Nuovo Accordo Svizzera-Italia sulla fiscalità dei frontalieri *video webinar del 07.07.2023 disponibile su YouTube*

L’Accordo relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri e un Protocollo che modifica la Convenzione tra la Svizzera e l’Italia per evitare le doppie imposizioni sono entrati in vigore il 17 luglio 2023.
Le nuove disposizioni saranno applicabili a partire dal 1° gennaio 2024.

Il 7 luglio 2023 si è svolto il webinar “Nuovo Accordo Svizzera-Italia sulla fiscalità dei frontalieri” in collaborazione con AITI, con gli interventi di:

  • Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti e Deputata in Gran Consiglio
    Saluto di benvenuto 
  • Michele Scerpella, Capoufficio Ufficio delle imposte alla fonte e
    Andrea Rigamonti, Commissario Ufficio delle imposte alla fonte 
    Cosa cambia per le imprese dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo sui lavoratori frontalieri?

Qui potete trovare ulteriori informazioni.

VIDEO SU YOUTUBE

Contatti:

Michele Scerpella
Capoufficio Ufficio delle imposte alla fonte dfe-ddc.uif@ti.ch
tel. +41 91 814 75 71

Andrea Rigamonti
Commissario Ufficio delle imposte alla fonte dfe-ddc.uif@ti.ch
tel. +41 91 814 75 71

Michele Rossi
Avvocato e Delegato relazioni esterne della CC-TI rossi@cc-ti.ch
tel. +41 91 911 51 30

Martina Grisoni
Co-responsabile servizio Legalizzazioni della CC-TI grisoni@cc-ti.ch
tel. +41 91 911 51 11

Daniela Bührig
Vice Direttrice di AITI daniela.buehrig@aiti.ch – tel. +41 91 911 84 84


Telelavoro frontalieri e fiscalità

INFORMATIVA

Malgrado gli auspici pubblicamente manifestati, per il momento Italia e Svizzera non hanno ancora trovato un’intesa per un nuovo accordo amichevole in materia fiscale sul telelavoro dei frontalieri.

Ciononostante, l’Italia ha unilateralmente e autonomamente adottato una normativa interna che permette a livello fiscale un telelavoro dal proprio domicilio per un massimo del 40%.

Attenzione: questa norma è riservata unicamente ai frontalieri che prima del 31 marzo 2022 hanno utilizzato lo strumento del telelavoro e, seconda limitazione, questa regola scadrà il 31 dicembre 2023.

Non vi sono per il momento notizie certe circa un eventuale regime definitivo da gennaio 2024 in avanti.

Considerato però che in Italia a livello di assicurazioni sociali, contrariamente al resto dell’UE, il telelavoro dei frontalieri è attualmente tollerato per un massimo del 25%, per non avere conseguenze né a livello fiscale, né previdenziale, il telelavoro non dovrà superare questa soglia.

Chi volesse superarla, per sfruttare il limite del 40% concesso a livello fiscale, dovrà annunciarsi alle competenti autorità italiane.

Questa normativa italiana si riferisce unicamente alla fiscalità dei frontalieri, non delle aziende. Restano quindi applicabili le condizioni che possono concorrere a costituire, fiscalmente parlando, una stabile organizzazione d’impresa, rendendo l’azienda soggetto fiscale anche in Italia.

Entrata in vigore del nuovo Accordo Svizzera-Italia sulla fiscalità dei frontalieri

INFORMATIVA

In questi giorni è avvenuta la formale notifica da Roma a Berna necessaria all’entrata in vigore del nuovo Accordo firmato dalla Svizzera con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri.

Di conseguenza, come comunicato dalle autorità federali, il nuovo Accordo è entrato in vigore il 17 luglio 2023.

Ciò significa che a partire dal 18 luglio 2023 ogni persona che richiedesse il permesso G dal punto di vista fiscale verrà imposta in base al nuovo regime, che verrà applicato dal 1° gennaio 2024.
 
Qui trovate ulteriori informazioni.



