Agricoltura, un equilibrio tra natura e tecnologia

Pur essendo il lavoro nei campi tra i più antichi del mondo, oggi possiamo considerare l’agricoltura uno dei settori più tecnologizzati.

Da sempre mi affascina la capacità dei produttori orticoli (e di tutti gli agricoltori) di rispettare e adeguarsi alla natura: meteorologia, tempi di crescita e sviluppo, condizioni naturali del terreno, ecc. sono tutti fattori che l’agricoltore non può cambiare perché dettati appunto dalla natura. Quello che però l’agricoltura può fare è cercare di conoscerli, prevederli e sfruttarli al meglio per favorire la qualità e la produzione. Allo stesso tempo essa permette di facilitare il lavoro dell’uomo. Ed è proprio in questi due aspetti che la tecnologia e l’innovazione investono da anni e hanno già portato a cambiare in modo importante il modo di lavorare e produrre, anche alle nostre latitudini.

Sono andata a visitare due aziende sul Piano di Magadino che negli ultimi anni hanno investito molto in tecnologia. L’azienda Agricola Mozzini produce in serra l’eccellenza dei pomodori ticinesi: tondi, ramati, cherry, datterini che da marzo a ottobre possiamo gustare sulle nostre tavole. A Roberto, il titolare, brillano gli occhi quando racconta quello che fa, risultato di tanto lavoro, ricerca e investimenti il tutto condito da tanta passione. “Leggere i fattori naturali adeguandoli nel modo migliore per favorire la crescita e lo sviluppo di piante e frutti è molto complicato perché sono parecchi e possono variare anche rapidamente”. La direzione e la forza del vento, l’umidità, l’intensità e la durata dell’insolazione, la temperatura dell’acqua e dell’aria, la concentrazione di sali minerali nel terreno, sono alcuni dei parametri che un agronomo deve conoscere e valutare.

“Attraverso vari strumenti di misurazione (tra cui una centralina meteorologica) la tecnologia ci permette di raccogliere i dati e di cercare la giusta correlazione tra essi attraverso una serie di algoritmi. L’esperienza e la conoscenza umana sono indispensabili ma l’equilibrio corretto (che varia per ogni coltura e anche per tipologia di pomodoro) è in grado di calcolarlo solo una macchina”. Per capire di cosa si tratta mi mostra lo schermo di un computer in cui si muovono continuamente dei grafici: “abbiamo una bilancia che pesa 5 m di coltura che, grazie alla costante misurazione, ci permette di vedere come si comporta l’irrigazione del terreno in modo da regolarla su tutto l’arco della giornata. Alla pianta non va bene né essere troppo bagnata né troppo asciutta, e soprattutto ha necessità diverse nei vari momenti della giornata.
Se dovessero cambiare le condizioni, vi è un monitoraggio orario e degli sms di allarme che ci permettono di intervenire tempestivamente.”
Essere sotto una struttura di vetro non rende la serra indipendente dall’ambiente circostante, e Roberto mi spiega, per esempio, l’incidenza dei raggi del sole “quest’estate caratterizzata dal brutto tempo ha comportato una mancanza di raggi solari, che hanno influito sul tempo di sviluppo e maturazione dei frutti, ma anche il periodo dell’anno influisce: sul piano di Magadino il sole in primavera e autunno spunta dalle montagne che è già intenso, la pianta va preparata a questo repentino cambiamento innalzando gradualmente la temperatura della serra”. Tutto questo non è una forzatura?

“La natura va comunque sempre rispettata, noi non rompiamo l’equilibrio naturale della pianta e per questo non riproduciamo l’estate per 12 mesi, la pianta fa un ciclo completo al termine del quale svuotiamo e disinfettiamo tutta la serra che per qualche mese resterà vuota, per poi ricominciare un nuovo ciclo. Per tanto tempo la preoccupazione è stata quella di produrre tanto piuttosto che ricercare il gusto, adesso finalmente si è tornati al vero valore: la qualità del prodotto”. Ci sarebbe ancora tanto da osservare e raccontare ma il tempo è finito e allora ci salutiamo. Non prima però che mi mostri il recupero dell’acqua che viene fatto sia per l’acqua piovana che per l’acqua di condensa perché qui non si trascura nulla!

Mi sposto di poco più di un chilometro e trovo Christian Bassi, titolare della omonima azienda, con lui voglio capire come programma quotidianamente il lavoro sui campi. Per farlo mi fa sedere accanto a lui su un modernissimo trattore. All’esterno della cabina è installato un GPS, strumento fondamentale per gestire i suoi 12 trattori e gli operai che li devono utilizzare. “Ogni mattina ognuno sale sul trattore e sullo schermo trova già inseriti i dettagli del lavoro che deve svolgere. Il GPS permette di indentificare il campo su cui lavora ogni trattore, di cui conosce i confini e ogni linea retta.
A seconda del tipo di lavoro che deve essere fatto imposto il tipo di guida. All’autista è chiesto dallo schermo di identificarsi e di specificare che tipo di macchinario si attacca al veicolo e per svolgere quale lavoro. Se, per esempio, è un aratro mi servirà definire a che profondità voglio arare, se invece è una seminatrice dovrò specificare cosa sto seminando e definire la distanza e la quantità di semina”. Il computer memorizza tutti questi dati e fa svolgere correttamente il lavoro alla macchina “ma le condizioni ottimali le acquisisci con l’esperienza” il mezzo è solo uno strumento per svolgere il tuo lavoro. “E l’esperienza è facilitata dal sistema informatico che mi permette di avere una reportistica che mi aiuta a capire cosa ho sbagliato o come migliorare.” Mi porta così nella sua cabina di comando, un ufficio con un grande computer. “Il GPS calcola per esempio la pendenza di ogni singolo angolo di terreno, quindi posso sapere che in caso di forti piogge su un determinato scoscendimento avrò un problema di ristagno d’acqua, oppure che in quella striscia di terra non è cresciuta l’insalata perché il trattore è passato troppo veloce con la semina.” Oltre al GPS mi mostra che la zappatrice ha una telecamera ottica per sarchiare il terreno senza toccare la coltura che sta crescendo. Capisco quindi quanto questi trattori e la loro tecnologia facilitano la gestione e il lavoro, e possano renderlo meno logorante e più efficiente.

Saluto anche Christian che salutandomi mi fa vedere il nuovo logo dell’azienda che punta tutto sul prodotto, perché alla fine quello che dà soddisfazione è poter offrire sulle tavole ticinesi un prodotto buono e genuino.


Articolo a cura di

Alice Croce, Presidente Federazione Ortofrutticola Ticinese (FOFT)

Le fiduciarie ticinesi fra tecnologia e tradizione

L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF

In un interessante articolo di recente pubblicazione (“Platform operating model for the AI bank of the future”, 18 maggio 2021),  MCKinsey & Company afferma che “il cuore di una banca basata sull’intelligenza artificiale resta pur sempre nella relazione con il cliente”. Il riferimento al rischio che l’intelligenza artificiale possa spersonalizzare e universalizzare i servizi finanziari è qui  evidente.

Nessuna affermazione potrebbe essere più vera, anche riferita al settore fiduciario e ai criteri con cui noi imprenditori del  comparto implementiamo e utilizziamo nuove piattaforme e tecnologie.

La tesi che desidero di seguito sostenere è, infatti, che le fiduciarie ticinesi non si devono lasciare sfuggire le opportunità di efficienza promesse dal processo di trasformazione digitale, ma che nel contempo devono restare fedeli al proprio modello di business, basato sul contatto diretto e sul rapporto di fiducia personale.

Il fiduciario ticinese, ad oggi siamo oltre 1’500, è, ed è stato, negli anni cosciente che la trasformazione digitale non è un mito, ma un fatto che lo riguarda da vicino. È da tempo, infatti, che il settore investe non solo in sistemi e in processi, ma anche in formazione e in talento, quindi, in conoscenze che permettano ai suoi protagonisti di interpretare e di utilizzare con profitto le soluzioni che le nuove tecnologie propongono loro.

