La Brexit ha creato ostacoli agli scambi di merci e servizi anche tra la Svizzera e il Regno Unito. Pur avendo concluso vari accordi bilaterali per garantire il mantenimento delle loro strette relazioni, alcuni o parti di essi si fondano sull’armonizzazione delle disposizioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE) e quindi per il momento non vengono applicati (potranno esserlo solo se l’UE e il Regno Unito definiranno soluzioni contrattuali analoghe sulla base di standard armonizzati). Tutto ciò crea difficoltà nelle operazioni quotidiane degli operatori economici dei due Paesi.
Per essere di aiuto concreto ai suoi associati che operano con il Regno Unito, il servizio Commercio internazionale della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) ha riunito le principali disposizioni in una scheda informativa che mira a rispondere a domande pratiche inerenti alle esportazioni di merci (questioni doganali, legislazione prodotti, IVA nell’e-commerce) e alla fornitura di servizi. Laddove di interesse la scheda è completata con informazioni inerenti alle importazioni e alla fornitura di servizi in Svizzera da parte di aziende o lavoratori britannici.
La scheda informativa è riservata ai soci della Cc-Ti e può essere richiesta al servizio Commercio internazionale inviando una e-mail a internazionale@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/02/ART22-indicazioni-pratiche-Brexit.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-02-24 08:30:002022-06-22 14:58:08Implicazioni pratiche della Brexit per le aziende svizzere
Di recente pubblicazione, una guida redatta da Dezan Shira & Associates, società specializzata in investimenti diretti esteri, illustra come aprire un’attività in Cina. La guida fa altresì riferimento alle tanto attese leggi sulla protezione dei dati e della privacy ed è pertanto utile anche alle aziende già insediate che vogliono tenersi aggiornate sui cambiamenti legislativi più recenti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/02/ART22-guida-fare-business-cina.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-02-17 08:00:002022-06-22 15:03:12Fare business in Cina
Oggi più che mai, l’innovazione deve andare di pari passo con due priorità fondamentali: minimizzare l’impatto sull’ambiente e massimizzare i benefici sociali. Il nostro pianeta ha bisogno che tutti noi facciamo uno sforzo consolidato per ridurre l’impatto ambientale dei nostri prodotti. Ma come si può attuare l’economia circolare in un contesto commerciale internazionale? Geomag gioca un ruolo di primo piano nella ricerca di soluzioni a questi problemi, anche in collaborazione con gli istituti locali.
Come? Se ne parlerà il 24 marzo 2022 presso Geomagworld SA a Novazzano: il Lab congiunto di NZZ Connect e Switzerland Global Enterprise, con il supporto della Camera di commercio e dell’industria del Canton Ticino, di SUPSI e Rytec Circular, inizia con un’immersione nel mondo Geomag, dove i partecipanti avranno la possibilità di visitare lo stabilimento e di partecipare ad un workshop di creazione.
Il direttore della Cc-Ti Luca Albertoni darà poi l’avvio alla tornata di discussioni, che prevede un keynote sulla circolarità nel business internazionale e tre workshop paralleli durante i quali i partecipanti potranno sviluppare con esperti soluzioni per implementare più circolarità nel loro business internazionale.
Il programma completo e il formulario d’iscrizione sono disponibili qui: CE2 | Labs (ce2lab.ch)
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/02/ART22-economia-circolare-geomag.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-02-10 07:00:002022-06-22 10:53:36Abbracciare la filosofia dell’economia circolare
Il 1° febbraio 2022, il blocco commerciale più grande al mondo è entrato in vigore anche per la Corea del Sud.
Dell’RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) se ne è parlato molto a fine 2020-inizio 2021 dopo che è stato siglato, ma la sua entrata in vigore – il 1° gennaio 2022 – è avvenuta un po’ in sordina.
Questo accordo di partenariato economico globale regionale rappresenta circa il 30% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale e, oltre a mettere il Pacifico al centro del mondo, costituisce oggi il blocco commerciale più grande di sempre.
Vi hanno aderito i dieci Stati membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico ASEAB (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam), l’Australia, la Cina, la Corea del Sud, il Giappone e la Nuova Zelanda.
