Parità salariale: l’obbligo di effettuare un’analisi

La Legge federale sulla parità dei sessi (LPar) è stata recentemente oggetto di una modifica, entrata in vigore il 1° luglio 2020, che mira, da un lato, a sensibilizzare i datori di lavoro sul problema della discriminazione salariale e, dall’altro, ad aggiornare ed eliminare ogni discriminazione salariale sistematica in ragione del sesso, per mezzo di analisi regolari sulla parità dei salari.

Concretamente, le nuove disposizioni prevedono tre tappe: un’analisi della parità salariale dalla parte del datore di lavoro entro il 30 giugno 2021; una verifica di questa analisi da un organo indipendente entro il 30 giugno 2022; una comunicazione ai propri dipendenti ed eventuali azionisti sul risultato dell’analisi entro il 30 giugno 2023.

Analisi della parità salariale: datori di lavoro toccati e metodo

Il nuovo obbligo di analisi della parità dei salari concerne i datori di lavoro che occupano un effettivo di almeno 100 lavoratori, questo indipendentemente dal tasso di attività. Gli apprendisti non sono conteggiati in questo effettivo. Le aziende devono aver effettuato la prima analisi al più tardi entro il 30 giugno 2021. L’obbligo di analisi entro questo termine concerne non solo i datori di lavoro che occupavano all’inizio del 2020 almeno 100 lavoratori, ma anche quelli che occuperanno almeno 100 collaboratori all’inizio del 2021.

Di principio, l’analisi della parità salariarle dev’essere ripetuta ogni quattro anni. Se però l’analisi effettuata dimostra che la parità salariale è rispettata, il datore di lavoro è dispensato dall’obbligo di ripeterla.

Sono dispensati dall’effettuare l’analisi salariale le aziende che sono oggetto di un controllo del rispetto dell’analisi in questione nell’ambito di una procedura di attribuzione di un appalto pubblico o di una concessione di sussidi, o che sono già stati oggetti di una verifica simile tra luglio 2016 e giugno 2020 e che hanno dimostrato di soddisfare i requisiti.

L’analisi della parità salariale dev’essere effettuata secondo un metodo scientifico e conforme al diritto. A tal fine la Confederazione mette a disposizione gratuitamente alle aziende uno strumento d’analisi standard (Logib) disponibile online a questo indirizzo: https://www.ebg.admin.ch/ebg/it/home/servizi/logib.html

Verifica dell’analisi da parte di un organo indipendente

I datori di lavoro che sottostanno al Codice delle obbligazioni devono far verificare la loro analisi della parità salariale da un organo indipendente. Possono far appello, a scelta: a una società di revisione riconosciuta al senso della Legge federale del 16 dicembre 2005 sulla sorveglianza dei revisori; a un’organizzazione al senso dell’articolo 7 della LPar, costituita da almeno 2 anni e che ha per compito, in virtù del suo statuto, di promuovere la parità tra uomo e donna o di difendere gli interessi dei lavoratori e lavoratrici (per esempio un sindacato); a una rappresentanza di lavoratori al senso della Legge federale del 17 dicembre 1993 sull’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese (Legge sulla partecipazione).

Le persone che dirigono la revisione e verificano l’analisi della parità salariale a richiesta di un datore di lavoro devono aver seguito una formazione specifica che deve permettere di garantire che la verifica rispetti i requisiti minimi di qualità e che tutti i datori lavoratori sottomessi a l’obbligo di analisi siano trattati in egual misura. Le persone o entità che desiderano ottenere il riconoscimento di un corso di formazione devono depositare domanda presso l’Ufficio federale per la parità dei sessi che può rilasciare un riconoscimento valido per 4 anni e rinnovabile. L’organo indipendente deve redigere, nel termine di un anno dall’analisi salariale, un rapporto sull’esecuzione dell’analisi della parità salariale ad uso della direzione dell’azienda in verifica.

