Le direttive RoHS II e RAEE della Commissione europea limitano l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche per proteggere la salute dei consumatori e l’ambiente e promuovono il recupero e lo smaltimento ecocompatibile dei rifiuti di tali apparecchiature. Le aziende estere che operano nell’UE sono tenute a rispettarle.
Nello specifico, la direttiva RoHS II (dall’inglese Restriction of Hazardous Substances Directive, 2011/65/UE) interviene nelle fasi di progettazione e produzione di vari tipi di apparecchiature elettriche ed elettroniche limitando l’uso di determinate sostanze pericolose quali il piombo, il mercurio, il cadmio, il cromo esavalente, i bifenili polibromurati (PBB) e l’etere di difenile polibromurato (PBDE) allo scopo di proteggere la salute dei consumatori e l’ambiente.
La direttiva RAEE (o WEEE dall’inglese Waste Electrical and Electronic Equipment, 2012/19/UE) regolamenta invece la gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche giunte in fin di vita (e considerati quindi come rifiuti), promuovendone il recupero e lo smaltimento ecocompatibile.
Chi fabbrica, distribuisce o vende apparecchiature elettriche ed elettroniche è tenuto al rispetto di queste normative. Quali apparecchiature sono effettivamente toccate da queste direttive? A quali obblighi devono adempiere produttori e importatori che intendono immettere sul mercato europeo tali apparecchiature?
Per rispondere a queste domande Switzerland Global Enterprise, l’organizzazione ufficiale svizzera per la promozione delle esportazioni e della piazza economica, ha stilato due pratiche factsheet (ad oggi disponibili solo in inglese, francese e tedesco).
In una dichiarazione congiunta di Italia e Svizzera del 22 luglio 2022, le autorità competenti dei due Paesi hanno convenuto che l’accordo amichevole del 18/19 giugno 2020 per evitare la doppia imposizione del reddito da lavoro dipendente percepito all’estero continuerà ad applicarsi al telelavoro.
Le autorità competenti italiana e svizzera si manterranno in stretto contatto e torneranno a consultarsi entro la fine del mese di ottobre 2022.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/07/ART22-Telelavoro-frontalieri-svizzera-italia.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-07-22 14:00:002022-07-27 09:35:15Telelavoro dei frontalieri: accordo amichevole tra Svizzera e Italia
Se ne parla tanto, ma in realtà sono ancora poco utilizzate dalle aziende: parliamo dell’intelligenza artificiale e della blockchain. Eppure sono proprio queste tecnologie a migliorare nettamente la pianificazione e la gestione delle crisi nelle catene di approvvigionamento.
La pandemia e la guerra in Ucraina hanno dimostrato la rapidità con cui le supply chain globalizzate subiscono interruzioni e rotture, con conseguenze quali scaffali vuoti nei negozi da un lato e magazzini sovraccarichi nelle aziende dall’altro. La diversificazione dei fornitori aiuta, ma a lungo termine è soprattutto la trasparenza a fare la differenza: le catene di approvvigionamento sono sempre più collegate in rete e, per gestire correttamente i flussi di merci, è necessario essere in grado di controllarle in qualsisi momento e in ogni fase.
Questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso una digitalizzazione coerente. Due tecnologie, in particolare, sono molto utili per la filiera: l’intelligenza artificiale (IA) e la blockchain.
Quando si parla di IA, è quasi immediato pensare agli androidi, mentre in realtà si tratta di un insieme di software basati su algoritmi che replicano il ragionamento umano e sono in grado di analizzare enormi quantità di dati in tempi brevi, di migliorarsi continuamente, di prendere decisioni e in sostanza di risolvere problemi. Nell’ambito della supply chain, l’IA può analizzarne la situazione sulla base dei dati ricevuti dal suo monitoraggio digitale, fornendo quindi suggerimenti per migliorarne la logistica, facendo previsioni e creando persino piani alternativi.
