Negoziare? Si, no, forse, magari…

Nel mirino USA non solo le merci ma anche le regole

Fiumi di parole, ipotesi, dibattiti, proposte di vario genere e via discorrendo. La “nuova” via delle relazioni commerciali internazionali inaugurata dall’attuale amministrazione americana ha scosso tutti e disorientato governi, aziende, commentatori…
L’uso del virgolettato per l’aggettivo “nuova” non è però casuale, perché alcuni elementi sembrano sfuggire ai più, benché siano o dovrebbero essere noti.
Intanto la “tregua” concessa dal presidente americano, che ha sospeso per 90 giorni parte dell’applicazione dei dazi (il 10% di base è rimasto e la Cina è stata esclusa dall’eccezione), dovrebbe permettere di riordinare le idee e/o di intavolare discussioni e negoziati. In questo senso il Consiglio federale si è mosso molto bene, senza panico e cercando rapidamente il contatto diretto con Washington.
È indubbio e appare chiaro come Donald Trump non creda nel multilateralismo e prediliga i negoziati bilaterali con i singoli paesi. È parimenti evidente come utilizzi in maniera più che disinvolta misure anche draconiane, per obbligare la controparte a mettersi al tavolo delle trattative. Modo di fare spettacolare e senz’altro di rottura con il recente passato, ma sarebbe sbagliato pensare che le trattative e le relazioni commerciali siano sempre state all’insegna dell’eleganza oxfordiana.
I rapporti di forza non sono nuovi, forse ci si era illusi che tutti giocassero sempre in maniera corretta e che dietro l’apparente armonia dei partenariati internazionali non ci fossero prove di forza, ripicche e attriti. Basti pensare, rimanendo nel “piccolo” contesto elvetico, che per concludere l’Accordo di libero scambio con l’India ci sono voluti 15 anni…

I precedenti ci sono…

È chiaro che i metodi ruvidi di Donald Trump possono non piacere. Ma sono veramente così “nuovi”? Nei toni espressi pubblicamente probabilmente sì, ma la politica economica americana è sempre stata caratterizzata dall’”America First”, scelta di per sé più che legittima.
E anche i dazi hanno una lunga tradizione. Si potrebbero scomodare esempi dall’antichità o il celebre caso dello Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, quando il Congresso americano, in piena crisi economica, aumentò drasticamente le tariffe su moltissimi prodotti di importazione per difendere l’agricoltura e l’industria americana, con effetti devastanti anche a livello mondiale.
Ma, per restare in tempi più recenti, l’Organo per la risoluzione dei conflitti (Dispute Settlement Body, DCS) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, purtroppo ormai clamorosamente assente dalla scena pubblica da anni…) è stato confrontato, dall’anno della creazione dell’istituzione nel 1995, a 283 casi coinvolgenti gli Stati Uniti. In 124 casi gli Stati Uniti hanno intentato procedure contro altri paesi, in 159 sono finiti sul banco degli “accusati”. Molti di questi casi sono legati a misure tariffali, come l’imposizione di dazi su importazioni di acciaio e alluminio, ormai un grande classico che ritorna continuamente, e su altri prodotti, soprattutto cinesi.
Giocando con barriere non tariffali come il divieto d’importazione negli USA di gamberetti pescati senza dispositivi di protezione per le tartarughe, oppure con sussidi (illegali) al cotone indigeno o dazi sull’olio d’oliva spagnolo, gli Stati Uniti hanno sempre cercato di proteggere la propria industria. Come fanno un po’ tutti, del resto, anche se magari in una modalità diversa e meno spettacolare. Anche l’Unione Europea qualche mese fa ha messo i dazi sulle auto elettriche cinesi (cosa che la Svizzera saggiamente ha deciso di non fare) e la Cina ha risposto con dazi sul cognac, possibili dazi sulle auto europee di grossa cilindrata e indagini su prodotti alimentari europei. Senza dimenticare che la Cina, in virtù della sua posizione di forza sulle terre rare, gestisce a piacimento controlli sulle esportazioni verso il mondo occidentale di materie fondamentali ad esempio per la produzione di microchip essenziali per gli apparecchi elettronici di ogni genere.

Questo per dire che la tentazione protezionistica è sempre stata un’arma utilizzata dagli Stati Uniti, ma non solo, sebbene in questo momento storico i metodi siano decisamente più ruvidi e non si proceda in modo mirato, ma sparando a zero contro tutto e tutti, sulla base di un metodo di calcolo decisamente fantasioso per non dire assurdo. In nome appunto del bilateralismo che dovrebbe sostituire il multilateralismo.
Che poi la strategia sia sensata e che abbia possibilità di successo è tutto da dimostrare e chiaramente non è condivisibile per chi, come la Svizzera, sostiene fermamente il libero scambio, ma questa è un’altra discussione. Intanto però l’obiettivo di forzare gli altri paesi a negoziare è stato già almeno in parte raggiunto e addirittura tutti esultano perché per il momento si deve pagare “solo “il 10% di dazi, in attea di evoluzioni. Un vero trionfo…

Cosa negoziare?

