Il Regno Unito abbandona gradualmente il sistema doganale CHIEF a favore del Customs Declaration Service (CDS). Dal 1° ottobre 2022 tutte le importazioni dovranno essere dichiarate tramite quest’ultimo. Il passaggio definitivo al nuovo sistema avverrà il 1° aprile 2023, data in cui anche le esportazioni dovranno essere gestite tramite la nuova piattaforma.
L’attuale sistema di gestione doganale delle merci importate ed esportate CHIEF (Customs Handling of Import and Export Freight), utilizzato per presentare le dichiarazioni doganali all’erario britannico (HM Revenue & Customs), ha quasi esaurito la sua funzione e a breve sarà sostituito dal nuovo servizio di dichiarazione doganale CDS (Customs Declaration Service).
Anche se quest’ultimo è già operativo per quanto riguarda le nuove registrazioni, la sostituzione vera e propria del sistema doganale CHIEF avverrà in due tappe: dal 1° ottobre 2022 CHIEF non accetterà più dichiarazioni doganali di importazione, che dovranno quindi essere presentate tramite il CDS. Le dichiarazioni doganali di esportazione dovranno invece continuare ad essere presentate in CHIEF fino al 31 marzo 2023, dopodiché dovranno essere inserite nel CDS e il vecchio sistema doganale sarà definitivamente abbandonato.
Le aziende estere che agiscono in qualità di importatori nel Regno Unito, ad es. con la stipula di una clausola Incoterms DDP, sono invitate ad informarsi tempestivamente in merito al nuovo sistema.
Il Servizio Commercio internazionale della Cc-Ti è a disposizione per ulteriori informazioni e consigli utili.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/08/ART22-UK-nuovo-sistema-doganale.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-08-31 11:04:112022-09-07 16:38:41Da ottobre il Regno Unito passa a un nuovo sistema doganale
Gli Incoterms® sono regole commerciali elaborate dalla Camera di commercio Internazionale (ICC) che definiscono la ripartizione tra venditore e compratore di obblighi, spese e rischi connessi al trasporto, allo sdoganamento e alla consegna della merce. Il presente articolo ricapitola le caratteristiche degli Incoterms® 2020 e introduce un nuovo strumento grafico, realizzato dall’ICC e di facile utilizzo, che aiuta venditore e compratore nell’identificazione della resa più adatta da includere nei loro contratti di vendita B2B.
Cosa sono gli Incoterms®?
Le clausole Incoterms® (acronimo di International Commercial Terms) sono termini contrattuali, codificati dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC), che identificano in maniera chiara dove e quando avviene la consegna della merce, il trasferimento dei rischi di perdita o danni alla merce dal venditore al compratore e ogni altra spesa relativa alla consegna della merce. Essi disciplinano anche chi deve stipulare il contratto di trasporto della merce e l’eventuale assicurazione fino al luogo convenuto e chi si deve far carico dello sdoganamento all’esportazione e all’importazione. Queste regole sono giuridicamente vincolanti solo se espressamente concordate (idealmente a livello contrattuale) tra il venditore e il compratore.
Gli Incoterms® non regolano invece aspetti quali le condizioni di pagamento, il trasferimento della proprietà della merce, l’effetto di sanzioni o la risoluzione di controversie (es. conseguenze delle violazioni degli obblighi contrattuali, clausole di forza maggiore, legge applicabile, foro competente,…).
Negli anni, gli Incoterms® sono stati oggetto di revisione da parte della ICC, che ha voluto tenere in considerazione i mutamenti e le criticità riscontrati della prassi commerciale. L’ultima revisione è stata effettuata nel 2019 e l’ultima edizione degli Incoterms® è entrata in vigore il 1° gennaio 2020, da qui la dicitura “Incoterms®2020”.
La classificazione degli Incoterms®
Gli Incoterms® 2020 consistono in 11 regole, identificate con un acronimo di tre lettere e suddivise in quattro gruppi (secondo la lettera iniziale dell’acronimo) e in due categorie. I termini appartenenti al medesimo gruppo condividono caratteristiche simili, mentre le due categorie riguardano i mezzi di trasporto:
Di seguito vengono passati brevemente in rassegna i vari termini di resa.
Tutti i mezzi di trasporto
EXW | Ex works / Franco fabbrica (luogo di consegna convenuto) È la resa che comporta i minori rischi e costi a carico del venditore. Il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore presso la sua sede o in altro luogo convenuto (proprio magazzino o fabbrica, ma anche un deposito, una piattaforma di distribuzione), senza che sia tenuto a caricare la merce. Il compratore organizza il trasporto, ne paga i costi, si assume i rischi di carico (anche se questi viene eseguito dal venditore nei propri locali) e fino a destinazione ed è responsabile delle procedure di sdoganamento all’export e all’import. Osservazioni: – anche se il venditore non è tenuto a caricare la merce, nella realtà succede spesso che esso lo faccia (perché dispone delle attrezzature necessarie o perché norme di sicurezza/interne impediscono l’accesso di terzi ai suoi locali). In questi casi venditore e compratore dovrebbero prevedere esplicitamente chi si assume il rischio di tale operazione; – in generale si raccomanda l’utilizzo della resa EXW al solo commercio nazionale: infatti, anche se le operazioni di sdoganamento sono (generalmente) a carico del compratore, il venditore rimane il soggetto responsabile, dal punto di vista doganale e fiscale (leggi: imponibilità dell’IVA), di una eventuale mancata uscita delle merci dal territorio nazionale, con il rischio di incorrere in sanzioni.
FCA | Free carrier / Franco vettore (luogo di consegna convenuto) Il venditore consegna la merce al compratore in due modi: a) se il luogo indicato è la sede del venditore (fabbrica, magazzino), allora la merce è considerata consegnata nel momento è caricata sul mezzo di trasporto messo a disposizione dal compratore; b) se invece il luogo di consegna è un luogo diverso dalla sede del venditore, la merce è considerata consegnata quando, dopo essere stata caricata sul mezzo di trasporto del venditore, raggiunge l’altro luogo indicato (si consiglia di specificare il punto esatto) ed è pronta allo scarico. Il venditore è responsabile delle formalità di sdoganamento all’esportazione, spetta invece al compratore sdoganare la merce all’importazione nel Paese di destinazione, pagare eventuali diritti di importazione ed espletare le formalità doganali d’importazione. Osservazioni: – in generale le rese Incoterms EXW e del gruppo F – e quindi anche la resa FCA – sono sconsigliabili nei casi in cui il venditore, per ottenere il pagamento della merce, debba presentare i documenti comprovanti la spedizione/consegna della stessa, ad esempio quando il pagamento tramite lettera di credito (L/C). È infatti preferibile che sia il venditore a gestire il trasporto e lo sdoganamento della merce così da disporre dei relativi documenti. In caso di L/C sarebbe quindi più opportuno che venditore e compratore concordino un termine di resa dei gruppi C o D. Tuttavia, per offrire la massima flessibilità alle parti, la resa FCA degli Incoterms 2020 introduce la possibilità di convenire un meccanismo che consenta al venditore di ricevere una polizza di carico con annotazione di messa a bordo (“bill of lading with an on-board notation”) quando consegna la merce nel luogo di consegna concordato, prima che il vettore carichi la merce sulla nave. Il venditore può così presentare i documenti alla banca e incassare il credito. Si sottolinea qui che questo meccanismo è facoltativo e potrebbe far sorgere più problemi di quanti ne possa risolvere.
