Le compagnie di navigazione stanno evitando il Mar Rosso e il passaggio attraverso il Canale di Suez. Stato attuale ed effetti.

Informativa della Direzione di SpedLogSwiss, Basilea, trasmessa a tutti gli Associati sulla delicata situazione in Medio Oriente

Circolare n. 201/2024
Ai membri del settore Navigazione

Gentili Signore e Signori
Da diverse settimane, la navigazione marittima attraverso il Mar Rosso è stata gravemente colpita da attacchi armati alle navi da carico. Il Mar Rosso e il Golfo di Aden sono percorsi da tutte le navi che passano attraverso il Canale di Suez. Oltre il 30% del commercio marittimo mondiale passa attraverso il Canale di Suez. Si tratta di una delle rotte di navigazione più importanti, perché collega il Mediterraneo con l’Oceano Indiano.

Gli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen alle navi nel Mar Rosso sono in aumento. Sempre più compagnie di navigazione stanno quindi evitando questa rotta e passando al viaggio più lungo di 6.000 chilometri intorno al “Capo di Buona Speranza”, sulla punta meridionale del Sudafrica. Oppure annullano il viaggio e posizionano le loro navi in un luogo sicuro fino a quando non sarà possibile continuare. In ogni caso, ciò significa che i programmi delle navi, pianificati da mesi, vengono disturbati. Ciò significa che la pianificazione è gravemente compromessa non solo per le compagnie di navigazione, ma anche per gli spedizionieri e i loro clienti.
A differenza del blocco del Canale di Suez da parte della Nave “Ever Given” nel marzo 2021, che è durato 6 giorni, ora si tratta di un conflitto la cui la durata è indeterminata. La deviazione attraverso il Sudafrica aumenterà i tempi di transito per le rotte tra Asia ed Europa da 7 a 20 giorni. Alcune delle navi deviate hanno aumentato la loro velocità per ridurre al minimo i ritardi. Questo, oltre al percorso significativamente più lungo attraverso il Sudafrica, comporta un aumento del consumo di carburante, che a sua volta si traduce in un aumento dei prezzi nel settore del trasporto marittimo. Inoltre, le compagnie di assicurazione stanno monitorando il rischio molto da vicino e aggiustano costantemente i premi per gli operatori navali in linea con la situazione di rischio. Si parla di aumenti dei premi assicurativi fino al 250% a causa del rischio di guerra. Questo non solo crea incertezze di pianificazione per le compagnie di navigazione, ma soprattutto costi aggiuntivi dovuti alle deviazioni e all’aumento dei costi di carburante e assicurazione. Questi costi aggiuntivi per le rispettive rotte commerciali (import/export) vengono attualmente trasferiti alle merci dalle compagnie di navigazione come supplementi. A seconda del commercio, i supplementi saranno applicati con effetto immediato anche alle spedizioni già caricate. È realistico prevedere che le corse a vuoto e gli aumenti delle tariffe continueranno in molte rotte marittime nel primo trimestre del 2024. Ci saranno anche tempi di transito più lunghi e ritardi nel carico.
Infine, il percorso più lungo attraverso il Sudafrica significa che i container caricati saranno occupati per un periodo più lungo, e questo potrebbe portare ad una mancanza di capacità di container disponibile sul mercato (almeno nel breve termine).
La difficile situazione attuale è determinata da tendenze geopolitiche, interessi economici e interventi militari. È quindi difficile prevedere come cambierà la situazione del trasporto marittimo nel prossimo futuro. Il Settore Navigazione di SPEDLOGSWISS continua a monitorare e valutare attentamente la situazione. Informeremo nuovamente i nostri soci in questo modo, in caso di nuovi sviluppi significativi.


Cordiali saluti
SPEDLOGSWISS
Associazione svizzera delle imprese di spedizione e logistica
Thomas Schwarzenbach
In nome del presidente del settore Navigazione

Elisabethenstrasse 44 – CH-4002 Basel +61 205 98 00 – www.spedlogswiss.com

CBAM: relazione trimestrale e aggiornamento FAQ

La Commissione europea ha pubblicato un aggiornamento delle FAQ e i valori predefiniti che possono essere utilizzati nella prima relazione trimestrale CBAM, da presentare entro il 31 gennaio 2024.

