Lo Swiss Medtech Award 2023 va ad Abionic

Un test rapido diagnostico che può salvare la vita a milioni di persone.

Nel corso dello Swiss Medtech Day – tenutosi il 13.6.2023 –, il principale evento dell’industria della tecnologia medica svizzera con circa 800 partecipanti, l’azienda di Losanna Abionic, fondata nel 2010, è stata insignita dello Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000. Abionic si è specializzata nella produzione di test rapidi diagnostici, che possono essere utilizzati per analisi decentrate (point-of-care testing). Secondo l’opinione della giuria, la tecnologia ha il potenziale di rivoluzionare la diagnostica in vitro.

Allo Swiss Medtech Day di quest’anno hanno partecipato circa 800 rappresentanti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech, è molto soddisfatto di queste cifre da record. «Lo Swiss Medtech Day è la principale piattaforma di interconnessione del settore medtech ed è il palcoscenico perfetto per il conferimento dello Swiss Medtech Award. Quale pubblico potrebbe apprezzare meglio il contributo del team di vincitori? Tutti nella sala sanno quante conoscenze e quanto lavoro ci siano dietro a un’innovazione medtech».

Lo Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000 va quest’anno all’impresa di diagnostica point-of-care Abionic. Fondata nel 2010 dal Dr. Nicolas Durand e dal Dr. Iwan Märki come spin-off del Politecnico federale di Losanna (EPFL), l’azienda è stata premiata per la sua piattaforma diagnostica di test rapidi (abioSCOPE). L’aspetto rivoluzionario della tecnologia basata sulla nanotecnologia: in soli cinque minuti è possibile analizzare un campione di sangue, saliva o urina misurando oltre una dozzina di biomarcatori ed eventualmente, sulla base dei risultati del test, prendere una decisione clinica. L’apparecchio maneggevole e pratico viene utilizzato nel luogo di erogazione del servizio, presso il letto del paziente, in farmacia, nel luogo dell’incidente o in ambulanza. «Il tempo risparmiato può salvare vite umane. In caso di sepsi ogni ora è importante», spiega Andi Vonlanthen di Sonova, rappresentante della giuria. La sepsi, in gergo comune avvelenamento del sangue, è una delle cause di decesso più diffuse al mondo. È una risposta errata del corpo a un’infezione, nel corso della quale il sistema immunitario non danneggia solo gli agenti patogeni, ma anche i propri organi. Una diagnosi rapida e sicura è fondamentale, poiché ogni ora che passa prima che vengano somministrati gli antibiotici aumenta il rischio di morte dell’otto percento. Con il test rapido di Abionic nel campione di sangue viene analizzata la proteina del calcolo pancreatico, un biomarcatore prodotto dal pancreas come reazione di una sepsi.

«Abionic sorprende anche dal punto di vista imprenditoriale. In soli dieci anni i fondatori sono riusciti a espandere la propria azienda con i test rapidi per l’assistenza sanitaria primaria e acuta. Il loro team è riuscito a riunire in modo impressionante talenti provenienti da un’ampia gamma di settori scientifici e tecnici, oltre che da questioni cliniche, normative e commerciali», spiega Andi Vonlanthen. Il Dr. Nicolas Durand, CEO di Abionic, ritira lo Swiss Medtech Award con grande entusiasmo a nome del suo team. Dalla fondazione dell’impresa sono cambiate molte cose, ma l’ambizione è rimasta immutata. «Ci siamo dati il compito di rivoluzionare la diagnostica in vitro, di migliorare sensibilmente con i nostri test rapidi l’assistenza ai pazienti e di salvare vite umane. Lo Swiss Medtech Award è l’ulteriore conferma che siamo sulla strada giusta», spiega il vincitore. 

Tra i vari candidati per lo Swiss Medtech Award 2023 era presente anche Genny Factory SA di Sant’Antonino, un’azienda facente parte del gruppo Wullschleger e associata a SwissMedtech Ticino. Il Direttore dell’azienda, Signor Paolo Badano, è uno dei membri del Comitato di Swiss MedTech Ticino.
Per ulteriori informazioni, invitiamo a visitare i siti web https://swiss-medtech.ch/it/swiss-medtech-ticino e www.gennymobility.com.

Sullo Swiss Medtech Award e lo Swiss Medtech Day

Nel 2018 Swiss Medtech ha creato lo Swiss Medtech Award. Il premio di 75’000 franchi – sponsorizzato dalla Fondazione Lichtsteiner, dal Gruppo Sonova, dal Gruppo Straumann e da Ypsomed – è un riconoscimento delle prestazioni eccellenti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Presieduta dal prof. Mirko Meboldt, ETH, Politecnico federale di Zurigo, la giuria esprime una valutazione sulla base dei seguenti criteri: «benefici per i pazienti», «contributo al miglioramento dell’assistenza sanitaria» e «spirito pionieristico tecnologico». Il team di vincitori sarà reso noto durante lo Swiss Medtech Day. I partner del grande evento sono Innosuisse, l’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, e konplan systemhaus ag. Gli sponsor principali dello Swiss Medtech Day sono be-advanced SADeloitteHelbling Technik e Zühlke

Dieci domande e risposte sulle auto elettriche

Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

Ci sono molti pregiudizi nelle discussioni sulle auto elettriche. Dieci domande che gli interessati all’acquisto di una BEV (Battery Electric Vehicle) sottopongono spesso ai venditori d’auto con le relative risposte che ricevono.

Perché sempre più fabbricanti d’auto concentrano la produzione solo su automobili a trazione elettrica?

Le auto elettriche sono più efficienti: qualsiasi sia la fonte di produzione dell’elettricità, queste la sfruttano in modo più efficiente. Durante l’uso su strada non generano emissioni nocive migliorando così il bilancio del carbonio e contribuiscono a rispettare i limiti di legge in materia di produzione di CO2. Nei diversi studi condotti, viene messo in dubbio che considerando la produzione delle batterie e la produzione di energia elettrica tramite centrali a carbone, sull’arco di tutta la vita dell’automobile questa sia effettivamente più ecologica di un’automobile con motore a combustione. Tuttavia, considerando il mix di produzione dell’elettricità più verde come quello del nostro paese, risultano senza dubbio più ecosostenibili.

Si sente sempre più parlare di possibili, o meglio probabili, blackout elettrici. Le auto a trazione elettrica contribuiscono a peggiorare la situazione?

È molto improbabile. Secondo l’Ufficio federale dell’energia (UFE), nel 2021 in Svizzera, il fabbisogno di energia elettrica per le auto elettriche corrispondeva unicamente allo 0,4% del fabbisogno complessivo nazionale. Considerando scenari futuri, con incrementi del consumo di elettricità per la mobilità elettrica di oltre un terzo, ipotizzando cioè che tutte le auto saranno elettriche, secondo i fornitori di energia svizzeri il fabbisogno globale di elettricità aumenterebbe unicamente del 10-20%.

