Accordo di libero scambio con l’Indonesia: un modello all’avanguardia

Il 7 marzo 2021 il popolo svizzero sarà chiamato alle urne per esprimersi sull’accordo di libero scambio con l’Indonesia. Un’intesa progressista che combina negoziazioni commerciali e grande attenzione allo sviluppo sostenibile. La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino appoggia questo importante partenariato economico.

Un mercato in piena crescita

Nell’immaginario collettivo l’Indonesia richiama paesaggi paradisiaci, tra spiagge e acque cristalline, ma questa Nazione non è unicamente una rinomata meta turistica. Paese emergente a tutti gli effetti – con i suoi 267 milioni di abitanti, una classe media in costante aumento e una crescente necessità di infrastrutture – lo Stato è già oggi un importante partner commerciale per la Svizzera.

Nel 2019 il commercio bilaterale tra la Confederazione e la Repubblica indonesiana ha raggiunto 1,47 miliardi di franchi, un aumento del 6,4% rispetto all’anno precedente. La Svizzera esporta in Indonesia prevalentemente macchinari, dispositivi elettronici, prodotti chimico-farmaceutici e importa soprattutto materie prime (pietre e metalli preziosi, tessili). Paese ritenuto dall’elevato potenziale economico, rappresenta per la Svizzera un mercato del futuro e non a caso la SECO l’ha inserito nelle priorità della cooperazione economica. Il Fondo Monetario Internazionale situa attualmente l’Indonesia al 16° rango delle principali economie mondiali e, secondo le previsioni di numerosi esperti, potrebbe diventare la quarta superpotenza al mondo entro il 2050.

Il libero scambio, uno strumento di mercato fondamentale

In un’epoca in cui il commercio mondiale è sempre più incerto e le tendenze protezionistiche sono crescentemente più intense, per una nazione esportatrice come la Svizzera è fondamentale avere forti alleati. In quest’ottica gli accordi di libero scambio diventano uno strumento di mercato essenziale. Essi permettono di agevolare l’accesso della Svizzera ai mercati esteri e al contempo di diversificare le relazioni economiche. Attraverso la riduzione di dazi doganali e delle barriere commerciali si facilitano gli scambi commerciali import/export, andando di conseguenza a rafforzare l’economia e la prosperità del nostro Paese.

Partendo da questi presupposti, sembra chiara l’importanza racchiusa nell’accordo di libero scambio con l’Indonesia. Siglato nel 2018 dagli Stati membri dell’AELS (Svizzera, Islanda, Liechtenstein e Norvegia), è stato accolto molto positivamente dagli ambienti economici svizzeri. Questo importante partenariato economico prevede l’abolizione a medio termine del 98% dei dazi all’importazione, che corrisponde a un risparmio per le nostre aziende di circa 25 milioni di franchi all’anno. La soppressione di numerosi ostacoli tecnici non tariffari permetterebbe di intensificare gli scambi tra le due Nazioni. L’accesso al mercato indonesiano sarebbe così facilitato e le aziende svizzere beneficerebbero di un importante vantaggio concorrenziale. L’accordo rafforza inoltre la protezione della proprietà intellettuale e aumenta la certezza degli investimenti. Non da ultimo, sono previste semplificazioni in molti altri settori, come nel commercio di servizi e nel turismo.

Commercio e sostenibilità: tracciata una nuova via

In questo accordo, la Svizzera non ha negoziato unicamente elementi riguardanti gli scambi commerciali, ma ha apportato un importante contributo allo sviluppo sostenibile inserendo un ampio pacchetto di misure specifiche vincolanti, soprattutto legate al commercio di olio di palma. Proprio quest’ultimo è una questione spinosa per gli oppositori dell’accordo che hanno lanciato un referendum su cui saremo chiamati a votare il prossimo 7 marzo. La critica principale è diretta contro la riduzione dei dazi doganali sull’olio di palma, la cui alta redditività della produzione ha portato a dissodare ampie aree di foresta, mettendo in pericolo l’ecosistema indonesiano. Le autorità federali sono ben coscienti di queste problematiche e hanno negoziato l’agevolazione all’importazione solo per quello prodotto in maniera sostenibile. Non vi sarà quindi nessuna riduzione dei dazi doganali e delle barriere commerciali se la produzione non rispetterà i severi standard ecologici e sociali fissati. La Confederazione dovrà quindi garantirne la tracciabilità. L’intesa inoltre non prevede un libero scambio totale: i dazi doganali saranno ridotti del 20-40% e non completamente aboliti. In aggiunta a ciò, il volume totale in arrivo nel nostro Paese dovrà rimanere stabile. È interessante notare che le importazioni di questo prodotto verso la Svizzera sono minime: nel 2019 ammontavano a 24mila tonnellate in provenienza da tutto il mondo, tra queste 35 tonnellate dall’Indonesia, l’equivalente dello 0,01%. Inoltre, secondo i dati di economiesuisse, il commercio di olio di palma rappresenta lo 0,0001% del totale delle importazioni dal Paese asiatico. Sarebbe quindi peccato sacrificare per queste quantità un’intesa che ha trovato il giusto equilibrio tra commercio e sostenibilità.

La grande attenzione rivolta alle misure a favore dello sviluppo sostenibile ha reso l’accordo di libero scambio con l’Indonesia estremamente progressista. È stato raggiunto un risultato negoziale senza precedenti, a dimostrazione che economia e sostenibilità non sono incompatibili. Durante la conferenza stampa per il lancio della campagna a favore dell’accordo, il Presidente della Confederazione Guy Parmelin ha infatti parlato di “accordo di nuova generazione” e ha sottolineato che con esso “non sacrifichiamo i principi sull’altare del libero scambio”. Una nuova via è stata tracciata e ci auguriamo che questo accordo possa diventare un modello da seguire per futuri partenariati economici.