Va detto che questa lunga tradizione di dazi americani non ha impedito all’export svizzero e a quello ticinese, in particolare, di crescere in questi anni. Merito anche di molti prodotti di alta qualità, non facilmente sostituibili e che quindi possono in una certa misura reggere all’impatto di una maggiorazione del prezzo, oppure di un’accorta politica aziendale di produzione negli Stati Uniti pur mantenendo salda la posizione in Svizzera. Vero è che al momento la posta è stata chiaramente alzata da parte americana, con una distribuzione di dazi su quasi tutti i prodotti e in proporzioni che non hanno senso.
Un conto è reagire a una misura che tocca un determinato bene, un altro conto è doversi mettere al tavolo a negoziare misure generali che colpiscono gli ambiti più disparati.
Tuttavia, lo stesso Presidente Donald Trump ha sottolineato esplicitamente che si aspetta l’avvio di negoziati, anche con la Svizzera, come del resto confermato nella lunga telefonata con la Presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter qualche giorno fa.  
Ma cosa significa? Purtroppo, l’attenzione generale si è focalizzata sulle questioni puramente tariffali e la Svizzera, che ha abolito tutti i dazi industriali sulle importazioni mantenendo solo quelli sui prodotti agricoli a tutela degli interessi del settore, è rimasta inizialmente spiazzata.
Su cosa si potrebbe negoziare? Fortunatamente sembrano scartate le fantasiose ipotesi di rappresaglia, come la sospensione dell’acquisto degli aerei da combattimento F-35, che toccherebbe pesantemente anche la nostra industria. Anche perché, come ci si è resi conto ad esempio in Francia, boicottando i prodotti americani e nello specifico la Coca Cola, si metterebbero in ginocchio molte delle aziende indigene che si occupano della produzione e della distribuzione della bevanda nel paese.

Situazione non facile e la via negoziale subito ipotizzata dal Consiglio federale sembra effettivamente l’unica praticabile, anche perché, date le nostre dimensioni nazionali, non siamo certamente nella condizione di adottare misure di rappresaglia. Purtroppo, al momento, gli argomenti razionali sono importanti ma impressionano solo fino a un certo punto.
Sottolineare che garantiamo negli Stati Uniti quasi mezzo milione di posti di lavoro qualificati, che siamo il sesto partner in quanto a investimenti diretti, ecc. al momento sembra non bastare, anche se è importante.
Probabilmente maggiore effetto sull’attuale amministrazione americana ce l’hanno annunci come quello di Novartis di investire negli Stati Uniti 23 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni per ricerca e sviluppo…

Strano che pochi o nessuno abbiano però finora rilevato alcune piste indicate dagli Stati Uniti la scorsa settimana, ossia l’ambito di vere o presunte barriere non tariffali che infastidiscono lo Zio Sam. Il rapporto stilato ogni anno dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) sugli ostacoli al commercio che i prodotti e i servizi americani incontrano all’estero, nell’edizione 2025 ha menzionato la Svizzera tra i Paesi che pongono alcune barriere problematiche secondo Washington.
Sebbene il nostro Paese goda di ottime relazioni economiche con gli Stati Uniti, il rapporto segnala varie aree critiche che andrebbero approfondite, oltre a quella ben nota dei dazi imposti dalla Svizzera sui prodotti agricoli importati. Si tratta fondamentalmente di barriere non tariffali che concernono:

  1. Le misure sanitarie e fitosanitarie, ritenute troppo restrittive e poco scientifiche e che limiterebbero l’accesso sul mercato di prodotti agricoli americani. Un chiaro riferimento è fatto anche alle norme svizzere che limitano fortemente la biotecnologia e quindi gli organismi geneticamente modificati.
  2. Proprietà intellettuale: progressi ritenuti insufficienti
    Nel campo della proprietà intellettuale, il giudizio americano è in chiaroscuro. La Svizzera è stata rimossa nel 2023 dalla “Watch List” del rapporto Special 301, grazie ai miglioramenti nella tutela dei diritti. Tuttavia, gli Stati Uniti criticano l’applicazione della legislazione elvetica sul diritto d’autore e in particolare eccezioni che permetterebbero abusi importanti.
  3. Barriere nei servizi
    Nell’ambito dei servizi, gli Stati Uniti criticano in particolare la cosiddetta “Lex Netflix” che obbliga i colossi americani dell’online a versare il 4% degli introiti per sostenere produzioni svizzere e che obbliga a prevedere una quota minima di produzioni europee nel catalogo di offerta di “video-on-demand”. Sempre nei servizi, viene criticato l’obbligo di residenza in Svizzera per i manager di filiali svizzere di compagnie assicurative di proprietà estera.
  4. Digitale: attenzione ai flussi di dati
    Come menzionato anche dal Vicepresidente americano J.D. Vance nell’ormai celebre discorso tenuto qualche settimana fa a Monaco, anche il settore digitale è oggetto di attenzione. Secondo il motto “gli Stati Uniti innovano, la Cina copia e l’Europa regola”, dove è sottinteso che l’Europa regola troppo (e che la Cina si limiti a copiare non corrisponde più completamente al vero). Il nuovo quadro legislativo svizzero sulla protezione dei dati, in vigore dal 2023, preoccupa le aziende americane, che temono restrizioni nei flussi transfrontalieri di dati. Questo sebbene le nostre normative siano meno severe del GDPR europeo e che recentemente l’esistente Accordo fra Svizzera e Stati Uniti sia stato considerato conforme agli standard di protezione. Da notare che, dopo la levata di scudi contro il succitato discorso di J. D. Vance, qualche giorno fa l’Unione europea, senza tanto clamore, ha preannunciato modifiche sostanziali del GDPR nel senso di un alleggerimento delle regole e una possibile semplificazione del regolamento sull’intelligenza artificiale varato qualche mese fa. Facendo intendere che anche le multe inflitte ai giganti americani del tech nell’ambito della concorrenza potrebbero essere ridotte.

