Uber: contratti di lavoro e prestito di personale?

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Di recente il Tribunale federale si è occupato di due casi concernenti il sistema di trasporto Uber, ormai a tutti più o meno noto. Di cosa si tratta concretamente? Uber mette a disposizione un servizio di trasporto privato mediante una semplice app dello smart phone. Con questo sistema è possibile inviare una richiesta di trasporto che viene automaticamente inoltrata ad un autista ubicato nelle vicinanze del richiedente. Questo sistema mette quindi in contatto diretto passeggeri e autisti, i quali vengono avvisati tramite geolocalizzazione dell’ubicazione del cliente. Una variante di questo sistema riguarda la consegna di pasti. In questo caso il servizio concerne la consegna di un pasto preparato da un ristorante ad un cliente che rimane a casa sua. Questa seconda variante (Uber eats) implica pertanto, a differenza del semplice trasporto passeggeri, un rapporto a tre: autista, ristorante e cliente.
Le citate sentenze del Tribunale federale (2C_575/2020, 2C_34/2021) si riferiscono a situazioni venutesi a creare a Ginevra. Nel primo caso si è trattato del servizio “ordinario” di trasporto di passeggeri. Le autorità ginevrine, in questa prima fattispecie hanno valutato che il sistema Uber doveva essere qualificato alla stregua di un’impresa di trasporto ai sensi della legge cantonale sui taxi e i mezzi di traporto e come tale doveva rispettare tutti gli obblighi legali, inclusi quelli relativi alla protezione sociale e alle condizioni lavorative degli autisti. Il Tribunale federale ha confermato questa interpretazione sottolineando che tra i conducenti e Uber vengono conclusi dei veri e propri contratti di lavoro e che la relativa struttura operativa deve essere qualificata come azienda di trasporto, con tutti gli obblighi che ne conseguono. Nel caso della consegna dei pasti i giudici, trattandosi, come già indicato, di un rapporto a tre, hanno dovuto inoltre valutare se il sistema messo in atto non configurasse un prestito di personale, attività che soggiace a chiare e rigorose norme di legge. Lo stesso Ufficio cantonale ginevrino del lavoro aveva considerato in prima istanza che il servizio di consegna pasti ricadeva sotto tale definizione, nel senso che Uber metteva a disposizione dei ristoranti personale per la consegna del cibo ai propri clienti. Prestito di personale insomma, non permesso senza le necessarie autorizzazioni. Su questo punto il Tribunale federale è però giunto ad una diversa conclusione. Pur essendoci un rapporto di lavoro tra Uber eats e i singoli corrieri non vi è alcuna fornitura di personale ai ristoranti.

Il Tribunale federale ha sottolineato che nella fornitura di tale servizio non vi era infatti alcuna trasmissione ai ristoratori del diritto di dare istruzioni ai corrieri, i quali non venivano inoltre integrati nell’organigramma del ristorante. Nessun prestito di personale quindi, e nessuna violazione della Legge federale sul collocamento e il personale a prestito.

Esclusione assicurativa del “rischio COVID-19”

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

È prassi comune che le aziende si assicurino contro determinati rischi atti a compromettere la loro attività economica e quindi la redditività. I rischi più comunemente noti sono ad esempio gli incendi, le inondazioni, le interruzioni tecniche, … Ma il pericolo può giungere anche dal settore sanitario, rischio che abbiamo purtroppo imparato a conoscere direttamente negli ultimi anni.
Proprio per questa ragione vi sono, da tempo, assicurazioni che intervengono con specifiche e mirate coperture in caso di interruzione dell’esercizio aziendale che, se protratto nel tempo, può comportare addirittura il rischio di chiusura definitiva dell’attività.

Di regola in tali polizze vengono indicati in modo dettagliato i rischi concreti che sono coperti e quelli invece esplicitamente esclusi. Lo scorso gennaio il Tribunale federale ha emanato una sentenza proprio su questo tema. In concreto si è trattato di un ristorante che nel 2020 aveva dovuto chiudere i battenti per ordine del Consiglio federale, nell’ambito delle misure decise per contrastare la pandemia in corso. La chiusura temporanea aveva evidentemente comportato un’importante perdita di fatturato per l’esercizio pubblico in questione. Il ristorante disponeva però di una polizza assicurativa aziendale, precedentemente conclusa, che garantiva la perdita di guadagno a causa di epidemia. La citata polizza assicurativa escludeva però esplicitamente dai rischi inclusi nella copertura i danni causati da agenti patogeni per i quali valevano i livelli nazionali di pandemia 5 o 6 dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS). L’OMS classifica, infatti, le situazioni in differenti livelli crescenti di pandemia a dipendenza dalla specifica gravità della situazione.

