Il trattamento dei dati personali dei collaboratori

Aziende e imprenditori sono confrontati oggi con richieste di procedure di sicurezza sempre più sofisticate, atte a proteggere quella sfera dell’azienda che non può e non deve essere resa pubblica.
Nel Codice delle Obbligazioni, all’articolo 328b, troviamo un riferimento alla Legge federale sulla protezione dei dati:

Il datore di lavoro può trattare dati concernenti il lavoratore soltanto in quanto si riferiscano all’idoneità lavorativa o siano necessari all’esecuzione del contratto di lavoro. Inoltre, sono applicabili le disposizioni della legge federale del 19 giugno 1992 sulla protezione dei dati”.

Con il termine di dati personali è intesa qualsiasi tipo d’informazione relativa a una persona identificata o identificabile.

Trattamento dei dati

  • In generale il datore di lavoro non può trasmettere alcuna informazione a terzi senza il consenso della persona interessata.
  • Solo se esiste un obbligo legale, come ad esempio nel caso dell’AVS o di altre assicurazioni sociali, i dati possono essere trasmessi anche senza il consenso del collaboratore.
  • La documentazione dei candidati non selezionati deve essere restituita agli stessi ed eventuali copie distrutte.
  • La protezione dei dati non termina nel momento in cui termina il contratto di lavoro. Senza il consenso dell’ex-collaboratore non è possibile divulgare nessun tipo d’informazione.

Attenzione ai “file segreti”

I dossier non ufficiali (“file segreti”), tenuti all’insaputa del dipendente e senza sottostare alla corretta regolamentazione della protezione dei dati, non sono legali.

Dati soggetti a protezione speciale    

Il file del personale contiene spesso dati sensibili relativi alla persona del collaboratore. In questo caso, si deve fare stretto riferimento alla raccolta dei dati, ai sensi della legge sulla protezione dei dati.
Sono proprio questi dati che vengono annunciati al registro FDPIC.

 

La legge dice che…

Scarica il file completo con il testo integrale su quest’importante argomento! Il nostro Servizio giuridico è a disposizione degli associati per consulenze in merito.

Uso privato dei veicoli commerciali da parte di lavoratori frontalieri

Alcune ditte nostre associate ci hanno informato della comunicazione dello scorso marzo dell’Agenzia delle Dogane italiane relativa al cambiamento di prassi in relazione all’utilizzo di veicoli commerciali da parte di lavoratori frontalieri, la quale escludeva un utilizzo promiscuo dei mezzi di trasporto.

Abbiamo successivamente preso contatto con l’Agenzia delle Dogane e fornito una nostra valutazione e interpretazione dell’art. 215 RD, dove ritenevamo che la differenziazione «uso privato» /«uso commerciale» non doveva avvenire secondo il tipo di veicolo (per es. furgone/autovettura), ma secondo l’uso effettivo che se ne fa nel caso concreto.

In tal senso abbiamo quindi chiesto che la nuova prassi venisse riconsiderata al fine di permettere un uso promiscuo (commerciale e privato) dei veicoli in oggetto.

L’Agenzia delle Dogane ha preso concretamente posizione sulla nostra richiesta di chiarimenti, rivedendo la propria posizione.

In concreto, ci è quindi stato comunicato che, come da noi auspicato, in generale, è possibile associare ad un uso commerciale un uso privato dell’automezzo, a condizione che tale ultimo uso sia espressamente previsto nel contratto di lavoro.

Ulteriori informazioni?
Gli associati alla Cc-Ti possono contattare:
Avv. Michele Rossi, +41 (0)91 911 51 30

Obbligo di annuncio dei posti vacanti per i datori di lavoro

Il prossimo 1° luglio entrerà in vigore l’obbligo di annuncio per i datori di lavoro di segnalare agli Uffici Regionali di Collocamento (URC) i posti vacanti in azienda. Si tratta di un’importante modifica legislativa che, al momento attuale, vista l’economia in crescita e con trend positivi (dati emersi sia dalla nostra inchiesta congiunturale, che dallo studio BAK Economics), con un mercato del lavoro che deve fare fronte a numerose sfide (nuovi modelli di business, sviluppi dati dalla digitalizzazione, specializzazioni settoriali, ecc.), rappresenta un nuovo tassello nell’attività quotidiana delle PMI e delle aziende ticinesi.

Questa modifica legislativa è stata introdotta a seguito della votazione del 9 febbraio 2014, quando il popolo elvetico ha accolto l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, che ha iscritto nella Costituzione federale, all’articolo 121a, il quale prevede l’applicazione di contingenti e del principio della preferenza nazionale nei confronti degli stranieri, compresi i cittadini dell’Unione Europea.

Alfine di sfruttare la manodopera locale, il Parlamento svizzero ha deciso di introdurre l’obbligo di annuncio per i generi professionali con un elevato tasso di disoccupazione.

