L’economia non cresce all’ombra dei muri ma solo con il libero commercio

a cura di Alessio Del Grande

Vi riproponiamo un articolo che sottolinea l’importanza del libero mercato quale elemento imprescindibile per garantire il benessere ed il successo della nostra economia. Questo concetto è stato chiarito a più riprese dalla Cc-Ti. Vi ricordiamo che qui potete leggere i diversi approfondimenti di un dossier dedicato al tema, già pubblicato su Ticino Business di aprile 2017.

Dalle Americhe all’Europa, dall’Asia all’Africa, negli ultimi sedici anni gli Stati hanno costruito 28mila chilometri di muri (il doppio del diametro della terra) per difendere i loro confini dalle ondate dei migranti o da altre minacce vere o presunte che siano. Nello stesso tempo molti governi hanno istituito dazi, barriere doganali o restrizioni varie al libero commercio per proteggere le loro economie. Negli Stati Uniti, sono state introdotte, dal 2008 ad oggi, ben 1084 misure protezionistiche, in media un provvedimento ogni quattro giorni; in Russia 488; in Argentina 328; nel Regno Unito 252; in Germania 236; in Italia 207; in Francia 202. Neanche le grandi economie emergenti si sono sottratte alla frenesia neo protezionistica con l’India e la Cina che hanno adottato rispettivamente 588 e 200 misure che limitano il libero commercio. Non per nulla dalla dichiarazione finale del G20, che si è tenuto a Baden nel marzo scorso, è persino scomparsa la tradizionale dichiarazione d’impegno nella lotta al protezionismo. Sembra così cadere nel vuoto l’appello del World Ecomic Forum, secondo cui il dimezzamento delle attuali barriere doganali aumenterebbe il commercio mondiale del 15% e il Pil globale del 5% con grandi benefici per tutti i paesi e le loro popolazioni. Paradossalmente questa stretta contro il libero scambio è avvenuta proprio nel momento in cui la connettività globale, con la costruzione di grandi collegamenti stradali interstatali, di nuovi porti e aeroporti, pipeline, elettrodotti e cablaggi sottomarini per internet, che si estendono da un continente all’altro, ha ridisegnato la geografia di un pianeta le cui economie nazionali sono sempre più interdipendenti. Sono queste grandi infrastrutture, più che le vecchie mappe con confini politici e i proclami isolazionistici di alcuni governi, a dirci in che direzione sta andando veramente il mondo. È la nascente “civiltà dei network globali” – come la definisce l’economista e analista geopolitico Parag Khanna, nel suo saggio “Connectographi- le mappe del futuro ordine mondiale” – che darà un potente impulso al commercio internazionale su cui si svilupperà l’economia del ventunesimo secolo. “La rivoluzione della connettività globale è cominciata- ricorda Khanna-, già oggi la ragnatela planetaria delle infrastrutture include, calcolando per difetto, 64 milioni di chilometri di autostrade, 2 milioni di chilometri di oleodotti e gasdotti, 1,2 milioni di chilometri di ferrovie, 750mila chilometri di cavi internet sottomarini che collegano i tanti centri nevralgici, per popolazione ed economia, del mondo. Al contrario abbiamo solo 250mila chilometri di confini internazionali. E secondo alcune stime l’umanità costruirà più infrastrutture nei prossimi quarant’anni che nei quattromila passati”.

L’espansione del commercio internazionale porta benefici per tutti.