Le auto elettriche sono maggiormente soggette al rischio d’incendio?

Assolutamente no. Purtroppo, alcuni media denunciano che le auto elettriche bruciano con maggiore frequenza rispetto alle auto tradizionali. Questa affermazione non è corretta, anzi possiamo tranquillamente affermare, in base a diversi studi, che questo succede assai raramente. Una cosa è invece corretta: l’incendio di un’auto elettrica, in particolare della batteria, è più difficile da domare. Un altro mito da sfatare è quello delle esplosioni di batterie in stile Hollywoodiano, pura fantascienza.

Se dovessi trovarmi con la mia auto elettrica in un ingorgo per diverso tempo utilizzando il riscaldamento dell’abitacolo, rischio di rimanere con la batteria completamente scarica?

No. In inverno, un’auto elettrica ferma in colonna consuma da 0,5 a 3,0 kWh per il riscaldamento, un’auto con motore a combustione da 0,5 a 1,5 litri all’ora di carburante. Un’auto con motore a combustione potrebbe quindi riscaldare per 20-60 ore considerando un serbatoio da 60 litri pieno a metà. Un’auto elettrica per 10-60 ore (vale a dire più o meno lo stesso periodo di tempo) con una batteria da 60 kWh carica a metà.

L’autonomia e la disponibilità di colonnine di ricarica non sono sufficienti?

Istintivamente verrebbe da dire di no, obiettivamente invece assolutamente sì. L’autonomia cresce costantemente in maniera positiva: oggi vanta tra i 300 e i 500 chilometri, a volte anche di più. Consideriamo comunque che in Svizzera la percorrenza media giornaliera è di 32 chilometri, quindi nettamente inferiore all’autonomia consentita. Per quello che riguarda le stazioni di ricarica oggi se ne contano ben 7’000 in Svizzera delle quali 600 sono a carica rapida. Comunque, la rete di ricarica va ampliata ulteriormente ed è quanto si sta facendo.

Quali sono i costi di gestione di un’auto elettrica?

Questi dipendono essenzialmente dalla fonte di approvvigionamento dell’energia elettrica per la ricarica e dalla tariffa di acquisto della stessa oggi e in futuro con i probabili aumenti di costo che si prospettano. Anche la scelta di caricare le batterie durante il giorno con la tariffa più alta o durante la notte con la tariffa più bassa e la fonte di provenienza della stessa mista o verde, hanno un’influenza sui costi. Attualmente la ricarica notturna a casa costa da tre a sei franchi per una percorrenza di 100 chilometri, questo considerando anche le perdite in fase di ricarica. Usufruendo di stazioni di ricarica rapida a corrente continua, una ricarica per la stessa percorrenza può costare quanto un pieno di benzina. Per compensare poi il costo superiore di un’auto elettrica rispetto a un’auto a benzina, è necessario ammortizzarlo con l’utilizzo su più anni. Oggi giorno però alcuni modelli di auto elettrica sono già più a buon mercato di modelli analoghi con potenti motore a combustione. In questo caso i costi “supplementari” della mobilità elettrica risultano notevolmente inferiori.

Le materie prime necessarie per la fabbricazione delle batterie sono scarse (terre rare) e a volte la loro estrazione avviene in condizioni disumane, è vero?

Contrariamente a quanto si crede, le terre rare non sono né così rare né indispensabili per la fabbricazione di una batteria. Nei motori elettrici queste sono effettivamente presenti, ma si cerca sempre più di sostituirle con altri materiali. Il litio, è vero, rischia di scarseggiare perché è difficile da estrarre. In questo caso l’UE, entro il 2030, punta compensare il 30% di quello estratto con il riciclo dalle batterie esauste. In molti Paesi, compreso il nostro, sono in fase di sperimentazione impianti pilota per il riciclo delle batterie per l’autotrazione.

Purtroppo, invece, il cobalto, ad esempio, che proviene dal Congo presenta una situazione socialmente delicata. Questo nonostante l’importante lavoro profuso per delle catene di approvvigionamento “sostenibili”. È anche probabile che la situazione rimanga complicata anche in futuro.

Quanto costa una wall-box (stazione di ricarica) per la ricarica domestica di auto elettriche?

Se per le auto ibride plug-in (auto ibride con possibilità di ricarica della batteria tramite presa di corrente) è possibile, in caso di necessità, utilizzare una presa domestica, per le auto totalmente elettriche è indispensabile avere a disposizione una wall-box montata a parete e collegata tramite un impianto elettrico specifico. Questo a causa dei consumi elevati di corrente, prolungati nel tempo e della potenza richiesta maggiore (protezione antincendio). Queste installazioni non sono sempre possibili per gli inquilini di un condominio che non ricevono il permesso da parte dei proprietari degli immobili di modificare l’impianto elettrico dello stabile. Le case automobilistiche, i fornitori di energia elettrica e altri operatori del settore, offrono diversi generi di wall-box con costi che variano da alcune centinaia fino a poche migliaia di franchi. A questi vanno poi aggiunti i costi di installazione, che possono variare a seconda delle modifiche necessarie all’impianto elettrico di casa, da 1’500 a 3.500 franchi.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle auto elettriche che normalmente non vengono considerati?

L’assenza del cambio marcia e di rumore del motore, la notevole coppia motrice che spinge fin da subito in maniera importante e decisa, fanno sì che le auto elettriche siano più fluide, silenziose e veloci. Per queste auto poi, in estate o in inverno, l’abitacolo può essere raffreddato o riscaldato a distanza e preventivamente con l’ausilio di un’app installata sul proprio cellulare. Per contro, un punto a sfavore delle auto elettriche è che in inverno, a causa dell’utilizzo del riscaldamento e delle basse temperature esterne l’autonomia effettiva diminuisce di circa il 15-35%. Questa situazione tende però a migliorare con i miglioramenti tecnologici.

Devo preoccuparmi che la tendenza verso una mobilità totalmente elettrica possa invertirsi?

La probabilità è assai remota. La benzina, il gasolio e il gas rimarranno probabilmente preponderanti più a lungo del previsto a causa dell’evoluzione della situazione energetica, ma i carburanti sintetici (e-fuel) potrebbero essere la via da seguire per rendere il parco veicoli circolante più rispettoso dell’ambiente. Ci sarà poi anche l’idrogeno. In ogni caso, nei prossimi anni la maggior parte delle nuove auto immatricolate sarà alimentata ad energia elettrica con batteria. Questo anche perché i legislatori e le case automobilistiche europee guardano al 2035.