Siamo coscienti che la tecnologia rimodella tutte le istituzioni finanziarie, comparto fiduciario incluso, rendendole sempre più interdipendenti, che causa incertezze, ma anche crea opportunità. Del  resto, la stessa Confederazione ritiene che la digitalizzazione sia un fattore competitivo vitale per la piazza finanziaria svizzera a 360 gradi, e incoraggia il processo.
Noi fiduciari seguiamo con interesse il miglioramento dei servizi che i settori bancario e assicurativo ci offrono come risultato del proprio processo di trasformazione digitale. Il settore finanziario  ritiene con ragione di avere davanti a sé grandi spazi per migliorare le proprie competenze digitali. I continui progressi conseguiti sono sotto l’occhio dell’intera clientela privata e aziendale, che sempre più li apprezza dopo l’esperienza del confinamento. Le fiduciarie ne traggono giovamento in quanto controparti strategiche del sistema bancario: migliorano il flusso informativo e documentale, la velocità di esecuzione, la gestione dei rischi.

Anche nel settore fiduciario, il processo di digitalizzazione è in corso ed è ben lungi dall’essere terminato. Gli investimenti e i modelli sono evidentemente diversi, da rapportare alla dimensione delle imprese fiduciarie, in media non superiore a cinque dipendenti. L’impatto è comunque simile: il processo stimola l’efficienza aziendale e schiude la prospettiva di sviluppare nuovi prodotti e mercati. Modifica, di conseguenza, lo scenario competitivo e paventa dei rischi, che vanno riconosciuti e mitigati. Presuppone competenze e richiede disponibilità ad investire.

È anche grazie alla capacità di investire in formazione e in efficienza operativa che noi fiduciari abbiamo saputo superare con successo un decennio difficile per la finanza internazionale, rendendo le nostre strutture agili e performanti. Sappiamo che il servizio che la nostra clientela ci richiede, si chiama: competenza, fiducia ed empatia. Armi competitive che come già esposto in apertura non devono andare perse in quella omogeneità di soluzioni che le economie di scala, consentite dalla digitalizzazione, portano con sé in altri settori. Noi non miriamo necessariamente ad aggiungere il “robo-advisory” alla nostra offerta di servizi.
Non puntiamo, se non per fasce basse di clientela, a focalizzarci su quei programmi “intelligenti” che  tentano di sostituirsi alla consulenza umana. Certo, le fiduciarie “online” esistono, offrono un  prodotto definito che nel tempo si ritaglierà una propria quota di mercato. Ma il cliente che ricerca soluzioni complesse e confidenziali continuerà a seguire le vie tradizionali della “fiducia” e del contatto diretto.

Qui sta la nostra forza, qui dobbiamo capitalizzare. Questi sono i motivi per cui non prevediamo per il futuro di dover subire una vera concorrenza diretta da parte delle “Big Tech”, né di chi le emula. Gli operatori digitali presentano alcuni punti di forza, ma la gran parte della clientela apprezza altri fattori e teme fughe di informazioni e incursioni nei sistemi da parte dell’hackeraggio e del  ransomware. Non a caso, Boston Consulting Group segnala la ritrosia delle istituzioni finanziarie ad utilizzare  intensamente le soluzioni offerte dal Cloud, contrariamente a quanto fanno altre organizzazioni ugualmente mature sotto il profilo digitale.

Nel nostro modo di porci sul mercato, la sicurezza, quindi anche la “cybersecurity” è un fattore chiave. Mi siano concesse due considerazioni finali. La prima è che, nel settore fiduciario, la  trasformazione digitale non ha fino ad oggi causato né un forte processo di concentrazione, né una contrazione nei posti di lavoro, che con orgoglio noi fiduciari constatiamo avere mantenuto stabili pur in un decennio di grandi cambiamenti. La seconda è che l’attenzione alle variabili tecnologiche crea volontà di confronto, intensifica l’importanza delle associazioni dei fiduciari e della loro federazione, che insieme promuovono formazione, sinergia e dibattito.

Il futuro è oggi: noi fiduciari ne siamo coscienti. Adattiamo le nostre piattaforme, investiamo nella creazione di competenze digitali al nostro interno. Non cessiamo tuttavia di basare la nostra azione sulle nostre capacità individuali e di gruppo, e sulla fiducia che il cliente ci concede. Una fiducia che è costruita sulla competenza personale e non sulla velocità di un sistema esperto.

La digitalizzazione nelle costruzioni

Il mondo dell’edilizia, seppur per definizione uno dei settori più “concreti”, non sfugge a quello che sono le dinamiche della digitalizzazione e, in prospettiva, dell’introduzione della robotica.

Naturalmente si è ben lontani dall’idea che dei robot umanoidi possano lavorare su un cantiere, ma sempre più spesso macchine dalle disparate potenzialità fanno la loro comparsa in cantiere, direttamente o indirettamente. Se pensiamo ad esempio alla stampa di case in 3D, ai rilevamenti possibili grazie a laser e droni, alla presenza di macchinari sempre più sofisticati e alla progressiva introduzione della progettazione in BIM (Bulding Information Modeling) è chiaro che gli sviluppi stanno arrivando, e lo stanno facendo sempre più velocemente.

Entrando nello specifico campo delle macchine si può dire che i robot non sono più confinati nel mondo dell’industria, ma stanno conquistando gli spazi privati e interagiscono direttamente con le persone. Molteplici sono sia i campi di applicazione che le forme di interazione. Grazie al continuo sviluppo delle tecnologie e dei materiali più moderni, nonché al collegamento in rete globale di oggetti fisici con Internet (Internet delle cose), si può certamente presumere che in un futuro non troppo lontano i robot saranno in grado di fare tutto ciò che sa fare un essere umano, ma molto più a buon mercato, con maggiore precisione, forza e rapidità. Il tratto comune alla maggior parte delle definizioni è che i robot evidenziano almeno le seguenti caratteristiche:
• sono macchine meccaniche;
• hanno almeno un asse;
• sono controllabili, programmabili e versatili;
• possono essere equipaggiati con pinze, mezzi di produzione o altri strumenti.

La robotica e soprattutto i robot hanno quindi anche il potenziale di innescare un profondo cambiamento nel settore edile. L’impiego di robot nei cantieri edili è ancora oggi considerato un sogno (incubo) illusorio e visionario tra gli addetti ai lavori. Mentre i pessimisti temono la perdita di posti di lavoro, gli ottimisti sperano in una collaborazione tra esseri umani e robot in cantiere.
Ora, la seguente analisi della robotica nell’industria edile vuole dimostrare che i robot sono diventati ormai da tempo una componente reale della vita quotidiana nei cantieri edili.

Tuttavia, ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima che i robot umanoidi per l’edilizia possano sostituire i collaboratori sul cantiere. La ragione di ciò risiede, da un lato, nella profonda maturità tecnologica dei cosiddetti robot umanoidi per l’edilizia e dall’altro nell’ambiente complesso di un cantiere. I lavori edili vengono solitamente eseguiti nelle condizioni più complesse (al contrario ad esempio di una catena di montaggio), caratterizzate da frequenti cambiamenti di posizione, fluttuazioni meteorologiche, contatto con una grande varietà di materiali o anche spostamenti su terreni non asfaltati.

Il campo di applicazione dei robot nel settore dell’edilizia e del genio civile è fondamentalmente indipendente dal modello di business specifico, ovvero non dipende dal segmento, dall’attività e dalle attività lavorative effettive.


Un robot è un manipolatore multifunzione liberamente programmabile per la movimentazione di materiali, parti, utensili e attrezzi speciali. La sequenza di movimenti liberamente programmabile lo rende adatto per un’ampia varietà di compiti.


Categorie di robot per l’edilizia

Categorie di robot per l’edilizia secondo Alan M. Lytle, Jonathan B. O’Brien e Camel S. Saidi (2008)

La prima categoria comprende i cosiddetti robot teleguidati.
Essi non hanno la capacità di funzionare autonomamente ma necessitano di essere pienamente controllati in ogni momento dagli esseri umani. La seconda categoria comprende tutti i robot programmabili e controllati da computer che sono, ad esempio, dotati di sensori. La terza categoria si riferisce ai robot intelligenti che sono in grado di lavorare in modo semi o completamente autonomo. Diamo un’occhiata a queste tre categorie di robot per l’edilizia prendendo in considerazione una macchina specifica che soddisfa anche le caratteristiche distintive per i robot: l’escavatore.