La procedura in vigore dal 1°.7.2018

I datori di lavoro sono tenuti a notificare agli URC i posti vacanti che rientrano nei generi professionali con un tasso di disoccupazione che a livello nazionale ammonta almeno all’8%; il 1° gennaio 2020 questo valore soglia sarà ridotto al 5%; anche i posti vacanti affidati ad agenzie di collocamento private, headhunter o imprese di fornitura di personale a prestito vanno annunciati all’URC.

Il calcolo del tasso di disoccupazione si basa sulla statistica del mercato del lavoro della SECO. I generi professionali toccati saranno elencati pubblicamente da parte delle autorità federali.

In pratica

Entro tre giorni lavorativi dalla ricezione dell’annuncio completo, l’URC trasmette ai datori di lavoro che hanno effettuato gli annunci i dati sulle persone in cerca d’impiego con un dossier adeguato o comunica ai datori di lavoro che non sono disponibili persone corrispondenti al profilo richiesto. I datori di lavoro comunicano all’URC quali candidati hanno ritenuto adeguati e hanno invitato a un colloquio di assunzione o a un test di attitudine professionale, se hanno assunto uno dei candidati o se il posto è ancora vacante.

Non vi è alcun obbligo per il datore di lavoro di assumere i candidati segnalati dall’URC.

In ogni modo il datore di lavoro può pubblicare in altro modo i posti vacanti che è tenuto ad annunciare solo dopo cinque giorni lavorativi dalla ricezione della conferma dell’annuncio da parte dell’URC.

Sono previste eccezioni all’obbligo di annuncio se i posti vacanti sono occupati da persone che già lavorano in azienda, se il rapporto di lavoro non supera i 14 giorni, o in caso di legami di parentela.

Il sito lavoro.swiss

Su questo portale, oltre che tutte le informazioni sulla modifica legislativa, si trovano i dettagli inerenti:

  • I profili dei candidati in cerca di impiego registrati presso gli URC
  • L’elenco dei generi professionali soggetti all’obbligo di annuncio
  • Le modalità di annuncio dei posti vacanti
Attraverso questo link è possibile accedere al sito dedicato lavoro.swiss.

Dialogo efficace fra aziende ed Amministrazione federale

Da sempre la comunicazione fra aziende ed Amministrazione federale è buona. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO)  ha implementato negli anni un vero e proprio portale dedicato alle PMI ed alle aziende per informazioni, un’interazione costante e numerosi servizi online, proprio per essere ancora più performante nel suo dialogo tra autorità ed aziende.

Quale Cc-Ti riceviamo spesso domande in relazione ai temi di costituzione di un’attività, successione, IVA, eccetera. Tra i numerosi servizi dedicati agli associati  vi sono le consulenze in ambito giuridico  e relative all’internazionalizzazione ed export. Pensiamo però valga la pena segnalare il portale della Confederazione per una prima efficace informazione su dubbi e/o domande che possono trovare una risposta immediata, anche negli orari di chiusura dei nostri uffici.

Il portale www.pmi.admin.ch

Questa piattaforma è stata strutturata con lo scopo di alleggerire il carico amministrativo delle PMI, offrendo una fonte di risposte pratiche a tutta una serie di quesiti che spesso gli imprenditori si pongono. Le domande infatti spaziano dalla creazione e gestione di un’impresa, alla successione, passando per le questioni di import/export, a quelle giuridiche. Oltre a ciò vi è la possibilità di un comunicazione diretta con la SECO, oltre a diversi servizi online.

Contenuti

In pratica, dunque, sul portale della SECO si trovano informazioni utili su come creare un’attività, muovendo i primi passi, sia per cittadini svizzeri che stranieri, sulle diverse forme giuridiche in essere in Svizzera, dettagli utili sulle pratiche di import/export di beni e prodotti vari, ma sono trattati anche temi quale la gestione del personale e il diritto del lavoro.  Vi sono poi i link diretti agli sportelli online della Confederazione, come pure anche a quelli cantonali (con una panoramica su tutti i Cantoni svizzeri), oltre alla possibilità di accedere a EasyGov. Si tratta di un altro portale dedicato alle PMI che snellisce le pratiche amministrative, poiché offre l’opportunità di svolgere online procedure per autorizzazioni, notifiche e presentazione delle domande.

La Cc-Ti è sempre a disposizione dei propri associati per consulenze specifiche.
Non siete ancora affiliati alla Cc-Ti? Contattate Lisa Pantini, Responsabile delle Relazioni con i soci per ogni dettaglio in merito.

Gratifica o benefici in natura: quali riflessioni fare?

In una storia di forte competizione economica, il rafforzamento della motivazione e dello sviluppo dei team aziendali è diventato una priorità. Il riconoscimento del lavoro svolto in modo individuale o di gruppo può diventare un fattore chiave per il successo del business.