Comunicazione ai lavoratori e agli azionisti

Una volta ricevuto il rapporto dell’organo indipendente, i datori di lavoro devono informare per iscritto i lavoratori sul risultato dell’analisi della parità salariale, al più tardi un anno dopo la verifica. Le società le cui azioni sono quotate in borsa devono allegare il risultato dell’analisi della parità salariale al loro rapporto annuale.

Per contro, a meno che una legge specifica non lo preveda, i risultati non devono essere comunicati a un’autorità.

Quanto ai datori di lavoro del settore pubblico, devono pubblicare i risultati dettagliati dell’analisi e della verifica.

Conseguenza in caso di non-rispetto dell’obbligo di analisi

Tenuto conto che l’obbligo di analisi della parità salariale mira a sensibilizzare i datori di lavoro sulla questione della parità salariale e che numerose aziende effettuano volontariamente l’analisi, il legislatore ha rinunciato a prevedere una sanzione per le aziende che si sottraggono a questo obbligo. Una violazione della parità salariale tra uomo e donna però può comportare delle conseguenze pecuniarie, avere delle conseguenze sulla gara di un appalto pubblico o l’ottenimento di sovvenzioni dello stato, o ancora avere ripercussioni sull’immagine o la reputazione del datore di lavoro.

Fonte: articolo adattato e tradotto dal francese dalla rivista DEMAIN, edizione del 09.2020

Congedo paternità: breve scheda informativa

Lo scorso 27 settembre 2020 è stata accettata in votazione popolare l’introduzione in Svizzera di un congedo paternità. Le nuove regole entreranno in vigore il 1° gennaio 2021. Una scheda informativa a riguardo.

Un riassunto schematico:

  • La durata del congedo è di due settimane, ossia dieci giorni lavorativi. È possibile beneficiare del congedo in blocco o in singole giornate.
  • Ne hanno diritto i padri che esercitano un’attività lucrativa (dipendente o indipendente).
  • Devono inoltre essere stati assicurati obbligatoriamente ai sensi della LAVS durante i nove mesi che precedono la nascita del figlio e durante tale periodo aver esercitato un’attività lucrativa per almeno cinque mesi.
  • Valgono gli stessi principi applicabili al congedo maternità.
  • Il diritto al congedo va comunque esercitato entro sei mesi dalla nascita del figlio.
  • Si riferisce ai figli nati dopo il 31 dicembre 2020.
  • Il diritto è concesso a condizione che il neonato sia in grado di vivere.
  • Copre l’80 per cento del reddito medio conseguito prima della nascita del figlio, ma non può superare i 196 franchi al giorno.
  • L’indennità di paternità non sarà versata automaticamente, ma andrà espressamente richiesta alla cassa di compensazione competente.
  • L’indennità è versata direttamente al lavoratore oppure al datore di lavoro, se questo continua a versare il salario durante il congedo.
  • Per finanziare il congedo di paternità, il 1° gennaio 2021 il tasso di contribuzione IPG passerà dallo 0,45 allo 0,5 per cento. Il 50% dei costi è a carico dei datori di lavoro.

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Impedire la cibercriminalità: manuale per PMI

Un’interessante pubblicazione destinata alle aziende, edita dalla Polizia cantonale

La digitalizzazione apre nuove opportunità di crescita e possibilità d’impiego per l’economia. Ciò significa pure, tuttavia, una crescente dipendenza da una funzionante infrastruttura informatica digitale. Determinati criminali ne approfittano in pieno. Dall’azienda artigianale fino a grandi imprese con parecchie migliaia di collaboratori – ognuno ne può essere vittima. Già il 40 percento delle imprese svizzere che hanno partecipato a un’inchiesta hanno indicato di avere sofferto di cibercriminalità Nei fatti, non soltanto possono finire offline i siti web, ma può rimanere colpita l’intera rete informatica di un’impresa. Il più delle volte le imprese subiscono danni finanziari e in molti casi vengono rese pubbliche anche informazioni riservate.

