Frontalieri e fiscalità-1° febbraio 2023

IMPORTANTE INFORMATIVA

Lo scorso 23 dicembre vi abbiamo informati che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato e che il regime speciale in materia fiscale decadrà quindi il prossimo 1° febbraio 2023.
Ieri l’Autorità fiscale italiana ha precisato che i frontalieri italiani che continueranno in modalità di telelavoro perderanno lo statuto fiscale di frontaliere. Il regime dei frontalieri viene riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo saltuario) si recano all’estero per svolgere il proprio lavoro.
Per mantenere tale statuto è quindi necessario che la persona non lavori nemmeno un giorno completo dal proprio domicilio.
In caso contrario il frontaliere rischia di essere tassato in Italia per l’intero reddito conseguito in Svizzera.
Per quanto riguarda le aziende, inoltre, rimane aperta pure la questione relativa all’assoggettamento al fisco italiano, a determinate condizioni, quale stabile organizzazione.

INFORMATIVE PRECEDENTI:
www.cc-ti.ch/calendario/frontalieri-e-fiscalita/
www.cc-ti.ch/normative-diverse-in-vigore-dal-2023/
www.cc-ti.ch/info-veicoli-aziendali/

Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità

Diverse richieste di aziende con sede in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti, interessate a prodotti attualmente oggetto di misure restrittive nei confronti della Russia, fanno emergere lo spettro dell’elusione delle sanzioni.

Nei mesi scorsi ci sono state segnalate richieste da parte di aziende turche ed emiratine interessate all’acquisto di merci attualmente sottoposte a sanzioni se destinate al mercato russo. L’ipotesi più accreditata è che tali aziende rivendano in seguito le merci alla propria clientela russa, forti del fatto che i loro rispettivi Paesi non hanno imposto sanzioni nei confronti di tale Stato. Per le aziende svizzere si prospetta un rischio elevato di elusione delle sanzioni attualmente in vigore nei confronti della Russia, e nello specifico dell’Ordinanza del 4 marzo 2022 che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina.

Infatti, l’ordinanza del 4 marzo prende esplicitamente in considerazione l’ipotesi di bypassare i divieti per il tramite dell’export indiretto e lo vieta espressamente con formulazioni tipo “sono vietati la vendita, la fornitura, l’esportazione e il transito di… destinati a persone fisiche o giuridiche o organizzazioni / a destinazione della Federazione Russa o per un uso nella Federazione Russa”.

Nel dubbio, si consiglia di richiedere alla controparte estera una dichiarazione di utilizzo finale (end user declaration), tramite la quale questa dichiara da un lato la destinazione d’uso e dall’altro se la merce viene rispedita. Stesso dicasi nel caso in cui il partner risieda in Svizzera o in un altro Paese, ma chiede di spedire la merce direttamente al suo cliente ubicato in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti.

Nel commercio estero, in base al principio della responsabilità individuale, è compito dell’azienda esportatrice effettuare le opportune verifiche (in gergo: controllo delle esportazioni) e ciò significa essenzialmente di essere in grado di rispondere alle domande “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”:

  • cosa si intende esportare: il prodotto figura in un elenco delle merci di cui è limitata o vietata l’esportazione?
  • chi è coinvolto: le parti coinvolte figurano in un elenco di persone fisiche e/o giuridiche sanzionate?
  • dove si vuole esportare: il Paese di destino è sottoposto a sanzioni o embarghi?
  • a che scopo: come viene impiegato il prodotto (in ambito civile vs. in ambito militare)?

Fermo restando che l’ente ultimo di riferimento è la Segreteria di Stato dell’economia SECO, il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti è volentieri a disposizione per i primi chiarimenti.

Si attira qui l’attenzione sul fatto che il mancato rispetto degli obblighi specifici in materia di controlli all’esportazione comporta rischi reali per le aziende: oltre al fermo della merce in dogana e al relativo sequestro, parliamo anche di danni reputazionali e, non da ultimo, di sanzioni amministrative e penali. Infatti, secondo la legge sugli embarghi (LemB, RS 946.231), le violazioni delle misure coercitive emanate dal Consiglio federale (leggi: sanzioni) sono perseguibili. Le pene massime sono 1 anno di detenzione o una multa fino a 500’000 franchi; in casi gravi 5 anni di detenzione e una multa fino a 1 milione di franchi. Anche il mero tentativo e la complicità sono punibili, così come se il reato è commesso per negligenza. Il perseguimento di eventuali violazioni della LemB spetta alla SECO nel quadro del diritto penale amministrativo.

