Sanzioni: gli acquisti sospetti

Negli ultimi mesi si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni da parte di Paesi terzi di merci sottoposte a sanzioni internazionali, tra cui prodotti ad alta tecnologia. La SECO ha identificato 9 beni critici al centro di tali acquisti e stilato un elenco di indicatori di potenziali attività di elusione delle sanzioni.

Le sanzioni adottate da Svizzera e Unione europea (UE) nei confronti della Russia non hanno effetto extraterritoriale e quindi si applicano solo alle aziende ed entità svizzere rispettivamente europee. Negli ultimi mesi, tuttavia, si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni di merci vietate da parte di Paesi che non hanno aderito alle sanzioni internazionali. Tra queste merci figurano prodotti ad alta tecnologia. Ciò rafforza lo spettro del dirottamento del commercio di prodotti vietati e, in sostanza, dell’elusione delle sanzioni.

Per un efficace controllo delle esportazioni e per prevenire tali iniziative, è importante la conoscenza specifica e tecnica dei propri prodotti (“know your product”) e quella dei propri clienti (“know your customers”), cfr. anche nostro articolo Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità del 26 gennaio 2023. Se da un lato è difficile contrastare il fenomeno dell’elusione delle sanzioni attraverso aziende di Stati terzi, dall’altro lato comprendere i rischi di essere coinvolti in tale evasione e riconoscere i segnali di allarme dovrebbe essere una parte fondamentale del processo di screening di ogni azienda operante a livello internazionale.

Per venire in aiuto alle PMI esportatrici svizzere, la Segreteria di Stato dell’economia SECO ha identificato 9 beni critici al centro di acquisti “sospetti” e stilato un elenco di indicatori (“red flag”) di potenziali attività di elusione delle sanzioni. Il documento, pubblicato a fine maggio sulla pagina dedicata ai Prodotti industriali (dual-use) e beni militari speciali (Licensing), sotto “Misure Russia”, è attualmente disponibile in francese e tedesco.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ne ha curato la versione italiana (non ufficiale), riportata di seguito.

Elenco prioritario di beni critici per tentativi di approvvigionamento a fini militari

Voce di tariffa doganaleDescrizione
8542.31processori e controllori, anche combinati con memorie, convertitori, circuiti logici, amplificatori, orologi, circuiti di sincronizzazione o altri circuiti
8542.32memorie, es. SRAM
8542.33amplificatori, es Op Amps
8542.39altri circuiti integrati elettronici, es. FPGA
8517.62apparecchi per la ricezione, la conversione e l’emissione e la trasmissione o la rigenerazione della voce, delle immagini o di altri dati, compresi gli apparecchi di commutazione o d’instradamento, es. wireless transceiver modules
8526.91apparecchi di radionavigazione, es. moduli GNSS
8532.21condensatori fissi al tantalio
8532.24condensatori fissi a dielettrico di ceramica, multistrato
8548parti elettriche di macchine o apparecchi, non nominate né comprese altrove in questo capitolo, es. filtri EMI

Indicatori – Red Flag

  • Transazioni di beni connessi alla difesa o al duplice impiego con un’azienda creata dopo il 24 febbraio 2022 e con sede in un Paese non membro della GECC. La Global Export Control Coalition (GECC) comprende Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Australia, Canada, i 27 Stati membri dell’UE, il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan, gli Stati Uniti e il Regno Unito.
  • Un nuovo cliente attivo nel commercio di prodotti dell’elenco prioritario, la cui sede principale si trova in un Paese non membro della GECC e la cui attività è stata avviata dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente esistente che prima del 24 febbraio 2022 non aveva ordinato prodotti che figurano nell’elenco prioritario, ma che ora li richiede.
  • Un cliente esistente domiciliato al di fuori della Svizzera la cui domanda di prodotti dell’elenco prioritario è aumentata in modo significativo dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente non fornisce o rifiuta di fornire informazioni a banche, a esportatori o a terzi, comprese le informazioni sugli utenti finali, sull’uso finale previsto o sulla proprietà dell’azienda.
  • Controparti che in genere non effettuano transazioni che comportano il consumo o l’utilizzo di altri beni (ad es. altre istituzioni finanziarie o società di logistica).
  • Il cliente paga un prezzo significativamente elevato rispetto a quello di mercato per l’acquisto di un bene.
  • Il cliente o il suo indirizzo assomiglia a un’azienda o a una persona che figura nell’elenco delle entità sanzionate.
A chi desidera approfondire in modo pratico e conciso la tematica segnaliamo il seguente corso: “Export control dual use goods, sanctions, embargoes” (online, 11 settembre 2023)

Così Linkedin ha cambiato (e continua a cambiare) l’HR

di Manuela Cuadrado, Account Manager in Breva Digital Communication Sagl

Linkedin si conferma uno dei social media più amati. In un panorama mutevole come quello digitale, ha saputo evolversi senza mai venire meno alla sua “mission” originale: fornire a chi lavora uno strumento di networking in grado di supportare gli utenti nella ricerca di un nuovo lavoro e le aziende nella ricerca di personale. Un mondo virtuale in cui domanda e offerta di lavoro possano incontrarsi direttamente, rompendo le tradizionali barriere gerarchiche. Una felice intuizione per l’epoca: Linkedin è infatti nato ufficialmente il 5 maggio del 2023.
Sì, avete fatto bene i conti: quest’anno, le candeline sulla torta saranno 20. Due decadi di crescita solida e costante, che hanno portato le funzionalità della piattaforma ad espandersi: oggi imprese e privati utilizzano Linkedin per la ricerca attiva di clienti, il rafforzamento della propria reputazione online, la formazione, o semplicemente per restare aggiornati su quanto accade nella propria sfera di interesse professionale.
Tuttavia, la vocazione HR di Linkedin non è certo venuta meno. Al contrario: si è arricchita di nuove, interessanti funzionalità.