Insomma, il mondo reale dell’economia si va riconfigurando per facilitare i crescenti flussi di materie prime, di persone, merci, capitali, idee e dati. Una trasformazione epocale che sta avvenendo sotto i nostri occhi che va seguita con attenzione, come giustamente ha fatto la nostra Camera di commercio proponendo, il 23 marzo scorso, con la Giornata dell’Export 2017, una riflessione ad ampio raggio sul tema “EU-economy: geopolitics impact on business”, di cui potete ritrovare qui l’approfondimento (e la puntata di Zoom, andata in onda su Teleticino). “La prossima ondata di mega infrastrutture transcontinentali e intercontinentali – osserva l’economista – sarà ancora più ambiziosa: un’autostrada interoceanica attraverso l’Amazzonia, da San Paolo al porto peruviano di San Juan de Marcona sul Pacifico; ponti che collegheranno la Penisola Arabica all’Africa; un tunnel dalla Siberia all’Alaska; cavi sottomarini che attraverseranno il Polo Nord , posati sul fondale artico, connetteranno Londra a Tokyo; reti elettriche capaci di trasferire l’energia solare dal Sahara all’Europa. L’enclave britannica di Gibilterra sarà l’ingresso di una galleria che, sotto il Mediterraneo, arriverà a Tangeri, in Marocco, da dove una nuova ferrovia ad alta velocità si estenderà lungo la costa fino a Casablanca”. È con la costruzione di queste grandi reti infrastrutturali, che vede protagonisti grandi gruppi privati o partnership tra agenzie interstatali e privati, con un ruolo preponderante della Cina, che si va consolidando il mondo delle supply chain, ovvero le filiere economiche transnazionali che rappresentano le nuove catene del valore per la crescita di ogni paese. “Un ecosistema completo e complesso di produttori, venditori e consumatori che trasformeranno materiale grezzo (dalle risorse naturali alle idee) in beni e servizi, erogati alla gente in qualsiasi parte del mondo” scrive Khanna. Un ecosistema che renderà ancora più rapido e agevole in ogni angolo del mondo l’incontro tra domanda e offerta. È la concretizzazione su scala planetaria della teoria dei vantaggi comparati di David Ricardo, che vedeva nell’espansione del commercio internazionale grandi benefici per tutti. Difatti, con l’apertura dei mercati ogni Paese si specializza in quelle produzioni dove ha più vantaggi rispetto agli altri, ne conseguono un aumento della produttività, una riduzione dei costi e la possibilità di acquistare a prezzi più convenienti merci e servizi da chi li produce più a buon mercato. Con vantaggi finali non indifferenti anche per tutti i consumatori.

La rivoluzione della connettività globale impone un radicale ripensamento del concetto di confine.

È questo il planisfero reticolare delle supply chain, in cui si intrecciano e si sovrappongono vecchi e inediti flussi commerciali, che fa assomigliare la Terra alla grande rete di internet. Un mondo dove “l’offerta di tutto può incontrare domanda di tutto”, che avrà nell’economia digitale (tema principale dell’edizione di marzo di Ticino Business, di cui potete leggere gli approfondimenti cliccando su questo link) la sua interfaccia planetaria. Ma la rivoluzione della connettività globale impone un radicale ripensamento del concetto di confine e della vecchia geografia politica tratteggiata dalla sovranità statuale. Già oggi trecento cavi internet sotto gli oceani avvalgono la Terra in una rete attraverso cui passa il 99% di tutto il traffico intercontinentale di dati. Un flusso incessante di notizie e di informazioni sulla produzione di beni e servizi, sulla loro distribuzione, sulle attività finanziarie, su consumi, servizi, gusti, tendenze, idee, innovazioni, sui flussi di merci e persone. Un’ingente massa di dati che cresce ogni hanno del 40%, che viene immagazzinata, strutturata e rielaborata, diventando la materia prima vitale nella ridefinizione delle strategie aziendali, nella gestione innovativa dei servizi collettivi, si pensi solo ai trasporti o all’assistenza sanitaria, così come per la produzione-fruizione di beni immateriali, dalla cultura all’intrattenimento. Ecco bisogna pensare anche a tutto questo quando in Svizzera, ma in particolare nel nostro cantone, si insiste sulla necessità di garantire un accesso capillare ai servizi di banda ultra larga per internet su tutto il territorio nazionale. A metà marzo il Consiglio nazionale ha approvato un’iniziativa cantonale ticinese che va in questa direzione. Un primo e importante passo avanti, visto il peso che vanno acquistando le tecnologie digitali per tutta l’economia svizzera.

I controlli all’esportazione: sanzioni e beni a duplice impiego

Nel commercio internazionale sono numerose le variabili da tenere in considerazione quando si intende vendere dei prodotti o dei servizi: rischio controparte, contrattualistica, modalità di pagamento, spedizione e resa, formalità doganali, ecc. Tra i vari elementi non vanno assolutamente trascurati gli strumenti internazionali di controllo delle esportazioni, peraltro strettamente correlati tra di loro: le normative sui beni a duplice impiego (dual use) e le informazioni aggiornate sulle sanzioni internazionali.