• Un esempio di robot per l’edilizia teleguidato è il classico escavatore, che viene controllato manualmente dall’uomo senza aiuti intelligenti di supporto. L’escavatore è quindi intelligente solo quanto l’essere umano che lo aziona.
• Il comando dell’escavatore 3D è un buon esempio di un robot per l’edilizia, ovvero l’escavatore, programmabile. Ad esempio, una stazione permanente GPS può fornire dati di posizione e correzione per tutte le macchine dotate di GPS presenti in cantiere e il comando della macchina 3D nell’escavatore utilizza questi dati per calcolare tutte le informazioni necessarie per lo scavo.
• E cosa distingue un escavatore intelligente? Ebbene, un esempio è fornito dalla società americana Build Robotics con escavatori altamente intelligenti, che possono eseguire i lavori con l’aiuto di computer, sensori e intelligenza artificiale senza l’assistenza umana. In questo caso l’operatore dell’escavatore assume il ruolo di supervisore.

In conclusione, è vero che oggi la robotica è presente solo in maniera marginale sul cantiere, questo soprattutto per l’alta complessità di questo ambiente. Ma la storia ci dice che è proprio la dove
la sfida è complessa che l’ingegno agisce con ancora maggiore impegno quindi certamente il futuro ci riserverà, anche nel mondo della costruzione, grandi sorprese.


Articolo a cura di SSIC TI

4 buone ragioni per innamorarsi di TikTok

Facebook? Roba da “boomer”! Il social del momento si chiama TikTok: tutti ne parlano, sempre più persone lo utilizzano e molte aziende lo stanno già usando efficacemente per promuovere la propria attività.

E pensare che fino a un paio d’anni fa, veniva spesso depennato a priori dalle strategie di digital marketing perché considerato “troppo giovanile” e quindi inadatto alle iniziative di aziende consolidate che si rivolgono a un target di decisori d’acquisto più adulto. Mai profezia si rivelò più fallace: in poco tempo il social venuto dall’Oriente si è reso protagonista di una crescita esponenziale che ha letteralmente travolto la scena digitale, in Europa come negli Stati Uniti. E che ha lasciato basiti i suoi principali competitor statunitensi, Facebook e Instagram (entrambi, è bene ricordarlo, appartenenti a Facebook Inc. quindi allo stesso circuito pubblicitario). In meno di cinque anni, TikTok ha superato il miliardo di utenti attivi nel mondo, più o meno la stessa cifra vantata da Instagram (che però ha un’ “anzianità” maggiore essendo nato nel 2010); in Europa è sbarcato nel 2018: oggi gli utenti attivi mensili sono oltre 100 milioni e il loro numero continua a crescere, tanto che TikTok ha annunciato l’apertura di un data center Europeo in Irlanda, per poter gestire più efficacemente i dati raccolti dall’applicazione in ottemperanza con le normative sulla privacy locali.

Gli aspetti relativi alla tutela dei dati avevano infatti causato un’iniziale diffidenza, non solo a Bruxelles ma anche a Washington. Diffidenza che però ha dovuto cedere il passo all’entusiasmo con cui gli utenti digitali hanno accolto l’applicazione nei propri smartphone.

Ma qual è il segreto del successo di TikTok? Perché è riuscito a scalzare Facebook&Co. dal cuore dei suoi utenti più affezionati? Possiamo riassumerlo in pochi ma decisivi punti.

Il potere creativo

I social “storici” più diffusi nascono come piattaforme di condivisione di testo e immagini e solo in un secondo momento hanno adottato anche i video, principalmente per far fronte alla concorrenza di un altro gigante, YouTube (che è parte del circuito pubblicitario di Google). TikTok invece non solo nasce proprio come piattaforma dedicata ai video, ma ha una precisa proposta creativa che spinge a reinterpretare il video come forma espressiva. Mette a disposizione dei suoi utenti potenti strumenti di editing che consentono non solo di caricare i propri filmati, ma anche di integrare quelli altrui secondo diverse modalità (le più famose sono “duetto” e “stitch”). Ci sarà capitato di citare il testo di qualcun altro per ribattere alla sua opinione; ebbene, su TikTok è possibile farlo con i video. Ed è possibile farlo… cantando e ballando! La piattaforma consente infatti di attingere a una nutrita libreria di musiche, effetti sonori e persino canzoni di tendenza, tutte liberamente utilizzabili. Ci sono poi particolari effetti, come filtri e transizioni, che permettono di aggiungere un tocco personale. Il risultato finale è più di un semplice video: è un tiktok! Il social crede molto nei suoi “creators”, tanto da aver stanziato, nella sola Europa, un fondo di 255 milioni di euro da investire nel loro talento.

Breve e coinvolgente

I video di TikTok durano al massimo tre minuti. Un limite che vuole spingere i creator a differenziare la loro comunicazione rispetto ai canali video più consolidati, come il classico YouTube o IGTV, il canale video di Instagram. La brevità è necessaria per mantenersi fedeli allo stile espressivo della piattaforma, ed è particolarmente apprezzata dai più giovani. Nati con lo smartphone in mano, gli adolescenti di oggi non hanno la ritrosia da telecamera che caratterizza le generazioni precedenti. Mostrarsi in video è per loro un fatto naturale e spontaneo. Piuttosto che rimanere a guardare lo schermo, come è abituato a fare chi è cresciuto con la tv, preferiscono rendersene protagonisti, ponendosi quindi come soggetti attivi verso il canale di comunicazione e non come un semplice “pubblico”. Questo spinge molto in alto la lancetta dell’engagement. Spesso nascono dei trend, in cui gli utenti sono chiamati a cimentarsi con dei modelli predefiniti (ad esempio, il celebre “dimmi la tua opinione impopolare che fa arrabbiare tutti quando la dici”) o micro-coreografie associate a testi (ad esempio il popolare “Question I get Asked”, dove gli utenti ballano al ritmo della canzone “The Magic Bomb” e possono far apparire in sovraimpressione le domande peggiori che si sono sentiti rivolgere e le relative risposte).

Un pubblico sempre più eterogeneo

L’entusiasmo dei giovani ha fatto da apripista a target di età più adulta. Oggi non è inusuale imbattersi in utenti di 30, 40 anni o più. Spesso sono coinvolte intere famiglie, facendo di TikTokil social più intergenerazionale in assoluto. Il suo stile ha contagiato tutti, a cominciare dai professionisti: medici e infermieri che smontano falsi miti sulla salute; avvocati che offrono brevi consigli legali; insegnanti che spiegano “in pillole” e in modo simpatico le materie più ostiche. Persino religiosi di ogni Fede hanno trovato in TikTok un nuovo mezzo per raggiungere il proprio “gregge”. Questo significa che anche da un punto di vista della profilazione marketing siamo davanti a un pubblico sempre più variegato, che include influencer, follower e decisori d’acquisto (soprattutto consumer, ma c’è da scommettere che il prossimo a crescere sarà il segmento B2B).

Pubblicità e marketing su TikTok

TikTok mette a disposizione degli investitori una piattaforma di marketing e pubblicità che si differenzia da quelle più note per le potenzialità che offre, in grado di integrare la forza dell’influencer marketing con l’advertising nativo, che grazie a un efficace algoritmo pubblicitario permette di raggiungere facilmente il pubblico desiderato. Un esempio? Lo scorso anno il brand italiano Galbanino ha lanciato su TikTok la #Galbachallenge, una “sfida” che ha coinvolto pubblico e creator sulle note di una canzone trap. I risultati sono stati notevoli: i video distribuiti sulla piattaforma hanno raggiunto 26 milioni di visualizzazioni per oltre 3 milioni di utenti e generato oltre 43mila interazioni.

