Quando non c’è nulla di certo come decidere? Nella confusione esistono delle strategie per sapere in quale momento procedere, prendere tempo per analizzare, mantenere un punto o cambiarlo. In un tempo storico che vede guerre in grado di cambiare gli equilibri in poche ore, anzi secondi, la strategia di compiere scelte più che mai corrette, è imposta dalle contingenze.
Attendere o esitare può produrre conseguenze importanti e vedere finestre di opportunità chiudersi inesorabilmente e velocemente. Ovviamente quando il clima di confusione sovrasta la realtà, decidersi diventa impegnativo, ma non impossibile.
E allora come comportarsi? Pragmaticamente per arrivare a decidere nel migliore dei modi, il nostro approccio deve smettere di essere deterministico e optare per una linea probabilista, e osservare con attenzione come il ventaglio di probabilità potrebbe evolversi. Uscire dalla narrazione bianco o nero e “permettersi” di cambiare idea, porta verso una decisione certamente più pertinente.
Si tratta basare le decisioni come se ci si trovasse davanti a più possibili condotte: una via da seguire in caso di confusione, ma almeno due vie quando la confusione è veramente imponente. La seconda variante promuove l’opportunità fondamentale di poter fare “marcia indietro” e prendere in considerazione “l’altra” alternativa, con uno sforzo relativamente basso e non appena il contesto lo imponga. In altre parole, possiamo affermare che non bisogna seguire semplicemente le nostre intuizioni, ma “testare” le nostre intuizioni.
Siccome siamo inclini a credere a ciò che vogliamo credere, dovremmo guardare agli indizi opposti, proprio quelli in grado di farci eventualmente cambiare idea.
Questa “filosofia” da acquisire si può attuare semplicemente anche all’interno dalla propria impresa, costituendo, in un clima di collaborazione e integrazione, un gruppo di colleghi ai quali ci rivolgiamo con la richiesta di esprimere, in base alle nostre considerazioni generali e puntuali, di trovare punti deboli, difetti o forza. Proprio sul loro riscontro rivalutiamo, quindi, più precisamente la situazione e le sue derivazioni.
In questo modo saremo facilitati nel rivedere i fatti con maggiore flessibilità e testare davvero la nostra intuizione. “Dipanare” il processo in atto aiuta, a poco a poco, a gestire la confusione.
In un contesto geopolitico ed economico instabile, di fronte a sfide complesse e inedite, gestire la propria impresa non può riconoscere posizioni di certezza. Le crisi recenti, pandemia, guerra in Ucraina e i loro effetti collaterali continuamente mutevoli, sono un invito chiaro a mettere in atto tutti gli strumenti nelle nostre disponibilità che possano portarci a prendere le migliori decisioni.
Come Voltaire scriveva già nel 1767 al Re di Prussia, Federico II: “il dubbio non è una sensazione gradevole, ma la certezza è assurda”.
L’atto di fare una scelta cambia il modo in cui ci sentiamo riguardo alle nostre opzioni.
Per approfondire: Prof. IMD di Losanna, Arnaud Chevallier autore di “Strategic Thinking in Complex Problem Solving” – Oxford University Press – e recentemente di “Solvable: A Simple Solution to Complex Problems” coautore Albrecht Enders – Pearson Education Limited –.
Fonte: Testo Fanny Oberson, CVCI, “Demain”, nr. 04.2022, traduzione e adattamento Cc-Ti
Ci permettiamo inoltrare le nostre osservazioni alla consultazione sul Piano energetico e climatico cantonale (PECC) – strategia 2022.
Il termine per la presentazione di osservazioni scade il 30 aprile 2023, per cui questa presa di posizione è ampiamente tempestiva.
In ingresso rileviamo che purtroppo non siamo stati ufficialmente invitati alla consultazione, malgrado il nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese. Speriamo che ciò sia frutto di una semplice svista, altrimenti non sarebbe giustificabile, dato che sono state esplicitamente invitate molte associazioni di varie categorie economiche.
Osservazioni introduttive
L’economia svizzera e ticinese sostiene in generale il principio di ridurre la nostra dipendenza da fonti energetiche estere e di staccarsi, laddove possibile, dalle energie fossili per andare verso un consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Restiamo però fermamente convinti che oggi nessuno possa permettersi a priori di rinunciare a una delle varie fonti energetiche a nostra disposizione, nemmeno del nucleare. È essenziale che si continui a lavorare su più fronti e ad avere un approccio multivettoriale, soprattutto in presenza di tante incognite legate allo sviluppo tecnologico, ai costi, ai tempi di realizzazione di vere (“mature”) alternative alle odierne fonti di approvvigionamento. Infatti, se da un lato è comprensibile auspicare lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, dall’altro lato sono ancora da chiarire tempi e costi per determinare quando tutto ciò (produzione, stoccaggio, trasporto, ecc.) permetterà di coprire il fabbisogno energetico del paese. Una condivisione degli obiettivi energetici e climatici odierni non significa che le novità verso le quali si vuole tendere siano applicabili senza adattamenti (anche complicati) nell’immediato.
1. Base costituzionale e tempistica del PECC
È opportuno ricordare, quando si affronta il tema dell’energia nel suo complesso, che la Costituzione federale del 18 aprile 1999, e più precisamente l’articolo 89 capoverso 1, prevede quanto segue:
“Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni si adoperano per un approvvigionamento energetico sufficiente, diversificato, sicuro, economico ed ecologico, nonché per un consumo energetico parsimonioso e razionale”. Gli elementi citati, compreso quello economico e quello della diversificazione, sono tutti di pari livello, per cui una visione globale sul tema energetico impone di tenere conto di tutte le componenti, cercando di armonizzarle. Ignorarne anche uno solo di questi sarebbe anticostituzionale.
È evidente che l’autorità cantonale, vista la ripartizione delle competenze in tema di energia, non può prescindere da quanto deciso a livello federale. Per questo motivo, riteniamo poco opportuno procedere a una revisione del PECC mentre a livello federale si sta discutendo dell’adozione di un atto mantello (Mantelerlass) che prevede la revisione di numerose leggi e ordinanze in tema energetico. Atto federale che ha davanti a sé probabilmente un iter ancora abbastanza lungo prima di essere adottato e di cui il cantone dovrà comunque giocoforza tenere conto, per capire quali siano i margini di azione a livello cantonale.