Il diritto di accesso, un elemento chiave della protezione dei dati

La nuova legge sulla protezione dei dati (nLPD) oltre ad avere introdotto tutta una serie di obblighi nei confronti del titolare del trattamento volti a migliorare la trasparenza dei trattamenti e ad aumentare il senso di responsabilizzazione ha, allo stesso tempo, rinforzato l’autodeterminazione delle persone interessate e più precisamente l’autodeterminazione informativa permettendo al singolo di controllare maggiormente i dati che lo riguardano e se necessario chiedere l’adozione di provvedimenti in caso di violazione.

In altre parole, le persone interessate hanno il diritto di essere informate su ogni attività di raccolta dei loro dati personali ma soprattutto il diritto di accedere a questi dati.

Il diritto di accesso ai dati personali che le riguardano è l’elemento chiave per la protezione dei dati in quanto permette di esercitare efficacemente gli altri diritti sanciti dalla legge sulla protezione dei dati, sia nella versione attuale che in quella rivista, ed in particolare:

  • il diritto di sapere a chi rivolgersi (art. 10 cpv3 lett. d) nLPD relativo al Consulente per la protezione dei dati e art. 14 cpv.3 nLPD in merito al Rappresentante in Svizzera), il diritto di sapere se una decisione presa si è basata esclusivamente su un trattamento automatizzato (art. 21 cpv.1 );
  • il diritto di opporsi al trattamento (opt out ). Anche se non è un diritto previsto espressamente dalle normative (aLPD e nLPD), quest’ultimo deriva dell’autodeterminazione informativa;
  • il diritto di rettificare i dati inesatti (art. 5 cpv. 2 aLPD, art. 32 cpv. 1 nLPD);
  • il diritto di cancellazione (art. 12 cpv. 2 aLPD, art. 32 cpv. 2 lett. c) nLPD);
  • il diritto di non essere sottoposto ad un processo decisionale automatizzato, diritto introdotto dalla nLPD. (art. 21 cpv. 2 nLPD);
  • il diritto di farsi consegnare dati o di esigerne la trasmissione a terzi, il cosiddetto diritto di portabilità, introdotto dalla nLPD (art. 28 nLPD).

Tutti questi diritti non sono assoluti, il legislatore per ogni diritto concesso ha previsto, sia nell’attuale versione della legge sulla protezione dei dati che in quella nuova, casi di restrizioni.

Il diritto di accesso tra estensione e limitazione

Il diritto di accesso è in primis un diritto che legittima la persona interessata a sapere se i suoi dati sono oggetto di trattamento (art. 8 cpv. 1 aLPD – art. 25 cpv.1 nLPD), come viene eseguito il trattamento, e in un secondo tempo, farsi consegnare una copia delle informazioni che il titolare ha su di lei.

Questo diritto è un diritto strettamente personale al quale non si può rinunciare in anticipo (art. 8 cpv. 6 aLPD – art.25 cpv.5 nLPD). Pertanto, qualsiasi persona capace di discernimento può e deve esercitare lei stessa questo diritto senza necessità di richiedere il consenso del rappresentante legale (ad esempio i minori).

In entrambe le versioni, aLPD e nLPD, le informazioni dovranno essere fornite per iscritto ed in linea di principio gratuitamente. È previsto un termine di 30 giorni per la trasmissione delle informazioni, che può essere prorogato se la raccolta delle informazioni e i relativi dati richiedono più tempo o possono eventualmente essere forniti in modo scaglionato.

L’elenco delle informazioni da fornire in caso di richiesta di accesso delle persone interessate è previsto dalle due normative, sia quella attuale (art.8 cpv. 2 lett.a) e b) aLPD) che quella rivista (art. 25 cpv 2 lett. a) a g) nLPD). Con il nuovo il testo, l’elenco delle informazioni minime da comunicare è stato esteso in modo considerevole e corrisponde in grandi linee a quello previsto dal diritto europeo (art. 15 cpv. del GDPR). Il diritto di accesso, pur rappresentando l’elemento chiave per la protezione dei dati, così come per gli altri diritti, non è assoluto.
Delle restrizioni sono state previste dal legislatore sia nell’aLPD che nella nLPD (rispettivamente art. 9 aLPD e art. 26 nLPD), e sono state estese in particolar modo nel testo della nLPD per limitarne l’utilizzo abusivo riscontrato negli anni [il titolare del trattamento può rifiutare, limitare o differire l’informazione se la domanda d’accesso è manifestamente infondata, segnatamente se persegue uno scopo contrario alla protezione dei dati, o se è querelosa” (art. 26 cpv.1 lett.c) nLPD)].

