen/massnahmen-gegenueber-belarus.html

Contatto per domande mirate: Segreteria di Stato dell’economia SECO, sanctions@seco.admin.ch, tel. 058 464 08 12


Situazione in Ucraina: ulteriori sanzioni contro la Russia

Il 4 marzo 2022 il Consiglio federale ha adottato la revisione totale dell’Ordinanza che istituisce provvedimenti per impedire l’aggiramento delle sanzioni internazionali in relazione alla situazione in Ucraina, riprendendo le sanzioni dell’UE del 23 e 25 febbraio e del 1° marzo 2022.

Si tratta principalmente di sanzioni commerciali e finanziarie, tra cui:

Provvedimenti relativi ai beni

  • fatte salve le deroghe previste all’art. 6, divieto di esportazione in Russia di beni a duplice impiego (art. 4 cpv. 1, allegato 2 OBDI), a prescindere dallo scopo o dal destinatario finale;
  • divieto di esportazione in Russia di beni militari speciali (art. 3 cpv. 1, allegato 3 OBDI) e, fatte salve le deroghe previste all’art. 6, divieto relativo ai beni che potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico o allo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza della Russia (art. 5 cpv. 1, allegato 1). In questo contesto sono vietate anche l’assistenza tecnica, l’intermediazione e la concessione di mezzi finanziari (art. 5 cpv. 2);
  • divieto di importare armi da fuoco, munizioni, esplosivi, pezzi pirotecnici e polvere da fuoco dalla Russia e dall’Ucraina (art. 2);
  • divieti relativi ai beni per l’aviazione e l’industria spaziale e ai servizi ad essi connessi (art. 9);
  • divieti relativi ai beni per la raffinazione del petrolio (artt. 10-12).

Provvedimenti finanziari

  • blocco di averi e di risorse economiche (art. 15);
  • obbligo di notifica relativo al blocco degli averi e delle risorse economiche (art. 16);
  • divieto concernente i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario (artt. 18 e 23, allegati 9, 10 e 11);
  • divieto di concessione di mutui (art. 19);
  • divieto di accettare depositi di più di 100’000 franchi da cittadini russi o da persone fisiche e giuridiche nella Russia (art. 20);
  • dichiarazione obbligatoria relativa ai depositi esistenti (art. 21);
  • divieto legato alle transazioni con la Banca Centrale della Russia (art. 24);
  • divieto di fornire servizi specializzati di messaggistica finanziaria (art. 27).

Provvedimenti relativi ai territori designati

  • divieto d’importare i beni originari dei territori designati senza un certificato d’origine rilasciato dalle autorità ucraine (art. 13 cpv. 1);
  • divieto d’esportare certi beni e di fornire servizi connessi (art. 14);
  • divieto di finanziamenti, partecipazioni e certi servizi (art. 25).

Ulteriori restrizioni

  • divieto di entrata o di transito per talune persone (art. 29, allegato 8).

Coordinate di contatto per richieste specifiche sulle sanzioni: Segreteria di Stato dell’economia (SECO), sanctions@seco.admin.ch, tel. +41 58 464 08 12 (dalle 08:00-12:00 e 13:00-17:00)

Supply chain: concentrarsi sui clienti

Dalla fine del lockdown la domanda di taluni prodotti è in continuo aumento. Questo causa ripetutamente dei colli di bottiglia nella fornitura e nel trasporto. Le aziende della supply chain sono quindi nel mirino: devono superare i colli di bottiglia dell’approvvigionamento e fare di più per soddisfare i loro clienti.

Le richieste dei clienti sono aumentate significativamente spinte anche dalla rapida digitalizzazione nel settore delle vendite: sempre più processi legati ai prodotti si stanno spostando su internet (vedi e-commerce o shopping online).

