Stipulato l’accordo di libero scambio con la Moldova

Il 27 giugno 2023 il consigliere federale Guy Parmelin ha firmato a nome della Svizzera l’accordo tra gli Stati dell’AELS e la Repubblica di Moldova. La Svizzera prosegue così la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando la competitività della sua economia.

Con la conclusione dell’ALS con Moldova la Svizzera prosegue la sua collaudata politica liberoscambista, rafforzando così la competitività dell’economia svizzera. In parallelo proseguono anche il sostegno alle riforme economiche e l’integrazione della Moldova nelle strutture della cooperazione economica a livello europeo e internazionale.

Il volume degli scambi commerciali tra la Svizzera e la Moldova (oltre 50 milioni di franchi nel 2022) racchiude un ulteriore potenziale di sviluppo. Ora però l’ALS assicura un ampio accesso al mercato, migliorando il quadro giuridico e la capacità di pianificazione degli operatori economici svizzeri.

Fonte: DEFR – Comunicato stampa

Proprietà intellettuale e sostenibilità

L’idea di sviluppo sostenibile, per sua natura intrinseca, essendo un concetto estremamente complesso e sfaccettato, ha riflessi anche nell’ambito dei diritti di proprietà intellettuale, spingendo la loro evoluzione verso una sempre maggiore ecocompatibilità delle opere dell’ingegno.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in modo molto ambizioso, ha fissato ben 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (per un maggiore approfondimento in proposito si rimanda qui), annoverando obiettivi solo apparentemente eterogenei, volti a plasmare una maggiore responsabilità e attenzione in termini sociali, ambientali ed economici; tali propositi, nei fatti, sono collegati tra di loro da un fil rouge che li annoda gli uni agli altri a doppio filo, nell’ottica di operare in maniera resiliente con l’ecosistema del pianeta.

In questo grande, grandissimo disegno, tutti gli attori (che potremmo definire anche stakeholder, nel senso più ampio ed inclusivo di portatori, responsabili e consapevoli, di interessi coinvolti nelle più variegate iniziative o progetti), dalle aziende più grandi alle microimprese, consumatori finali inclusi ovviamente – che dispongono di un potere formidabile quando determinati obiettivi vengono compresi e fatti propri – possono non solo fare la loro parte, bensì contribuire in modo determinante diffondendo comportamenti e stili sostenibili.

Ma cosa è, e cosa significa in termini pratici la sostenibilità? E che rapporto ha tale idea con la proprietà intellettuale (l’insieme dei diritti legali volti ad assicurare la tutela delle creazioni delle mente umana in campo scientifico, industriale e artistico), di cui sia privati che aziende possono essere titolari?

In primis, per cercare di dare una risposta più compiuta possibile al primo quesito che ci poniamo, è più corretto declinare il concetto di sostenibilità nei diversi modi in cui essa si può concretare; si può parlare, infatti, di Sostenibilità ambientale (responsabilità di utilizzo delle risorse), di Sostenibilità economica (capacità di generare reddito e lavoro) e di Sostenibilità sociale (sicurezza, salute, giustizia e ricchezza).

L’idea di sostenibilità, ovvero parlare di sviluppo sostenibile, è un concetto che ha una natura complessa, con diverse interpretazioni che dipendono anche dai diversi periodici storici; tuttavia, la definizione universalmente riconosciuta risale al 1987 e si trova nel cosiddetto Rapporto Brundtland (un documento prodotto dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, istituita da una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, presieduta dalla politica e medica norvegese Gro Harlem Brundtland) – dal titolo “Our common future” – il quale pone l’attenzione sui principi di equità intergenerazionale e intragenerazionale. Il rapporto identifica per la prima volta la sostenibilità come la condizione di uno sviluppo in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

Già, riuscire a soddisfare integralmente i propri bisogni economici e sociali, ma senza compromettere le generazioni future o complicare la loro esistenza e, nondimeno, senza sfruttare in modo scriteriato ed irresponsabile l’ecosistema terrestre, anzi, assecondare le ancestrali regole che lo governano da migliaia di anni.

Apparentemente, tutti noi accettiamo una sfida immane, di proporzioni ciclopiche, la quale tuttavia va affrontata scomponendo i vari problemi (prendendo spunto dal metodo scientifico), decostruendoli in maniera da tale da perseguire una demoltiplicazione ed un contenimento, ed al contempo di comprendere meglio i singoli meccanismi e le situazioni all’origine dei cambiamenti, che oggi non è più possibile ignorare o, ancor peggio, minimizzare o negare.