In effetti, nella sua giurisprudenza, il Tribunale federale (TF) ha sottolineato che una richiesta di accesso (art. 8 aLPD) dovrebbe essere considerata abusiva quando è intesa esclusivamente a raccogliere prove in vista di un’azione civile (cf. due decisioni del TF: ATF 138111 425 e ATF 141 III 119 – il testo della sentenza ATF 138 III 425 può essere consultato al seguente link: https://bit.ly/3qU3Xwl).

In queste due sentenze il TF aveva negato il carattere abusivo della richiesta di accesso. È solo con la sentenza 4A_277/2020 del 18.11.2020 (il testo della sentenza può essere consultato al seguente link: https://bit.ly/43XPez6) che per la prima volta il TF ha ritenuto il carattere abusivo di una particolare richiesta legata ad un contenzioso commerciale facendo riferimento anche al testo della nLPD, ed in particolare al fatto che alla persona interessata debbano essere fornite le informazioni necessarie affinché possa far valere i suoi diritti secondo la LPD e sia garantito un trattamento trasparente dei dati (art. 25 cpv. 2 nLPD).

Anche a livello europeo l’esercizio del diritto di accesso è stato oggetto di discussione. A tale riguardo viene citata la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 12 gennaio 2023 (il testo della sentenza della CGUE può essere consultato al seguenti link: https://bit.ly/3pos2Ld), la quale ha ritenuto che il diritto di accesso permette alle persone interessate di richiedere al titolare del trattamento le informazioni riguardanti l’identità dei destinatari ai quali i dati sono o sono stati comunicati.

Con questa sentenza la CGUE ricorda che il diritto di accesso è un diritto necessario per permettere alle persone interessate di far valere gli altri suoi diritti di cui alla LPD in quanto permette di verificare non solo che i dati personali che la riguardano sono corretti ma anche che sono trattati in modo lecito. Anche se questa sentenza non è vincolante per la Svizzera, ad eccezione dell’applicazione extraterritoriale del GDPR (teoria degli effetti), l’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza potrebbe adottare la stessa interpretazione in quanto l’obiettivo della nLPD è volto a migliorare la trasparenza del trattamento dei dati personali e l’autodeterminazione delle persone interessate. A tale riguardo sarà interessante capire se la sanzione penale prevista all’art. 60 cpv.1 lett.a) nLPD verrà applicata al titolare del trattamento che non fornisce, su richiesta della persona interessata, l’identità dei destinatari dei dati in quanto potrà essere considerata come fornitura intenzionale d’informazione incompleta.

Conclusione

Per quanto riguarda i diritti delle persone interessate, le disposizioni previste, sia dalla normativa attuale che da quella rivista, sono equiparabili. L’elemento determinante del testo della nLPD è l’autodeterminazione delle persone interessate ed in particolare l’autodeterminazione informativa.

Ogni attività di trattamento deve essere preceduta da un’informativa che deve contenere un minimo di informazioni predefinite dalla legge e alla quale non si può derogare. Chi tratta i dati personali lo deve fare in modo trasparente e deve essere in grado, su richiesta delle persone interessate, di fornirle tutte le informazioni necessarie a controllare che il trattamento venga eseguito in conformità ai principi di trattamento sanciti dalla legge sulla protezione dei dati. In caso di violazione la persona interessata potrà richiedere l’adozione dei provvedimenti previsti dalla legge sulla protezione dei dati che prevedono sia sanzioni penali (art. 34 cpv. 1 lett. a) e b) aLPD – art. 60 cpv. 1 lett. a) e b) nLPD) e amministrative (art. 51 nLPD) sia la possibilità di ricorrere alle azioni civili previste dagli art. 28 ss CC (art.15 aLPD – art. 32 cpv. 2 nLPD).