In prima battuta il Tribunale federale ha innanzitutto ricordato che una clausola di esclusione di determinati livelli pandemici non è insolita e che, se pattuita in modo chiaro ed inequivocabile, come nella fattispecie in oggetto, è valida ed applicabile. In tal senso e su dette basi, l’azienda non poteva non immaginare che i rischi più gravi a livello pandemico fossero esclusi dalla copertura. Poco importa che al momento in cui venne conclusa la polizza il sistema dei livelli dell’OMS non corrispondesse all’ultima versione. Le parti potevano in effetti riconoscere lo scopo della clausola, ovvero quello di escludere le situazioni più gravi. Inoltre nessuno, nel corso della procedura giudiziaria, ha contestato il fatto che la pandemia da Covid19 corrispondesse ai livelli 5 e 6 della precedente scala utilizzata dall’OMS.

In conclusione, il Tribunale federale ha quindi deciso che il ristorante non aveva nessun diritto di pretendere la copertura della perdita di guadagno da parte dell’assicurazione.

Sentenza 4A_330/2021

Misure del Consiglio Federale e del Consiglio di Stato

La lista di tutte le misure adottate nel corso della pandemia Covid-19 in ordine temporale. Articolo aggiornato periodicamente.

Aggiornamento aprile 2022

Lavoro ridotto: informazioni per le imprese – IN VIGORE DA APRILE 2022
Coronavirus: ritorno alla situazione normale e pianificazione della fase transitoria fino alla primavera del 2023 – com. stampa del Consiglio federale – IN VIGORE DAL 1.4.2022

Aggiornamento del 16 febbraio 2022

Coronavirus: il Consiglio federale revoca i provvedimenti – ancora in vigore fino a fine marzo soltanto l’obbligo della mascherina sui trasporti pubblici e nelle strutture sanitarie e l’isolamento – com. stampa del Consiglio federale – MISURE IN VIGORE DAL 17.2.2022

Aggiornamento del 2 febbraio 2022

Coronavirus: il Consiglio federale revoca la quarantena e l’obbligo del telelavoro e pone in consultazione ampi allentamenti – com. stampa del Consiglio federale
Coronavirus: il Consiglio federale adotta l’ordinanza COVID-19 casi di rigore 2022 – com. stampa del Consiglio federale

Aggiornamento del 28 gennaio 2022

Rinnovo della prestazione ponte COVID – comunicato stampa cantonale

Aggiornamento del 26 gennaio 2022

COVID-19: il Consiglio federale emana alcune misure relative al lavoro ridotto – com. stampa del Consiglio federale

Aggiornamento del 21 gennaio 2022

Grandi eventi in Ticino: avvicinamento alle disposizioni federali – comunicato stampa cantonale

Aggiornamento del 19 gennaio 2022

Coronavirus: quarantena e obbligo del telelavoro in vigore fino a fine febbraio, gli altri provvedimenti provvisoriamente fino a fine marzo – com. stampa del Consiglio federale

Aggiornamento del 12 gennaio 2022

 Coronavirus: il Consiglio federale propone di prorogare i provvedimenti e riduce a cinque giorni l’isolamento e la quarantena – com. stampa del Consiglio federale

Aggiornamento del 4 gennaio 2022

Coronavirus – Nuove misure cantonali per grandi eventi e scuola

Aggiornamento del 1° gennaio 2022

Coronavirus: quarantena accorciata a sette giorni – com. stampa cantonalemisura in vigore dal 1.1.2022

Aggiornamento del 23 dicembre 2021

Coronavirus: quarantena per tutti i contatti stretti e visite sospese negli ospedali – comunicato stampa cantonale

Aggiornamento del 17 dicembre 2021

Coronavirus: il Consiglio federale decide di inasprire i provvedimenti – com. stampa del Consiglio federale – Le nuove regole entreranno in vigore da lunedì 20 dicembre 2021 fino al 24 gennaio 2022