Contatto e trasparenza

Cosa ricercano i clienti? Desiderano di certo modi facili e veloci di contatto attraverso vari canali. Richiedono anche informazioni/raccomandazioni complete e personalizzate su prodotti e servizi. È importante anche la rapidità nell’elaborazione di un ordine, non soltanto nella consegna.

Si evidenzia una tendenza alla trasparenza: innanzitutto, i clienti stessi vogliono leggere su internet le informazioni inerenti ai servizi. Inoltre, vogliono poter seguire l’intero processo di trasporto e le transazioni commerciali e vederli adattati ai loro standard personali (order-to-cash-process).

Quali sono questi standard personali? Sempre più clienti sono interessati alla protezione dell’ambiente e agli standard etici. Pertanto, spesso vogliono un monitoraggio in tempo reale per poter conoscere direttamente lo stato delle cose.

Incidono gli strumenti digitali

Gli strumenti di comunicazione sono cruciali. Le aziende devono essere raggiungibili via e-mail, telefono fisso, social media e anche tramite una chat sul proprio sito web. In questo contesto è utile disporre di un’unica piattaforma digitale per tutti i canali di comunicazione (omnichannel solution).

Oltre a ciò, le aziende dovrebbero anche essere in grado di inviare SMS e messaggi personali alle applicazioni smartphone dei clienti: infatti, i clienti apprezzano il fatto di ricevere messaggi utili al momento giusto.

Un unico sistema digitale può anche coordinare l’ordine, la consegna e consentire il monitoraggio in tempo reale della merce da parte dei clienti stessi. In questo caso, aiutano gli strumenti basati sull’Internet of Things (IoT). L’IoT può anche far uso di telecamere speciali in loco che permettono di monitorare le merci nei magazzini e durante il trasporto.

Infine, le aziende della catena di approvvigionamento dovrebbero mettere in rete i singoli dipartimenti e filiali. Così facendo, avranno ovunque gli stessi standard elevati di qualità e di servizio al cliente. In questo contesto la tecnologia blockchain può fornire un accesso rapido a tutti i documenti e processi interni.

La consulenza personale

Un servizio clienti personalizzato significa anche digitalizzare i processi banali e impiegare i dipendenti in modo mirato per la consulenza personale ai clienti. In questo modo, i collaboratori possono fidelizzare i clienti coniugando l’accoglienza e l’empatia alla loro competenza in materia di prodotti e servizi.

È altresì importante trattare i reclami in modo positivo: i clienti lo apprezzano. Infine, ogni feedback è utile all’ottimizzazione dei processi interni dell’azienda.

Commercio estero e “best practices” di sostenibilità

La sostenibilità è diventata un argomento rilevante nel mondo economico, anche nel commercio con l’estero.

Secondo diversi sondaggi internazionali, vi è un trend importante tra i consumatori: la stragrande maggioranza dei millenials, cioè i nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ‘90, pagano volentieri di più per acquistare i prodotti se questi sono ecologicamente ed eticamente sostenibili. C’è anche un secondo trend: i clienti, così come i dipendenti, favoriscono le aziende che agiscono in modo ecologico e socialmente responsabile. Inoltre, sempre più investitori vogliono investire in aziende considerate sostenibili.

Sostenibilità economica, ecologica e sociale

Queste tendenze hanno implicazioni complesse per il supply chain management (SCM). Tre sono infatti gli aspetti importanti: la sostenibilità economica (efficienza delle risorse, costi), la sostenibilità ecologica (protezione dell’ambiente) e la sostenibilità sociale (etica sul lavoro).

Quali sono le “best practices” di sostenibilità per l’SCM? Queste risultano abbastanza chiare nell’area della sostenibilità economica: già da anni le aziende cercano di utilizzare le risorse in modo efficiente, ottimizzando i processi di lavoro tramite la tecnologia digitale e riducendo così i costi. Lo stesso vale per l’uso mirato dell’energia.

Qui incide anche il concetto della “circular economy” che incoraggia sempre più produttori e venditori a utilizzare più volte materiali e componenti di prodotti. Anche gli elementi che sono già stati smistati possono essere conseguentemente riciclati e rimessi in circolazione.