Il rischio di elaborare un PECC che potrebbe già di fatto essere superato è molto concreto.
Quindi, da una parte condividiamo la necessità di avere un piano strategico cantonale che possa essere sempre adattato alle esigenze espresse dalla realtà economica e sociale, tenendo soprattutto conto dell’evoluzione tecnologica, che può risultare decisiva nella scelta degli strumenti idonei a soddisfare i fabbisogni energetici del cantone. Ma la tempistica non ci sembra appropriata.
2. Impostazione generale
Già si è detto della condivisione del principio di avere uno strumento con obiettivi definibili secondo le evoluzioni della realtà. Vi sono tuttavia alcune domande di ordine generale che è assolutamente necessario porsi, prima di sancire una direzione dalla quale poi potrebbe risultare difficile ritirarsi.
a. Obiettivi – La prima domanda concerne gli obiettivi che si perseguono: rendere il cantone energeticamente indipendente al 100% e neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 è realistico, visto che nemmeno la Confederazione aspira a tanto? A nostro avviso, a causa delle molte implicazioni pratiche, si tratta di un traguardo troppo ambizioso, per motivi che verranno spiegati in seguito. In primis per la sicurezza dell’approvvigionamento, cardine essenziale della questione energetica. Forse sarebbe stato opportuno coinvolgere cerchie più ampie nell’elaborazione del progetto posto in consultazione, in particolare rappresentanti del settore privato, che avrebbero potuto completare l’importante lavoro svolto dagli esponenti del settore pubblico e para-pubblico (AET e AMB). L’impressione è che, al di là degli obiettivi assolutamente lodevoli, manchi un approccio pratico.
b. Strumenti – Nel PECC si fa ampio riferimento a incentivi sotto forma di sussidi di vario genere. Probabilmente in taluni casi può trattarsi di uno strumento idoneo, ma manca un’analisi più approfondita su altre possibilità di facilitare gli investimenti, ad esempio con deduzioni fiscali mirate. A nostro avviso è concettualmente errato concentrarsi solo sugli incentivi, che tra l’altro potrebbero anche necessitare, per attribuzione, controllo ed eventuali sanzioni, di un apparato burocratico non indifferente, facendo lievitare i costi. Rischio che potrebbe forse essere evitato con un approccio che preveda anche altre facilitazioni per gli investimenti, ad esempio intervenendo sulla leva fiscale, che dispone di un apparato già rodato e che potrebbe portare a una maggiore chiarezza su cosa, chi e come viene incentivato. Riteniamo che un’analisi di questo tipo sulle varie possibilità di strumenti da mettere in campo sia indispensabile.
c. Costi – Strettamente legato al punto precedente è quello dei costi delle molte misure previste. Nel PECC mancano totalmente calcoli concreti sui costi che andrebbero affrontati per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e neutralità. È evidente che in una certa misura si conta sull’evoluzione tecnologica ma l’impatto sul terreno e in particolare sui costi non è certo e speculare sul fatto che vi sarà una riduzione dei prezzi e una maggiore diffusione, ad esempio, delle batterie per accumulare l’energia è esercizio a nostro avviso troppo rischioso. È evidente che questo rende difficile fare calcoli precisi, però è necessario avere almeno delle stime attendibili, ma a maggior ragione si impone una certa prudenza e comunque non si può prescindere da stime almeno credibili dell’impatto finanziario dei principi perseguiti dal PECC. Ad esempio, si menziona la necessità di sopprimere l’olio combustibile quale vettore di riscaldamento per gli immobili, che vanno tutti convertiti. Data l’ampiezza del parco immobiliare ticinese che fa ancora capo a questa forma di energia, risulta difficile credere che si tratti di un’operazione possibile nei tempi previsti e sostenibile finanziariamente. Il fatto che oltretutto non vi siano indicazioni su chi dovrà concretamente sopportare i costi induce a rifiutare quanto proposto nel PECC, nell’attesa di indirizzi più precisi. Tanto più che il summenzionato dettame costituzionale richiede anche l’economicità degli interventi, elemento allo stato attuale impossibile da determinare.
d. Procedure – La volontà di alleggerire e sveltire le procedure pianificatorie è senza dubbio un elemento da ritenere, perché facilitano gli investimenti, anche per le energie rinnovabili, e permettono una reattività migliore quando si tratta di adattarsi alle evoluzioni sempre più rapide del contesto economico e sociale e, ovviamente, energetico.
3. Obiettivi strategici e scenari 2050 in particolare
Già si è detto al punto precedente che vi sono dubbi sul raggiungimento degli obiettivi che si pone il cantone. Indipendenza al 100% e decarbonizzazione, per quanto lodevoli, non tengono conto in maniera sufficiente della sicurezza dell’approvvigionamento e a quali costi, quindi anche del criterio dell’economicità.
Inevitabilmente occorre fare riferimento alla Strategia Energetica 2050 (SE 2050) prevista dalla Confederazione, che ha già dimostrato i suoi limiti (senza dimenticare le incertezze legate agli esiti della prossima votazione federale del 18 giugno 2023 sulla Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica). Malgrado la SE 2050 sia oggetto di discussioni per la sua manifesta inadeguatezza, il PECC afferma di voler essere ancora più ambizioso e incisivo. Rileviamo che basarsi di fatto solo su due unici pilastri, idroelettrico e fotovoltaico, non ossequia al dettame costituzionale di avere un approvvigionamento diversificato, per cui la produzione di elettricità proveniente da legna e gas va inclusa nelle valutazioni.