L’entrata in vigore sottotono è data dallo stato del processo di ratifica: dal 1° gennaio 2022 il RCEP si applica infatti unicamente a Brunei, Cambogia, Laos, Singapore, Thailandia, Vietnam, Australia, Cina, Giappone e Nuova Zelanda. La Corea del Sud si è unita al blocco il 1° febbraio 2022 e gli Stati rimanenti seguiranno 60 giorni dopo aver ratificato l’adesione.
Il RCEP è più che altro un accordo commerciale di prima generazione, in quanto si focalizza sulle concessioni tariffarie (oltre il 90% dei dazi saranno ridotti o eliminati a tappe) e l’armonizzazione delle regole d’origine. Esso copre però anche il commercio di servizi, gli investimenti, la cooperazione tecnica e commerciale, la proprietà intellettuale, la concorrenza e gli appalti pubblici.
È la prima volta che la Cina aderisce ad un patto commerciale multilaterale regionale, prediligendo finora accordi commerciali bilaterali. La particolarità del RCEP è però quella di essere il primo accordo di libero scambio che vede coinvolte Cina, Giappone e Corea del Sud, Paesi che non sempre hanno rapporti distesi. La grande assente è invece l’India, ritiratasi dai negoziati e la cui adesione non solo avrebbe reso ancora più ampia la portata dell’accordo, ma avrebbe anche attenuato il peso della Cina.
Questo accordo di partenariato cambia non solo il commercio con l’Asia, ma influisce anche direttamente sulle catene regionali del valore, con una potenziale riallocazione degli investimenti in risposta ai crescenti costi del lavoro in Cina e all’esigenza di differenziazione, contribuendo più in generale a rafforzare le catene globali del valore.
AVETE DOMANDE? CONTATTATECI! Servizio commercio internazionale T +41 91 911 51 35 internazionale@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/02/ART22-Corea-RCEP-1.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-02-03 08:00:002022-06-22 15:03:27La Corea del Sud si unisce al RCEP
Dal 2024 l’importazione di prodotti industriali in Svizzera non sarà più soggetta a dazio, secondo quanto deciso dal Consiglio federale il 2 febbraio 2022. Questa misura favorisce la piazza economica svizzera e la ripresa economica dopo la crisi.
Con una modifica della legge sulla tariffa delle dogane si azzerano i dazi vigenti per l’importazione di tutti i prodotti industriali. La tariffa doganale svizzera viene inoltre semplificata per ciò che concerne le voci relative a questi prodotti. Si tratta di agevolare l’importazione e permettere alle imprese di accedere ai fattori produttivi esteri a condizioni più favorevoli, rafforzando nel contempo la competitività dell’economia nazionale e delle esportazioni. Inoltre i consumatori possono acquistare a un prezzo più conveniente i beni di consumo importati.
Il Consiglio federale ha stabilito che le misure entreranno in vigore il 1° gennaio 2024: in questo modo gli oneri legati ai cambiamenti procedurali possono essere contenuti al massimo, a tutto vantaggio degli operatori economici e dell’Amministrazione. Tutti gli attori coinvolti dispongono così del tempo necessario per gli adeguamenti tecnici e organizzativi. La modifica della legge sulla tariffa delle dogane, necessaria per le misure, è stata accolta dal Parlamento nell’ottobre 2021.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/02/ART22-dazi-abrogati.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-02-02 14:00:002022-06-22 10:54:50Decisione del Consiglio federale: dazi industriali abrogati dal 1° gennaio 2024
…e se la supply chain puntasse invece sulla circolarità?
La ripresa in contemporanea delle attività manifatturiere dopo i vari lockdown, la forte crescita della domanda di prodotti inaccessibili durante le chiusure, i ritardi nelle consegne, il rincaro dei trasporti (leggi: aumento dei costi di noli) così come l’aumento dei prezzi delle materie prime continuano ad esacerbare lo stato di salute delle catene di approvvigionamento. Molte fonti lo affermano: i colli di bottiglia e l’esplosione dei costi dovrebbero perdurare fino a fine 2022. Allo stesso tempo, notizie di reshoring, nearshoring e persino backshoring, in particolare delle attività attualmente basate in Cina, sono all’ordine del giorno. Non tutte però sono strettamente collegate con la pandemia… anche perché le catene di fornitura non possono essere cambiate rapidamente o facilmente: qualificare nuovi fornitori richiede analisi di qualità, accordi sui diritti di proprietà intellettuale, nuove certificazioni e molte altre valutazioni.