Anche la ricerca di personale ha la sua brand awareness.

Oggi più che mai, la ricerca di lavoro da parte dei candidati tiene conto di fattori che vanno oltre l’inquadramento o la retribuzione: non cercano più solamente un impiego, ma un’esperienza di lavoro che consenta loro un accrescimento personale, oltre che professionale. Vogliono poter sposare i valori dell’azienda in cui lavorano e trovare un ambiente positivo e accogliente, in cui il loro talento venga valorizzato. Per questo, sono più portati che in passato a fare ricerche sull’azienda e chi ci lavora. Ricerche che avvengono al 99% online… le aziende che vogliono attrarre i candidati migliori trovano in Linkedin un’eccezionale opportunità di comunicare le proprie attività, missione e valori, avendo la certezza di trovarsi già su sulla piattaforma social più adatta per ottenere la visibilità che gli serve. I dipendenti e i collaboratori dell’azienda possono essere chiamati direttamente a contribuire a questa visibilità attraverso le funzionalità di Employee Advocacy; l’engagement da parte di chi già lavora in azienda, è senza dubbio il miglior biglietto da visita agli occhi di un candidato. Pubblicare e condividere contenuti interessanti sulle attività aziendali può stimolare molti professionisti a contattarvi per primi, con una candidatura spontanea.
Ma… cosa accade se abbiamo bisogno di una ricerca di personale mirata, magari con una certa urgenza?

Job posting e Job ADS: pubblicare e sponsorizzare gli annunci di lavoro

È risaputo che le aziende possono pubblicare e diffondere annunci di lavoro su Linkedin. È meno noto che per farlo non occorre necessariamente pagare: basta avvalersi della funzionalità “Pubblica un’offerta di lavoro” dal menù aziendale e una procedura guidata ci permetterà di redigere e pubblicare l’annuncio perfetto per noi, che verrà pubblicato sulla pagina aziendale e da lì potrà essere ricondiviso. Questo, in alcuni casi, potrebbe già essere sufficiente ad attirare l’attenzione di candidati interessanti, ma solo a patto diaver nutrito nel tempo la nostra rete con contatti qualificati e in target (questo ovviamente, vale per tutti quelli che condivideranno l’annuncio). È anche possibile arricchire la propria foto profilo con la dicitura “I’m hiring” – “Sto assumendo”, per ottenere ulteriore visibilità presso la nostra rete.
Se però vogliamo accelerare i tempi o abbiamo necessità di raggiungere velocemente un pubblico più ampio, potremo avvalerci della possibilità di sponsorizzare l’annuncio: grazie alla capacità di selezione capillare del target della piattaforma pubblicitaria di Linkedin, potremo mostrare il nostro annuncio solo a candidati che corrispondono il più possibile al nostro candidato ideale: tra i filtri troviamo, ad esempio, gli anni di esperienza, il titolo di studio, ma anche le lingue conosciute o determinate conoscenze tecniche e/o particolari skill (ad esempio, la competenza nell’utilizzo di determinati software o macchinari). I termini e condizioni del servizio di Linkedin non permettono di inserire criteri discriminanti quali sesso, età, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità etc. (anche in accordo alle leggi e normative vigenti nel Paese di riferimento).
Altro spunto da tenere presente: grazie a un codice di tracciamento da inserire sul sito web (pixel) è possibile fare pubblicità retargeting a tutti i potenziali candidati che sono atterrati sul nostro sito web per approfondire l’annuncio o conoscere meglio l’azienda, andando così a colpire un pubblico non solo idoneo, ma anche
fortemente interessato.

Più forza alla ricerca di personale con Linkedin Recruiter

Per chi lavora nel campo delle Risorse Umane o le imprese che hanno bisogno di molto personale, è nato Linkedin Recruiter, una soluzione tailor-made per venire incontro alle specifiche necessità di ogni azienda. Grazie a Recruiter, non è necessario aspettare che il candidato giusto venga da noi: possiamo essere noi a
trovarlo e contattarlo per primi! I responsabili della selezione hanno a disposizione una ricerca attiva che permette di impostare diversi filtri e trovare gli utenti con il profilo più adeguato: tra gli oltre 690 milioni di iscritti nel mondo, c’è sicuramente il candidato giusto! L’HR manager potrà quindi contattarlo direttamente attraverso i messaggi InMail.

Validità delle prove preferenziali (update)

L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha aggiornato le istruzioni concernenti la determinazione della validità formale delle prove preferenziali.