Del resto, pur condividendo il fatto che si faccia riferimento a effetto e misure globali, va tenuto conto che il Ticino può influenzare relativamente poco nel panorama mondiale. Variazioni di temperatura di uno o due gradi sono decisi risp. influenzati da colossi come Cina, India, Brasile, USA, ecc., il cui obiettivo non è la decarbonizzazione, almeno non come priorità assoluta. Il Ticino in questo contesto può ben poco. Ciò non significa che non bisogna fare nulla, anzi. Ma gli obiettivi vanno commisurati a quanto noi possiamo effettivamente fare. Combattere da soli l’aumento stimato di 1,5 gradi della temperatura è illusorio, cercare di aumentare l’indipendenza energetica è più realistico, ma va comunque sempre tenuto conto dell’impatto economico e sociale delle misure ipotizzate in termini di costi.
Che la SE 2050 abbia i suoi limiti è ormai noto. Il prezzo dell’elettricità è esploso nel 2022 e le misure urgenti previste per ovviare alle difficoltà (riserva energetica, Birr, Monthey, Cornau…) portano poca energia supplementare e sono costate 850 milioni di franchi e a tal proposito Swissgrid ha già annunciato degli aumenti tariffali per il 2024. Malgrado il fondo KEV/RIC dal 2009 a oggi abbia raccolto circa 15 miliardi di franchi (attualmente circa 1,4 miliardi all’anno), il fotovoltaico produce solo circa 2,8 TWh (anno 2021), quindi pensando ai sussidi erogati, la resa è assai limitata. Se si considera che con questi mezzi finanziari avrebbero potuto essere costruite 2 nuove centrali nucleari, producendo 10 volte di più energia, 24 ore su 24, non solo quando splende il sole e a un prezzo inferiore, si impongono riflessioni ad ampio raggio che non si concentrino solo su una gamma limitata di fonti energetiche.
L’approvvigionamento invernale, che è quello sostanzialmente problematico visto che siamo obbligati a importare energia, viene a nostro avviso frettolosamente liquidato, con un generico riferimento anche a nuove possibilità di stoccaggio. Dallo Stato le cittadine e i cittadini si aspettano condizioni-quadro affidabili come pure un piano di implementazione chiaro. Limitarsi a dire, come figura a pagina 69 del PECC posto in consultazione, “La sfida è di riuscire a ridurre la dipendenza dall’estero tramite trasferimento di parte dell’esubero di produzione estiva nei mesi invernali” corrisponde sostanzialmente a vendere un’illusione. Tanto più che si afferma pure, sempre a pagina 69, che “Malgrado l’importante aumento di potenza fotovoltaica installata, rimarrebbe un deficit invernale di circa 700 GWh, mentre nei mesi estivi vi sarebbe da gestire, con i relativi problemi sulla stabilità della rete, un esubero di 1’100 GWh”. In parole povere, significherebbe che più dei 2/3 della “nuova” produzione sarebbe gettata alle ortiche!?
In conclusione, resta senza risposta il quesito di come si possa immagazzinare il surplus di energia prodotta nei mesi “favorevoli”. Considerato l’attuale stato della tecnica e dei prodotti disponibili sui mercati risp. di progetti come il Sambuco, significherebbe che occorrerebbero 14 altri progetti come il Sambuco. In sostanza, i 100 a 200 milioni di franchi necessari per aumentare la produzione di 50 GWh, diventerebbero una cifra mostruosa variante da 1,4 a 3 miliardi di franchi per coprire il deficit invernale di 700 GWh. Figuriamoci se volessimo immagazzinare la stessa quantità di energia con batterie attualmente reperibili sul mercato: in effetti 700GWh corrispondono a 700‘000‘000 kWh e per immagazzinarli in batterie TESLA (capacità 15 kWh a 10’000 franchi al pezzo) avremmo bisogno di 45 milioni di batterie per un costo totale di oltre 400 miliardi di franchi e per una durata di vita delle batterie di soli 15 a 20 anni.
Ovviamente sproporzionato e irrealizzabile. Immagazzinare l’esubero di energia estiva per poi utilizzarlo nella stagione fredda è certamente corretto dal punto di vista teorico, ma, all’atto pratico, trovare 14 progetti equivalenti a quanto previsto per il Sambuco o, peggio, illudersi di installare milioni di batterie, rappresenta un esercizio velleitario che non si sposa con la realtà dei fatti.
Tra l’altro, se veramente si vorrà procedere con lo spegnimento del nucleare senza condizioni, nel 2035 il fabbisogno invernale salirà ulteriormente.
Il problema dello stoccaggio non è quindi ancora risolto e occorrono maggiori analisi e la verifica di alternative credibili, anche per i forti dubbi sulla sostenibilità dei costi.
4. Alternative?
Abbiamo già sottolineato la necessità di non precludersi determinate fonti energetiche. Per questo vanno sostenute svariate alternative: fotovoltaico, idroelettrico (incluso la mini-hydro), eolico, biogas, geotermia, nuovo nucleare, ecc., tutto ciò al fine di garantire una sicurezza di approvvigionamento economica 24/24h e non solo quando splende il sole o soffia il vento.
Il PECC fa riferimento per il 2035 al Power to X da energie rinnovabili e quando d‘inverno saremo al massimo delle importazioni. Si tratta di una visione poco coerente. Garantire il “pieno” delle auto elettriche e far funzionare le pompe di calore grazie a energia elettrica importata ci pare molto azzardato.
Infine, se già vi sono problemi di approvvigionamento in inverno e vista la bassa resa/efficienza, la produzione di idrogeno con l’idroelettrico andrebbe evitata, visto che poi essa richiede il triplo di energia rispetto alla resa
5. Obblighi non commisurati alla realtà
Da pagina 73 del PECC vengono elencati molti degli obblighi che dovrebbero permettere una transizione energetica. Nutriamo qualche dubbio sulla fattibilità, visto che spesso si fa riferimento anche a tecnologie e prodotti non ancora „maturi “. Per quanto riguarda gli edifici, le reti di teleriscaldamento sono certamente una via corretta, ma abolendo il gasolio, come nelle intenzioni, quale sarebbe il destino delle zone periferiche senza teleriscaldamento? Non verrebbero riscaldate?