A livello internazionale – citando la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) – “il controllo delle esportazioni è disciplinato da quattro regimi non obbligatori sotto il profilo del diritto internazionale (gruppo Australia, gruppo dei fornitori nucleari, regime di non proliferazione nel settore missilistico e intesa di Wassenaar). L’obiettivo di questi regimi internazionali consiste nell’impedire la diffusione di armi di distruzione di massa e dei loro sistemi vettori nonché nell’evitare l’accumulo destabilizzante di armi convenzionali”. In questo contesto, la Svizzera non è solo membro di tutti e quattro i regimi di controllo ma ha anche ratificato la convenzione sulle armi chimiche, la convenzione sulle armi biologiche e tossiniche e il trattato di non proliferazione nucleare. In tale modo – sempre citando la SECO – “la Svizzera adempie agli interessi di diritto costituzionale, di politica estera e di sicurezza, e rafforza la legittimità della propria economia privata”.

Il campo d’applicazione dei controlli all’esportazione sulla carta risulta essere chiaro e ben concertato, ma occorre tenere presente la celere evoluzione verso il digitale. È di stretta attualità il tema della cyber security e delle tecnologie di supporto. La realtà ci mostra che i controlli si stanno muovendo per esempio verso la regolamentazione di tutto ciò che riguarda l’esportazione e l’intermediazione di beni per la sorveglianza di Internet e delle comunicazioni mobili. Sul fronte delle sanzioni, la Svizzera rispetta le misure coercitive non militari adottate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Come riferisce la
SECO, si tratta essenzialmente di “misure cosiddette «di embargo», principalmente a carattere economico, volte a limitare gli scambi commerciali, di servizi o di tecnologia ma anche le transazioni finanziarie con un paese o un gruppo di paesi, in vista di motivare i destinatari delle sanzioni a un determinato comportamento”.

Più flessibili e autonome, invece, le sanzioni UE in merito alle quali il Consiglio federale decide caso per caso. Si pensi a mo’ d’esempio al caso della Russia dove al di là del materiale bellico la Svizzera si è limitata alla notifica all’autorità di determinati merci o servizi diretti verso questo Paese. Lapalissiano ma rilevante ricordare che anche in questo ambito i cambiamenti di indirizzo del Governo federale sono in linea con le mutate dinamiche geopolitiche.

Infine è essenziale sottolineare che queste misure, come la partecipazione a sanzioni economiche, devono assolutamente rimanere in linea con la politica estera di neutralità della Confederazione. Un elemento attrattivo fondamentale della “Swiss Way”. L’auspicio è naturalmente che la Svizzera possa mantenere un approccio autonomo e neutrale di verifica puntuale delle misure da mettere in atto – a parte le misure volute dalla comunità internazionale – in modo da poter mantenere la propria reputazione di Paese super partes nell’interesse della comunità internazionale, ma anche della sovranità nazionale che raccoglie sia le istituzioni internazionali

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Servizio Export Cc-Ti

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Un po’ di San Marino in Ticino

Lunedì 19 giugno 2017 la Cc-Ti ha accolto una delegazione proveniente da San Marino, guidata da Massimo Ghiotti, Direttore della Camera di commercio della Serenissima Repubblica. Oltre che da rappresentanti della Camera di commercio sammarinese, la delegazione era formata da un rappresentante della Segreteria di Stato per gli affari esteri, affari politici e giustizia, e da un rappresentante della Segreteria di Stato per l’Industria, Artigianato e Commercio, Lavoro, Cooperazione e Telecomunicazioni.

La delegazione si è dapprima recata alla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) per un incontro con i suoi rappresentanti. Ad accogliere i Sammarinesi, Cristina Maderni (Vicepresidente della Cc-Ti, Presidente dell’Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente della Federazione Ticinese delle Associazioni di Fiduciari), Andrea Ghiringhelli (Membro dell’Ufficio Presidenziale della Cc-Ti), Luca Albertoni (Direttore della Cc-Ti) e Chiara Crivelli (responsabile International Desk della Cc-Ti). Durante l’incontro sono stati trattati diversi temi in maniera molto pragmatica e concreta, tra i quali le peculiarità dei rispettivi sistemi economici, l’attrazione di investimenti, della promozione e dell’internazionalizzazione e le specificità delle associazioni/ordini professionali di avvocati e commercialisti.