Effetto ‘Brexit’: cosa cambia per la Svizzera che esporta?

Tenuto conto che dal 1° gennaio 2021 la Gran Bretagna non fa più parte dell’Unione Europea, di conseguenza l’accordo Svizzera-UE non può più essere applicato con questo Paese.

Nello specifico è stato concluso un puntuale accordo commerciale tra la Svizzera (incluso il Principato del Liechtenstein) e il Regno Unito. Con questo accordo entrambi i Paesi possono usufruire di un ingresso più favorevole nei rispettivi mercati.

  • Nel complesso vengono mantenute le norme di origine della Convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee (Convenzione PEM), significa quindi che il trattamento preferenziale per i dazi doganali verrà mantenuto nelle relazioni tra Svizzera e Regno unito.
  • Affinché nelle relazioni bilaterali tra i Paesi sia consentito il cumulo deve esistere un ALS tra tutte le parti con regole d’origine identiche.
  • Tenendo conto che le regole d’origine dell’ALS UE-UK non sono identiche a quelle dell’accordo commerciale tra Svizzera e UK, per questo motivo il cumulo con materiali originali dell’UE non è possibile.
  • Per quanto riguarda le prove di origine preferenziali, sono considerate valide i certificati di circolazione delle merci EUR 1 o EUR-MED per gli invii di qualsiasi valore. Mentre per gli invii di merci originarie con un valore complessivo non superiore a CHF 10’300.-, pari a euro 6’000.- o 5’700.- sterline britanniche è anche considerata valida la dichiarazione di origine su fattura.
  • È bene sapere che l’Irlanda del Nord (inclusi Gibilterra, le Isole del Canale e l’Isola di Man) fanno parte a pieno titolo del territorio doganale del Regno Unito, pertanto sottostanno all’accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito.

Un accenno di storia

(fonte: SECO)

Il Regno Unito rappresenta, da sempre, un importante partner economico per la Svizzera. Le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito si sono basate soprattutto sugli accordi bilaterali conclusi con l’Unione Europea (UE). L’accordo di uscita stipulato dal Regno Unito con l’UE («Withdrawal Agreement») ha previsto conseguentemente un periodo di transizione che è durato fino al 31 dicembre 2020.

Durante questa fase transitoria il Regno Unito ha continuato a far parte del mercato unico europeo e dell’Unione doganale. Le disposizioni dell’accordo bilaterale tra la Svizzera e l’UE hanno continuato ad essere applicabili alle relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito.

Il 14 dicembre 2020 la Svizzera e il Regno Unito hanno firmato a Londra l’Accordo sulla mobilità dei prestatori di servizi. L’Accordo garantisce alla Svizzera e al Regno Unito, a partire dal 1° gennaio 2021, l’accesso agevolato ai rispettivi mercati per i prestatori di servizi. Tale accodo completa l’accordo commerciale del febbraio 2019.

Per garantire nella misura del possibile la reciprocità dei diritti e dei doveri esistenti nei confronti del Regno Unito durante questa fase transitoria e porre le basi per rafforzare le relazioni, la Svizzera ha concluso, tra altre cose, un accordo commerciale con il Regno Unito. Questo accordo entrerà in vigore non appena gli accordi commerciali ed economici tra la Svizzera e l’UE non saranno più applicabili al Regno Unito e solo allo scadere della fase transitoria concordata tra l’UE e il Regno Unito.

L’accordo commerciale riprende gran parte dei diritti e doveri rilevanti ai fini commerciali contenuti negli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE: l’accordo di libero scambio, l’accordo sugli appalti pubblici, quello sulla lotta contro la frode, l’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (MRA), l’accordo agricolo e l’accordo sulle agevolazioni doganali e sulla sicurezza doganale. Alcuni di questi accordi si basano (prevalentemente o in parte) sull’armonizzazione o sul riconoscimento dell’equivalenza delle norme svizzere ed europee (accordo sulle agevolazioni doganali e sulla sicurezza doganale, alcuni capitoli dell’accordo agricolo tra cui l’allegato detto «accordo veterinario» e alcune parti dell’accordo MRA) e a questo stadio non possono essere ripresi nella loro interezza.

Oltre all’accordo commerciale, la Svizzera e il Regno Unito ne hanno conclusi altri nel contesto della strategia «Mind the gap»: sul traffico aereo, sulle assicurazioni, sul traffico stradale, sui diritti dei cittadini; nonché due accordi limitati nel tempo, uno sul mutuo ingresso di persone fisiche sui rispettivi mercati del lavoro e un altro sul coordinamento delle assicurazioni sociali.

Dal 1° gennaio 2021 le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito saranno disciplinate da nuovi accordi bilaterali. In settori importanti come il commercio o la migrazione, finora la Svizzera si basava sugli accordi bilaterali Svizzera-UE. Poiché dall’inizio del 2021 questi ultimi non saranno più applicabili al Regno Unito, il Consiglio federale ha concluso nuovi accordi: con la sua strategia «Mind the gap» mira a evitare lacune giuridiche e a salvaguardare i diritti e gli obblighi reciproci.

Il 31 dicembre, undici mesi dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE – la cosiddetta Brexit – giunge a termine il periodo di transizione concordato tra Londra e Bruxelles. Il Regno Unito lascerà quindi il mercato interno e l’unione doganale dell’UE, e gli accordi internazionali dell’UE non saranno più validi per il Regno Unito. In conseguenza inizierà una nuova fase anche per le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito. Se infatti gli accordi bilaterali Svizzera-UE sono rimasti validi per il Regno Unito durante il periodo di transizione, con l’anno nuovo non lo saranno più. Da quel momento si applicheranno i nuovi regolamenti previsti, in particolare vari accordi tra la Svizzera e il Regno Unito 

Per la Svizzera queste soluzioni sono il risultato della strategia «Mind the gap» del Consiglio federale, adottata nell’ottobre del 2016 – pochi mesi dopo il voto popolare britannico sulla Brexit del 23 giugno – il cui obiettivo era mantenere, ove possibile, ed eventualmente ampliare i diritti e gli obblighi vigenti tra il nostro Paese e il Regno Unito. Per coordinare i lavori il Consiglio federale ha istituito un gruppo direttivo interdipartimentale sotto la guida dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

La Svizzera e Regno Unito sono riusciti ad assicurare in larga misura il prosieguo del loro attuale rapporto giuridico. Complessivamente il Consiglio federale ha negoziato sette accordi con il Governo britannico.