La situazione in Svizzera

TikTok sta conquistando anche la Svizzera: in un anno il social ha registrato una crescita del 30% e le aziende non sono state a guardare. Il noto digital strategist Mike Schwede ha stilato una classifica: brand attivi su TikTok in Svizzera sono oltre 100, e provengono in particolare dal settore dei beni di consumo e dei media, seguiti in terza posizione dal turismo (ma si tratta pur sempre del settore più colpito dalla recente pandemia). Tra i casi di successo emergono Rado, Coop, Migros e Red Bull, brand molto noti ma che hanno deciso di investire in questo nuovo canale per rafforzare ulteriormente il legame con il proprio pubblico. Con queste premesse, TikTok potrebbe presto diventare il nuovo protagonista del digital marketing mix. Un buon motivo per implementarlo
subito nella vostra strategia digitale.


Vi piacerebbe avere maggiori informazioni sulla strategia TikTok? Vi aspettiamo al corso online “Tik Tok, le opportunità per le aziende dall’advertising all’influencer marketing” organizzato dalla Cc-Ti per il 18 novembre 2021. Iscrizioni e maggiori dettagli qui.

Articolo a cura di Manuela Cuadrado, Account Manager Breva Digital Communication Sagl

Introduzione d’IA nel quotidiano delle aziende

L’intelligenza artificiale (IA) è ormai un tema attuale che viene promosso a più riprese da molte parti. Questo perché il potenziale di questa tecnologia è molto alto e sta trasformando il modo di vivere e lavorare di tutti al pari di altre tecnologie (chi riuscirebbe a immaginare il proprio lavoro oggi senza Internet?). I progressi più importanti per le aziende nel campo dell’IA sono stati realizzati negli ultimi anni e stanno ancora accadendo. In mezzo a questo turbine di informazioni, è di aiuto conoscere esempi concreti di cosa è attualmente implementato per identificare eventuali opportunità per la propria azienda.

Come ogni potenziale innovazione, questa ha senso essere implementata solo se il vantaggio che ne deriva è maggiore dello sforzo necessario per implementarla. È quindi utile tracciare a grandi linee la propria strategia aziendale così da confrontarla con le possibilità esistenti e riconoscere in quale area esplorare l’introduzione di questa tecnologia e dove questa porta maggiori vantaggi: se si è una ditta che lavora su grandi volumi con una forte pressione sui margini, l’IA può aiutare ad automatizzare processi già altamente standardizzati o identificare opportunità nascoste di ottimizzazione. Per altre, l’IA aiuta a posizionarsi in maniera più competitiva sul mercato, a mantenere una posizione di leadership o a espandere il proprio mercato.

Un’opportunità è l’IA impiegata per consentire ai robot di percepire e rispondere al loro ambiente: questo aumenta notevolmente la gamma di funzioni che i robot possono svolgere.

Oggi vediamo per esempio l’utilizzo di robot in aree usate da persone per automatizzare il trasporto di materiale all’interno di un edificio. Questo è un grande progresso che permette di introdurre robot laddove questi erano prima esclusi per questioni di sicurezza. Su un piano più strategico, l’IA può aiutare un’azienda a definire i prezzi per i propri prodotti e servizi con una maggiore precisione, basandosi sui dati passati, così come l’andamento dei mercati e le caratteristiche individuali dei propri clienti. Basandosi sull’analisi dell’esperienza passata, l’IA suggerisce o fissa i prezzi più adatti così da poter ottimizzare il volume di vendita o i margini senza compromettere la propria concorrenzialità, come è stato provato dall’industria del turismo e delle vendite al dettaglio che ne fanno un uso costante.

L’introduzione di IA presuppone la volontà di un’azienda di iniziare una trasformazione che permetterà di valorizzare al massimo le qualità del proprio personale. L’IA può servire da supporto nell’esecuzione di compiti complessi che richiedono rapidità e precisione. Coinvolgere nel modo corretto fin dal principio le persone toccate permette di evitare resistenze e di ottenere risultati che possono superare le aspettative iniziali.

È il caso di una clinica romanda che ha introdotto l’IA per migliorare la gestione del proprio servizio di pronto soccorso. Ogni emergenza è un fatto unico e spesso inaspettato. Quando però si è deciso di esplorare l’opportunità di introdurre l’IA, un’analisi dei dati delle urgenze, combinato con altri dati disponibili sul mercato, ha permesso di notare correlazioni interessanti. Sulla base di ciò si è allenata un’IA capace di predire in tempo reale e con un’accuratezza che supera il 90% il numero di visite al servizio di pronto soccorso della giornata, così come il tipo di emergenza di ogni visita. Questo ha permesso di allocare le risorse in maniera più efficiente in quanto la clinica non è più vittima dell’inaspettato, ma può prepararsi e programmare la giornata in funzione di quanto già previsto. La partecipazione del personale coinvolto ha permesso di tradurre questo vantaggio in un miglioramento di tutte le attività che erano prima impattate dall’incertezza delle urgenze, nonché di far leva su questo successo ed espandere l’uso dell’IA per gestire e prevedere l’andamento in maniera minuziosa della degenza dei propri pazienti. L’attività si è trasformata dal dover principalmente reagire ad avvenimenti inaspettati all’ottimizzare la cura di ogni paziente sulla base di previsioni attendibili.

L’IA inizia ad essere quasi d’obbligo laddove la sua introduzione è iniziata prima di altri settori. È importante scegliere per l’implementazione di queste soluzioni dei fornitori specializzati nel settore specifico. I migliori offrono infatti l’esperienza necessaria per elaborare una soluzione che permetta di portarsi al passo con la concorrenza più avanzata e far emergere il vantaggio che un’azienda offre.

Un altro esempio è l’utilizzo dell’IA per migliorare il controllo qualità di produzioni industriali di componenti meccaniche. Si è in grado di identificare una serie di sensori che analizzano ad una velocità altissima (così da non rallentare le macchine) ogni pezzo prodotto, così da assicurare l’identificazione di eventuali difetti che avrebbero richiesto altrimenti un’analisi più lenta con dei metodi magari più dispendiosi. L’IA è stata allenata ad analizzare tutte queste informazioni e a identificare i pezzi che non corrispondono agli standard richiesti. Grazie alla combinazione delle informazioni analizzate, l’IA è in grado di identificare il pezzo difettoso e di creare un modello tridimensionale che mostra il difetto identificato. Questo permette di aumentare drammaticamente la qualità del prodotto offerto, così come l’impiego dell’esperienza degli specialisti, che possono concentrarsi in attività a maggiore valore aggiunto.

L’IA porta con sé il potenziale trasformativo che hanno portato altre rivoluzioni tecnologiche, il che può però creare rischi legali. Se l’IA viene implementata senza considerare quali sono le conseguenze più ampie legate alla regolamentazione in vigore così come alle aspettative delle persone che ne sono toccate, come per esempio i propri clienti, fornitori, dipendenti o le autorità con cui una ditta collabora, le ripercussioni legali e sulla reputazione e possono essere importanti. Questo perché le questioni legali ed etiche da considerare sono molteplici e complesse, e solo una conoscenza approfondita di questi aspetti combinati con una comprensione profonda del funzionamento dell’IA permette di identificare dove risiede il maggiore potenziale, quali sono le best practices da seguire e quali sono i rischi da evitare.

Un tipico esempio di ciò è l’introduzione di strumenti che permettono di monitorare la propria infrastruttura informatica per identificare e segnalare eventuali minacce. La sicurezza informatica è ormai considerata una delle responsabilità inderogabili della direzione, in quanto i dati e sistemi collegati all’infrastruttura digitale sono di vitale importanza per una ditta e richiedono una protezione elevata da attacchi sempre più sofisticati. Sistemi di monitoraggio basati sull’IA, allenati nello spazio di 24 ore sulle caratteristiche specifiche di una ditta, permettono di identificare attività che si discostano dalla normalità nel giro di manciate di minuti, al posto di giorni, così da poter reagire immediatamente non solo ad attacchi informatici, ma anche a minacce che emergono dall’interno, quale l’utilizzo di servizi non sicuri o addirittura il tentativo di danneggiare la ditta. È però fondamentale analizzare quali dati possono essere raccolti e come possono venire analizzati, così da non incorrere nel rischio di ledere i diritti dei dipendenti e dei propri clienti. La scelta del provider è anche influenzata dai requisiti di sicurezza imposti dal particolare campo d’attività del cliente.