CPT | Carriage paid to / Trasporto pagato fino a (luogo di destinazione convenuto) Il venditore organizza e paga le spese di trasporto fino al luogo di destinazione concordato. Il venditore effettua la consegna, e con essa il passaggio dei rischi, quando affida la merce al vettore da lui designato. Il momento del passaggio del rischio da venditore a compratore non coincide quindi con il momento del passaggio dei costi del trasporto: è pertanto necessario specificare con chiarezza il luogo di consegna e il luogo di destinazione delle merci. Il venditore è responsabile delle formalità d’esportazione, ma non ha l’obbligo di sdoganare la merce all’importazione, di pagare eventuali diritti di importazione o espletare eventuali formalità doganali all’importazione.
CIP (Carriage and Insurance paid to / Trasporto e assicurazione pagati fino a (luogo di destinazione convenuto) Il venditore organizza e paga le spese di trasporto fino al luogo di destinazione convenuto. Il venditore effettua la consegna, e con essa il passaggio dei rischi, quando affida la merce al vettore da lui designato. Il momento del passaggio del rischio da venditore a compratore non coincide con il momento del passaggio dei costi del trasporto: è pertanto necessario specificare con chiarezza il luogo di consegna e il luogo di destinazione delle merci. Il venditore è tenuto a stipulare una copertura assicurativa conforme alla Institute Cargo Clause A (All Risks, livello massimo di copertura) o simile. Il venditore è altresì responsabile delle formalità d’esportazione, ma non ha l’obbligo di sdoganare la merce all’importazione o di pagare eventuali diritti di importazione.
DAP | Delivered at place / Reso al luogo di destinazione (luogo di destinazione convenuto) Il venditore effettua la consegna della merce quando essa arriva sul mezzo di trasporto nel luogo di destinazione convenuto (terminal, magazzino, ecc.) ed è pronta per essere scaricata. Il venditore è obbligato a stipulare un contratto per il trasporto della merce fino al luogo di destinazione e si assume tutti i rischi consegnando la merce nel luogo convenuto. Esso è responsabile delle formalità d’esportazione, ma non ha l’obbligo di sdoganare la merce all’importazione, di pagare eventuali diritti di importazione o espletare eventuali formalità doganali all’importazione. Qualora il compratore non sdogani le merci all’importazione, dovrà sopportare tutti i rischi e i costi legati all’immagazzinamento della merce in attesa dello sdoganamento.
DPU | Delivered at place unloaded / Reso al luogo di destinazione scaricato (luogo di destinazione convenuto) La merce è considerata consegnata una volta scaricata dal mezzo di trasporto e messa a disposizione del compratore nel luogo di destinazione convenuto. Il venditore è obbligato a stipulare un contratto di trasporto sino al luogo di destinazione e si fa carico di tutti i rischi connessi al trasporto e allo scarico della merce. Il rischio viene trasferito una volta scaricata la merce. La resa DPU è l’unica a richiedere al venditore di consegnare la merce scaricata alla destinazione convenuta: è pertanto opportuno che esso si assicuri di essere effettivamente in grado di scaricare la merce nel luogo convenuto (ad. es. che ci siano le attrezzature adeguate). Il venditore è responsabile delle formalità d’esportazione, ma non ha l’obbligo di sdoganare la merce all’importazione, di pagare eventuali diritti di importazione o espletare eventuali formalità doganali all’importazione.
DDP | Delivered duty paid / Reso sdoganato (luogo di destinazione convenuto) La merce è considerata consegnata quando il venditore la mette a disposizione del compratore, sdoganata all’importazione e pronta per essere scaricata dal mezzo di trasporto, presso il luogo di destinazione. Il venditore è obbligato a stipulare un contratto di trasporto della merce sino al luogo di destinazione ed è responsabile dello sdoganamento non solo all’esportazione ma anche all’importazione, pagando eventuali diritti doganali sia di esportazione sia di importazione ed espletando tutte le formalità doganali. Tutti i rischi sono a carico del venditore fino al luogo di destinazione, con la merce pronta per lo scarico. Osservazioni: – si raccomanda di specificare il più chiaramente possibile il punto nel luogo di destinazione convenuto, poiché le spese e i rischi fino a tale punto sono a carico del venditore; – il DDP comporta il livello massimo di obbligazioni per il venditore, che oltre a pagare dazi e IVA all’importazione (con relativa registrazione doganale e fiscale nel Paese di destino) deve anche assicurarsi di disporre delle licenze necessarie per l’importazione della merce e di essere effettivamente in grado di sdoganarla.
Solo trasporto marittimo, fluviale o lacustre
FAS | Free alongside ship / Franco lungo bordo (porto d’imbarco convenuto) La merce è considerata consegnata quando il venditore la mette a disposizione sottobordo della nave (ad es. sulla banchina o la chiatta) designata dal compratore nel porto d’imbarco. Il rischio di perdita o di danni alla merce passa quando la merce è sottobordo della nave e il compratore sopporta tutte le spese da tale momento in avanti. Il venditore non è obbligato a stipulare un contratto di trasporto. È responsabile delle formalità d’esportazione, ma non ha l’obbligo di sdoganare la merce all’importazione, di pagare eventuali diritti di importazione o espletare eventuali formalità doganali all’importazione.
FOB | Free on board / Franco a bordo (porto d’imbarco convenuto) La merce è considerata consegnata quando il venditore mette a disposizione la merce a bordo della nave scelta dall’acquirente nel porto d’imbarco. Il venditore è tenuto a sostenere i costi relativi all’imbarco della merce a bordo della nave e allo sdoganamento della merce per l’esportazione, ma non ha l’obbligo di stipulare un contratto per il trasporto fino al luogo di destinazione né di sdoganare la merce all’importazione, di pagare eventuali diritti di importazione o espletare eventuali formalità doganali all’importazione Il rischio di perdita o di danni alla merce passa quando la merce è a bordo della nave e il compratore sopporta tutte le spese da tale momento in poi.
CFR | Cost and Freight / Costo e nolo (porto di destinazione convenuto) La merce è considerata consegnata quando il venditore la mette a disposizione a bordo della nave nel porto d’imbarco. Il rischio di perdita o di danni alla merce passa quando essa è a bordo della nave. Il venditore è obbligato a stipulare un contratto per il trasporto della merce sino al luogo di destinazione. Questa regola presenta due punti critici, perché il passaggio del rischio e il trasferimento delle spese avvengono in luoghi diversi.
CIF | Cost, insurance and freight / Costo, assicurazione e nolo (porto di destinazione convenuto) La merce è considerata consegnata quando il venditore la mette a disposizione a bordo della nave nel porto d’imbarco. Il rischio di perdita o di danni alla merce passa quando essa è a bordo della nave. Il venditore è obbligato a stipulare un contratto di trasporto e una copertura assicurativa conforme alla Institute Cargo Clause C o simile (copertura minima). Qualora il compratore desideri avere una maggiore protezione assicurativa dovrà accordarsi espressamente con il venditore o stipulare contratti assicurativi aggiuntivi. Questa regola presenta due punti critici, perché il passaggio del rischio e il trasferimento delle spese avvengono in luoghi diversi.