Il Consiglio federale verifica la possibilità di aiuti per i casi di rigore nel 2022 – com. stampa del Consiglio federale

Coronavirus: il Consiglio federale prende una decisione di principio sull’indennità per lavoro ridotto – com. stampa del Consiglio federale

Coronavirus: il sostegno ai club sportivi professionistici e semiprofessionistici è prorogato – com. stampa del Consiglio federale

Coronavirus: prolungamento dell’indennità di perdita di guadagno per il coronavirus sino alla fine del 2022 – com. stampa del Consiglio federale


Tutte le misure del 2021 in ordine temporale


Tutte le misure del 2020 in ordine temporale

L’Assegno Unico Universale per i Figli (AUUF) – Italia

News aggiornata marzo 2023

La nuova legge è stata approvata definitivamente dal Parlamento e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 6 aprile 2021.


ULTIMO AGGIORNAMENTO – MARZO 2023
Legge italiana Assegno Unico
Formulario Assegno Unico

Disdetta con effetto immediato e interessi sulla partecipazione all’utile: a partire da quale momento?

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Un contratto di lavoro può prevedere che il dipendente abbia diritto ad una partecipazione agli utili. L’art. 322a del Codice delle obbligazioni indica esplicitamente questa possibilità: se, in virtù del contratto, il lavoratore ha diritto a una parte degli utili o della cifra d’affari o altrimenti del risultato dell’esercizio, questa parte è calcolata, salvo diverso accordo, sul risultato dell’esercizio annuale, da determinare secondo le prescrizioni legali e i principi generalmente ammessi dalla pratica commerciale.

Cosa succede se il contratto viene disdetto per motivi gravi ex art. 337 CO? Sappiamo che una simile disdetta ha un effetto immediato ed interrompe il rapporto lavorativo senza alcun preavviso o termine di attesa. In tal caso è verosimile che le parti al momento della disdetta non siano in grado di determinare il risultato dell’esercizio o la cifra d’affari, essendo tali elementi dipendenti da un intero anno di attività. In altre parole, per poter disporre di questi dati è necessario attendere la fine dell’anno. Ma come si concilia questa situazione con la regola dell’art. 339 cpv.1 CO che prescrive l’immediata esigibilità dei crediti derivanti dal contratto di lavoro con la fine del medesimo? La risposta la troviamo all’art. 323 cpv3 CO: la partecipazione al risultato dell’esercizio è pagata non appena il risultato è accertato, ma al più tardi sei mesi dopo la fine dell’esercizio annuale. Ora, questa è una prima risposta che però non indica, almeno in modo diretto, a partire da quale momento la pretesa del dipendente matura interessi.

Fa stato la cessazione del rapporto di lavoro o l’accertamento del risultato d’esercizio? Di questo tema si è occupato il Tribunale federale nella sentenza 4A_126/2021. I giudici di Losanna hanno innanzitutto ricordato che, nonostante la legge non lo indichi esplicitamente, in generale la regola dell’esigibilità delle pretese al momento della fine del rapporto di lavoro si applica anche alle disdette con effetto immediato e non solo a quelle ordinarie. È il caso, ad esempio, delle pretese del lavoratore nel caso in cui i motivi addotti per il licenziamento non sono gravi e danno quindi diritto a determinati risarcimenti a suo favore. Gli interessi su tali pretese di indennizzo iniziano pertanto a decorrere con la fine del contratto. Il Tribunale federale ha però immediatamente ammesso che per la partecipazione all’utile debba valere un’eccezione e che gli interessi in tal caso inizino a maturare parallelamente all’esigibilità della pretesa, ossia non appena il risultato è accertato, al più tardi sei mesi dopo la fine dell’esercizio annuale.

Contratti collettivi per tutti?

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

I contratti collettivi di lavoro (CCL) rappresentano uno degli strumenti con cui le parti sociali, a volte, strutturano i reciproci rapporti e quelli tra aziende e lavoratori. È una possibilità esplicitamente prevista dal Codice delle obbligazioni. Infatti, l’art. 356 CO recita: “Mediante contratto collettivo di lavoro, datori di lavoro o loro associazioni, da una parte, e associazioni di lavoratori, dall’altra, stabiliscono in comune disposizioni circa la stipulazione, il contenuto e la fine dei rapporti individuali di lavoro tra i datori di lavoro e i lavoratori interessati”.