In seguito, la delegazione si è recata a Manno per una visita del Tecnopolo Ticino, progetto sviluppato e gestito dalla Fondazione Agire su mandato della Divisione dell’economia. Il Presidente della Fondazione Agire, Prof. Giambattista Ravano, ha presentato il centro e fornito delle informazioni dettagliate sul suo funzionamento. La delegazione ha seguìto in modo particolare questo incontro poiché anche a San Marino si sta sviluppando un Parco Scientifico Tecnologico. Durante la discussione sono state inoltre valutate delle possibili sinergie tra i due enti. Il gruppo ha poi avuto modo di visitare due aziende presenti al Tecnopolo: Pastelle Media Sagl e Oculox Technology Sagl, due start-up estremamente interessanti e innovative.

La Cc-Ti attribuisce grande importanza all’accoglienza di delegazioni estere in Ticino, un’ottima occasione per presentare il nostro territorio e, al medesimo tempo, sviluppare la rete di contatti con l’estero.

Ripensare il proprio modello di business: il vantaggio competitivo di domani

Molte PMI a causa del superfranco continuano a subire una forte pressione sui margini e hanno quasi esaurito il potenziale per l’ottimizzazione dei loro processi e gli strumenti per investire in altre innovazioni di prodotto. Mega-tendenze quali la globalizzazione, i cambiamenti demografici, la sostenibilità, la digitalizzazione e la mobilità stanno cambiando il mondo e l’economia globale, facendo emergere nuovi concorrenti: ne sono un esempio Apple, il rivenditore di musica che non ha venduto un solo CD, Uber, l’impresa di taxi che non possiede automobili o AirBnB, l’azienda che affitta abitazioni senza aver mai piantato un mattone. Il mondo del business viene completamente rivoltato e le PMI che operano a livello internazionale non possono cullarsi nella falsa sicurezza che proprio il loro settore venga risparmiato.

Che fare quindi?

Dopo anni di miglioramento dell’efficienza e dei prodotti, le imprese svizzere attive a livello internazionale giungono sempre più ai limiti del potenziale di ottimizzazione, in taluni comparti la pressione sui margini continua però ad essere presente. È importante quindi superare il modo di pensare secondo la logica aziendale tradizionale. Prendendo ad esempio Apple, Uber o AirBnB, il vantaggio competitivo internazionale del futuro risiede in un modello commerciale intelligente.

Se, in parole povere, i modelli di business descrivono il funzionamento di un’impresa, il modo in cui si devono realizzare gli utili e, in particolare, quali esigenze dei clienti debbano essere soddisfatte, per attuare un modello commerciale innovativo servono soprattutto creatività e un pensiero fuori dagli schemi. Il punto di partenza è dato dalle esigenze dei propri clienti e dalla possibilità di apportare un plusvalore in un modo nuovo, più efficiente o più interessante, in ognuno dei mercati di riferimento, di offrire loro una nuova esperienza, di distinguersi dalla concorrenza e di generare ulteriori fonti di guadagno. Bisogna in particolare riflettere sui seguenti punti: quale vantaggio offre il mio prodotto o servizio ai clienti? Come viene generato tale vantaggio e quale valore aggiunto porta con sé? Qual è il mio modello di ricavi? In realtà non c’è bisogno di reinventare la ruota, è sufficiente guardarsi attorno, dare un’occhiata anche ad altri settori e conoscere le loro soluzioni sul mercato. Lasciatevi ispirare.

Come?

Il Forum del commercio estero svizzero che Switzerland Global Enterprise terrà il prossimo 18 maggio alla Fiera di Zurigo può essere una prima occasione. Tra le varie testimonianze, ad esempio, troviamo quella dell’azienda Elite SA di Aubonne (associata alla Camera di commercio vodese e a S-GE), produttrice di materassi, ci piace particolarmente: l’attuale CEO ha lavorato in precedenza nel settore automobilistico e ha portato con sé l’idea del «leasing». I pregiati materassi sono stati dotati di sensori e da allora vengono noleggiati agli alberghi, che pagano solo se effettivamente un cliente ci dorme sopra. In questo modo gli alberghi risparmiano notevoli investimenti, realizzando così un vantaggio per il cliente in modo più interessante. Nel contempo Elite SA riceve informazioni su come i clienti utilizzano il suo prodotto e su come migliorare ulteriormente i suoi materassi. Con questo modello di business la PMI della Svizzera romanda opera con successo anche a livello europeo.