Un sondaggio effettuato a febbraio/marzo 2020 dalla società di consulenza strategica e di ricerca Gartner, Inc. su 260 leader della catena di approvvigionamento globale ubicati nei quattro angoli del mondo, ha ad esempio evidenziato che già all’epoca il 33% degli intervistati aveva trasferito la propria attività fuori dal Regno di Mezzo o prevedeva di farlo entro il 2023. Tali decisioni erano pertanto state prese ben prima pandemia. Un dato confermato anche da Resilinc, che si occupa di supply chain analytics e secondo la quale il 2019 aveva registrato il più alto tasso di interruzioni delle catene di approvvigionamento degli ultimi anni. Le cause? Chiusura di fabbriche sì, ma anche cambiamenti di proprietà dovuti a fusioni e acquisizioni, eventi meteorologici estremi e disastri naturali (inondazioni, terremoti), cambiamenti normativi e, non meno importante, i conflitti geopolitici. Negli ultimi anni pre-pandemia, quindi, sempre più aziende si sono trovate a far fronte a grossi rischi e interferenze per la propria filiera.
Una ricetta miracolosa per rafforzare le proprie catene di approvvigionamento non esiste. È vero però che gli enti regolatori chiedono però sempre più spesso alle aziende di stabilire catene del valore trasparenti e di effettuare una due diligence sulla condotta sociale e ambientale dei loro fornitori – non che questo influisca sulla capacità di questi ultimi di fornire nei tempi voluti i prodotti o materiali richiesti. Allo stesso tempo, da parte dei consumatori cresce la domanda di prodotti sempre più sostenibili. In generale si constata quindi un aumento delle pressioni su sostenibilità e trasparenza. Ciò crea per le aziende nuove opportunità di mercato e potenziali benefici in materia di reputazione. Ne conseguono però per loro anche nuovi compiti, quali ripensare in modo strategico a come affrontano, valorizzano, costruiscono e ottimizzano le catene del valore.
La pressione sulla filiera dovuta alla pandemia da un lato, le esigenze degli enti regolatori e le tendenze di consumo dall’altro… perché non prendere due piccioni con una fava e rivoluzionare quindi i propri paradigmi e il proprio modo di intendere e di fare business? E quale paradigma economico integra sostenibilità ambientale (e sociale), all’interno di una nuova strategia aziendale meglio dell’economia circolare?
L’economia circolare è un modello economico che si basa sul riutilizzo, la riparazione, il riciclaggio di prodotti e materiali: allungando il ciclo di vita dei prodotti, essa riduce il volume, la velocità e il chilometraggio dei flussi di materiali, offrendo una soluzione contro il moltiplicarsi dei colli di bottiglia nella catena d’approvvigionamento, risparmi sui costi di approvvigionamento delle risorse e una minore esposizione al rischio legato alla volatilità dei prezzi delle materie prime. In sostanza l’economia circolare risponderebbe quindi a tematiche chiave quali la continuità del business e la gestione dei rischi (ambientali e di fornitura), contribuendo altresì a rafforzare la resilienza della filiera.
Come del caso del reshoring, nearshoring o backshoring, anche l’introduzione della circolarità non è però esente da sfide e sicuramente non è un processo a breve termine, in primis perché si tratta di una trasformazione che non può essere compiuta in modo isolato: riconfigurare le supply chain significa sperimentare nuove forme di collaborazione con tutti gli attori coinvolti – ovunque essi siano ubicati ed attuare meccanismi di reverse logistics (logistica inversa o logistica di ritorno) in grado di recuperare i prodotti a fine vita. Sì, perché i prodotti vanno riprogettati, adottando materiali green e biocompatibili così come logiche di durabilità, pensando quindi fin da subito al loro reimpiego e pertanto con caratteristiche tali da permetterne lo smontaggio o la ristrutturazione.