Fonte: articolo a cura di Isabel Costa, Vicedirettore di Fidinam & Partners, pubblicato su Fidinam News – giugno 2023.
LINK UTILI:
https://www.fidinam.com/it/blog/svizzera-diritto-accesso-elemento-chiave-protezione-dati

Per ottenere l’indennità per licenziamento abusivo il dipendente deve provare di aver fatto opposizione scritta alla disdetta del suo contratto

Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.

Il Codice delle obbligazioni prevede che in determinate situazioni la disdetta del contratto di lavoro può essere considerata abusiva. Va subito detto che l’abusività di una disdetta non ne determina la nullità o l’annullabilità. In altre parole, anche in presenza di una disdetta abusiva il licenziamento è valido e il contratto prende fine, allo scadere del termine di preavviso. Ma il dipendente, se il licenziamento è abusivo, può far valere una pretesa di indennizzo nei confronti del datore di lavoro. L’indennità è stabilita dal giudice, tenuto conto di tutte le circostanze, ma non può superare l’equivalente di sei mesi di salario del lavoratore. La legge ricorda poi che chi intende chiedere una tale indennità deve presentare un’opposizione scritta al datore di lavoro entro il termine di disdetta.

La giurisprudenza ha più volte sottolineato che non vanno poste esigenze troppo severe alla formulazione di questa opposizione. Basta che chi si oppone metta chiaramente per iscritto al datore di lavoro di non essere d’accordo con il licenziamento.

Di recente il Tribunale federale ha pubblicato una sua sentenza in cui ha messo in evidenza che un dipendente che in una procedura giudiziaria fa valere nei confronti del datore di lavoro una pretesa di indennizzo per licenziamento abusivo, deve provare l’esistenza di tutti i presupposti fattuali alla base della sua richiesta. Quindi, il dipendente che vuole ottenere questa indennità deve anche dimostrare in tribunale di aver fatto opposizione scritta al datore di lavoro entro il termine di disdetta. E ciò vale anche qualora il datore di lavoro non avesse sollevato contestazioni in merito all’opposizione del suo dipendente. In conclusione, tenuto conto che il dipendente in una procedura giudiziaria deve provare di avere agito come sopra indicato, nel caso in cui non riuscisse a portare tale prova perde il diritto all’indennità. Una simile omissione del dipendente viene rilevata d’ufficio dai giudici, senza che sia necessaria una contestazione da parte del datore di lavoro. È quanto successo nel caso concretamente giudicato dal Tribunale federale il quale ha pertanto negato il diritto all’indennizzo del lavoratore (4A_412/2022).

Scopri il Servizio giuridico della Cc-Ti!

Le télétravail des frontaliers pourra se poursuivre jusqu’à deux jours par semaine

Le 30 juin 2023, les autorités françaises ont signé l’accord-cadre multilatéral permettant le maintien de la législation sociale de l’État d’emploi des travailleurs frontaliers qui télétravaillent moins de 50 pour cent de leur temps de travail dans leur État de résidence (Accord social : signature de l’accord-cadre multilatéral sur la (…) – La France en Suisse et au Liechtenstein (ambafrance.org)).

Ainsi, à partir de cette date, les frontaliers français dont l’employeur est en Suisse sont autorisés à télétravailler jusqu’à 49,9 pour cent de leur temps de travail sans que leur assujettissement à la sécurité sociale ne subisse de modification.

Il importe de mettre cet accord-cadre en perspective avec la solution en matière fiscale récemment confirmée entre la Suisse et la France (La Suisse et la France signent un avenant à la convention bilatérale contre les doubles impositions (admin.ch). Pour rappel, depuis le 1er janvier 2023, les travailleurs frontaliers français ne peuvent télétravailler qu’à concurrence de 40 pour cent de leur taux d’activité pour éviter toute incidence fiscale.