Tutte le informazioni sulla prevenzione dei crimini informatici e del manuale per PMI sono disponibili qui.

Rischio aziendale e pandemia

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Ci sono situazioni in cui l’attività lavorativa non è possibile.

In alcuni casi l’impossibilità riguarda la persona del lavoratore come ad esempio la malattia, l’infortunio, le assenze per servizio militare, …Ma altre fattispecie toccano invece la sfera del datore di lavoro. L’art. 324 del Codice delle obbligazioni regola proprio queste situazioni.

La legge recita:

“se il datore di lavoro impedisce per sua colpa la prestazione del lavoro o è altrimenti in mora nell’accettazione del lavoro, egli rimane tenuto al pagamento del salario, senza che il lavoratore debba prestare ulteriormente il suo lavoro”.

Concretamente quando può verificarsi una simile situazione? Ad esempio quando il datore di lavoro non mette a disposizione dei dipendenti le necessarie infrastrutture produttive o gli strumenti di lavoro. Oppure quando ha omesso di chiedere, e pertanto di ottenere, una necessaria autorizzazione per svolgere l’attività in questione. Se, in questi casi, i dipendenti manifestano la loro disponibilità al lavoro, ma l’attività, per i motivi sopra citati, non può essere svolta, ecco che hanno ugualmente diritto al salario.

Lo stesso vale per il cosiddetto rischio economico e per il rischio aziendale, entrambi a carico del datore di lavoro. Il rischio economico riguarda il caso in cui il lavoro è tecnicamente possibile ma non è utile/opportuno per ragioni prettamente economiche (ad esempio il crollo dei prezzi). Il rischio aziendale è invece quello inerente all’attività dell’azienda del datore di lavoro. Come detto, in simili situazioni il datore di lavoro non può rifiutarsi di versare il salario.

E in caso di pandemia cosa succede? Si tratta di una situazione appena vissuta che ha generato importanti limitazioni delle attività economiche, anche nel nostro Cantone. Ora, già nel mese di febbraio la Segreteria di Stato dell’economia – SECO, in una sua comunicazione ufficiale, ha ritenuto che “…la comparsa inaspettata del nuovo coronavirus e dei suoi effetti non rientri nella sfera comune del rischio aziendale…”.

Questa situazione di crisi è comunque stata affrontata con la concessione delle indennità per il lavoro ridotto, qualora fosse dato un nesso causale tra diminuzione del lavoro e crisi sanitaria.

Ciò che gli esportatori dovrebbero sapere sulla proprietà intellettuale

Prodotti e servizi sono spesso il risultato di costosi progetti di innovazione tecnologica. L’esportazione in un mercato globale di prodotti o servizi e la protezione contro l’uso improprio richiedono un’approfondita conoscenza dei diritti di proprietà intellettuale.

La proprietà intellettuale comprende un’ampia varietà di diritti su invenzioni, design, marchi, opere protette da copyright e segreti commerciali. Tali diritti tuttavia sono in linea di principio validi solo all’interno del territorio nazionale che li ha concessi. Ad esempio, un brevetto concesso in Svizzera avrà diritto di protezione solamente in Svizzera e in Liechtenstein. Pertanto, le aziende interessate a proteggere il loro prodotto devono ricercare protezione focalizzandosi specialmente sui mercati di interesse.
La protezione ottenuta tramite una proprietà intellettuale garantisce al proprietario il diritto di escludere altri dalla produzione, dall’uso e dalla vendita dell’invenzione all’interno della giurisdizione stabilita dai diritti di proprietà intellettuale.

Quali tipi di diritti di proprietà intellettuale ci sono?