Le istruzioni in oggetto hanno lo scopo di aiutare le persone soggette all’obbligo della dichiarazione a valutare la validità formale delle prove preferenziali e ad adempiere così al loro dovere di diligenza.

L’ultimo aggiornamento è avvenuto il 1° giugno 2023 e riguarda le rubriche 1.1, 1.1.1 e 2.1.1 e la validità formale dei certificati di circolazione delle merci (CCM) provenienti dalla Turchia. Il documento può essere scaricato qui.

Tour d’horizon: Vietnam

Il 2022 è stato senz’ombra di dubbio un anno complicato, segnato dagli strascichi della pandemia di COVID-19 e dalle tensioni geopolitiche internazionali, che insieme hanno causato un rallentamento dell’economia globale e, in taluni Paesi, un netto taglio delle aspettative di crescita. A dispetto di queste difficili condizioni quadro, l’economia vietnamita ha dato prova della propria solidità ed è riuscita a emergere quale mercato di forza nel panorama economico del Sud-est asiatico.

Per il Vietnam il 2022 è stato sinonimo di successo, avendo il prodotto interno lordo (PIL) nazionale registrato un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Oltre alla ripresa dei consumi privati interni post pandemia, tale crescita è stata fortemente influenzata dall’ottima performance del settore manifatturiero orientato all’esportazione. Inoltre, in un contesto globale piuttosto turbolento, il Paese è riuscito a contenere il rischio legato all’inflazione, mantenendo una media annua del 3%. In termini di investimenti diretti esteri (IDE), il Vietnam è riuscito ad incrementare la propria forza attrattiva, raggiungendo un record di 27,7 miliardi di dollari, a buona dimostrazione del crescente ottimismo sulle prospettive socioeconomiche che gli investitori stranieri riservano al Paese.

In questo clima positivo le previsioni per il 2023 e 2024 continuano a parlare di crescita, benché leggermente (e, in un certo modo, fisiologicamente) più moderata. Il pronostico è quello di un incremento del PIL che dovrebbe assestarsi attorno al 6-7% – dato influenzato, almeno parzialmente, dalle continue incertezze internazionali che non lasciano immune nemmeno un Paese politicamente “defilato” come il Vietnam. Non tutto il male vien per nuocere, verrebbe però da dire, giacché le tensioni geopolitiche globali potrebbero tramutarsi in stimolanti opportunità per l’economia vietnamita. Nel contesto della strategia “Cina+1” le aziende con uno spettro d’attività internazionale sono infatti sempre più intente a diversificare le proprie catene d’approvvigionamento, volendone accrescere la resilienza e la connettività, con il chiaro obiettivo di diminuire la dipendenza da un singolo Paese. Di questa situazione il Vietnam ne ha giovato e ne sta giovando tuttora, rappresentando una delle principali destinazioni per gli investimenti esteri nel settore della lavorazione e della produzione, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, della scienza e della tecnologia. Un accento importante va posto sulle sub-categorie tessile, semiconduttori e servizi IT – aree di grande interesse attuale per gli investitori internazionali.

Questo movimento – sia in entrata sia in uscita – è facilitato dalla posizione e conformazione geografica del Paese e dai conseguenti vantaggi in termini logistici e di trasporto. Il Vietnam non funge invero soltanto da porta d’accesso al mercato sud-est asiatico, bensì la sua lunga costa marittima di oltre 3’200 km gli permette di essere un punto critico d’appoggio per il commercio internazionale (con un accesso sia alle industrie di supporto dei Paesi vicini sia alle rotte di trasporto marittimo verso il Nord America e l’Europa). I bassi costi di produzione e la presenza di manodopera qualificata, congiuntamente al crescente numero di accordi di libero scambio con altri Paesi, nonché agli incentivi d’investimento e fiscali, rendono il Vietnam una destinazione attrattiva per tutti quelli che, internazionali o locali, intendono fare impresa. Una nota d’interesse va riservata anche al tema della struttura demografica della Nazione: i giovani rivestono la grande maggioranza dei poco meno di 100 milioni di abitanti e il dato sull’età mediana – 32,5 anni – ci riporta a valori che ricordano la situazione europea di 50 anni or sono. Ciò si traduce, da una parte, in disponibilità di abbondante forza lavoro (che, fattore interessante, possiede motivazione e un forte spirito commerciale) e, dall’altra, in un mercato di giovani consumatori di ben altre dimensioni rispetto a quelli delle realtà europee.

La strada per fare del Vietnam un attore economico di portata mondiale è ancora lunga. All’orizzonte si stagliano particolari sfide legate alle infrastrutture e al quadro giuridico-amministrativo. La crescita costante e, per certi versi, inevitabile della sua economia suggerisce tuttavia che lungo il percorso si potranno trovare opportunità interessanti, le quali verosimilmente non riguarderanno solamente i settori con un alto grado innovativo e/o speculativo, ma anche quegli ambiti industriali e commerciali che nei mercati più avanzati hanno già raggiunto il loro punto di saturazione.

Le occasioni, in altre parole, non sembrano mancare, soprattutto per chi sarà in grado di proporre un business solido e strutturato. L’errore da non commettere è, tuttavia, quello di sottovalutare le difficoltà connesse alle differenze culturali tra il Vietnam e l’Occidente: chi insiste a volerne leggere le dinamiche senza togliere gli “occhiali” occidentali, aumenta esponenzialmente il suo rischio di fallire. Solamente capendo il Vietnam e le sue persone dall’interno, sarà possibile sfruttarne a pieno il potenziale.