Siamo convinti che anche in Ticino molte aziende stiano compiendo passi simili. Ci farebbe molto piacere se si mettessero in contatto con noi così da poterle promuovere e renderle fonte d’ispirazione per altre PMI del Cantone.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Servizio Export Cc-Ti

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Swissness: come districarsi con le nuove regolamentazioni

Anche in questa edizione di Ticino Business desideriamo continuare a proporvi alcune delle principali novità inerenti la nuova regolamentazione Swissness, entrata in vigore il 1° gennaio 2017. L’Istituto Federale della Proprietà Intellettuale (IPI) ha redatto un documento utile, intitolato “Domande frequenti”, di cui vi presentiamo un breve estratto.   

Un prodotto di origine svizzera ai sensi del diritto doganale soddisfa automaticamente i criteri dello “Swiss made”?

No. La provenienza di un prodotto in virtù del diritto che regola le indicazioni di provenienza (p.es. se su un prodotto figura la designazione “Swiss made”) non va confusa con l’origine di un prodotto in virtù del diritto doganale (p.es. menzione della Svizzera sul certificato d’origine di un prodotto). Le due indicazioni svolgono funzioni diverse (la prima indica la provenienza mentre la seconda serve per il calcolo della tariffa doganale). Le condizioni che un prodotto “svizzero” deve soddisfare sono diverse sotto il profilo del diritto delle indicazioni di provenienza e del diritto doganale. Improntare il diritto delle indicazioni di provenienza su quello doganale produrrebbe risultati assurdi: in virtù del diritto doganale, ad esempio, un pesce di mare pescato da un battello battente bandiera svizzera è considerato “integralmente fabbricato in Svizzera”. Se i criteri per determinare la provenienza “Svizzera” fossero improntati alle regole sull’origine doganale, un pesce pescato nell’Oceano indiano da un peschereccio panamense battente bandiera svizzera potrebbe fregiarsi della croce svizzera ed essere venduto con la designazione “Swiss Delice” o “Swiss Sea Food”!

È consentito utilizzare la croce svizzera?

Sì. La nuova legge prevede che la croce svizzera possa essere utilizzata anche per i prodotti svizzeri oltre che per i servizi come finora. In futuro sarà quindi possibile contrassegnare anche prodotti e imballaggi con questa indicazione di provenienza dal valore di marketing inestimabile. Se la croce svizzera è utilizzata su un prodotto o in relazione con un servizio, è fondamentalmente percepita come un rinvio geografico. Occorre tuttavia che i prodotti soddisfino i requisiti Swissness. Se i consumatori non percepiscono la croce svizzera come rinvio alla provenienza geografica del prodotto, può essere il caso di una t-shirt rossa raffigurante una croce bianca, una palla da gioco o un ombrello con una croce bianca, l’uso è decorativo e non è necessario che siano soddisfatti i criteri Swissness.

Che la croce svizzera sia un’indicazione di provenienza o meno, va valutato per ogni singolo caso in funzione del pubblico interessato. È centrale appurare se la croce svizzera evochi determinate attese in relazione con la provenienza geografica dei prodotti e servizi contrassegnati.

L’uso della croce svizzera come elemento di uno stemma è riservato alla Confederazione. Questa regola conosce qualche eccezione

È ammesso l’utilizzo di una riproduzione parziale dello stemma della Confederazione?

No. L’utilizzo di riproduzioni identiche o parziali degli stemmi e dei segni con essi confondibili è ormai riservato alla collettività. Non basta dunque cambiare le proporzioni dello stemma protetto o utilizzare uno scudo di forma diversa per escludere un rischio di confusione con il segno protetto. Lo stesso vale se viene utilizzato un colore che non si scosta sufficientemente dal colore del segno protetto. Una croce bianca verticale in campo arancione è dunque considerata un segno confondibile con lo stemma svizzero: il colore scelto non si scosta infatti sufficientemente dal rosso dello stemma protetto. La situazione cambia se il segno raffigura una croce bianca verticale in campo blu. Questo colore si scosta infatti sufficientemente dal rosso dello stemma svizzero da escludere qualsivoglia rischio di confusione e il segno può essere utilizzato liberamente.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Servizio Export Cc-Ti

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Torna “Oltre i confini”