Brevetto

Un brevetto è un diritto esclusivo che garantisce un diritto di monopolio per un periodo di tempo limitato su una soluzione tecnica riguardante ad esempio un prodotto o processo. Esistono diverse possibilità per proteggere un’invenzione in dipendenza dal Paese di applicazione. Queste includono i brevetti e i modelli di utilità.

Marchio

Un marchio è un segno protetto che consente all’azienda di distinguere i propri prodotti e servizi da quelli di aziende concorrenti.  Possono essere registrati come marchi d’impresa tutti i segni rappresentabili graficamente o meno. Fra questi sono compresi parole, combinazioni di lettere, numeri, tonalità cromatiche, forme tridimensionali, slogan, sequenze multimediali o combinazioni di questi elementi e persino suoni o profumi. Un marchio può essere registrato a livello nazionale, nell’UE o a livello internazionale grazie a una serie di accordi tra stati.

Design

I design sono forme creative estetiche uniche che si possono proteggere tramite un’iscrizione in un registro. Questo vale sia per i design bidimensionali sia per le forme tridimensionali. Un design può essere registrato a livello nazionale o nell’Unione Europea, oppure tramite una procedura di registrazione internazionale che attualmente include più di 60 Stati membri.

Diritti d’autore

La protezione del copyright si applica a una vasta gamma di opere, tra cui opere scritte, teatrali, musicali, drammatiche, coreografiche, artistiche, architettoniche, fotografiche, cinematografiche, audiovisive, grafiche e software. Di norma, il copyright non deve essere registrato per la protezione, ma in alcuni Paesi la registrazione può essere fatta su base volontaria per la prova certa sulla data di creazione dell’opera.

Segreti commerciali

Un segreto commerciale può essere rappresentato da informazioni di natura tecnica o commerciale che offrono un vantaggio rispetto ai concorrenti. Per essere classificate come segreto commerciale, le informazioni devono soddisfare le seguenti condizioni:

– devono avere un valore commerciale poiché segrete,

– devono essere conosciute solo da una cerchia ristretta di persone, e

– il legittimo proprietario deve prendere le appropriate precauzioni per garantire il mantenimento della segretezza tramite ad esempio accordi di riservatezza con partner commerciali e dipendenti.

Quali altri vantaggi offre la proprietà intellettuale?

I diritti di proprietà intellettuale (IP) contribuiscono in modo significativo al successo economico aziendale migliorando la quota di mercato o i margini di profitto tramite per esempio la concessione di licenze, la cessione o semplicemente attraverso la commercializzazione di prodotti o servizi in esclusiva. I diritti di proprietà intellettuale possono anche migliorare il valore commerciale di una società agli occhi di possibili investitori e istituti di finanziamento.
In caso di vendita, fusione o acquisizione, la proprietà intellettuale può aumentare sostanzialmente il valore di un’azienda e persino rappresentare il bene primario dell’azienda.
L’uso strategico dei diritti di proprietà intellettuale può quindi aumentare in modo significativo la competitività. Pertanto, risulta importante garantire che i diritti di proprietà intellettuale siano protetti e possano essere sfruttati ovunque l’azienda si trovi ad operare.

Cosa dovrebbe essere considerato quando si esportano prodotti e servizi?

Come per i beni materiali, i diritti di proprietà intellettuale devono essere acquisiti, mantenuti e gestiti in maniera ottimale al fine di mantenere il loro pieno valore. In tal modo risulta possibile proteggere i prodotti e i servizi di un’azienda.

Alcuni principi generali sono essenziali per l’efficace gestione della proprietà intellettuale:

  • È importante disporre di una strategia globale per proteggere la proprietà intellettuale.

Una strategia valida e ben ponderata per la protezione e la gestione della proprietà intellettuale risulta necessaria per sostenere il successo economico nel mercato di riferimento dove l’azienda opera. La protezione della proprietà intellettuale consente: di impedire ad altri di beneficiare dell’invenzione; di proteggere il marchio di un’azienda e la sua reputazione; di far valere i propri diritti in modo efficace e rapido in caso di violazione; e di generare ulteriori vantaggi.
Una cattiva strategia in materia di proprietà intellettuale d’altro canto comporta rischi e in determinate circostanze può comportare il fallimento di un’azienda.