Les associations économiques romandes, dont la CCIG, conseillent à leurs membres de n’autoriser le télétravail que jusqu’à concurrence de deux jours par semaine pour leurs collaborateurs frontaliers venant de France. En effet, à partir de ce seuil, des conséquences pénales pourraient s’appliquer.


CCIG –  04/07/2023
Chambre de commerce, d’industrie et des services de Genève
4, boulevard du Théâtre,  1204 Genève


Frontalieri e fiscalità

Informazioni importanti

Lo scorso 4 maggio la Camera dei deputati italiana ha approvato l’accordo tra Roma e Berna sulla fiscalità dei frontalieri. 

Il testo ritorna per l’adozione definitiva al Senato.  La procedura di ratifica sta quindi giungendo al termine.  Si concluderà, verosimilmente a breve termine, con lo scambio ufficiale di note diplomatiche tra Svizzera e Italia, attestanti l’avvenuta ratifica. Contemporaneamente sono stati adottati emendamenti sull’imposizione del telelavoro dei frontalieri e sull’eliminazione della Svizzera dalla black list delle persone fisiche. Anche su questo fronte entreranno quindi in vigore, al termine dell’iter parlamentare, importanti modifiche.  Sarà nostra premura informarvi al riguardo in modo tempestivo.

Come vi abbiamo recentemente già comunicato il nuovo accordo fiscale introduce un sistema di imposizione dei frontalieri differente. I frontalieri verranno suddivisi in attuali e nuovi. Ai frontalieri attuali continuerà ad applicarsi il sistema fiscale che conosciamo oggi, ossia una tassazione esclusiva in Svizzera (alla fonte), con il riversamento all’Italia dei cosiddetti ristorni da parte delle autorità fiscali elvetiche. Per contro i nuovi frontalieri oltre all’imposizione in Svizzera, diventeranno soggetti fiscali anche in Italia, e avranno pertanto a loro carico un’imposizione fiscale accresciuta.

Sono considerati frontalieri attuali ai sensi del nuovo Accordo le persone che alla data della ratifica svolgono oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data della ratifica hanno svolto un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera.

Il nuovo accordo verrà applicato dal 1° gennaio 2024. Ma attenzione, già la conclusione della procedura di ratifica, che avverrà con la comunicazione ufficiale da parte italiana alla Svizzera, implica però degli effetti nel 2023.

Infatti, tutti i frontalieri che inoltreranno una richiesta di permesso in Svizzera e che si annunceranno all’autorità fiscale ticinese dopo tale data saranno considerati “nuovi frontalieri” e quindi, da gennaio 2024, saranno imposti fiscalmente secondo il nuovo sistema. In altre parole, la conclusione della procedura di ratifica nel 2023 sarà già concretamente determinante per la definizione dei “nuovi frontalieri”.

Rendiamo quindi attenti che per poter beneficiare del periodo transitorio riservato ai cosiddetti frontalieri attuali i datori di lavoro e i collaboratori devono inoltrare la richiesta di permesso  G prima della conclusione della procedura di ratifica che, come indicato, si trova attualmente  in dirittura di arrivo.






Le preoccupazioni per il clima possono giustificare un’attenuazione della pena?


Il Codice penale (CP) elenca le principali fattispecie per le quali è prevista una pena (detentiva o pecuniaria). Per ogni reato il testo di legge indica il minimo e il massimo della pena che per quel determinato agire può essere comminata. Le pene possono però essere attenuate in presenza di circostanze particolari. Ad esempio, recita l’art. 48 CP, quando l’autore ha agito per motivi onorevoli.   

Tra i “motivi onorevoli” figurano anche le preoccupazioni per i cambiamenti climatici e per la conseguente necessità di intervenire al fine di ridurre le emissioni di gas serra?  A questa domanda ha parzialmente risposto il Tribunale federale in una recente sentenza (6B_620/2022).