Certamente, una risposta alla seconda domanda che ci si era posti, ovvero che correlazione c’è tra proprietà intellettuale e sostenibilità, è data dal fatto che una protezione adeguata ed aggiornata delle diverse opere dell’ingegno funge da volano per l’innovazione. In questo modo si stimolano gli investimenti virtuosi, volti a migliorare la gestione delle risorse e le condizioni quadro complessive che hanno un diretto impatto sulle attività umane e sull’ambiente; si pongono infatti le premesse per un ciclo di rinnovamento non soltanto efficiente, ma anche sostenibile, sul modello della triplice suddivisione del concetto di sostenibilità descritto in precedenza.

Il recente studio “Green EU trade marks” condotto dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), pubblicato nel febbraio 2023 (quale aggiornamento di un precedente lavoro pubblicato nel 2021), ha voluto verificare e valutare se la maggiore attenzione tra il pubblico dei titolari di domande/registrazioni di marchi europei, tra i responsabili delle politiche per i cambiamenti climatici e il degrado ambientale, si rispecchiasse nelle domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea.

Tale studio (svolto tramite un algoritmo espressamente sviluppato a tale scopo), finalizzato a tracciare domande/registrazioni di marchio dell’Unione europea che, a livello merceologico, rivendicano prodotti/servizi dotati di caratteristiche di sostenibilità o legati alla protezione dell’ambiente (le macro categorie investigate sono state le seguenti: produzione di energia, trasporti, conservazione dell’energia, riuso/riciclo di prodotti, controllo dell’inquinamento, gestione dei rifiuti, agricoltura, consapevolezza ambientale e cambiamento climatico), ha rilevato come vi sia un interesse cresciuto esponenzialmente negli anni verso prodotti/servizi ad alto contenuto “verde”; basti un solo dato, nel 1996, il primo anno di operatività dell’EUIPO, i marchi europei cosiddetti “green” ammontavano a 1’588 unità, venticinque anni dopo, nel solo anno 2021, il numero degli stessi marchi “green” ha raggiunto la ragguardevole cifra di quasi 19’000 unità.

Il trend di interesse non si è dimostrato da meno anche nel campo dei brevetti d’invenzione; nel 2013 l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO), che ha sede a Ginevra, ha lanciato la piattaforma WIPO GREEN, un marketplace globale nato per agevolare lo scambio e la diffusione di tecnologie sostenibili, che mette a disposizione dati, servizi di network ed esempi di progetti concretamente applicati, monitorati, e che si sono evoluti nel tempo; anche per quanto riguarda le tecnologie brevettate, si ritorna a parlare di sostenibilità, in quanto il capito 34 della Agenda 21 (il programma di azione della Nazioni Unite adottato a conclusione della conferenza di Rio de Janeiro nel 1992), definisce come “green technologies” le tecnologie che: “proteggono l’ambiente, sono meno inquinanti, utilizzano tutte le risorse in modo più sostenibile, riciclano una quantità maggiore di rifiuti e prodotti e gestiscono i rifiuti residui in modo più accettabile rispetto alle tecnologie che sostituiscono”.

A conclusione di questa breve galoppata attraverso un tema, quello della sostenibilità, che è trasversale a tantissimi ambiti, ivi incluso quello della proprietà intellettuale, e che sarà fondamentale per superare le cosiddette sfide globali (basti pensare, fra le diverse tematiche attuali, alla gestione delle risorse idriche o all’agricoltura di precisione, che possono essere validamente coadiuvate dallo studio e dallo sviluppo di tecnologie innovative guidate da modelli meteorologici e climatologici), si nota come il ciclo di sviluppo delle opere dell’ingegno assomigli sempre più ai cicli osservabili nella natura, un processo in continuo divenire, solo apparentemente statico, sempre alla ricerca del perfezionamento meritevole di vincere la sfida del progresso.


Articolo a cura di Hermann Padovani, M. ZARDI & Co. S.A., info@zardi.ch, www.zardi.ch

Regali a partner commerciali esteri

Nell’era della globalizzazione e dei flussi di merci globali, quasi nessuno pensa al fatto che spedire per posta un regalo ad un partner commerciale estero o metterlo nel proprio bagaglio in occasione di un viaggio d’affari potrebbe causare problemi in dogana. Informatevi per tempo!