Dal 1° ottobre l’UE ha introdotto un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (il cosiddetto CBAM) che tocca gli operatori economici che importano nell’UE prodotti provenienti da Paesi terzi e identificati tramite le seguenti voci di tariffa doganali:

  • cemento: 2507.0080, 2523.1000, 2523.2100, 2523.2900, 2523.3000, 2523.9000
  • energia elettrica: 2716.0000
  • concimi: 2808.0000, 2814, 2834.2100, 3102, 3105 (esclusi 3105.6000)
  • ghisa, ferro e acciaio: 2601.1200, 72 (diverse eccezioni previste), 7301-7302, 7303.00, 7304-7308, 7309.00, 7310, 7311.00, 7318,7326
  • alluminio: 7601, 7603-7608, 7609.0000, 7610, 7611.0000, 7612, 7613.0000, 7614, 7616
  • idrogeno: 2804.10000.

In una prima fase transitoria (1° ottobre 2023-31 dicembre 2025), vi è l’obbligo di invio di una relazione trimestrale con alcune informazioni sulle merci CBAM importate (vedasi paragrafo successivo). L’obbligo di comunicazione ricade sull’importatore stabilito nell’UE (chi presenta la dichiarazione in doganale di immissione in libera pratica nell’UE) o su un rappresentante doganale indiretto che abbia accettato di assumersi questo compito. Per un importatore extra-UE, tale obbligo ricade sul rappresentante doganale indiretto. La scadenza per l’invio della prima relazione trimestrale è il 31 gennaio 2024 (importazioni del trimestre ottobre-dicembre 2023).

L’importatore europeo o il rappresentante doganale indiretto devono possedere un numero EORI valido e si devono iscrivere al Registro transitorio CBAM (cfr. manuale della Commissione europea o, nel caso di un’iscrizione in Italia tramite l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’apposito manuale).

Durante il periodo transitorio, la dichiarazione CBAM deve riportare le seguenti informazioni sui beni CBAM importati:

  • la quantità totale di ogni tipo di bene CBAM importato, espressa in MWh per l’elettricità e in tonnellate per le altre merci specificata per ogni impianto che produce tali beni nel Paese di origine;
  • le emissioni effettive di CO2 e incorporate derivanti dalla produzione dei beni; il metodo di calcolo si trova nell’Allegato IV del Regolamento CBAM (2023/956) ed è ulteriormente delineato in un Regolamento di esecuzione per il periodo transitorio; nelle comunicazioni relative alle importazioni effettuate nel periodo 1° ottobre 2023-30 giugno 2024, se non sono disponibili dati effettivi sulle emissioni, possono essere utilizzati i valori predefiniti che la Commissione europea ha pubblicato il 22 dicembre 2023;
  • informazioni sul prezzo del carbonio eventualmente pagato per le emissioni incorporate in merci prodotte in un Paese terzo.

L’obbligo di comunicazione si applica anche per le merci vincolate al regime di perfezionamento attivo e successivamente immesse in libera pratica nell’UE come merci identiche o come prodotti trasformati (anche se tali prodotti trasformati non rientrano nell’ambito di applicazione del CBAM, le materie prime importate lo sono).

Il CBAM non si applica alle merci in transito o alle merci di basso valore (< 150 euro).

Per rispondere alle numerose domande degli operatori economici, la Commissione europea ha stilato un documento di FAQ che aggiorna costantemente (con informazioni anche sulle merci di seconda mano e sui resi). L’ultimo aggiornamento è stato effettuato a fine novembre e il documento può essere consultato qui in formato PDF.

La Cc-Ti ricorda che le merci di origine non preferenziale svizzera sono esentate dal CBAM. Le merci spedite dalla Svizzera nell’UE che non possono fregiarsi dell’origine non preferenziale svizzera sono invece assoggettate: fa infatti stato l’origine non preferenziale delle merci e non il Paese di spedizione.