Per l’applicazione corretta degli Incoterms® si suggerisce di utilizzare la seguente struttura (o struttura simile):
[regola Incoterms® scelta] [Porto, luogo o punto convenuto], Incoterms® 2020
es. CPT Singapore Airport, Incoterms® 2020
Scegliere la resa: ecco un aiuto pratico
La scelta dell’Incoterms® è oggetto di negoziazione tra venditore e compratore, che devono individuare la resa più idonea rispetto non solo alla tipologia di merce da consegnare e al tipo di trasporto da utilizzare per la sua consegna, ma anche alla volontà e alla capacità di ognuna delle parti di sostenere determinati costi e rischi nonché di svolgere determinati compiti.
Come scegliere la regola Incoterms® corretta in un contratto di vendita B2B? Il termine di resa proposto dalla controparte risponde anche alle proprie esigenze specifiche?
La ICC ha predisposto una checklist e due diagrammi di flusso che, attraverso alcune domande chiave, portano venditore da un lato e compratore dall’altro a riflettere sui vari aspetti delle transazioni commerciali e a capire quindi quale resa Incoterms® si applica al loro caso specifico. Il documento, disponibile in inglese e in formato pdf, può essere scaricato qui.
Per comodità, di seguito sono riportati il diagramma di flusso per la scelta dell’Incoterms da parte del venditore:
e il diagramma di flusso per la scelta dell’Incoterms® più idoneo da parte del compratore:
Si consiglia di utilizzare checklist e flowchart assieme al testo ufficiale delle Regole Incoterms® 2020.
La pubblicazione Incoterms® 2020 in italiano/inglese può essere acquistata presso la Cc-Ti al costo di CHF 70.- per i soci / CHF 82.- per i non soci, spese di spedizione escluse. Ordinazioni tramite e-mail a internazionale@cc-ti.ch.
Disclaimer: la panoramica qui sopra fornita è a scopo esclusivamente informativo e non ha presunzione di esaustività e completezza.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/08/ART22-Incoterms2020.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-08-25 08:00:002022-09-26 08:35:52Incoterms: checklist e flowchart in aiuto
A luglio 2022 il commercio estero svizzero ha subìto un calo in entrambe le direzioni di traffico. Infatti, rispetto al mese precedente le esportazioni sono diminuite del 4.3% e le importazioni del 4.2%. Il calo nelle due direzioni ha toccato un’ampia gamma di prodotti. La bilancia commerciale ha segnato un’eccedenza di 2.4 miliardi di franchi.
In breve:
¾ del calo delle esportazioni è dato dai prodotti chimico-farmaceutici
le vendite in Europa hanno segnato il 3° calo consecutivo, l’export verso l’Asia ha invece guadagnato terreno (es. Cina: +1/5)
le vendite di orologi hanno resistito bene
l’import dalle tre principali aree geografiche si è contratto
Il 1° gennaio 2023 entrerà in vigore in Germania la legge sulla due diligence dei fornitori. Essa si applicherà inizialmente alle società con almeno 3’000 dipendenti (incluse le filiali di aziende estere) per poi estendersi alle aziende con 1’000 dipendenti a partire da gennaio 2024. La nuova legge sarà di fatto rilevante anche per le PMI fornitrici di tali imprese.
La legge tedesca sulla dovuta diligenza aziendale nelle catene di approvvigionamento (Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz, LkSG), che entrerà in vigore il 1° gennaio 2023, è intesa a incoraggiare le aziende tedesche a monitorare il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente lungo le loro catene di fornitura e, nello specifico, a combattere il lavoro minorile, il lavoro forzato, la discriminazione nonché gli standard di sicurezza e ambientali inadeguati da parte dei loro partner contrattuali e di altri fornitori, obbligando le aziende tedesche ad attuare un sistema di gestione del rischio, a nominare un responsabile dello stesso e ad effettuare analisi regolari (annuali). La legge stabilisce anche l’adozione da parte loro di misure preventive e correttive (ivi compresa la cessazione della relazione commerciale con il proprio fornitore), l’introduzione di procedure di reclamo, la documentazione del rispetto degli obblighi di diligenza (da conservare per sette anni) e la redazione e pubblicazione sul proprio sito web di un rapporto annuale sull’adempimento degli obblighi di diligenza.
Con l’adozione della LkSG, la Germania segue l’esempio di altre legislazioni europee come la “Loi de vigilance” francese (legge in materia di vigilanza, 2017) o la “Wet Zorgplicht Kinderarbeid” olandese (legge sul dovere di diligenza in materia di lavoro minorile, 2019), adeguandosi altresì allo standard riconosciuto a livello internazionale sulla responsabilità delle imprese per il rispetto dei diritti umani, ovvero i Principi guida delle Nazioni Unite, richiamati anche dall’OCSE nelle sue linee guida per imprese multinazionali e nella guida sul dovere di diligenza per la condotta d’impresa responsabile.
La legge si applicherà inizialmente alle aziende con almeno 3’000 dipendenti e la cui sede principale, il luogo principale di attività, la sede amministrativa o la sede legale sia in Germania, applicandosi così de facto anche alle aziende estere che hanno una filiale nel Paese. A partire dal 1° gennaio 2024, i nuovi obblighi saranno estesi alle aziende con 1’000 dipendenti. Le imprese che non rispetteranno gli obblighi legali potranno vedersi comminare delle multe fino a 8 milioni di euro (o fino al 2% del fatturato globale annuo per le imprese con un fatturato superiore a 400 milioni di euro). Nel caso di multe superiori a 175’000 euro, le aziende potranno vedersi precludere la partecipazione agli appalti pubblici per un periodo di tre anni.
Il termine “catena di approvvigionamento” è definito in modo ampio nella LkSG e si riferisce a “tutti i prodotti e servizi di un’azienda e comprende tutte le fasi, in patria e all’estero, necessarie alla fabbricazione dei prodotti o alla fornitura dei servizi, a partire dall’estrazione delle materie prime fino alla consegna al cliente finale”, ovvero a tutte le azioni dell’azienda nel proprio settore d’attività, alle attività di un fornitore diretto e alle azioni di un fornitore indiretto. All’entrata in vigore della legge, l’azienda tedesca dovrà pertanto prendere in considerazione anche i metodi di produzione dei suoi fornitori diretti e in caso di violazione – verificata o ritenuta imminente – dei diritti umani e/o degli standard ambientali, intraprendere azioni correttive volte a mitigare, interrompere o prevenire tale violazione, compresa quindi, se necessario, la cessazione del rapporto di collaborazione con il proprio fornitore. Nel caso di indicazioni concrete della possibile violazione di un obbligo in materia di diritti umani o ambientali da parte di fornitori indiretti, l’azienda dovrà intervenire anche in questo ambito.
In base a quanto appena esposto, anche le aziende svizzere che forniscono, direttamente o indirettamente, imprese tedesche toccate dalla nuova legge potrebbero vedersi richiedere informazioni riguardanti i processi di produzione e fabbricazione e il rispetto di requisiti in materia di responsabilità sociale d’impresa (CSR/RSI).