L’incentivo è apparso nei paesi anglosassoni negli anni 90. Questo metodo consente ai datori di lavoro di motivare i propri collaboratori principalmente in due modi:

  • da un lato, la motivazione di “essere”, che permette di creare una coesione nella squadra e di fare leva sull’atteggiamento dei collaboratori;
  • d’altra parte, la motivazione del “fare”, che volge a migliorare le prestazioni singole e di gruppo.

In entrambi i casi, i dipendenti ricevono una contropartita che mira a gratificarli e a incentivare la loro voglia di fare e collaborare al meglio (ad esempio seminari, formazione supplementare, viaggi o regali).

È necessario rammentare una sola condizione perché questi metodi si rivelino realmente efficaci:

l’azienda deve premiare durante un periodo di crescita, perché il premio è un acceleratore di performance.
Assolutamente da sconsigliare in caso quindi, ad esempio, di un piano sociale.

Proviamo a fare chiarezza.

La gratifica o il bonus

 Per definizione, la gratifica è un premio straordinario pagato in aggiunta al salario. Potrebbe essere accordata come ricompensa per un lavoro già fornito e concluso o come incoraggiamento per il lavoro futuro.

L’ammontare della gratifica dipende, in linea di principio, dalla volontà del datore di lavoro.

Secondo l’art. 322d al 1 CO la gratifica è una retribuzione eccezionale che il datore di lavoro accorda in aggiunta al salario e in determinate occasioni, come Natale o a fine anno contabile.

Concetto opposto quando parliamo di bonus, il cui ammontare è determinato in anticipo dalle parti o dipende da criteri oggettivi convenzionalmente predeterminati, come l’ammontare della cifra d’affari art. 322aCO.

La partecipazione al risultato viene considerata come una componente del salario (si differenzia ancora dalla provvigione – art. 322bCO- in quanto si riferisce al risultato globale dell’azienda, mentre la provvigione è una remunerazione fissata in base ai risultati personali dal lavoratore).

Esistono comunque circostanze per le quali la gratifica può divenire anch’essa parte integrante del salario e quindi dovuta; questo accade se il carattere facoltativo di questo versamento viene a decadere e il datore di lavoro, di anno in anno, concede puntualmente la gratifica.

Nella misura in qui perde la propria caratteristica opzionale, entra a fare parte delle voci di salario (da ricordare che la gratifica non deve eccedere di principio dal 10% del salario fisso).

Per qualificare invece il bonus e la gratifica è necessario interpretare le volontà delle parti.

Prima di tutto, è necessario stabilire se il bonus è determinato (rispettivamente determinabile) o indeterminato (rispettivamente indeterminabile).

  • Se il bonus è determinato o determinabile, il dipendente ha diritto a questo bonus. La remunerazione è oggettivamente determinabile quando non dipende più dal giudizio del datore di lavoro.
  • Questo è il caso in cui il dipendente ha diritto a una parte dell’utile o del fatturato o altrimenti partecipa al risultato aziendale (articolo 322a CO). Il datore di lavoro deve quindi mantenere il suo versamento, pagando al dipendente la remunerazione concordata (elemento essenziale del contratto di lavoro) e il bonus deve essere considerato come un elemento attivo (variabile) del salario.
    L’obbligo (contrattuale) del datore di lavoro di pagare al suo dipendente questa remunerazione fissa (o oggettivamente determinabile) può venire regolamentata da subito (all’inizio del rapporto di lavoro, all’interno del contratto stipulato tra le parti) o accordata in un secondo tempo, durante il decorrere del rapporto contrattuale di lavoro.

Un bonus può anche essere soggetto a decadere: in particolare, non è dovuto (pro rata  temporis), in caso di cessazione del rapporto di lavoro prima della circostanza che dà    luogo al suo pagamento, a meno che non si abbia concordato diversamente (art. 322 D, paragrafo 2, CO).

  • Se il bonus non è determinato o oggettivamente non determinabile, il dipendente generalmente non ha alcun diritto: la remunerazione dipende dalla buona volontà del datore di lavoro e il bonus viene allora qualificato come gratifica. Questo è il caso in cui la quota non è fissata in anticipo, ma dipende principalmente dal margine di manovra del datore di lavoro.

Quando la quota non è determinata o oggettivamente determinabile, deve essere definita e qualificata come gratifica.

La gratifica può diventare un diritto?

La gratifica può perdere la propria caratteristica di facoltatività nel momento in cui il datore di lavoro, senza riserve, la versa per 3 anni consecutivi:

la gratifica diviene, allora, tacitamente obbligatoria e il collaboratore può pretenderne il pagamento come parte integrante del salario.