Svizzera e Regno Unito: siglato il Berne Financial Services Agreement

È questo il nome dato all’accordo sul mutuo riconoscimento nel settore dei servizi finanziari che i due Paesi hanno firmato il 21 dicembre scorso e che mira a rendere possibile e ad agevolare l’attività transfrontaliera. Per entrare in vigore, l’accordo deve ora essere approvato dai Parlamenti di entrambi gli Stati.

È la prima volta che due piazze finanziarie internazionali riconoscono mutualmente l’equivalenza dei rispettivi regimi giuridici e prudenziali in un trattato internazionale vincolante. Le aree coperte dall’accordo sono: il settore delle banche, i servizi di investimento, le assicurazioni, la gestione patrimoniale e le infrastrutture del mercato finanziario per i clienti professionali. Si segnalano in particolare:

  • già oggi i fornitori britannici di servizi finanziari possono svolgere gran parte dell’attività transfrontaliera in Svizzera, soprattutto per i clienti professionali. Il nuovo accordo consente agli istituti finanziari svizzeri di fornire servizi finanziari (per via transfrontaliera o nell’ambito di impieghi temporanei in loco) a clienti privati britannici che dispongono di un patrimonio superiore a 2 milioni di sterline e a clienti professionali nel Regno Unito;
  • attualmente le imprese di assicurazione svizzere possono già esercitare un’ampia parte dell’attività transfrontaliera nel Regno Unito. Grazie al nuovo accordo, gli assicuratori britannici potranno effettuare in Svizzera operazioni a livello transfrontaliero in settori chiaramente definiti delle assicurazioni non vita;
  • per quanto riguarda il mercato nel settore della gestione degli investimenti, viene confermato lo status quo vigente e in particolare i rispettivi regimi concernenti la pubblicità e l’offerta di investimenti collettivi di capitale come pure la delegazione delle decisioni di investimento e la gestione del rischio dei portafogli.

Per entrare in vigore, l’accordo deve ora essere approvato dai Parlamenti di entrambi gli Stati. Al Consiglio federale il compito quindi di elaborare il relativo messaggio da sottoporre al Parlamento.

Link utili:

Scheda informativa della Segreteria di stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), dicembre 2023 (PDF, 191 kB)

Berne Financial Services Agreement – Agreement between Switzerland and the United Kingdom on mutual recognition in financial services (preprint) (PDF, 644 kB)

UE: 12° pacchetto di sanzioni contro la Russia

Il 18 dicembre 2023 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il 12° pacchetto di misure restrittive economiche e individuali nei confronti della Russia. La Svizzera è aggiunta all’elenco dei Paesi partner che applicano misure restrittive su ferro e acciaio.

Il pacchetto comprende, tra le altre, le seguenti misure:

  • Svizzera tra i Paesi partner
  • divieto di importazione, acquisto o trasferimento diretto o indiretto di diamanti, compresi i gioielli, dalla Russia
  • clausola “no Russia”
  • rafforzamento della cooperazione bilaterale e multilaterale con i Paesi terzi per impedire l’elusione delle sanzioni
  • restrizioni più severe alle esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso
  • applicazione del tetto al prezzo del petrolio
  • ulteriori restrizioni alle importazioni di beni che generano entrate significative per la Russia, quali ghisa, fili di rame e alluminio, tubi e lamine di alluminio
  • divieto di importazione di propano liquefatto.

Ferro e acciaio

La Svizzera è aggiunta all’elenco dei Paesi partner che applicano misure restrittive sulle importazioni di ferro e acciaio dalla Russia e misure di controllo delle importazioni sostanzialmente equivalenti a quelle dell’UE. Ciò significa anche che per i prodotti siderurgici importati nell’UE dalla Svizzera non è più necessario presentare una prova dell’origine non russa dei fattori produttivi utilizzati per la loro produzione. Dal canto suo, la Svizzera aveva già indicato nelle sue note interpretative delle sanzioni che non è richiesta alcuna prova in caso di importazione o trasporto dall’UE o dal Regno Unito di prodotti siderurgici o di reimportazioni di prodotti siderurgici che si trovano già in libera pratica in Svizzera.