  • In linea di principio, la protezione dovrebbe aver luogo prima dell’esportazione dei prodotti e dei servizi.

La registrazione tempestiva dei diritti di proprietà intellettuale garantisce che i suoi vantaggi siano pienamente sfruttabili. I diritti di proprietà intellettuale non registrabili, come i diritti d’autore e i segreti commerciali, possono essere protetti con mezzi contrattuali e non contrattuali.

  • Differenti metodi di protezione sono disponibili in diversi Paesi

In ogni Paese esistono norme specifiche per la protezione della proprietà intellettuale che devono essere rispettate. Al fine di decidere in quali Paesi un diritto di proprietà intellettuale debba essere registrato, le domande sui costi di registrazione, la capacità di ottenere e far valere un diritto, la necessità di esclusività e il ritorno degli investimenti devo essere tenuti in considerazione nel supportare la decisione finale.

  • I diritti in un Paese devono essere registrati e fatti valere seguendo le leggi nazionali.

Quando si ottengono e si sfruttano i diritti di proprietà intellettuale in un Paese, è necessario garantire che tali diritti possano essere ottenuti o fatti valere in modo efficace, equo e sicuro. Ciò è generalmente ottenuto attraverso il sistema IP internazionale. Una serie di trattati internazionali, come l’accordo TRIPS dell’OMC, le convenzioni di Parigi e di Berna, prevedono norme minime che devono essere rispettate dagli Stati membri.
A causa di sempre più frequenti cicli di innovazione, tecnologie e leggi che cambiano costantemente a livello globale, la gestione strategica della proprietà intellettuale diventa una sfida e un fattore chiave per il successo. È quindi importante appoggiarsi a Consulenti qualificati in materia di IP.


Articolo a cura di

Marcus Ehnle, Managing Counsel, M. Zardi & Co. SA

Nuove disposizioni per l’Indennità per lavoro ridotto (ILR)

Il 31 agosto 2020 scade l’Ordinanza COVID-19 e decadranno le misure straordinarie in ambito di indennità per lavoro ridotto.
Dal 1° settembre la procedura per ottenere l’indennità per lavoro ridotto torna in regime normale.

Cosa cambia dal 1° settembre 2020?

  • viene reintrodotto il preavviso di 10 giorni
  • viene reintrodotto il termine di attesa (1 giorno)
  • la durata massima è di 18 mesi su 24

Che cosa accade alle autorizzazioni di lavoro ridotto il 31.08.2020?

  • le decisioni il cui periodo di diritto alle indennità al 31.08.2020 dura da almeno 3 mesi scadono al 31.08.2020 (indipendentemente dalla data di scadenza riportata sulla decisione)
  • le decisioni il cui periodo di diritto alle indennità al 31.08.2020 dura da meno di 3 mesi subiscono una modifica di validità: la loro nuova durata si riduce automaticamente a 3 mesi (senza intervento da parte dell’autorità)
  • le decisioni che indicano quale data della fine del periodo autorizzato il 31.08.2020 scadono il 31.08.2020

Evolve, inoltre, la cerchia dei beneficiari dell’ILR:

Rispetto al periodo pandemico, si tornerà alla procedura ordinaria e verranno quindi richiesti maggiori dettagli, come per esempio la motivazione dettagliata per giustificare la richiesta (indicare semplicemente “COVID-19” non sarà sufficiente), la conferma firmata da parte di ogni collaboratore che avrà accettato il lavoro ridotto, un conteggio dettagliato, l’organigramma dell’azienda. Le aziende dovranno giustificare il calo di lavoro e la diminuzione delle attività. La lista dettagliata dei documenti richiesti sarà disponibile a partire dal 19 agosto 2020.