  • L’Accordo sui trasporti aerei (entra in vigore il 1° gennaio 2021).
  • L’Accordo sul trasporto stradale stabilisce (entra in vigore il 1° gennaio 2021)
  • L’Accordo sulle assicurazioni (entra in vigore il 1° gennaio 2021)
  • L’Accordo commerciale traspone vari accordi fondamentali con l’UE nei rapporti tra Svizzera e Regno Unito, tra cui l’Accordo di libero scambio (1972), l’Accordo sugli appalti pubblici (1999), l’Accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (1999), l’Accordo sul commercio agricolo (1999) e l’Accordo sulla lotta contro la frode (2004). (entra in vigore il 1° gennaio 2021)
  • L’Accordo sui diritti dei cittadini tutela i diritti delle Svizzere e degli Svizzeri nel Regno Unito acquisiti in virtù dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC): il diritto di soggiorno, i diritti in materia di assicurazioni sociali e il riconoscimento delle qualifiche professionali. Lo stesso vale per le cittadine e i cittadini britannici in Svizzera. (entra in vigore il 1° gennaio 2021)
  • L’Accordo sulla mobilità dei servizi (entra in vigore il 1° gennaio 2021)
  • L’Accordo di cooperazione in materia di polizia. L’accordo dovrebbe entrare in vigore nella seconda metà del 2021.

Svizzera e Regno Unito hanno lavorato per plasmare le loro relazioni future anche al di là di questi sette accordi. Una dichiarazione congiunta del 30 giugno 2020, per esempio, prevede una cooperazione più intensa nel campo dei servizi finanziari. Con un’altra dichiarazione del 21 dicembre 2020 la Svizzera e il Regno Unito si dicono intenzionati a esplorare nuove vie per rafforzare la cooperazione nel settore della migrazione. L’Accordo commerciale prevede inoltre che i due Paesi avviino colloqui sullo sviluppo e l’approfondimento delle relazioni economiche e commerciali.

Poiché alla fine dell’anno la libera circolazione delle persone tra la Svizzera e il Regno Unito non sarà più in vigore, dal 1° gennaio 2021 l’accesso al mercato del lavoro sarà regolato dalle rispettive normative nazionali. Per la Svizzera si applica la legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI). Per il 2021 il Consiglio federale ha stabilito contingenti separati per lavoratori provenienti dal Regno Unito (3’500).

Brexit e libera circolazione delle persone

Il 31 dicembre 2020 scadrà il periodo transitorio della Brexit. Dal nuovo anno cesseranno di applicarsi nei confronti del Regno Unito gli accordi bilaterali che la Svizzera ha concluso con l’UE. Approfondimento curato dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.

In effetti la maggior parte delle regole concordate ed applicabili tra Berna e Londra sono contenute negli accordi stipulati con l’UE essendo il Regno Unito, o meglio essendo stato fino al recente passato, uno stato membro a tutti gli effetti. Ma a partire dal 2021 Londra uscirà dal mercato unico europeo e dalla relativa unione doganale. La Svizzera deve pertanto fondare le proprie relazioni economiche su nuove basi.

Proprio per colmare tale lacuna determinata dall’effettività della Brexit, Berna e Londra avevano concluso già nel 2019 un accordo commerciale. Questo accordo riprende gran parte dei diritti e doveri rilevanti ai fini commerciali contenuti negli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE: l’accordo di libero scambio, l’accordo sugli appalti pubblici, quello sulla lotta contro la frode, l’accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità (MRA), l’accordo agricolo e l’accordo sulle agevolazioni doganali e sulla sicurezza doganale.

Ma alcuni aspetti ai quali eravamo abituati nelle nostre relazioni con Londra non sono stati ripresi dall’accordo commerciale, come ad esempio la libera circolazione delle persone. In effetti dal mese di gennaio tra Svizzera e Regno Unito si applicheranno nuove regole in ambito di migrazione. Da un lato i cittadini britannici che intenderanno entrare nel mercato del lavoro svizzero dovranno presentare una relativa domanda e dovranno adempiere alle disposizioni della legge federale sugli stranieri che prevede contingenti e preferenza per i lavoratori svizzeri e dell’UE. Per contro per i cittadini britannici già in Svizzera prevarranno i loro diritti acquisiti e non saranno tenuti, in linea di principio, ad avviare alcuna nuova procedura.

E per gli Svizzeri che vogliono lavorare nel Regno Unito?

Anche qui bisogna distinguere tra chi è già attualmente inserito nel mercato del lavoro britannico da chi invece intende trasferirvisi dopo il 31 dicembre 2020. I cittadini svizzeri attualmente già nel Regno Unito dovranno semplicemente richiedere alle autorità britanniche un nuovo statuto di residenza, ma saranno comunque esclusi dal sistema a punti (Points-Based System PBS) in vigore dal 1 gennaio 2021 per i nuovi arrivi. In base al PBS, chi vorrà essere ammesso nel mercato del lavoro inglese dovrà raggiungere un livello di 70 punti, calcolati sulla base di distinti criteri. Al candidato potranno essere assegnati 20 punti per un’adeguata offerta di impiego da parte di un datore di lavoro approvato dalle autorità, altri 20 punti per un lavoro sufficientemente qualificato, 10 punti per la conoscenza della lingua inglese e ulteriori 20 punti per il raggiungimento di un minimo salariale (25’600 sterline/anno). Altre specifiche qualifiche o situazioni permetteranno di ottenere punti supplementari che potranno eventualmente compensare lacune della candidatura riscontrate altrove. I punti supplementari potranno essere assegnati ai titolari di un dottorato, o a chi viene assunto in settori in cui scarseggia la manodopera indigena.