Le emissioni di CO2

Nell’ambito della sostenibilità ecologica, l’attenzione è rivolta alla riduzione delle emissioni di CO2. Il criterio della “product/corporate carbon footprint” (impronta di carbonio dell’azienda o del prodotto stesso) è decisivo: lungo tutta la catena di approvvigionamento si determina in modo trasparente il punto esatto in cui le emissioni di gas serra sono causate direttamente o indirettamente. In questo modo, si possono identificare i maggiori driver di CO2 e sviluppare contromisure mirate, come l’uso di materiali regionali a costi reali.

È anche importante usare le tecnologie moderne per monitorare o tracciare la sostenibilità della supply chain in ogni fase. Qui, il sistema dell’“internet of things” (IoT) offre la possibilità di monitoraggio in tempo reale tramite l’uso di dispositivi di misurazione e di telecamere esterne.

La sostenibilità etica

La sostenibilità etica riguarda il rispetto degli standard lavorativi e sociali che, nei principali paesi industrializzati, sono generalmente allineati. Questi standard non sono invece automaticamente garantiti nei vari siti di produzione delle catene di approvvigionamento internazionali. È qui che le aziende della supply chain europee possono intervenire, per esempio offrendo la prospettiva di benefici economici se si migliora la sostenibilità sociale oppure selezionando a monte fornitori che rispettino prerequisiti specifici.

Il database “Standards Map”

E dove si possono trovare le “best practices” di sostenibilità? Il database “Standards Map“, gestito dall’International Trade Center (ITC), offre una panoramica dettagliata: infatti si possono mettere a confronto più di 200 norme e i loro criteri, semplificando così il processo di valutazione dei fornitori o dei prodotti stessi.

Come stanno affrontando il tema della sostenibilità ambientale e sociale le aziende ticinesi che operano a livello internazionale? Ce ne parlerà il 24 marzo 2022 l’azienda Geomagworld SA di Novazzano, nel corso di un Lab congiunto di NZZ Impact e Switzerland Global Enterprise, con la collaborazione della Cc-Ti, di SUPSI e Rytec Circular. Maggiori ragguagli qui: Abbracciare la filosofia dell’economia circolare – Cc-Ti

Implicazioni pratiche della Brexit per le aziende svizzere

La Brexit ha creato ostacoli agli scambi di merci e servizi anche tra la Svizzera e il Regno Unito. Pur avendo concluso vari accordi bilaterali per garantire il mantenimento delle loro strette relazioni, alcuni o parti di essi si fondano sull’armonizzazione delle disposizioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE) e quindi per il momento non vengono applicati (potranno esserlo solo se l’UE e il Regno Unito definiranno soluzioni contrattuali analoghe sulla base di standard armonizzati). Tutto ciò crea difficoltà nelle operazioni quotidiane degli operatori economici dei due Paesi.

Per essere di aiuto concreto ai suoi associati che operano con il Regno Unito, il servizio Commercio internazionale della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) ha riunito le principali disposizioni in una scheda informativa che mira a rispondere a domande pratiche inerenti alle esportazioni di merci (questioni doganali, legislazione prodotti, IVA nell’e-commerce) e alla fornitura di servizi. Laddove di interesse la scheda è completata con informazioni inerenti alle importazioni e alla fornitura di servizi in Svizzera da parte di aziende o lavoratori britannici.

La scheda informativa è riservata ai soci della Cc-Ti e può essere richiesta al servizio Commercio internazionale inviando una e-mail a internazionale@cc-ti.ch

Fare business in Cina

Una guida pratica vi illustra come.

Di recente pubblicazione, una guida redatta da Dezan Shira & Associates, società specializzata in investimenti diretti esteri, illustra come aprire un’attività in Cina. La guida fa altresì riferimento alle tanto attese leggi sulla protezione dei dati e della privacy ed è pertanto utile anche alle aziende già insediate che vogliono tenersi aggiornate sui cambiamenti legislativi più recenti.