Conclusione

Il rapporto dell’USTR di per sé non punta il dito contro la Svizzera, ma invita a una riflessione costruttiva. Sembra contradditorio rispetto alla mazzata inferta con i dazi, ma in realtà è probabilmente un’altra faccia della stessa medaglia. I dazi quali strumenti di pressione per ottenere (anche) altro. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’accesso al mercato e assicurare condizioni di concorrenza eque per tutti.
Per la Svizzera, da sempre Paese aperto e integrato nei circuiti commerciali globali, si tratta di osservazioni che meritano attenzione, anche nell’ottica di rafforzare i legami economici con questo importante partner commerciale mondiale.
Gli stessi americani affermano del resto una chiara volontà di trovare accordi con il nostro paese. “Bastone e carota”, chi riesce a capire come muoversi è bravo, ma forse dovremmo soprattutto esercitarci a leggere meglio fra le righe…

Kazakistan: partner strategico in Asia centrale

Il direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, e la responsabile del commercio internazionale, Monica Zurfluh, hanno ricevuto venerdì 11 aprile 2025 a Lugano l’Ambasciatore del Kazakistan, Kairat Sarzhanov. L’incontro ha offerto l’occasione per approfondire le relazioni economiche tra i due Paesi, con particolare attenzione al rapporto privilegiato tra il Ticino e il Kazakistan, nonché alle opportunità di collaborazione per le imprese ticinesi.

La visita odierna fa seguito a un precedente contatto avvenuto lo scorso gennaio a Berna, quando Monica Zurfluh, responsabile del commercio internazionale della Cc-Ti, aveva incontrato l’Ambasciatore per ristabilire i rapporti bilaterali, interrotti in seguito all’avvicendamento diplomatico.

Insediatosi ufficialmente nel novembre 2022, l’ambasciatore Sarzhanov ha raccolto il testimone di un rapporto ben avviato tra il suo Paese e il Ticino. Un legame solido, costruito su una rete di collaborazioni economiche e istituzionali, che il diplomatico punta ora a rafforzare ulteriormente. Tra le priorità espresse ai rappresentanti della Cc-Ti figurano il rilancio del dialogo economico e la promozione di nuove opportunità di business e investimento per le imprese ticinesi.

Un’economia in profonda trasformazione

Con i suoi oltre 2,7 milioni di chilometri quadrati – circa 66 volte la superficie della Svizzera – e una popolazione di circa 19 milioni di abitanti, il Kazakistan si conferma come il principale interlocutore dell’Asia centrale per la Confederazione. Alla rilevanza geopolitica si affianca un peso economico in costante crescita, che rende il Paese una destinazione strategica per le imprese e gli investitori svizzeri.

Tradizionalmente trainata dal settore estrattivo e in particolare dall’industria petrolifera, che nel 2023 ha rappresentato il 68% delle esportazioni, l’economia kazaka è oggi al centro di una profonda trasformazione. Per rafforzare la resilienza del sistema economico e favorire una maggiore diversificazione, il governo di Astana ha lanciato una serie di riforme strutturali di ampia portata.

Cuore di questa transizione è la strategia “Kazakhstan 2025”, un piano ambizioso che punta a ridurre la dipendenza del Paese dalle risorse naturali – come petrolio, gas, uranio e metalli rari – e a migliorare l’efficienza dell’apparato produttivo. Tra le misure chiave figura un vasto programma di privatizzazioni, volto a ridurre il peso dello Stato nell’economia e a stimolare un contesto più competitivo e attrattivo per gli investimenti esteri.

Svizzera-Kazakistan: relazioni bilaterali solide

Nel quadro della trasformazione economica in corso in Kazakistan, le relazioni bilaterali con il nostro Paese stanno vivendo un’espansione significativa. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2023, il volume degli scambi ha raggiunto i 3,7 miliardi di franchi svizzeri, mentre gli investimenti diretti elvetici in Kazakistan hanno superato i 2,1 miliardi di dollari, facendo della Svizzera il terzo investitore estero (dopo Paesi Bassi e Russia) nel Paese e il suo 17° partner commerciale. A testimoniarlo è anche la presenza attiva di numerose aziende svizzere sul territorio kazako, tra cui ABB, , Bühler Group, Clariant, Geberit, Georg Fischer, Hilti, Nestlé, Novartis, Roche, Schindler, Sika e Stadler Rail. Queste imprese operano in settori chiave come la farmaceutica, l’energia, la meccanica e i trasporti, contribuendo al trasferimento di competenze e allo sviluppo di infrastrutture locali.

Il ruolo del Canton Ticino

Il Canton Ticino si è distinto per un approccio proattivo nel rafforzare i legami con il Kazakistan. La stessa Cc-Ti ha svolto un ruolo determinante nel promuovere l’internazionalizzazione delle imprese ticinesi, avviando iniziative mirate a favorire contatti economici e istituzionali con il Paese. Tra queste spicca la missione economica del 2018, che ha visto una delegazione ticinese visitare Almaty, Taldykorgan e la capitale Astana, creando importanti occasioni di incontro con controparti e istituzioni kazake.

Già nel 2017, in occasione dell’Expo di Astana, era stato firmato un accordo di cooperazione tra il Ticino e la Regione di Almaty, finalizzato a rafforzare le relazioni economiche, culturali, scientifiche e turistiche tra le due realtà.

Opportunità e prospettive future

La dinamica evoluzione del mercato kazako, caratterizzata dalla crescente diversificazione economica, rappresenta una porta d’accesso per il Ticino a nuove opportunità in un Paese che sta diventando sempre di più un riferimento strategico per il business in Asia centrale. Nei prossimi mesi, la Cc-Ti e l’Ambasciata kazaka a Berna intensificheranno il loro dialogo per esplorare ulteriormente le aree di interesse comune e individuare nuove opportunità di cooperazione.

In un contesto di incertezze economiche globali e di un possibile riorientamento delle attività internazionali delle imprese ticinesi, la priorità di questa collaborazione sarà quella di facilitare l’ingresso delle imprese ticinesi al mercato kazako e di aiutare a consolidare la loro presenza e le loro operazioni nel cuore dell’Asia.