6. Conclusioni
Visto quanto precede, chiediamo che il PECC sia riesaminato completamente, rivedendone gli obiettivi sulla base delle tecnologie disponibili oggi e non basandosi su supposizioni e speranze. Aggiornamenti e correzioni degli obiettivi possono essere effettuati di pari passo con l’evoluzione tecnologica. Considerata l’importanza del tema, una valutazione dell’impatto finanziario degli obiettivi perseguiti è assolutamente necessario. Un allineamento con il Mantelerlass della Confederazione è indispensabile sia per gli obiettivi, che per le vie per raggiungerli. Nel nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese riteniamo che sarebbe opportuno muoversi con maggiore realismo, prevedendo anche un piano alternativo, qualora le ipotesi illustrate, anche per i motivi suddetti, non potessero essere realizzate.
Ringraziandovi per l’attenzione dedicata al nostro scritto, l’occasione ci è gradita per porgervi i nostri più distinti saluti.
Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti
Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/07/ART23-comunicato-piano-energetico.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-07-13 11:27:342023-07-13 12:02:24Piano energetico e climatico cantonale
Con l’adesione della Cina alla Convenzione dell’Aja sulle apostille, dal 7 dicembre 2022 i documenti pubblici non dovranno più essere legalizzati presso la rappresentanza del Paese bensì apostillati.
Di regola, i documenti pubblici civili e commerciali emessi in un Paese (es. atto notarile, estratto delcasellario giudiziale, estratto del registro di commercio) non sono esecutivi/applicabili in un secondo Paese se prima non sono stati autenticati – o “legalizzati” – dalla rappresentanza diplomatico-consolare di questo Paese. La “Convenzione che sopprime la legalizzazione degli atti pubblici esteri”, più comunemente nota come “Convenzione dell’Aja sulle Apostille” riduce la procedura di autenticazione dei documenti stranieri pubblici ad una sola formalità: l’emissione di una postilla (o “apostille”) da parte di un’autorità nello Stato nel quale l’atto pubblico è stato rilasciato. In Ticino l’autorità di riferimento è la Cancelleria dello Stato, per il tramite del Servizio di accoglienza e d’ordine; per gli altri Cantoni vedasi l’elenco delle autorità cantonali (pdf).
Lo scorso 8 marzo 2023 l’ambasciatore cinese nei Paesi Bassi ha presentato lo strumento di adesione della Cina alla Convenzione dell’Aja sulle Apostille, che entrerà in vigore il 7 novembre 2023: a partire da tale data i documenti ufficiali non dovranno più essere legalizzati, bensì apostillati.
La Svizzera ha aderito alla Convenzione dell’Aja nel 1973. All’adesione della Cina a novembre 2023 seguirà quella del Canada a gennaio 2024. Il numero di Stati contrenti la Convenzione salirà così a 125. L’elenco completo è visionabile qui.
Per ulteriori approfondimenti su Postille e Legalizzazioni: opuscoloABC delle Postille (in francese, inglese, spagnolo)
Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/ART23-cina-adesione-apostille.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-07-13 08:00:002023-06-26 08:49:07Cina: il sistema delle apostille si applicherà dal 7 novembre
Ainsi, à partir de cette date, les frontaliers français dont l’employeur est en Suisse sont autorisés à télétravailler jusqu’à 49,9 pour cent de leur temps de travail sans que leur assujettissement à la sécurité sociale ne subisse de modification.
Il importe de mettre cet accord-cadre en perspective avec la solution en matière fiscale récemment confirmée entre la Suisse et la France (La Suisse et la France signent un avenant à la convention bilatérale contre les doubles impositions (admin.ch). Pour rappel, depuis le 1er janvier 2023, les travailleurs frontaliers français ne peuvent télétravailler qu’à concurrence de 40 pour cent de leur taux d’activité pour éviter toute incidence fiscale.
Les associations économiques romandes, dont la CCIG, conseillent à leurs membres de n’autoriser le télétravail que jusqu’à concurrence de deux jours par semaine pour leurs collaborateurs frontaliers venant de France. En effet, à partir de ce seuil, des conséquences pénales pourraient s’appliquer.
CCIG – 04/07/2023 Chambre de commerce, d’industrie et des services de Genève 4, boulevard du Théâtre, 1204 Genève
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/07/ART23-telelavoro-svizzera-francia.png8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-07-12 14:42:182023-07-12 14:42:19Le télétravail des frontaliers pourra se poursuivre jusqu’à deux jours par semaine
Un test rapido diagnostico che può salvare la vita a milioni di persone.
Nel corso dello Swiss Medtech Day – tenutosi il 13.6.2023 –, il principale evento dell’industria della tecnologia medica svizzera con circa 800 partecipanti, l’azienda di Losanna Abionic, fondata nel 2010, è stata insignita dello Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000. Abionic si è specializzata nella produzione di test rapidi diagnostici, che possono essere utilizzati per analisi decentrate (point-of-care testing). Secondo l’opinione della giuria, la tecnologia ha il potenziale di rivoluzionare la diagnostica in vitro.
Allo Swiss Medtech Day di quest’anno hanno partecipato circa 800 rappresentanti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech, è molto soddisfatto di queste cifre da record. «Lo Swiss Medtech Day è la principale piattaforma di interconnessione del settore medtech ed è il palcoscenico perfetto per il conferimento dello Swiss Medtech Award. Quale pubblico potrebbe apprezzare meglio il contributo del team di vincitori? Tutti nella sala sanno quante conoscenze e quanto lavoro ci siano dietro a un’innovazione medtech».
Lo Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000 va quest’anno all’impresa di diagnostica point-of-care Abionic. Fondata nel 2010 dal Dr. Nicolas Durand e dal Dr. Iwan Märki come spin-off del Politecnico federale di Losanna (EPFL), l’azienda è stata premiata per la sua piattaforma diagnostica di test rapidi (abioSCOPE). L’aspetto rivoluzionario della tecnologia basata sulla nanotecnologia: in soli cinque minuti è possibile analizzare un campione di sangue, saliva o urina misurando oltre una dozzina di biomarcatori ed eventualmente, sulla base dei risultati del test, prendere una decisione clinica. L’apparecchio maneggevole e pratico viene utilizzato nel luogo di erogazione del servizio, presso il letto del paziente, in farmacia, nel luogo dell’incidente o in ambulanza. «Il tempo risparmiato può salvare vite umane. In caso di sepsi ogni ora è importante», spiega Andi Vonlanthen di Sonova, rappresentante della giuria. La sepsi, in gergo comune avvelenamento del sangue, è una delle cause di decesso più diffuse al mondo. È una risposta errata del corpo a un’infezione, nel corso della quale il sistema immunitario non danneggia solo gli agenti patogeni, ma anche i propri organi. Una diagnosi rapida e sicura è fondamentale, poiché ogni ora che passa prima che vengano somministrati gli antibiotici aumenta il rischio di morte dell’otto percento. Con il test rapido di Abionic nel campione di sangue viene analizzata la proteina del calcolo pancreatico, un biomarcatore prodotto dal pancreas come reazione di una sepsi.