Il reparto acquisti deve lavorare con la squadra di progettazione per identificare i partner delle materie prime per le innovazioni e le tecnologie più adatte. L’approvvigionamento di materiali e tecnologie per prodotti circolari cambia quindi il processo di selezione dei fornitori influenzandone i criteri di valutazione e il modo in cui ci si relaziona con loro. Gestire e mantenere tali collaborazioni richiede tempo e risorse. La logistica inversa che ha l’impatto più diretto sulle catene di approvvigionamento è invece il ritorno dei prodotti dal consumatore finale al produttore: affinché questo modello possa funzionare, le aziende devono poter aver accesso ai loro prodotti a fine vita. In alcuni settori la gestione della logistica di ritorno dei prodotti è già una realtà per le aziende, grazie a leggi specifiche. È il caso dei prodotti elettronici di consumo, che nell’Unione europea sono regolati dalla direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (WEEE), la quale obbliga i fabbricanti ad occuparsene a fine vita. Molte aziende di altri settori hanno invece “risolto” il problema promuovendo modelli alternativi di utilizzo, come lo sharing o il pay-peruse, che consentono loro di rientrare in possesso dei prodotti ad utilizzo terminato.
In conclusione, le attuali problematiche della supply chain rappresentano sì una sfida non indifferente per le aziende, ma anche un’opportunità per ripensare il proprio business e rendere la propria filiera più resiliente ma soprattutto più inclusiva.
Come in tutto il resto del mondo, con la pandemia anche l’e-commerce nell’Unione europea (UE) è esploso. Oggi però, per molte aziende svizzere non si tratta più solo di sapere come si muovono i consumatori online e come promuovere i propri prodotti e servizi massimizzandone le vendite, ma piuttosto di impostare la propria operatività in modo corretto. Anche alla luce del nuovo pacchetto IVA per l’e-commerce lanciato il 1° luglio 2021 dall’UE: tale pacchetto ha infatti apportato cambiamenti sostanziali per quanto concerne le forniture di beni a consumatori privati (B2C), comprese quelle effettuate da aziende di Stati terzi, e introdotto regimi opzionali di gestione dell’IVA.
Nella fattispecie, il pacchetto IVA per l’e-commerce (“VAT e-commerce package”) ha esteso il regime semplificato di identificazione IVA dello sportello unico MOSS relativo ai servizi transfrontalieri di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici (“servizi TTE”) forniti ai privati anche alle altre prestazioni di servizi così come alle vendite a distanza di merci. Sono altresì stati introdotti tre regimi opzionali:
il regime opzionale One-Stop-Shop UE (OSS UE) si applica sia alle vendite intracomunitarie a distanza a privati ubicati nell’UE (anche effettuate da aziende di Stati terzi) sia alle cessioni nazionali di beni a privati effettuate tramite una piattaforma elettronica;
il regime One-Stop-Shop non UE (OSS non UE) si applica a tutte le prestazioni di servizi erogate da aziende di Stati terzi a privati ubicati nell’UE;
infine, il regime Import One-Stop-Shop (IOSS) si applica alle vendite a distanza a consumatori finali ubicati nell’UE di beni importati da Paesi terzi, purché esenti da accise e di valore non superiore a EUR 150.
In sostanza, l’OSS e l’IOSS semplificano gli obblighi in materia di IVA consentendo ai prestatori di servizi e ai fornitori di merci di
registrarsi elettronicamente ai fini IVA in un unico Stato membro;
dichiarare l’IVA tramite un’unica dichiarazione elettronica ed effettuare un unico pagamento dell’IVA dovuta su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi realizzati nell’UE;
collaborare con l’amministrazione fiscale dello Stato membro nel quale sono registrati per l’OSS/IOSS, anche se le loro vendite avvengono in più Stati membri dell’UE.
Anche le aziende svizzere che effettuano prestazioni di servizi o vendita a distanza di merci a clienti privati nell’UE possono quindi, a seconda dei casi, optare per la registrazione opzionale ad uno dei regimi sopra indicati. Che impatto ha per loro il nuovo pacchetto IVA sull’e-commerce? Come devono gestire concretamente l’IVA sulle loro vendite a distanza o su prestazioni di servizi online a cittadini europei?
A supporto delle aziende associate, il servizio Commercio internazionale ha redatto una breve scheda che sintetizza la tematica e le problematiche. La scheda vuole essere a scopo esclusivamente informativo e non ha pretese di esaustività né vuole fornire parere legale o altro tipo di consulenza professionale.