In materia di prestazione di servizi il 14 dicembre è stato concluso uno specifico accordo (Services Mobility Agreement/ SMA) che prevede concrete agevolazioni. Da un lato in Svizzera continuerà ad applicarsi la semplice procedura di notifica per i servizi in provenienza dal Regno Unito di durata inferiore a 90 giorni/anno, come già in vigore attualmente. Da parte di Londra è stato concesso l’accesso al mercato ai prestatori svizzeri in una trentina di settori. I fornitori svizzeri non saranno tenuti a provare la conoscenza dell’inglese e la necessità economica di attingere a partner esterni in questi settori. I fornitori di servizi potranno restare nel Regno Unito fino a dodici mesi sull’arco di due anni. L’accesso verrà limitato a persone con livello universitario o equivalente. 

Non è escluso che in futuro ci possano essere adeguamenti di questi regimi sulla base di eventuali accordi che il Regno Unito concluderà nei prossimi mesi con l’UE.

Regole d’origine non preferenziali: facciamo chiarezza

Le regole d’origine non preferenziale figurano tutte nell’Ordinanza sull’attestazione dell’origine non preferenziale delle merci (OAO – ultima modifica il 9 aprile 2008), entrata in vigore il primo maggio 2008. Queste regole servono alle Camere di commercio e dell’industria svizzere per il rilascio dei certificati di origine e di altre attestazioni.

In sostanza, senza un certificato di origine rilasciato da una Camere di commercio e dell’industria competente che confermi la provenienza della merce non è possibile importare dei prodotti in un Paese con cui la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS).

Le otto sezioni presenti nell’ordinanza sono: le disposizioni generali, i criteri d’origine, il rilascio di prove documentali e istituzione di dichiarazioni d’origine, la sorveglianza e controllo, la protezione dei dati e assistenza amministrativa, la protezione giuridica, le disposizioni penali e infine le disposizioni finali.

Le regole d’origine definiscono le condizioni alle quali devono sottostare i prodotti al fine di poter essere dichiarati originari di uno Stato o di un gruppo di Stati nei quali sono stati interamente ottenuti oppure sufficientemente lavorati o trasformati.

Si fanno due distinzioni ben precise:

  • regole d’origine non preferenziali: determinate nell’ambito della politica commerciale autonoma e delle misure tariffali di ogni singolo Paese (OAO).
  • regole d’origine preferenziali: determinate nell’ambito degli accordi di libero scambio (ALS) e di concessioni di preferenze unilaterali in favore dei Paesi in via di sviluppo.

I motivi che giustificano il fatto di indicare l’origine in occasione di una vendita di una merce sono molteplici. Possiamo trovare i diversi interessi dei partner commerciali (provvedimenti antidumping), degli spedizionieri (sdoganamento), della dogana (determinazione dell’aliquota di dazio) o della banca (lettere di credito). Tutto questo può richiedere la presentazione di una prova documentale di origine. Per questa ragione è fondamentale che queste regole siano corrette per il giusto funzionamento sia per il Paese d’origine che per le misure di politica commerciale appropriata al fine di impedire che quest’ultime vengano raggirate.

Queste regole d’origine si dividono in svariati criteri di origine:

  1. Merci di produzione propria
    Criterio A: merce interamente fabbricata
    Criterio B: criterio del 50% del valore aggiunto
    Criterio C: cambiamento della voce di tariffa
    Criterio D: Regole della lista
    Criterio E: altri fatti documentabili nell’ambito dell’attestazione dell’origine
    Criterio F: traffico di perfezionamento
  2. Merci non di produzione propria
    Criterio G: merce commerciale
  3. Accessori, pezzi di ricambio e attrezzature per merci dei cap. 84 e 92 della tariffa d’uso delle dogane svizzere
    Criterio H: fornitura insieme con merce dei cap. 84 a 92
    Criterio I: fornitura per merce già consegnata dei cap. 84 a 92

I Criteri più utilizzati per la richiesta dei Certificati di origine sono il Criterio B, C e G.

Il Criterio B è preso in considerazione qualora il prodotto è stato oggetto di una lavorazione in Svizzera e se il valore di tutti i materiali e dei componenti esteri utilizzati nel processo di lavorazione non supera del 50% il prezzo d’esportazione (prezzo franco fabbrica).

Per il calcolo della percentuale svizzera possono essere considerati:

  • costi dei materiali svizzeri utilizzati per la lavorazione
  • i salari relativi alla fabbricazione in Svizzera
  • spese d’imballaggio
  • spese di trasporto in Svizzera
  • i guadagni (non possono costituire l’unico elemento per soddisfare il criterio del 50%)

Esempio: fabbricazione di un trapano elettrico in Svizzera

Nel Criterio C, una lavorazione o trasformazione è ritenuta sufficiente se ha per risultato di classificare il prodotto finito in una voce a quattro cifre della tariffa doganale svizzera diversa rispetto a quella che si riferisce ai materiali di origine estera utilizzati per la sua lavorazione.

Esempio: utilizzando tavole di legno importate dall’estero, si fabbrica in Svizzera un armadio

Le tavole di legno corrispondono alla voce no. 4407 della tariffa doganale, il mobile finito alla voce no.9403.