Le aziende che necessitano di beneficiare dell’indennità per il lavoro ridotto (ILR) dopo il 31.08.2020 devono presentare la richiesta di rinnovo inoltrando un nuovo preannuncio online rispettando il termine di 10 giorni.

Il modulo di preannuncio per il lavoro ridotto verrà messo online dalla SECO dal 19 agosto 2020.
Per coloro che intendono ricevere l’indennità per il lavoro ridotto con decorrenza al 1.9.2020, devono ritenere come data utile ultima per la richiesta il 21 agosto 2020.

La Cc-Ti comunicherà celermente nelle prossime settimane ulteriori aggiornamenti.

Per maggiori informazioni o domande vi chiediamo gentilmente di prendere contatto direttamente con l’amministrazione cantonale (Ufficio giuridico della sezione del lavoro).
È anche possibile scaricare questa circolare illustrativa – elaborata dal Cantone – che spiega le nuove disposizioni per le indennità per lavoro ridotto (ILR).

Revisione della legge sugli assegni familiari per la formazione

Un’informativa in merito a questa modifica legislativa, che entra in vigore il prossimo 1° agosto 2020.

Dal 1° agosto 2020 l’assegno di formazione potrà essere riconosciuto anche prima dei 16 anni, nel caso in cui il figlio ha compiuto 15 anni e segue una formazione post-obbligatoria.

Nel suo nuovo tenore, l’articolo 3 capoverso 1 lettera b LAFam prevede che l’assegno di formazione sia versato dall’inizio del mese in cui il figlio inizia una formazione postobbligatoria, ma al più presto dall’inizio del mese in cui questi compie il 15° anno d’età. Se invece a 15 anni il figlio frequenta ancora la scuola dell’obbligo, per il diritto all’assegno di formazione si dovrà attendere che abbia compiuto 16 anni.

Contratto di lavoro tacito?

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Il contratto di lavoro non richiede alcuna forma speciale. Addirittura si considera che un contratto sia concluso anche quando il datore di lavoro accetta, per un certo tempo, l’esecuzione d’un lavoro, la cui prestazione secondo le circostanze non può attendersi senza salario (art. 320 CO). In altre parole, una situazione di fatto può quindi costituire un valido contratto di lavoro senza che le parti ne abbiano nemmeno discusso.

Questa presunzione legale necessita però di due condizioni. Dapprima che vi sia una fornitura effettiva di lavoro e, secondariamente, che tale prestazione venga accettata dal datore di lavoro. Questa seconda condizione è realizzata quando l’accettazione emana da una persona autorizzata a rappresentare il datore di lavoro. Non vi è per contro accettazione se la fornitura di lavoro è nota unicamente a persone senza poteri di rappresentanza in seno all’azienda. Va precisato che la presunzione porta unicamente sull’esistenza di un contratto di lavoro, non sul suo contenuto (es. salario).

Esistono però situazioni che generalmente esulano dall’applicazione di tale regola come ad esempio eventuali contributi lavorativi di una persona all’azienda del coniuge o del concubino, oppure nell’ambito di mere attività di volontariato. E’ infatti usuale che determinate prestazioni vengano fornite senza alcuna controprestazione, anche sa la gratuità dell’operato non è stata esplicitamente convenuta. A titolo di esempio si possono citare l’attività di cassiere per una società di calcio, oppure la sorveglianza dei figli dei vicini per un paio d’ore. In questi casi si ritiene che i rapporti non siano retti da un contratto di lavoro ma poggino invece su altre basi.

Se, sulla base di circostanze concrete, si deve ammettere l’esistenza di un contratto di lavoro, allora la conseguenza è l’applicabilità integrale a tale rapporto degli art.319 ss del Codice delle obbligazioni. Come per i contratti stipulati esplicitamente, sia nella forma scritta che in quella orale.