Già da questa definizione si evince che non tutti possono validamente sottoscrivere un CCL. In effetti la legge stabilisce che le parti ad un CCL possono essere i datori di lavoro o le loro associazioni da un lato, e le associazioni di lavoratori dall’altro lato, i sindacati per intenderci. Quindi affinché si possa parlare di CCL, il medesimo deve essere sottoscritto da un sindacato, non dai lavoratori medesimi. Questa condizione pone un importante quesito: chi sono le associazioni di lavoratori e come vengono definite?

Si tratta di una questione certamente rilevante in quanto senza un sindacato validamente riconosciuto non può essere firmato alcun CCL.

Ora, la dottrina e la giurisprudenza hanno affrontato il tema e formulato diversi criteri che permettono di valutare se un sindacato deve essere riconosciuto come parte sociale al fine di partecipare a negoziati collettivi volti a concludere un CCL. Eccone alcuni.


Innanzitutto, il sindacato deve essere sufficientemente rappresentativo. Ciò significa che l’organizzazione deve perlomeno essere il portavoce di una minoranza di lavoratori e non di semplici individui isolati. La giurisprudenza non ha fissato soglie quantitative minime generalmente applicabili. Al riguardo è stato però precisato che un sindacato non deve rappresentare per forza un’importante minoranza di lavoratori di una singola azienda soprattutto se gode di una rappresentatività sufficiente a livello cantonale e/o federale. Oltre ad essere rappresentativo un sindacato deve essere indipendente, nel senso di tutelare liberamente i lavoratori rappresentati nei confronti del datore di lavoro, e leale. Tale condizione di lealtà implica che il sindacato sia disposto a rispettare tutti gli impegni derivanti dal CCL e, in generale, sia un partner sociale degno di fiducia nel dialogo tra le parti. È già stato stabilito che un sindacato non può essere considerato sleale solo perché si trova in lite con alcuni dei suoi affiliati, non avendo tali controversie nessuna rilevanza per il comportamento dell’organizzazione quale parte sociale.

Essendo la rappresentatività, l’indipendenza e la lealtà, principi giuridici indeterminati essi vanno applicati e concretizzati ogni volta sulla base delle singole fattispecie, tenendo conto di tutte le peculiarità del caso.

Preparativi per una nuova Legge Brevetti svizzera

La Svizzera è uno dei Paesi più innovativi d’Europa, con il maggior numero di brevetti pro-capite. I brevetti svizzeri sono rilasciati dall’Istituto Federale della Proprietà Intellettuale (IPI) che, secondo la legge attuale, non ha il compito di valutare la novità e l’originalità dell’invenzione brevettata e pertanto svolge un esame prevalentemente formale.

La validità di un brevetto può essere decisa dal Tribunale Federale dei Brevetti ma ciò accade solo nei contenziosi. La proposta di revisione messa in consultazione nel mese di ottobre 2020 prevedeva un esame più accurato per le domande di brevetto d’invenzione e parallelamente l’istituzione di un nuovo titolo, denominato modello di utilità, rilasciato senza esame ma di durata decennale anziché ventennale. I brevetti per modello di utilità esistono in diversi Paesi, tra cui Germania e Italia.

Il 18 agosto 2021 il Consiglio Federale ha preso atto dei risultati della consultazione. È emerso il favore ad una modernizzazione della legge ma anche l’auspicio verso una soluzione flessibile, che non precluda l’ottenimento di un brevetto con esame solo formale, di durata ventennale. Considerata la consultazione, il Consiglio Federale ha introdotto alcune importanti modifiche alla proposta di revisione.

L’Istituto continuerà di regola a rilasciare i brevetti d’invenzione senza esaminare il merito tecnico, cioè i requisiti comunemente chiamati novità e attività inventiva. Si rinuncia così all’introduzione del modello di utilità. Tuttavia, chi fa domanda di un brevetto potrà ottenere, su richiesta, anche un esame approfondito dei requisiti di brevettabilità, cosa che oggi non è possibile. Inoltre, ogni domanda di brevetto sarà soggetta ad una ricerca di arte nota, che oggi è solo facoltativa. L’esito della ricerca sarà reso pubblico e comprenderà un elenco di documenti di arte nota significativi, rispetto ai quali il brevetto dovrebbe distinguersi per avere valida efficacia. Queste misure daranno maggiore certezza del diritto sui brevetti nazionali.

