Regali a partner commerciali esteri

Nell’era della globalizzazione e dei flussi di merci globali, quasi nessuno pensa al fatto che spedire per posta un regalo ad un partner commerciale estero o metterlo nel proprio bagaglio in occasione di un viaggio d’affari potrebbe causare problemi in dogana. Informatevi per tempo!

Non tutti i Paesi hanno regole specifiche ai regali, che spesso devono quindi essere sdoganati come normali merci commerciali, con relativo iter burocratico e dispendio di tempo. La situazione può persino diventare spiacevole se, nel caso dell’invio di un pacco, il destinatario è costretto a sbrigare personalmente le formalità doganali e pagare dei dazi all’importazione. Da ultimo, ma non meno importante, nella scelta di un regalo appropriato e rispettoso è opportuno tener conto anche di eventuali aspetti culturali.

La Camera di commercio e dell’industria di Heilbronn-Franken in collaborazione con le Camere di commercio tedesche all’estero (AHK) ha riunito sul suo sito web le normative doganali e le peculiarità culturali da rispettare in oltre una trentina di Paesi per quanto attiene all’invio o alla presa con sé di regali commerciali all’estero. Le informazioni, chiare e concise, sono disponibili in tedesco o tedesco/inglese (ma facilmente traducibili tramite traduttore automatico) alla seguente pagina: Geschenke über die Grenze – IHK Heilbronn-Franken

San Gottardo & pedaggio: NO grazie

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

È notizia di queste settimane la proposta di un Consigliere nazionale urano di prevedere un pedaggio per accedere al tunnel del San Gottardo (e forse anche del San Bernardino), per cercare di mitigare i disagi provocati dalle colonne che si formano davanti alla galleria in alcuni periodi dell’anno.
Purtroppo, la presunta “soluzione” del pedaggio non è assolutamente accettabile. Tralasciamo i più che legittimi dubbi su come si potrebbe gestire anche fisicamente un sistema con questo meccanismo, malgrado tutte le evoluzioni della tecnologia. Ma è certo che per il Ticino vi sarebbero unicamente svantaggi
incomprensibili e non di poco conto.

Si pensa prevalentemente al settore turistico, ma la questione è ben più ampia. Molti altri settori sarebbero toccati in maniera considerevole, visto che ad esempio un grande numero di aziende industriali e artigianali ticinesi, sono in vari modi, strettamente collegati alla parte Svizzera tedesca. Dover sopportare un pedaggio a ogni passaggio dei propri prodotti finiti, dei componenti dei prodotti, ecc. , significherebbe un aumento di costi non indifferente e una conseguente perdita di competitività in un contesto già per nulla facile e molto concorrenziale.
Inevitabili i riflessi su taluni insediamenti aziendali e sui posti di lavoro.

Ma, a parte il discorso prettamente economico, vi sarebbe una chiara discriminazione per il nostro Cantone. Non è mia abitudine usare l’arma del lamento, ma è un fatto che nella fattispecie vi sarebbe una macroscopica disparità di trattamento con gli altri Cantoni svizzeri. Infatti, se si fa riferimento alla densità del traffico che attraversa il San Gottardo, numerose sono le situazioni in Svizzera che sono ben peggiori. E’ opportuno ricordare che nel 2021 delle 32’481 ore di colonna registrate in Svizzera, quelle al San Gottardo sono state circa 2’500, quindi l’8%. Significa che in molte altre regioni elvetiche, che rappresentano il 92% delle ore di colonna, non siano d’esempio o messe meglio, basti pensare ai tunnel del Baregg o del Gubrist, oppure alle code fra Berna e Zurigo, fra Losanna e Ginevra, ecc. Dove le colonne sono quotidiane e non solo in periodi “di punta”
come al San Gottardo. Logica ed equità vorrebbero che si dovrebbe affrontare lo stesso discorso del pedaggio anche in altre regioni, se il traffico fosse la discriminante. Legittimo ritenere che romandi e svizzero
tedeschi avrebbero qualcosa da eccepire e con un peso politico
maggiore del nostro. Non è del resto un caso che il “road pricing” riferito
agli agglomerati sia sparito dai radar. Curioso è anche rilevare come nella campagna di votazione sul secondo tubo autostradale del San Gottardo gli oppositori, in prima linea i Cantoni romandi, insistettero sul fatto che non valeva la pena investire soldi su una tratta con scarsa densità di traffico. Ora però andrebbe bene il pedaggio? Direi di NO.