Chi è ritenuto responsabile? Secondo la LemB, alle infrazioni commesse nelle aziende è applicabile l’articolo 6 della legge federale sul diritto penale amministrativo e la responsabilità delle violazioni è sia della persona fisica che l’ha commessa, sia del management dell’azienda.

La manodopera è strategica

Intervista a Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti

Cosa perseguite con questo monitoraggio sulla manodopera?

Come associazione-mantello dell’economia ticinese abbiamo il compito di avere una visione generale su tutti i settori che compongono la nostra economia. La questione della manodopera è centrale, per cui vogliamo dare un impulso a una discussione costruttiva, raccogliendo gli elementi che giungono dai vari settori. Questo permette di capire dove sono i maggiori punti deboli e quali sono le varie esigenze, spesso molto diverse fra le varie categorie.

Come intendete usare questi dati?

Molti chiedono allo Stato di intervenire, ma senza indicazioni precise. Il nostro approccio è diverso, come sempre. Cerchiamo prima di individuare il problema, capire quale può essere il nostro ruolo per contribuire a risolverlo e proporre vie d’uscita concrete e percorribili, attuate dal privato e/o in collaborazione con l’autorità statale. La questione della manodopera è strettamente legata alla formazione ed è certamente strategica per il paese.

Il Ticino è messo peggio di altri cantoni?

No, assolutamente. I rilevamenti che effettuiamo a scadenze regolari con le altre Camere svizzere ci mostrano ormai da anni che marciamo in parallelo e che la penuria di manodopera è una costante in tutti i cantoni. Poi vi sono differenze legate ai rispettivi tessuti economici, ma ciò non toglie che “siamo tutti sulla stessa barca”. Non è un caso che talune soluzioni andrebbero cercate anche in collaborazione con altri cantoni, al di là delle barriere linguistiche, comunque sempre meno rilevanti in molti settori.

Centrare la formazione

Carenza di manodopera e ruolo della formazione

Il tema della carenza di manodopera, soprattutto qualificata, è ormai di dominio pubblico e lamentato praticamente da tutti i settori. Va detto subito, a scanso dei soliti equivoci che vogliono il Ticino in ritardo su tutto, che si tratta di un problema generale, non solo can-tonale, ma nazionale e internazionale, che tocca moltissimi paesi. Questo va sottolineato in maniera chiara, altrimenti si rischia come spesso accade alle nostre latitudini, di discutere partendo da premesse errate.

Preoccupazione, ma per le aziende…

La carenza di manodopera sembra avere, paradossalmente, anche qualche effetto “positivo ”. In effetti, in un contesto di grandi tensioni internazionali (guerra, problemi energetici, materie prima rare e care, protezionismi dilaganti, supply chain fragili), attualmente nel barometro delle preoccupazioni della popolazione quella per l’impiego si posizionino in maniera quasi marginale. Ovviamente si tratta di un parametro che può cambiare abbastanza velocemente, ma tutto sommato in linea con quanto emerso dalla nostra annuale inchiesta congiunturale, dalla quale è emerso chiaramente che nelle intenzioni delle aziende ticinesi per il 2023 vi è un chiaro intento di mantenere l’effettivo di personale, malgrado le previsioni sull’andamento economico risultino meno buone rispetto al 2022. Un chiaro segnale dato al valore delle risorse umane. Pertanto, è certamente un caso che sul mercato del lavoro si stia rivalutando la posizione dei lavoratori più anziani (e magari già pensionati), come pure dei disoccupati di lunga durata, che riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro con maggiore facilità. Ciò spiega, almeno in parte, come la disoccupazione sia fortunatamente ai minimi storici in tutta la Svizzera, senza che vi sia stata un’esplosione (anzi) dei casi di assistenza, come taluni vogliono far credere quando le statistiche non confortano certi messaggi tendenziosi. Non è raro che attualmente le aziende si “rubino” il personale “di profilo ottimale”, mettendo così in difficoltà il sistema, che avrà sempre un per-dente, ben oltre il normale gioco della concorrenza .