Diamanti

L’UE impone un divieto di importazione, acquisto o trasferimento diretto o indiretto di diamanti dalla Russia. Nella fattispecie, il divieto si applica ai diamanti originari della Russia, ai diamanti esportati dalla Russia, ai diamanti che transitano in Russia e ai diamanti russi lavorati in Paesi terzi.

Il divieto diretto si applica ai diamanti naturali e sintetici non industriali e ai gioielli con diamanti, a partire dal 1° gennaio 2024. Inoltre, un divieto indiretto di importazione di diamanti russi lavorati (cioè tagliati e/o lucidati) in Paesi terzi, compresi i gioielli che incorporano diamanti originari della Russia, sarà introdotto progressivamente a partire dal 1° marzo 2024 e sarà completato entro il 1° settembre 2024.

Clausola “no Russia”

Agli esportatori europei è richiesto di vietare contrattualmente la riesportazione verso la Russia e la riesportazione per l’uso in Russia di beni e tecnologie particolarmente sensibili, in caso di vendita, fornitura, trasferimento o esportazione verso un Paese terzo, ad eccezione dei Paesi partner.

Controlli e restrizioni all’import-export

L’elenco dei prodotti soggetti a restrizioni che potrebbero contribuire al potenziamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia è stato ampliato e include ora prodotti chimici, batterie al litio, termostati, motori e servomotori a corrente continua per aeromobili senza equipaggio (droni), macchine utensili e parti di macchine o di apparecchi.

L’elenco delle entità che sostengono direttamente il complesso militare e industriale della Russia è stato ampliato a 29 nuove entità, soggette a restrizioni più severe sulle esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso, nonché di beni e tecnologie che potrebbero contribuire al potenziamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Alcune di queste 29 entità appartengono a Paesi terzi coinvolti nell’elusione delle restrizioni commerciali, oppure sono entità russe coinvolte nello sviluppo, nella produzione e nella fornitura di componenti elettronici per il complesso militare e industriale russo.

Sono state introdotte ulteriori restrizioni sulle importazioni di beni che generano entrate significative per la Russia, come ghise gregge e ghise specolari, fili di rame e fili, fogli e tubi di alluminio. È stato introdotto un nuovo divieto di importazione del propano liquefatto (GPL) con un periodo di transizione di 12 mesi.

Tetto sul prezzo del petrolio

Il Consiglio introduce un meccanismo rafforzato di condivisione delle informazioni e regole di trasparenza più severe per garantire che le vendite di petrolio rimangano entro la soglia stabilita e per meglio identificare navi ed entità che attuano pratiche ingannevoli, come i trasferimenti da nave a nave utilizzati per nascondere l’origine o la destinazione del carico e le manipolazioni dei sistemi di identificazione automatica (AIS), , durante il trasporto di petrolio greggio e prodotti petroliferi russi. Sono altresì introdotte norme di notifica per la vendita di navi cisterna a qualsiasi Paese terzo in particolare nel caso di navi di seconda mano.

Sanzioni individuali

È inserito nell’elenco un numero significativo di nuovi individui ed entità (anche di Paesi terzi).

Servizi

L’attuale divieto relativo alla fornitura di servizi è esteso alla fornitura di software per la gestione delle imprese e di software per la progettazione e la produzione industriale.

Link utili

Regolamento (UE) 2023/2878 del Consiglio, del 18 dicembre 2023, che modifica il regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (europa.eu)

Q&A twelfth package of restrictive measures against Russia (europa.eu)

Cerimonia consegna diplomi CAS CSR

Si è svolta mercoledì 6 dicembre 2023 la cerimonia di consegna dei diplomi del Certificate of Advanced Studies in Corporate Social Responsibility (CSR)

Il corso si poneva l’obiettivo di formare CSR manager in grado di definire la strategia di sostenibilità della propria organizzazione e di elaborare un rapporto di sostenibilità.

Ci complimentiamo con il nostro collaboratore, Sergio Trabattoni, ora CSR Manager e con tutti i neo-diplomati.

Stefano Rizzi, Direttore della Divisione economia del Dipartimento delle Finanze e dell’Economia ha ribadito il ruolo della sostenibilità nella competitività dei territori e l’impegno che ormai da anni viene profuso per la promozione del tema. Il contributo delle imprese allo sviluppo economico, sociale e ambientale del Cantone è essenziale e questi diplomati potranno essere dei preziosi ambasciatori per la diffusione della responsabilità sociale e della sostenibilità.