Ecco i contenuti della guida in breve:

  • Creazione e gestione di un’impresa
  • Tasse, audit e contabilità
  • Risorse umane e libro paga
  • Cybersecurity e protezione dei dati.
La guida può essere scaricata sul sito web di Switzerland Global Enterprise: Doing Business in China 2022 | S-GE

Disdetta con effetto immediato e interessi sulla partecipazione all’utile: a partire da quale momento?

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Un contratto di lavoro può prevedere che il dipendente abbia diritto ad una partecipazione agli utili. L’art. 322a del Codice delle obbligazioni indica esplicitamente questa possibilità: se, in virtù del contratto, il lavoratore ha diritto a una parte degli utili o della cifra d’affari o altrimenti del risultato dell’esercizio, questa parte è calcolata, salvo diverso accordo, sul risultato dell’esercizio annuale, da determinare secondo le prescrizioni legali e i principi generalmente ammessi dalla pratica commerciale.

Cosa succede se il contratto viene disdetto per motivi gravi ex art. 337 CO? Sappiamo che una simile disdetta ha un effetto immediato ed interrompe il rapporto lavorativo senza alcun preavviso o termine di attesa. In tal caso è verosimile che le parti al momento della disdetta non siano in grado di determinare il risultato dell’esercizio o la cifra d’affari, essendo tali elementi dipendenti da un intero anno di attività. In altre parole, per poter disporre di questi dati è necessario attendere la fine dell’anno. Ma come si concilia questa situazione con la regola dell’art. 339 cpv.1 CO che prescrive l’immediata esigibilità dei crediti derivanti dal contratto di lavoro con la fine del medesimo? La risposta la troviamo all’art. 323 cpv3 CO: la partecipazione al risultato dell’esercizio è pagata non appena il risultato è accertato, ma al più tardi sei mesi dopo la fine dell’esercizio annuale. Ora, questa è una prima risposta che però non indica, almeno in modo diretto, a partire da quale momento la pretesa del dipendente matura interessi.

Fa stato la cessazione del rapporto di lavoro o l’accertamento del risultato d’esercizio? Di questo tema si è occupato il Tribunale federale nella sentenza 4A_126/2021. I giudici di Losanna hanno innanzitutto ricordato che, nonostante la legge non lo indichi esplicitamente, in generale la regola dell’esigibilità delle pretese al momento della fine del rapporto di lavoro si applica anche alle disdette con effetto immediato e non solo a quelle ordinarie. È il caso, ad esempio, delle pretese del lavoratore nel caso in cui i motivi addotti per il licenziamento non sono gravi e danno quindi diritto a determinati risarcimenti a suo favore. Gli interessi su tali pretese di indennizzo iniziano pertanto a decorrere con la fine del contratto. Il Tribunale federale ha però immediatamente ammesso che per la partecipazione all’utile debba valere un’eccezione e che gli interessi in tal caso inizino a maturare parallelamente all’esigibilità della pretesa, ossia non appena il risultato è accertato, al più tardi sei mesi dopo la fine dell’esercizio annuale.

Aziende e Responsabilità sociale

La nuova piattaforma TI-CSRREPORT.CH

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, sta dedicando molte risorse a questo tema e ha s sviluppato, col supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE),un modello online di rapporto di sostenibilità, che sarà disponibile dal 1° marzo 2022.
Questo strumento, unico nel suo genere, e che costituisce un progetto-pilota per tutte le Camere di commercio e dell’industria svizzere, va ad aggiungersi al “Questionario di autovalutazione” che la Cc-Ti da più di un anno ha già messo gratuitamente online a disposizione dei suoi associati, consentendo così a tutte le imprese, anche quelle piccole e medie, di disporre di una prima valutazione sulla propria posizione in tema della responsabilità sociale.
Un primo step pensato per censire e conoscere le “buone pratiche” adottate sul territorio e che è stato già utilizzato da oltre 200 aziende del Cantone.