«Abionic sorprende anche dal punto di vista imprenditoriale. In soli dieci anni i fondatori sono riusciti a espandere la propria azienda con i test rapidi per l’assistenza sanitaria primaria e acuta. Il loro team è riuscito a riunire in modo impressionante talenti provenienti da un’ampia gamma di settori scientifici e tecnici, oltre che da questioni cliniche, normative e commerciali», spiega Andi Vonlanthen. Il Dr. Nicolas Durand, CEO di Abionic, ritira lo Swiss Medtech Award con grande entusiasmo a nome del suo team. Dalla fondazione dell’impresa sono cambiate molte cose, ma l’ambizione è rimasta immutata. «Ci siamo dati il compito di rivoluzionare la diagnostica in vitro, di migliorare sensibilmente con i nostri test rapidi l’assistenza ai pazienti e di salvare vite umane. Lo Swiss Medtech Award è l’ulteriore conferma che siamo sulla strada giusta», spiega il vincitore.
Tra i vari candidati per lo Swiss Medtech Award 2023 era presente anche Genny Factory SA di Sant’Antonino, un’azienda facente parte del gruppo Wullschleger e associata a SwissMedtech Ticino. Il Direttore dell’azienda, Signor Paolo Badano, è uno dei membri del Comitato di Swiss MedTech Ticino. Per ulteriori informazioni, invitiamo a visitare i siti web https://swiss-medtech.ch/it/swiss-medtech-ticino e www.gennymobility.com.
Sullo Swiss Medtech Award e lo Swiss Medtech Day
Nel 2018 Swiss Medtech ha creato lo Swiss Medtech Award. Il premio di 75’000 franchi – sponsorizzato dalla Fondazione Lichtsteiner, dal Gruppo Sonova, dal Gruppo Straumann e da Ypsomed – è un riconoscimento delle prestazioni eccellenti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Presieduta dal prof. Mirko Meboldt, ETH, Politecnico federale di Zurigo, la giuria esprime una valutazione sulla base dei seguenti criteri: «benefici per i pazienti», «contributo al miglioramento dell’assistenza sanitaria» e «spirito pionieristico tecnologico». Il team di vincitori sarà reso noto durante lo Swiss Medtech Day. I partner del grande evento sono Innosuisse, l’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, e konplan systemhaus ag. Gli sponsor principali dello Swiss Medtech Day sono be-advanced SA, Deloitte, Helbling Technik e Zühlke.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/07/ART23-swiss-medtech-award-2023.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-07-12 14:18:332023-07-12 14:18:35Lo Swiss Medtech Award 2023 va ad Abionic
L’UE si è dotata di un nuovo regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti. Entrato in vigore il 12 giugno 2023, esso si applicherà a decorrere dal 13 dicembre 2024 abrogando di fatto la direttiva attualmente in vigore in materia (2001/95/CE).
Il nuovo Regolamento UE 2023/988relativo alla sicurezza generale dei prodotti modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 e la direttiva (UE) 2020/1828 e abroga le direttive 2001/95/CE e 87/357/CEE. Gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per attuare le nuove norme sulla sicurezza generale dei prodotti.
Va innanzitutto detto che il regolamento si applicherà ai prodotti non sottoposti a disposizioni specifiche UE in materia di sicurezza dei prodotti (prodotti non armonizzati). Per quanto riguarda i prodotti soggetti a requisiti di sicurezza prescritti dall’UE (prodotti armonizzati), esso esplicherà i suoi effetti unicamente sugli aspetti e i rischi o categorie di rischi non soggetti a tali requisiti.
Il regolamento non si applicherà a:
i medicinali per uso umano o veterinario
gli alimenti
i mangimi
le piante e gli animali vivi, gli organismi geneticamente modificati, i microorganismi geneticamente modificati a impiego confinato, i prodotti di piante ed animali collegati direttamente alla loro futura riproduzione
i sottoprodotti e i prodotti derivati di origine animale
i prodotti fitosanitari
le attrezzature su cui i consumatori circolano o viaggiano se tali attrezzature sono gestite direttamente da un prestatore di servizi nel contesto della prestazione di un servizio di trasporto e non sono gestite dai consumatori stessi
gli aeromobili
gli oggetti d’antiquariato.
Per quanto riguarda lo stato dei prodotti: il regolamento si applicherà sia ai nuovi prodotti sia ai prodotti usati, riparati o ricondizionati immessi o messi a disposizione sul mercato.
Tra le novità introdotte dal regolamento UE 2023/988 rispetto alla direttiva 2001/95/CE si possono citare:
l’estensione della definizione di prodotto a “qualsiasi articolo, interconnesso o meno ad altri articoli”
maggiori obblighi per gli operatori economici (fabbricante, importatore, distributore)
maggiori poteri alle autorità di vigilanza del mercato
obblighi chiari per i marketplace online.
I marketplace online dovranno registrarsi sul portale “Safety Gate”, il sistema di allarme rapido per i prodotti pericolosi (ex RAPEX). Essi dovranno anche designare un punto di contatto unico per le comunicazioni ai consumatori e per la comunicazione con le autorità di vigilanza del mercato degli Stati membri ed ogni altra autorità competente in relazione alla sicurezza dei prodotti, in particolare per quanto riguarda la notifica di ordini di rimozione di prodotti pericolosi. Le autorità di vigilanza del mercato potranno imporre ai marketplace online di rimuovere i prodotti pericolosi dalle loro piattaforme o di disabilitarne l’accesso
In caso di richiamo di un prodotto, i consumatori avranno diritto alla riparazione, sostituzione o al rimborso, e potranno scegliere tra almeno due di queste opzioni.