Non tutti i Paesi hanno regole specifiche ai regali, che spesso devono quindi essere sdoganati come normali merci commerciali, con relativo iter burocratico e dispendio di tempo. La situazione può persino diventare spiacevole se, nel caso dell’invio di un pacco, il destinatario è costretto a sbrigare personalmente le formalità doganali e pagare dei dazi all’importazione. Da ultimo, ma non meno importante, nella scelta di un regalo appropriato e rispettoso è opportuno tener conto anche di eventuali aspetti culturali.

La Camera di commercio e dell’industria di Heilbronn-Franken in collaborazione con le Camere di commercio tedesche all’estero (AHK) ha riunito sul suo sito web le normative doganali e le peculiarità culturali da rispettare in oltre una trentina di Paesi per quanto attiene all’invio o alla presa con sé di regali commerciali all’estero. Le informazioni, chiare e concise, sono disponibili in tedesco o tedesco/inglese (ma facilmente traducibili tramite traduttore automatico) alla seguente pagina: Geschenke über die Grenze – IHK Heilbronn-Franken

Sanzioni: gli acquisti sospetti

Negli ultimi mesi si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni da parte di Paesi terzi di merci sottoposte a sanzioni internazionali, tra cui prodotti ad alta tecnologia. La SECO ha identificato 9 beni critici al centro di tali acquisti e stilato un elenco di indicatori di potenziali attività di elusione delle sanzioni.

Le sanzioni adottate da Svizzera e Unione europea (UE) nei confronti della Russia non hanno effetto extraterritoriale e quindi si applicano solo alle aziende ed entità svizzere rispettivamente europee. Negli ultimi mesi, tuttavia, si è assistito ad un aumento anomalo di importazioni di merci vietate da parte di Paesi che non hanno aderito alle sanzioni internazionali. Tra queste merci figurano prodotti ad alta tecnologia. Ciò rafforza lo spettro del dirottamento del commercio di prodotti vietati e, in sostanza, dell’elusione delle sanzioni.

Per un efficace controllo delle esportazioni e per prevenire tali iniziative, è importante la conoscenza specifica e tecnica dei propri prodotti (“know your product”) e quella dei propri clienti (“know your customers”), cfr. anche nostro articolo Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità del 26 gennaio 2023. Se da un lato è difficile contrastare il fenomeno dell’elusione delle sanzioni attraverso aziende di Stati terzi, dall’altro lato comprendere i rischi di essere coinvolti in tale evasione e riconoscere i segnali di allarme dovrebbe essere una parte fondamentale del processo di screening di ogni azienda operante a livello internazionale.

Per venire in aiuto alle PMI esportatrici svizzere, la Segreteria di Stato dell’economia SECO ha identificato 9 beni critici al centro di acquisti “sospetti” e stilato un elenco di indicatori (“red flag”) di potenziali attività di elusione delle sanzioni. Il documento, pubblicato a fine maggio sulla pagina dedicata ai Prodotti industriali (dual-use) e beni militari speciali (Licensing), sotto “Misure Russia”, è attualmente disponibile in francese e tedesco.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ne ha curato la versione italiana (non ufficiale), riportata di seguito.

Elenco prioritario di beni critici per tentativi di approvvigionamento a fini militari

Voce di tariffa doganaleDescrizione
8542.31processori e controllori, anche combinati con memorie, convertitori, circuiti logici, amplificatori, orologi, circuiti di sincronizzazione o altri circuiti
8542.32memorie, es. SRAM
8542.33amplificatori, es Op Amps
8542.39altri circuiti integrati elettronici, es. FPGA
8517.62apparecchi per la ricezione, la conversione e l’emissione e la trasmissione o la rigenerazione della voce, delle immagini o di altri dati, compresi gli apparecchi di commutazione o d’instradamento, es. wireless transceiver modules
8526.91apparecchi di radionavigazione, es. moduli GNSS
8532.21condensatori fissi al tantalio
8532.24condensatori fissi a dielettrico di ceramica, multistrato
8548parti elettriche di macchine o apparecchi, non nominate né comprese altrove in questo capitolo, es. filtri EMI