Le supply chain stanno diventando sempre più complesse
La logistica può essere molto delicata. Prendiamo l’esempio degli alimenti o dei prodotti sostenibili per la cura della persona: in entrambi i casi, la base è costituita da materie prime prodotte solo a intermittenza e spesso deperibili. A complicare ulteriormente le cose vi sono le richieste dei clienti, in rapida evoluzione e personalizzate, per non parlare degli effetti a lungo termine della pandemia e della guerra in Ucraina. Tutto ciò rende le reti della supply chain estremamente complesse. Una singola persona può difficilmente tenerle sotto controllo ed anche i pianificatori logistici più esperti stanno raggiungendo i limiti delle loro capacità perché la quantità di dati generata dalle supply chain è enorme. Così, fave di cacao, carne cruda, frutta, piante medicinali, miele, latte, oli essenziali e simili rischiano di rimanere a lungo nei container e di marcire.
Attraverso gli algoritmi di intelligenza artificiale è invece possibile monitorare l’intera attività: essi riescono infatti a coordinare meglio e più velocemente i singoli processi all’interno delle catene di approvvigionamento, stimano l’evoluzione delle attività e pianificano la produzione di materie prime verificando nel contempo le scorte in magazzino e i percorsi e i tempi di consegna. Gli algoritmi tengono anche conto della durata di conservazione della merce nonché della quantità necessaria per la realizzazione del prodotto finale, rilevano inoltre molto rapidamente possibili colli di bottiglia e possono anticipare zone di interruzione, definendo punti di trasbordo meno congestionati e calcolando percorsi alternativi. Ciò consente da un lato di risparmiare tempo e dall’altro di evitare che le delicate merci trasportate deperiscano.
Facilitare il processo decisionale
È proprio in occasione di ingorghi imprevisti e/o di cambiamenti improvvisi dei tempi di attesa, che l’elaborazione rapida e fondata di scenari alternativi si rivela importante. Più dati vengono presi in considerazione, migliori sono le soluzioni – e solo l’IA può elaborare big data ad alta velocità.
Numerosi altri fattori possono inoltre entrare in gioco, primi fra tutti il rapido aumento delle richieste dei clienti, le loro nuove preferenze in merito ai prodotti e quindi il loro cambiamento nel comportamento d’acquisto. Grazie all’IA tutte queste condizioni possono essere prese in considerazione in tempo utile per adeguare tempestivamente l’approvvigionamento delle materie prime e la produzione di prodotti finiti. In breve, gli algoritmi sono in grado di fornire rapidamente ai responsabili della logistica suggerimenti e previsioni fondati che facilitano enormemente il processo decisionale.
Il trasferimento sicuro delle informazioni
La seconda tecnologia utile alle supply chain è la blockchain. La blockchain è una serie concatenata di blocchi (da cui il suo nome) carichi di informazioni, ordinati cronologicamente e la cui integrità è garantita da un algoritmo crittografico che li lega ai precedenti. Una volta inseriti all’interno dei blocchi, i dati non possono più essere modificati senza che vengano invalidati tutti i processi successivi. Molti l’associano al bitcoin e all’ambito finanziario, ma in realtà la blockchain può essere applicata a molti altri settori e si presta alla condivisione rapida, sicura, efficiente e trasparente, con tutti gli attori della filiera, delle informazioni sulla catena di approvvigionamento e sugli scenari calcolati in precedenza dall’IA.
Tracciabilità, risparmio e certezza
Quando la blockchain viene combinata con l’Internet of Things (IoT), e ad esempio con sensori che misurano le scorte di materie prime o con robot mobili e altri elementi automatizzati in magazzino, gli attori della supply chain beneficiano di tre vantaggi principali:
l’aumento della produttività e il risparmio di tempo e denaro: il trasferimento rapido e sicuro delle informazioni consente infatti di operare in modo efficiente in un magazzino automatizzato, con più cicli e meno errori;
la tracciabilità immediata: grazie alla connessione ultraveloce tra tutti i partecipanti della rete, ogni azienda ha il controllo della tracciabilità dei prodotti in tempo reale, consentendo un servizio più rapido ed efficiente per il cliente finale;
la possibilità di concludere degli “smart contracts” (letteralmente: contratti intelligenti), incorporando clausole contrattuali in software o protocolli informatici, che hanno la caratteristica di eseguirsi automaticamente sulla base di condizioni predeterminate dalle parti. I benefici? L’impossibilità di modificare o annullare il contratto, la trasparenza degli obblighi contrattuali e la certezza della loro esecuzione.