Bisogna infine avere sempre un occhio puntato ai costi e le questioni pratiche legate all’implementazione dell’IA. Come menzionato all’inizio, l’effetto dell’adozione di strumenti IA è moltiplicato se inserito all’interno di una strategia digitale che permette di sfruttare al massimo l’effetto trasformativo che la digitalizzazione dei processi porta con sé. Prevedere una rivoluzione interna del modo di lavorare in poco tempo spesso porta a un’esplosione di costi e ritardi continui. È quindi consigliabile iniziare con piccoli passi, adottando piccole soluzioni che permettono una prima esperienza con questa tecnologia senza dover investire troppe risorse. Il successo di queste iniziative serve come trampolino di lancio per una graduale evoluzione della propria attività mantenendone gli elementi più preziosi.

L’IA può essere introdotta ovunque ed offre magnifiche opportunità. Tuttavia, la scelta dell’iniziativa più adatta, del provider giusto, così come il coinvolgimento delle persone toccate e la pianificazione dei vari aspetti specifici a questa tecnologia è fondamentale per garantire un’esperienza positiva e quindi valorizzare appieno il proprio potenziale.


Abbiamo parlato di “Esempi pratici d’Intelligenza Artificiale nel quotidiano delle aziende” nel primo webinar di settembre della Cc-Ti, a cui hanno assistito una cinquantina di partecipanti.
Sono intervenuti Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti – che ha portato il saluto di benvenuto e fatto un’introduzione al tema – e Prisca Quadroni-Renella e Mauro Quadroni, Avvocati, Partner fondatori della AI Legal & Strategy Consulting SA.

L’approfondimento sul tema è a cura dei relatori del webinar.


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I servizi export digitali della Cc-Ti

La Cc-Ti, fondata nel 1917, da oltre 100 anni, lavora come associazione mantello dell’economia ticinese al servizio delle aziende, sia quelle che operano con e sul mercato interno come pure quelle che lavorano con l’estero. Negli anni l’economia, le persone, le imprese e il mondo nel suo complesso, si sono “tenuti al passo” per fronteggiare al meglio le molteplici esigenze sempre più impegnative dell’internazionalizzazione.

Per questo motivo, crediamo che non ci sia momento migliore per avvalersi del mondo della digitalizzazione anche nel settore dell’export, e in particolar modo, per il rilascio dei certificati d’origine.
Senza un certificato di origine rilasciato da una Camera di commercio e dell’industria competente, che confermi la provenienza della merce, non è possibile esportare dei prodotti in un Paese con il quale la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS) o altre attestazioni di origine, per le quali quali, inoltre, si richiede sempre più celerità nell’emissione.  

Fino a pochi anni fa era impensabile poter richiedere la legalizzazione di documenti per l’esportazione, quali certificati di origine, fatture e altre attestazioni, tramite un portale web. Complice anche la pandemia e l’incremento dell’home working, da qualche tempo è possibile richiedere l’emissione dei documenti direttamente online comodamente da casa o dall’ufficio. Infatti, non è mai stato così facile, veloce e sicuro richiedere un certificato d’origine. Tutto questo è possibile grazie all’utilizzo della piattaforma www.certify.ch, già in utilizzo con successo e praticità anche per altre Camere di commercio e dell’industria svizzere (CCIS).

Per tutte le aziende che erano abituate a fornire le domande di attestazione e a ricevere i documenti via posta cartacea, adesso tutto può avvenire semplicemente online. I certificati e i documenti legalizzati potranno poi essere comodamente stampati dal richiedente o utilizzati in PDF. La piattaforma non ha alcun costo supplementare e i prezzi delle differenti prestazioni rimangono invariati. Si guadagna sicuramente in velocità e in sicurezza.

La piattaforma è accessibile 24h su 24h, 7 giorni su 7, accedendo con il proprio nome utente e la propria password, che la Cc-Ti vi rilascerà al momento della creazione dell’account.

Un altro documento che si può richiedere online è il Carnet ATA (Ammissione temporanea/Temporary Admission), questo documento doganale ufficiale viene definito come il passaporto per le merci utilizzato per l’esportazione temporanea di merce all’estero, per quanto riguarda le mostre fiere e congressi, campioni commerciali e materiale professionale.

L’idea di un regime di ammissione di franchigia per i campioni era già stata elaborata su base bilaterale tra Austria e Svizzera, regime che entrò in vigore tra i due Paesi nel febbraio del 1954. Fu così creata la prima Convenzione, con la documentazione Carnet ECS (dal francese “Echantillons Commerciaux”) che andava a sostituire qualsiasi deposito o garanzia per i dazi e gli oneri all’importazione.
A seguito del successo del Carnet ECS seguì il Carnet ATA, visto come una versione aggiornata a quella precedente.
Anche questo documento era compilato manualmente. Purtroppo, ancora oggi il documento ATA non è ancora del tutto digitalizzato, ma si sta lavorando a un prototipo per renderlo fruibile al 100% in formato elettronico.

Il Carnet ATA è uno strumento che garantisce notevoli vantaggi sugli scambi internazionali e assicura maggiore semplificazione dei regimi doganali, facilitando così l’esportazione temporanea di merce all’estero, armonizzando le svariate procedure, proseguendo obbiettivi di carattere economico, culturale, sociale, umanitario e turistico.

Un documento simile è il Carnet CPD, utilizzato solamente per le esportazioni temporanee a Taiwan e in un certo numero di Paesi ATA tra cui la Svizzera. Questo documento viene rilasciato dalla Camera di commercio e dell’industria e le condizioni per il suo uso sono identiche a quelle previste per il Carnet ATA.

Per poter richiedere un Carnet ATA bisogna contattare la propria Camera di commercio e dell’industria, che vi indirizzerà sul portale www.ataswiss.ch, la pagina sulla quale si possono richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account. Anche questo portale è accessibile 24 h su 24 h, 7 giorni su 7, comodamente da casa o dall’ufficio. Una volta effettuato il log-in con il proprio nome utente e la propria password, si può iniziare in modo semplice e pratico la compilazione del documento ATA.

Per qualsiasi informazione il servizio Export e Legalizzazioni della Cc-Ti è a vostra disposizione.

In azienda arriva il pompiere digitale

Per anni la sicurezza informatica è stata menzionata in ogni occasione pubblica, senza però trovare poi la giusta attenzione da parte di chi, nelle sedi opportune, decide gli investimenti aziendali strategici.

È sempre stata considerata come una disciplina di secondo ordine, da ricondurre alla voce “altri ed eventuali” durante le riunioni dei consigli di amministrazione.
Insomma, qualcosa di necessario ma non così importante. Questa è la fotografia da cui partire per lasciarsi alle spalle ciò che è stato e per guardare al futuro con grande ottimismo, e soprattutto per cogliere le prossime innumerevoli opportunità. Per farlo è necessario un’inversione di marcia, che apra la strada a una nuova concezione di sicurezza informatica.

Per molto tempo gli addetti alla cybersecurity aziendale hanno cercato di convincere manager e amministratori delegati di quanto fosse importante cambiare passo, aggiornando le competenze, le strategie e anche gli strumenti. Infatti, in molte realtà permangono tutt’ora le ultime sacche di percezione che la sicurezza informatica – la cybersecurity – sia unicamente una questione di strumenti e non di processi. In particolare, in diversi la ritengono ancora una questione puramente informatica, piuttosto che un’attitudine continua e condivisa, necessaria a garantire la sicurezza dei dati e delle infrastrutture critiche di tutta la filiera produttiva. Lo scenario che ci attende nei prossimi mesi richiede quindi attenzione, e va proprio in questa direzione. È senza dubbio ricco di novità e cambiamenti ai quali non sarà più possibile abdicare.

Il primo cambiamento in atto riguarda l’approvazione da parte del Parlamento svizzero, avvenuta il 20 settembre 2020, della revisione totale della nuova legge sulla protezione dei dati (LPD). Una nuova legge che focalizza l’attenzione sulla trattazione dei dati personali, includendo implicitamente molte indicazioni strettamente legate alla sicurezza delle informazioni.