Indicatori – Red Flag

  • Transazioni di beni connessi alla difesa o al duplice impiego con un’azienda creata dopo il 24 febbraio 2022 e con sede in un Paese non membro della GECC. La Global Export Control Coalition (GECC) comprende Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Australia, Canada, i 27 Stati membri dell’UE, il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan, gli Stati Uniti e il Regno Unito.
  • Un nuovo cliente attivo nel commercio di prodotti dell’elenco prioritario, la cui sede principale si trova in un Paese non membro della GECC e la cui attività è stata avviata dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente esistente che prima del 24 febbraio 2022 non aveva ordinato prodotti che figurano nell’elenco prioritario, ma che ora li richiede.
  • Un cliente esistente domiciliato al di fuori della Svizzera la cui domanda di prodotti dell’elenco prioritario è aumentata in modo significativo dopo il 24 febbraio 2022.
  • Un cliente non fornisce o rifiuta di fornire informazioni a banche, a esportatori o a terzi, comprese le informazioni sugli utenti finali, sull’uso finale previsto o sulla proprietà dell’azienda.
  • Controparti che in genere non effettuano transazioni che comportano il consumo o l’utilizzo di altri beni (ad es. altre istituzioni finanziarie o società di logistica).
  • Il cliente paga un prezzo significativamente elevato rispetto a quello di mercato per l’acquisto di un bene.
  • Il cliente o il suo indirizzo assomiglia a un’azienda o a una persona che figura nell’elenco delle entità sanzionate.
A chi desidera approfondire in modo pratico e conciso la tematica segnaliamo il seguente corso: “Export control dual use goods, sanctions, embargoes” (online, 11 settembre 2023)

Validità delle prove preferenziali (update)

L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha aggiornato le istruzioni concernenti la determinazione della validità formale delle prove preferenziali.

Le istruzioni in oggetto hanno lo scopo di aiutare le persone soggette all’obbligo della dichiarazione a valutare la validità formale delle prove preferenziali e ad adempiere così al loro dovere di diligenza.

L’ultimo aggiornamento è avvenuto il 1° giugno 2023 e riguarda le rubriche 1.1, 1.1.1 e 2.1.1 e la validità formale dei certificati di circolazione delle merci (CCM) provenienti dalla Turchia. Il documento può essere scaricato qui.

Tour d’horizon: Vietnam

Il 2022 è stato senz’ombra di dubbio un anno complicato, segnato dagli strascichi della pandemia di COVID-19 e dalle tensioni geopolitiche internazionali, che insieme hanno causato un rallentamento dell’economia globale e, in taluni Paesi, un netto taglio delle aspettative di crescita. A dispetto di queste difficili condizioni quadro, l’economia vietnamita ha dato prova della propria solidità ed è riuscita a emergere quale mercato di forza nel panorama economico del Sud-est asiatico.

Per il Vietnam il 2022 è stato sinonimo di successo, avendo il prodotto interno lordo (PIL) nazionale registrato un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Oltre alla ripresa dei consumi privati interni post pandemia, tale crescita è stata fortemente influenzata dall’ottima performance del settore manifatturiero orientato all’esportazione. Inoltre, in un contesto globale piuttosto turbolento, il Paese è riuscito a contenere il rischio legato all’inflazione, mantenendo una media annua del 3%. In termini di investimenti diretti esteri (IDE), il Vietnam è riuscito ad incrementare la propria forza attrattiva, raggiungendo un record di 27,7 miliardi di dollari, a buona dimostrazione del crescente ottimismo sulle prospettive socioeconomiche che gli investitori stranieri riservano al Paese.

In questo clima positivo le previsioni per il 2023 e 2024 continuano a parlare di crescita, benché leggermente (e, in un certo modo, fisiologicamente) più moderata. Il pronostico è quello di un incremento del PIL che dovrebbe assestarsi attorno al 6-7% – dato influenzato, almeno parzialmente, dalle continue incertezze internazionali che non lasciano immune nemmeno un Paese politicamente “defilato” come il Vietnam. Non tutto il male vien per nuocere, verrebbe però da dire, giacché le tensioni geopolitiche globali potrebbero tramutarsi in stimolanti opportunità per l’economia vietnamita. Nel contesto della strategia “Cina+1” le aziende con uno spettro d’attività internazionale sono infatti sempre più intente a diversificare le proprie catene d’approvvigionamento, volendone accrescere la resilienza e la connettività, con il chiaro obiettivo di diminuire la dipendenza da un singolo Paese. Di questa situazione il Vietnam ne ha giovato e ne sta giovando tuttora, rappresentando una delle principali destinazioni per gli investimenti esteri nel settore della lavorazione e della produzione, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, della scienza e della tecnologia. Un accento importante va posto sulle sub-categorie tessile, semiconduttori e servizi IT – aree di grande interesse attuale per gli investitori internazionali.