Essere al di qua delle Alpi rappresenta già sotto diversi aspetti, uno svantaggio,
perché il nostro territorio è più difficilmente raggiungibile e per noi varcare la catena alpina rappresenta comunque un ostacolo spesso non trascurabile. Peggiorare questo svantaggio obbligando tutti a pagare per transitare nella galleria autostradale sarebbe assurdo. In pratica saremmo l’unica regione svizzera
(parliamo della Svizzera italiana se dovesse esserci il medesimo provvedimento per il San Bernardino) a essere raggiungibile solo a pagamento.
Alla faccia della coesione nazionale. L’autore della mozione, il Consigliere nazionale Simon Stadler, cerca di rassicurare sulla sua brillante idea dicendo che vi potrebbero essere esenzioni per i ticinesi. Il problema è che nel testo della mozione si parla di riduzioni per gli abitanti dei cantoni interessati e non di
esenzioni. In sostanza, i ticinesi dovrebbero pagare comunque, magari un po’ meno, ma sempre di balzello si tratta. Nella stessa mozione si citano anche esempi di valichi con pedaggi che funzionano molto bene (Brennero, Monte Bianco, Fréjus, Gran San Bernardo) dimenticando (?) che si tratta di trafori che portano da una nazione all’altra e non collegano regioni di uno stesso paese, come è il caso del San Gottardo e del San Bernardino. La differenza non è sottile e si può tranquillamente parlare di una “staatspolitische Frechheit”.

In altre parole, una decisa mancanza di rispetto per un Cantone e una regione che non sono certamente di Serie B.

Apertura tecnologica

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

2035: l’anno della definitiva svolta energetica in ambito del trasporto privato. Anche l’ultima istanza politica europea, che doveva decidere sulla messa al bando dei carburanti di origine fossile e di conseguenza puntare tutto sulla mobilità elettrica, si è espressa a favore di questa drastica misura. C’è però stata una svolta che ha cambiato le carte in tavola. Dietro pressione della Germania, gli europarlamentari hanno inserito tra i vettori energetici per le autovetture anche la possibilità di vendere, dopo il 2035, veicoli con motore a combustione interna se alimentati con carburanti sintetici o e-carburanti. Questa decisione è molto positiva per tutti. Da un lato sarebbe stato piuttosto pericoloso affidarsi ad un unico vettore energetico, l’elettricità, per mettere in movimento l’intero parco circolante europeo. Dall’altra, se si vuole veramente risolvere il problema delle
emissioni di CO2, bisogna lasciare il campo aperto a tutte le tecnologie.
Solo così il mondo scientifico e lo sviluppo tecnologico possono valutare ogni via percorribile e proporre le soluzioni migliori. Chiudendo invece a priori lo sviluppo degli e-carburanti, gli investimenti nella ricerca e sviluppo di questa innovativa tecnologia sarebbero sati cancellati o per lo meno spostati al difuori dell’Europa dove le altre nazioni non hanno posto vincoli ai vettori energetici per il settore dei trasporti. Altre fonti energetiche invece, non sono state perse in considerazione.
Per esempio, i bio-carburanti, come chiesto a gran voce dall’Italia che in quest’ultima tecnologia ha investito moltissimo negli scorsi anni. La decisione presa dai parlamentari europei, una volta tanto, ha una ragione d’essere. Vediamo perché.

Gli e-carburanti

Questi carburanti, definiti carburanti sintetici, e-carburanti o carburanti elettrici, sono dei prodotti che non si trovano in natura, ma si ottengono grazie alla sintesi di idrogeno o, in rari casi, anche di bio-carburanti e CO2. Per questo processo di sintesi, ma anche per la produzione di idrogeno verde, serve molta energia elettrica. Da qui il nome di e-carburanti. Alla base c’è dunque l’idrogeno, un elemento molto abbondante sulla Terra, ma solo in combinazione con altri elementi come, ad esempio, l’ossigeno formando in pratica l’acqua. Per ottenere l’idrogeno occorre quindi scomporre i due elementi, ossigeno e idrogeno, grazie all’elettrolisi. Questo processo può funzionare soltanto utilizzando grandi quantità di elettricità, motivo per il quale quest’ultima, se si vuole ottenere un processo realmente sostenibile da punto di vista ambientale, deve essere prodotta da fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico o idroelettrico. Oltre all’idrogeno serve la CO2. Quest’ultima, per far sì che il processo sia neutro dal punto di vista delle emissioni, deve essere prelevata dall’aria ambiente.
Combinando poi i due elementi, idrogeno e CO2, si ottiene un carburante che può essere utilizzato in un motore a combustione interna come quelli che oggi utilizziamo su gran parte delle vetture circolanti. Ecco, quindi, un altro vantaggio: la tecnologia e le vetture già oggi in circolazione non sarebbero da buttare, ma, anzi, diventerebbero anche queste a emissioni a zero di CO2. A dire il vero, questo tipo di automobili emetterebbe comunque della CO2, la differenza rispetto alle emissioni attuali è che in questo caso si tratterebbe della stessa quantità di anidride carbonica prelevata dall’aria ambiente utile per la reazione chimica necessaria.
Una domanda però sorge spontanea: per quale motivo si dovrebbe utilizzare la corrente elettrica per produrre un carburante sintetico da bruciare in un motore a combustione interna? Non converrebbe utilizzare direttamente la corrente elettrica per alimentare una vettura a batteria? Uno dei problemi dell’elettricità
è il suo immagazzinamento. Sappiamo che quest’ultimo non è semplice e, con la tecnologia attuale, l’unica possibilità è accumularla all’interno di una batteria. Per quantità relativamente ridotte questo è fattibile senza problemi, mentre per grandi quantità ad oggi non esiste una soluzione. Un altro problema dell’energia elettrica è il suo “trasporto” su lunghe distanze. Oggi per portare l’energia elettrica da un punto di produzione al punto di utilizzo si fa capo alla rete di distribuzione ad alta tensione. Questo è fattibile su distanze di qualche migliaio di chilometri, ma non oltre. È impossibile immaginare di produrre energia elettrica in America del Sud grazie all’eolico per poi utilizzarla in Europa quale vettore energetico per il trasporto privato. È invece possibile produrre e-carburanti in Argentina, dove oggi esiste un impianto pilota gestito da Porsche, e in seguito, come avviene già con la benzina e il diesel, trasportarlo in tutta sicurezza in Europa per essere poi venduto presso la rete di stazioni di rifornimento già esistenti.