In sostanza: un supply chain management intelligente
L’abbiamo letto poc’anzi: un delle sfide più grandi della supply chain è quella di ottenere in tempo reale una visione trasparente e completa della filiera, così da facilitare e velocizzare il processo decisionale e assicurare un servizio efficiente nonché una consegna rapida al cliente. Tecnologie come l’intelligenza artificiale e la blockchain, combinate con l’IoT, ricoprono un ruolo chiave in termini di produttività, riduzione dei rischi, agilità, tracciabilità, fiducia e, in sostanza, nella gestione intelligente della filiera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/07/ART22-Algoritmi-avanzati-filiera.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-07-21 08:00:002022-07-15 08:57:51Algoritmi avanzati per migliorare le supply chain
La Repubblica Dominicana è conosciuta come una delle Nazioni caraibiche con le mete turistiche per eccellenza. Questo è dovuto, tra altri fattori, alle sue spiagge paradisiache, ai suoi campi da golf, al turismo interno e alla calorosa accoglienza che riceve chi visita l’isola.
Lo slogan del Paese recita “La Repubblica Dominicana ha tutto”, e non può essere altrimenti. È una Nazione insulare situata al centro dell’arcipelago dei Caraibi. Questa posizione centrale è perfetta per le aziende internazionali che cercano un accesso facilitato all’America del Nord e del Sud, in particolare gli Stati Uniti. Le aziende manifatturiere e commerciali possono raggiungere gli States in 3 giorni via mare e 2 ore di volo. Inoltre, i call center e altre attività orientate ai servizi si situano nello stesso fuso orario della costa orientale degli Stati Uniti (EST) e ciò rappresenta un vantaggio non indifferente in termini di possibilità di sviluppo del business.
L’economia della Repubblica Dominicana rende questo Stato un luogo ideale per gli investitori che desiderano ridurre i costi operativi, mitigando al contempo i rischi. In prospettiva futura, il Paese continua a impegnarsi per raggiungere l’eccellenza macroeconomica, grazie al forte sostegno del Governo e a un regime di zone franche.
Numerose aziende internazionali hanno scelto la Repubblica Dominicana come meta per lo sviluppo delle proprie attività commerciali. Secondo gli indicatori di governance della Banca Mondiale, la Repubblica Dominicana rappresenta uno dei 5 Paesi più sicuri per fare affari in America Latina.
Dopo 50 anni di regime democratico, lo Stato continua a fare progressi verso istituzioni sempre più aperte e trasparenti. Negli ultimi dieci anni, il Governo ha fatto grandi passi avanti per consolidare la stabilità attraverso misure come la riforma costituzionale, l’adesione all’“Asociación de Gobierno Abierto” (un’organizzazione internazionale il cui scopo è valutare e sviluppare meccanismi per promuovere governi “più aperti, responsabili e sensibili ai cittadini”) e iniziative anticorruzione.
La Repubblica Dominicana vanta 79 parchi industriali con zone franche che offrono servizi e infrastrutture altamente competitivi. Molti parchi sono specializzati in attività produttive di nicchia e offrono alle aziende un interessante pacchetto di incentivi fiscali, tassi agevolati e collegamenti. I vantaggi competitivi sono molto importanti e hanno consentito lo sviluppo di forti cluster in un’ampia gamma di settori industriali.
Dagli anni ‘80, ad esempio, la Repubblica Dominicana ha lavorato per posizionarsi tra i principali attori nella catena di approvvigionamento globale di dispositivi medici e di prodotti farmaceutici. La produzione di dispositivi medici rappresenta, infatti, una delle industrie di esportazione più dinamiche del Paese. Attualmente 33 produttori di dispositivi medici e prodotti farmaceutici operano nelle zone franche. Qui hanno sede cinque dei primi dieci produttori mondiali di dispositivi medici, fra cui: B Braun, Cardinal Health, Baxter Healthcare e altri. Tra i principali prodotti figurano: dispositivi per stomia, teli chirurgici e strumenti elettromedicali. Per sostenere lo sviluppo continuo, gli organi governativi delle zone franche hanno istituito un cluster di produttori di dispositivi medici che opera per difendere l’industria del settore.
Il settore dell’elettronica è progredito grazie agli ottimi servizi logistici offerti da alcuni parchi delle zone franche. Attualmente, 22 società attive nell’elettronica operano in queste piattaforme. Queste aziende possiedono capacità distinte che vanno dalla produzione di componenti intermedi all’assemblaggio di prodotti finali, e comprendono produttori a contratto e marchi prestigiosi quali Vishay o Rockwell Automation.