Per sostenere le imprese svizzere nel rispetto delle norme e degli standard internazionali sulla gestione aziendale responsabile, il 9 dicembre 2016 il Consiglio federale ha adottato un Piano d’azione nazionale (PAN) che attua i Principi guida delle Nazioni Unite. Il PAN è stato riveduto nel 2020 e copre gli anni 2020-2023. Nel suo ambito sono previste attività di sensibilizzazione delle aziende affinché applichino procedure di diligenza in materia di diritti umani nonché supporto/formazione mirati nell’implementazione concreta della loro responsabilità d’impresa.
Dal 1° gennaio 2022 sono entrate in vigore le disposizioni per una migliore tutela dell’essere umano e dell’ambiente. I nuovi obblighi di diligenza, inseriti nel Codice delle obbligazioni (CO) saranno applicati per la prima volta nell’esercizio 2023 e contengono due importanti novità: da un lato, le grandi imprese svizzere sono tenute per legge, in un’ottica di trasparenza, a presentare un rapporto non solo sui rischi della loro attività rispetto all’ambiente, agli aspetti sociali, alle condizioni dei lavoratori, ai diritti umani e alla lotta contro la corruzione, ma anche sulle misure adottate per contrastare tali rischi; dall’altro, le imprese che presentano rischi connessi ai minerali originari di zone di conflitto oppure al lavoro minorile devono rispettare obblighi di diligenza e di riferire specifici e di ampia portata. Il Consiglio federale ha disciplinato i dettagli di tali obblighi in una pertinente ordinanza. Quali sono le aziende interessate (direttamente o indirettamente!) dalla nuova normativa? Quali sono le possibili sanzioni? Sul suo sito web focusright ltd, agenzia di consulenza con la quale il Consiglio federale sta attualmente collaborando per mettere a punto forme di sostegno e di formazione sul tema per le aziende svizzere, illustra le nuove disposizioni in dettaglio.
Cc-Ti: CSR e due diligence in materia di diritti umani
La responsabilità sociale d’impresa è un tema di grande attualità, che si traduce anche in un fattore di competitività per le imprese. La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, incoraggia attivamente la CSR con diverse attività: tra queste si distinguono in particolare la promozione e il potenziamento dell’apprendistato grazie alla collaborazione con fill-up, la prima realtà a offrire un servizio di sostegno e accompagnamento alle aziende formatrici, nonché lo sviluppo, col supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), di un modello online di rapporto di sostenibilità disponibile sul portale ti-csrreport.ch.
Nel contesto delle sue attività in ambito di CSR, e per sensibilizzare ulteriormente le PMI della svizzera italiana sul tema della dovuta diligenza in materia di diritti umani, il 6 settembre prossimo la Cc-Ti organizza un webinar gratuito con focusright ltd e con la collaborazione di Global Compact Network Switzerland & Liechtenstein (GCNSL), della SECO e del DFAE.
Webinar del 6 settembre 2022 “Due diligence (Dovuta diligenza) in materia di diritti umani – requisiti crescenti e nuovi obblighi per le aziende”: informazioni e iscrizione
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/08/ART22-Germania-due-diligence.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-08-11 08:00:002022-08-16 08:12:43Due diligence dei fornitori: è d’obbligo in Germania
Nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (SPG/GSP) a favore dei Paesi in via di sviluppo, la Svizzera applica preferenze doganali all’importazione di merci originarie di questi Paesi se queste sono provviste di prove dell’origine valide: il certificato d’origine modulo A, la dichiarazione su fattura o, nell’ambito del sistema degli Esportatori Registrati (REX), la dichiarazione d’origine. Il sistema REX si fonda sul principio dell’autocertificazione dell’azienda esportatrice che, per poter stilare la dichiarazione d’origine, deve richiedere all’autorità competente del suo Paese di essere registrata in un’apposita banca dati. Così facendo, l’azienda diventa un Esportatore Registrato. Vediamo il sistema più nel dettaglio.
Paesi partecipanti
Il sistema REX è entrato in vigore nel 2017 nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (SPG/GSP). Non ha impatto sulle regole per la determinazione dell’origine delle merci, ma riguarda i metodi di attestazione dell’origine: infatti, sostituisce progressivamente il sistema di certificazione dell’origine basato sui certificati di origine emessi dalle autorità doganali/governative e sulle dichiarazioni su fattura emesse a determinate condizioni dalle stesse aziende esportatrici. Non tutti i Paesi in via di sviluppo partecipano al sistema REX. Quelli che hanno aderito sono elencati qui. In questo elenco è desumibile anche se un determinato Paese può ancora rilasciare certificati d’origine modulo A o dichiarazioni su fattura oppure a partire da che data di allestimento questi ultimi non possono più essere accettati e devono obbligatoriamente essere emesse delle dichiarazioni d’origine (in inglese: Statement on Origin, SoO). Fino ad ulteriore avviso, per i Paesi in sviluppo non menzionati nell’elenco vengono accettati sia i certificati d’origine modulo A (anche chiamato: Form A) sia la dichiarazione su fattura.
Registrazione ed emissione della dichiarazione d’origine
In linea di massima, ogni esportatore dei Paesi partecipanti al REX può allestire una dichiarazione d’origine. Tuttavia, se un invio destinato alla Svizzera contiene merce originaria di valore superiore a CHF 10’300 (EUR 6’000) (prezzo franco fabbrica), l’esportatore deve essere registrato presso l’autorità competente del suo Paese come Esportatore Registrato (in inglese: Registered Exporter, REX) e il suo numero di registrazione deve essere indicato nella dichiarazione d’origine. La validità del numero di registrazione dell’esportatore registrato (REX) può essere verificata sul sito Internet dell’UE REX number validation (europa.eu). Per i prodotti originari con un valore inferiore a CHF 10’300 rimane invece obbligatoria la dichiarazione su fattura (firmata); per contro l’indicazione del numero di registrazione sarà facoltativa.
Indipendentemente dal valore della merce, per i riesportatori svizzeri che intendono frazionare in Svizzera, sotto vigilanza doganale, gli invii da Paesi in via di sviluppo accompagnati da prove dell’origine valide oppure che vogliono rispedire simili invii nell’Unione europea (UE), in Norvegia o nel Regno Unito quali invii completi vige l’obbligo di registrarsi come REX e di emettere delle dichiarazioni d’origine sostitutive. La richiesta di registrazione come REX è da sottoporre tramite il relativo modulo al Circondario doganale competente (per il Ticino: Dogana Sud, Lugano, tel. +41 58 469 98 11, dogana.sud@bazg.admin.ch). Quest’ultimo rilascia un numero REX, che deve obbligatoriamente essere inserito nelle dichiarazioni d’origine.
Nel caso di un’esportazione dalla Svizzera verso un Paese in via di sviluppo, l’allestimento di una dichiarazione d’origine è previsto solo se la merce deve essere ulteriormente lavorata in tale Paese per poi essere riesportata in Svizzera o esportata nell’UE, in Norvegia o nel Regno Unito (quota parte del Paese concedente/donatore). Gli esportatori svizzeri che inviano materiali in un Paese in via di sviluppo per ulteriore lavorazione, e intendono allestire una dichiarazione d’origine, devono essere registrati unicamente se l’invio contiene merce di origine svizzera per un valore superiore a CHF 10’300 franchi. Per gli invii di merce con valore inferiore a CHF 10’300 è possibile emettere una dichiarazione d’origine senza essere registrati quali REX. È irrilevante che l’esportatore sia o meno un esportatore autorizzato. I giustificativi relativi all’origine dei prodotti devono essere conservati per tre anni. Il rilascio di certificati di circolazione delle merci EUR.1 non è più previsto.