È anche prevista l’introduzione di una procedura di ricorso semplificata. Su ricorso, le decisioni dell’IPI dovranno essere riesaminate da un tribunale che, in prospettiva futura, sarà il Tribunale Federale dei Brevetti. Così modernizzato, il sistema nazionale si allinea a quello dei principali Paesi industrializzati e al brevetto europeo, rilasciato dopo esame da parte dell’Ufficio Europeo Brevetti di Monaco. È presumibile che la domanda di brevetto svizzero, esaminata dall’Istituto, avrà costi inferiori e procedure più snelle rispetto a quella europea, e risulterà pertanto conveniente, specialmente per le PMI con particolare focus sul territorio elvetico. Entro la fine del 2022, l’IPI preparerà un messaggio sulla revisione della legge per il Consiglio Federale.


L’intelligenza artificiale (IA) ottiene il riconoscimento di inventore

Stephen Thaler è l’ideatore di un sistema di IA noto come Dabus (dispositivo per l’avvio autonomo di esseri senzienti unificati). Dabus ha lo scopo di creare in autonomia nuove invenzioni. Alcune di queste invenzioni sono state sottoposte all’esame di svariati Uffici Brevetti, ai fini del riconoscimento del carattere innovativo ma anche -e più provocatoriamente- della legittimità di Dabus di essere riconosciuto inventore.

L’Ufficio Europeo Brevetti (UEB) ha rifiutato due domande di brevetto, nelle quali Dabus era stato indicato come unico inventore, sulla base del fatto che l’IA non ha diritti da esercitare, in quanto priva di personalità giuridica. La decisione è stata impugnata di fronte alla Corte d’appello dell’UEB ed è attualmente in attesa di verdetto. L’ufficio brevetti statunitense (USPTO) è giunto ad una conclusione simile. Tuttavia, la Corte distrettuale della Virginia, alla quale il signor Thaler ha fatto ricorso, ha concluso con termini possibilistici: “si potrebbe arrivare ad un momento in cui l’IA avrà raggiunto un livello di sofisticazione tale che sarà sostenibile identificarla con l’inventore, ma quel momento non è ancora arrivato”.

La Corte Federale Australiana ha preso una posizione nettamente contrastante con le precedenti. Ha constatato che la legge brevetti non prevede esplicitamente che l’inventore sia una persona fisica e perciò non vieta di attribuire il titolo di inventore all’IA. La decisione sarà probabilmente oggetto di dibattito poiché è auspicabile che vi sia uniformità nell’interpretazione della legge brevetti, anche a livello internazionale.

Nell’ambito del diritto d’autore, il Tribunale cinese del distretto di Shenzhen Nanshan si è pronunciato sulla protezione di un articolo giornalistico generato dal programma Dreamwriter, ritenendolo “creativo”, e riconoscendo all’ideatore del programma la titolarità dei diritti di sfruttamento economico dell’articolo. In questo modo si è inteso evitare lo sfruttamento indiscriminato dell’articolo, attribuendolo all’ideatore del programma, senza il quale l’articolo non esisterebbe.

Questo orientamento, però, non sarebbe applicabile alle opere generate in completa autonomia dall’IA – se mai possibili – dove mancherebbe un nesso causale tra soggetto umano e IA. C’è chi ritiene che, in mancanza di un nesso, l’opera sarebbe di dominio pubblico. La norma giuridica in generale, infatti, serve a regolare il comportamento tra soggetti umani, e dove manca un soggetto umano non vi sarebbe diritto.
Diventerebbe quindi determinante rilevare una connessione soggetto umano-IA, considerando la titolarità del soggetto umano sul programma o sui mezzi tecnici (hardware) che hanno consentito
all’IA di realizzare l’opera.

Al momento, l’ipotesi che l’IA sia completamente indipendentemente dalla supervisione umana è lontana. Tuttavia, è auspicabile trovare al più presto un quadro giuridico di riferimento, che prevenga frammentazione normativa, e volto a promuovere l’adozione dell’IA tramite regole comuni.