Trump 2.0: lo stato dei dazi (aggiornato al 14.04.2025)

Il Presidente Trump sospende per 90 giorni i dazi reciproci differenziati: durante questo periodo, per tutti i Paesi sarà applicato il dazio reciproco iniziale ad un’aliquota del 10%. Fa eccezione la Cina, per la quale il dazio viene immediatamente innalzato al 125%. Le misure su acciaio, alluminio e auto restano in vigore.

Dopo aver annunciato, con l’Ordine esecutivo del 2 aprile 2025, l’introduzione di un regime tariffario su due livelli, che prevedeva un dazio “reciproco” aggiuntivo iniziale del 10% a partire dal 5 aprile, seguito da un incremento per alcuni Paesi dal 9 aprile, tra cui la Svizzera (alla quale era stato applicato un dazio del 31%), il Presidente Trump ha ora fatto marcia indietro. I dazi individualizzati sono sospesi per 90 giorni e, per tutti i Paesi inclusi nell’Allegato I, sarà applicato il dazio reciproco iniziale generalizzato del 10%. Gli articoli e i derivati di acciaio e alluminio e le automobili continuano a sottostare al dazio settoriale del 25% (vedi sotto). La Cina è esclusa da questa misura, con un dazio portato immediatamente al 125%. Restano invariate le misure nei confronti di Canada e Messico.

Tramite il sistema di comunicazione CSMS (Cargo Systems Messaging Service), la US Customs and Border Protection (CBP) ha rilasciato linee guida # 64701128 sull’implementazione dei dazi reciproci aggiornati, fornendo i dettagli sui capitoli 99 da utilizzare per la corretta dichiarazione delle merci. Il documento aggiorna, esclusivamente per quanto riguarda questo aspetto, le precedenti linee guida # 64680374.

Fatte salvo eventuali nuove misure, i prodotti specificatamente elencati nell’Allegato II dell’ordine esecutivo del 2 aprile – tra cui rame, prodotti farmaceutici, semiconduttori (***VEDI AGGIORNAMENTO***), articoli di legname, oro, argento e altri metalli preziosi, minerali critici e prodotti energetici – continuano a sottostare al dazio “reciproco” iniziale del 10% e non sono toccati dalla sospensione (o meno) dei dazi individualizzati.

***AGGIORNAMENTO*** L’11 aprile, la Casa Bianca ha pubblicato un Memorandum che esenta dai dazi reciproci previsti dall’Ordine Esecutivo 14257 i semiconduttori, i circuiti integrati e vari prodotti elettronici (come smartphone, SSD, moduli a pannello piatto e monitor), identificati tramite codici HTSUS. L’esenzione è stata formalizzata con l’inserimento di tali beni nell’Allegato II dell’ordine esecutivo. Lo stesso giorno, la CBP ha fornito istruzioni operative (CSMS # 6474565) su come dichiarare correttamente queste merci utilizzando le voci doganali previste nel capitolo 99. Sebbene non sia stata fissata una scadenza, il Segretario al Commercio Lutnick ha precisato che si tratta di una misura temporanea. ***FINE AGGIORNAMENTO***

Gli articoli e i derivati di acciaio e alluminio restano assoggettati al dazio aggiuntivo del 25%, in vigore dal 12 marzo 2025 e imposto ai sensi della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, come annunciato nei Proclami 9704, 9705, 9980 e, da ultimo, 10895 e 10896; la Cc-Ti ha approfondito il tema in questo articolo.

La situazione rimane invariata anche per le automobili e i camion leggeri: come stabilito dal Proclama 10908, dal 3 aprile 2025 sono soggetti a un dazio aggiuntivo del 25% ai sensi della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962. Dal 3 maggio 2025 lo stesso dazio si applicherà anche ai componenti; fino ad allora, per questi ultimi sarà in vigore il dazio “reciproco” iniziale del 10%. Il dazio non si applica per contro ai componenti automobilistici che soddisfano i requisiti per il trattamento preferenziale nell’ambito dell’USMCA fino a quando non sarà stabilita una procedura per applicare la tariffa esclusivamente al valore del contenuto non statunitense di tali componenti.

I prodotti importati da Cuba, Corea del Nord, Russia e Bielorussia restano assoggettati alle tariffe della Colonna 2 del Harmonized Tariff Schedule degli Stati Uniti (HTSUS).

La misura non si applica ai beni inclusi nella sezione 50 U.S.C. 1702(b), come beni personali, materiale informativo e beni umanitari.

Il dazio “reciproco” aggiuntivo si aggiunge a qualsiasi altro dazio, tassa o imposta applicata ai beni in questione.

Se almeno il 20% del valore totale del prodotto deriva da contenuto di origine statunitense, il dazio “reciproco” aggiuntivo si applica esclusivamente alla parte del prodotto costituita da contenuto non statunitense. Per “contenuto statunitense” si intende il valore attribuito a componenti interamente prodotti o sostanzialmente trasformati negli Stati Uniti. L’autorità doganale statunitense (US Customs and Border Protection, CBP) ha facoltà di richiedere documentazione e informazioni necessarie per verificare il valore del contenuto statunitense dichiarato.

Le spedizioni di valore inferiore a 800 dollari possono continuare ad essere importate negli Stati Uniti in esenzione dai dazi doganali. Fanno eccezione le importazioni provenienti dalla Cina. Per quelle soggette a tassazione (ossia di valore superiore a 800 dollari), è possibile, a determinate condizioni, ottenere un rimborso delle sovrattasse doganali (drawback).