Per quanto riguarda il Regno Unito, sulla base dell’accordo commerciale CH-UK, quest’ultimo accetta le dichiarazioni d’origine sostitutive nel quadro del sistema REX. In cambio, la Svizzera accetta le dichiarazioni d’origine sostitutive rilasciate nel Regno Unito con il numero EORI britannico invece del numero REX.
L’exportateur … a) (Numéro d’exportateur enregistré …) des produits couverts par le présent document déclare que, sauf indication claire du contraire, ces produits ont l’origine préférentielle …b) au sens des règles d’origine du Système des préférences tarifaires généralisées de la Suisse et que le critère d’origine satisfait est …c).
Versione inglese:
The exporter …d) (Number of Registered Exporter …) of the products covered by this document declares that, except where otherwise clearly indicated, these products are of …e) preferential origin according to the rules of origin of the Generalised System of Preferences of Switzerland and that the origin criterion met is …f)
dove: a) invece di indicare il nome e l’indirizzo completo, è possibile inserire un rimando a tali dati in un altro punto del documento commerciale; b) deve essere indicata l’origine della merce, vale a dire l’origine svizzera o quella del Paese beneficiario; c) in caso di prodotti interamente ottenuti o fabbricati, inserire la lettera «P»; in caso di prodotti lavorati o trasformati sufficientemente, inserire la lettera «W» seguita da una posizione del Sistema armonizzato (p. es.: «W 9618»).Se del caso, l’indicazione di cui sopra deve essere sostituita con una delle menzioni seguenti: a) in caso di cumulo bilaterale, «Switzerland cumulation» oppure «Cumul Suisse»; b) in caso di cumulo con l’UE, la Norvegia o la Turchia, rispettivamente «Cumul UE», «EU Cumulation», «Cumul Norvège», «Norway cumulation», «Cumul Turquie» oppure «Turkey cumulation»; c) in caso di cumulo regionale, «Cumul régional» oppure «Regional cumulation»; d) invece di indicare il nome e l’indirizzo completo, è possibile inserire un rimando a tali dati in un altro punto del documento commerciale; e) deve essere indicata l’origine della merce, vale a dire l’origine svizzera o quella del Paese beneficiario; f) in caso di prodotti interamente ottenuti o fabbricati, inserire la lettera «P»; in caso di prodotti lavorati o trasformati sufficientemente, inserire la lettera «W» seguita da una posizione del Sistema armonizzato (p. es.: «W 9618»).Se del caso, l’indicazione di cui sopra deve essere sostituita con una delle menzioni seguenti: a) in caso di cumulo bilaterale: «Switzerland cumulation» oppure «Cumul Suisse»; b) in caso di cumulo con l’UE, la Norvegia o la Turchia: «Cumul UE», «EU cumulation», «Cumul Norvège», «Norway cumulation», «Cumul Turquie», «Turkey cumulation»; c) in caso di cumulo regionale; «Cumul régional» oppure «Regional cumulation».
Si segnala invece che, per essere ritenuta valida, la dichiarazione d’origine sostitutiva fornita dall’esportatore britannico deve avere il seguente tenore:
The exporter of the products covered by this document (customs identification No…. g)) declares that, except where otherwise clearly indicated, these products are of …. h) preferential origin in accordance with the rules of origin of the Generalised Scheme of Preferences of the UK and that the origin criterion met is … … i).
(Place and date j))
(Name and signature of the exporter)
dove: g) i riesportatori del Regno Unito che riesportano merci in Svizzera devono indicare il loro numero EORI; h) deve essere indicata l’origine della merce; i) in caso di prodotti interamente ottenuti o fabbricati, inserire la lettera «P»; in caso di prodotti lavorati o trasformati sufficientemente, inserire la lettera «W» seguita da una posizione del Sistema armonizzato (p. es.: «W 9618»); j) questo può essere omesso se incluso nel documento stesso.
Validità e ulteriori ragguagli
La dichiarazione d’origine
deve essere indicata su un documento commerciale, unitamente al nome e all’indirizzo completo dell’esportatore nonché alla descrizione della merce e alla data d’emissione;
non deve essere firmata dall’esportatore né controfirmata da un’autorità (il sistema REX è basato sul principio dell’autocertificazione);
è valida per 12 mesi dal giorno del suo allestimento;
può essere rilasciata anche dopo l’esportazione della merce.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/05/ART22-REX.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-08-04 08:00:002022-08-03 09:41:41Il sistema degli Esportatori Registrati (REX)
Le direttive RoHS II e RAEE della Commissione europea limitano l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche per proteggere la salute dei consumatori e l’ambiente e promuovono il recupero e lo smaltimento ecocompatibile dei rifiuti di tali apparecchiature. Le aziende estere che operano nell’UE sono tenute a rispettarle.
Nello specifico, la direttiva RoHS II (dall’inglese Restriction of Hazardous Substances Directive, 2011/65/UE) interviene nelle fasi di progettazione e produzione di vari tipi di apparecchiature elettriche ed elettroniche limitando l’uso di determinate sostanze pericolose quali il piombo, il mercurio, il cadmio, il cromo esavalente, i bifenili polibromurati (PBB) e l’etere di difenile polibromurato (PBDE) allo scopo di proteggere la salute dei consumatori e l’ambiente.
La direttiva RAEE (o WEEE dall’inglese Waste Electrical and Electronic Equipment, 2012/19/UE) regolamenta invece la gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche giunte in fin di vita (e considerati quindi come rifiuti), promuovendone il recupero e lo smaltimento ecocompatibile.
Chi fabbrica, distribuisce o vende apparecchiature elettriche ed elettroniche è tenuto al rispetto di queste normative. Quali apparecchiature sono effettivamente toccate da queste direttive? A quali obblighi devono adempiere produttori e importatori che intendono immettere sul mercato europeo tali apparecchiature?
Per rispondere a queste domande Switzerland Global Enterprise, l’organizzazione ufficiale svizzera per la promozione delle esportazioni e della piazza economica, ha stilato due pratiche factsheet (ad oggi disponibili solo in inglese, francese e tedesco).
In una dichiarazione congiunta di Italia e Svizzera del 22 luglio 2022, le autorità competenti dei due Paesi hanno convenuto che l’accordo amichevole del 18/19 giugno 2020 per evitare la doppia imposizione del reddito da lavoro dipendente percepito all’estero continuerà ad applicarsi al telelavoro.
Le autorità competenti italiana e svizzera si manterranno in stretto contatto e torneranno a consultarsi entro la fine del mese di ottobre 2022.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/07/ART22-Telelavoro-frontalieri-svizzera-italia.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-07-22 14:00:002022-07-27 09:35:15Telelavoro dei frontalieri: accordo amichevole tra Svizzera e Italia
Se ne parla tanto, ma in realtà sono ancora poco utilizzate dalle aziende: parliamo dell’intelligenza artificiale e della blockchain. Eppure sono proprio queste tecnologie a migliorare nettamente la pianificazione e la gestione delle crisi nelle catene di approvvigionamento.