Evoluzioni elettrizzanti

di Michele Merazzi, Vicedirettore Cc-Ti

Un altro esempio interessante di nuove figure professionali è costituito dall’informatico degli edifici sul quale si sofferma Michele Merazzi, Vicedirettore della Cc-Ti e Segretario di EIT.ticino. Rispetto all’esempio precedente è piuttosto un’evoluzione di formazioni già consolidate.

Da dove trae origine questa formazione?

Questa nuova formazione parte dall’idea di sviluppare la professione precedente di telematico, di ampliarne gli ambiti e di avere 3 rami distinti negli ambiti multimedia, pianificazione e automazione. È emersa dunque la necessità di avere una nuova figura professionale che fosse in grado di coordinare e installare sistemi domotici, di comunicazione e multimediali (sistemi DCM). L’informatico di edificio con AFC (Attestato federale di capacità) ha pertanto un ruolo imprescindibile nel processo di digitalizzazione degli edifici e conseguentemente anche nella transizione energetica. Questo poiché contribuiscono a trasformare case e immobili in strutture smart home, permettendo una migliore efficienza energetica e una connessione ottimale fra le sempre più numerose tecnologie presenti negli edifici. Finestre o tendoni che si chiudono autonomamente quando piove o sistemi di riscaldamento e raffrescamento intelligenti che si attivano solo al momento opportuno sono solo due fra gli esempi più semplici di queste attività.

A chi si rivolge (requisiti), come è strutturata ?

L’informatico d’edificio AFC si rivolge a dei giovani interessati alle nuove tecnologie e che vogliono essere parte attiva della transizione energetica e dello sviluppo tecnologico legato alla vita di tutti i giorni. Le competenze che verranno poi apprese si basano su ampie conoscenze della tecnica di rete e nel settore della sicurezza informatica. I tre indirizzi professionali ruotano attorno a questo know-how e permettono di specializzarsi in progettazione, domotica o comunicazione e multimedia. La formazione si svolge tramite una durata di 4 anni con la classica modalità dei percorsi di apprendistato, dunque con una parte scolastica e un’altra presso il datore di lavoro con cui è stato sottoscritto il contratto di tirocinio.

Prospettive di mercato?

Gli edifici, sia quelli di natura abitativa che quelli legati ai luoghi di lavoro o ai servizi, diventeranno sempre più automatizzati e interconnessi.
Per queste ragioni il mercato del la-voro richiederà sempre più competenze specifiche in questo ambito visto il rapido sviluppo tecnologico e le richieste da parte della popolazione : pensiamo ad esempio ai sistemi di monitoraggio per le persone sole o anziane che grazie a questi riescono a lanciare un allarme in caso di bisogno. L’introduzione di queste tecnologie consente dunque una migliore qualità di vita delle persone.
Gli sviluppi formativi e di carriera degli informatici di edifici sono molteplici e possono spaziare in diverse direzioni, tra cui ad esempio la maturità professionale che consente poi l’accesso alle scuole universitarie professionali.

Possibile dare qualche numero sulle aziende interessate ?

Questa formazione è davvero recente e pertanto non sono ancora molte le aziende che hanno attivato questo segmento in tempi rapidi in modo da poter seguire con la giusta attenzione i ragazzi e le ragazze che intraprendono questo percorso formativo. Fortunatamente in Ticino vi sono già alcune aziende che operano nel settore offrendo questo apprendistato e il trend a livello nazionale è in costante crescita. Siamo dunque fiduciosi che questo apprendistato e i relativi sbocchi professionali saranno viepiù attrattivi anche nel nostro Cantone. L’associazione di categoria di riferimento è EIT.ticino e per qualsiasi richiesta di informazione supplementare siamo sempre volentieri a disposizione.

La tecnologia è competenza

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Da tempo stiamo seguendo la tematica della carenza di manodopera ormai lamentata in quasi tutti i settori economici. Più volte ci siamo soffermati sulle trasformazioni del mondo del lavoro e di come si possa tenerne conto in ambito formativo, ritenuto che la formazione non può essere la sola risposta alle difficoltà di reclutamento di manodopera qualificata, ma può senz’altro contribuire a mitigare in parte il problema. I tempi della scuola sono ovviamente più lunghi di quelli dell’economia, in costante e sempre più rapida evoluzione. Ma se la politica, le Autorità, la scuola e le aziende riescono a trovare un minimo comune denominatore per compattarsi su talune scelte e orientamenti, i risultati possono essere interessanti.

La trasformazione digitale come simbolo

È molto difficile affrontare il tema dei nuovi corsi formativi e delle nuove professioni limitandosi a qualche singolo esempio, senza citarne tanti, visto che tutti i settori, con sfumature diverse, si impegnano nella formazione e ne fanno un elemento strategico.
È utile fare riferimento alla trasformazione digitale, che ogni giorno abbiamo imparato a conoscere meglio, ci accompagna e, certamente, ci accompagnerà assumendo il ruolo di simbolo degli sviluppi nella realtà del mondo del lavoro ed è abbastanza trasversale a un grande numero di settori economici.
Non a caso in una delle precedenti edizioni di questa pubblicazione avevamo ad esempio fatto riferimento a nuove figure professionali che emergeranno parallelamente allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Riferirsi pertanto al mondo dell’ICT, cioè delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, può essere considerato un esempio di ampio respiro e sufficientemente rappresentativo di alcune nuove competenze che sono richieste dall’economia. Nella tabella pubblicata si possono vedere le professioni legate all’ICT, alcune note e forse considerate scontate, come quella dell’informatico, mentre altre ancora «inedite».
Nel presente testo ne vedremo due, una che segue il solco dell’evoluzione digitale nell’ambito delle professioni legate al settore dell’elettricità, come spiega il vicedirettore della Cc-Ti Michele Merazzi. L’altra è invece una figura totalmente nuova, sempre legata all’evoluzione digitale, ma con un mix di competenze quasi inedito per i percorsi formativi classici.