Altri link utili:

Countdown terminato: scatta la fase due dei dazi “reciproci” USA

Oggi entrano in vigore i nuovi dazi reciproci aggiuntivi imposti dagli Stati Uniti ai Paesi elencati nell’Allegato II dell’Ordine esecutivo del Presidente Trump. Per la Svizzera, l’aliquota è stata fissata al 31%. La US Customs and Border Protection ha pubblicato le relative linee guida.

Nella Guidance # 64680374 pubblicata martedì 8 aprile e che di fatto aggiorna la guida # 64649265 del 5 aprile, la CBP risponde innanzitutto a due delle domande poste di frequente e alle quali sono stati dati riscontri controversi:

  • l’aliquota di dazio ad valorem specifica per Paese sostituirà l’aliquota addizionale del 10% introdotta il 5 aprile; nella guida si legge infatti ”Effective April 9, 2025, a country-specific ad valorem rate of duty will apply to imported goods of 83 countries and will replace the 10% additional ad valorem duty rate under 9903.01.25”;
  • dopo un inizio incerto dettato dalla circolazione di due versioni diverse dell’Allegato I, il dazio reciproco aggiuntivo applicato ai prodotti di origine svizzera è confermato al 31%. Nella guida si legge infatti: “9903.01.60: Articles the product of Libya, Moldova, or Switzerlandd will be assessed an additional ad valorem rate of duty of 31%”.

La guida conferma, inoltre, che le aliquote di dazio addizionali previste dalle tariffe reciproche si sommano a qualsiasi altro dazio, tassa, imposta o onere applicabile alle merci importate.

Da ultimo, ma non meno importante, le spedizioni di valore inferiore a 800 USD possono continuare ad essere importate negli Stati Uniti in esenzione dai dazi doganali. Fanno eccezione le importazioni provenienti dalla Cina. Per quelle soggette a tassazione (ossia di valore superiore a 800 USD), è possibile, a determinate condizioni, ottenere un rimborso delle sovrattasse doganali (drawback).

Per ulteriori ragguagli sulle misure in vigore dal 9 aprile si rinvia all’articolo Trump 2.0: lo stato dei dazi – Cc-Ti del 3 aprile 2025.

Dazi USA: preoccupate le associazioni mantello e di categoria svizzere

Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di esportazione per i prodotti svizzeri. Tuttavia, i dazi supplementari annunciati da Trump il 2 aprile 2025, che prevedono un’aliquota del 31% sulle importazioni di origine svizzera nell’ambito delle misure contro i Paesi con surplus commerciale, rischiano di compromettere l’accesso delle aziende elvetiche a questo mercato strategico. Le associazioni di mantello svizzere e di categoria, preoccupate per le conseguenze, sollecitano il Consiglio federale ad adottare interventi mirati.


economiesuisse

L’intensificarsi delle tensioni commerciali rappresenta un ostacolo significativo per l’export svizzero, con un aumento dei costi, una riduzione della competitività e un freno agli investimenti. economiesuisse condivide la decisione del Consiglio federale di non adottare contromisure, ma evidenzia la necessità di chiarire rapidamente la situazione, proseguire nella diversificazione dei mercati, rafforzare l’attrattività della piazza economica ed evitare regolamentazioni superflue e oneri aggiuntivi per le imprese.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025

scienceindustries

I prodotti farmaceutici sembrano attualmente esclusi dal dazio generale del 10% e da quello del 31% previsto in risposta a misure reciproche, ma settori come la chimica e la diagnostica sono direttamente interessati. L’associazione scienceindustries mette in guardia contro i possibili effetti su catene di fornitura, flussi commerciali e accesso a prodotti medici essenziali. Il settore chimico-farmaceutico è il principale settore d’esportazione della Svizzera (circa 100 miliardi di CHF all’anno) ed è centrale nel commercio con gli Stati Uniti (35 miliardi di CHF nel 2024). Con il 64,7% delle esportazioni svizzere verso gli USA e il 42,9% delle importazioni, il settore rappresenta la spina dorsale del commercio bilaterale. L’associazione sottolinea l’importanza di proseguire con determinazione i negoziati sugli Accordi bilaterali III e la conclusione di nuovi accordi di libero scambio.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in francese, tedesco e inglese

Swiss Medtech

Circa il 25% delle esportazioni svizzere di tecnologie mediche è destinato agli Stati Uniti, il secondo mercato più importante per il settore. Tuttavia, i nuovi dazi imposti da Washington sulle importazioni dai Paesi con un surplus commerciale potrebbero ostacolare l’accesso dei prodotti svizzeri al mercato statunitense. Swiss Medtech sollecita quindi il governo svizzero a intervenire con misure concrete, tra cui l’approvazione rapida di un’ordinanza che riconosca i prodotti certificati dalla FDA, la rimozione delle barriere commerciali di natura tecnica e il rafforzamento degli accordi internazionali.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 2 aprile 2025

Swissmechanic

Swissmechanic avverte che i dazi USA potrebbero avere un forte impatto sull’industria svizzera delle macchine, dell’elettronica e del metallo, mettendo a rischio occupazione, innovazione e competitività. Per questo, chiede al governo svizzero di intensificare il dialogo con Washington e sostiene l’iniziativa diplomatica che prevede la visita della presidente della Confederazione e del ministro dell’Economia negli USA. L’associazione si oppone al protezionismo e promuove il libero commercio come unica via per garantire il successo a lungo termine delle imprese svizzere.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in tedesco

Swissmem

Con una quota del 14,9%, gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato più importante per l’industria tecnologica svizzera. Swissmem esprime profonda delusione per la decisione del governo statunitense di aumentare i dazi forfettari sui prodotti svizzeri del settore e sollecita il Consiglio federale a intervenire con urgenza per attenuarne l’impatto e facilitare l’accesso a nuovi mercati. Inoltre, sottolinea la necessità di misure nazionali a sostegno delle imprese, come la semplificazione e l’ampliamento del lavoro a orario ridotto.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025

Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM)

L’USAM giudica incomprensibile l’aumento dei dazi annunciato da Trump, ma invita a concentrarsi su soluzioni concrete. Propone di rafforzare la diplomazia commerciale, evitare ritorsioni, accelerare nuovi accordi di libero scambio e chiarire le relazioni con l’UE. Per mantenere la competitività, la Svizzera deve inoltre ridurre la burocrazia, sostenere le PMI e contenere le spese amministrative e sociali.