Autore e contatto:
Francesca Severoni
Fidinam (Vietnam) Company Limited

francesca.severoni@fidinam.ch
www.fidinam.com

Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio

La Svizzera dispone ad oggi di una rete di 35 accordi di libero scambio (ALS) a copertura di ben 73 Paesi. In agenda ci sono negoziati sia per il rinnovo e l’aggiornamento dei trattati esistenti sia per la conclusione di nuovi accordi, come lo testimoniano i recenti colloqui per una ripresa e intensificazione delle trattative con l’India. ALS che hanno però anche dei limiti.

Gli ALS hanno essenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli. Se il loro contenuto si è evoluto negli anni, andando a coprire settori come ad esempio i servizi, gli investimenti o ancora gli appalti pubblici, la concessione reciproca di preferenze tariffali (leggi: riduzione o abolizione dei dazi doganali) continua a rimanere un elemento centrale. Tali concessioni vengono accordate per determinati beni prodotti interamente o sufficientemente lavorati sul territorio. Non tutte le aziende beneficiano però delle possibili agevolazioni doganali, soprattutto a causa delle norme d’origine che disciplinano gli scambi preferenziali e che rappresentano un vero e proprio rompicapo: ogni ALS ha infatti le sue peculiarità e non è facile mantenere una visione d’insieme in questa matassa di regole, così complicata da essere paragonata a un piatto di spaghetti (in gergo: “spaghetti bowl”). Un intricato groviglio di norme a cui si aggiungono delle supply chain sempre più lunghe e articolate, che complicano ulteriormente la determinazione dell’origine preferenziale per quei prodotti realizzati utilizzando materie prime o componenti importati da varie parti del mondo.

Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi all’importazione di prodotti industriali, che potranno pertanto essere importati a costi inferiori. L’origine preferenziale di tali prodotti diventa irrilevante. Si aprono nuove opportunità di approvvigionamento anche da Nazioni con le quali la Svizzera non ha concluso un ALS. Fin qui tutto bene, ma… laddove in prima battuta l’eventuale cambio da un fornitore che attualmente garantisce l’origine preferenziale a uno più economico che però non è in grado di conferire alla merce l’origine preferenziale, potrebbe apparire come un evidente risparmio sui costi di produzione, in realtà potrebbe anche rivelarsi un vero e proprio boomerang se non permetterà al prodotto finito di entrare sul mercato di destino beneficiando dello status preferenziale e dello sgravio dai dazi ad esso connesso. Mai come da inizio 2024 le aziende esportatrici saranno chiamate a monitorare e valutare attentamente i loro flussi in entrata e in uscita, così come a conoscere ed applicare correttamente regole e prove dell’origine preferenziale.

Nel contesto del libero scambio, va altresì detto che i limiti degli attuali ALS sono ben noti alle autorità svizzere: se da un lato il principale mercato di approvvigionamento e di sbocco dell’industria svizzera è l’Unione europea, vi sono altri mercati partner del libero scambio con i quali l’interscambio commerciale è in crescita e che potrebbero esserlo maggiormente se venissero adattate le regole relative al “cumulo dell’origine”, ovvero al sistema che consente ai prodotti originari di una determinata Nazione di essere ulteriormente trasformati o incorporati ai prodotti originari di un altro Paese, come se fossero originari di quest’ultimo per ottenere così l’origine preferenziale. Per quanto riguarda le aziende svizzere il cumulo è attualmente possibile con componenti e materie prime provenienti dall’UE, da Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Isole-Faeroer, Georgia e Ucraina. Il cumulo, così come attualmente regolamentato, non è invece possibile con partner importanti come Regno Unito, Giappone, Canada, Corea del Sud o Messico, Paesi con cui anche l’UE ha degli ALS.

È quindi tempo di rivedere le possibilità di cumulo dettate dagli ALS? Sembra pensarla così la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ha fatto condurre uno studio per analizzare il potenziale economico di ulteriori possibilità di cumulo negli ALS della Svizzera per quanto riguarda i prodotti industriali, esaminando in particolare l’impatto di una forma di cumulo incrociato chiamata “regionalizzazione delle norme di origine”, in cui tre o più partner comuni di libero scambio formano una zona di cumulo dell’origine. Per istituire una tale zona di cumulo bisognerebbe tuttavia modificare le norme di origine fissate nei vari ALS, cosa che richiederebbe il consenso di tutti gli Stati interessati. Nel corso dello studio sono state interpellate diverse aziende e tutte si sono dette favorevoli a ulteriori possibilità di cumulo. In questo senso ci verrebbe quindi da dire “buttate la pasta!”, ma ci limitiamo a un “affaire à suivre”, invitando nel frattempo le aziende a formarsi e informarsi continuamente su questa complessa materia.