Il Criterio G si differenzia in:

  1. Merci acquistate in Svizzera
    – Fornitori svizzeri (merce di origine estera, legalizzazione interna presso la propria Camera di commercio e dell’industria)
    – Fornitori svizzeri (merce di origine svizzera, dichiarazione su fattura come da OAO)
  2.  Merci acquistate da un fornitore estero
    Di fatto richiedere l’emissione di un certificato di origine o di un’attestazione presso la propria Camera di commercio e dell’industria non è così semplice, bisogna considerare in modo serio tutti gli elementi descritti se non si vuole imbattersi in sanzioni molto elevate per aver dichiarato qualcosa di non veritiero.
Necessitate maggiori dettagli? Il Servizio Export Cc-Ti è a disposizione.

Brexit e Carnet ATA

Come noto, dal 31 dicembre 2020 la Gran Bretagna non farà più parte dell’Unione Europea. Questo vale anche per il suo territorio doganale. Per quanto riguarda i Carnet ATA svizzeri vi sono diversi scenari possibili che elenchiamo qui di seguito. La data fissata per la Brexit (31 dicembre 2020) verrà indicata come D1.

Primo scenario: Sdoganamento all’importazione con Carnet ATA in Gran Bretagna prima del D1 e passaggio in un Paese europeo dopo il D1.

Procedura
Il Carnet ATA dovrà essere sdoganato (timbrato) alla riesportazione presso la dogana della Gran Bretagna. In seguito si dovrà effettuare lo sdoganamento d’importazione alla dogana del Paese europeo. Il titolare del Carnet dovrà assicurarsi di avere sufficienti volet (fogli tratteggiati trattenuti in dogana) sia per l’importazione che per la riesportazione.

Secondo scenario: Importazione con un Carnet ATA in un Paese dell’Unione Europea e passaggio della merce verso la Gran Bretagna prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dalla Gran Bretagna dopo il D1.

  1. Problema che può sorgere alla riesportazione

La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione nell’Unione Europea ma non verso la Gran Bretagna, che non farà più parte dell’Unione Europea dopo il D1. La questione in sospeso è di sapere se le autorità doganali della Gran Bretagna effettueranno uno sdoganamento alla riesportazione sul Carnet ATA, malgrado non avvenga uno sdoganamento all’importazione in Gran Bretagna, bensì in un Paese dell’Unione Europea

2. Il problema del Carnet di rimpiazzo

Per quanto riguarda il Carnet di rimpiazzo la questione è alquanto delicata, poiché come descritto nel punto precedente non avviene alcuna importazione in Gran Bretagna. Per questo motivo la dogana inglese non sarà in grado di gestire un Carnet di rimpiazzo. Allo stesso tempo ci aspettiamo che la dogana dell’Unione Europea rifiuterà il Carnet di rimpiazzo poiché la merce si troverà in Gran Bretagna e per questo motivo non sarà possibile verificare la merce stessa. In questo caso l’emissione del Carnet di rimpiazzo non potrà essere effettuata.

Terzo scenario: Importazione in Gran Bretagna e passaggio della merce attraverso un Paese membro dell’Unione Europea prima del D1 e sdoganamento alla riesportazione dall’Unione Europea dopo il D1.

  1. Problema della riesportazione

La souche del Carnet ATA presenterà uno sdoganamento all’importazione verso la Gran Bretagna, ma non verso l’Unione Europea. Anche in questo caso la questione è delicata poiché non è ancora chiaro se in questo caso l’autorità doganale dell’Unione Europea effettuerà lo sdoganamento alla riesportazione, malgrado non avvenga alcun sdoganamento all’importazione all’interno dell’Unione Europea.

2. Problema del Carnet di rimpiazzo

È lo stesso problema che troviamo nel secondo scenario ma inverso. Non avendo effettuato l’importazione nell’Unione Europea, ci aspettiamo che di conseguenza la dogana dell’Unione Europea non sarà disposta a trattare un Carnet di rimpiazzo. Viceversa, le autorità doganali della Gran Bretagna possono rifiutare il Carnet di rimpiazzo, dato che la merce si trova nell’Unione Europea e in questo caso non ci può essere nessuna verifica. Anche in questo caso il Carnet di rimpiazzo non potrà essere rilasciato.

Raccomandazioni per il secondo e terzo scenario

  • Come raccomandiamo sempre, è meglio che la merce rientri in Svizzera prima della scadenza del Carnet ATA.
  • In caso di un dubbio è meglio evitare il Carnet di rimpiazzo per non avere ulteriori problemi.
  • Se il viaggio avviene tramite aereo dall’Unione Europea (ad esempio Malpensa) consigliamo di aggiungere i transiti nella richiesta del Carnet ATA. Così potranno essere effettuati normalmente l’esportazione dalla Svizzera, il transito in entrata alla prima dogana dell’Unione Europea, il transito in uscita a Malpensa, l’importazione in Gran Bretagna e la riesportazione dalla Gran Bretagna. Al rientro, una volta effettuata la corretta riesportazione dalla Gran Bretagna, quando si arriverà di nuovo su territorio doganale europeo (Malpensa) si effettuerà il transito in entrata, di nuovo il transito in uscita alla dogana prima di entrare in Svizzera e, come ultimo passaggio, la reimportazione in Svizzera.
Per qualsiasi domanda il team Export della Camera di commercio, dell’industria, dei servizi e dell’artigianato del cantone Ticino è sempre a vostra disposizione.

Start-up ed export

Accesso ai mercati esteri: l’importanza di una strategia ben definita già in fase iniziale

L’export è fondamentale per le aziende svizzere, siano esse start-up, micro imprese, PMI o società più grandi.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio chiave emerso dall’evento tenutosi online il 16 novembre, co-organizzato dalla Cc-Ti, insieme a USI, SUPSI, CP Start-up, Switzerland Global Enterprise, con il sostegno di Innosuisse – Swiss Innovation Agency.