Il secondo, invece, chiama in causa l’approccio generale alla gestione della sicurezza informatica, che dal 2018 la Confederazione svizzera ha adottato a livello nazionale: il National Institute of Standards and Technology (NIST) Cybersecurity Framework (CSF). Un insieme di indicazioni riconosciute a livello internazionale e già adottate in Europa con il
GPDR, suddivise in cinque funzioni operative (recuperare, identificare, proteggere, rilevare, rispondere e recuperare), utili per le aziende e le pubbliche amministrazioni – ma anche per i privati cittadini – per misurare il proprio livello di sicurezza infrastrutturale. La visione della strategia è molto chiara: uniformare quanto più possibile, tra i Paesi comunitari e la Svizzera, la gestione della nuova cybersecurity. In questo modo si potrà usufruire di molteplici vantaggi, per esempio, 1) disporre della medesima interpretazione di trattamento del dato personale; 2) seguire il medesimo framework di riferimento per la messa in sicurezza dei dati e delle instratutture critiche. Tutto ciò assume ancor più valore per un Cantone di frontiera come il nostro.

Il terzo elemento da includere nella cesta dei cambiamenti in corso è il numero crescente di attacchi informatici, come è stato dimostrato dalle recenti statistiche pubblicate dalla Polizia cantonale.

Ecco perché, in funzione delle cinque fasi proposte dal NIST per la gestione dei rischi informatici, entra in gioco un nuovo alleato molto utile non più solo in fase repressiva, ma anche in fase preventiva: l’informatica forense.
Questo nuovo approccio consente all’azienda di impiegare le conoscenze e le competenze messe in campo dall’informatica forense per la gestione postuma di un incidente informatico, anche nella fase di definizione delle strategie di difesa cyber, rinforzandole e rendendole proporzionate e adeguate al business aziendale, più complete, resilienti e oculate per ottenere un piano di risposta agli incidenti di tipo interdisciplinare.

Un modus operandi che migliora i crismi di sicurezza di tutto il perimetro aziendale, alloccando le giuste risorse affinché che non si esauriscano con l’installazione di strumenti e piattaforme, bensì diventino processi agili costantemente attivi in ogni punto della filiera produttiva dalla progettazione alla vendita del prodotto. La somma di tutti questi elementi porta così alla luce un nuovo paradigma per la gestione della sicurezza informatica del prossimo futuro. A questo proposito però è opportuno fare chiarezza anche sulla figura professionale che dovrà occuparsi di queste attività.

Spesso in passato abbiamo parlato dell’importanza di disporre in azienda di un hacker etico, una figura tecnicamente preparata per cercare le vulnerabilità tecniche e i punti di accesso pericolosi per violare le infrastrutture critiche e impossessarsi dei dati sensibili senza commettere reati. Ma spesso la rappresentazione dell’hacker, seppur etico, ha trovato molti timori e reticenze da parte di chi, in azienda, riconduce questa figura a una persona incappucciata davanti a una serie di monitor dislocati nello scantinato di casa.

Forse è opportuno cogliere l’onda dei cambiamenti in atto, per inserire metaforicamente una nuova figura professionale, che per sua natura non spaventi. L’emblema per eccellenza di coloro che con competenza, reazione, responsabilità e disponibilità sono chiamati a risolvere problemi ed emergenze. Una figura che appartiene al mondo della sicurezza, e che posta nel mondo della cybersecurity assume le vesti del pompiere digitale.

Chissà, forse è la volta buona per cancellare definitivamente dalla voce “altri ed eventuali” la parola cybesecurity nella sua vecchia accezione, per inserirla trasversalmente come opportunità lungo tutto il piano strategico aziendale.


Articolo redatto da

Alessandro Trivilini, Responsabile del Servizio di informatica forense SUPSI e membro del Gruppo cantonale strategico CyberSicuro

La tua immagine dice chi sei

La ‘business etiquette’ ai tempi della digitalizzazione. Videochiamate, video conferenze, corsi di formazione online e webinar, la presenza ‘fisica’ diventa virtuale. Come pure la nostra immagine, perché ci si confronta via Zoom, Teams, Skype, e ci si vede ‘solo’ in video. Esistono regole da seguire? Ci si affida ‘solo’ al buon senso? Come evitare di fare una brutta impressione?

Dinamiche mutate

Con il COVID-19 e le limitazioni dovute agli spostamenti, si è registrata un’accelerazione di meeting e assunzioni aziendali con colloqui virtuali. Un recente studio della piattaforma di recruiting online Monster – che ha coinvolto 3’100 selezionatori e oltre 7’000 dipendenti nel mondo con un focus su USA e Regno Unito – ha confermato l’incremento di queste modalità di selezione nelle risorse umane, dichiarando che almeno la metà delle assunzioni e degli inserimenti in azienda avviene ormai in maniera virtuale.

Un caso concreto

Durante un webinar la moderatrice media la sessione delle domande fra diversi partecipanti. Nello specifico una partecipante (età media, professionista nel suo ambito) si distingue dagli altri per l’ostentata sicurezza e insolenza con cui risponde ai quesiti, risultando quindi molto poco empatica.
Da dove deriva quest’impressione? Si può davvero percepire in modo così tangibile? Contrariamente a quanto si può pensare, non si tratta dei contenuti delle risposte né dalle parole usate, ma dalla mimica e dalla comunicazione non verbale, che lasciano intendere una certa noia e saccenza. Il suo messaggio è chiaro: “so già tutto… questa è una perdita di tempo… sono qui perché ho dovuto… mi annoio”.

Questione di distanze

Il malumore di un partecipante o di un relatore ad una sessione in videoconferenza risalta subito all’occhio, nel vero senso del termine.
Normalmente, durante un evento la distanza fisica tra i partecipanti e i relatori varia da cinque a dieci metri circa. Questo spazio protegge e garantisce, in un certo senso, un “anonimato”: se si dovesse manifestare in un’occhiataccia o un momento di noia, molto probabilmente passerebbe inosservata.
Nel mondo virtuale questa distanza viene praticamente annullata, perché non ci si può nascondere, se non disattivando manifestamente la videocamera e/o silenziando il microfono (opzione questa non sempre possibile), ed è come se ogni partecipante partecipasse a tutto ciò che accade da una distanza di 20 cm. Ma c’è di più: la tecnologia e gli ingrandimenti dello schermo possibili, sempre più performanti, ci sono “nemici” perché evidenziano ancora di più incertezze, dubbi e dissensi.

L’importanza della comunicazione non verbale

Nell’ambito della comunicazione possiamo riconoscere ed approfondire alcuni aspetti che la completano e la caratterizzano: il linguaggio del corpo, le microespressioni, la prossemica, la cinesica, il contatto visivo, …
Nell’era della digitalizzazione e con l’avvento del crescente numero di videconferenze alcuni di questi aspetti vengono amplificati.

Ci siamo mai fermati a riflettere su cosa comunichiamo? Non a livello verbale, ma con i nostri gesti, le nostre emozioni, le espressioni del nostro volto. Chi interagisce con noi riceve due segnali: il primo è quello verbale che porta il messaggio della nostra comunicazione, il secondo conferma, sottolinea, smentisce, evidenzia, ecc. ciò che diciamo a parole, e lo fa con tutta una serie di “piccolezze” insite nel nostro modo di essere: come ci muoviamo, come ci esprimiamo, le nostre espressioni ed emozioni, ecc.. A livello professionale, nello studio, l’approfondimento di alcuni di questi parametri può essere un valido supporto nella “decodifica” dei messaggi che l’interlocutore che abbiamo dinanzi ci sta inviando. Così facendo possiamo essere agevolati nella lettura e, ad esempio, nella trattativa o negoziazione di un accordo, in un colloquio di assunzione, durante un evento, in una compravendita, e così via.

Già Charles Darwin, ideatore della teoria dell’evoluzione, ha approfondito le sue intuizioni sull’origine delle specie nel trattato “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, sostenendo, nel 1872, che le espressioni facciali avessero la ragione evoluzionistica di aiutare gli altri ad adattarsi all’ambiente circostante.