E i bio-carburanti

I bio-carburanti sono prodotti a partire da bio-masse o da vegetali coltivati a questo scopo. Anche in questo caso si possono ritenere dei carburanti con bilancio di emissioni di CO2 neutro. Infatti, la CO2 che viene emessa quando il bio-carburante brucia all’interno del motore è la stessa che le piante coltivate per la sua produzione hanno assorbito dall’aria durante la loro fase di crescita. Allora perché non sono stati presi in considerazione al pari degli e-carburanti?
Uno dei principali problemi è proprio la necessità di coltivare molti terreni a questo scopo sottraendoli alla produzione di vegetali a scopo alimentare.
La decisione dell’Unione Europea va quindi nella giusta direzione offrendo la possibilità di una migliore gestione dell’energia che è possibile produrre da fonti rinnovabili consentendo un immagazzinamento più semplice e una distribuzione più capillare, indipendentemente dal luogo di produzione. Pensando poi anche al difuori del mondo delle automobili, come ad esempio il trasporto aereo o marittimo, la disponibilità di carburanti liquidi o gassosi di facile immagazzinaggio renderanno più ecologici anche gli spostamenti a lungo raggio.

Assegno Unico Universale NEW

Nuovo pannello e guida personale INPS

Assegno Unico figli: nuovo pannello e guida personale INPS

L’INPS attiva il nuovo pannello per l’Assegno Unico e le video guide personalizzate per chi ha riscontrato criticità in fase di erogazione del beneficio.

Novità per i contribuenti che diritto all’Assegno Unico figli a carico: l’INPS ha attivato il nuovo pannello semplificato e sta procedendo con l’invio di video guide personalizzate e interattive ai nuclei familiari che hanno richiesto la prestazione ma che hanno riscontrato problemi in fase di erogazione del beneficio.

Le video guide hanno lo scopo di informare sullo stato della domanda presentata e fornire all’utente interessato indicazioni su come procedere, illustrando in modo semplice e intuitivo le attività da effettuare per fruire dell’Assegno Unico.

Pannello INPS per l’Assegno Unico

Il nuovo pannello informativo semplificato per l’Assegno Unico Universale è operativo dal 10 giugno 2023, accessibile attraverso il sito web dell’Istituto e utilizzando le proprie credenziali di autenticazione (SPID, CIE e CNS) o tramite l’intermediario di fiducia.

Video guida per chi ha problemi

Con il messaggio n. 2096 dello scorso 6 giugno, inoltre, l’INPS annuncia l’invio di video guide personalizzate e interattive a coloro che, pur avendo richiesto l’Assegno Unico per i figli a carico nel corso delle annualità 2022 e 2023, non hanno avuto accesso alla prestazione a causa di alcune criticità in fase di istruttoria.

Dall’esame delle posizioni che risultano dagli archivi INPS è stata rilevata la presenza di domande senza documentazione allegata, oppure domande che sono nello stato di “accolta” ma con pagamento non a buon fine a causa di anomalie, dovute al mancato abbinamento tra il Codice Fiscale dell’utente e l’IBAN inserito.

Per visualizzare la video-guida personalizzata è necessario procedere come segue:

  • accedere all’area riservata “MyINPS”, attraverso la propria identità digitale (CIE, SPID almeno di livello 2 o CNS);
  • consultare le notifiche nelle app “IO” e “INPS Mobile”.

Fonte: Portale INPS, PMI.IT (Teresa Barone, 9 Giugno 2023 9:15)

Sanzioni: gli acquisti sospetti

Negli ultimi mesi si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni da parte di Paesi terzi di merci sottoposte a sanzioni internazionali, tra cui prodotti ad alta tecnologia. La SECO ha identificato 9 beni critici al centro di tali acquisti e stilato un elenco di indicatori di potenziali attività di elusione delle sanzioni.