Questo movimento – sia in entrata sia in uscita – è facilitato dalla posizione e conformazione geografica del Paese e dai conseguenti vantaggi in termini logistici e di trasporto. Il Vietnam non funge invero soltanto da porta d’accesso al mercato sud-est asiatico, bensì la sua lunga costa marittima di oltre 3’200 km gli permette di essere un punto critico d’appoggio per il commercio internazionale (con un accesso sia alle industrie di supporto dei Paesi vicini sia alle rotte di trasporto marittimo verso il Nord America e l’Europa). I bassi costi di produzione e la presenza di manodopera qualificata, congiuntamente al crescente numero di accordi di libero scambio con altri Paesi, nonché agli incentivi d’investimento e fiscali, rendono il Vietnam una destinazione attrattiva per tutti quelli che, internazionali o locali, intendono fare impresa. Una nota d’interesse va riservata anche al tema della struttura demografica della Nazione: i giovani rivestono la grande maggioranza dei poco meno di 100 milioni di abitanti e il dato sull’età mediana – 32,5 anni – ci riporta a valori che ricordano la situazione europea di 50 anni or sono. Ciò si traduce, da una parte, in disponibilità di abbondante forza lavoro (che, fattore interessante, possiede motivazione e un forte spirito commerciale) e, dall’altra, in un mercato di giovani consumatori di ben altre dimensioni rispetto a quelli delle realtà europee.

La strada per fare del Vietnam un attore economico di portata mondiale è ancora lunga. All’orizzonte si stagliano particolari sfide legate alle infrastrutture e al quadro giuridico-amministrativo. La crescita costante e, per certi versi, inevitabile della sua economia suggerisce tuttavia che lungo il percorso si potranno trovare opportunità interessanti, le quali verosimilmente non riguarderanno solamente i settori con un alto grado innovativo e/o speculativo, ma anche quegli ambiti industriali e commerciali che nei mercati più avanzati hanno già raggiunto il loro punto di saturazione.

Le occasioni, in altre parole, non sembrano mancare, soprattutto per chi sarà in grado di proporre un business solido e strutturato. L’errore da non commettere è, tuttavia, quello di sottovalutare le difficoltà connesse alle differenze culturali tra il Vietnam e l’Occidente: chi insiste a volerne leggere le dinamiche senza togliere gli “occhiali” occidentali, aumenta esponenzialmente il suo rischio di fallire. Solamente capendo il Vietnam e le sue persone dall’interno, sarà possibile sfruttarne a pieno il potenziale.

Autore e contatto:
Francesca Severoni
Fidinam (Vietnam) Company Limited

francesca.severoni@fidinam.ch
www.fidinam.com

Quel piatto di spaghetti che è il libero scambio

La Svizzera dispone ad oggi di una rete di 35 accordi di libero scambio (ALS) a copertura di ben 73 Paesi. In agenda ci sono negoziati sia per il rinnovo e l’aggiornamento dei trattati esistenti sia per la conclusione di nuovi accordi, come lo testimoniano i recenti colloqui per una ripresa e intensificazione delle trattative con l’India. ALS che hanno però anche dei limiti.

Gli ALS hanno essenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli. Se il loro contenuto si è evoluto negli anni, andando a coprire settori come ad esempio i servizi, gli investimenti o ancora gli appalti pubblici, la concessione reciproca di preferenze tariffali (leggi: riduzione o abolizione dei dazi doganali) continua a rimanere un elemento centrale. Tali concessioni vengono accordate per determinati beni prodotti interamente o sufficientemente lavorati sul territorio. Non tutte le aziende beneficiano però delle possibili agevolazioni doganali, soprattutto a causa delle norme d’origine che disciplinano gli scambi preferenziali e che rappresentano un vero e proprio rompicapo: ogni ALS ha infatti le sue peculiarità e non è facile mantenere una visione d’insieme in questa matassa di regole, così complicata da essere paragonata a un piatto di spaghetti (in gergo: “spaghetti bowl”). Un intricato groviglio di norme a cui si aggiungono delle supply chain sempre più lunghe e articolate, che complicano ulteriormente la determinazione dell’origine preferenziale per quei prodotti realizzati utilizzando materie prime o componenti importati da varie parti del mondo.

Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera abolirà i dazi all’importazione di prodotti industriali, che potranno pertanto essere importati a costi inferiori. L’origine preferenziale di tali prodotti diventa irrilevante. Si aprono nuove opportunità di approvvigionamento anche da Nazioni con le quali la Svizzera non ha concluso un ALS. Fin qui tutto bene, ma… laddove in prima battuta l’eventuale cambio da un fornitore che attualmente garantisce l’origine preferenziale a uno più economico che però non è in grado di conferire alla merce l’origine preferenziale, potrebbe apparire come un evidente risparmio sui costi di produzione, in realtà potrebbe anche rivelarsi un vero e proprio boomerang se non permetterà al prodotto finito di entrare sul mercato di destino beneficiando dello status preferenziale e dello sgravio dai dazi ad esso connesso. Mai come da inizio 2024 le aziende esportatrici saranno chiamate a monitorare e valutare attentamente i loro flussi in entrata e in uscita, così come a conoscere ed applicare correttamente regole e prove dell’origine preferenziale.

Nel contesto del libero scambio, va altresì detto che i limiti degli attuali ALS sono ben noti alle autorità svizzere: se da un lato il principale mercato di approvvigionamento e di sbocco dell’industria svizzera è l’Unione europea, vi sono altri mercati partner del libero scambio con i quali l’interscambio commerciale è in crescita e che potrebbero esserlo maggiormente se venissero adattate le regole relative al “cumulo dell’origine”, ovvero al sistema che consente ai prodotti originari di una determinata Nazione di essere ulteriormente trasformati o incorporati ai prodotti originari di un altro Paese, come se fossero originari di quest’ultimo per ottenere così l’origine preferenziale. Per quanto riguarda le aziende svizzere il cumulo è attualmente possibile con componenti e materie prime provenienti dall’UE, da Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Isole-Faeroer, Georgia e Ucraina. Il cumulo, così come attualmente regolamentato, non è invece possibile con partner importanti come Regno Unito, Giappone, Canada, Corea del Sud o Messico, Paesi con cui anche l’UE ha degli ALS.

È quindi tempo di rivedere le possibilità di cumulo dettate dagli ALS? Sembra pensarla così la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), che ha fatto condurre uno studio per analizzare il potenziale economico di ulteriori possibilità di cumulo negli ALS della Svizzera per quanto riguarda i prodotti industriali, esaminando in particolare l’impatto di una forma di cumulo incrociato chiamata “regionalizzazione delle norme di origine”, in cui tre o più partner comuni di libero scambio formano una zona di cumulo dell’origine. Per istituire una tale zona di cumulo bisognerebbe tuttavia modificare le norme di origine fissate nei vari ALS, cosa che richiederebbe il consenso di tutti gli Stati interessati. Nel corso dello studio sono state interpellate diverse aziende e tutte si sono dette favorevoli a ulteriori possibilità di cumulo. In questo senso ci verrebbe quindi da dire “buttate la pasta!”, ma ci limitiamo a un “affaire à suivre”, invitando nel frattempo le aziende a formarsi e informarsi continuamente su questa complessa materia.

Evento Paese EAU-KSA: retrospettiva

Su iniziativa della Camera di commercio dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), con il supporto dei “Partner dell’Internazionale 2023” Allianz Trade Switzerland, Cippà Trasporti SA, Switzerland Global Enterprise, il polo linguistico e formativo capeggiato da Ti-Traduce e M. Zardi & Co, e con la partecipazione di Fidinam DMCC, dell’imprenditore seriale Matteo Boffa e di Pini Group, il 25 maggio scorso presso il Suitenhotel Parco Paradiso si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI della Svizzera italiana le opportunità offerte da Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Una sessantina i partecipanti.