Penuria improvvisa?

Resta aperta la questione di capire come mai vi sia “improvvisamente” questa penuria e dove siano finiti lavoratrici e lavoratori mancanti. Di primo acchito sembrerebbe che vi sia stata una profonda modifica strutturale nella fase post-pandemica. Possibile, ma è solo uno dei tanti aspetti da considerare. In realtà, la prima causa di diminuzione della manodopera disponibile è molto più “banale”: la maggior parte di coloro che sono “spariti” dal mercato del lavoro sono stati pensionati. Al netto di quelli che sono problemi strutturali noti in settori come ad esempio la sanità, la ristorazione e l’informatica, l’ondata di pensionamenti dei cosiddetti “baby-boomer ” (cioè i nati fra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni sessanta) è ormai una realtà importante e non ha ancora raggiunto l’apice. Si pagano dunque anche delle scelte politiche (pensiamo ai numeri chiusi che si continua ostinatamente a prevedere per formazioni di basilare importanza), che si accavallano con l’evoluzione demografica. Esco-no dal mercato molte più persone di quelle che vi entrano, anche tenendo conto dell’immigrazione. Vari studi condotti negli anni scorsi da Credit Suisse e UBS segnalavano del resto già l’imminente arrivo di situazioni di penuria di manodopera a causa di questo saldo negativo, che raggiunge le centinaia di migliaia di unità.

Quale evoluzione?

Difficile a oggi valutare l’evoluzione della situazione nel contesto di un possibile rallentamento della congiuntura, chiaramente temuto da molti operatori economici. I pensionamenti compenseranno un potenziale aumento della disoccupazione? Si può “auspicarlo”, ma nessuno può saperlo. Del resto, non in tutti i settori, basti pensare alla sanità, il personale è facilmente intercambiabile e nemmeno l’immigrazione, basta a coprire il fabbisogno di personale. Automazione, robotizzazione e, più in generale, digitalizzazione sono spesso citati come elementi alternativi, ma la loro evoluzione è meno lineare e più lenta di quanto spesso auspicato.

Rimediare con la formazione?

Un’ulteriore difficoltà del tema è rappresentata dalla difficile identificazione di tutti i risvolti del fenomeno. Tutti ne parlano, ma la cosa sembra rimanere astratta e anche le soluzioni ipotizzate sono più declamazioni di carattere generico, lanciate nella discussione sperando che qualcuno (sempre gli altri, di solito) trovi una soluzione. Per questo motivo, la Cc-Ti ha varato una sorta di monitoraggio costante e che sarà regolarmente aggiornato, lavorando a stretto contatto con associazioni ed esponenti delle varie categorie, per capire alcuni punti chiave: quanti e quali profili professionali mancano? Per quali motivi? L’attrattività delle professioni (remunerazione, possibilità di “fare carriera”, ecc.) oppure i limiti strutturali del nostro mercato (comunque di dimensioni ridotte e non paragonabili a grandi regioni come quella zurighese)? Vi è una formazione adeguata in Ticino? Se no perché? Vi sono i numeri per realizzarla? Tutti quesiti che meritano risposte più precise di quanto si è letto fino a oggi, anche perché, secondo il nostro tradizionale spirito propositivo, non ci limitiamo a rivendicare che lo Stato faccia qualcosa, ma vogliamo capire prima come il privato possa contribuire a trovare soluzioni al problema, con proposte concrete, cercando nello specifico la collaborazione con l’ente pubblico preposto alla formazione sulla base di indicazioni attendibili. Con informazioni sempre più attualizzate, sarà forse più semplice intervenire, laddove possibile, sia a livello di orientamento che di creazione di percorsi formativi adatti alla nostra realtà. Dai nostri primi rilevamenti emerge comunque un fatto chiaro, forse scontato, ma che va ribadito. Non vi sono soluzioni miracolose a breve termine. È piuttosto necessario un approccio sistemico che tenga conto di più fattori, perché le cause della carenza di manodopera in Ticino sono molteplici. Alcune meritano di essere già evidenziate, nell’attesa di ulteriori approfondimenti:

  • Scarsa conoscenza del settore, a torto considerato troppo duro o poco interessante
  • Scarso interesse verso l’apprendistato o verso interi settori
  • Settori che si promuovono troppo poco oppure su cui non vengono orientati i giovani
  • Ridotta competitività con alcune altre regioni svizzere, ma non sempre per le differenze salariali, ma soprattutto per le diverse dimensioni che offrono maggiori diversità di impiego e maggiore mobilità fra le aziende
  • Massa critica insufficiente per prevedere formazioni in Ticino
  • Riluttanza a seguire formazioni fuori dal Ticino
  • Ecc .

A ogni settore spetterà il compito di sviluppare i dettagli delle rispettive problematiche, ma appare già chiaro che il problema è molto complesso e va affrontato con grande capacità analitica e di differenziazione. Impresa non facile, visti i tempi che corrono e i messaggi ingannevoli che portano a credere che vi siano soluzioni facili, come chiudere le frontiere. Che equivarrebbe a un “suicidio”, basti vedere cosa sta capitando nel Regno Unito a seguito della Brexit.

I diplomati del corso Impiegato/a export

Sono stati consegnati i diplomi delle CCIS a conclusione della prima edizione del corso Impiegato/a export

Congratulazioni ai diplomati: Chiara Baechler, Simona Balletto El-Achkar, Monica De Col Conigliaro, Giuliana La Barbera, Debora Monti, Francesco Saracino e Silvia Tavecchio.

Imballaggi destinati al mercato italiano: etichetta ambientale obbligatoria

A prescindere da ogni altro obbligo di etichettatura relativo ai prodotti ivi contenuti, dal 1° gennaio 2023 sugli imballaggi destinati al consumo in Italia devono essere indicate anche le modalità di raccolta e smaltimento ai fini ambientali.

Il 1° gennaio 2023 è entrato in vigore in Italia il Decreto legislativo 116/2020 che modifica l’art. 219, comma 5 del Decreto legislativo 152/2006 e stabilisce che “tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 129/97/CE della Commissione”.

Stando a quanto decretato dal legislatore italiano, gli imballaggi (primari, secondari, terziari) immessi al consumo dopo il 1° gennaio 2023 devono pertanto essere muniti di etichettatura così composta (requisiti minimi obbligatori):

  • natura dei materiali utilizzati
  • indicazione sul tipo di raccolta

Si consiglia altresì di indicare la tipologia di imballaggio e i suggerimenti per una raccolta differenziata di qualità.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ha predisposto una breve scheda informativa che sintetizza la tematica e fornisce documenti e link utili. La scheda è riservata agli associati e può essere richiesta a: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch

Austria, legge sugli imballaggi: nuovi obblighi dal 2023

Dal 1° gennaio 2023 in Austria vige l’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato per le aziende straniere che forniscono imballaggi o beni confezionati a consumatori finali privati tramite e-commerce.

In Austria, il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore una modifica al decreto austriaco sugli imballaggi (VerpackungsVO, VVO): in base all’art. 16b VVO in combinato disposto con l’art. 13g (cpv 1 riga 5) della legge sulla gestione dei rifiuti (Abfallwirtschaftsgesetz, AWG), le aziende straniere che non hanno una sede legale o uno stabilimento nel Paese e che, nel contesto di una vendita a distanza, forniscono imballaggi o beni confezionati a un consumatore finale privato sono assoggettate all’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato (Bevollmächtigter). L’atto di nomina deve essere autenticato da un notaio.

Il rappresentante autorizzato deve essere una persona fisica o giuridica con domicilio rispettivamente sede legale in Austria e con un indirizzo di consegna nel Paese. Esso è responsabile per l’adempimento degli obblighi di licenza di imballaggio dell’azienda straniera, ossia per la registrazione presso un sistema duale di raccolta e recupero, e funge da referente per le comunicazioni ufficiali. Deve altresì rilasciare le dichiarazioni obbligatorie sulla quantità di imballaggi.