Da allora la ricerca scientifica in quest’ambito è proseguita, concentrandosi sulle emozioni e la loro espressione, con strumenti di analisi e decodifica sempre più precisi.
In questo senso anche le videoconferenze non fanno eccezione, anche se possiamo decodificare “solo” alcuni aspetti della comunicazione non verbale e non la totalità.

Una «business etiquette» per l’era digitale

Se dovessimo delineare una sorta di ‘vademecum’ di cui tener conto per delle video call (sia che si tratti di webinar, di riunioni o di colloqui) fluenti ed efficienti, ecco a cosa occorrerebbe prestare attenzione:

  • Preparazione: sia che si tratti di un colloquio o di una riunione, il virtuale esige un’attenta preparazione per non dilungare eccessivamente i tempi di svolgimento.
  • Prove di connessione: familiarizzare in anticipo con gli strumenti virtuali permette di non arrivare impreparati ed essere colti alla sprovvista in caso di problemi tecnici.
  • Normalmente tutti dovrebbero connettersi in video, vedere il proprio interlocutore e farsi vedere è molto importante per permettere una corretta connessione non verbale, avendo l’accortezza di silenziare il microfono quando non è il loro turno di parlare.
  • È richiesta una maggiore concentrazione per le riunioni online: il nostro sguardo deve mantenersi attivo verso lo schermo, così da “connettersi” con gli altri partecipanti.
  • Puntualità nella connessione: chi non ha mai vissuto i 3-5 minuti di silenzio ‘imbarazzante’ aspettando che tutti si connettessero?
  • Ambiente professionale: anche se siamo in smartworking un minimo di rigore è richiesto. Evitiamo disordine nell’ambiente circostante, rumori, sfondi non pertinenti, altre persone nella stanza. Attenzione alla luminosità, per non risultare in un video troppo buio o eccessivamente chiaro.
    Lo stesso discorso vale per l’abbigliamento, che deve essere adeguato, la scelta deve essere uguale a quella che avreste adottato in presenza.

 Strumenti utili

Ribattezzate ‘soft skills’, sono quelle abilità cognitive, relazionali e comunicative che permettono all’individuo di interagire al meglio con gli altri. Fra queste, nel contesto di questo articolo, possiamo citare la «learning agility», ossia la capacità che permette alle persone di affrontare situazioni nuove o impreviste, di imparare a utilizzare nuovi strumenti, affinare e sviluppare le proprie competenze con modalità diverse da quelle apprese sino a questo momento.

Una competenza che vale la pena, senza dubbio, di allenare.

Impedire la cibercriminalità: manuale per PMI

Un’interessante pubblicazione destinata alle aziende, edita dalla Polizia cantonale

La digitalizzazione apre nuove opportunità di crescita e possibilità d’impiego per l’economia. Ciò significa pure, tuttavia, una crescente dipendenza da una funzionante infrastruttura informatica digitale. Determinati criminali ne approfittano in pieno. Dall’azienda artigianale fino a grandi imprese con parecchie migliaia di collaboratori – ognuno ne può essere vittima. Già il 40 percento delle imprese svizzere che hanno partecipato a un’inchiesta hanno indicato di avere sofferto di cibercriminalità Nei fatti, non soltanto possono finire offline i siti web, ma può rimanere colpita l’intera rete informatica di un’impresa. Il più delle volte le imprese subiscono danni finanziari e in molti casi vengono rese pubbliche anche informazioni riservate.

Tutte le informazioni sulla prevenzione dei crimini informatici e del manuale per PMI sono disponibili qui.

L’intelligenza artificiale al servizio delle aziende

Le differenti forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra quotidianità. La presenza di questi sistemi rappresenta un sostengo alla semplificazione di attività basiche. Riflessioni in merito.

Macchine e computer riescono già a capire comandi verbali, distinguono immagini, guidano automobili, giocano ai videogames meglio di come lo facciamo noi; quanto ci vorrà prima che queste intelligenze riescano a camminare e confondersi tra di noi?

L’intelligenza artificiale (IA) è un argomento ricorrente, un settore della ricerca tecnologica che sembra lontana all’orizzonte, ma in realtà, è già presente nelle nostre vite. L’IA è spesso vista come un umanoide in forma robotica, con cavi, voce metallica e movenze lente. Nonostante quest’immagine forse un po’ cinematografica, l’IA non è solo rappresentativa del mondo dei robot. Esistono infatti quattro tipi di intelligenza artificiale, ciascuna mirata a simulare le capacità simili a quelle umane.

Contestualizzare l’IA

Prima di scoprire quali siano le diverse forme di intelligenza artificiale, è di vitale importanza definire cosa sia l’IA, la quale viene spesso associata con il progresso digitale, con l’informatica e la tecnologia, ma che in realtà, nella sua definizione è ben più estesa di concetto e di aspirazione all’innovazione futura.
Nell’estate del 1956 John McCarthy, scienziato statunitense, ritenuto uno dei fondatori dell’IA, organizzò un workshop nel New Hempshire a cui parteciparono una decina di matematici e scienziati. Lo scopo era quello di poter sviluppare nuove idee in direzione di quelle che fino ad allora erano definite come “macchine pensati”. Fu a quel tempo che venne coniato il termine “artificial intelligence”, così come discusse le basi tecnologiche di linguaggi di programmazione, reti neutrali e diverse teorie di computazione.

L’IA simula i comportamenti, come la capacità di apprendere e di risolvere problemi, simili a quella della mente umana. La definizione di quali siano considerate o meno intelligenze artificiali si evolve con il tempo. Grazie alla digitalizzazione, sempre più macchine necessitano di capacità considerate “di routine”.

L’“AI effect” è un fenomeno per cui l’attribuzione della definizione di intelligenza artificiale viene spinta sempre più verso un livello maggiore di abilità simile a quello umano.
Per fare un esempio: il riconoscimento facciale non è più considerato un’IA, in quanto, è una forma di intelligenza di routine, che è di frequente uso in tutto il mondo. Altre forme come l’abilità di capire il linguaggio umano sono invece classificate come IA, in quanto, è ancora attuale e permette un ampio spettro di miglioramento e perfezionamento. L’automatizzazione dei veicoli, le simulazioni militari, i modem capaci di inviare contenuti in maniera sistematica ed autonoma ad altre reti, sono pro forma definite come profili di Intelligenza Artificiale.

Quattro tipologie di intelligenza artificiale

  • Macchine reattive

La base dell’IA è puramente reattiva e comprende l’abilità di includere il momento presente e di agire di conseguenza, ma senza avere una memoria remota o la capacità di utilizzare esperienze passate per prendere una decisione. Si basano, in pratica, su un sistema di risposta agli stimoli. Si tratta di automatismi che permettono di utilizzare macchinari per attività di routine, ripetitive, come il lavoro di produzione a catena, dove l’attività svolta non richiede l’ingaggio di un pensiero proattivo.
Si pensi al celebre film “Tempi moderni” del 1936 con Charlie Chaplin, dove la catena di produzione richiedeva un impiego di operai al fine di svolgere attività monotone; dove appare la famosissima scena in cui si vede l’attore stringere bulloni fino a venir assorbito completamente da questo movimento meccanico ripetitivo.
Un altro esempio di macchina reattiva è la Deep Blue della IBM, la quale è stata capace di vincere una partita di scacchi l’11 maggio del 1977 contro il gran master Garry Kasparov. Questa partita fece storia, in quanto fu la prima volta in assoluto che un computer riuscì a battere un uomo. Deep Blue ha potuto identificare quali pezzi della scacchiera erano sulla tavola da gioco e decise quali mosse fare di seguito.

  • A memoria limitata

Il secondo tipo di intelligenza artificiale è la cosiddetta “a memoria limitata”, ovvero con la capacità di detenere una memoria del passato e di aggiustare il proprio comportamento di conseguenza.
A differenza della memoria umana, questa tipologia di IA è transitoria, cioè non si tratta di una memoria a lungo termine. Ciò significa che non genera un bagaglio d’esperienza e di conoscenza di situazioni già vissute.
Ad esempio, le automobili che si guidano da sole integrano già questo sistema di IA. Sono infatti capaci di osservare l’ambiente circostante e di monitorarlo nel tempo; queste automobili controllano la velocità e la distanza degli altri veicoli, e sulla base di queste informazioni aggiustano la propria velocità. L’osservazione in movimento non può essere programmata, ma quella del riconoscimento di linee di marcatura della strada, le luci dei semafori, i cambiamenti di retta della strada sì. Tutti questi elementi possono essere programmati per essere riconosciuti dalla macchina.  