La pandemia e la guerra in Ucraina hanno dimostrato la rapidità con cui le supply chain globalizzate subiscono interruzioni e rotture, con conseguenze quali scaffali vuoti nei negozi da un lato e magazzini sovraccarichi nelle aziende dall’altro. La diversificazione dei fornitori aiuta, ma a lungo termine è soprattutto la trasparenza a fare la differenza: le catene di approvvigionamento sono sempre più collegate in rete e, per gestire correttamente i flussi di merci, è necessario essere in grado di controllarle in qualsisi momento e in ogni fase.
Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso una digitalizzazione coerente. Due tecnologie, in particolare, sono molto utili per la filiera: l’intelligenza artificiale (IA) e la blockchain.
Quando si parla di IA, è quasi immediato pensare agli androidi, mentre in realtà si tratta di un insieme di software basati su algoritmi che replicano il ragionamento umano e sono in grado di analizzare enormi quantità di dati in tempi brevi, di migliorarsi continuamente, di prendere decisioni e in sostanza di risolvere problemi. Nell’ambito della supply chain, l’IA può analizzarne la situazione sulla base dei dati ricevuti dal suo monitoraggio digitale, fornendo quindi suggerimenti per migliorarne la logistica, facendo previsioni e creando persino piani alternativi.
Le supply chain stanno diventando sempre più complesse
La logistica può essere molto delicata. Prendiamo l’esempio degli alimenti o dei prodotti sostenibili per la cura della persona: in entrambi i casi, la base è costituita da materie prime prodotte solo a intermittenza e spesso deperibili. A complicare ulteriormente le cose vi sono le richieste dei clienti, in rapida evoluzione e personalizzate, per non parlare degli effetti a lungo termine della pandemia e della guerra in Ucraina. Tutto ciò rende le reti della supply chain estremamente complesse. Una singola persona può difficilmente tenerle sotto controllo ed anche i pianificatori logistici più esperti stanno raggiungendo i limiti delle loro capacità perché la quantità di dati generata dalle supply chain è enorme. Così, fave di cacao, carne cruda, frutta, piante medicinali, miele, latte, oli essenziali e simili rischiano di rimanere a lungo nei container e di marcire.
Attraverso gli algoritmi di intelligenza artificiale è invece possibile monitorare l’intera attività: essi riescono infatti a coordinare meglio e più velocemente i singoli processi all’interno delle catene di approvvigionamento, stimano l’evoluzione delle attività e pianificano la produzione di materie prime verificando nel contempo le scorte in magazzino e i percorsi e i tempi di consegna. Gli algoritmi tengono anche conto della durata di conservazione della merce nonché della quantità necessaria per la realizzazione del prodotto finale, rilevano inoltre molto rapidamente possibili colli di bottiglia e possono anticipare zone di interruzione, definendo punti di trasbordo meno congestionati e calcolando percorsi alternativi. Ciò consente da un lato di risparmiare tempo e dall’altro di evitare che le delicate merci trasportate deperiscano.
Facilitare il processo decisionale
È proprio in occasione di ingorghi imprevisti e/o di cambiamenti improvvisi dei tempi di attesa, che l’elaborazione rapida e fondata di scenari alternativi si rivela importante. Più dati vengono presi in considerazione, migliori sono le soluzioni – e solo l’IA può elaborare big data ad alta velocità.
Numerosi altri fattori possono inoltre entrare in gioco, primi fra tutti il rapido aumento delle richieste dei clienti, le loro nuove preferenze in merito ai prodotti e quindi il loro cambiamento nel comportamento d’acquisto. Grazie all’IA tutte queste condizioni possono essere prese in considerazione in tempo utile per adeguare tempestivamente l’approvvigionamento delle materie prime e la produzione di prodotti finiti. In breve, gli algoritmi sono in grado di fornire rapidamente ai responsabili della logistica suggerimenti e previsioni fondati che facilitano enormemente il processo decisionale.
Il trasferimento sicuro delle informazioni
La seconda tecnologia utile alle supply chain è la blockchain. La blockchain è una serie concatenata di blocchi (da cui il suo nome) carichi di informazioni, ordinati cronologicamente e la cui integrità è garantita da un algoritmo crittografico che li lega ai precedenti. Una volta inseriti all’interno dei blocchi, i dati non possono più essere modificati senza che vengano invalidati tutti i processi successivi. Molti l’associano al bitcoin e all’ambito finanziario, ma in realtà la blockchain può essere applicata a molti altri settori e si presta alla condivisione rapida, sicura, efficiente e trasparente, con tutti gli attori della filiera, delle informazioni sulla catena di approvvigionamento e sugli scenari calcolati in precedenza dall’IA.
Tracciabilità, risparmio e certezza
Quando la blockchain viene combinata con l’Internet of Things (IoT), e ad esempio con sensori che misurano le scorte di materie prime o con robot mobili e altri elementi automatizzati in magazzino, gli attori della supply chain beneficiano di tre vantaggi principali:
l’aumento della produttività e il risparmio di tempo e denaro: il trasferimento rapido e sicuro delle informazioni consente infatti di operare in modo efficiente in un magazzino automatizzato, con più cicli e meno errori;
la tracciabilità immediata: grazie alla connessione ultraveloce tra tutti i partecipanti della rete, ogni azienda ha il controllo della tracciabilità dei prodotti in tempo reale, consentendo un servizio più rapido ed efficiente per il cliente finale;
la possibilità di concludere degli “smart contracts” (letteralmente: contratti intelligenti), incorporando clausole contrattuali in software o protocolli informatici, che hanno la caratteristica di eseguirsi automaticamente sulla base di condizioni predeterminate dalle parti. I benefici? L’impossibilità di modificare o annullare il contratto, la trasparenza degli obblighi contrattuali e la certezza della loro esecuzione.
In sostanza: un supply chain management intelligente
L’abbiamo letto poc’anzi: un delle sfide più grandi della supply chain è quella di ottenere in tempo reale una visione trasparente e completa della filiera, così da facilitare e velocizzare il processo decisionale e assicurare un servizio efficiente nonché una consegna rapida al cliente. Tecnologie come l’intelligenza artificiale e la blockchain, combinate con l’IoT, ricoprono un ruolo chiave in termini di produttività, riduzione dei rischi, agilità, tracciabilità, fiducia e, in sostanza, nella gestione intelligente della filiera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/07/ART22-Algoritmi-avanzati-filiera.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-07-21 08:00:002022-07-15 08:57:51Algoritmi avanzati per migliorare le supply chain
La Repubblica Dominicana è conosciuta come una delle Nazioni caraibiche con le mete turistiche per eccellenza. Questo è dovuto, tra altri fattori, alle sue spiagge paradisiache, ai suoi campi da golf, al turismo interno e alla calorosa accoglienza che riceve chi visita l’isola.