Articolo a cura di Stefano Sinigaglia, European Patent Attorney, M. Zardi & Co. SA

Per una società digitale sicura

La nuova Legge federale sulla protezione dei dati

Lo scorso 19 ottobre, in un webinar dedicato, la Cc-Ti ha trattato il tema della nuova la legge federale sulla protezione dei dati (LPD).
Ad intervenire quale relatore esperto è stato Gianni Cattaneo, Avv., LL. M., Cattaneo Bionda Mazzucchelli Studio legale e notarile, dopo un breve saluto da parte di Lisa Pantini, Responsabile delle relazioni con i soci della Cc-Ti.

La nuova LPD è stata adottata dall’Assemblea federale il 25 settembre 2020, dopo un lungo periodo di gestazione. L’esatta data di entrata in vigore non è ancora stata decretata, realisticamente si prevede però che essa sarà fissata nel secondo semestre 2022 o per l’inizio di gennaio 2023.
Essa si prefigge di proteggere la personalità e i diritti fondamentali delle persone fisiche, i cui dati personali sono oggetto di trattamento da parte di privati e organi federali. Lo scopo è quello di creare una società digitale sicura, efficiente e non discriminatoria.

I principi generali cardine alla base della nuova LPD sono la liceità (tramite il supporto di un motivo giustificativo riconosciuto, quale la legge, il consenso o l’interesse preponderante pubblico o privato), la buona fede, la proporzionalità, la sicurezza, la finalità, l’esattezza e la privacy by design e by default. Essi vanno considerati e applicati da ogni azienda nello svolgimento di qualsiasi operazione in relazione a dati personali ordinari o degni di particolare protezione.

È inoltre necessario adempiere ai seguenti obblighi: informare le persone interessate circa i trattamenti svolti dall’impresa (o delegati a terzi) fornendo tutte le indicazioni previste dalla legge; munirsi di un apposito registro in cui repertoriare le attività (quali dati vengono trattati, da chi, come, dove, per quale scopo, chi ne è destinatario e sulla base di quale motivo giustificativo avviene il processo); svolgere valutazioni d’impatto sulla protezione dei dati personali per i trattamenti a rischio accresciuto e, ove necessario, effettuare la consultazione preventiva dell’Incaricato federale; notificare all’Incaricato federale le violazioni della sicurezza dei dati in situazioni di probabile pericolo ingente e alla persona coinvolta su ordine di quest’ultimo o se richiesto per la sua protezione; e, infine, non trasferire, salvo particolari eccezioni, dati verso Stati privi di una legislazione adeguata di protezione dei dati.

La nuova LPD non prevede l’obbligatorietà in Svizzera (diversamente dal resto d’Europa) della figura del Data Protection Officer (DPO) nel settore privato, ma la sua eventuale nomina comporta l’esclusione dell’obbligo di consultazione preventiva dell’Incaricato federale in presenza di trattamenti a rischio elevato.

Data la complessità della questione è essenziale sensibilizzare e formare i dipendenti in maniera adeguata sui rischi, sui diritti e sugli oneri di ciascuno in materia di protezione dei dati personali, nonché sulle responsabilità collegate, considerando anche la diffusione di situazioni straordinarie come quella del telelavoro. Decisivo per la buona riuscita della trasformazione anche lo sviluppo di un piano d’azione preciso ed efficiente che spazia dalla creazione di un team di progetto autorevole supportato dalla Direzione e dal CdA, alla determinazione di un programma di lavoro con relativo scadenziario in base alle risorse disponibili, agli obiettivi e alle priorità d’intervento.

Il termine di entrata in vigore è ancora lontano (ipotesi: gennaio 2023). Alcune aziende potrebbero commettere l’errore di rinviare la questione del trattamento dati tenere presente la complessità degli adempimenti, delle fasi tecniche per la loro attuazione e del fatto che la nuova LPD non prevede un periodo di adattamento dopo la sua introduzione.
È perciò di primaria importanza sfruttare i prossimi mesi per avviare, senza indugio, il processo di messa a norma, trattandosi di una revisione complessa che avrà un notevole impatto sulla società e le imprese.

A tal proposito la Cc-Ti organizza regolarmente dei corsi di formazione (dove l’Avv. Gianni Cattaneo interviene quale relatore) chiamati “Nuova legge sulla protezione dei dati personali: un Action Plan per trovarsi pronti in tempo utile”. Questi percorsi formativi – riproposti regolarmente – sono pensati per fornire gli strumenti concreti alle PMI per arrivare all’entrata in vigore della LPD in modo efficiente. Per accedere all’offerta formativa Cc-Ti è possibile cliccare su questo link.