Dopo il successo della prima edizione di “Oltre i confini”, dal 10 aprile ritornano su Teleticino tutti i lunedì alle 19.20 le interviste in pillole ad imprenditori ticinesi. Ricordiamo che il progetto è stato lanciato nel 2016 dal Servizio Export della Cc-Ti in collaborazione con il gruppo MediaTI e Switzerland Global Enterprise (S-GE). Anche nell’anno del centenario della Cc-Ti “Oltre i confini” vuole declinarsi in diverse forme: da approfondimenti tematici sul Corriere del Ticino e il Giornale del Popolo, alla rubrica apposita sul portale web Ticinonews.ch nonché con le interviste televisive. Queste ultime ripartiranno nelle prossime settimane su Teleticino e incontreranno imprenditori ticinesi che commerciano i loro prodotti sia in Svizzera, ma soprattutto all’estero. Perché scegliere di esportare? Quali sono i dettagli da prendere in considerazione? Quali le difficoltà o gli spunti che sono nati? Tutte queste domande troveranno risposta nei due minuti della trasmissione che vuole dare luce al mondo economico reale ticinese, quello fatto di impresa e di persone che quotidianamente sono confrontate con problematiche concrete. Oltre alle repliche settimanali, le puntate saranno inoltre nuovamente disponibili nella rubrica di Ticinonews dove sono già presenti – per chi se le fosse perse – quelle trasmesse nel 2016.

Sperando di attirare il vostro interesse, vi diamo appuntamento su Teleticino e Ticinonews e vi auguriamo una buona visione.

Articoli di approfondimento “Oltre i confini”
Puntate della trasmissione “Oltre i confini”

Swissness: come districarsi con le nuove regolamentazioni

La nuova regolamentazione concernente l’utilizzo dell’indicazione di provenienza “Svizzera” e la croce bianca su sfondo rosso, detta Swissness, è entrata in vigore il 1° gennaio 2017. La nuova legge sulla protezione dei marchi (LPM) suddivide i prodotti in tre categorie: prodotti naturali, derrate alimentari e prodotti industriali. Sono stati modificati anche i criteri di provenienza relativi ai servizi.

Sono molte le novità entrate in vigore, motivo per cui nelle prossime edizioni di TicinoBusiness desideriamo proporvi una serie di “Domande frequenti”, redatte dall’Istituto per la proprietà intellettuale (IPI), concernenti le principali problematiche della nuova legislazione.  

A quali condizioni si può utilizzare la designazione “Svizzera”?

La designazione “Svizzera”, utilizzata sola o con altri termini come “Made in Switzerland”, “Ricetta svizzera” o “Swiss quality”, è un’indicazione di provenienza, ossia un riferimento diretto alla provenienza geografica dei prodotti o dei servizi per i quali è utilizzata (art. 47 della legge sulla protezione dei marchi, LPM). Anche i segni figurativi come la croce svizzera, il Cervino o Guglielmo Tell sono considerati come indicazioni di provenienza svizzere. In linea di massima, il produttore o il fornitore del servizio non deve chiedere nessuna autorizzazione specifica per utilizzare l’indicazione di provenienza “Svizzera”. Quest’ultima può essere utilizzata liberamente a condizione che sia esatta, ossia che i prodotti o i servizi in questione siano realmente di provenienza svizzera. Le aziende che desiderano farne uso sono dunque tenute a garantire che i loro prodotti o servizi soddisfino appieno le condizioni di provenienza svizzera definiti nella legge. Solo in caso di contenzioso dovranno dimostrare di avere soddisfatto le condizioni legali di provenienza (cfr. domanda 22). I criteri di provenienza svizzera definiti nella legge tengono conto della natura specifica dei prodotti e divergono quindi per i prodotti naturali, per le derrate alimentari, i prodotti industriali e i servizi (cfr. artt. 48a, 48b, 48c et 49 LPM).

Indicazioni come “Designed in Switzerland” o “Swiss Research” sottostanno agli stessi criteri validi per la designazione “Svizzera”?

I produttori che non soddisfano i criteri di provenienza svizzera possono fare riferimento a determinate attività specifiche di ideazione o di fabbricazione del prodotto svoltesi in Svizzera (p.es. “Designed in Switzerland” o “Swiss Research”) se:

  1. l’intera attività specifica menzionata sul prodotto (nella fattispecie il design o la ricerca) si è svolta in Svizzera;
  2. il termine “Svizzera” non è apposto sul prodotto in maniera più vistosa – per quanto riguarda il colore, le dimensioni, la grafia – rispetto al resto dell’indicazione (esempio da non seguire: SWISS research).