Lo slogan del Paese recita “La Repubblica Dominicana ha tutto”, e non può essere altrimenti. È una Nazione insulare situata al centro dell’arcipelago dei Caraibi. Questa posizione centrale è perfetta per le aziende internazionali che cercano un accesso facilitato all’America del Nord e del Sud, in particolare gli Stati Uniti. Le aziende manifatturiere e commerciali possono raggiungere gli States in 3 giorni via mare e 2 ore di volo. Inoltre, i call center e altre attività orientate ai servizi si situano nello stesso fuso orario della costa orientale degli Stati Uniti (EST) e ciò rappresenta un vantaggio non indifferente in termini di possibilità di sviluppo del business.
L’economia della Repubblica Dominicana rende questo Stato un luogo ideale per gli investitori che desiderano ridurre i costi operativi, mitigando al contempo i rischi. In prospettiva futura, il Paese continua a impegnarsi per raggiungere l’eccellenza macroeconomica, grazie al forte sostegno del Governo e a un regime di zone franche.
Numerose aziende internazionali hanno scelto la Repubblica Dominicana come meta per lo sviluppo delle proprie attività commerciali. Secondo gli indicatori di governance della Banca Mondiale, la Repubblica Dominicana rappresenta uno dei 5 Paesi più sicuri per fare affari in America Latina.
Dopo 50 anni di regime democratico, lo Stato continua a fare progressi verso istituzioni sempre più aperte e trasparenti. Negli ultimi dieci anni, il Governo ha fatto grandi passi avanti per consolidare la stabilità attraverso misure come la riforma costituzionale, l’adesione all’“Asociación de Gobierno Abierto” (un’organizzazione internazionale il cui scopo è valutare e sviluppare meccanismi per promuovere governi “più aperti, responsabili e sensibili ai cittadini”) e iniziative anticorruzione.
La Repubblica Dominicana vanta 79 parchi industriali con zone franche che offrono servizi e infrastrutture altamente competitivi. Molti parchi sono specializzati in attività produttive di nicchia e offrono alle aziende un interessante pacchetto di incentivi fiscali, tassi agevolati e collegamenti. I vantaggi competitivi sono molto importanti e hanno consentito lo sviluppo di forti cluster in un’ampia gamma di settori industriali.
Dagli anni ‘80, ad esempio, la Repubblica Dominicana ha lavorato per posizionarsi tra i principali attori nella catena di approvvigionamento globale di dispositivi medici e di prodotti farmaceutici. La produzione di dispositivi medici rappresenta, infatti, una delle industrie di esportazione più dinamiche del Paese. Attualmente 33 produttori di dispositivi medici e prodotti farmaceutici operano nelle zone franche. Qui hanno sede cinque dei primi dieci produttori mondiali di dispositivi medici, fra cui: B Braun, Cardinal Health, Baxter Healthcare e altri. Tra i principali prodotti figurano: dispositivi per stomia, teli chirurgici e strumenti elettromedicali. Per sostenere lo sviluppo continuo, gli organi governativi delle zone franche hanno istituito un cluster di produttori di dispositivi medici che opera per difendere l’industria del settore.
Il settore dell’elettronica è progredito grazie agli ottimi servizi logistici offerti da alcuni parchi delle zone franche. Attualmente, 22 società attive nell’elettronica operano in queste piattaforme. Queste aziende possiedono capacità distinte che vanno dalla produzione di componenti intermedi all’assemblaggio di prodotti finali, e comprendono produttori a contratto e marchi prestigiosi quali Vishay o Rockwell Automation.
Calzature, tabacco, tessile, gioielleria e back office sono altri settori con grande presenza nel Paese.
I parchi logistici e le aree di attività sono stati creati o ampliati per facilitare attività come lo stoccaggio, il deconsolidamento, l’imballaggio, il riconfezionamento, l’etichettatura, la rietichettatura, la distribuzione e la riesportazione delle merci. Tra le aziende che hanno già stabilito centri logistici e/o di distribuzione nel Paese figurano: IKEA, Caterpillar, Rolex, Diageo, Evergreen, ecc..
Anche la Svizzera ha affidato la propria produzione alla Repubblica Dominicana con società dedicate principalmente ai settori farmaceutico, degli strumenti medici, del tabacco e dei suoi derivati, dei servizi logistici, del commercio e dell’industria, che globalmente generano all’incirca cinquemila posti di lavoro diretti. Al di fuori delle nostre zone franche, Nestlé o Kuehne + Nagel International hanno sfruttato le opportunità che il Paese offre in termini di collegamenti, infrastrutture e posizione strategica nella regione.
Cosa rende la Repubblica Dominicana così interessante? L’ampio sistema di infrastrutture del Paese è adatto a supportare il commercio globale. Nel 2019 il “Global Competitiveness Report”, pubblicato dal World Economic Forum, ha classificato la Repubblica Dominicana come lo Stato con l’infrastruttura di trasporti numero 1 nella regione dell’America Latina. Questa rete comprende 9 aeroporti internazionali, 12 porti marittimi e oltre 20’000 chilometri di autostrade e strade. Attualmente nella Repubblica Dominicana giungono circa 90 navi settimanali con rotte dirette verso l’America del Nord, il Centroamerica e i Caraibi, il Sud America, l’Europa e l’Asia. Si contano altresì oltre 270 voli giornalieri, con un’ottima connessione con il Nord America, l’America Centrale e l’Europa.
Il 90% circa della merce che entra ed esce dal Paese transita attraverso il trasporto marittimo. La Repubblica Dominicana ha la capacità di ricevere navi Post-Panamax (ovvero navi le cui dimensioni non permettono loro di transitare nelle chiuse del canale di Panama originale – fanno parte di questa tipologia le superpetroliere e le più grandi navi portacontainer): il parco industriale e logistico “DP World Caucedo”, ad esempio, dispone di 5 gru Super Post-Panamax.
Le aziende che cercano di espandere la loro presenza globale ritrovano nella Repubblica Dominicana uno dei loro migliori alleati.
Le catene di approvvigionamento sono reti complicate e la loro digitalizzazione le rende vulnerabili agli attacchi: una maggiore trasparenza sulle merci da parte dei produttori e misure di controllo più severe possono aiutare.
Se in taluni ambiti (ad es. mobilità, alimentare, farmaceutico, ecc.) l’integrità e la sicurezza dei prodotti fisici vengono verificate prima della loro commercializzazione, la qualità e la sicurezza di molti prodotti digitali non sono invece garantite. La sicurezza delle supply chain per i prodotti digitali è spesso insufficiente e a causa della mancanza di informazioni trasparenti e fondate, spesso il management di un’azienda non è in grado di prendere decisioni sostenibili. È quanto si evince da un rapporto del 2019 di ICTswitzerland, l’organizzazione mantello svizzera per l’economia digitale, sulla sicurezza della supply chain.
A fine 2021, l’azienda di servizi di sicurezza cibernetica BlueVoyant ha condotto un sondaggio su larga scala sulla sicurezza informatica, coinvolgendo 1’200 dirigenti di livello C di aziende con più di mille dipendenti e sei Paesi, tra cui Germania, Austria e Svizzera. I risultati di questi tre Paesi mostrano attacchi in aumento, scarsa visibilità dei fornitori e mancanza di informazioni sulla cibersicurezza di terzi. Nell’ultimo anno, il 99% delle aziende intervistate con sede in questi Paesi è stato vittima di un attacco diretto dovuto alla vulnerabilità di terzi a livello di sicurezza e addirittura il 100% ha subito indirettamente le conseguenze negative di una violazione della sicurezza nella propria rete di fornitori. Una situazione allarmante.