Infine, contrariamente al diritto europeo, che prevede pesanti sanzioni amministrative pecuniarie a carico delle società, il diritto svizzero opta per la responsabilizzazione dei membri del Consiglio di Amministrazione e/o manager in quanto detentori del potere decisionale. Essi saranno ritenuti penalmente perseguibili per le violazioni intenzionali della LPD imputabili alle loro aziende, tra cui la mancata implementazione degli standard minimi di sicurezza (con multe fino a CHF 250’000.-).

Responsabilità dell’organizzatore di viaggi “tutto compreso” per un incidente stradale all’estero?

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Il periodo delle vacanze è appena trascorso. Si spera nel migliore dei modi. Sì, perché può anche succedere che durante un viaggio all’estero capitino imprevisti con strascichi legali. È quello che è successo a una coppia di ginevrini che aveva acquistato un viaggio in India “tutto compreso”.

Tra le varie prestazioni incluse nel pacchetto vi era pure il trasferimento in automobile con autista privato da un aeroporto indiano fino all’hotel dove i turisti avrebbero pernottato. Dell’esecuzione di tale trasporto era stata incaricata un’agenzia locale. Purtroppo nel tragitto il veicolo che trasportava la coppia si è però scontrato con un camion. L’incidente ha avuto esiti letali per la moglie, mentre il marito ha riportato ferite gravi.

A seguito di questi eventi il superstite ha chiesto all’agenzia svizzera organizzatrice del viaggio il risarcimento per il torto morale subito a causa della perdita della moglie. La Legge federale concernente i viaggi “tutto compreso” prevede una particolare responsabilità dell’organizzatore. In sostanza l’organizzatore o il venditore contraente sono responsabili nei confronti del consumatore della buona esecuzione del contratto, indipendentemente dal fatto che essi stessi o altri prestatori debbano fornire i servizi. Il cliente deve però provare che l’organizzatore ha commesso un’inadempienza contrattuale. Nel caso in oggetto non è stato possibile stabilire le cause dell’incidente stradale in India.

Di fronte all’impossibilità di trovare una soluzione tra le parti, il litigio è stato portato davanti alle competenti autorità giudiziarie. In ultima istanza il Tribunale federale ha sottolineato che per grave che sia, un’incidente della circolazione non può rappresentare di per sé una violazione del contratto imputabile all’organizzatore del viaggio. Per questa ragione, e in assenza di ulteriori prove sulla dinamica dell’incidente, i giudici hanno pertanto respinto la richiesta di risarcimento del marito.

Sentenza 4A_396/2018

Prestazioni transitorie per i disoccupati anziani

Le prestazioni transitorie (entrate in vigore il 1° luglio 2021) sono tese a garantire la copertura del fabbisogno vitale delle persone che hanno perso il lavoro poco prima di raggiungere l’età di pensionamento, fino al momento in cui possono riscuotere la rendita di vecchiaia.

Si tratta di prestazioni in funzione del bisogno, che vengono calcolate analogamente alle prestazioni complementari all’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (AVS) o all’assicurazione invalidità (AI). I disoccupati che hanno esaurito il diritto all’indennità dell’assicurazione contro la disoccupazione dopo i 60 anni e non riescono a conseguire un reddito sufficiente possono ricevere prestazioni transitorie fino al pensionamento. Queste prestazioni, finanziate dalla Confederazione e versate dai Cantoni, constano della prestazione transitoria annua, che viene versata mensilmente e del rimborso delle spese malattia e d’invalidità.

Possono ricevere le prestazioni transitorie le persone che:

  • esauriscono il diritto all’indennità di disoccupazione nel mese in cui compiono i 60 anni di età o successivamente;
  • sono stati assicurati all’AVS svizzera per almeno 20 anni, di cui almeno cinque dopo aver compiuto i 50 anni di età, e hanno conseguito un determinato reddito da attività lucrativa (una persona deve aver guadagnato 21’510 franchi all’anno -75 % di 28’680 franchi- per poter esercitare il diritto alle prestazioni transitorie -importi per il 2021-);
  • dispongono di una sostanza non superiore a 50’000 franchi (persone sole) o 100’000 franchi (coppie sposate), senza tener conto delle abitazioni ad uso proprio;
  • sono domiciliate e dimorano abitualmente in Svizzera o;
  • hanno spese riconosciute superiori ai redditi computabili (condizione economica).