Attenzione quindi: una somma, il cui importo e la scadenza sono fissati in anticipo o dipendono
dall’adempimento di determinate condizioni, non potrà essere considerata come gratifica, ma sarà un elemento salariale.

Come deve comportarsi il datore di lavoro?

 Per impedire che la gratifica venga convertita in un elemento salariale, il datore di lavoro deve dichiarare espressamente che tale importo viene pagato a sua discrezione e che questo pagamento può interrompersi in qualsiasi momento.

Si consiglia vivamente di rinnovare questa riserva in occasione di ogni pagamento.

Tuttavia, anche se reintegrata sistematicamente, tale riserva può diventare inefficace se si dimostra puramente formale o nel caso in cui il datore di lavoro dimostri, con il suo comportamento, che il versamento viene effettuato a prescindere da agenti interni o esterni.
Il Tribunale federale ha precisato, per esempio, che una gratifica retribuita sistematicamente per dieci anni consecutivi può vincolare il datore di lavoro al dipendente.

Se il datore di lavoro paga la gratifica ogni anno, compresi gli anni in cui avrebbe avuto un motivo oggettivo per non riconoscerla al dipendente, come ad es. la cifra d’affari in calo, il dipendente ha il diritto di credere che la gratifica gli è dovuta.

Sebbene sia accompagnata da una riserva, la gratifica assume dunque comunque un carattere obbligatorio.

Benefici in natura e fisco

Attualmente, i datori di lavoro sono pieni di immaginazione quando si tratta di motivare e premiare i propri dipendenti. In effetti, metodi alternativi di ricompensa e fidelizzazione sono diffusi, specialmente all’interno delle multinazionali.

Vengono integrati, ad es., sistemi di accumulo punti che danno diritto a buoni sconto per attività rilassanti, abbonamenti sportivi, regali materiali (ad es. orologi di marca), percentuali di sconto per l’acquisto di merci e così via..

I benefici in natura si sono decisamente dimostrati efficaci in termini di motivazione e fidelizzazione dei dipendenti.

Sebbene questi vantaggi particolari non siano, in linea di principio, considerati come una voce salariale dal diritto del lavoro, sarà invece più difficile sfuggire alla qualifica di “reddito”
da un punto di vista fiscale.

Secondo le direttive per la stesura del certificato di salario e del certificato della Cassa pensione, rilasciato dalla Conferenza svizzera delle imposte (CSI) e dall’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), tutti i benefici che il datore di lavoro fornisce al dipendente sono, in linea di principio, tassabili e devono essere dichiarati sul certificato di salario.

Tuttavia, per ragioni pratiche, alcuni elementi sfuggono a questo principio. Alcuni benefici offerti dal datore di lavoro non devono essere necessariamente dichiarati.

Ciò vale per doni di valore inferiore a CHF 500 per particolari occasioni (compleanno, Natale, ecc…), abbonamenti FFS a metà tariffa rilasciati gratuitamente, biglietti di ingresso a manifestazioni culturali, sportive (di un valore pari o inferiore a CHF 500/a evento) e altri casi speciali.

Se si considera una concessione di prestazioni in natura, si deve considerare il fatto che, in generale, questi benefici dovranno essere inclusi nella dichiarazione stipendio del dipendente e saranno pertanto imponibili.

Concludendo

Pertanto, seppur encomiabile qualsiasi gesto del datore di lavoro per condividere con i propri collaboratori la propria realtà aziendale, è auspicabile riflettere anticipatamente sullo scopo e la durata di quanto si propone quando si imposta un sistema di benefici. Il datore di lavoro deve tenere presente che la linea tra la stessa gratifica e la voce definitiva salariale è sottile.

Social media: attenzione a cosa dite!

Facebook, LinkedIn e piattaforme social: attenzione a come vi comportate!

“Un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa”: questa era l’idea che ispirava l’attività di Microsoft a metà degli anni ’70.

Ma quando i dipendenti rivelano informazioni sui social network o usano le piattaforme in modo improprio?

In Svizzera, i comportamenti inadeguati dei dipendenti e la criminalità economica sono i principali rischi che devono affrontare le aziende. La quantità di danni causati da casi di frode e abuso raggiunge diversi miliardi. Inoltre, perdita di reputazione e fiducia sono incommensurabili per le aziende.

La legge parla chiaro

Come per i blog, la creazione e l’uso dei social network è una libertà di espressione, ai sensi dell’articolo 16 della Costituzione federale. Tutti hanno il diritto di formulare, esprimere e diffondere liberamente il proprio pensiero.

Nel diritto del lavoro, questa libertà è limitata da alcuni obblighi contrattuali del dipendente nei confronti del suo datore di lavoro.

Calunnie, discorsi diffamatori, offensivi o minacciosi contro l’ambiente di lavoro, i quadri, i colleghi di lavoro e l’azienda, resi pubblici o pubblicati sui social network possono costituire reato penale, punibile quindi ai sensi del codice penale.