Uno strumento riconosciuto anche dall’Autorità cantonale

L’importanza di mettere a disposizione delle aziende un nuovo strumento è frutto quindi di un’evoluzione già esistente e riveste anche un’innegabile utilità pratica, soprattutto dopo la decisione del Consiglio di Stato di annoverare la CSR tra i criteri di valutazione delle offerte nella nuova Legge sulle commesse pubbliche. La responsabilità sociale delle imprese è infatti un elemento che dal 2021 rientra anche nei bandi di concorso pubblici, con un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione. In una prima fase le nuove disposizioni cantonali saranno adottate, e testate, solo per gli appalti della pubblica amministrazione (Divisione delle costruzioni e Sezione della logistica). Successivamente esse saranno estese a gran parte delle commesse.

Alla luce di questa fondamentale svolta normativa, la possibilità di disporre, dal 1° marzo 2022, di un modello di “Rapporto di sostenibilità” è essenziale per le imprese, trattandosi di un report con cui l’azienda descrive e certifica il suo impegno nell’ambito della responsabilità sociale, in relazione anche ai 30 indicatori selezionati dal Consiglio di Stato per la ponderazione delle offerte che concorrono agli appalti pubblici.

Grazie al rapporto di sostenibilità e con l’ottenimento di una separata “Dichiarazione di conformità” aggiuntiva (rilasciata dalla Cc-Ti) si faciliterà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle autorità chiamate a valutare i dossier. Il documento della Cc-Ti rappresenta una naturale evoluzione dopo la fase di test condotta da oltre un anno con un formulario di autovalutazione e costituisce un unicum a livello svizzero, visto che permette di stilare concretamente un rapporto di sostenibilità che poi vene anche riconosciuto formalmente quale documento, dal Cantone.

Un lavoro di consulenza puntuale aiuterà le aziende a dimostrare la realizzazione degli obiettivi economici, ambientali e sociali idonei pure nell’ottica a ottenere questa percentuale. Questo strumento non rappresenta la condizione per partecipare agli appalti pubblici ma resta su base volontaria ed è sostenuta dal DFE e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche.

Procedura e contenuti del Rapporto di sostenibilità

Il “Rapporto di sostenibilità” sarà accessibile a tutte le aziende sulla piattaforma online della Cc-Ti. Si è espressamente voluta una formulazione di facile compilazione, che permette di includere, oltre a paragrafi descrittivi, logo, foto e tutte le informazioni puntuali aziendali di rilevanza. Perché, ed è importante sottolinearlo, non si tratta dell’ennesimo ostacolo burocratico a carico delle aziende, bensì di uno strumento pensato per dare loro la giusta e positiva visibilità e aiutarle con un mezzo semplice. Oltre ai principali dati sull’azienda e alla sua storia, la compilazione del documento porta a descrivere le misure adottate per la responsabilità sociale in relazione a: governance, mercato, risorse umane, rapporti con la comunità e tutela dell’ambiente. Per arrivare, poi, agli obiettivi che ci si prefigge a media e lunga scadenza.

Come già descritto in precedenza, il rapporto può essere completato da una scheda supplementare dedicata ai 30 indicatori determinati dal governo ticinese che sono suddivisi
in tre aree tematiche: ambiente, economia, società. Grazie alla compilazione di questa scheda, saranno confermati i requisiti di base per ottenere il punteggio richiesto sul tema CSR negli appalti pubblici.

Per le imprese il Rapporto di sostenibilità rappresenta un ottimo dispositivo per monitorare costantemente il loro approccio alla sostenibilità, per metterne a fuoco limiti, progressi e obiettivi futuri. E scoprire, magari, che delle misure già adottate spontaneamente, ad esempio, per la mobilità aziendale, il risparmio energetico o per meglio conciliare lavoro e impegni familiari, rientrano a pieno titolo nelle “buone pratiche” contemplate dalla CSR.