Competenze trasversali e approccio «bottom-up»

In un numero crescente di settori cresce la domanda di figure che abbiano competenze interdisciplinari o trasversali. Gli specialisti restano ovviamente un pilastro fondamentale di ogni attività, ma, prendendo il caso del settore dell’ICT, l’informatico «classico» copre solo una parte delle esigenze aziendali. Come emerso da un lavoro di analisi svolto durante parecchi mesi dall’associazione svizzera ICT formazione professionale (l’antenna ticinese ICT formazione professionale della Svizzera italiana è legata alla Cc-Ti), aziende e rappresentanti del mondo scolastico hanno fatto emergere con chiarezza che occorrono collaboratrici e collaboratori con appunto competenze trasversali. In sostanza, le conoscenze tecniche vanno accompagnate da una buona preparazione di gestione aziendale.
Nello specifico, non si tratta di sostituire l’informatico, anzi. Bensì di affiancarlo e completarlo con una figura professionale per certi versi affine, ma diversa. Di qui l’idea di dare vita a un programma per formare sviluppatrici/sviluppatori business digitale con un Attestato federale di capacità, valorizzando in particolare la formazione duale, particolarmente importante anche nel settore dell’ICT. È impor-tante sottolineare che questa nuova proposta formativa, inserita dalla Confederazione fra le 44 professioni nuove o da aggiornare, è frutto di un approccio «bottom-up». Sono sostanzialmente stati ripresi i suggerimenti degli operatori economici privati e pubblici, evitando quindi scientemente l’inutile impostazione velleitaria di studiare astratte varianti teoriche a tavolino, che si sono già più volte rivelate non utilizzabili nella pratica.

Tecnologia e gestione aziendale

Come detto, la novità sta appunto nel fatto di aver individuato una formazione che combina la tecnologia e la gestione aziendale, il lavoro su progetti trasversali e a stretto contatto con gli specialisti. Per intendersi, una figura che non sostituisce l’informatico, ma ne capisce il linguaggio, lo interpreta e lo applica ad esempio ai processi aziendali e all’analisi dei dati, interfacciandosi con i clienti. Meno conoscenze tecniche specialistiche, ma forti doti di logica e astrazione per analizzare i problemi e i dati, cercare idee, sviluppare soluzioni e pianificarne l’attuazione.
Con una buona dose di creatività e capacità di lavorare in team e coordinare gli specialisti. Passando per il marketing e la comunicazione e il contatto con la clientela. Un obiettivo ambizioso ma assolutamente legittimo cercare di dare spazio a collaboratrici e collaboratori di questo tipo, sempre più essenziali nella vita quotidiana di moltissime aziende.

Opportunità anche in Ticino

A livello ticinese, grazie alla collaborazione fra Cc-Ti, ICT formazione professionale della Svizzera italiana, Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (in particolare la Divisione della formazione professionale), Centro professionale commerciale di Locarno e Scuola universitaria federale per la formazione professionale, vi è stato un primo incontro con aziende pubbliche e private per verificare il potenziale interesse delle imprese verso questo genere di formazione. Allo scopo di verificare anche la possibilità concreta di creare posti di apprendistato, visto che la formazione in questione prevede un primo anno di scuola a tempo pieno e poi i canonici tre anni di apprendistato con scuola e formazione in azienda.
L’interesse che ne è emerso è forte, proprio perché allo stato attuale delle cose determinate competenze trasversali si acquisiscono «solo» sul campo, dopo anni di lavoro. Poter contare su una formazione di base che già trasmette questo approccio più ampio e trasversale di competenze tecniche e gestione aziendale è considerato un vantaggio notevole. I campi di applicazione di una simile formazione hanno del resto uno spettro abbastanza ampio, perché possono essere utili per tutte le aziende, visto il contributo che possono dare alla costante ricerca di innovazione, ottimizzazione dei processi e implementazione di soluzioni digitali. Si pensa in primis ovviamente ad aziende a forte impronta tecnologica, ma in realtà si possono ipotizzare aziende di consulenza e di e-commerce e retail, passando per il settore bancario e finanziario, per arrivare a quello sanitario. Ma, parlando di processi aziendali, gestione dei dati ecc., le applicazioni possono essere molto interessanti non solo nel settore dei servizi ma anche in quello secondario. Un esempio potrebbe essere la necessità di sviluppare un software per la gestione di un magazzino. Lo sviluppatore business digitale analizza i requisiti, discute con gli specialisti e decide come procedere, acquisendo ad esempio un prodotto e adattandolo alle esigenze, mettendolo in produzione, analizzando i dati e formando gli utenti. Interfacciandosi con i dipartimenti specialistici della produzione, della gestione della qualità, dell’informatica, delle finanze, del controlling ecc.

Percorso e informazioni

Riteniamo si tratti di un esempio illuminante di come si potrebbero creare nuove competenze anche in Ticino, rafforzando il tessuto economico e dando nuovi sbocchi professionali a molti giovani. L’obiettivo è di iniziare la formazione nel prossimo mese di settembre 2023. Come detto si tratta di 4 anni di formazione, il 1. anno è scuola a tempo pieno, vi sono 35 giornate di corsi interaziendali, dal 2. anno la formazione in azienda è alternata alla scuola a tali corsi interaziendali.
Maggiori informazioni possono essere ottenute presso la Sezione della formazione industriale, agraria, artigianale e artistica del cantone, allo 091 815 31 30 o all’indirizzo di posta elettronica decs-sefia@ti.ch, oppure contattando la Cc-Ti.

al LAC, l’innovazione è il motore della nostra economia

Marzo 2023: Primo evento del Gruppo Corriere del Ticino, in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, dedicato all’innovazione con la presentazione di casi concreti applicati.

Oltre 120 ospiti hanno assistito al primo evento organizzato dal Gruppo Corriere del Ticino in collaborazione con la Camera di Commercio del Canton Ticino con focus su esempi concreti di innovazione aziendale. Luca Albertoni attraverso una serie di domande mirate ai relatori, ha condotto il pubblico ad approfondire quali sono le principali sfide nella reale innovazione per le aziende. Molte volte si pensa che essere innovativi significhi progettare nuovi prodotti «spettacolari», ma in realtà nella quotidianità per le aziende innovare significa ben altro.

Nel corso della serata abbiamo potuto scoprire le sfide che la Tenconi deve affrontare quotidianamente grazie a Radovan Grebic, il quale ci ha illustrato la loro filosofia aziendale che grazie a un approccio innovativo alla gestione della produzione ha permesso di renderli anche molto più sostenibili da un punto di vista energetico. Ieri sera abbiamo potuto constatare che nell’economia reale è molto più importante innovare i processi, in modo che possano permettere di migliorare tutta la gestione aziendale che soprattutto dopo il periodo pandemico, ha visto arrivare un alto numero di sfide estremante importanti per il futuro di tutte le aziende in modo trasversale.

Anche Giuseppe Perale di IBI SA e Fabio Rezzonico di Swiss Medical Network, hanno illustrato la loro visione e le loro principali difficoltà nell’introdurre nuovi modelli nelle proprie aziende. Perale ha spiegato molto bene che ad oggi, innovare in campo medtech è molto difficile in quanto la burocrazia è un elemento che impedisce o restringe di molto il campo d’azione. Fabio Rezzonico ha illustrato un nuovo modello per combattere gli aumenti dei premi di cassa malati grazie a un sistema incentivante focalizzato sulla salute del paziente più che sulla cura della malattia.