Tra le differenti attività sostenute o svolte direttamente dalla Cc-Ti ve ne sono alcune, forse meno conosciute, che rientrano nella sfera degli esercizi della “Corporate Social Responsibility – CSR” o “RSI – Responsabilità sociale delle imprese”. Si tratta dello sviluppo di progetti a carattere sociale, formativo o ambientale, disegnati per interagire tra i diversi settori.
La Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, ha sviluppato – con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) – un modello online di rapporto di sostenibilità, accessibile tramite questo link: www.ti-csrreport.ch (TUTORIAL).

La responsabilità sociale delle imprese è un elemento che, dal 2021, rientra anche nei bandi di concorso pubblici, con un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione.
L’ottenimento di una separata “Dichiarazione di conformità” (rilasciata dalla Cc-Ti) faciliterà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle autorità chiamate a valutare i dossier.
Questo strumento non rappresenta la condizione per partecipare agli appalti pubblici ma resta su base volontaria ed è sostenuta dal DFE e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche.


Cc-Ti e USI insieme per favorire nuove startup sul territorio e imprenditoria innovativa fra i giovani

È stato firmato un accordo quadro di collaborazione tra USI Startup Centre e Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti). Con questa firma si riconosce l’interesse reciproco e il potenziale di collaborazione nel promuovere il mondo startup sul territorio e l’imprenditoria innovativa fra i giovani.

Alla cerimonia di firma hanno partecipato in rappresentanza della Camera di commercio il Direttore Luca Albertoni e il Vice-Direttore Michele Merazzi e per l’USI la Rettrice Luisa Lambertini, il Prorettore per l’innovazione e le relazioni aziendali Luca Maria Gambardella, il Segretario generale Giovanni Zavaritt e il Direttore dell’USI Startup Centre Francesco Lurati.

Il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ha sottolineato l’importanza dell’accordo per la crescita economica del territorio: “In qualità di associazione mantello dell’economia ticinese, reputiamo estremamente importante la diffusione della cultura imprenditoriale e la nascita di nuove aziende che si spera un giorno diventino delle realtà aziendali consolidate necessarie alla crescita economica del nostro territorio. L’accordo è un ulteriore tassello importante nel contesto della rete cantonale dell’innovazione”.

La Rettrice dell’USI Luisa Lambertini ha evidenziato il valore di fare rete per aumentare l’impatto dell’Università sul territorio: “Il nostro USI Startup Centre sostiene lo sviluppo di nuove aziende che si basano sulla ricerca scientifica e promuove una cultura imprenditoriale nella comunità accademica. È importante completare questo impegno facendo rete con altre organizzazioni per aumentare l’impatto generato anche all’esterno del campus e nell’economia reale.


Riciclaggio delle batterie: chiudere il cerchio

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

L’Empa (uno dei 4 Istituti di ricerca dei Politecnici Federali – Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca) e Kyburz Switzerland AG sono alla ricerca di modi per riciclare le batterie agli ioni di litio esauste in modo efficiente e rispettoso delle risorse. Un impianto pilota appositamente sviluppato scompone le vecchie batterie nei loro componenti, in modo che i materiali possano essere recuperati nel modo più puro possibile.

Tutti conoscono il fenomeno del telefono cellulare o del computer portatile: con il passare del tempo, la capacità della batteria diminuisce, per cui è necessario prendere il cavo di ricarica sempre più spesso. Lo stesso vale per le batterie molto più grandi dei veicoli elettrici: sebbene i produttori di veicoli possano oggi garantire una durata di otto-dieci anni per le batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici, anch’esse dovranno essere riciclate prima o poi.

Nell’ambito di un progetto sostenuto dall’Ufficio federale dell’energia (UFE), il produttore svizzero di veicoli elettrici Kyburz Switzerland AG e l’Empa si sono posti l’obiettivo di riciclare le batterie dismesse dei veicoli elettrici. A tal fine, Kyburz, con il supporto dell’Empa, ha sviluppato un impianto di riciclaggio che scompone le vecchie batterie nei loro componenti.