Le sanzioni adottate da Svizzera e Unione europea (UE) nei confronti della Russia non hanno effetto extraterritoriale e quindi si applicano solo alle aziende ed entità svizzere rispettivamente europee. Negli ultimi mesi, tuttavia, si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni di merci vietate da parte di Paesi che non hanno aderito alle sanzioni internazionali. Tra queste merci figurano prodotti ad alta tecnologia. Ciò rafforza lo spettro del dirottamento del commercio di prodotti vietati e, in sostanza, dell’elusione delle sanzioni.

Per un efficace controllo delle esportazioni e per prevenire tali iniziative, è importante la conoscenza specifica e tecnica dei propri prodotti (“know your product”) e quella dei propri clienti (“know your customers”), cfr. anche nostro articolo Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità del 26 gennaio 2023. Se da un lato è difficile contrastare il fenomeno dell’elusione delle sanzioni attraverso aziende di Stati terzi, dall’altro lato comprendere i rischi di essere coinvolti in tale evasione e riconoscere i segnali di allarme dovrebbe essere una parte fondamentale del processo di screening di ogni azienda operante a livello internazionale.

Per venire in aiuto alle PMI esportatrici svizzere, la Segreteria di Stato dell’economia SECO ha identificato 9 beni critici al centro di acquisti “sospetti” e stilato un elenco di indicatori (“red flag”) di potenziali attività di elusione delle sanzioni. Il documento, pubblicato a fine maggio sulla pagina dedicata ai Prodotti industriali (dual-use) e beni militari speciali (Licensing), sotto “Misure Russia”, è attualmente disponibile in francese e tedesco.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ne ha curato la versione italiana (non ufficiale), riportata di seguito.

Elenco prioritario di beni critici per tentativi di approvvigionamento a fini militari

Voce di tariffa doganaleDescrizione
8542.31processori e controllori, anche combinati con memorie, convertitori, circuiti logici, amplificatori, orologi, circuiti di sincronizzazione o altri circuiti
8542.32memorie, es. SRAM
8542.33amplificatori, es Op Amps
8542.39altri circuiti integrati elettronici, es. FPGA
8517.62apparecchi per la ricezione, la conversione e l’emissione e la trasmissione o la rigenerazione della voce, delle immagini o di altri dati, compresi gli apparecchi di commutazione o d’instradamento, es. wireless transceiver modules
8526.91apparecchi di radionavigazione, es. moduli GNSS
8532.21condensatori fissi al tantalio
8532.24condensatori fissi a dielettrico di ceramica, multistrato
8548parti elettriche di macchine o apparecchi, non nominate né comprese altrove in questo capitolo, es. filtri EMI

Indicatori – Red Flag

  • Transazioni di beni connessi alla difesa o al duplice impiego con un’azienda creata dopo il 24 febbraio 2022 e con sede in un Paese non membro della GECC. La Global Export Control Coalition (GECC) comprende Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Australia, Canada, i 27 Stati membri dell’UE, il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan, gli Stati Uniti e il Regno Unito.
  • Un nuovo cliente attivo nel commercio di prodotti dell’elenco prioritario, la cui sede principale si trova in un Paese non membro della GECC e la cui attività è stata avviata dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente esistente che prima del 24 febbraio 2022 non aveva ordinato prodotti che figurano nell’elenco prioritario, ma che ora li richiede.
  • Un cliente esistente domiciliato al di fuori della Svizzera la cui domanda di prodotti dell’elenco prioritario è aumentata in modo significativo dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente non fornisce o rifiuta di fornire informazioni a banche, a esportatori o a terzi, comprese le informazioni sugli utenti finali, sull’uso finale previsto o sulla proprietà dell’azienda.
  • Controparti che in genere non effettuano transazioni che comportano il consumo o l’utilizzo di altri beni (ad es. altre istituzioni finanziarie o società di logistica).
  • Il cliente paga un prezzo significativamente elevato rispetto a quello di mercato per l’acquisto di un bene.
  • Il cliente o il suo indirizzo assomiglia a un’azienda o a una persona che figura nell’elenco delle entità sanzionate.
A chi desidera approfondire in modo pratico e conciso la tematica segnaliamo il seguente corso: “Export control dual use goods, sanctions, embargoes” (online, 11 settembre 2023)

Così Linkedin ha cambiato (e continua a cambiare) l’HR

di Manuela Cuadrado, Account Manager in Breva Digital Communication Sagl

Linkedin si conferma uno dei social media più amati. In un panorama mutevole come quello digitale, ha saputo evolversi senza mai venire meno alla sua “mission” originale: fornire a chi lavora uno strumento di networking in grado di supportare gli utenti nella ricerca di un nuovo lavoro e le aziende nella ricerca di personale. Un mondo virtuale in cui domanda e offerta di lavoro possano incontrarsi direttamente, rompendo le tradizionali barriere gerarchiche. Una felice intuizione per l’epoca: Linkedin è infatti nato ufficialmente il 5 maggio del 2023.
Sì, avete fatto bene i conti: quest’anno, le candeline sulla torta saranno 20. Due decadi di crescita solida e costante, che hanno portato le funzionalità della piattaforma ad espandersi: oggi imprese e privati utilizzano Linkedin per la ricerca attiva di clienti, il rafforzamento della propria reputazione online, la formazione, o semplicemente per restare aggiornati su quanto accade nella propria sfera di interesse professionale.
Tuttavia, la vocazione HR di Linkedin non è certo venuta meno. Al contrario: si è arricchita di nuove, interessanti funzionalità.