Marco Zaffalon ha spiegato in modo molto chiaro i principali temi legati all’intelligenza artificiale, di quanto sta aiutando a innovare e migliorare molti settori economici, spiegando bene quali sono le principali incognite e punti di forza di una tecnologia estremamente disruptive senza dimenticare il dibattito creato dall’arrivo di chatGPT nel modo accademico, formativo e economico.

LINK all’evento:
https://www.cdt.ch/news/economia/linnovazione-e-il-motore-della-nostra-economia-311153?naxos-preview=true


Scoprire i prossimi eventi:
https://eventi.cdt.ch/

Centrare la formazione

Carenza di manodopera e ruolo della formazione

Il tema della carenza di manodopera, soprattutto qualificata, è ormai di dominio pubblico e lamentato praticamente da tutti i settori. Va detto subito, a scanso dei soliti equivoci che vogliono il Ticino in ritardo su tutto, che si tratta di un problema generale, non solo can-tonale, ma nazionale e internazionale, che tocca moltissimi paesi. Questo va sottolineato in maniera chiara, altrimenti si rischia come spesso accade alle nostre latitudini, di discutere partendo da premesse errate.

Preoccupazione, ma per le aziende…

La carenza di manodopera sembra avere, paradossalmente, anche qualche effetto “positivo ”. In effetti, in un contesto di grandi tensioni internazionali (guerra, problemi energetici, materie prima rare e care, protezionismi dilaganti, supply chain fragili), attualmente nel barometro delle preoccupazioni della popolazione quella per l’impiego si posizionino in maniera quasi marginale. Ovviamente si tratta di un parametro che può cambiare abbastanza velocemente, ma tutto sommato in linea con quanto emerso dalla nostra annuale inchiesta congiunturale, dalla quale è emerso chiaramente che nelle intenzioni delle aziende ticinesi per il 2023 vi è un chiaro intento di mantenere l’effettivo di personale, malgrado le previsioni sull’andamento economico risultino meno buone rispetto al 2022. Un chiaro segnale dato al valore delle risorse umane. Pertanto, è certamente un caso che sul mercato del lavoro si stia rivalutando la posizione dei lavoratori più anziani (e magari già pensionati), come pure dei disoccupati di lunga durata, che riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro con maggiore facilità. Ciò spiega, almeno in parte, come la disoccupazione sia fortunatamente ai minimi storici in tutta la Svizzera, senza che vi sia stata un’esplosione (anzi) dei casi di assistenza, come taluni vogliono far credere quando le statistiche non confortano certi messaggi tendenziosi. Non è raro che attualmente le aziende si “rubino” il personale “di profilo ottimale”, mettendo così in difficoltà il sistema, che avrà sempre un per-dente, ben oltre il normale gioco della concorrenza .

Penuria improvvisa?

Resta aperta la questione di capire come mai vi sia “improvvisamente” questa penuria e dove siano finiti lavoratrici e lavoratori mancanti. Di primo acchito sembrerebbe che vi sia stata una profonda modifica strutturale nella fase post-pandemica. Possibile, ma è solo uno dei tanti aspetti da considerare. In realtà, la prima causa di diminuzione della manodopera disponibile è molto più “banale”: la maggior parte di coloro che sono “spariti” dal mercato del lavoro sono stati pensionati. Al netto di quelli che sono problemi strutturali noti in settori come ad esempio la sanità, la ristorazione e l’informatica, l’ondata di pensionamenti dei cosiddetti “baby-boomer ” (cioè i nati fra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni sessanta) è ormai una realtà importante e non ha ancora raggiunto l’apice. Si pagano dunque anche delle scelte politiche (pensiamo ai numeri chiusi che si continua ostinatamente a prevedere per formazioni di basilare importanza), che si accavallano con l’evoluzione demografica. Esco-no dal mercato molte più persone di quelle che vi entrano, anche tenendo conto dell’immigrazione. Vari studi condotti negli anni scorsi da Credit Suisse e UBS segnalavano del resto già l’imminente arrivo di situazioni di penuria di manodopera a causa di questo saldo negativo, che raggiunge le centinaia di migliaia di unità.

Quale evoluzione?

Difficile a oggi valutare l’evoluzione della situazione nel contesto di un possibile rallentamento della congiuntura, chiaramente temuto da molti operatori economici. I pensionamenti compenseranno un potenziale aumento della disoccupazione? Si può “auspicarlo”, ma nessuno può saperlo. Del resto, non in tutti i settori, basti pensare alla sanità, il personale è facilmente intercambiabile e nemmeno l’immigrazione, basta a coprire il fabbisogno di personale. Automazione, robotizzazione e, più in generale, digitalizzazione sono spesso citati come elementi alternativi, ma la loro evoluzione è meno lineare e più lenta di quanto spesso auspicato.

Rimediare con la formazione?

Un’ulteriore difficoltà del tema è rappresentata dalla difficile identificazione di tutti i risvolti del fenomeno. Tutti ne parlano, ma la cosa sembra rimanere astratta e anche le soluzioni ipotizzate sono più declamazioni di carattere generico, lanciate nella discussione sperando che qualcuno (sempre gli altri, di solito) trovi una soluzione. Per questo motivo, la Cc-Ti ha varato una sorta di monitoraggio costante e che sarà regolarmente aggiornato, lavorando a stretto contatto con associazioni ed esponenti delle varie categorie, per capire alcuni punti chiave: quanti e quali profili professionali mancano? Per quali motivi? L’attrattività delle professioni (remunerazione, possibilità di “fare carriera”, ecc.) oppure i limiti strutturali del nostro mercato (comunque di dimensioni ridotte e non paragonabili a grandi regioni come quella zurighese)? Vi è una formazione adeguata in Ticino? Se no perché? Vi sono i numeri per realizzarla? Tutti quesiti che meritano risposte più precise di quanto si è letto fino a oggi, anche perché, secondo il nostro tradizionale spirito propositivo, non ci limitiamo a rivendicare che lo Stato faccia qualcosa, ma vogliamo capire prima come il privato possa contribuire a trovare soluzioni al problema, con proposte concrete, cercando nello specifico la collaborazione con l’ente pubblico preposto alla formazione sulla base di indicazioni attendibili. Con informazioni sempre più attualizzate, sarà forse più semplice intervenire, laddove possibile, sia a livello di orientamento che di creazione di percorsi formativi adatti alla nostra realtà. Dai nostri primi rilevamenti emerge comunque un fatto chiaro, forse scontato, ma che va ribadito. Non vi sono soluzioni miracolose a breve termine. È piuttosto necessario un approccio sistemico che tenga conto di più fattori, perché le cause della carenza di manodopera in Ticino sono molteplici. Alcune meritano di essere già evidenziate, nell’attesa di ulteriori approfondimenti:

  • Scarsa conoscenza del settore, a torto considerato troppo duro o poco interessante
  • Scarso interesse verso l’apprendistato o verso interi settori
  • Settori che si promuovono troppo poco oppure su cui non vengono orientati i giovani
  • Ridotta competitività con alcune altre regioni svizzere, ma non sempre per le differenze salariali, ma soprattutto per le diverse dimensioni che offrono maggiori diversità di impiego e maggiore mobilità fra le aziende
  • Massa critica insufficiente per prevedere formazioni in Ticino
  • Riluttanza a seguire formazioni fuori dal Ticino
  • Ecc .