Conformemente all’art. 321a cpv. 1 CO, sotto obbligo di fedeltà la legge intende l’obbligo del lavoratore, di salvaguardare con fedeltà gli interessi legittimi del datore di lavoro. L’obbligo di fedeltà è soprattutto un obbligo di non fare: detto in modo semplificato, il lavoratore deve omettere qualsiasi cosa che potrebbe danneggiare economicamente il datore di lavoro.

Correttezza reciproca

Il dovere di diligenza e fedeltà, sancito dall’articolo 321a capoverso 1 del Codice delle obbligazioni, obbliga i dipendenti ad astenersi da qualsiasi comportamento che possa pregiudicare gli interessi legittimi, economici o altro, del proprio datore di lavoro.

Il lavoratore è tenuto ad astenersi assolutamente dal provocare intenzionalmente danno d’immagine e di reputazione al suo datore di lavoro.
Quando si utilizzano i social network, il dipendente deve responsabilizzarsi e astenersi dall’associare il proprio datore di lavoro a commenti, immagini o altro che potrebbero danneggiare la reputazione aziendale, ma anche il personale stesso dell’azienda.

Allo stesso modo, resta inteso che il datore di lavoro è tenuto a proteggere la personalità, la salute e l’integrità personale dei suoi dipendenti. Questo obbligo deriva dalle sezioni 6 della legge sul lavoro e 328 del Codice delle obbligazioni.

Dovere di riservatezza

L’uso dei social network nasconde anche altri rischi, come la divulgazione di informazioni riservate.

Immaginiamo il CEO di un’azienda che s’imbatte sui piani dei suoi nuovi prototipi esposti sulla pagina di LinkedIn del suo manager R&D o un Account Manager che rivela pubblicamente informazioni personali sui clienti del proprio datore di lavoro.
Nel diritto del lavoro, per tutta la durata del contratto, ma anche dopo la fine del rapporto di lavoro, il dipendente è soggetto ad un obbligo di riservatezza (sezione 321a (4) CO).

Deve astenersi dall’utilizzare, rivelare o sottintendere su Internet qualsiasi informazione confidenziale, della quale è venuto a conoscenza durante il suo servizio, a proposito del suo datore di lavoro, sulla produzione, gli affari o sui clienti, ecc. .

Il datore di lavoro può cautelarsi e prendere posizione

Quando il datore di lavoro subisce un danno, può e deve imperativamente esigere la cancellazione definitiva, completa e immediata di tutte le informazioni pubblicate dal dipendente.

Se quest’ultimo non procede alla cancellazione richiesta, il datore di lavoro potrà avvalersi di un’azione legale per la cessazione dell’infrazione (articolo 28a del codice civile).
A seconda della gravità del danno causato al datore di lavoro, queste divulgazioni illecite o improprie di dati possono anche essere un motivo legittimo di licenziamento, anche immediato. L’immediato licenziamento di un manager che denigrava il suo datore di lavoro con i clienti è stato accettato dal Tribunale Federale.

Il controllo dell’utilizzo di Internet e della messaggistica privata è autorizzato quando viene previsto nel regolamento aziendale. Il tipo di controllo eseguito deve, in ogni caso, rispettare il principio di proporzionalità.

Attenzione: Per quanto riguarda la supervisione dei lavoratori, è vietato utilizzare sistemi di controllo progettati per monitorare il comportamento dei dipendenti nel loro lavoro (articolo 26 dell’ordinanza 3 sul diritto del lavoro, di seguito OLT3). Con sistemi di monitoraggio e controllo, si intendono tutti i tipi di dispositivi tecnici (ottici, acustici ed elettronici) atti a registrare e controllare le attività e i comportamenti dei lavoratori.
È consentita una sorveglianza che non abbia scopo di controllo e giudizio sui dipendenti e sul loro lavoro, ma con un obiettivo diverso, come la sicurezza dell’azienda e dei propri collaboratori.

Come comportarsi, come prevenire

Al fine di prevenire gli abusi sui social network il datore di lavoro deve elaborare delle apposite direttive legate all’utilizzo dei canali social network privati e professionali (art 321 d CO.) e inglobarle nel “Regolamento aziendale”, sin dall’inizio del rapporto lavorativo.

Le regole decise dal datore di lavoro devono e possono, di regola, indirizzarsi solo all’ambito professionale del collaboratore e quindi, del suo comportamento all’interno della sfera lavorativa. Solo a titolo eccezionale e per evidenti ragioni correlate al proprio ruolo o ambito lavorativo, il datore di lavoro può prevedere regole che incorporano anche la sfera privata.