Nei suoi saluti iniziali, Monica Zurfluh, responsabile del servizio Commercio internazionale della Cc-Ti, ha voluto da un lato evidenziare il ruolo della Cc-Ti nella tutela e promozione degli interessi di tutti i settori economici, anche in relazione con le loro attività internazionali, e dall’altro come l’informazione, la consulenza e la messa in rete con partner esperti, quali i Partner dell’Internazionale, siano alla base delle attività del servizio Commercio internazionale. In questo contesto, gli Eventi Paese organizzati in stretta collaborazione con i Partner dell’Internazionale vantano una lunga tradizione.

I due Paesi oggetto dell’evento rappresentano il primo rispettivamente il secondo partner commerciale della Svizzera nella regione. L’importanza di queste due Nazioni e più in generale dei Paesi del Golfo è considerevole, tanto dal punto di vista politico quanto da quello economico. Pur essendo diversi per dimensioni, forza economica e condizioni quadro, essi sono per lo più accomunati dalla forte dipendenza dal petrolio e dal gas e dalla necessità di attuare riforme economico-sociali. Dalle crisi nascono però le migliori opportunità: ecco quindi che temi quali la diversificazione, la privatizzazione, la necessità di sviluppare competenze e talenti locali, il bisogno di nuove tecnologie e innovazioni, ma anche di creare un clima favorevole agli investimenti e al business, non senza dimenticare che qualsiasi opportunità può anche sollevare problematiche e celare rischi, hanno costituito il fil rouge dell’evento.

I profondi cambiamenti in atto nella regione e le opportunità, anche settoriali, che si vengono a creare sono stati ampiamente illustrati da Abier Nasr e Larbi El Attari, rispettivamente Deputy Head e Commercial Counsellor presso lo Swiss Business Hub Middle East, l’ufficio congiunto del Dipartimento federale degli affari esteri e di Switzerland Global Enterprise (S-GE) nella regione.

A seguire, Marco Arrighini, Manager Credit Risk e responsabile della regione sud di Allianz Trade Switzerland ha tracciato una mappa dei rischi, un esercizio indispensabile per essere in grado di prendere decisioni informate.

Gaetano Loprieno, consulente logistico di Cippà Trasporti SA ha poi illustrato le principali modalità di trasporto e i più comuni termini di consegna delle merci nella regione, sottolineando altresì che dal 2014 tra AELS e GCC vige un accordo di libero scambio (l’UE non dispone ancora di tale accordo, ndr).

Il Managing Director di Fidinam DMCC Stefano Menotti ha quindi fatto il punto sugli aspetti amministrativi e fiscali da conoscere per chi opera in loco, con particolare riferimento alla tassazione diretta e indiretta, alla doppia imposizione e alla gestione delle buste paghe nei due Paesi, nonché alle condizioni offerte dalle free zone negli Emirati Arabi Uniti e dalle costituende zone economiche speciali in Arabia Saudita.

Le testimonianze sono state affidate a Matteo Boffa, giovane imprenditore ticinese e investitore a impatto, e a Umberto Ceccarelli, Innovation & Business Developer dello studio d’ingegneria Pini Group. Il primo ha illustrato come gli EAU siano terreno fertile per dar voce alle nuove generazioni che hanno idee impattanti e innovative, con un modello di business sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale e finanziario. Il secondo ha invece ha condiviso preziosi spunti di riflessione sulla conduzione degli affari in particolare in Arabia Saudita, sottolineando la necessità di stabilire una presenza locale e di coltivare relazioni affidabili e durature.

Per i partecipanti, una sessantina, l’aperitivo a seguire è stata un’occasione preziosa per fare networking.

Un evento a 360° gradi quello del 25 maggio, senza presunzione di esaustività e completezza, ma che ha voluto dare ai presenti importanti basi di riflessione per operare su questi mercati nonché strumenti e, soprattutto, contatti utili per i necessari approfondimenti.


Partner dell’Internazionale 2023

India: un’opzione nel “China+1”

A fine marzo 2023, l’India ha presentato le sue nuove linee guida per il commercio estero. Entrata in vigore il 1° aprile 2023, per la prima volta e in deroga alla tradizione, la politica commerciale estera indiana non avrà una data limite di cinque anni, questo per consentire al governo Modi di apportarvi le modifiche necessarie in corso d’opera. Volta a favorire l’export del Paese, la FTP apre nuove opportunità anche alle aziende estere interessate ad un’alternativa alla Cina.