A ogni settore spetterà il compito di sviluppare i dettagli delle rispettive problematiche, ma appare già chiaro che il problema è molto complesso e va affrontato con grande capacità analitica e di differenziazione. Impresa non facile, visti i tempi che corrono e i messaggi ingannevoli che portano a credere che vi siano soluzioni facili, come chiudere le frontiere. Che equivarrebbe a un “suicidio”, basti vedere cosa sta capitando nel Regno Unito a seguito della Brexit.

Evento inaugurale Swiss Medtech Ticino

Una collaborazione tra Swiss Medtech e la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti).

Con l’avvio delle attività di Swiss Medtech Ticino – nel corso di un evento inaugurale che ha visto riuniti oggi, 29.11.2022, un centinaio di addetti ai lavori presso il Grand Hotel Villa Castagnola a Lugano – l’associazione di categoria nazionale Swiss Medtech intende consolidare la sua attività nella Svizzera italiana.
All’evento sono intervenuti anche Raffaele De Rosa, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità, e Cristina Maderni, Vicepresidente della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti).
La Cc-Ti eserciterà la direzione su mandato del segretariato nazionale e sarà supportata da un comitato costituito da figure rappresentative del settore industriale medicale ticinese.

Nel suo discorso introduttivo, Raffaele De Rosa, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità, ha sottolineato l’importanza del lancio di Swiss Medtech Ticino per il settore sanitario ticinese. Esso riunisce un’ampia gamma di competenze e know-how provenienti dal settore ospedaliero e sanitario e dall’industria della tecnologia medica, che si muovono tutti nella stessa direzione.
Cristina Maderni, Vicepresidente della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti), ha dato il benvenuto a Swiss Medtech nell’associazione delle associazioni professionali affiliate alla Cc-Ti.

Il Ticino ha molto da offrire, non solo come meta turistica con un’offerta culturale variegata. Grazie alla sua università e alla scuola universitaria professionale, un ambiente dinamico favorevole alle start-up e numerose aziende leader dal forte orientamento internazionale, il Cantone si posiziona sempre più come luogo di innovazione. Tra i settori economici con una crescita considerevole si annovera il comparto life science, che comprende anche le tecnologie medicali ed è fortemente orientato alle esportazioni. Negli ultimi dieci anni la creazione di valore per persona occupata nel settore life science è aumentata di circa il 17 percento, collocandosi quindi ben oltre la media svizzera.

Delle oltre 150 aziende medtech in Ticino solo una ventina sono affiliate all’associazione di categoria nazionale Swiss Medtech. Per rappresentare meglio gli interessi particolari e i punti di forza della Svizzera italiana all’interno dell’associazione mantello, le aziende del medtech ticinesi e Swiss Medtech vogliono collaborare ancora più strettamente.
E la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) rivestirà un ruolo centrale.

«Siamo davvero lieti di aver trovato nella Cc-Ti il partner ideale, che dispone dei contatti necessari con il mondo economico e politico, oltre che con le aziende del territorio, svolgendo un ruolo direzionale su mandato di Swiss Medtech», dichiara Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech.
Il segretariato sarà supportato da un comitato costituito da una decina di personalità del settore medtech ticinese, sotto la guida di Giuseppe Perale – che assume il ruolo di Presidente della Sezione ticinese – cofondatore di un’impresa hightech, che si dedica alla medicina rigenerativa.
«Il Ticino vanta ampie competenze medtech a livello universitario e industriale. Per contro, le imprese medtech ticinesi aderenti a Swiss Medtech possono farsi ascoltare meglio», Perale ne è certo.

Molteplici opportunità

La Scuola Manageriale della Cc-Ti è frequentata da professionisti con formazioni di base diverse fra loro e che rappresentano uno spaccato molto interessante del tessuto economico ticinese, notoriamente molto variegato. Abbiamo intervistato una partecipante dell’ultima edizione del corso “Specialista della gestione PMI”, Ilena Grasso.

Tutti i partecipanti (esponenti di piccole e grandi aziende, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi in particolare) della Scuola manageriale Cc-Ti hanno uno scopo comune, ossia integrare e migliorare le loro competenze, nell’ottica della gestione aziendale e di funzioni dirigenti. Il corso viene erogato seguendo dei contenuti tradizionali, ma applicati tenendo conto dei problemi di attualità.

Le lezioni permettono ai partecipanti di acquisire maggiori competenze che gli consentiranno di assumere nuove responsabilità in azienda, con soddisfazione personale e competenze diverse all’interno dell’ambito in cui operano. Il corso mira così a garantire competenze pragmatiche, strategiche e operative rispondendo al desiderio di acquisire una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione aziendale. Il percorso formativo in questione risponde alle direttive del regolamento d’esame federale e è completato da casi pratici.

Nell’intervista a Ilena Grasso vogliamo raccontare il suo percorso ed evidenziare come lo “Specialista della gestione PMI” si adatti a svariati ambiti.


Ilena Grasso

Signora Grasso, il suo percorso professionale è particolare, dopo un AFC quale informatica, è diventata – sempre con un AFC – assistente di farmacia. Ora frequenta il corso Cc-Ti per diventare “Specialista della gestione PMI”. Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad iscriversi alla Scuola Manageriale Cc-Ti?

Sostanzialmente terminato l’apprendistato in Informatica ed aver lavorato nell’ambito mi sono resa conto che la professione implicava svolgere mansioni sistematiche e con poca interazione con le persone, salvo confronti mirati per svariati progetti. Da qui sono stata portata ad una riqualifica quale assistente di farmacia, conclusa nel 2017. Per crescita professionale personale, ho optato in primis per la specializzazione di “Assistente aziendale di farmacia”. Tuttavia, il corso non ha avuto luogo in Ticino per svariati anni e una volta riproposto non ha raggiunto il numero minimo di iscrizioni per avviare il corso. Non appena ATAF ha proposto la possibilità di partecipare al corso “Specialista della gestione PMI” ho colto immediatamente l’opportunità. Una volta conosciuto il programma del corso sono stata entusiasta di poter trattare temi che potrebbero aiutare nella gestione di una farmacia.