Calzature, tabacco, tessile, gioielleria e back office sono altri settori con grande presenza nel Paese.
I parchi logistici e le aree di attività sono stati creati o ampliati per facilitare attività come lo stoccaggio, il deconsolidamento, l’imballaggio, il riconfezionamento, l’etichettatura, la rietichettatura, la distribuzione e la riesportazione delle merci. Tra le aziende che hanno già stabilito centri logistici e/o di distribuzione nel Paese figurano: IKEA, Caterpillar, Rolex, Diageo, Evergreen, ecc..
Anche la Svizzera ha affidato la propria produzione alla Repubblica Dominicana con società dedicate principalmente ai settori farmaceutico, degli strumenti medici, del tabacco e dei suoi derivati, dei servizi logistici, del commercio e dell’industria, che globalmente generano all’incirca cinquemila posti di lavoro diretti. Al di fuori delle nostre zone franche, Nestlé o Kuehne + Nagel International hanno sfruttato le opportunità che il Paese offre in termini di collegamenti, infrastrutture e posizione strategica nella regione.
Cosa rende la Repubblica Dominicana così interessante? L’ampio sistema di infrastrutture del Paese è adatto a supportare il commercio globale. Nel 2019 il “Global Competitiveness Report”, pubblicato dal World Economic Forum, ha classificato la Repubblica Dominicana come lo Stato con l’infrastruttura di trasporti numero 1 nella regione dell’America Latina. Questa rete comprende 9 aeroporti internazionali, 12 porti marittimi e oltre 20’000 chilometri di autostrade e strade. Attualmente nella Repubblica Dominicana giungono circa 90 navi settimanali con rotte dirette verso l’America del Nord, il Centroamerica e i Caraibi, il Sud America, l’Europa e l’Asia. Si contano altresì oltre 270 voli giornalieri, con un’ottima connessione con il Nord America, l’America Centrale e l’Europa.
Il 90% circa della merce che entra ed esce dal Paese transita attraverso il trasporto marittimo. La Repubblica Dominicana ha la capacità di ricevere navi Post-Panamax (ovvero navi le cui dimensioni non permettono loro di transitare nelle chiuse del canale di Panama originale – fanno parte di questa tipologia le superpetroliere e le più grandi navi portacontainer): il parco industriale e logistico “DP World Caucedo”, ad esempio, dispone di 5 gru Super Post-Panamax.
Le aziende che cercano di espandere la loro presenza globale ritrovano nella Repubblica Dominicana uno dei loro migliori alleati.
Le catene di approvvigionamento sono reti complicate e la loro digitalizzazione le rende vulnerabili agli attacchi: una maggiore trasparenza sulle merci da parte dei produttori e misure di controllo più severe possono aiutare.
Se in taluni ambiti (ad es. mobilità, alimentare, farmaceutico, ecc.) l’integrità e la sicurezza dei prodotti fisici vengono verificate prima della loro commercializzazione, la qualità e la sicurezza di molti prodotti digitali non sono invece garantite. La sicurezza delle supply chain per i prodotti digitali è spesso insufficiente e a causa della mancanza di informazioni trasparenti e fondate, spesso il management di un’azienda non è in grado di prendere decisioni sostenibili. È quanto si evince da un rapporto del 2019 di ICTswitzerland, l’organizzazione mantello svizzera per l’economia digitale, sulla sicurezza della supply chain.
A fine 2021, l’azienda di servizi di sicurezza cibernetica BlueVoyant ha condotto un sondaggio su larga scala sulla sicurezza informatica, coinvolgendo 1’200 dirigenti di livello C di aziende con più di mille dipendenti e sei Paesi, tra cui Germania, Austria e Svizzera. I risultati di questi tre Paesi mostrano attacchi in aumento, scarsa visibilità dei fornitori e mancanza di informazioni sulla cibersicurezza di terzi. Nell’ultimo anno, il 99% delle aziende intervistate con sede in questi Paesi è stato vittima di un attacco diretto dovuto alla vulnerabilità di terzi a livello di sicurezza e addirittura il 100% ha subito indirettamente le conseguenze negative di una violazione della sicurezza nella propria rete di fornitori. Una situazione allarmante.