Anche la ricerca di personale ha la sua brand awareness.

Oggi più che mai, la ricerca di lavoro da parte dei candidati tiene conto di fattori che vanno oltre l’inquadramento o la retribuzione: non cercano più solamente un impiego, ma un’esperienza di lavoro che consenta loro un accrescimento personale, oltre che professionale. Vogliono poter sposare i valori dell’azienda in cui lavorano e trovare un ambiente positivo e accogliente, in cui il loro talento venga valorizzato. Per questo, sono più portati che in passato a fare ricerche sull’azienda e chi ci lavora. Ricerche che avvengono al 99% online… le aziende che vogliono attrarre i candidati migliori trovano in Linkedin un’eccezionale opportunità di comunicare le proprie attività, missione e valori, avendo la certezza di trovarsi già su sulla piattaforma social più adatta per ottenere la visibilità che gli serve. I dipendenti e i collaboratori dell’azienda possono essere chiamati direttamente a contribuire a questa visibilità attraverso le funzionalità di Employee Advocacy; l’engagement da parte di chi già lavora in azienda, è senza dubbio il miglior biglietto da visita agli occhi di un candidato. Pubblicare e condividere contenuti interessanti sulle attività aziendali può stimolare molti professionisti a contattarvi per primi, con una candidatura spontanea.
Ma… cosa accade se abbiamo bisogno di una ricerca di personale mirata, magari con una certa urgenza?

Job posting e Job ADS: pubblicare e sponsorizzare gli annunci di lavoro

È risaputo che le aziende possono pubblicare e diffondere annunci di lavoro su Linkedin. È meno noto che per farlo non occorre necessariamente pagare: basta avvalersi della funzionalità “Pubblica un’offerta di lavoro” dal menù aziendale e una procedura guidata ci permetterà di redigere e pubblicare l’annuncio perfetto per noi, che verrà pubblicato sulla pagina aziendale e da lì potrà essere ricondiviso. Questo, in alcuni casi, potrebbe già essere sufficiente ad attirare l’attenzione di candidati interessanti, ma solo a patto diaver nutrito nel tempo la nostra rete con contatti qualificati e in target (questo ovviamente, vale per tutti quelli che condivideranno l’annuncio). È anche possibile arricchire la propria foto profilo con la dicitura “I’m hiring” – “Sto assumendo”, per ottenere ulteriore visibilità presso la nostra rete.
Se però vogliamo accelerare i tempi o abbiamo necessità di raggiungere velocemente un pubblico più ampio, potremo avvalerci della possibilità di sponsorizzare l’annuncio: grazie alla capacità di selezione capillare del target della piattaforma pubblicitaria di Linkedin, potremo mostrare il nostro annuncio solo a candidati che corrispondono il più possibile al nostro candidato ideale: tra i filtri troviamo, ad esempio, gli anni di esperienza, il titolo di studio, ma anche le lingue conosciute o determinate conoscenze tecniche e/o particolari skill (ad esempio, la competenza nell’utilizzo di determinati software o macchinari). I termini e condizioni del servizio di Linkedin non permettono di inserire criteri discriminanti quali sesso, età, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità etc. (anche in accordo alle leggi e normative vigenti nel Paese di riferimento).
Altro spunto da tenere presente: grazie a un codice di tracciamento da inserire sul sito web (pixel) è possibile fare pubblicità retargeting a tutti i potenziali candidati che sono atterrati sul nostro sito web per approfondire l’annuncio o conoscere meglio l’azienda, andando così a colpire un pubblico non solo idoneo, ma anche
fortemente interessato.

Più forza alla ricerca di personale con Linkedin Recruiter

Per chi lavora nel campo delle Risorse Umane o le imprese che hanno bisogno di molto personale, è nato Linkedin Recruiter, una soluzione tailor-made per venire incontro alle specifiche necessità di ogni azienda. Grazie a Recruiter, non è necessario aspettare che il candidato giusto venga da noi: possiamo essere noi a
trovarlo e contattarlo per primi! I responsabili della selezione hanno a disposizione una ricerca attiva che permette di impostare diversi filtri e trovare gli utenti con il profilo più adeguato: tra gli oltre 690 milioni di iscritti nel mondo, c’è sicuramente il candidato giusto! L’HR manager potrà quindi contattarlo direttamente attraverso i messaggi InMail.

Validità delle prove preferenziali (update)

L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha aggiornato le istruzioni concernenti la determinazione della validità formale delle prove preferenziali.