Benché ogni azienda (a dipendenza della fase che sta vivendo – neocostituita, in espansione, consolidata, ecc.) attribuisca un’importanza diversa alle attività di esportazione, guardare con un occhio di riguardo “oltre i confini” elvetici resta un elemento imprescindibile per lo sviluppo del business.

L’evento si è svolto in streaming e vi hanno assistito una sessantina di partecipanti. Per la Cc-Ti hanno preso parte all’evento il Vice-Direttore Michele Merazzi, con Martina Grisoni e Giulia Scalzi, Responsabili del Servizio Export.
Sono intervenuti anche Francesco Lurati e Alcide Barberis del CP Start-up e Monica Zurfluh di Switzerland Global Enterprise. L’evento è poi proseguito con una testimonianza concreta di un’azienda: Giuseppe Perale di IBI SA ha parlato dell’approccio con le esportazioni e i mercati esteri.

In conclusione, sono emerse numerose domande e riflessioni da parte dei partecipanti, a cui i relatori hanno prontamente risposto fugando ogni dubbio sul tema.
Interessante sottolineare che l’evento in streaming non ha limitato l’interazione tra gli iscritti, anzi, lo scambio di informazioni è stato vivace e interessante.

I relatori della Cc-Ti: Giulia Scalzi, Martina Grisoni e Michele Merazzi

Un’idea chiara per una strategia vincente

Definire un piano di sviluppo e crescita aziendale, con un business plan determinato, e intraprendere i passi necessari per concretizzare la propria idea.

La scalabilità dell’offerta e l’apertura ai mercati esteri sono fondamentali anche in questa fase di previsione e preparazione. È possibile che inizialmente le risorse non permettano grandi manovre o che le priorità strategiche stabilite vadano in altre direzioni (convogliate sul mercato interno, ad esempio).

Comprendere i processi legati all’internazionalizzazione resta importante per le start-up (come pure per le imprese attive sul territorio), così come la conoscenza dei partner, degli attori coinvolti nelle fasi cruciali e dei loro servizi (Camere di commercio e dell’industria, Switzerland Global Enterprise, altre istituzioni, enti, aziende, …).


Per ogni informazione la Cc-Ti, attraverso il Servizio Export, è a disposizione. Contattateci.

Novità in materia di accordi di libero scambio

Accordo tra AELS-Ecuador e tra Ucraina e Georgia. Alcuni dettagli in merito.

Con la conclusione degli accordi di libero scambio (ALS), la Svizzera mira a garantire alle PMI un migliore accesso ai mercati. L’attuale rete (oltre 30 accordi) si arricchisce ora di un nuovo trattato, quello tra AELS ed Ecuador, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Tale accordo ha un vasto campo di applicazione: infatti, non solo promuove gli scambi commerciali regolando le norme di origine, le misure di salvaguardia commerciale, le barriere tecniche al commercio e le misure sanitarie e fitosanitarie, ma disciplina anche il commercio dei servizi, gli investimenti, la protezione della proprietà intellettuale e gli appalti pubblici.

Gli scambi commerciali con la Nazione sudamericana sono relativamente limitati: nel 2019 le esportazioni svizzere ammontavano a 100 milioni di franchi, soprattutto prodotti chimico-farmaceutici e macchinari e le importazioni si attestavano a 313 milioni di franchi, con un notevole incremento rispetto all’anno precedente dovuto all’aumento delle importazioni di oro. Questo accordo è tuttavia importante per l’export svizzero nella regione in quanto prevede il cosiddetto “cumulo dell’origine” con materiali originari da Colombia e Perù (con cui l’AELS ha accordi separati) favorendo l’ottenimento della condizione di “merce di origine preferenziale” necessaria per uno sgravio dai dazi.

Il 26 marzo 2020 è inoltre entrato in vigore anche l’ALS tra Ucraina e Georgia. In che modo questo accordo tocca anche la Svizzera? La Confederazione dispone di ALS sia con l’Ucraina (dal 2012) sia con la Georgia (dal 2018) e in tali accordi sono definite norme di origine identiche che rendono possibile il “cumulo dell’origine”. Come nel caso sopra esposto, questo amplia notevolmente la possibilità di ottenere l’origine preferenziale e una (parziale) esenzione daziaria.

La conoscenza dei regimi preferenziali e delle possibilità di esenzione dai dazi doganali è di fondamentale importanza per le nostre aziende, Cc-Ti e S-GE si impegnano quindi a diffondere al meglio tali informazioni e restano a disposizione per approfondimenti.


Articolo a cura del Servizio Export Cc-Ti e di Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Il Carnet ATA: il passaporto per le merci

Il Carnet ATA è una combinazione di termini francesi “Admission temporaire” ed inglesi “Temporary Admission”. Questo documento doganale ufficiale viene definito come il passaporto per le merci.

L’idea di un regime di ammissione di franchigia per i campioni era già stata elaborata su base bilaterale tra Austria e Svizzera, regime che entrò in vigore tra i due Paesi nel febbraio del 1954. In accordo fu creata la prima Convenzione, con la documentazione Carnet ECS (dal francese “Echantillons Commerciaux”) che andava a sostituire qualsiasi deposito o garanzia per i dazi e gli oneri all’importazione. A seguito del successo del Carnet ECS seguì il Carnet ATA, visto come una versione aggiornata a quella precedente.

Tra il 1950 e il 1970 vi è stato un incremento nel numero di Convenzioni internazionali, raccomandazioni, accordi e altri strumenti sull’ammissione temporanea, ciò ha creato molta confusione per la comunità imprenditoriale internazionale, complicando molto il lavoro delle dogane. Nei primi anni ‘90, l’Organizzazione Mondiale delle Dogane ha deciso di istituire una Convenzione Mondiale sull’ammissione temporanea (Convenzione di Istanbul) con lo scopo di semplificare ed armonizzare i regimi doganali, in particolare la creazione di uno strumento internazionale unico che raggruppi tutte le convenzioni già esistenti in ambito di esportazione temporanea. La Convenzione riguardo all’ammissione temporanea è stata conclusa a Istanbul il 26 giugno 1990 ed è quindi entrata in vigore il 27 novembre del 1993 in lingua inglese e francese con depositario l’Organizzazione Mondiale delle Dogane. Il Carnet ATA è gestito in congiunta dalla World Customs Organization (WCO) e dalla International Chamber of Commerce (ICC).