Per ragguagli: Comunicato stampa del 3 aprile 2025, in francese e tedesco

USA- La decisione di incrementare il dazio al 31% per i prodotti di origine Svizzera

Ieri sera il presidente degli Stati Uniti Trump ha annunciato l’introduzione di un dazio aggiuntivo ad valorem del 10% sulle importazioni da vari paesi e settori.

A dir poco sorprendente è la decisione di incrementare questo dazio al 31% per i prodotti di origine Svizzera, misura che entrerà in vigore il 9 aprile 2025, alle 00:01 EDT (Eastern Daylight Time). Questa tariffa rappresenta una risposta alle tariffe doganali applicate dalla Svizzera ai prodotti americani, che sono state stimate al 61%. Nel loro calcolo, gli Stati Uniti, hanno incluso anche le cosiddette barriere non tariffali, quindi non i dazi esistenti o altre imposizioni pecuniarie ma elementi che, a loro avviso, ostacolano gli operatori americani, come normative sanitarie e fitosanitarie, la legge sulla protezione dei dati, le norme sulla protezione della proprietà intellettuale, la tassazione sulle transazioni finanziarie e la trasparenza in generale delle procedure che riguardano le importazioni.
Secondo la comunicazione americana, alcune merci non saranno tuttavia soggette alla tariffa reciproca, come i prodotti farmaceutici. Non è però ancora chiaro se questa esenzione persisterà o se invece questi beni potrebbero rientrare in altre tariffe, come quelle della Sezione 232 (prodotti che minacciano o danneggiano la sicurezza nazionale). 

Di seguito sono riassunti i punti salienti delle decisioni statunitensi. È una prima valutazione sommaria della situazione, in una situazione ancora poco chiara.
Ci stiamo adoperando insieme alle autorità e ai colleghi delle altre Camere nazionali e bilaterali (in particolare la Camera Svizzera-USA) per ottenere informazioni più precise.

Punti principali:

  • Il presidente Trump si basa sulla sua autorità ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act del 1977 (IEEPA) per affrontare l’emergenza nazionale posta dal grande e persistente deficit commerciale che è causato, a suo dire, dall’assenza di reciprocità nelle nostre relazioni commerciali e da altre politiche dannose come la manipolazione valutaria e le imposte sul valore aggiunto (IVA) applicate da altri paesi.
  • Usando la sua autorità IEEPA, il presidente Trump imporrà una tariffa aggiuntiva di base del 10% a tutti i paesi. Questa entrerà in vigore il 5 aprile 2025 alle 12:01 a.m. EDT.
  • Il presidente Trump imporrà una tariffa individualizzata reciproca più alta ai paesi con cui gli Stati Uniti hanno i maggiori deficit commerciali. È il caso della Svizzera, a cui sarà applicato un dazio del 31%. Questa tariffa entrerà in vigore il 9 aprile 2025 alle 00:01 EDT.
  • Queste tariffe rimarranno in vigore fino a quando il presidente Trump non stabilirà che la minaccia rappresentata dal deficit commerciale e dal trattamento non reciproco è soddisfatta, risolta o mitigata. In questo senso la diplomazia svizzera si è mossa per comprendere il margine di trattativa.
  • L’ordine IEEPA prevede anche la possibilità di modificare le decisioni, consentendo al presidente Trump di aumentare le tariffe in caso di ritorsioni da parte dei partner commerciali o di ridurle qualora questi adottino“misure significative per porre rimedio agli accordi commerciali non reciproci e allinearsi con gli Stati Uniti in materia di sicurezza economica e nazionale”.
  • Alcune merci non saranno soggette alla tariffa reciproca. 
    Queste includono:
    (1) articoli soggetti a 50 USC 1702(b);
    (2) articoli in acciaio/alluminio e automobili/parti di automobili già soggetti alle tariffe della Sezione 232;
    (3) articoli in rame, prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname;
    (4) tutti gli articoli che potrebbero essere soggetti alle future tariffe della Sezione 232;
    (5) lingotti; e
    (6) energia e altri minerali che non sono disponibili negli Stati Uniti.
  • Per Canada e Messico, gli ordini IEEPA esistenti sul fentanil/migrazione rimangono in vigore e non sono interessati da questa decisione. Ciò significa che le merci conformi all’USMCA continueranno ad avere una tariffa dello 0%, le merci non conformi all’USMCA una tariffa del 25% e l’energia e il cloruro di potassio non conformi all’USMCA una tariffa del 10%. Nel caso in cui gli ordini IEEPA esistenti sul fentanil/migrazione vengano revocati, le merci conformi all’USMCA continueranno a ricevere un trattamento preferenziale, mentre le merci non conformi all’USMCA saranno soggette a una tariffa reciproca del 12%.

Prossimi passi

  • Chiarire la metodologia utilizzata dal governo Trump per calcolare le “Tariffe applicate agli Stati Uniti” del 61% da parte della Svizzera e il criterio di base dell’imposizione del dazio aggiuntivo del 31%.
  • Determinare i criteri che la Svizzera deve soddisfare per essere riconosciuta come un paese che ha intrapreso “misure significative per porre rimedio agli accordi commerciali non reciproci e allinearsi con gli Stati Uniti in materia di economia e sicurezza nazionale”.
  • Inoltre, individuare le potenziali azioni che possono essere intraprese prima che le tariffe entrino in vigore il 9 aprile 2025, tra una settimana.