Le istruzioni in oggetto hanno lo scopo di aiutare le persone soggette all’obbligo della dichiarazione a valutare la validità formale delle prove preferenziali e ad adempiere così al loro dovere di diligenza.

L’ultimo aggiornamento è avvenuto il 1° giugno 2023 e riguarda le rubriche 1.1, 1.1.1 e 2.1.1 e la validità formale dei certificati di circolazione delle merci (CCM) provenienti dalla Turchia. Il documento può essere scaricato qui.

Tour d’horizon: Vietnam

Il 2022 è stato senz’ombra di dubbio un anno complicato, segnato dagli strascichi della pandemia di COVID-19 e dalle tensioni geopolitiche internazionali, che insieme hanno causato un rallentamento dell’economia globale e, in taluni Paesi, un netto taglio delle aspettative di crescita. A dispetto di queste difficili condizioni quadro, l’economia vietnamita ha dato prova della propria solidità ed è riuscita a emergere quale mercato di forza nel panorama economico del Sud-est asiatico.

Per il Vietnam il 2022 è stato sinonimo di successo, avendo il prodotto interno lordo (PIL) nazionale registrato un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Oltre alla ripresa dei consumi privati interni post pandemia, tale crescita è stata fortemente influenzata dall’ottima performance del settore manifatturiero orientato all’esportazione. Inoltre, in un contesto globale piuttosto turbolento, il Paese è riuscito a contenere il rischio legato all’inflazione, mantenendo una media annua del 3%. In termini di investimenti diretti esteri (IDE), il Vietnam è riuscito ad incrementare la propria forza attrattiva, raggiungendo un record di 27,7 miliardi di dollari, a buona dimostrazione del crescente ottimismo sulle prospettive socioeconomiche che gli investitori stranieri riservano al Paese.

In questo clima positivo le previsioni per il 2023 e 2024 continuano a parlare di crescita, benché leggermente (e, in un certo modo, fisiologicamente) più moderata. Il pronostico è quello di un incremento del PIL che dovrebbe assestarsi attorno al 6-7% – dato influenzato, almeno parzialmente, dalle continue incertezze internazionali che non lasciano immune nemmeno un Paese politicamente “defilato” come il Vietnam. Non tutto il male vien per nuocere, verrebbe però da dire, giacché le tensioni geopolitiche globali potrebbero tramutarsi in stimolanti opportunità per l’economia vietnamita. Nel contesto della strategia “Cina+1” le aziende con uno spettro d’attività internazionale sono infatti sempre più intente a diversificare le proprie catene d’approvvigionamento, volendone accrescere la resilienza e la connettività, con il chiaro obiettivo di diminuire la dipendenza da un singolo Paese. Di questa situazione il Vietnam ne ha giovato e ne sta giovando tuttora, rappresentando una delle principali destinazioni per gli investimenti esteri nel settore della lavorazione e della produzione, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, della scienza e della tecnologia. Un accento importante va posto sulle sub-categorie tessile, semiconduttori e servizi IT – aree di grande interesse attuale per gli investitori internazionali.

Questo movimento – sia in entrata sia in uscita – è facilitato dalla posizione e conformazione geografica del Paese e dai conseguenti vantaggi in termini logistici e di trasporto. Il Vietnam non funge invero soltanto da porta d’accesso al mercato sud-est asiatico, bensì la sua lunga costa marittima di oltre 3’200 km gli permette di essere un punto critico d’appoggio per il commercio internazionale (con un accesso sia alle industrie di supporto dei Paesi vicini sia alle rotte di trasporto marittimo verso il Nord America e l’Europa). I bassi costi di produzione e la presenza di manodopera qualificata, congiuntamente al crescente numero di accordi di libero scambio con altri Paesi, nonché agli incentivi d’investimento e fiscali, rendono il Vietnam una destinazione attrattiva per tutti quelli che, internazionali o locali, intendono fare impresa. Una nota d’interesse va riservata anche al tema della struttura demografica della Nazione: i giovani rivestono la grande maggioranza dei poco meno di 100 milioni di abitanti e il dato sull’età mediana – 32,5 anni – ci riporta a valori che ricordano la situazione europea di 50 anni or sono. Ciò si traduce, da una parte, in disponibilità di abbondante forza lavoro (che, fattore interessante, possiede motivazione e un forte spirito commerciale) e, dall’altra, in un mercato di giovani consumatori di ben altre dimensioni rispetto a quelli delle realtà europee.

La strada per fare del Vietnam un attore economico di portata mondiale è ancora lunga. All’orizzonte si stagliano particolari sfide legate alle infrastrutture e al quadro giuridico-amministrativo. La crescita costante e, per certi versi, inevitabile della sua economia suggerisce tuttavia che lungo il percorso si potranno trovare opportunità interessanti, le quali verosimilmente non riguarderanno solamente i settori con un alto grado innovativo e/o speculativo, ma anche quegli ambiti industriali e commerciali che nei mercati più avanzati hanno già raggiunto il loro punto di saturazione.