Sono invece escluse da questa eccezione le indicazioni seguenti:

  • Le indicazioni del tipo “prodotto in Svizzera” sono troppo generiche per rientrare in questa eccezione. Non possono dunque essere utilizzate per un prodotto interamente fabbricato in Svizzera, che, tuttavia, non soddisfa i criteri generali di provenienza svizzera (cfr. domande da 1, 2, 3, 4). Ciò renderebbe infatti vana la legge e sarebbe contrario al suo scopo.
  • L’apposizione della croce svizzera accanto a una designazione come “Swiss research” è ingannevole: in linea di massima il consumatore percepisce la croce svizzera come un rinvio al luogo di provenienza del prodotto nel suo insieme e non come un rinvio a una fase specifica della sua lavorazione. L’utilizzo della croce svizzera in combinazione con designazioni come “Swiss research” è quindi vietato se i criteri di provenienza svizzera non sono soddisfatti.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, responsabile Servizio Export Cc-Ti

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L’Ambasciatore dell’Azerbaijan accolto a Lugano

Il Sindaco Marco Borradori ha ricevuto martedì 28 febbraio 2017 a Palazzo Civico S.E. Akram Zeynalli, Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian a Berna. All’incontro era presente anche Chiara Crivelli, responsabile dell’International Desk della Camera di Commercio del Cantone Ticino.

La discussione ha identificato la collaborazione nell’economia, nella cultura e nel turismo come ambiti di maggiore prossimità fra Lugano e l’Azerbaigian.

I settori dell’energia, della farmaceutica e delle materie prime sono state oggetto di un approfondimento per lo sviluppo di nuove sinergie con la Città di Lugano. Nel corso delle prossime settimane la Camera di Commercio valuterà l’interesse di aziende che operano in questi ambiti, e non solo, a esplorare le opportunità di investimento e di collaborazioni puntuali con il paese caucasico, e in particolare con la capitale Baku.

L’Azerbaigian è il principale partner commerciale della Svizzera nel Caucaso meridionale, ed è nell’interesse reciproco lavorare affinché le relazioni culturali ed economiche instaurate tra i due Paesi si rafforzino ulteriormente.

L’Ambasciatrice del Kazakistan in visita a Lugano

Lunedì 13 e martedì 14 febbraio 2017 l’Ambasciatrice del Kazakistan a Berna, Zhanar Aitzhanova, è stata in visita a Lugano. È stato organizzato un incontro con il Sindaco Marco Borradori, a cui hanno partecipato anche Filippo Lombardi, membro della Commissione di politica estera del Consiglio agli Stati, e per la Cc-Ti Marco Passalia, Vicedirettore, e Chiara Crivelli, Responsabile dell’International Desk.L’ambasciatrice Aitzhanova è giunta in Ticino, per la prima volta dalla sua entrata in carica, con l’obiettivo di attivare contatti istituzionali, economici e accademici e promuovere le relazioni fra il Kazakistan e la nostra regione.

A Lugano vi è una presenza significativa di attività legate al Kazakistan in settori interessanti per lo sviluppo economico, come l’ambito del commercio di materie prime e dell’energia. Per questa ragione, la Camera di commercio e dell’artigianato del Canton Ticino ha posto il paese eurasiatico fra le sue priorità di scambio e attualmente coordina – in collaborazione con la Città – tre progetti nei settori della certificazione energetica, della gestione dei rifiuti urbani e della produzione di energia idroelettrica elaborati da aziende ticinesi all’attenzione della Città di Almaty. Si tratta di progetti attivati a seguito della missione in Kazakistan del maggio 2016, e presentati alla Vicesindaca di Almaty Assel Zhunussova, nel corso della sua visita a Lugano lo scorso autunno.

Per approfondire questi e altri temi in ambito privato, nel corso della visita l’ambasciatrice ha inoltre reso visita ad alcune aziende della regione. Lo scorso anno ad Astana è stato aperto l’International Financial Centre che sarà attivo dal 2018 e opererà in lingua inglese sulla base del diritto britannico: tra i suoi obiettivi rientrano il sostegno agli investitori stranieri e alle imprese. L’ambasciatrice Aitzhanova si è poi soffermata sul tema energetico: nell’ambito dell’8° Forum Internazionale delle Nazioni Unite sull’energia per lo sviluppo sostenibile che si terrà l’11 giugno 2017 ad Astana è infatti prevista la Conferenza ministeriale delle Nazioni Unite sul tema delle energie sostenibili. In quell’occasione sarà inaugurato l’International Centre for Green Technology and Investment, che si pone l’obiettivo di favorire la transizione verso un’economia verde, attraverso lo sviluppo di energie rinnovabili, la promozione di tecnologie verdi e di modelli di green finance.