Seguiranno aggiornamenti

Il Consiglio federale armonizza i controlli e modifica l’ordinanza sul controllo dei beni dual use

Il 2 aprile 2025, il Consiglio federale ha deciso di adeguare l’ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego e di introdurre nuovi controlli sulle esportazioni di tecnologie emergenti. Così facendo, la Svizzera risponde al blocco dei controlli multilaterali sulle esportazioni e riallinea i propri controlli a quelli dei suoi principali partner commerciali. La modifica entrerà in vigore il 1° maggio 2025.

In Svizzera, le esportazioni di prodotti a duplice uso (dual use) sono disciplinate dalla legge sul controllo dei beni a duplice impiego. L’Allegato 2 dell’Ordinanza sul controllo dei beni a duplice impiego (OBDI) elenca i beni, le tecnologie e i software soggetti a obbligo di autorizzazione per l’esportazione. Le persistenti tensioni geopolitiche complicano l’aggiornamento degli elenchi relativi alle nuove tecnologie. Per tener conto dei progressi tecnologici, i principali partner commerciali della Svizzera hanno adottato accertamenti nazionali nei regimi di controllo internazionali. Questi sviluppi riguardano in particolare tecnologie emergenti come l’informatica quantistica, la produzione avanzata di semiconduttori, l’intelligenza artificiale e la fabbricazione additiva.

Con questa revisione, il Consiglio federale mira a mantenere l’armonizzazione dei controlli svizzeri sulle esportazioni a livello internazionale, includendo anche le nuove tecnologie e i futuri sviluppi tecnologici. Inoltre, ciò garantirà che i settori economico e scientifico svizzeri possano continuare ad accedere a queste tecnologie.

La modifica dell’OBDI entrerà in vigore il 1° maggio 2025. I nuovi controlli saranno inclusi nell’Allegato 2 dell’OBDI e pubblicati sul sito della Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

Link utili:

Ticino-Slovacchia: un incontro per rafforzare i legami economici

Rafforzare la cooperazione economica e sviluppare sinergie tra Ticino e Slovacchia: questi i temi al centro dell’incontro tenutosi il 28 marzo 2025 tra la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) e una delegazione slovacca di alto livello. La delegazione era composta dal Segretario di Stato del Ministero dell’Economia, Vladimír Šimonák, dall’Ambasciatore in Svizzera, Alexander Micovčin, dal Vice capo missione, Ľubomír Lúčan, e dal direttore del Dipartimento Progetti d’Investimento dell’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO), Tomáš Salini. Ad accoglierli sono stati il direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, e la responsabile del commercio estero, Monica Zurfluh.

L’incontro ha rappresentato un’importante opportunità per analizzare le rispettive realtà economiche e rafforzare il networking a beneficio delle aziende di entrambi i Paesi.

La Slovacchia si posiziona come 12ª destinazione dell’export ticinese e 25º mercato di approvvigionamento. A livello svizzero, le relazioni commerciali con il Paese sono solide e in costante crescita: nel 2024, il volume degli scambi ha superato i 2 miliardi di franchi svizzeri. Sul fronte degli investimenti, circa 70 aziende svizzere operano in Slovacchia, tra cui Schindler, Ringier, ABB, Vetropack, Zurich Assicurazioni, Swiss Re e Nestlé, oltre a diverse realtà ticinesi (spesso presenti in forma di joint-venture).

La Slovacchia si distingue per un’economia industrializzata, con settori chiavi quali automotive, elettronica, meccanica e metallurgia. Anche i comparti chimico, farmaceutico e alimentare rivestono un ruolo significativo. Inoltre, il Paese sta emergendo come hub tecnologico grazie a una forza lavoro qualificata nei settori IT, ingegneria del software, cybersecurity e automazione industriale. L’ecosistema favorevole per startup, supportato da un sistema educativo solido e incentivi governativi, sta attirando un numero crescente di investitori.

L’Agenzia slovacca per lo sviluppo degli investimenti e del commercio (SARIO) offre un supporto strategico agli investitori attraverso consulenze su legislazione, procedure amministrative e opportunità di finanziamento.

Dall’incontro è emersa la volontà di intensificare la collaborazione e generare nuove opportunità di crescita per le aziende ticinesi e slovacche.

L’UE rafforza le misure di salvaguardia sull’acciaio a tutela dell’industria siderurgica

La Commissione europea rafforza la misura di salvaguardia sull’acciaio per contenere le importazioni e tutelare l’industria siderurgica dell’UE.

Nell’ambito del suo piano d’azione per la siderurgia e la metallurgia, la Commissione europea ha inasprito la misura di salvaguardia, riducendo il tasso di liberalizzazione dall’1% allo 0,1%. Questo provvedimento limita la quantità di acciaio che può essere importata nell’UE senza dazi. Inoltre, i Paesi esportatori non potranno più usufruire dei contingenti inutilizzati di altri Paesi, inclusi quelli assegnati alla Russia e alla Bielorussia.

Anche il meccanismo di “riporto” (“carry over”), che consentiva ai Paesi di trasferire i contingenti inutilizzati al trimestre successivo, è stato abolito per le categorie caratterizzate da un’elevata pressione sulle importazioni e da un basso livello di consumo.

La maggior parte degli adeguamenti entrerà in vigore il 1° aprile 2025, mentre alcune modifiche, come la riduzione del tasso di liberalizzazione e l’abolizione del trasferimento delle quote inutilizzate per determinate categorie, saranno applicate dal 1° luglio 2025. Tuttavia, la durata complessiva della misura di salvaguardia rimane invariata e si concluderà il 30 giugno 2026.