Prima che una batteria finisca nell’impianto di riciclaggio, può avere una seconda, a volte addirittura una terza vita. Dopo il primo utilizzo negli scooter elettrici gialli a tre ruote che Kyburz produce per Swiss Post AG, può essere ancora utilizzata in veicoli di “seconda vita” alimentati da batterie già utilizzate. Se la capacità della batteria continua a diminuire, non è detto che questa sia la fine. Le batterie con capacità ridotta potrebbero, ad esempio, essere installate in applicazioni stazionarie per l’accumulo di energia solare. Questo concetto di “vita multipla” dovrebbe ridurre significativamente la domanda di materie prime primarie in futuro.

Separare con cura

Se la capacità della batteria non è più sufficiente per questo ulteriore utilizzo, viene infine inviata all’impianto di riciclaggio. “In questo tipo di batteria, il catodo, il separatore e l’anodo sono inseriti in un involucro di plastica in diversi strati”, spiega Andrin Büchel, ricercatore dell’Empa del Dipartimento “Tecnologia e società”. Srotolando abilmente il separatore, i catodi e gli anodi – lamine metalliche rivestite di particelle per immagazzinare ioni di litio – vengono smistati in due contenitori separati.

Il passo successivo è il recupero dei materiali dell’elettrodo. Il catodo, un foglio di alluminio rivestito con particelle di fosfato di ferro e litio, viene posto in un bagno d’acqua dove le particelle si staccano dal foglio e vengono recuperate sotto forma di polvere dopo essere state decantate e asciugate. Lo stesso procedimento viene seguito per l’anodo, che consiste in un foglio di rame rivestito di particelle di grafite. In questo caso, tuttavia, si produce una sospensione omogenea, rendendo necessario un ulteriore passaggio in una centrifuga per separare le particelle.

“Alla fine del processo di riciclaggio, recuperiamo l’involucro, il separatore, le lamine di alluminio e di rame e gli elettrodi suddivisi per tipo”, spiega Büchel. Questo tipo di processo di riciclaggio è chiamato riciclaggio diretto. “Nel riciclaggio diretto, la batteria viene smontata solo nella misura necessaria a preservare le proprietà funzionali dei materiali. Questo ci permette di ridurre al minimo il numero di passaggi necessari, anche per l’ulteriore lavorazione”, afferma Büchel.

Analizzare con precisione

Ma il lavoro non è ancora finito con il recupero dei materiali. Devono essere rigenerati prima di poter essere riutilizzati in una nuova batteria.
È proprio su questo che Büchel sta attualmente lavorando in diversi dipartimenti insieme al suo collega dell’Empa Edouard Quérel. Nel laboratorio di batterie del dipartimento “Materiali per la conversione energetica”, hanno già scoperto il meccanismo che sta alla base dell’invecchiamento del materiale catodico. “Il litio ferro fosfato ha una struttura cristallina che rilascia e riassorbe gli ioni di litio durante ogni ciclo di carica e scarica”, spiega Büchel. “Questa struttura rimane, ma la quantità di ioni di litio attivi diminuisce nel tempo”. Attualmente i ricercatori stanno lavorando per “rinfrescare” nuovamente il materiale del catodo aggiungendo selettivamente il litio.

L’obiettivo finale è costruire nuove batterie il più efficienti possibile a partire dal materiale riciclato e chiudere il ciclo.

Nei processi di riciclaggio convenzionali, le batterie vengono triturate e i materiali riciclabili vengono separati con processi termici e chimici a umido. Il riciclaggio diretto dovrebbe essere più efficiente dal punto di vista delle risorse, in quanto consuma meno energia e non utilizza sostanze chimiche. Tuttavia, il processo sviluppato da Kyburz e dall’Empa è attualmente adatto solo per la costruzione specifica e la chimica delle celle delle batterie utilizzate, tra l’altro, nei veicoli Kyburz. “Attualmente stiamo studiando se e come questo processo possa essere trasferito ad altri tipi di celle nell’ambito del progetto Innosuisse ‘Circu-BAT’, al quale partecipano, oltre a Kyburz, altre 23 aziende partner”, spiega Büchel.