Evento Paese EAU-KSA: retrospettiva

Su iniziativa della Camera di commercio dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), con il supporto dei “Partner dell’Internazionale 2023” Allianz Trade Switzerland, Cippà Trasporti SA, Switzerland Global Enterprise, il polo linguistico e formativo capeggiato da Ti-Traduce e M. Zardi & Co, e con la partecipazione di Fidinam DMCC, dell’imprenditore seriale Matteo Boffa e di Pini Group, il 25 maggio scorso presso il Suitenhotel Parco Paradiso si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI della Svizzera italiana le opportunità offerte da Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Una sessantina i partecipanti.

Nei suoi saluti iniziali, Monica Zurfluh, responsabile del servizio Commercio internazionale della Cc-Ti, ha voluto da un lato evidenziare il ruolo della Cc-Ti nella tutela e promozione degli interessi di tutti i settori economici, anche in relazione con le loro attività internazionali, e dall’altro come l’informazione, la consulenza e la messa in rete con partner esperti, quali i Partner dell’Internazionale, siano alla base delle attività del servizio Commercio internazionale. In questo contesto, gli Eventi Paese organizzati in stretta collaborazione con i Partner dell’Internazionale vantano una lunga tradizione.

I due Paesi oggetto dell’evento rappresentano il primo rispettivamente il secondo partner commerciale della Svizzera nella regione. L’importanza di queste due Nazioni e più in generale dei Paesi del Golfo è considerevole, tanto dal punto di vista politico quanto da quello economico. Pur essendo diversi per dimensioni, forza economica e condizioni quadro, essi sono per lo più accomunati dalla forte dipendenza dal petrolio e dal gas e dalla necessità di attuare riforme economico-sociali. Dalle crisi nascono però le migliori opportunità: ecco quindi che temi quali la diversificazione, la privatizzazione, la necessità di sviluppare competenze e talenti locali, il bisogno di nuove tecnologie e innovazioni, ma anche di creare un clima favorevole agli investimenti e al business, non senza dimenticare che qualsiasi opportunità può anche sollevare problematiche e celare rischi, hanno costituito il fil rouge dell’evento.

I profondi cambiamenti in atto nella regione e le opportunità, anche settoriali, che si vengono a creare sono stati ampiamente illustrati da Abier Nasr e Larbi El Attari, rispettivamente Deputy Head e Commercial Counsellor presso lo Swiss Business Hub Middle East, l’ufficio congiunto del Dipartimento federale degli affari esteri e di Switzerland Global Enterprise (S-GE) nella regione.

A seguire, Marco Arrighini, Manager Credit Risk e responsabile della regione sud di Allianz Trade Switzerland ha tracciato una mappa dei rischi, un esercizio indispensabile per essere in grado di prendere decisioni informate.

Gaetano Loprieno, consulente logistico di Cippà Trasporti SA ha poi illustrato le principali modalità di trasporto e i più comuni termini di consegna delle merci nella regione, sottolineando altresì che dal 2014 tra AELS e GCC vige un accordo di libero scambio (l’UE non dispone ancora di tale accordo, ndr).

Il Managing Director di Fidinam DMCC Stefano Menotti ha quindi fatto il punto sugli aspetti amministrativi e fiscali da conoscere per chi opera in loco, con particolare riferimento alla tassazione diretta e indiretta, alla doppia imposizione e alla gestione delle buste paghe nei due Paesi, nonché alle condizioni offerte dalle free zone negli Emirati Arabi Uniti e dalle costituende zone economiche speciali in Arabia Saudita.

Le testimonianze sono state affidate a Matteo Boffa, giovane imprenditore ticinese e investitore a impatto, e a Umberto Ceccarelli, Innovation & Business Developer dello studio d’ingegneria Pini Group. Il primo ha illustrato come gli EAU siano terreno fertile per dar voce alle nuove generazioni che hanno idee impattanti e innovative, con un modello di business sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale e finanziario. Il secondo ha invece ha condiviso preziosi spunti di riflessione sulla conduzione degli affari in particolare in Arabia Saudita, sottolineando la necessità di stabilire una presenza locale e di coltivare relazioni affidabili e durature.

Per i partecipanti, una sessantina, l’aperitivo a seguire è stata un’occasione preziosa per fare networking.

Un evento a 360° gradi quello del 25 maggio, senza presunzione di esaustività e completezza, ma che ha voluto dare ai presenti importanti basi di riflessione per operare su questi mercati nonché strumenti e, soprattutto, contatti utili per i necessari approfondimenti.


Partner dell’Internazionale 2023

India: un’opzione nel “China+1”

A fine marzo 2023, l’India ha presentato le sue nuove linee guida per il commercio estero. Entrata in vigore il 1° aprile 2023, per la prima volta e in deroga alla tradizione, la politica commerciale estera indiana non avrà una data limite di cinque anni, questo per consentire al governo Modi di apportarvi le modifiche necessarie in corso d’opera. Volta a favorire l’export del Paese, la FTP apre nuove opportunità anche alle aziende estere interessate ad un’alternativa alla Cina.

Riconoscendo il cambiamento del panorama del commercio globale e la necessità di una trasformazione più ampia e integrata nel panorama delle politiche commerciali del Paese, la Foreign Trade Policy 2023 indiana (FTP) introduce schemi come la remissione di dazi o imposte sui prodotti da esportazione e il rimborso di tasse e imposte statali e centrali, promuove la facilità di fare impresa e si concentra su aree emergenti come il commercio elettronico (creando, tra l’altro, zone designate con strutture di stoccaggio) e i cosiddetti “hub di esportazione”, velocizzando altresì le procedure di elaborazione e approvazione delle richieste di autorizzazione.