  • La teoria della mente umana

Il terzo tipo di IA è costruito su una base più emotiva legata alla natura dell’uomo. L’idea di questi supporti artificiali è ideato per comprendere la sfera di emozioni e di pensieri degli esseri umani. La capacità di identificare un’emozione permette di capire la motivazione e l’intenzione di una persona, e se si parte dal presupposto che queste intelligenze cammineranno tra di noi, diventa opportuno che esse siano capaci di identificare gli aspetti sociali e interazionali della nostra società, e di adattare il loro comportamento in base al quanto osservato. L’obiettivo di questa forma di intelligenza è quella di permettere una collaborazione proattiva tra umani e macchine, grazie alla creazione di una comunicazione efficace, dove la cognizione umana è riconosciuta anche dalla macchina. Il cambiamento del modo di lavorare e di interagire con i vari stakeholder a livello aziendale e professionale fa sì che alcuni aspetti legati per esempio al servizio consumatori, alla prevenzione di frodi per scambio di persona, alla sicurezza delle infrastrutture IT, al trasformazione delle catene di produzione e anche al modo di selezionare il personale siano campi in cui la teoria del riconoscimento di emozioni e la predisposizione a identificare un comportamento, permettano di accompagnare e sostenere tali attività. Non si tratta di sostituire la persona che svolge oggi questo mestiere, ma di aggiungere un sostegno nel compimento di queste attività.

  • Auto-consapevolezza

La quarta tipologia di intelligenza artificiale è costruita attorno alla capacità di autorealizzarsi, ovvero, di formare una rappresentazione di sé stesso in quanto presenza in un determinato luogo. Basti pensare alla differenza tra il concetto di “voglio questo determinato elemento” che implica un’azione conseguente ad una reazione emotiva, al “so di volere questo elemento” cioè la capacità di comprendere la ragione di un’azione determinata da un’emozione.
L’intelligenza artificiale di questo tipo è estremamente complessa ed è in ampio sviluppo, al fine di creare delle apparecchiature in grado di autoregolarsi, ed è in continua evoluzione. Un’automobile che riconosce il suono del clacson del veicolo retrostante, ad esempio, comprende non solo la provenienza del suono, ma percepisce che la persona al volante sta esprimendo un sentimento di impazienza e per questo è necessario un comportamento proattivo, ovvero, avanzare nella marcia.
Nell’agosto del 2018 all’International Dota 2 Championships a Vancouver in Canada, un gruppo composto da intelligenze artificiali con capacità di autorealizzazione hanno perso clamorosamente contro una squadra di giocatori di videogames professionali. Ciò è accaduto perché, per quanto possa essere avanzata questa forma di IA, non è ancora stato possibile raggiungere un livello sufficiente per simulare le basi delle capacità della mente umana. I videogiochi, a differenza degli scacchi, hanno un livello di analisi e di azione-reazione più rapido e dinamico, per questo motivo sono considerate di più difficile competizione per i computers.

Nelle aziende il futuro è già quotidiano

Il ruolo delle IA è centrale per il mondo aziendale, in forma basica o ibrida.
Nel settore industriale le IA possono essere integrate nei processi che richiedono una presenza manuale ripetitiva; nei servizi destinati ai consumatori queste possono assistere nel rispondere a domande predefinite o a supportare i servizi internet delle pagine web. Le attività di base di gestione delle relazioni con i consumatori, dove vengono processate domande e inviate responsi automatizzati, può essere fornito da sistemi logistici efficienti, accompagnati dall’ausilio di intelligenze artificiali create ad hoc. Responsi a quesiti che vengono assegnati tramite algoritmi in grado di codificare i messaggi ricevuti, trasmettendo risposte concepite anch’esse da un algoritmo definito antecedentemente. Per aziende orientate al mondo dei servizi, come compagnie che necessitano potenti sistemi di business intelligence, le IA possono presentarsi molto utili laddove vengono raccolti ed analizzati grandi masse di dati e informazioni.

Le IA vivono il territorio: alcuni esempi pratici

Sono differenti e svariati gli impieghi delle IA nel nostro Cantone. Grazie alla presenza di istituti di ricerca e università, possiamo contare su un sistema di innovazione sempre aggiornato e in fermento.

In ambito scientifico e di ricerca possiamo certamente citare l’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale (IDSIA) di Lugano, che collabora con la Facoltà di Informatica dell’Università della Svizzera Italiana (USI) e con il Dipartimento delle tecnologie innovative della SUPSI. Gli studi e le ricerche di IDSIA sono volte a valorizzare l’utilizzo delle intelligenze artificiali come sistemi di supporto per l’ottimizzazione, la simulazione e la presa di decisioni in ambiti specializzati; tali quali quello energetico e ambientale, quello dell’ingegneria e della produzione, quella delle tecnologie industriali, e non da ultime quello delle tecnologie volte all’informazione e alla comunicazione.

In Ticino, l’impiego delle intelligenze artificiali ha varcato le porte degli ospedali, dove, i sistemi di analisi permettono di effettuare gli esami medici (attualmente in ambito gastroenterologo) per il riconoscimento istantaneo di immagini che potrebbero sottolineare la presenza di tumori. Questi apparati aiutano gli specialisti del settore nell’identificazione e nella diagnosi precoce di potenziali carcinomi. Attraverso un accertamento prematuro è possibile curare la patologia prima che essa diventi fatale.
L’aiuto in campo medico-sanitario delle intelligenze artificiali diviene vitale in ambito preventivo e diagnostico. Una prima elvetica, quella messa in campo all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona, unico nosocomio elvetico a disporre di questo strumento per l’individuazione di polipi durante esami gastroenterologi.

ABB, importante gruppo attivo a livello mondiale con sedi anche in Ticino, ha implementato l’uso delle intelligenze artificiali al fine di migliorare l’efficienza e la produttività delle risorse impiegate nella produzione di energia. Da gennaio a fine maggio 2019, ABB ha sostenuto un progetto indirizzato ad aiutare le start-up nell’inclusione di IA nei loro processi di produzione. L’impresa vincitrice del progetto citato ha poi sviluppato un sistema di precisione per la misurazione della produzione di elettricità generata da risorse rinnovabili. Questo sistema verrà utilizzato in maniera integrata al sistema di ABB. La combinazione delle strutture IA con quelle energetiche permette di ottimizzare la generazione di energia e di diminuire i costi, andando sempre più nella direzione di una sostenibilità consapevole nelle sue tre dimensioni (ambientale, sociale ed economica).

Anche la Confederazione, nel settembre 2018, ha approvato una strategia nazionale riguardante il digitale avente le IA come punto cardine di sviluppo in materia. Il risultato del mandato di ricerca commissionato dalla Confederazione ad un gruppo di lavoro interdipartimentale ha permesso di identificare i concetti e le caratteristiche strutturali dei sistemi di predizione e di autonomia di una presenza attiva delle IA nei settori industriali e dei servizi, in quello della formazione, della ricerca e della scienza, dei media, dell’agricoltura, della politica di sicurezza, del settore sanitario, della finanza, dell’energia e del clima, senza dimenticare il settore dell’amministrazione. Questo rapporto permetterà di definire in maniera concisa le linee guida strategiche per l’introduzione nella vita di tutti i giorni delle IA.

Le differenti forme di intelligenza artificiale rivestono diversi ruoli della nostra quotidianità e la presenza di questi sistemi è un sostengo alla semplificazione di attività basiche. L’avanzamento della robotica e dello studio di come programmare computer sempre più intelligenti è rapido e molti istituti si stanno cimentando nella sperimentazione di nuove forme di apparecchi in grado di accompagnarci nella nostra vita professionale e privata.