Il trattamento corretto dell’IVA europea è infatti un tema complesso e si presta pertanto ad un approfondimento individuale. In questo contesto si segnalano innanzitutto i seguenti momenti formativi proposti dal servizio Formazione puntuale:
Le aziende associate che necessitano di una consulenza mirata possono inoltre contattare il servizio Commercio internazionale, che sarà lieto di fornire il necessario supporto in collaborazione con il suo esperto di fiducia. Tale consulenza è a pagamento.
La Convenzione PEM si applica nel traffico delle merci di origine preferenziale nel quadro degli accordi di libero scambio (ALS) all’interno della zona di cumulo paneuromediterranea. Soggetta a revisione, la Convenzione riveduta non ha potuto sinora essere adottata poiché alcune Parti contraenti ne hanno rifiutato il testo. La maggioranza delle Parti, tra cui la Svizzera, ha tuttavia deciso di applicare transitoriamente le regole rivedute su base bilaterale. Dal 1° gennaio 2022 le norme rivedute possono essere applicate anche nel libero scambio tra AELS e Albania e AELS e Serbia.
L’applicazione bilaterale transitoria della Convenzione PEM consente alle imprese degli Stati contraenti di beneficiare delle norme rivedute nel commercio bilaterale finché la Convenzione PEM riveduta non verrà ufficialmente adottata.
L’ordinamento provvisorio ha introdotto semplificazioni amministrative quali l’abolizione della prova d’origine EUR-MED e l’uniformazione delle regole di lista. Durante il periodo di transizione, le aziende possono decidere autonomamente se applicare le norme d’origine della Convenzione attuali o le norme d’origine rivedute. Esse devono tuttavia determinare quali norme sceglieranno prima di calcolare l’origine e utilizzare le rispettive prove d’origine.
Le prove d’origine rilasciate sotto le norme transitorie vanno infatti distinte dalle prove d’origine rilasciate conformemente all’attuale Convenzione PEM: il certificato di circolazione delle merci EUR.1 deve includere nella casella 7 la dicitura in inglese «TRANSITIONAL RULES»; anche la dichiarazione di origine d’origine va adeguata: “L’esportatore delle merci contemplate nel presente documento (autorizzazione doganale n. ..…) dichiara che, salvo indicazione contraria, le merci sono di origine preferenziale……. conformemente alle norme di origine transitorie.” Inoltre, le prove dell’origine hanno ora una validità di dieci mesi.
Oltre che negli accordi di libero scambio tra AELS e Albania e tra AELS e Serbia, la Svizzera applica le norme transitorie anche nell’accordo di libero scambio con l’UE (dal 1° settembre 2021) e nella Convenzione AELS (dal 1° novembre 2021), cf. Matrix.
AVETE DOMANDE? CONTATTATECI! Servizio commercio internazionale T +41 91 911 51 35 internazionale@cc-ti.ch
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/01/ART22-serbia-albania-PEM.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-01-05 08:00:002022-06-22 15:04:20Libero scambio con Albania e Serbia: applicabili le norme della Convenzione PEM riveduta
Ogni anno, circa 400 milioni di franchi di dazi doganali sono riscossi sui prodotti esportati dalla Svizzera verso i Paesi con i quali esistono accordi di libero scambio. Perché ciò avviene? La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) vorrebbe approfondire questa questione e conta sull’aiuto delle aziende esportatrici svizzere.
La SECO ha lanciato un sondaggio sull’utilizzo degli accordi di libero scambio (ALS), tramite il quale vuole chiedere agli esportatori svizzeri quali sono le sfide legate agli ALS. L’obiettivo è quello di capire meglio come gli ALS conclusi dalla Svizzera sono utilizzati dalle aziende esportatrici e come il loro uso può essere ulteriormente semplificato.
Tempo di compilazione: 5-15 minuti, a seconda della situazione specifica dell’azienda.
Si consiglia di far compilare il sondaggio direttamente dai collaboratori che si occupano delle esportazioni in particolar modo riguardo agli accordi di libero scambio.
Il 1° gennaio 2022, l’Organizzazione Mondiale delle Dogane (OMD) implementerà la settima edizione del suo Sistema Armonizzato (SA), apportando importanti cambiamenti alle voci di tariffa di molti prodotti.