Il datore di lavoro può disciplinare un divieto di tutte quelle pubblicazioni che potrebbero lenire la sua reputazione, l’onore, l’immagine propria e quella dei propri collaboratori aziendali. Proibire, senza eccezioni, la divulgazione sotto qualsiasi forma di tutti i dati confidenziali resi noti nell’ambito professionale.

Il datore di lavoro preciserà esplicitamente le sanzioni previste per il collaboratore che viola suddette direttive.

Prevenire meglio che curare – Integrity Management

Purtroppo gli scandali segnano le aziende anche se risolti e accantonati da anni. Le aziende hanno un grande interesse nel prendere rapidamente coscienza dei possibili casi di abuso e nel garantire che le informazioni corrispondenti non siano pubblicate. Più velocemente reagiscono, più basso è il rischio di danni o minore sarà il danno stesso.

Su questo tema, I risultati del “Global Economy Crime Survey 2014” confermano che in Svizzera il 36% dei crimini è stato scoperto a seguito di segnalazioni interne.

La creazione di un sistema indipendente, professionale e anonimo rappresenta quindi una misura efficace in termini di organizzazione al fine di identificare il prima possibile le operazioni discutibili e pericolose nelle aziende.
Negli ultimi 15 anni, molte società attive a livello internazionale hanno istituito questi centri di annunci. Secondo uno studio del 2011, quasi tutte le 20 maggiori società quotate in Svizzera dispongono di un sistema di allarme rapido; la maggior parte consente anche annunci anonimi.

Nel 2013 il Consiglio federale ha presentato al Parlamento proposte di revisione parziale del diritto del lavoro volte a migliorare la protezione dei dipendenti che segnalano abusi. La base giuridica si basa sul principio di una “cascata” di annunci secondo i quali, gli abusi devono prima essere annunciati internamente. Solo quando il datore di lavoro non avrà preso nessuna misura entro 60 giorni o se quanto segnalato e appurato risulta chiaramente insufficiente a chiarire i fatti, sarà reso possibile un annuncio alle autorità esterne.

Riassumiamo e rendiamo attenti

Divulgare informazioni confidenziali, danneggiare l’immagine o ledere in qualsiasi modo all’integrità della propria azienda e al proprio datore di lavoro è considerata una violazione contrattuale grave e il collaboratore può andare in contro a sanzioni che comprendono il licenziamento, il licenziamento in tronco o il perseguimento penale.

Il comportamento scorretto dei dipendenti e il crimine economico costituiscono un rischio considerevole per l’azienda e in Svizzera causano ogni anno miliardi di danni. Un sistema di annunci può essere considerato un importante strumento di gestione e di aiuto per la prevenzione delle azioni dolose degli stakeholder.

Lavoratori frontalieri e fiscalità

I lavoratori frontalieri assunti da un datore di lavoro con sede in Svizzera e che abitano all’estero, sono tassati in modo diverso a seconda del paese di frontiera nel quale risiedono. È interessante conoscere queste differenze di assoggettamento.

I frontalieri

La figura del lavoratore frontaliero, è costituita da quei lavoratori dipendenti che sono residenti fiscalmente in uno Stato e che quotidianamente si recano all’estero, in zone di frontiera o Paesi limitrofi, per svolgere la loro prestazione di lavoro.

Il frontaliero è quindi, un dipendente il cui luogo di residenza è all’estero e lavora per un datore di lavoro con sede in Svizzera.

Questa circostanza è la condizione fondamentale che disciplina l’ufficio della migrazione* per il rilascio del permesso per frontalieri* (permesso G – “Per il cittadino straniero che intende esercitare un’attività lucrativa in Svizzera senza trasferire la propria residenza”), con la riserva che l’attività lavorativa in Svizzera non si esaurisca a breve termine.

Dal punto di vista legale e di trattamento da parte delle assicurazione sociali, i frontalieri sono considerati come collaboratori attivi in Svizzera, il cui domicilio si trova all’estero.

Permesso G UE/AELS

I frontalieri UE/AELS comprendono i cittadini dell’UE/AELS che soggiornano sul territorio di uno Stato dell’UE/AELS e assumono un impiego in Svizzera (salariati) o vi insediano la propria impresa (indipendenti), tornando almeno settimanalmente al proprio domicilio principale all’estero.

I frontalieri UE-27/AELS beneficiano della mobilità geografica e professionale sull’intero territorio svizzero. Le zone di frontiera sono state abolite. Questi frontalieri possono esercitare un’attività lucrativa in tutta la Svizzera e abitare in qualsiasi regione dell’UE-27/AELS. L’unica condizione applicabile a queste persone è il rientro settimanale al domicilio all’estero.

Il permesso per frontalieri UE/AELS è valevole cinque anni purché sussista un contratto di lavoro di durata indeterminata o superiore a un anno. Se il contratto è stipulato per meno di un anno, la durata di validità del permesso corrisponde a quella del contratto. Le attività lucrative della durata massima di tre mesi per anno civile non soggiacciono a permesso ma alla sola «procedura di notifica».