Non ricevono le prestazioni transitorie le persone che:

  • hanno diritto a una rendita dell’AVS o dell’AI (il coniuge ha un diritto proprio alla PC);
  • hanno esaurito il diritto all’indennità di disoccupazione prima del compimento dei 60 anni;
  • hanno esaurito il diritto all’indennità di disoccupazione prima del 1° luglio 2021.

Le persone che giungono alla scadenza del diritto tra il 1° gennaio 2021 e l’entrata in vigore della presente legge hanno diritto a prestazioni transitorie ai sensi della presente legge, purché soddisfino le condizioni di concessione di cui all’art. 5 LPTD.

Quali prestazioni sono versate e come sono suddivise?

Le PTD comprendono:

  • una prestazione transitoria annua, versata mensilmente
  • il rimborso delle spese di malattia e d’invalidità

A quanto ammontano le prestazioni transitorie?

Le prestazioni transitorie sono fissate in funzione del bisogno e versate fino a un importo massimo annuo di 44’123 franchi per le persone sole e di 66’184 franchi per le coppie sposate (limite massimo delle prestazioni transitorie). Per le spese di malattia e d’invalidità sono rimborsati annualmente al massimo 5’000 franchi per le persone sole e 10’000 franchi per le coppie sposate, fino al raggiungimento dell’importo massimo delle prestazioni transitorie.

Richiesta delle prestazioni transitorie

Si può esercitare il proprio diritto alle prestazioni transitorie con una richiesta all’organo esecutivo competente del luogo di domicilio. Per le persone domiciliate in uno Stato dell’UE o dell’AELS è competente l’organo esecutivo dell’ultimo luogo di domicilio in Svizzera. Per il Cantone Ticino esiste un apposito formulario scaricabile dal sito internet dell’Istituto delle assicurazioni sociali.

Per le persone che non sono mai state domiciliate in Svizzera è competente l’organo esecutivo del luogo della sede dell’ultimo datore di lavoro. Ci si può rivolgere agli organi esecutivi anche per ricevere i moduli ufficiali per la richiesta, che possono essere inoltrati dalla persona richiedente, dal suo rappresentante legale o da un parente stretto. L’organo esecutivo competente comunica per iscritto la decisione concernente le prestazioni transitorie. La persona interessata può fare opposizione.
Come devo procedere per la richiesta del rimborso delle spese di malattia?
Bisogna inviare o consegnare presso la ricezione dell’Istituto delle assicurazioni sociali, Via Ghiringelli 15a, 6501 Bellinzona, gli originali delle fatture o dei conteggi della propria Cassa malati.

Quando inizia e quando finisce il diritto alle prestazioni transitorie?

Il diritto alle prestazioni transitorie nasce in linea di principio dal mese in cui viene presentata la richiesta e sono adempiute le condizioni per il versamento. Il diritto si estingue alla fine del mese in cui il richiedente:

• non adempie più una delle condizioni;

• ha il diritto di riscuotere anticipatamente la rendita AVS (62 anni per le donne e 63 per gli uomini), se dagli accertamenti dell’organo esecutivo competente risulta prevedibile che al raggiungimento dell’età ordinaria di pensionamento avrà diritto alle prestazioni complementari; o

• raggiunge l’età ordinaria di pensionamento.

Le richieste di prestazioni transitorie vengono trattate dalle Casse cantonali AVS.


Il formulario di richiesta per il Cantone Ticino, denominato “Formulario domanda di PTDA” è scaricabile dal presente link: https://bit.ly/3xFDLmR

Il modulo «Prestazioni transitorie per anziani disoccupati» è disponibile sul sito web del Centro d’informazione AVS/AI: www.ahv-iv.ch; Link opuscolo: www.ahv-iv.ch/p/5.03.i

Per maggiori informazioni ci si può rivolgere ai competenti organi esecutivi, che di regola sono ubicati presso la cassa di compensazione del Cantone di domicilio: www.avs-ai.ch.


Fonte: 5.03/i, edizione giugno 2021