In concreto il caso riguardava un attivista che, durante una “Marcia per il clima” nel 2018 a Ginevra aveva imbrattato con della vernice la facciata di una banca. Per questi atti la persona era quindi stata accusata e condannata in prima e seconda istanza per danneggiamento ai sensi dell’art. 144 CP, che recita: Chiunque deteriora, distrugge o rende inservibile una cosa altrui, o su cui grava un diritto d’uso o d’usufrutto a favore di altri, è punito, a querela di parte, con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria. Se il colpevole ha perpetrato il danneggiamento in occasione di un pubblico assembramento, si procede d’ufficio.

 Per valutare la situazione personale dell’accusato i giudici hanno innanzitutto ricordato che possono essere considerati onorevoli quei motivi che poggiano su una scala di valori etici comunemente riconosciuti. Fatta questa precisazione il Tribunale federale ha successivamente ammesso che le apprensioni per i cambiamenti climatici sono molto rispettabili. Ciò non basta però per qualificare di onorevoli tali motivi. Soprattutto laddove le azioni sfociano in danneggiamenti o nella messa in pericolo dell’integrità fisica di altre persone. Inoltre, l’appello alla disobbedienza civile può addirittura mettere in discussione la legittimità democratica del diritto. Ne consegue che simili azioni non possono essere considerate fondate su valori etici condivisi dalla maggioranza della popolazione. Il Tribunale federale ha però lasciato la porta aperta in relazione ad azioni non violente, di breve durata e che non creano particolari intralci al traffico o minacce alla pubblica sicurezza (come, ad esempio, brevi e pacifici sit-in di protesta).  In tali specifiche situazioni eccezionali e, soprattutto, non violente, non è pertanto escluso che possano essere ammessi i motivi onorevoli e quindi la relativa attenuazione di pena.

A cura dell’Avv. Michele Rossi, delegato relazioni esterne Cc-Ti

Frontalieri e fiscalità-1° febbraio 2023

IMPORTANTE INFORMATIVA

Lo scorso 23 dicembre vi abbiamo informati che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato e che il regime speciale in materia fiscale decadrà quindi il prossimo 1° febbraio 2023.
Ieri l’Autorità fiscale italiana ha precisato che i frontalieri italiani che continueranno in modalità di telelavoro perderanno lo statuto fiscale di frontaliere. Il regime dei frontalieri viene riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo saltuario) si recano all’estero per svolgere il proprio lavoro.
Per mantenere tale statuto è quindi necessario che la persona non lavori nemmeno un giorno completo dal proprio domicilio.
In caso contrario il frontaliere rischia di essere tassato in Italia per l’intero reddito conseguito in Svizzera.
Per quanto riguarda le aziende, inoltre, rimane aperta pure la questione relativa all’assoggettamento al fisco italiano, a determinate condizioni, quale stabile organizzazione.

INFORMATIVE PRECEDENTI:
www.cc-ti.ch/calendario/frontalieri-e-fiscalita/
www.cc-ti.ch/normative-diverse-in-vigore-dal-2023/
www.cc-ti.ch/info-veicoli-aziendali/

L’Accordo amichevole con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri in telelavoro decadrà dal 1° febbraio 2023

Le autorità federali hanno annunciato il 22.12.2022 che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato.

Tale accordo ha introdotto un regime speciale in materia di fiscalità nel senso che, in via eccezionale, i frontalieri italiani in telelavoro non sono stati imposti fiscalmente in Italia, nonostante abbiano lavorato dal loro domicilio.

Questo regime speciale finirà pertanto il 1° febbraio 2023. A partire da tale data si tornerà al regime di imposizione usuale e in caso di telelavoro il frontaliere diventerà soggetto fiscale italiano, anche per un solo giorno di attività in Italia.

Inoltre, a determinate condizioni, l’attività su suolo italiano potrebbe costituire una stabile organizzazione dell’azienda medesima che diverrebbe a sua volta soggetto fiscale italiano. Su questo punto, se l’azienda intende proseguire con il telelavoro, consigliamo di avvalersi della consulenza di un professionista italiano (essendo il rischio di stabile organizzazione in Italia da valutare nella prospettiva del fisco italiano).