Dal 1° gennaio 2017 l’ammissione di cittadini croati è retta dall’Accordo di libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE. I cittadini croati ottengono un permesso per frontalieri G UE/AELS in vista di svolgere un’attività lucrativa, a condizione che siano soddisfatte le disposizioni transitorie valevoli per la Croazia (zone di frontiera e limitazioni d’accesso al mercato del lavoro).

Frontalieri e fisco

Ai sensi fiscali (Germania, Francia, Italia, Austria e Liechtenstein) i lavoratori frontalieri vengono distinti in due categorie:

  • “frontalieri con rientro giornaliero” e
  • “frontalieri con rientro settimanale o residenti”

(fa stato quanto si dichiara nel “formulario per i dipendenti assoggettati all’imposta alla fonte”).

Frontalieri con rientro settimanale o residenti

Le persone che si trovano in Svizzera per svolgere un’attività economica e rientrano regolarmente solo nel fine della settimana alla loro residenza privata all’estero (composta da coniuge e figli) sono ritenute persone con uno status di residente settimanale.

I residenti settimanali sono soggetti a un obbligo fiscale limitato all’introito della loro attività lucrativa sul territorio Svizzero.

I frontalieri residenti in un comune non appartenente alla fascia di frontiera sono tenuti a dichiarare in Italia il reddito da lavoro maturato in Svizzera.

In particolare dovranno pagare l’IRPEF sulla base dell’aliquote previste dallo Stato italiano.

Convenzione contro la doppia imposizione – CDI

Dal punto di vista fiscale, la definizione della persona frontaliera è da intendere come persona che risiede in uno stato contraente, che ha il suo posto di lavoro in Svizzera e che ritorna regolarmente e quotidianamente al suo luogo di residenza estero.

La Svizzera ha firmato con gli Stati limitrofi una convenzione nell’ottica di evitare una “doppia imposizione”: ecco una breve panoramica.

Ore supplementari e vacanze: rimettere il contatore a zero

Accumuli di ore straordinarie, problemi di salute, ferie non godute o problemi organizzativi interni, …
Il nuovo anno è l’occasione perfetta per resettare i contatori.

Ore supplementari

Una volta fermati i contatori, il datore di lavoro si occuperà di compensare le ore di straordinario che non sono ancora state regolate.

Il Codice delle obbligazioni prescrive che il risarcimento deve essere fatto entro un periodo ragionevole.

Secondo il Tribunale federale un termine di 16 mesi è ritenuto adatto.

Tuttavia, per evitare l’accumulo di innumerevoli ore, è consigliabile compensare gli straordinari, al massimo, durante l’anno successivo.
Le ore che non vengono compensate in questo lasso di tempo non sono, comunque, da ritenersi perse. Il diritto al risarcimento è un obbligo imperativo a cui il dipendente non deve e non può rinunciare. Questa compensazione per gli straordinari può essere sempre richiesta per un periodo di 5 anni dal completamento di questi orari.
Il dipendente non può quindi rinunciare al risarcimento per gli straordinari che ha già completato.

E’ da notare che alcuni dipendenti potrebbero rinunciare anticipatamente al risarcimento delle ore supplementari future. Il datore di lavoro deve, comunque, continuare a registrare diligentemente la durata del loro orario di lavoro e la possibilità del risarcimento deve restare garantita.

Vacanze

Secondo il legislatore, lo scopo delle vacanze è di consentire al dipendente di rilassarsi, riacquistare il suo equilibrio ed espandere le sue conoscenze. In altre parole la pausa dal lavoro deve essere riposante e rigenerante.

Pertanto, finché dura il rapporto di lavoro, le vacanze devono essere prese in natura durante l’anno di servizio corrispondente.

Il datore di lavoro è tenuto a organizzare il lavoro, durante l’anno, in modo da consentire al proprio collaboratore di usufruire delle ferie durante questo periodo.

Se il datore di lavoro non concede le vacanze in tempo utile, il diritto alle ferie del dipendente diventa cumulativo di anno in anno.

Una eventuale clausola nel contratto di lavoro o nel regolamento aziendale che prevede che le ferie non godute siano perse, è da ritenersi nulla.

Per reimpostare i contatori a zero, il datore di lavoro menzionerà nel regolamento d’impresa che il saldo del diritto alle ferie dell’anno precedente deve essere goduto entro il 30 aprile dell’anno successivo.

Se il dipendente non prende la sua vacanza entro la data indicata, il datore di lavoro stabilirà un’ulteriore scadenza definitiva al suo posto.

Il collaboratore che, ancora una volta, non usufruirà delle proprie vacanze, vedrà la data della sua vacanza imposta dal suo datore di lavoro.