Ciascun allegato della Convenzione di Istanbul autorizza l’esportazione temporanea di merci per uno scopo preciso come:

  • Esposizioni, fiere e congressi
  • Materiale professionale
  • Campioni commerciali

Il Carnet ATA comprende una copertina rigida anteriore e una posteriore e vari fogli interni, di diversi colori, per le operazioni di esportazione e re-importazione nel Paese di origine, per le operazioni di transito attraverso nazioni terze e per le operazioni doganali nella nazione di arrivo. Ogni autorità doganale coinvolta trattiene la parte inferiore dei fogli di sua competenza (volet), timbrandone la parte superiore che rimane sempre nel Carnet ATA (souche).

Tutte le merci che vengono importate temporaneamente in un territorio, in esenzione di dazi e tasse all’importazione e senza proibizioni o restrizioni di carattere economico, devono essere riesportate entro un anno dalla data di emissione del Carnet ATA. Inoltre, durante la loro permanenza nel Paese estero le merci non devono subire nessun cambiamento fisico o di stato, nemmeno una semplice riparazione.

Utilizzando il Carnet ATA per l’esportazione temporanea si può facilitare agli operatori l’accesso alle disposizioni internazionali vigenti e contribuire in modo efficace allo sviluppo del commercio internazionale e di altre forme di scambi commerciali. Inoltre esso garantisce una maggiore semplificazione dei regimi doganali, facilitando così l’esportazione temporanea di merce all’estero, armonizzando le svariate procedure, proseguendo obiettivi di carattere economico, umanitario, culturale, sociale e turistico, come l’esportazione di opere d’arte, sculture, o perfino cavalli iscritti a competizioni sportive, come pure veicoli ad uso su pista.

Un documento simile è il Carnet CPD, utilizzato solamente per le esportazioni temporanee a Taiwan e un certo numero di Paesi ATA tra cui la Svizzera. Questo documento viene rilasciato dalla Camera di commercio e le condizioni per il suo uso sono identiche al Carnet ATA.

Per poter richiedere un Carnet ATA bisogna contattare la propria Camera di commercio, che vi indirizzerà sul portale www.ataswiss.ch, la pagina sulla quale si possono richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account.

www.ataswiss.ch è accessibile 24 h su 24 h, sette giorni su sette. Una volta effettuato il log-in, si può iniziare, in modo semplice e pratico, la compilazione del documento ATA.

Bisogna inserire i propri dati personali e una dettagliata descrizione della merce che si vuole esportare temporaneamente. In seguito la Camera di commercio competente potrà stampare il Carnet ATA e prendere contatto con il titolare.

Una volta in possesso del Carnet ATA il titolare deve recarsi alla dogana commerciale per l’apertura del Carnet. Questa procedura deve essere effettuata solamente alla prima uscita, per tutti i transiti successivi ci si può recare alla dogana turistica. Molto importante e da mai dimenticare è far timbrare il documento ATA ad ogni valico doganale, sia all’esportazione dalla Svizzera come pure all’importazione nel Paese estero.

Occorre ripetere la stessa procedura al rientro dal proprio viaggio, in particolar modo alla riesportazione dal Paese estero e alla reimportazione in Svizzera. Ogni viaggio deve contenere quattro timbri doganali, i viaggi con il Carnet ATA sono illimitati. Nel momento in cui tutta la merce esportata temporaneamente rientra in Svizzera in modo definitivo, senza aver subito dei cambiamenti e il Carnet ATA non serve più bisogna riportarlo o spedirlo alla propria Camera di Commercio per il controllo e la chiusura definitiva.

Info dirette: www.cc-ti.ch/carnet-ata e www.ataswiss.ch

 

Mercati emergenti – consulenti a disposizione delle PMI

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), unitamente alle Camere di commercio e dell’industria romande, ha varato un importante progetto a favore delle PMI. Lo scopo è di sostenere le PMI nell’ambito dell’export, soprattutto sui mercati considerati emergenti, che presentano a volte difficoltà maggiori rispetto a mercati considerati più “tradizionali”.

Questo sostegno avviene prevedendo percorsi differenziati a dipendenza delle esigenze delle singole aziende e delle varie realtà cantonali. La scelta di orientarsi prevalentemente alle economie dei paesi emergenti è data anche dal fatto che esse rappresentano dal 2016 oltre il 65% della ricchezza mondiale e, nonostante la crisi del coronavirus, il PIL della Cina da solo probabilmente supererà quello degli Stati Uniti prima del 2025. Si tratta di paesi che sono considerati i principali partner commerciali sia per l’Unione Europea che per la Svizzera.

All’origine dell’iniziativa vi è la Camera di commercio e dell’industria di Ginevra (CCIG) che, da questo mese di settembre ha attivato una collaborazione con l’Alta scuola di gestione ginevrina nel quadro del programma di formazione di “International Business Management”. Nell’ambito di tale programma hanno preso avvio per il 2020-21 due nuovi servizi concordati proprio tra le scuole e i nostri colleghi ginevrini, con il supporto del Centro di competenze digitali presso l’Università di scienze applicate della Svizzera occidentale. Si tratta di:

  • Export +: che prevede lo svolgimento di uno studio esplorativo preliminare di un progetto di esportazione – sia che si tratti di una questione commerciale e/o di investimento.
  • Export ++: che contempla la fornitura, attraverso una piattaforma digitale, di servizi commerciali, legali, finanziari e logistici che consentono alle PMI di trovare clienti in mercati emergenti di difficile accesso.