Le occasioni, in altre parole, non sembrano mancare, soprattutto per chi sarà in grado di proporre un business solido e strutturato. L’errore da non commettere è, tuttavia, quello di sottovalutare le difficoltà connesse alle differenze culturali tra il Vietnam e l’Occidente: chi insiste a volerne leggere le dinamiche senza togliere gli “occhiali” occidentali, aumenta esponenzialmente il suo rischio di fallire. Solamente capendo il Vietnam e le sue persone dall’interno, sarà possibile sfruttarne a pieno il potenziale.

Autore e contatto:
Francesca Severoni
Fidinam (Vietnam) Company Limited

francesca.severoni@fidinam.ch
www.fidinam.com

Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio

La Svizzera dispone ad oggi di una rete di 35 accordi di libero scambio (ALS) a copertura di ben 73 Paesi. In agenda ci sono negoziati sia per il rinnovo e l’aggiornamento dei trattati esistenti sia per la conclusione di nuovi accordi, come lo testimoniano i recenti colloqui per una ripresa e intensificazione delle trattative con l’India. ALS che hanno però anche dei limiti.

Gli ALS hanno essenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli. Se il loro contenuto si è evoluto negli anni, andando a coprire settori come ad esempio i servizi, gli investimenti o ancora gli appalti pubblici, la concessione reciproca di preferenze tariffali (leggi: riduzione o abolizione dei dazi doganali) continua a rimanere un elemento centrale. Tali concessioni vengono accordate per determinati beni prodotti interamente o sufficientemente lavorati sul territorio. Non tutte le aziende beneficiano però delle possibili agevolazioni doganali, soprattutto a causa delle norme d’origine che disciplinano gli scambi preferenziali e che rappresentano un vero e proprio rompicapo: ogni ALS ha infatti le sue peculiarità e non è facile mantenere una visione d’insieme in questa matassa di regole, così complicata da essere paragonata a un piatto di spaghetti (in gergo: “spaghetti bowl”). Un intricato groviglio di norme a cui si aggiungono delle supply chain sempre più lunghe e articolate, che complicano ulteriormente la determinazione dell’origine preferenziale per quei prodotti realizzati utilizzando materie prime o componenti importati da varie parti del mondo.

Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi all’importazione di prodotti industriali, che potranno pertanto essere importati a costi inferiori. L’origine preferenziale di tali prodotti diventa irrilevante. Si aprono nuove opportunità di approvvigionamento anche da Nazioni con le quali la Svizzera non ha concluso un ALS. Fin qui tutto bene, ma… laddove in prima battuta l’eventuale cambio da un fornitore che attualmente garantisce l’origine preferenziale a uno più economico che però non è in grado di conferire alla merce l’origine preferenziale, potrebbe apparire come un evidente risparmio sui costi di produzione, in realtà potrebbe anche rivelarsi un vero e proprio boomerang se non permetterà al prodotto finito di entrare sul mercato di destino beneficiando dello status preferenziale e dello sgravio dai dazi ad esso connesso. Mai come da inizio 2024 le aziende esportatrici saranno chiamate a monitorare e valutare attentamente i loro flussi in entrata e in uscita, così come a conoscere ed applicare correttamente regole e prove dell’origine preferenziale.

Nel contesto del libero scambio, va altresì detto che i limiti degli attuali ALS sono ben noti alle autorità svizzere: se da un lato il principale mercato di approvvigionamento e di sbocco dell’industria svizzera è l’Unione europea, vi sono altri mercati partner del libero scambio con i quali l’interscambio commerciale è in crescita e che potrebbero esserlo maggiormente se venissero adattate le regole relative al “cumulo dell’origine”, ovvero al sistema che consente ai prodotti originari di una determinata Nazione di essere ulteriormente trasformati o incorporati ai prodotti originari di un altro Paese, come se fossero originari di quest’ultimo per ottenere così l’origine preferenziale. Per quanto riguarda le aziende svizzere il cumulo è attualmente possibile con componenti e materie prime provenienti dall’UE, da Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Isole-Faeroer, Georgia e Ucraina. Il cumulo, così come attualmente regolamentato, non è invece possibile con partner importanti come Regno Unito, Giappone, Canada, Corea del Sud o Messico, Paesi con cui anche l’UE ha degli ALS.

È quindi tempo di rivedere le possibilità di cumulo dettate dagli ALS? Sembra pensarla così la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ha fatto condurre uno studio per analizzare il potenziale economico di ulteriori possibilità di cumulo negli ALS della Svizzera per quanto riguarda i prodotti industriali, esaminando in particolare l’impatto di una forma di cumulo incrociato chiamata “regionalizzazione delle norme di origine”, in cui tre o più partner comuni di libero scambio formano una zona di cumulo dell’origine. Per istituire una tale zona di cumulo bisognerebbe tuttavia modificare le norme di origine fissate nei vari ALS, cosa che richiederebbe il consenso di tutti gli Stati interessati. Nel corso dello studio sono state interpellate diverse aziende e tutte si sono dette favorevoli a ulteriori possibilità di cumulo. In questo senso ci verrebbe quindi da dire “buttate la pasta!”, ma ci limitiamo a un “affaire à suivre”, invitando nel frattempo le aziende a formarsi e informarsi continuamente su questa complessa materia.