Fonte: Empa – Dübendorf


Telelavoro tra Svizzera e Francia: finalmente una soluzione permanente

Il telelavoro parziale è entrato a far parte della vita lavorativa dopo la pandemia ed è ora una pratica diffusa. Tuttavia, la sua applicazione in un contesto transfrontaliero ha richiesto l’adozione di una normativa.

Fino alla pandemia, ogni giorno di telelavoro dalla Francia doveva essere tassato in Francia, il che comportava numerose complicazioni amministrative e legali.

Erano necessari due accordi per garantire che i pendolari transfrontalieri tra Ginevra (rappresentata dalla Svizzera) e la Francia potessero continuare a lavorare da casa. La componente fiscale è stata firmata dai due Paesi il 27 giugno 2023. Si tratta di un emendamento all’accordo bilaterale sulla doppia imposizione del 9 settembre 1966 che introduce la possibilità di un’aliquota del 40% per il telelavoro a tariffa piena. Il secondo accordo riguarda la sicurezza sociale e consente di mantenere l’affiliazione al sistema di sicurezza sociale del Paese del datore di lavoro fino a un’aliquota fiscale di telelavoro del 49,9%.

Per evitare la doppia imposizione, si applicherà il minimo comune denominatore: il telelavoro sarà quindi possibile senza conseguenze finanziarie fino a un massimo del 40% per le aziende e i dipendenti che lo desiderano.

Massimo 40% di telelavoro e 10 giorni di viaggio di lavoro all’estero

L’aliquota del 40% viene applicata in proporzione al tasso di attività. Questa percentuale è annualizzata e non deve essere superata, altrimenti ogni giorno supplementare sarà tassabile in Francia. L’accordo non prevede eccezioni, nemmeno per motivi medici. Inoltre, la clausola include una disposizione relativa agli incarichi temporanei all’estero. In linea di principio, tutti i viaggi d’affari transfrontalieri al di fuori della Svizzera sono imponibili in Francia. Durante i negoziati è stata ottenuta una tolleranza di dieci giorni. Un massimo di dieci giorni di viaggio di lavoro all’estero può essere trattato come telelavoro (art. 10 al. 3 dell’accordo). I datori di lavoro devono quindi assicurarsi che il numero totale di giorni di telelavoro e di viaggio all’estero non superi il 40% di una posizione a tempo pieno. Per 240 giorni lavorativi, è possibile un massimo di 96 giorni di telelavoro, ovvero 86 giorni + 10 giorni di viaggio.

Obblighi e rischi

I datori di lavoro devono essere in grado di certificare il tasso di telelavoro per contratto o per accordo di telelavoro. Queste informazioni saranno soggette allo scambio automatico di informazioni con la Francia. Una volta che una certa quantità di fatturato viene telelavorata in Francia, la legge francese considera che sia stata creata una filiale. Le aziende faranno quindi bene a valutare il rischio a cui sono esposte.

Si noti inoltre che la riscossione di imposte per uno Stato estero senza autorizzazione è un reato penale (art. 271 CP). I dipendenti dovranno vigilare sul loro status di quasi-residenti e dovranno compilare diligentemente le loro dichiarazioni dei redditi.

Entrata in vigore

L’accordo è soggetto a ratifica da parte dei parlamenti di entrambi i Paesi. Si prevede che l’accordo entrerà in vigore non prima del gennaio 2025.

Fonte: CCIG info, nr 9-ottobre 2023, traduzione ed adattamento Cc-Ti


Svizzera e Italia: telelavoro dei frontalieri e fiscalità

Svizzera e Italia in data 28 novembre 2023 hanno firmato due accordi amichevoli per concretizzare quanto sottoscritto nella recente Dichiarazione d’intenti sull’imposizione fiscale del telelavoro dei lavoratori frontalieri.
I due accordi si riferiscono a due periodi distinti e prevedono due regimi differenti.