La Cc-Ti organizzerà una presentazione al pubblico nelle prossime settimane e, assieme ai suoi partner istituzionali, proporrà alle imprese e alle associazioni di categoria, degli eventi formativi e informativi sui temi della CSR.

La visione del futuro vede la crescita delle nostre aziende strettamente collegata ad una prospettiva di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Con la ferma convinzione che la forza, la coesione
di una comunità e il suo capitale sociale rappresentino un vantaggio competitivo per tutto il tessuto produttivo.

La responsabilità sociale, “questa sconosciuta”

Da anni la Cc-Ti, oltre a collaborare con istituzioni cantonali, associazioni e fondazioni per una fattiva sensibilizzazione sulla responsabilità sociale, supporta le aziende nell’implementare le “buone pratiche” della CSR attraverso un articolato lavoro di informazione e formazione. È importante rilevare che la CSR non è terreno sconosciuto per le nostre tante aziende del territorio, anzi!
Nel quadro dell’annuale inchiesta congiunturale della Cc-Ti, condotta con le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, un’analisi specifica sul tema ha evidenziato il grande lavoro già in atto da parte delle imprese. Rilevando, ad esempio, oltre 130 “buone pratiche”, suddivise in 32 tipologie d’intervento, applicate nei diversi rami economici. Un impegno che investe, sia nelle grandi che nelle piccole imprese, gli obiettivi qualificanti della responsabilità sociale.

Con scelte imprenditoriali coraggiose, che vanno spesso oltre i canoni ordinari della CSR, per concretizzare un concetto di responsabilità più aderente non solo alla vita dell’azienda, ma anche alla realtà del territorio e della comunità. Va fatta chiarezza e sottolineato che, se da una parte è giusto avere dei parametri di CSR, dall’altra parte non va assolutamente trascurato quanto fatto anche al di fuori dei criteri “ufficiali”. Il peso e il valore dell’impegno sociale di un’impresa difficilmente possono essere misurati solo ed esclusivamente sulla base dei soli parametri citati. Già il fatto del rischio imprenditoriale assunto per avviare un’impresa e creare posti di lavoro è un atto sociale e non solo economico, molto importante. A maggior ragione chi crea e mantiene un’azienda, ad esempio, in una regione periferica o in altri contesti “svantaggiosi”, offrendo dei posti di lavoro laddove non ci sono molte opportunità occupazionali, non è socialmente meno meritevole di chi può fregiarsi di tutti i crismi della CSR. Questo va detto in modo forte e deciso.

Purtroppo, nella discussione politica, è sempre dietro l’angolo la tentazione di usare la responsabilità sociale come discriminante per stilare avventate classifiche sulle aziende più o meno “virtuose”, per dividerle tra “buone” e “cattive”, da premiare o penalizzare. Un termine, “virtuoso”, pesantemente abusato negli ultimi anni, spesso per cercare d’imporre una concezione ideologizzata dei principi della CSR con lo scopo di resettare la libertà economica e ingabbiare lo spirito imprenditoriale. Per colpire alle radici la vocazione naturale di ogni impresa: conseguire un profitto.

Perché soltanto se si realizza un profitto, si avranno le risorse necessarie per investire e innovare, fermo restando il rispetto delle norme legali e i principi etici che regolano la società.
Restare competitivi sul mercato, creando più occupazione e ricchezza di cui beneficia poi, tutta la collettività. Esiste già una responsabilità sociale quotidiana, costante e volontaria, non dettata da prescrizioni calate dall’alto o da pressioni esterne. Le aziende sono pronte ad assumersi ulteriori responsabilità, ma è evidente che lo stesso comportamento deve essere tenuto da tutti gli attori in gioco: istituzioni, politica, partner sociali e società civile, al fine di una responsabilità condivisa per una crescita equilibrata ed armoniosa.