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Il telelavoro: una scelta o un’imposizione?

La pandemia di Coronavirus ha favorito lo sviluppo del telelavoro. Se quest’ultimo presenta vantaggi e svantaggi, pone anche questioni legali.


L’azienda può imporre il telelavoro ai propri dipendenti? E, al contrario, il dipendente può esigere dal proprio datore di lavorare in telelavoro?

In generale, questa possibilità deriva da un accordo tra di loro al momento della conclusione del contratto di lavoro o, successivamente, da un accordo che modifica il contratto di lavoro.
Durante questo periodo di pandemia, l’applicazione della legge è stata adattata alla situazione particolare. Sia le autorità federali che quelle cantonali hanno raccomandato ai datori di lavoro di utilizzare il telelavoro. Questa forma di lavoro è eccezionalmente entrata come parte integrante delle misure che il datore di lavoro poteva adottare per proteggere i suoi dipendenti.
A scanso di equivoci va sottolineato che il telelavoro non è un diritto del lavoratore. Deve essere accettato dal datore di lavoro.

La persona che adotta il telelavoro sosterrà verosimilmente costi aggiuntivi. Usa i suoi locali e, talvolta, i suoi strumenti (computer, stampante, carta, wifi). Sorge quindi la domanda a sapere chi debba sostenere questi costi. Questa domanda deve essere risolta alla luce dell’art. 327ss.CO, secondo il quale il datore di lavoro fornisce al lavoratore gli strumenti di lavoro e i materiali di cui ha bisogno. Se, previo accordo con il datore di lavoro, il lavoratore vi provvede personalmente, va adeguatamente risarcito.

Se il lavoratore svolge su propria richiesta e volontariamente il suo lavoro da casa, previo accordo con il suo datore di lavoro, nonostante disponga di un luogo di lavoro consono in azienda, questo rimborso non è in linea di principio dovuto. Recentemente si è pubblicamente parlato di una sentenza del Tribunale federale risalente al 2019 in cui i giudici hanno condannato il datore di lavoro ad indennizzare con un importo forfetario di CHF 150/mese un dipendente che era stato obbligato a lavorare a domicilio. In questa fattispecie va però considerato il fatto che il datore di lavoro non era in grado di offrire al dipendente un posto di lavoro adeguato. Non si tratta pertanto di una regola generalmente applicabile a tutti i casi di telelavoro.

Domanda fiscale

La detrazione fiscale per il lavoratore viene presa in considerazione solo se la relativa spesa professionale è a carico di quest’ultimo. Se tutti i costi sono a carico del datore di lavoro, non è consentita alcuna detrazione fiscale.
Se, in effetti, il dipendente ha subito dei costi, si farà riferimento all’ordinanza federale sui costi professionali, del Dipartimento delle finanze, che consente una detrazione forfettaria delle spese essenziali per l’esercizio della professione da parte del dipendente (ovvero strumenti professionali – compresi hardware e software per computer), lavori professionali o l’uso di una stanza di lavoro privata – affitto, riscaldamento, illuminazione, pulizia). Questa detrazione ammonta al 3% dello stipendio netto (ma minimo 2000 franchi e massimo 4000 franchi).
La detrazione viene ridotta se l’attività remunerativa del dipendente viene svolta a tempo parziale.
Tuttavia, il dipendente può ottenere una detrazione più elevata se dimostra l’esistenza di costi più importanti.

Fonte: Lydia Masmejan, lydia.masmejan@cvci.ch – adattamento Cc-Ti

Quarantena per i viaggiatori in entrata in Svizzera

FAQ sul nuovo Coronavirus – informativa dell’Ufficio federale della sanità pubblica UFSP – stato al 2 luglio 2020


Dal 6 luglio tutte le persone che entrano in Svizzera provenienti da uno Stato o da una regione con rischio elevato di contagio devono mettersi in quarantena per dieci giorni.