Pandemia e guerra in Ucraina hanno dimostrato chiaramente che le catene di approvvigionamento internazionali devono diventare più trasparenti, cosicché le aziende possano reagire molto presto a ostacoli e interruzioni. Ciò significa che le catene di approvvigionamento devono essere maggiormente digitalizzate.
Ma più aumenta la digitalizzazione, più aumentano le opportunità di attacchi digitali da parte degli hacker. Ciò rende necessario adottare maggiori misure di protezione digitale, come ad esempio programmi antivirus e malware specifici. Questi però da soli non sono sufficienti.
Piccole aziende con grandi lacune nella sicurezza
Il problema fondamentale non è la digitalizzazione in sé, bensì la complessità delle catene di approvvigionamento: il numero di fornitori per ogni singola azienda è infatti cresciuto a causa della pandemia e della guerra in Ucraina, rendendo la filiera sempre più difficile da gestire e da controllare. Il rischio maggiore è rappresentato dalle imprese di piccole dimensioni, ben lontane dal disporre di misure di sicurezza solide, come è invece il caso delle aziende più grandi. La verifica e la valutazione di una catena di approvvigionamento a distanza di settimane o mesi non è sufficiente per tenere testa ad aggressori agili e persistenti. Il monitoraggio continuo e la risposta rapida alle nuove vulnerabilità critiche scoperte sono essenziali per una gestione efficace del rischio informatico. Ciò include l’automazione delle analisi, l’estensione delle valutazioni di sicurezza da alcuni fornitori chiave a tutti i fornitori, l’identificazione di aree di particolare vulnerabilità e l’informazione ai propri fornitori in merito ai rischi emergenti e alle misure pratiche da adottare per correggere i problemi, conclude il rapporto di BlueVoyant.
Lavatrici e tostapane intelligenti in balia degli hacker
Quali sono quindi i fattori di rischio e le vulnerabilità tipiche? In sostanza, nell’attacco ad una supply chain, hacker e ricattatori possono manipolare i prodotti digitali o i loro componenti anche prima della loro consegna all’acquirente. Ciò avviene, ad esempio, durante lo sviluppo dei chip, la produzione o l’integrazione di altri componenti digitali e persino durante il trasporto al cliente. Gli hacker ottengono l’accesso principalmente tramite accessi non documentati, mediante le cosiddette backdoor (letteralmente “porte di servizio” che consentono di accedere da remoto ad un sistema e di controllarlo, superando le procedure di sicurezza attivate) o, se si tratta di prodotti collegati in rete, tramite malfunzionamenti impiantati e che possono essere attivati da aggiornamenti successivi alla consegna.
Questa infiltrazione diventa pericolosa se si tratta di prodotti distribuiti su larga scala, ovvero di beni di consumo digitali come computer, sensori, IoT e sistemi di controllo domestico. Lo stesso vale per televisori, lavatrici e tostapane intelligenti.
Tutti questi prodotti presentano un’interfaccia tra software e hardware e possono essere dotati di funzioni nascoste che vengono attivate a distanza quando necessario. I prodotti digitali senza dispositivi di input (mouse, schermo, ecc.) spesso non sembrano computer collegati in rete… eppure lo sono e non sono sufficientemente protetti.
Il dipendente: un rischio rilevante
In molte aziende, anche i dipendenti rappresentano un rischio per la sicurezza: è il caso quando aprono gli allegati ai messaggi di posta elettronica ricevuti da sconosciuti oppure quando effettuano grandi trasferimenti di denaro su istruzioni ricevute dai loro superiori via e-mail. Infine, possono anche divulgare inconsapevolmente informazioni aziendali sensibili chiacchierando durante il pranzo. In questo caso può essere d’aiuto una formazione specifica su argomenti rilevanti per la sicurezza aziendale e la presentazione di scenari concreti.
Ci sono poi dipendenti che spiano o manipolano deliberatamente. Un controllo del background dei dipendenti è utile per prevenire questo problema, soprattutto nel caso di collaboratori destinati ad occupare posizioni sensibili. È inoltre possibile limitare l’accesso ai dati aziendali. Infine, strumenti interni di whistleblowing dovrebbero essere attivati per consentire la segnalazione anonima di comportamenti sospetti.
Occorre prestare sufficiente attenzione anche alla cosiddetta sicurezza mobile: la verifica delle e-mail tramite cellulare, il controllo dei livelli delle scorte dal proprio tablet, l’inoltro della scansione di un carico tramite WLAN, ecc. mettono infatti in moto flussi di dati rilevanti. Tra le misure di prevenzione e protezione da adottare vi è sicuramente l’adozione di programmi di sicurezza per i dispositivi digitali mobili o ancora l’astensione dall’utilizzo di hotspot.
Anche la protezione dei dati nella supply chain è importante: lo standard minimo dovrebbe includere la crittografia di tutti i dati e delle e-mail. Si sta inoltre diffondendo lo standard di identificazione di tutti gli utenti dei dispositivi tramite caratteristiche biometriche, come le impronte digitali o la voce. Un’altra precauzione di sicurezza interna è, ad esempio, il monitoraggio regolare delle penetrazioni del firewall dall’esterno. A ciò si aggiunge la simulazione di scenari di attacco concreti e la progettazione di contromisure adeguate.
I produttori devono assumersi responsabilità
Una valutazione continua dei rischi deve essere effettuata anche con i partner esterni della catena di approvvigionamento. È necessario proteggere l’intera supply chain e i singoli fornitori, i gestori di servizi e tutti i partner di comunicazione e, idealmente, poter verificare in qualsiasi momento chi è attivo nella rete della catena di fornitura, cosa sta facendo e se l’azione è stata autorizzata.
È inoltre importante responsabilizzare i produttori di dispositivi e componenti digitali: dovrebbero documentare tutti gli account predefiniti o standard, le password, i certificati e le chiavi integrati nel prodotto e renderli accessibili. Sarebbe inoltre auspicabile che il cliente fosse in grado di effettuare il cosiddetto “reverse engineering” per verificare l’integrità e la sicurezza dell’hardware e del software di un prodotto senza violare automaticamente i diritti di proprietà intellettuale.
Protezione contro i rischi cibernetici: anche a livello nazionale
La sicurezza cibernetica assume sempre più un ruolo di prim’ordine, anche sul piano nazionale: lo conferma il recente annuncio da parte del Consiglio federale di voler trasformare il Centro nazionale per cibersicurezza (NCSC) in un ufficio federale, incaricando a tale scopo il Dipartimento federale delle finanze (DFF) di elaborare proposte relative alla sua struttura e al suo posizionamento all’interno di un dipartimento entro la fine del 2022.
Questa misura altro non fa che sottolineare ulteriormente la necessità di garantire la sicurezza della catena di approvvigionamento: infatti, la sicurezza cibernetica non deve più essere percepita come un compito isolato, bensì come un processo permanente all’interno della filiera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-lacune-sicurezza-filiera.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-30 08:05:002022-06-30 11:59:48Le lacune di sicurezza della supply chain
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