Pandemia e guerra in Ucraina hanno dimostrato chiaramente che le catene di approvvigionamento internazionali devono diventare più trasparenti, cosicché le aziende possano reagire molto presto a ostacoli e interruzioni. Ciò significa che le catene di approvvigionamento devono essere maggiormente digitalizzate.
Ma più aumenta la digitalizzazione, più aumentano le opportunità di attacchi digitali da parte degli hacker. Ciò rende necessario adottare maggiori misure di protezione digitale, come ad esempio programmi antivirus e malware specifici. Questi però da soli non sono sufficienti.
Piccole aziende con grandi lacune nella sicurezza
Il problema fondamentale non è la digitalizzazione in sé, bensì la complessità delle catene di approvvigionamento: il numero di fornitori per ogni singola azienda è infatti cresciuto a causa della pandemia e della guerra in Ucraina, rendendo la filiera sempre più difficile da gestire e da controllare. Il rischio maggiore è rappresentato dalle imprese di piccole dimensioni, ben lontane dal disporre di misure di sicurezza solide, come è invece il caso delle aziende più grandi. La verifica e la valutazione di una catena di approvvigionamento a distanza di settimane o mesi non è sufficiente per tenere testa ad aggressori agili e persistenti. Il monitoraggio continuo e la risposta rapida alle nuove vulnerabilità critiche scoperte sono essenziali per una gestione efficace del rischio informatico. Ciò include l’automazione delle analisi, l’estensione delle valutazioni di sicurezza da alcuni fornitori chiave a tutti i fornitori, l’identificazione di aree di particolare vulnerabilità e l’informazione ai propri fornitori in merito ai rischi emergenti e alle misure pratiche da adottare per correggere i problemi, conclude il rapporto di BlueVoyant.
Lavatrici e tostapane intelligenti in balia degli hacker
Quali sono quindi i fattori di rischio e le vulnerabilità tipiche? In sostanza, nell’attacco ad una supply chain, hacker e ricattatori possono manipolare i prodotti digitali o i loro componenti anche prima della loro consegna all’acquirente. Ciò avviene, ad esempio, durante lo sviluppo dei chip, la produzione o l’integrazione di altri componenti digitali e persino durante il trasporto al cliente. Gli hacker ottengono l’accesso principalmente tramite accessi non documentati, mediante le cosiddette backdoor (letteralmente “porte di servizio” che consentono di accedere da remoto ad un sistema e di controllarlo, superando le procedure di sicurezza attivate) o, se si tratta di prodotti collegati in rete, tramite malfunzionamenti impiantati e che possono essere attivati da aggiornamenti successivi alla consegna.
Questa infiltrazione diventa pericolosa se si tratta di prodotti distribuiti su larga scala, ovvero di beni di consumo digitali come computer, sensori, IoT e sistemi di controllo domestico. Lo stesso vale per televisori, lavatrici e tostapane intelligenti.
Tutti questi prodotti presentano un’interfaccia tra software e hardware e possono essere dotati di funzioni nascoste che vengono attivate a distanza quando necessario. I prodotti digitali senza dispositivi di input (mouse, schermo, ecc.) spesso non sembrano computer collegati in rete… eppure lo sono e non sono sufficientemente protetti.
Il dipendente: un rischio rilevante
In molte aziende, anche i dipendenti rappresentano un rischio per la sicurezza: è il caso quando aprono gli allegati ai messaggi di posta elettronica ricevuti da sconosciuti oppure quando effettuano grandi trasferimenti di denaro su istruzioni ricevute dai loro superiori via e-mail. Infine, possono anche divulgare inconsapevolmente informazioni aziendali sensibili chiacchierando durante il pranzo. In questo caso può essere d’aiuto una formazione specifica su argomenti rilevanti per la sicurezza aziendale e la presentazione di scenari concreti.
Ci sono poi dipendenti che spiano o manipolano deliberatamente. Un controllo del background dei dipendenti è utile per prevenire questo problema, soprattutto nel caso di collaboratori destinati ad occupare posizioni sensibili. È inoltre possibile limitare l’accesso ai dati aziendali. Infine, strumenti interni di whistleblowing dovrebbero essere attivati per consentire la segnalazione anonima di comportamenti sospetti.