Evento Paese EAU-KSA: retrospettiva

Su iniziativa della Camera di commercio dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), con il supporto dei “Partner dell’Internazionale 2023” Allianz Trade Switzerland, Cippà Trasporti SA, Switzerland Global Enterprise, il polo linguistico e formativo capeggiato da Ti-Traduce e M. Zardi & Co, e con la partecipazione di Fidinam DMCC, dell’imprenditore seriale Matteo Boffa e di Pini Group, il 25 maggio scorso presso il Suitenhotel Parco Paradiso si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI della Svizzera italiana le opportunità offerte da Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Una sessantina i partecipanti.

Nei suoi saluti iniziali, Monica Zurfluh, responsabile del servizio Commercio internazionale della Cc-Ti, ha voluto da un lato evidenziare il ruolo della Cc-Ti nella tutela e promozione degli interessi di tutti i settori economici, anche in relazione con le loro attività internazionali, e dall’altro come l’informazione, la consulenza e la messa in rete con partner esperti, quali i Partner dell’Internazionale, siano alla base delle attività del servizio Commercio internazionale. In questo contesto, gli Eventi Paese organizzati in stretta collaborazione con i Partner dell’Internazionale vantano una lunga tradizione.

I due Paesi oggetto dell’evento rappresentano il primo rispettivamente il secondo partner commerciale della Svizzera nella regione. L’importanza di queste due Nazioni e più in generale dei Paesi del Golfo è considerevole, tanto dal punto di vista politico quanto da quello economico. Pur essendo diversi per dimensioni, forza economica e condizioni quadro, essi sono per lo più accomunati dalla forte dipendenza dal petrolio e dal gas e dalla necessità di attuare riforme economico-sociali. Dalle crisi nascono però le migliori opportunità: ecco quindi che temi quali la diversificazione, la privatizzazione, la necessità di sviluppare competenze e talenti locali, il bisogno di nuove tecnologie e innovazioni, ma anche di creare un clima favorevole agli investimenti e al business, non senza dimenticare che qualsiasi opportunità può anche sollevare problematiche e celare rischi, hanno costituito il fil rouge dell’evento.

I profondi cambiamenti in atto nella regione e le opportunità, anche settoriali, che si vengono a creare sono stati ampiamente illustrati da Abier Nasr e Larbi El Attari, rispettivamente Deputy Head e Commercial Counsellor presso lo Swiss Business Hub Middle East, l’ufficio congiunto del Dipartimento federale degli affari esteri e di Switzerland Global Enterprise (S-GE) nella regione.

A seguire, Marco Arrighini, Manager Credit Risk e responsabile della regione sud di Allianz Trade Switzerland ha tracciato una mappa dei rischi, un esercizio indispensabile per essere in grado di prendere decisioni informate.

Gaetano Loprieno, consulente logistico di Cippà Trasporti SA ha poi illustrato le principali modalità di trasporto e i più comuni termini di consegna delle merci nella regione, sottolineando altresì che dal 2014 tra AELS e GCC vige un accordo di libero scambio (l’UE non dispone ancora di tale accordo, ndr).

Il Managing Director di Fidinam DMCC Stefano Menotti ha quindi fatto il punto sugli aspetti amministrativi e fiscali da conoscere per chi opera in loco, con particolare riferimento alla tassazione diretta e indiretta, alla doppia imposizione e alla gestione delle buste paghe nei due Paesi, nonché alle condizioni offerte dalle free zone negli Emirati Arabi Uniti e dalle costituende zone economiche speciali in Arabia Saudita.

Le testimonianze sono state affidate a Matteo Boffa, giovane imprenditore ticinese e investitore a impatto, e a Umberto Ceccarelli, Innovation & Business Developer dello studio d’ingegneria Pini Group. Il primo ha illustrato come gli EAU siano terreno fertile per dar voce alle nuove generazioni che hanno idee impattanti e innovative, con un modello di business sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale e finanziario. Il secondo ha invece ha condiviso preziosi spunti di riflessione sulla conduzione degli affari in particolare in Arabia Saudita, sottolineando la necessità di stabilire una presenza locale e di coltivare relazioni affidabili e durature.

Per i partecipanti, una sessantina, l’aperitivo a seguire è stata un’occasione preziosa per fare networking.

Un evento a 360° gradi quello del 25 maggio, senza presunzione di esaustività e completezza, ma che ha voluto dare ai presenti importanti basi di riflessione per operare su questi mercati nonché strumenti e, soprattutto, contatti utili per i necessari approfondimenti.


Partner dell’Internazionale 2023