È il caso ad esempio dell’Advance Authorization Issuance, che consente di importare in esenzione da dazi i fattori produttivi che sono fisicamente incorporati in un prodotto di esportazione. Oltre ai fattori produttivi, sono ammessi anche i materiali di imballaggio, i carburanti, gli oli e i catalizzatori consumati/utilizzati nel processo di produzione dei prodotti di esportazione. Tramite l’Export Promotion Capital Goods (EPCG) Scheme, le aziende possono invece importare beni strumentali, come i macchinari, in esenzione da dazi se utilizzati nel processo produttivo.

La grande forza lavoro, i bassi costi della manodopera e, ora, il supporto del governo all’industria manifatturiera, con particolare riferimento all’industria d’esportazione, rendono l’India un’opportunità concreta nonché un’opzione valida nel contesto di una strategia di diversificazione “China+1”.

Anche la Svizzera guarda all’India con interesse, tanto che a metà maggio il Consigliere federale Guy Parmelin, insieme ad altri rappresentanti di alto livello degli Stati dell’AELS, ha incontrato a Bruxelles il ministro del commercio indiano Shri Piyush Goyal per una ripresa e intensificazione dei negoziati per un accordo di libero scambio.

Nel 2022, il commercio bilaterale di beni tra la Svizzera e l’India (totale congiunturale) ammontava a 4,3 miliardi di franchi, con un saldo commerciale positivo per l’India. Lo scorso anno la Svizzera ha esportato in India soprattutto prodotti chimici, macchinari e strumenti di precisione, importando principalmente prodotti chimici, tessili e metalli.

Grazie alle dimensioni del mercato e allo spiccato know-how in vari settori dell’alta a tecnologia, l’India offre numerose opportunità di cooperazione e di sviluppo alle imprese svizzere. Oltre 330 aziende svizzere sono già attive in questo Paese attraverso filiali o joint venture: alla fine del 2021 gli investimenti ammontavano a 7,3 miliardi di franchi.

Tra i temi oggetto delle trattative vi saranno certamente l’abbattimento dei dazi doganali all’importazione in India, la protezione degli investimenti e la tutela della proprietà intellettuale. Quest’ultimo tema tocca e preoccupa due importanti industrie, il settore MEM e quello delle scienze della vita.

Il nuovo ruolo dell’India nella catena di fornitura globale, le opportunità che si aprono per le aziende svizzere e le criticità dell’attuale sistema brevettuale indiano saranno oggetto di un webinar che si terrà il 12 giugno 2023. Per informazioni e iscrizione: WEBINAR | India as a global supply chain hub

Sì ad una fiscalità conforme al modello OCSE: per la Svizzera, per il Ticino

Il prossimo 18 giugno, i cittadini saranno chiamati alle urne su tre temi di carattere federale, tra cui la riforma OCSE per l’imposizione minima delle imprese attive a livello mondiale con un fatturato di almeno 750 milioni all’anno. Il Canton Ticino non figura tra i cantoni direttamente più toccati dalle modifiche tributarie. Ma indirettamente la riforma riveste una grande importanza per la nostra regione, per le imprese stesse e per l’erario. Per questa ragione l’Associazione imprese di famiglie (AIF), l’Associazione industrie ticinesi (AITI) e la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) invitano a votare Sì alla riforma OCSE.

COMUNICATO STAMPA

Distacco di lavoratori in Italia: nuovo termine di notifica

Conformemente al decreto legislativo n. 136 del 17 luglio 2016, il datore di lavoro estero che distacca lavoratori in Italia è tenuto a notificarli preventivamente. Se in precedenza la notifica doveva avvenire entro le ore 24 del giorno precedente l’inizio del distacco, una recente modifica del decreto ne ha ora cambiato il termine.

In Italia, la direttiva 2014/67/UE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di prestazioni di servizi è stata recepita dal Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n.136.

Secondo tale D.Lgs., i prestatori di servizi (datori di lavoro) stranieri che distaccano i propri lavoratori in Italia sono tenuti a notificare in anticipo tale distacco, indipendentemente dal fatto che questo avvenga all’interno dello stesso gruppo societario o in favore di una filiale/unità produttiva o di un altro destinatario.

Se prima la notifica doveva avvenire entro le ore 24 del giorno precedente l’inizio del distacco, una modifica del DLgs. valida dal 21 marzo 2023 ha portato questo termine a “al più tardi all’inizio” del distacco (art. 10 par. 1).