Febbraio 2023-dicembre 2023

  • È consentita senza conseguenze fiscali per i dipendenti la modalità di telelavoro presso il proprio domicilio in Italia, fino a un massimo del 40% del tempo di lavoro;
  • Beneficiano di questa possibilità i lavoratori frontalieri ai sensi dell’Accordo del 3 ottobre 1974 (ossia residenti nella fascia di frontiera di 20 km). Tuttavia, dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 si applicherà ai soli lavoratori frontalieri che alla data del 31 marzo 2022 svolgevano la loro attività lavorativa in modalità di telelavoro.
  • Per domicilio s’intende la propria abitazione e non una struttura terza (es. filiale o succursale del datore di lavoro).

Da gennaio 2024

  • Il lavoratore frontaliere può svolgere al massimo il 25% della sua attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro.
  • Il 25% è calcolato su base annua.
  • Questa possibilità è consentita a tutti i frontalieri residenti in un Comune il cui territorio si trova nella zona di 20 km dal confine e ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio. I Comuni saranno specificatamente indicati dalle autorità fiscali in un’apposita lista.
  • Il telelavoro è consentito se svolto dal proprio domicilio, inteso come propria abitazione.

Attenzione

  • In Italia a livello assicurativo è consentito senza conseguenze previdenziali il telelavoro dei frontalieri per un massimo del 25%.
    La percentuale del 25% è, in generale, determinata in misura proporzionale al tempo di lavoro totale.
    Il calcolo è effettuato sulla base della situazione prevista per il periodo dei 12 mesi successivi.
  • I due accordi amichevoli si riferiscono esclusivamente alla fiscalità dei dipendenti, non delle aziende. Ciò significa che il fisco italiano, se le condizioni sono soddisfatte, potrebbe eventualmente constatare la presenza di una stabile organizzazione. Le condizioni della stabile organizzazione sono quelle riconosciute a livello internazionale (OCSE).
  • Si raccomanda vivamente di precisare esplicitamente nel contratto di lavoro quale sia il diritto del lavoro applicabile. In assenza di menzione del diritto del lavoro applicabile nel contratto, se una parte significativa del lavoro viene svolta all’estero, l’applicazione del diritto del lavoro svizzero può essere rimessa in questione.
  • Tuttavia, se il contratto di lavoro stabilisce che il diritto del lavoro applicabile è il diritto svizzero, allora questo sarà altresì applicato ai lavoratori frontalieri, anche in caso di telelavoro nello Stato di residenza.


Negate le indennità per lavoro ridotto nella gestione di aree di servizio a ridosso della frontiera

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Il Tribunale federale ha confermato il rifiuto di concedere le indennità per lavoro ridotto ad una società ticinese che gestisce alcune stazioni di servizio nella zona di frontiera, avvallando in tal modo quanto precedentemente deciso dalla Sezione cantonale del lavoro e dal medesimo Tribunale cantonale delle assicurazioni.

La richiesta delle indennità era stata motivata dall’assenza di clienti e dal calo del fatturato dovuti al taglio delle accise sui combustibili fossili, adottato dall’Italia in risposta all’importante aumento del prezzo del petrolio causato dal conflitto in Ucraina e dalle relative sanzioni nei confronti della Russia.

Ma qual ’è stato il ragionamento che ha condotto a tale decisione, tenuto conto che il massiccio calo della clientela è realmente avvenuto?
I giudici hanno innanzitutto stabilito che l’attività in oggetto consiste nella gestione di aree di servizio a ridosso della frontiera con l’Italia proprio per poter beneficiare della differenza di prezzo della benzina nei due Stati. Questa attività, secondo il Tribunale federale è pertanto fondata su tali differenze di prezzo, a loro volta determinate da decisioni politiche.

Tenuto conto dell’intenzionale esposizione a tali variazioni di prezzo da parte dell’azienda ticinese, si può ritenere che le misure politiche che vanno ad influenzare questo parametro siano incluse e considerate nella strategia della società e quindi anche nel normale rischio aziendale.

Ora, l’art. 33 della Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione esclude le indennità per lavoro ridotto se il calo dell’operatività è dovuta a circostanze rientranti nella sfera normale del rischio aziendale del datore di lavoro.
Per queste ragioni le richieste dell’azienda ticinese sono state respinte.

(Sentenza C_216/2023)