Agli operatori economici incomberà l’obbligo di immettere o mettere a disposizione sul mercato solo prodotti sicuri e a tale scopo di effettuare un’analisi interna dei rischi e redigere una documentazione tecnica contenente almeno una descrizione generale del prodotto e delle sue caratteristiche essenziali pertinenti per valutarne la sicurezza. Essi dovranno anche avere una persona responsabile dei prodotti venduti online e offline che garantisca la disponibilità di documentazione tecnica (aggiornata e tenuta a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato per un periodo di 10 anni dalla data in cui il prodotto è immesso sul mercato), istruzioni e informazioni sulla sicurezza.
I fabbricanti garantiranno che sui loro prodotti sia apposto un numero di tipo, lotto, serie o altro elemento, che ne consenta l’identificazione e che sia facilmente visibile e leggibile per i consumatori, oppure, se le dimensioni o la natura del prodotto non lo consentiranno, che le informazioni prescritte siano riportate sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento del prodotto.
I prodotti provenienti da paesi non UE potranno essere immessi sul mercato unionale solo se un operatore economico stabilito nell’UE si assume la responsabilità della loro sicurezza.
Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/ART23-sicurezza-prodotti-regolamento-ue.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-07-06 08:00:002023-06-26 08:38:43Sicurezza generale dei prodotti: nuovo regolamento UE
Tramite decreto ministeriale, l’Egitto ha introdotto nuove linee guida relative all’IVA per i servizi digitali e altri servizi a distanza prestati da fornitori non residenti a clienti egiziani.
Tramite Decreto ministeriale n. 160 per l’anno 2023 (in arabo), a fine marzo 2023 il Ministero delle finanze egiziano (MoF) ha introdotto nuove linee guida per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) ai servizi digitali e ad altri servizi a distanza forniti da non residenti. Secondo quanto comunicato dall’Autorità fiscale egiziana (Egyptian Tax Authority, ETA), le linee guida (in inglese) delineano gli obblighi in materia di IVA per i venditori non residenti che forniscono servizi digitali e a distanza a clienti commerciali e privati in Egitto attraverso varie piattaforme, tra cui siti web, negozi di social media e applicazioni. Le linee guida sono entrate in vigore il 22 giugno 2023.
Tutti i fornitori stranieri che forniscono servizi digitali e a distanza a clienti in Egitto devono pagare l’IVA in Egitto. Per servizi a distanza si intendono tutti i servizi per i quali non è necessario un collegamento tra la sede fisica del destinatario e il luogo di esecuzione fisica. Ciò include servizi quali la fornitura di contenuti digitali, la fornitura online di giochi, applicazioni, software, progettazione di siti web e servizi editoriali, nonché servizi legali, contabili o di consulenza. Per contro, la prenotazione di servizi alberghieri, i servizi di ristorazione, di catering, di fisioterapia e i servizi di trasporto passeggeri non rientrano nella definizione di servizi a distanza.
È operata una distinzione tra i servizi forniti a contribuenti registrati (B2B) e quelli forniti a consumatori non registrati (B2C):
nel primo caso si applica il meccanismo del reverse charge (inversione contabile), dove la società cliente egiziana è debitrice dell’IVA;
nel secondo caso, gli obblighi in materia di IVA variano a seconda che i servizi a distanza siano resi tramite il portale o l’applicazione del venditore non residente o tramite una piattaforma di distribuzione elettronica (EDP). Se il fornitore straniero fornisce i servizi tramite il proprio portale o la propria applicazione, dovrà assoggettarsi all’IVA e metterla in fattura; se invece li fornisce tramite una piattaforma elettronica di distribuzione (EPD), allora sarà quest’ultima a doversi registrare e applicare l’IVA.
L’aliquota IVA standard è del 14%. Tuttavia, per i servizi professionali e di consulenza si applica un’aliquota IVA ridotta del 10%.
La registrazione ai fini dell’IVA avviene nell’ambito del “meccanismo di registrazione semplificato” creando un account sul sito web dell’ETA (cfr istruzioni per la creazione di un account. La soglia di fatturato per la registrazione semplificata è di 500’000 sterline egiziane su un periodo di 12 mesi, salvoper i servizi professionali e di consulenza: in questo caso la registrazione è obbligatoria indipendentemente dal fatturato. Una volta registrati, i fornitori di servizi e le EDP non residenti possono presentare dichiarazioni semplificate e pagare l’IVA dovuta. Se cessano di svolgere attività imponibili in Egitto possono richiedere la cancellazione della registrazione.
Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/ART23-Egitto-IVA.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-06-28 08:00:002023-06-26 08:32:22Servizi digitali e a distanza in Egitto: nuovi obblighi IVA per i fornitori non residenti
Il 27 giugno 2023 il consigliere federale Guy Parmelin ha firmato a nome della Svizzera l’accordo tra gli Stati dell’AELS e la Repubblica di Moldova. La Svizzera prosegue così la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando la competitività della sua economia.
Con la conclusione dell’ALS con Moldova la Svizzera prosegue la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando così la competitività dell’economia svizzera. In parallelo proseguono anche il sostegno alle riforme economiche e l’integrazione della Moldova nelle strutture della cooperazione economica a livello europeo e internazionale.
Il volume degli scambi commerciali tra la Svizzera e la Moldova (oltre 50 milioni di franchi nel 2022) racchiude un ulteriore potenziale di sviluppo. Ora però l’ALS assicura un ampio accesso al mercato, migliorando il quadro giuridico e la capacità di pianificazione degli operatori economici svizzeri.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/06/ART23-Moldova-ALS.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-06-27 11:24:002023-06-27 11:24:30Stipulato l’accordo di libero scambio con la Moldova
L’idea di sviluppo sostenibile, per sua natura intrinseca, essendo un concetto estremamente complesso e sfaccettato, ha riflessi anche nell’ambito dei diritti di proprietà intellettuale, spingendo la loro evoluzione verso una sempre maggiore ecocompatibilità delle opere dell’ingegno.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in modo molto ambizioso, ha fissato ben 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (per un maggiore approfondimento in proposito si rimanda qui), annoverando obiettivi solo apparentemente eterogenei, volti a plasmare una maggiore responsabilità e attenzione in termini sociali, ambientali ed economici; tali propositi, nei fatti, sono collegati tra di loro da un fil rouge che li annoda gli uni agli altri a doppio filo, nell’ottica di operare in maniera resiliente con l’ecosistema del pianeta.