Le aziende svizzere al crocevia delle tensioni commerciali globali

Con una capacità di spesa per i consumi che supera di gran lunga quella della Cina e dell’Unione europea, gli Stati Uniti non solo rappresentano un mercato cruciale per gli esportatori di tutto il mondo, ma giocano un ruolo determinante nelle dinamiche commerciali internazionali. L’introduzione di nuovi dazi doganali, sebbene per ora limitati a determinati Paesi, può avere ripercussioni significative sul mercato globale. La situazione si fa preoccupante e, anche in Svizzera, sia il governo sia le aziende sono chiamati a prendere decisioni rapide e strategiche.

In un contesto economico mondiale sempre più teso e imprevedibile, la Svizzera e le sue aziende si trovano ad affrontare sfide significative e delicate. Con un’economia fortemente orientata all’export, il nostro Paese si rivela estremamente vulnerabile alle turbolenze geopolitiche e alle politiche protezionistiche che stanno ridisegnando gli equilibri commerciali globali.

L’incubo dei dazi

Le aziende svizzere, rinomate per la loro eccellenza nei settori della farmaceutica, dei macchinari di precisione e dell’orologeria, si trovano a navigare in acque sempre più agitate. Oltre ai dazi generalizzati del 25% su alluminio e acciaio in vigore dal 12 marzo, che colpiscono direttamente anche i prodotti elvetici, la (ad oggi) minaccia di nuovi dazi del 25% sulle importazioni di auto, prodotti farmaceutici e altri prodotti europei getta ombre inquietanti sul mercato dell’Unione europea (UE) e sul futuro delle esportazioni svizzere: più della metà delle merci elvetiche destinate all’estero trova infatti mercato proprio nell’UE, e molte di queste vengono incorporate in prodotti venduti negli Stati Uniti.

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che le tensioni commerciali non si limitano all’asse USA-UE: le misure protezionistiche statunitensi annunciate e/o già varate contro Messico, Canada e Cina e le risposte di questi Paesi rischiano di destabilizzare le catene di fornitura globali, creando un contesto sempre più volatile. Sebbene al momento le aziende svizzere non siano nel mirino diretto delle politiche protezionistiche americane, non possono rimanere immuni dalle ripercussioni: note per la loro integrazione in sofisticate catene del valore globali, le aziende svizzere potrebbero, infatti, trovarsi a fare i conti con aumenti dei costi di produzione, interruzioni nella fornitura di componenti critici e una potenziale riduzione della domanda nei mercati chiave. In questo scenario sono quindi chiamate a ripensare le loro strategie di approvvigionamento, produzione e distribuzione, puntando su una maggiore flessibilità e resilienza.

Strategie di diversificazione e libero scambio

Malgrado un contesto economico sempre più complesso, il commercio internazionale continua, infatti, ad offrire opportunità di diversificazione, innovazione e crescita per le imprese svizzere. Grandi gruppi stanno espandendo la loro presenza in Asia, Africa e Sudamerica, riducendo la dipendenza dai mercati tradizionali. Anche le PMI seguono questa strada di espansione internazionale, seppur con ritmi e risorse differenti.

Il mondo economico sta esercitando una pressione crescente sul governo federale affinché acceleri l’estensione della rete di accordi di libero scambio, considerati cruciali per garantire l’accesso a nuovi mercati in un contesto di crescente protezionismo. Nello specifico, guarda con attenzione alla ratifica degli accordi con India e Thailandia, conclusi rispettivamente a marzo 2024 e a gennaio 2025, all’aggiornamento di quelli esistenti con Cina e Messico, e alla finalizzazione dell’intesa con il Mercosur. Parallelamente, resta alta l’attenzione sul rilancio dei negoziati con gli Stati Uniti e sulla conclusione gli Accordi bilaterali III con l’UE.

Il Consiglio federale si trova così a dover bilanciare gli interessi economici nazionali con la necessità di mantenere una posizione neutrale nelle dispute commerciali internazionali. Questa sfida diplomatica richiede una strategia sofisticata che permetta alla Svizzera di proteggere i suoi interessi economici senza alienarsi nessuno dei suoi partner commerciali chiave.

Verso una gestione proattiva dei rischi

Dal canto loro, le aziende svizzere sono chiamate a adottare altre misure strategiche per mitigare la loro vulnerabilità, come monitorare le tensioni geopolitiche e condurre analisi approfondite della propria esposizione al rischio. Lo sviluppo  di sistemi di analisi avanzata e di allerta precoce (“early warning”) diventa fondamentale per anticipare cambiamenti nei mercati e rispondere tempestivamente a eventuali shock economici. Tecniche di pianificazione strategica, come gli “stress test”, consentono invece di valutare la resilienza dell’azienda di fronte a scenari avversi, simulando impatti di misure tariffarie o altre discontinuità economiche.

In un mondo sempre più interconnesso, il successo delle nostre imprese dipenderà anche dalla loro capacità di adottare una prospettiva trifocale, che le veda integrare strategie a breve, medio e lungo termine nelle loro operazioni quotidiane. Questo richiede il passaggio da un approccio reattivo a una gestione dinamica dei rischi e delle opportunità: non basta reagire ai cambiamenti, ma occorre anticiparli, trasformando le sfide in opportunità di innovazione e crescita. Alcuni esempi di strategie proattive per rispondere celermente ai cambiamenti globali includono l’integrazione di tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale per le analisi predittive, investimenti in ricerca e sviluppo per ideare prodotti innovativi e meno suscettibili a barriere commerciali, nonché la formazione del personale nella gestione di catene di valore sempre più complesse.