Analogamente a quanto è avvenuto in Germania a luglio 2022, i marketplace online sono tenuti a verificare che i loro commercianti adempiano agli obblighi legali in Austria e siano registrati al sistema duale corrispondente. Se ciò non fosse il caso, dovranno escluderli dalla loro piattaforma.

Normative diverse in vigore dal 2023

Una panoramica in merito



GUIDA PRATICA PER LE PMI – AGGIORNATA AL 1° GENNAIO 2023

L’Accordo amichevole con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri in telelavoro decadrà dal 1° febbraio 2023

Le autorità federali hanno annunciato il 22.12.2022 che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato.

Tale accordo ha introdotto un regime speciale in materia di fiscalità nel senso che, in via eccezionale, i frontalieri italiani in telelavoro non sono stati imposti fiscalmente in Italia, nonostante abbiano lavorato dal loro domicilio.

Questo regime speciale finirà pertanto il 1° febbraio 2023. A partire da tale data si tornerà al regime di imposizione usuale e in caso di telelavoro il frontaliere diventerà soggetto fiscale italiano, anche per un solo giorno di attività in Italia.

Inoltre, a determinate condizioni, l’attività su suolo italiano potrebbe costituire una stabile organizzazione dell’azienda medesima che diverrebbe a sua volta soggetto fiscale italiano. Su questo punto, se l’azienda intende proseguire con il telelavoro, consigliamo di avvalersi della consulenza di un professionista italiano (essendo il rischio di stabile organizzazione in Italia da valutare nella prospettiva del fisco italiano).

Unione europea: arriva la carbon tax alla frontiera

A ottobre 2023 nell’Unione europea (UE) entrerà in vigore il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), che introdurrà una tassa sulle importazioni di talune merci ad alto contenuto di CO2. L’UE intende così equiparare il prezzo del carbonio tra i prodotti europei e i prodotti provenienti da Paesi con standard climatici più bassi, tutelare la competitività delle aziende europee ed evitare fenomeni di delocalizzazione dei processi produttivi più energivori e inquinanti. La misura sarà implementata gradualmente e prevede un periodo transitorio.

Traducendo nella pratica il principio “chi inquina paga”, nel 2005 l’Unione europea ha implementato il più grande sistema di tariffazione del carbonio al mondo: il sistema di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (SSQE, o più comunemente ETS). Con la fissazione dei prezzi delle emissioni di CO2 l’UE ha incoraggiato la decarbonizzazione industriale, aumentando però allo stesso tempo anche il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e di importazione di prodotti esteri più economici non soggetti a un prezzo del carbonio nel Paese di origine. L’UE ha pertanto attenuato questi rischi concedendo quote gratuite e compensazioni per l’incremento dei costi dell’energia elettrica.

L’aumento delle ambizioni climatiche e dei prezzi del carbonio, hanno poi spinto la Commissione a voler eliminare gradualmente le assegnazioni gratuite e a cercare nuove soluzioni. A luglio 2021, ha quindi annunciato una serie di proposte – note anche come pacchetto “Fit for 55” o “Pronti per il 55%” – per realizzare il Green Deal, impegnandosi a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tra queste proposte figurava anche l’introduzione graduale di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) per alcune importazioni da Paesi terzi.

Commissione europea e Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo sul CBAM martedì 13 dicembre 2022. La nuova legge è la prima del suo genere ed è stata concepita per essere pienamente conforme alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Essa si applicherà a partire dal 1° ottobre 2023, con un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2025 in cui gli obblighi degli importatori europei saranno limitati alla presentazione di relazioni.

Per evitare una doppia protezione delle industrie dell’UE, la durata del periodo di transizione e la piena introduzione del CBAM saranno legate alla graduale eliminazione delle quote gratuite nell’ambito del sistema ETS. Questo aspetto è stato negoziato nel corso della settimana successiva alla conclusione dell’accordo sul CBAM e sabato 17 dicembre è stata decisa la riforma dell’ETS. Nello specifico, la grande industria e il settore dell’energia dovranno diminuire le proprie emissioni del 62% rispetto al 2005 (anno in cui il sistema ETS ha iniziato a funzionare). Le quote gratuite nell’ambito del sistema ETS saranno eliminate gradualmente:

202620272028202920302031203220332034
2.5%5%10%22.5%48.5%61%73.5%86%100%

Dal 1° gennaio 2026, il CBAM entrerà a regime gradualmente e alla stessa velocità con cui saranno eliminate le quote gratuite del sistema ETS, per essere poi completamente operativo entro il 31 dicembre 2034.