In questo grande, grandissimo disegno, tutti gli attori (che potremmo definire anche stakeholder, nel senso più ampio ed inclusivo di portatori, responsabili e consapevoli, di interessi coinvolti nelle più variegate iniziative o progetti), dalle aziende più grandi alle microimprese, consumatori finali inclusi ovviamente – che dispongono di un potere formidabile quando determinati obiettivi vengono compresi e fatti propri – possono non solo fare la loro parte, bensì contribuire in modo determinante diffondendo comportamenti e stili sostenibili.
Ma cosa è, e cosa significa in termini pratici la sostenibilità? E che rapporto ha tale idea con la proprietà intellettuale (l’insieme dei diritti legali volti ad assicurare la tutela delle creazioni delle mente umana in campo scientifico, industriale e artistico), di cui sia privati che aziende possono essere titolari?
In primis, per cercare di dare una risposta più compiuta possibile al primo quesito che ci poniamo, è più corretto declinare il concetto di sostenibilità nei diversi modi in cui essa si può concretare; si può parlare, infatti, di Sostenibilità ambientale (responsabilità di utilizzo delle risorse), di Sostenibilità economica (capacità di generare reddito e lavoro) e di Sostenibilità sociale (sicurezza, salute, giustizia e ricchezza).
L’idea di sostenibilità, ovvero parlare di sviluppo sostenibile, è un concetto che ha una natura complessa, con diverse interpretazioni che dipendono anche dai diversi periodici storici; tuttavia, la definizione universalmente riconosciuta risale al 1987 e si trova nel cosiddetto Rapporto Brundtland (un documento prodotto dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, istituita da una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, presieduta dalla politica e medica norvegese Gro Harlem Brundtland) – dal titolo “Our common future” – il quale pone l’attenzione sui principi di equità intergenerazionale e intragenerazionale. Il rapporto identifica per la prima volta la sostenibilità come la condizione di uno sviluppo in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
Già, riuscire a soddisfare integralmente i propri bisogni economici e sociali, ma senza compromettere le generazioni future o complicare la loro esistenza e, nondimeno, senza sfruttare in modo scriteriato ed irresponsabile l’ecosistema terrestre, anzi, assecondare le ancestrali regole che lo governano da migliaia di anni.
Apparentemente, tutti noi accettiamo una sfida immane, di proporzioni ciclopiche, la quale tuttavia va affrontata scomponendo i vari problemi (prendendo spunto dal metodo scientifico), decostruendoli in maniera da tale da perseguire una demoltiplicazione ed un contenimento, ed al contempo di comprendere meglio i singoli meccanismi e le situazioni all’origine dei cambiamenti, che oggi non è più possibile ignorare o, ancor peggio, minimizzare o negare.
Certamente, una risposta alla seconda domanda che ci si era posti, ovvero che correlazione c’è tra proprietà intellettuale e sostenibilità, è data dal fatto che una protezione adeguata ed aggiornata delle diverse opere dell’ingegno funge da volano per l’innovazione. In questo modo si stimolano gli investimenti virtuosi, volti a migliorare la gestione delle risorse e le condizioni quadro complessive che hanno un diretto impatto sulle attività umane e sull’ambiente; si pongono infatti le premesse per un ciclo di rinnovamento non soltanto efficiente, ma anche sostenibile, sul modello della triplice suddivisione del concetto di sostenibilità descritto in precedenza.
Il recente studio “Green EU trade marks” condotto dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), pubblicato nel febbraio 2023 (quale aggiornamento di un precedente lavoro pubblicato nel 2021), ha voluto verificare e valutare se la maggiore attenzione tra il pubblico dei titolari di domande/registrazioni di marchi europei, tra i responsabili delle politiche per i cambiamenti climatici e il degrado ambientale, si rispecchiasse nelle domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea.
Tale studio (svolto tramite un algoritmo espressamente sviluppato a tale scopo), finalizzato a tracciare domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea che, a livello merceologico, rivendicano prodotti/servizi dotati di caratteristiche di sostenibilità o legati alla protezione dell’ambiente (le macro categorie investigate sono state le seguenti: produzione di energia, trasporti, conservazione dell’energia, riuso/riciclo di prodotti, controllo dell’inquinamento, gestione dei rifiuti, agricoltura, consapevolezza ambientale e cambiamento climatico), ha rilevato come vi sia un interesse cresciuto esponenzialmente negli anni verso prodotti/servizi ad alto contenuto “verde”; basti un solo dato, nel 1996, il primo anno di operatività dell’EUIPO, i marchi europei cosiddetti “green” ammontavano a 1’588 unità, venticinque anni dopo, nel solo anno 2021, il numero degli stessi marchi “green” ha raggiunto la ragguardevole cifra di quasi 19’000 unità.
Il trend di interesse non si è dimostrato da meno anche nel campo dei brevetti d’invenzione; nel 2013 l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO), che ha sede a Ginevra, ha lanciato la piattaforma WIPO GREEN, un marketplace globale nato per agevolare lo scambio e la diffusione di tecnologie sostenibili, che mette a disposizione dati, servizi di network ed esempi di progetti concretamente applicati, monitorati, e che si sono evoluti nel tempo; anche per quanto riguarda le tecnologie brevettate, si ritorna a parlare di sostenibilità, in quanto il capito 34 della Agenda 21 (il programma di azione della Nazioni Unite adottato a conclusione della conferenza di Rio de Janeiro nel 1992), definisce come “green technologies” le tecnologie che: “proteggono l’ambiente, sono meno inquinanti, utilizzano tutte le risorse in modo più sostenibile, riciclano una quantità maggiore di rifiuti e prodotti e gestiscono i rifiuti residui in modo più accettabile rispetto alle tecnologie che sostituiscono”.