Dopo 6 mesi di corsi circa, può tracciare un primo bilancio?

Il bilancio è sicuramente positivo, già dopo questi primi 6 mesi, posso affermare di aver applicato alcune nozioni acquisite pur avendo solo concluso due moduli del corso. Un altro aspetto interessante e non convenzionale è la composizione della classe. Formata da studenti di settori lavorativi differenti, ciò impone di trattare diversi casi di studio, permettendo di affrontare le lezioni senza la ridondanza focalizzata esclusivamente sull’ambito farmaceutico; ciò porta ad ampliare le proprie conoscenze culturali generali e stimolanti discussioni di confronto per le singole realtà.

In una farmacia le dinamiche d’interazione sono differenti rispetto ad un’azienda o al “lavoro d’ufficio”. Come applica quanto apprende sui banchi della Scuola Manageriale nel suo contesto lavorativo?

Da quanto appreso ad oggi, non riesco a riscontrare grosse differenze. A tutti gli effetti anche la farmacia è considerata un’azienda; chiaramente spesso e volentieri rispetto a una media impresa è composta da un effettivo minore. Tuttavia si è confrontati con gli stessi temi.
Dal mio punto di vista ritengo che questa formazione può giovare alle farmacie: anche un’assistente di farmacia può acquisire, ad esempio, nozioni commerciali che spesso e volentieri il titolare affida a terzi.
Questo mi sembra l’esempio più lampante ed è interessante sviluppare conoscenze nell’ambito gestionale per diventare una reale risorsa all’interno della farmacia e supportare il titolare.
Spontaneamente oggi mi viene naturale confrontare le nozioni apprese a scuola con il contesto lavorativo, per scorgere eventuali punti di miglioramento.

Consiglierebbe la Scuola Manageriale Cc-Ti ad altri professionisti?

Assolutamente sì. Le aziende contemporanee sono sempre più confrontate con la necessità di una nuova figura all’interno del proprio organico, per rivestire mansioni all’apparenza banali come social media manager o capi risorse umane e allestimenti, che richiedono impegno, creatività e tempo, essenziali al giorno d’oggi.

Per maggiori informazioni su questo percorso formativo, visitate il nostro sito web.

Cerimonia di consegna dei diplomi del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation

Si è svolta martedì 17 maggio la cerimonia di conferimento dei titoli del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation. Ticinomoda e SUPSI rinnovano l’accordo di collaborazione e proseguiranno insieme il proprio impegno per la formazione dei professionisti attivi nel settore moda in Ticino.

Assemblea annuale Ticinomoda del 17.5.2022. Nella foto i premiati del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation, con Marina Masoni, Presidente; Giorgio Delpiano, Vice Presidente; Alberto Riva, Segretario e ViceDirettore Cc-Ti ed Emanuele Carpanzano, Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza SUPSI. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi/copyright free

Si è svolta martedì 17 maggio presso l’hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano, in concomitanza con l’assemblea generale ordinaria di Ticinomoda, la cerimonia di consegna dei diplomi del Master of Advanced Studies in Fashion Innovation, percorso di formazione continua erogato da SUPSI e Ticinomoda con l’obiettivo di accrescere le competenze del personale attivo nel settore moda in Ticino.
Sono sette i diplomati che hanno terminato il percorso e conseguito il Master: Claudia Bianchi, Federica Bogni, Paola Frigerio, Moira Gambardella, Fabrizio Giacon, Patrizia Toniolo, Giulio Vismara.

Ai diversi moduli che compongono il percorso formativo (CAS – Certificati di studi avanzati) hanno partecipato oltre cinquanta professionisti attivi nel settore moda in Ticino.
Sviluppato congiuntamente da SUPSI e Ticinomoda, il Master è stato lanciato nel 2019 a seguito di un intenso e proficuo dialogo tra i partner e le aziende del settore moda. Un percorso biennale il cui obiettivo principale è quello di allineare le competenze dei professionisti alle esigenze di un settore dinamico e in continua evoluzione che richiede la capacità di gestire processi di innovazione sempre più dinamici con efficacia, cogliendo al meglio le opportunità derivanti dalle nuove tecnologie digitali. Il percorso di studi mira altresì ad offre una prospettiva interdisciplinare relativa alle sfide della innovazione sostenibile nel settore della moda.

Marina Masoni, Presidente di Ticinomoda, ha dichiarato: «La collaborazione con SUPSI ci permette di supportare le aziende nei percorsi di crescita e valorizzazione del proprio personale e dei giovani talenti per garantire le migliori prospettive del settore moda in Ticino».
Dal canto suo Emanuele Carpanzano, Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza SUPSI, ha spiegato: «È per noi importante la collaborazione diretta con le aziende e l’associazione di riferimento del settore moda in Ticino per sviluppare insieme percorsi efficaci di innovazione e trasferimento della conoscenza tramite progettualità ed iniziative congiunte volte a generare ricadute positive sul territorio».

La collaborazione tra Ticinomoda e SUPSI proseguirà anche in futuro: la rinnovata intesa tra i partner ha dato vita alla seconda edizione del Master il cui inizio è previsto nel mese di gennaio 2023 con un programma ulteriormente rinnovato in termini di contenuti e modalità dell’offerta formativa, al fine di accrescere ulteriormente il valore aggiunto e l’attrattività della proposta.

Altre info: Ticinomoda.chMaster of Advanced Studies in Fashion Innovation

in·no·va·zió·ne

L’innovazione esiste da sempre. Ogni periodo storico continua a perseguire la costante di essere più innovativo del precedente, indipendente dalla portata del suo apporto. È innovativo tutto ciò che si modifica con una chiara missione (non sempre in meglio).

Le aziende, e tra queste soprattutto le PMI, devono permanentemente adattare i suoi prodotti o servizi e crearne di nuovi per poter restare al meglio sul mercato. E questo ha, inevitabilmente, un impatto anche sulla struttura dell’azienda, che deve anche essere sempre modificata e adattata. La pandemia l’ha dimostrato chiaramente.