Due esperti senior in commercio internazionale e mercati emergenti, nonché una dozzina di giovani consulenti junior che seguono il corso di specializzazione saranno a disposizione delle PMI interessate presso la Geneva School of Management (HEG-Ge) per definire quale sia la maniera migliore di procedere per le singole aziende interessate. La struttura accademica collaborerà strettamente con i servizi di comunicazione e di esportazione della CCIG e di tutte le altre Camere (compresa la Cc-Ti) facenti parte del progetto.



RILANCIO ECONOMICO: COME ACCEDERE AI MERCATI DEI PAESI EMERGENTI?
MARTEDÌ 13 OTTOBRE 2020 17:00 – 18:30, WEBINAR IN LINGUA FRANCESE
Organizzatori: Haute Ecole de Gestion (IBM), in collaborazione con CCIG
Le economie dei paesi emergenti rappresentano nel 2020, Cina e India in testa, quasi il 65% della ricchezza mondiale con una domanda crescente di capitali e beni di consumo.
Questa presentazione offre un’introduzione sintetica su come mobilitare le risorse interne all’azienda e accedere dalla Svizzera a servizi di supporto pubblici e privati, con orientamento commerciale, finanziario, legale e logistico. Tutti fattori essenziali per accedere a mercati emergenti attraenti ma distanti geograficamente e a volte rischiosi per la complessità delle norme e del sistema-paese.
Link per iscrizione

I primi passi per un’esportazione corretta

L’esportazione è il processo di spedizione di beni o di merci (prodotti naturali o fabbricati) da un territorio nazionale in un Paese estero dove saranno poi venduti. Prima di esportare un prodotto è bene tenere conto delle formalità riguardo alla spedizione e al trasporto, così da non confrontarsi con problemi che potrebbero nascere al momento dell’arrivo della merce nel Paese estero.

Le parti interessate

I fattori principali di un’esportazione corretta sono l’esportatore ovvero il venditore, il destinatario ovvero l’acquirente, lo spedizioniere, il trasportatore e le formalità doganali. Lo spedizioniere è la società che organizza il trasporto della merce che viene esportata, mentre il trasportatore è il responsabile del trasporto fisico della merce fino a destinazione.

Partiamo dal principio che:

  • il prodotto che verrà esportato è ben definito
  • il destinatario della merce e il Paese di destino sono ben identificati
  • l’azienda che esporta è attiva

I 5 elementi di cui tenere conto

1. Documenti commerciali

  • La fattura: verrà emessa una fattura di esportazione senza IVA, in quanto questa verrà riscossa al momento dell’importazione dalle autorità doganali del Paese di destino.
  • La packing list: questo documento consiste nel descrivere ed elencare con precisione gli articoli che verranno spediti.

2. Il Trasporto

Le merci possono essere trasportate su strada, ferrovia, via aerea o via marittima. La modalità di trasporto sarà determinata in base a tempi di consegna, costi e destinazione. Lo spedizioniere che si occuperà della spedizione saprà consigliare e offrire la soluzione più adatta alla situazione.
Al fine di determinare anche i rischi e la ripartizione dei costi, verranno applicate ed indicate in fattura le normative, note come Incoterms.
L’imballaggio deve essere resistente per far fronte a tutte le condizioni del trasporto. Sarà determinato dalla natura della merce e dal metodo di trasporto scelto. Quando sarà il momento di esportare lo spedizioniere potrà fornire tutte le indicazioni del caso.

3. Marcatura ed etichettatura

Devono essere conformi ai requisiti in vigore del Paese in cui si vuole importare il proprio prodotto. A grandi linee vengono richieste le seguenti indicazioni:

  • il nome dell’acquirente o un’altra forma di identificazione
  • il nome del posto o del porto di entrata nel paese
  • peso lordo e peso netto
  • la menzione del Paese di origine della merce
  • il numero delle casse (imballaggio)
  • avvertenze e precauzioni (per esempio per merci pericolose)

4. Assicurazione sul trasporto

Si può contattare la propria assicurazione.

5. Formalità doganali

  • Dichiarazione di esportazione svizzera: viene stabilita grazie all’applicazione di esportazione E-DEC, questa dichiarazione viene utilizzata in particolare per provare l’esportazione del bene giustificando la mancata fatturazione dell’IVA, quindi serve come prova per i vostri conteggi.
  • La dichiarazione di importazione: la dichiarazione viene stabilita dall’importatore alla destinazione finale della merce
  • Licenza di esportazione: la merce esportata potrebbe richiedere, a seconda della sua natura, un permesso di esportazione (ad esempio in caso di dual-use). Tutte le informazioni riguardo a questo argomento sono disponibili presso la SECO (www.seco.admin.ch nella rubrica ‘Controlli sulle esportazioni e sanzioni’).
  • Prova di origine: come indicato in precedenza questo è il documento che attesta l’origine della merce. Esistono però due procedure doganali di origine diverse.

Il regime preferenziale

Nel momento in cui i due Paesi, sia dell’esportatore che del destinatario hanno firmato un accordo di libero scambio e le merci provengono dall’uno o dall’altro di questi Paesi, l’importatore beneficerà quindi di aliquote preferenziali su tasse e dazi doganali. Può anche succedere in casi particolari che sia esentasse, per ulteriori informazioni potete consultare il sito delle dogane: www.ezv.admin.ch.

Il regime non preferenziale

Per tutte le altre esportazioni, dunque dove non vige un accordo di libero scambio verrà rilasciato un certificato di origine come prova dell’origine della merce. Per maggiori informazioni potete consultare il nostro sito https://www.cc-ti.ch/export.


Fonte: CVCI, adattamento Cc-Ti