L’ultima tappa del programma della delegazione kazaka è stata la visita, martedì, alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, dove l’ambasciatrice Aitzhanova è stata accolta dal direttore generale della SUPSI Franco Gervasoni e da alcuni rappresentanti della direzione.

Export: garanzia di successo per le aziende ticinesi

È ormai puntuale e consolidato l’appuntamento annuale con i dati dell’inchiesta congiunturale della Cc-Ti. Per il 2016 vi è stato un trend generale positivo secondo le 281 aziende ticinesi che hanno risposto al sondaggio. Da rimarcare che si ricalcano i dati dell’anno precedente i quali hanno subito una scossa causata dall’effetto franco forte dell’inizio del 2014. In questo nostro breve articolo ci concentreremo sui dati inerenti il settore dell’export (un’analisi più dettagliata dell’inchiesta congiunturale è disponibile alle pagg. xxx di questa edizione di TicinoBusiness). L’andamento degli affari – dal 2012 al 2016 – indica chiaramente che le aziende esportatrici mantengono un’evoluzione stabile; negli ultimi sei mesi pure positiva. Tutta l’economia ticinese ha avuto un crollo nel 2014 a seguito del cambio franco-euro, ma secondo i dati emerge in modo netto come chi opera nell’export ha sì avuto un leggero calo, ma si è subito ripreso, anzi ha superato il livello dell’andamento degli affari rispetto al 2014. Diverse invece le cifre per chi non esporta o esporta molto poco: si constata infatti che tali aziende hanno subito una diminuzione importante e oggi fanno ancora fatica a ritornare nelle cifre positive. Risulta quindi fondamentale l’internazionalizzazione che permette ai nostri imprenditori di diversificare il mercato e di non essere legati ad una situazione economica che può subire tutto ad un tratto – com’era successo ad inizio 2014 con il cambio della nostra valuta – un grave contraccolpo.

Nell’inchiesta congiunturale sono state suddivise le aziende a seconda del loro grado di export: 0%, dall’1 al 20%, dal 21% al 79% e chi esporta quasi interamente i propri prodotti (dall’80% al 100%).  È interessante quanto emerge sulla correlazione effettivi del personale-esportazione e di quanto il fattore export sia fondamentale per la crescita di un’azienda. Il 19% che si dedica quasi interamente all’internazionalizzazione ha indicato nell’inchiesta congiunturale che per il 2017 vi sarà un aumento di personale. Una percentuale maggiore rispetto a color che si rivolgono al solo mercato interno. L’export si declina quindi in più aspetti positivi che vanno da un aumento generale della cifra d’affari a un ampliamento conseguente nell’effettivo del personale.

Internazionalizzare vuol dire anche avere rapporti diretti con gli altri mercati a livello internazionale. I principali partner commerciali della Svizzera sono naturalmente le nazioni che ci circondano e quindi soprattutto l’Unione Europea. L’inchiesta congiunturale della Cc-Ti si è soffermata anche sugli Accordi bilaterali e ha valutato la loro importanza per le aziende ticinesi. Il 71% risultano essere direttamente toccate da questi trattati nel business quotidiano, una cifra importante dato che non sono stati presi in considerazioni fattori come la libera circolazione delle persone e quindi della facilità di assumere personale estero. Le aziende esportatrici sarebbero le più toccate da un’eventuale caduta degli accordi bilaterali tanto che il 36% segnala addirittura conseguenze gravi. Fa riflettere il dato delle aziende ticinesi che invece non esportano che sarebbero in ogni caso toccate nella misura del 47%. Possiamo supporre, anche se non ne siamo certi, che questi imprenditori hanno una relazione commerciale in import con fornitori dell’Unione Europea e che le relazioni commerciali con l’UE sono quindi altrettanto fondamentali.

Concludendo ribadiamo quanto sia fondamentale l’internazionalizzazione per le aziende ticinesi: garantisce una diversificazione dei mercati e ampia le possibilità di business favorendo la crescita imprenditoriale.  La Cc-Ti e S-GE forniscono informazioni aggiornate in ambito export e rimangono sempre volentieri a disposizione dei propri associati per ulteriori informazioni in merito.

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana
Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti

Tutti i risultati dell’inchiesta congiunturale della Cc-Ti sono disponibili online. Buona lettura!