Il Sistema Armonizzato (SA) è stato sviluppato e introdotto dall’Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) per identificare in maniera uniforme e a livello internazionale le diverse tipologie di prodotto. Esso comprende più di 5’000 gruppi di merci; ognuno identificato da un codice a sei cifre, organizzato in una struttura logica e supportato da regole ben definite per ottenerne una classificazione uniforme. Tale codice viene comunemente chiamato “voce doganale” (o “HS code” in inglese). I singoli Paesi possono adottare ulteriori e più specifiche suddivisioni (8-12 cifre) nelle loro tariffe nazionali.
Il sistema è usato da più di 200 Paesi ed economie come base per le loro tariffe doganali, per le statistiche sul commercio internazionale nonché per gli accordi commerciali. Oltre il 98% delle merci nel commercio internazionale è classificato in termini di SA e, per restare al passo con gli sviluppi tecnologici, l’OMD aggiorna tale sistema ogni 5-6 anni. Gli Stati membri dell’OMD devono trasporre questi cambiamenti nella loro legislazione nazionale. L’attuale SA è del 2017 e l’ultima revisione del SA entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. In Svizzera, il Consiglio federale ha dato il via libera nel giugno 2021 agli adeguamenti necessari nella tariffa nazionale (Tares).
Quest’ultima revisione risulta particolarmente critica, poiché l’OMD ha apportato ben 351 emendamenti al SA, tra cui: l’introduzione della classificazione dei rifiuti elettrici ed elettronici (e-waste), dei nuovi prodotti a base di tabacco e nicotina (sigarette elettroniche), dei veicoli aerei senza equipaggio (UAV – ovvero i droni), degli smartphone, delle stampanti 3-D (produzione additiva) e dei pannelli per schermi piatti. Vi sono, tra gli altri, anche cambiamenti per quanto riguarda i prodotti chimici (tra cui i placebo e i kit diagnostici nonché merci controllate da varie convenzioni), le fibre di vetro e le macchine per la lavorazione dei metalli. Molte nuove sottovoci sono state create per i beni a duplice impiego che potrebbero essere impiegati per un uso non autorizzato, come i materiali radioattivi e gli armadietti di sicurezza biologica, così come per gli articoli necessari per la costruzione di dispositivi esplosivi improvvisati, quali i detonatori. Gli emendamenti al SA non si limitano solo a creare nuove disposizioni specifiche per varie merci, ma includono anche spiegazioni volte ad assicurare un’applicazione uniforme della nomenclatura.
Per preparare le imprese ad applicare i cambiamenti del Sistema armonizzato in vigore dal 1° gennaio 2022, l’OMD in collaborazione con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMD) ha messo a punto l’HS tracker, un motore di ricerca in grado di mostrare le modifiche intervenute e le motivazioni sottese all’aggiornamento. In Svizzera, l’Amministrazione federale delle dogane (AFD) ha pubblicato le modifiche sul suo sito web, compresa la “lista di concordanza” che illustra i numeri di tariffa interessati dalla revisione. Il Tares sarà aggiornato di conseguenza il 1° gennaio 2022.
L’importanza della voce di tariffa doganale e della sua corretta applicazione è spesso sottovalutata, sebbene sia una componente centrale di ogni processo di importazione ed esportazione. Ogni voce non solo determina l’importo dei dazi doganali e degli oneri doganali, ma anche gli eventuali obblighi di autorizzazioni (controllo delle esportazioni). La voce di tariffa ha inoltre un ruolo decisivo anche per determinare quale regola d’origine e della lista si applica per un determinato accordo di libero scambio. In virtù di quanto sopra esposto, le aziende sono chiamate ad agire tempestivamente e a verificare l’accuratezza delle voci doganali utilizzate per i loro prodotti per evitare ritardi nelle spedizioni e di incorrere in eventuali sanzioni.
Si ricorda infine che, in caso di dubbi, l’AFD rilascia informazioni tariffali vincolanti su richiesta. Le domande di classificazione devono essere inoltrate tramite e-mail utilizzando il questionario “40.10 Domanda di classificazione” disponibile sul sito web della stessa AFD.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-12-14 08:13:242022-06-22 10:57:59Tariffa doganale: adeguamento in vigore dal 1.1.2022
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