La notifica deve essere presentata tramite il portale ClicLavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Tutelare la continuità aziendale

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Ben 5.500 imprese ticinesi si trovano già confrontate con il delicato problema della successione aziendale. Una fase cruciale per la sopravvivenza di migliaia di attività produttive che nei prossimi cinque, dieci anni, con il pensionamento della generazione dei baby boomers, assumerà ancora più rilevanza per la tenuta complessiva del nostro sistema economico. Una rilevanza strategica se si considerano le conseguenze negative che potrebbe avere sull’economia cantonale l’insuccesso del ricambio generazionale anche se “soltanto” per una parte di queste imprese.
Più che di “successione ”, termine che rimanda al classico trapasso ereditario di un capitale nella ristretta cerchia familiare dei discendenti diretti, come genitori/figli, sarebbe più opportuno parlare di continuità aziendale. Ossia di un passaggio che può interessare e coinvolgere parenti non stretti, quali nipoti e affini, oppure terze persone, ad esempio, dei dipendenti che potrebbero rilevare l’attività. Scelta questa che, per vari motivi, è ormai sempre più frequente, ma che purtroppo l’attuale legge tributaria penalizza fiscalmente, scoraggiando i potenziali subentranti e pregiudicando, di fatto, la prosecuzione dell’impresa stessa.
Una distorsione che la riforma generale della fiscalità, prevista per il 2024, dovrebbe correggere al fine di salvaguardare la stabilità e lo sviluppo del tessuto produttivo.

Il fattore umano

Per un imprenditore la decisione di ritirarsi, di passare la mano non comporta solo problemi fiscali, legali o finanziari, c’è, infatti, una componente emotiva altrettanto importante. L’impresa è il frutto del lavoro di una vita, a volte di più generazioni. È il risultato non solo della creatività imprenditoriale, del coraggio di rischiare e mettersi personalmente in gioco, è anche la testimonianza concreta di una dedizione tenace, di sacrifici e, spesso, di consapevoli rinunce nei momenti difficili. Un impegno costante che porta a identificarsi giorno per giorno e sempre di più con la propria azienda, i collaboratori, i fornitori, i clienti, con il territorio e la comunità locale, attraverso molteplici legami sviluppati e consolidati nel corso del tempo.
Negli imprenditori si radica un gagliardo senso di responsabilità ed è, perciò, inevitabile il timore di non poter garantire una scelta adeguata nell’avvicendamento, di compromettere la visione e il futuro dell’azienda.
La continuità, la crescita e i posti di lavoro, restano gli obiettivi principali anche nella transizione, come ha evidenziato lo studio dell’ottobre scorso sulla “Trasmissione aziendale in Ticino” elaborato dal Gruppo Multi SA. Obiettivi centrali ovviamente anche per chi riprende l’impresa.
In questo passaggio assai complesso sono molteplici le sfaccettature legate al fattore umano, alla proprietà, al management, all’organizzazione interna e alla corretta gestione dei rapporti con i collaboratori, sommate alle diverse problematiche inerenti alle questioni fiscali, legali e finanziarie.
Ma è proprio il fattore umano a risultare spesso decisivo, visto che spesso sono le emozioni a dettare il ritmo delle discussioni, soprattutto se fra familiari. Ad esempio, una delle questioni di attrito è spesso il ruolo in azienda di chi cede l’attività. Può, vuole, deve continuare ad avere un ruolo come consulente o è meglio che lasci campo libero a chi gli succede? Questione che, come molte altre, non ha una risposta univoca né standard ma richiede non di rado periodi lunghi di valutazioni, trattative, ecc. È praticamente imprescindibile, in casi del genere, ricorrere all’aiuto di terzi esterni, che abbiano una visione oggettiva della situazione. Anche perché, ed è abbastanza naturale, chi è direttamente coinvolto tende ad esempio a sovrastimare il valore della propria azienda.

Una scelta difficile

Va detto che l’89% delle 39mila imprese attive in Ticino è costituito da piccole realtà che hanno meno di dieci dipendenti e nelle quali la figura del titolare spesso ha un ruolo dalle molte sfaccettature (competenze tecniche, gestione dell’azienda, acquisizione di clienti, ecc.), il che rende complessa l’operazione di trovare alternative valide che possano garantire una successione indolore. Si potrebbe dire che non è mai troppo presto per pensare a tali questioni, perché indugiare troppo aumenta il rischio di compromettere la continuità aziendale. Va detto però che, rispetto al passato, vi è meno l’aspetto di sottovalutazione del problema, quanto piuttosto la reale mancanza di alternative all’interno della famiglia o all’interno dell’azienda.
In effetti, sino a una ventina di anni fa la trasmissione dell’azienda in famiglia era un processo quasi automatico, poi lentamente è mutato. A partire dal 2010 si è rilevata una discontinuità crescente a continuare l’attività della famiglia da parte dei parenti prossimi, i quali scelgono di intraprendere professioni / carriere che di discostano nettamente da quelle dei genitori.
Il fenomeno rispecchia una chiara tendenza nazionale che fotografa un aumento progressivo delle trasmissioni aziendali come forme miste di proprietà, come operazioni di management buyout o di acquisizione/fusione.
Un orientamento sempre più marcato di cui dovrebbe tener conto l’annunciata revisione cantonale della fiscalità per rimuovere quegli ostacoli, in particolare di natura fiscale, che oggi frenano la cessione agli eredi non diretti o a terze persone, mettendo in pericolo la sopravvivenza dell’impresa stessa.
Una riflessione seria e ancora più pressante se si considera che delle migliaia di aziende ticinesi che nel decennio prossimo dovranno affrontare il ricambio generazionale, una parte consistente non ha in famiglia un possibile successore.