Al fine di evitare tali situazioni, il datore di lavoro previdente pianificherà le vacanze dei suoi dipendenti all’inizio dell’anno.

Scoprite i nostri corsi sulla tematica del Diritto del lavoro, essi si svolgeranno prossimamente presso la nostra sede a Lugano:
• 7 marzo – La valutazione del periodo di prova
8 marzo – La gestione delle assenze
12 marzo – Diritto del lavoro: le vacanze
26 marzo – L’imposizione alla fonte del reddito da attività lucrativa dipendente
8 maggio – Diritto del lavoro: la disdetta
Altre informazioni utili inerenti il diritto del lavoro?
Il Servizio Giuridico della Cc-Ti è a disposizione degli associati.

“Swiss Rules of Arbitration: Efficient Dispute Resolution”

L’ ”Istituzione Arbitrale delle Camere Svizzere” si è presentata a Lugano lo scorso 3 giugno, in occasione di un’interessante conferenza durante la quale un numeroso e diversificato pubblico internazionale ha potuto confrontarsi con personalità della sfera legale ed arbitrale del nostro paese.

Sono stati messi in evidenza i vantaggi, soprattutto per le aziende attive a livello internazionale, di una procedura arbitrale rispetto ad una procedura ordinaria davanti ai tribunali statali.

Al giorno d’oggi le procedure giudiziarie possono infatti durare anche molti anni, e questo solo in prima istanza, senza quindi contare i vari livelli di ricorso possibili che la procedura civile ordinaria offre alle parti di un litigio.

L’arbitrato rappresenta un’interessante alternativa per evitare lunghe e costose procedure giudiziarie.

La procedura si presenta particolarmente snella e veloce per i casi il cui valore litigioso non supera i CHF 1’000’000; il Regolamento “Swiss Rules” (scaricabile dal sito www.swissarbitration.org, disponibile in inglese e in una dozzina di altre lingue) prevede che il lodo debba essere pronunciato entro 6 mesi dalla costituzione del tribunale arbitrale. Questa procedura riduce i costi in maniera considerevole.

Gli arbitri sono professionisti che vantano competenze specifiche nelle materie oggetto di controversia; essi debbono essere indipendenti ed imparziali rispetto alle parti. Il procedimento arbitrale e il lodo, a differenza dei procedimenti e delle sentenze emesse dai tribunali statali, sono confidenziali. L’arbitrato assicura libera scelta degli arbitri, del diritto applicabile, della lingua e dell’avvocato.

Uno dei vantaggi importanti consiste nell’assenza di qualsiasi intervento da parte dei tribunali ordinari nel corso del procedimento arbitrale. I lodi internazionali sono soggetti a limitati e tassativi motivi di impugnazione. I ricorsi per l’annullamento dei lodi vengono decisi dal Tribunale federale (massima autorità giudiziaria svizzera) quale istanza unica.

La legge svizzera sull’arbitrato è facilmente reperibile online sul sito www.swisssarbitration.org in diverse lingue. Ai fini dell’applicazione delle “Swiss Rules” è necessario che un richiamo espresso a queste ultime sia previsto dalle parti. Di consuetudine ciò normalmente avviene nella clausola compromissoria contenuta nel contratto, ma nulla esclude che tale richiamo venga compiuto successivamente all’insorgere della controversia in un accordo apposito, comunemente detto “compromesso arbitrale” (sul sito si trovano esempi utili).

Gli onorari degli arbitri e le spese amministrative della Swiss Chamber’sArbitration Institution sono contenuti. Essi vengono di regola calcolati in percentuale del valore di causa secondo la tabella riportata nel Regolamento. E’ inoltre possibile comprendere quali siano i costi legati ad un giudizio arbitrale attraverso l’utilizzo del calcolatore dei costi disponibile sul sito internet.

Oltre all’arbitrato, si è parlato del Regolamento di mediazione commerciale, le cui regole sono particolarmente appropriate per le parti che desiderino raggiungere una soluzione della loro controversia attraverso un accordo facilitato dall’intervento di un terzo neutrale.  Le regole di mediazione suggeriscono inoltre modalità per combinare mediazione e arbitrato. Il medesimo Regolamento permette al Tribunale arbitrale, con l’accordo delle parti, di intraprendere i passi necessari per facilitare la soluzione della disputa in maniera consensuale senza attendere la pronuncia del lodo.

La CC-TI gestisce uno dei 7 segretariati operativi a livello nazionale, in collaborazione con le altre sedi delle camere svizzere.

Tra i relatori, l’avv. Michele Rossi, Delegato delle relazioni esterne della CC-TI, nonché membro del Consiglio direttivo dell’Istituzione arbitrale e responsabile della sede di Lugano (nella foto).

Altre informazioni disponibili su www.swissarbitration.org o presso le sedi dei segretariati.

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