Quattro tipi di innovazione basilari

L’innovazione avviene in aree molto diversificate e in numerose modalità diverse. L’Oslo Innovation Handbook, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) aggiorna continuamente questi parametri, insieme all’Ufficio Statistico dell’UE (Eurostat), offrendo un buon orientamento. Parla di innovazione in termini di prodotto, processi, organizzazione e marketing. Secondo l’Handbook, i termini innovazione di prodotto e innovazione di processo esistono dagli anni ‘40. Termini come marketing e innovazione organizzativa, invece, si sono affermati solo una decina di anni fa. Ad essi si aggiungono alcuni termini che sono emersi con la crescente digitalizzazione.

Innovazione di prodotto

Poiché l’innovazione del prodotto è al centro di tutta l’attività economica, la maggior parte dei sottotipi si sviluppa in questo ambito. Il rinnovamento o l’invenzione di materiali, i servizi o processi tecnici è probabilmente la forma più conosciuta di innovazione. Il primo sottogruppo è formato da innovazioni radicali. Si tratta di nuove idee e invenzioni che creano nuovi mercati e, spesso, sono relativamente rischiose. A questo contesto appartiene la forma specifica di innovazione dirompente: un prodotto completamente
nuovo irrompe su mercati consolidati o addirittura li fa scomparire. Un esempio potrebbe essere l’automobile, che più di cento anni fa ha causato la fine graduale dei costruttori di carrozze e del relativo mestiere di cocchiere. L’auto elettrica, d’altra parte, è un’innovazione radicale ma preservante per l’industria automobilistica. Tuttavia, si rivela “scomoda” per l’industria petrolifera. Molto più comuni in termini di prodotti sono le innovazioni incrementali: rappresentano l’ulteriore sviluppo e l’ottimizzazione di prodotti, servizi o modelli già esistenti e conosciuti. Questi adattamenti servono spesso a ridurre i costi, ottimizzare i benefici per i clienti o riposizionare l’azienda sul mercato. Questa area di innovazione è generalmente la più utilizzata e perseguita. Un tipo speciale di innovazione di prodotto coinvolge sviluppi parziali che rientrano nel termine innovazione delle prestazioni: nuove idee sono sviluppate per mercati o bisogni conosciuti. Questo si traduce in prodotti con nuove funzioni e caratteristiche nonché talvolta con un nuovo gruppo di target. Queste innovazioni sono sviluppate dall’azienda stessa o acquistate tramite brevetto o licenza. Molte innovazioni tecniche della digitalizzazione si trovano qui. Esempi di innovazione delle prestazioni sono i seguenti: la già citata auto elettrica, i telefoni cellulari al posto dei telefoni fissi, gli smartphone al posto dei “vecchi” telefoni cellulari, una nuova varietà nella gamma di un produttore di birra, le nuove scarpe da corsa di una marca di articoli sportivi che possono essere personalizzate per mezzo di programmi digitali e stampanti 3D, un nuovo shampoo con una formula di prestazioni migliorata o computer portatili che hanno una costruzione particolarmente robusta. Le innovazioni di prodotto si verificano anche quando un’idea o un prodotto esistente crea mercati d’uso completamente nuovi. Tali innovazioni applicative sono naturalmente più rare. Un esempio potrebbe essere il sempre popolare “Post-it”: è nato dallo sviluppo di un adesivo che, contro ogni aspettativa, purtroppo, ma poi per fortuna, si staccava troppo rapidamente.

Innovazione di processo

Quando si tratta di migliorare i processi interni, si parla di innovazione di processo. I processi di produzione, i sistemi e altre procedure operative vengono cambiati, riprogettati ottimizzati in modo innovativo attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie. L’obiettivo è quello di organizzare il processo aziendale in un modo meglio spendibile commercialmente, orientato al cliente, più veloce, più flessibile e più sicuro. I miglioramenti orientati al processo possono essere innovazioni tecniche, come per esempio, l’incollaggio invece dell’avvitamento nella produzione di automobili, risparmiando peso e costi. Nel caso delle innovazioni organizzative, si possono annotare semplificazioni, ad esempio, quando le fatture cartacee vengono sostituite da fatture elettroniche, risparmiando così tempo e costi di spedizione. Questo si applica generalmente alle attività amministrative come le prenotazioni, le transazioni bancarie o la conclusione di contratti, che possono essere fatte più rapidamente online o tramite smartphone. Anche i processi logistici come la vendita e la distribuzione o i processi della catena di approvvigionamento sono notevolmente facilitati dai processi online.

Innovazione organizzativa

Fortemente legata all’innovazione di processo è l’innovazione organizzativa o strutturale. Da un lato, l’attenzione è rivolta all’introduzione di nuovi metodi nei processi aziendali: un esempio sono misure pensate per decentrare le decisioni o la creazione di un’organizzazione di gestione dei progetti più efficace. Lo scopo di questo tipo di innovazione è quindi quello di rendere più performante il lavoro e la cooperazione dei propri dipendenti. Ma si tratta anche di nuove forme di organizzazione del lavoro e di relazioni esterne con altre aziende o istituzioni. Le parole chiave qui sarebbero alleanze, accordi di cooperazione o integrazione dei fornitori.

Innovazione di marketing e del mercato

Al giorno d’oggi, la digitalizzazione e la globalizzazione portano a cambiamenti di mercato sempre più rapidi e frequenti. Pertanto, diventa sempre più importante integrare questi sviluppi anche in termini di comunicazione. I consumatori di solito non esitano a lungo a notare e attivare nuovi modi di comunicazione nonché di acquisto. E’ necessario introdurre metodi di marketing e di vendita che si differenziano da tutti i concorrenti. Particolare attenzione deve essere anche dedicata al design dei prodotti e alle tecniche pubblicitarie che mutano in modo veloce e costante. Lo stesso per sempre nuovi canali di distribuzione e forme di politica dei prezzi. Questo tipo di innovazione orientata al marketing si appaia all’innovazione di mercato.

Innovazione sociale e innovazione agile

La variante dell’innovazione sociale si orienta sull’area HR di un’azienda. Da un lato, si tratta di cambiamenti per quanto riguarda l’atmosfera di lavoro e la creazione di condizioni di lavoro sicure e adatte ai bisogni delle persone. Le innovazioni che sono descritte con il termine “sviluppo delle risorse umane” rafforzano la realizzazione di programmi formazione differenziati e puntuali. L’obiettivo è quello di adottare programmi di qualificazione o di riqualifica per i dipendenti e fidelizzarli. Allo stesso tempo agevolarli nel concetto lavoro-privato o soddisfazione personale. L’innovazione agile si lega, spesso, all’innovazione sociale: si prefigge di rispondere ai cambiamenti implementando parallelamente tecnologia e area personale.

in·no·va·zió·ne

Sono infinite le varietà di innovazione che possiamo rappresentare o considerare, ma con un’unica costante: l’innovazione non si ferma mai e si interconnette con tutte le sue declinazioni.