Riconoscendo il cambiamento del panorama del commercio globale e la necessità di una trasformazione più ampia e integrata nel panorama delle politiche commerciali del Paese, la Foreign Trade Policy 2023 indiana (FTP) introduce schemi come la remissione di dazi o imposte sui prodotti da esportazione e il rimborso di tasse e imposte statali e centrali, promuove la facilità di fare impresa e si concentra su aree emergenti come il commercio elettronico (creando, tra l’altro, zone designate con strutture di stoccaggio) e i cosiddetti “hub di esportazione”, velocizzando altresì le procedure di elaborazione e approvazione delle richieste di autorizzazione.

È il caso ad esempio dell’Advance Authorization Issuance, che consente di importare in esenzione da dazi i fattori produttivi che sono fisicamente incorporati in un prodotto di esportazione. Oltre ai fattori produttivi, sono ammessi anche i materiali di imballaggio, i carburanti, gli oli e i catalizzatori consumati/utilizzati nel processo di produzione dei prodotti di esportazione. Tramite l’Export Promotion Capital Goods (EPCG) Scheme, le aziende possono invece importare beni strumentali, come i macchinari, in esenzione da dazi se utilizzati nel processo produttivo.

La grande forza lavoro, i bassi costi della manodopera e, ora, il supporto del governo all’industria manifatturiera, con particolare riferimento all’industria d’esportazione, rendono l’India un’opportunità concreta nonché un’opzione valida nel contesto di una strategia di diversificazione “China+1”.

Anche la Svizzera guarda all’India con interesse, tanto che a metà maggio il Consigliere federale Guy Parmelin, insieme ad altri rappresentanti di alto livello degli Stati dell’AELS, ha incontrato a Bruxelles il ministro del commercio indiano Shri Piyush Goyal per una ripresa e intensificazione dei negoziati per un accordo di libero scambio.

Nel 2022, il commercio bilaterale di beni tra la Svizzera e l’India (totale congiunturale) ammontava a 4,3 miliardi di franchi, con un saldo commerciale positivo per l’India. Lo scorso anno la Svizzera ha esportato in India soprattutto prodotti chimici, macchinari e strumenti di precisione, importando principalmente prodotti chimici, tessili e metalli.

Grazie alle dimensioni del mercato e allo spiccato know-how in vari settori dell’alta a tecnologia, l’India offre numerose opportunità di cooperazione e di sviluppo alle imprese svizzere. Oltre 330 aziende svizzere sono già attive in questo Paese attraverso filiali o joint venture: alla fine del 2021 gli investimenti ammontavano a 7,3 miliardi di franchi.

Tra i temi oggetto delle trattative vi saranno certamente l’abbattimento dei dazi doganali all’importazione in India, la protezione degli investimenti e la tutela della proprietà intellettuale. Quest’ultimo tema tocca e preoccupa due importanti industrie, il settore MEM e quello delle scienze della vita.

Il nuovo ruolo dell’India nella catena di fornitura globale, le opportunità che si aprono per le aziende svizzere e le criticità dell’attuale sistema brevettuale indiano saranno oggetto di un webinar che si terrà il 12 giugno 2023. Per informazioni e iscrizione: WEBINAR | India as a global supply chain hub

Distacco di lavoratori in Italia: nuovo termine di notifica

Conformemente al decreto legislativo n. 136 del 17 luglio 2016, il datore di lavoro estero che distacca lavoratori in Italia è tenuto a notificarli preventivamente. Se in precedenza la notifica doveva avvenire entro le ore 24 del giorno precedente l’inizio del distacco, una recente modifica del decreto ne ha ora cambiato il termine.

In Italia, la direttiva 2014/67/UE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di prestazioni di servizi è stata recepita dal Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n.136.

Secondo tale D.Lgs., i prestatori di servizi (datori di lavoro) stranieri che distaccano i propri lavoratori in Italia sono tenuti a notificare in anticipo tale distacco, indipendentemente dal fatto che questo avvenga all’interno dello stesso gruppo societario o in favore di una filiale/unità produttiva o di un altro destinatario.

Se prima la notifica doveva avvenire entro le ore 24 del giorno precedente l’inizio del distacco, una modifica del DLgs. valida dal 21 marzo 2023 ha portato questo termine a “al più tardi all’inizio” del distacco (art. 10 par. 1).

La notifica deve essere presentata tramite il portale ClicLavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.