Sebbene Consiglio e Parlamento abbiano pubblicato dei comunicati stampa che illustrano il loro accordo (cfr. sopra), i testi del regolamento CBAM e della direttiva ETS così come concordati dalle due istituzioni non sono ancora stati resi pubblici. Affinché la nuova legge possa entrare effettivamente in vigore, i testi definitivi richiedono l’adozione formale da parte del Parlamento e del Consiglio e la loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’UE. Nel frattempo, la proposta di regolamento CBAM nella sua versione più attuale è visionabile qui: Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 22 giugno 2022, alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.

I settori interessati

Il CBAM coprirà inizialmente ferro e acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno, nonché alcuni precursori e un numero limitato di prodotti a valle (come viti e bulloni e articoli simili in ferro o acciaio). I beni toccati dalla misura sono identificati chiaramente tramite il loro codice merceologico (nomenclatura combinata, NC). Anche le emissioni indirette saranno incluse in modo ben circoscritto.

Prima della fine del periodo di transizione, la Commissione valuterà l’estensione del campo di applicazione a un maggior numero di prodotti lungo la catena di approvvigionamento, tra cui i prodotti chimici organici e i polimeri, con l’obiettivo di includere tutti i beni coperti dal sistema ETS entro il 2030.

Funzionamento del CBAM

In sostanza, la carbon tax coprirà le importazioni della tipologia di merci sopra elencate originarie dei Paesi terzi che non partecipano al sistema ETS o a un meccanismo collegato.

In una prima fase transitoria che inizierà a ottobre 2023 e fino alla piena operatività del meccanismo, gli importatori attivi nei settori sopra elencati saranno soggetti a un obbligo di comunicazione trimestrale dei quantitativi di merci importate e delle loro emissioni dirette e indirette di CO2[i] nonché del prezzo del carbonio pagato all’estero, senza però compensare a livello finanziario le emissioni. Non appena il CBAM diventerà pienamente operativo, le aziende che importano nell’UE i prodotti in oggetto dovranno registrarsi presso le autorità competenti (diventando “dichiaranti autorizzati”) e acquistare certificati di carbonio (quote CBAM) corrispondenti al prezzo del carbonio che avrebbero pagato per produrre le merci su suolo europeo.

Implicazioni per le aziende svizzere

Il CBAM si applicherà a tutte le importazioni dei prodotti elencati, ad eccezione di quelle originarie di Paesi che partecipano all’ETS dell’UE o ad esso pienamente legati. Tra questi Paesi figura anche la Svizzera[ii], che ha un suo ETS collegato a quello dell’UE (e finché i due ETS resteranno connessi[iii]).

Ciò malgrado, il CBAM potrebbe comunque applicarsi alle aziende svizzere

  • se esportano verso l’UE prodotti di origine terza (saranno infatti chiamate a fornire ai loro importatori europei i dati necessari, rispettivamente dovranno richiedere i relativi dati ai loro fornitori)
  • se agiscono in qualità di importatori nell’UE
  • nel caso di un loro coinvolgimento in pratiche di elusione.

Un ETS II per gli edifici e i trasporti

Entro il 2027 sarà istituito un ETS separato (“ETS II”) per i carburanti per il trasporto su strada e per gli edifici, che imporrà un prezzo alle emissioni di questi settori. Il sistema è studiato per incidere sui fornitori di carburanti e non sulle economie domestiche e, per proteggere i cittadini, potrebbe essere posticipato al 2028 se i prezzi dell’energia saranno troppo elevati.

Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch


 

NOTE

[i] Le emissioni di CO2 dirette derivano dal processo produttivo, le emissioni indirette derivano dall’elettricità consumata durante la produzione.

[ii] cfr. proposta di regolamento

[iii] Iniziativa parlamentare del 18.03.2021 21.432 | Creare le basi per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera | Oggetto | Il Parlamento svizzero, a cui è stato dato seguito il 25.04.2022 dalla Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia CN.