A conclusione di questa breve galoppata attraverso un tema, quello della sostenibilità, che è trasversale a tantissimi ambiti, ivi incluso quello della proprietà intellettuale, e che sarà fondamentale per superare le cosiddette sfide globali (basti pensare, fra le diverse tematiche attuali, alla gestione delle risorse idriche o all’agricoltura di precisione, che possono essere validamente coadiuvate dallo studio e dallo sviluppo di tecnologie innovative guidate da modelli meteorologici e climatologici), si nota come il ciclo di sviluppo delle opere dell’ingegno assomigli sempre più ai cicli osservabili nella natura, un processo in continuo divenire, solo apparentemente statico, sempre alla ricerca del perfezionamento meritevole di vincere la sfida del progresso.
LIFT ha come principale obiettivo quello di creare un ponte tra mondo scolastico e mondo professionale, per facilitare la transizione dei e delle giovani che terminano la scuola media. Dopo aver preso avvio nel 2006 nella Svizzera tedesca, il progetto è giunto dal 2013 anche nel Canton Ticino, dove quest’anno si sono celebrati i primi 10 anni di attività.
Per l’occasione si è tenuta una serata-evento lo scorso 10 maggio presso la scuola media di Agno. Alla serata hanno partecipato una settantina di persone, tra rappresentanti del mondo scolastico, istituzionale e aziendale. Era presente anche l’On. Marina Carobbio Guscetti, Consgliera di Stato e Direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport, che è intervenuta con un breve discorso nel quale ha spiegato di conoscere bene il progetto LIFT già dalla sua precedente attività politica a Berna e di apprezzarne i contenuti e i benefici che porta ai giovani e alle giovani.
In seguito, il pubblico ha potuto assistere ad una breve presentazione del programma LIFT e del suo sviluppo nel Cantone, e alla proiezione di un filmato, realizzato appositamente per l’occasione grazie alla collaborazione tra LIFT e il CERDD, il centro di risorse didattiche e digitali del Cantone Ticino (è possibile vedere il filmato tramite questo link).
A conclusione dell’evento, si è svolta una tavola rotonda, moderata dalla giornalista Agata Galfetti, sul tema degli sbocchi professionali per gli allievi e le allieve di quarta media. Alla discussione hanno partecipato Oscar Gonzalez (Divisione della formazione professionale), Massimo Genasci-Borgna (Ufficio orientamento scolastico e professionale), Daniela Bührig (AITI), Sara Rossini Monighetti (in rappresentanza della Cc-Ti), Christian Romanenghi (ex allievo LIFT) e Alex Manfredi (LIFT).
È noto che molti ragazzi e ragazze riscontrano delle difficoltà, di vario tipo, nel percorso di transizione tra mondo scolastico e mondo professionale. Oppure la difficoltà non emerge tanto nel trovare un posto di apprendistato, bensì nel riuscire a mantenerlo. I giovani da aiutare sono molti ma fortunatamente essi possono anche contare su una vasta rete di misure. È quindi importante che tutti gli attori presenti sul territorio collaborino strettamente per il bene di ragazzi e ragazze e per il raggiungimento dell’obiettivo comune che è quello di diminuire la disoccupazione giovanile.
Il principale obiettivo di LIFT resta quello di permettere ai giovani di sperimentare concretamente il mondo del lavoro, già durante la terza e la quarta media. Grazie al programma di LIFT, avranno così maggiori possibilità di ottenere un posto di apprendistato (o altra collocazione) ed iniziare il loro percorso professionale nel migliore di modi.
LIFT ha infatti molteplici effetti positivi sui giovani. Ne aumenta l’autostima e la motivazione, arricchisce il loro curriculum vitae e amplia la rete di conoscenze professionali e sociali. Tutti questi elementi permettono loro di trovare più facilmente un posto di apprendistato. Le cifre per il 2022 mostrano che, a livello nazionale, il 63% dei giovani che hanno partecipato a LIFT hanno trovato una soluzione di formazione (AFC o CFP) immediatamente al termine della scuola media.
Il futuro: concretezza per i giovani
Attualmente le sedi di scuola media che offrono LIFT ai loro allievi e alle loro allieve sono undici: dieci scuole pubbliche e una privata. Ci auguriamo che in futuro altre sedi possano seguire l’esempio e lanciarsi nell’avventura LIFT.
I giovani che possono beneficiare del programma e le loro famiglie sono riconoscenti alle scuole che decidono di inserire LIFT nella loro offerta. Citiamo l’esempio di Chiara (nome noto alla redazione), ragazza molto timida che in terza media accetta di partecipare a LIFT. Le viene offerta la possibilità di effettuare uno stage (posto di lavoro di settimanale) nel settore marketing e relazioni pubbliche di una banca. Le prime settimane ha un atteggiamento molto chiuso, esegue i compiti con impegno, ma quasi non parla e si relaziona solo con la persona responsabile dello stage LIFT all’interno della banca. Ma col passare del tempo, Chiara acquista pian piano maggior fiducia, diventa più estroversa e comunica molto più facilmente con gli adulti. Tanto che collabora con profitto all’allestimento di un evento nel foyer della banca, occupandosi anche dell’accoglienza del pubblico. Chiara ha poi concluso la quarta media e trovato un posto di apprendistato, anche se non nel settore bancario.
Queste storie di successo potranno continuare in futuro grazie a LIFT e a tutti i suoi partner (statali e non), che sono fondamentali sotto il profilo finanziario – ricordiamo che LIFT è un’associazione no profit – o nel fornire un aiuto pratico alla crescita del programma.
Il ruolo della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi è per LIFT molto importante perché permette a LIFT di farsi conoscere nel mondo economico e aziendale. Sappiamo che potremo contare anche in futuro sul sostegno della Cc-Ti e ci impegneremo a ripagare la fiducia continuando a puntare su risultati concreti, per il bene dei e delle giovani che cercano di trovare e di percorrere la loro strada nel mondo professionale.
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