Un correttivo necessario

La società cambia con esigenze e peculiarità in continuo aggiornamento. Le norme tributarie non devono ignorare questo cambiamento che è fisiologico dei tempi.
Non si può più guardare alla successione d’impresa come ad un automatico e usuale passaggio di capitale tra parenti stretti. La possibile assenza di questa opportunità non deve rappresentare una minaccia per la continuità aziendale. Con le norme in vigore oggi, il passaggio del testimone tra eredi diretti non presenta problemi particolari. Diverso a favore di nipoti, affini o terze persone. In questi casi il carico fiscale è talmente gravoso da rendere troppo pesante e/o poco attrattivo accettare la successione o la donazione, con il conseguente rischio di chiusura dell’impresa.
Questo passaggio deve diventare ed essere considerata un’opportunità di rinnovamento imprenditoriale e di salvaguardia dei posti di lavoro, come hanno sottolineato con un’iniziativa parlamentare Cristina Maderni, Gran consigliera e Vicepresidente della Cc-Ti, e il presidente del PLR Alessandro Speziali. I due deputati hanno proposto una riduzione dell’onere fiscale pari al 75%, rispetto al sistema attuale, nei casi in cui la successione avvenga al di fuori della cerchia familiare più stretta.
Un alleggerimento fiscale che renderebbe più attuabile il passaggio a figure in grado di assicurare la prosecuzione dell’impresa, e molto spesso, va sottolineato, si tratta proprio di collaboratori interni o persone già attive nella propria filiera. Che dispongono quindi anche di competenze atte a garantire una nuova fase aziendale. Chi si assume il rischio di proseguire un’attività imprenditoriale, di lavorare per consolidarla e implementarla con nuove idee e progetti, va pertanto incoraggiato e non dissuaso con una fiscalità troppo elevata.
Sarebbe peccato non fare un salto di qualità anche a livello legislativo, perché c’è il concreto rischio di sfilacciare il tessuto economico del Cantone. Aziende sane che spariscono per mancanza di condizioni idonee a una loro ripresa non sono un danno solo per i diretti interessati, ma anche per tutto il territorio, con perdita di know-how, impieghi, gettito fiscale, ricadute sociali, ecc. Pena la perdita di competitività del cantone. Se può essere di “consolazione ”, il problema della continuità aziendale è comune a tutta la Svizzera (e anche a molti paesi europei) e alcuni cantoni si sono già mossi per cercare di rimediare al problema almeno sul piano fiscale. Del resto, la revisione del diritto successorio a livello federale ha già introdotto alcuni elementi di flessibilità che potrebbero essere utili anche in ambito aziendale e altre proposte legislative ancora più mirate sulle imprese sono in fase di elaborazione.

Una strategia di sostegno

Come detto, la trasmissione aziendale è un processo molto articolato, a volte difficoltoso perché presenta problemi diversi non sempre di immediata soluzione. Lo studio del Gruppo Multi, a distanza di dieci anni da un’analoga ricerca, ha confermato, infatti, che ancora oggi una fetta non irrilevante di aziende arriva in ritardo a questo appuntamento: “Il 63% delle imprese con un orizzonte di successione entro i due anni e il 70% di quelle con un orizzonte tra i tre e cinque anni non ha ancora definito una forma di successione, vendita o di liquidazione”.
Tuttavia, va ribadito che, a differenza del passato, vi è meno “impreparazione ” ma una crescente difficoltà a trovare soluzione idonee. Del resto, se la forma della successione in famiglia è tuttora prevalente, essa però è in calo, mentre crescono le modalità di partecipazione da parte di collaboratori interni o la necessità di cercare in acquirenti esterni. Ciò comporta un aumento della necessità di consulenze tecniche puntuali, soprattutto per quel che riguarda gli aspetti legali, fiscali e la quantificazione del valore dell’impresa, operazioni sempre molto complesse e di lunga durata.
Per questo motivo è anche molto importante intervenire già a livello di formazione delle nuove leve, potenzialmente interessate a rilevare un’azienda. Accompagnare queste persone e fornire loro gli strumenti corretti affinché possano essere pronti al momento giusto è fondamentale tanto quanto il sostegno a chi, per scelta o per altri motivi, cede l’azienda. Mira in questa direzione la proposta multidisciplinare dei percorsi formativi della Cc-Ti. Oltre a moduli specifici, il percorso formativo “Specialista della gestione PMI con attestato federale”, ad esempio, prepara chi è già attivo in azienda a riprendere la conduzione di un’impresa di piccola e media grandezza. Interessante è il fatto che attualmente circa il 30% dei partecipanti che frequenta questo corso ha il preciso obiettivo di subentrare alla guida dell’azienda di famiglia oppure di rilevare l’impresa in cui lavora.

Un tema rilevante, al centro di una serie di quattro eventi a cadenza settimanale con inizio il 16 maggio, promossi dalla Cc-Ti in collaborazione con UBS. Testimonianze personali, considerazioni tecniche e riflessioni, aiuteranno a far emergere le principali difficoltà che si presentano al momento di pensare alla continuità dell’azienda. Con l’aiuto degli esperti in materia verranno messe in luce alcune delle tante possibili soluzioni per affrontare questa delicata fase.