Occorre prestare sufficiente attenzione anche alla cosiddetta sicurezza mobile: la verifica delle e-mail tramite cellulare, il controllo dei livelli delle scorte dal proprio tablet, l’inoltro della scansione di un carico tramite WLAN, ecc. mettono infatti in moto flussi di dati rilevanti. Tra le misure di prevenzione e protezione da adottare vi è sicuramente l’adozione di programmi di sicurezza per i dispositivi digitali mobili o ancora l’astensione dall’utilizzo di hotspot.
Anche la protezione dei dati nella supply chain è importante: lo standard minimo dovrebbe includere la crittografia di tutti i dati e delle e-mail. Si sta inoltre diffondendo lo standard di identificazione di tutti gli utenti dei dispositivi tramite caratteristiche biometriche, come le impronte digitali o la voce. Un’altra precauzione di sicurezza interna è, ad esempio, il monitoraggio regolare delle penetrazioni del firewall dall’esterno. A ciò si aggiunge la simulazione di scenari di attacco concreti e la progettazione di contromisure adeguate.
I produttori devono assumersi responsabilità
Una valutazione continua dei rischi deve essere effettuata anche con i partner esterni della catena di approvvigionamento. È necessario proteggere l’intera supply chain e i singoli fornitori, i gestori di servizi e tutti i partner di comunicazione e, idealmente, poter verificare in qualsiasi momento chi è attivo nella rete della catena di fornitura, cosa sta facendo e se l’azione è stata autorizzata.
È inoltre importante responsabilizzare i produttori di dispositivi e componenti digitali: dovrebbero documentare tutti gli account predefiniti o standard, le password, i certificati e le chiavi integrati nel prodotto e renderli accessibili. Sarebbe inoltre auspicabile che il cliente fosse in grado di effettuare il cosiddetto “reverse engineering” per verificare l’integrità e la sicurezza dell’hardware e del software di un prodotto senza violare automaticamente i diritti di proprietà intellettuale.
Protezione contro i rischi cibernetici: anche a livello nazionale
La sicurezza cibernetica assume sempre più un ruolo di prim’ordine, anche sul piano nazionale: lo conferma il recente annuncio da parte del Consiglio federale di voler trasformare il Centro nazionale per cibersicurezza (NCSC) in un ufficio federale, incaricando a tale scopo il Dipartimento federale delle finanze (DFF) di elaborare proposte relative alla sua struttura e al suo posizionamento all’interno di un dipartimento entro la fine del 2022.
Questa misura altro non fa che sottolineare ulteriormente la necessità di garantire la sicurezza della catena di approvvigionamento: infatti, la sicurezza cibernetica non deve più essere percepita come un compito isolato, bensì come un processo permanente all’interno della filiera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-lacune-sicurezza-filiera.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-30 08:05:002022-06-30 11:59:48Le lacune di sicurezza della supply chain
Per fare chiarezza, anche alla luce delle numerose richieste, il Servizio Legalizzazioni ha creato una scheda informativa sull’origine non preferenziale, con particolare riferimento ai criteri di origine. Nel documento vengono illustrate nel dettaglio le particolarità di ogni singolo criterio e il loro utilizzo.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-30 08:00:002022-06-30 13:49:07Origine non preferenziale: i criteri
Dal 1° aprile 2022 nel Regno Unito vige una nuova tassa sugli imballaggi in plastica: essa è a carico delle aziende che producono o importano, nell’arco di 12 mesi, più di 10 tonnellate di imballaggi che contengono meno del 30% di plastica riciclata.
Per incentivare l’economia circolare e l’utilizzo di plastica riciclata nel settore del packaging, il 1° aprile scorso il governo inglese ha introdotto la plastic packaging tax (PPT), una tassa sugli imballaggi in plastica. La tassa consiste in un’aliquota di 200 sterline per tonnellata ed è applicata a chi produce o importa nel Regno Unito imballaggi in plastica che contengono meno del 30% di materiale plastico riciclato per un volume di oltre 10 tonnellate nell’arco di 12 mesi (calcolate dal momento della prima produzione o importazione dell’imballaggio).
I seguenti imballaggi sono esenti dalla tassa, indipendentemente dalla quantità di plastica riciclata in essi contenuta:
imballaggi in plastica fabbricati o importati per essere utilizzati nel confezionamento primario di un medicinale
imballaggi per il trasporto utilizzati su merci importate
imballaggi utilizzati come provviste per aerei, navi e ferrovie
componenti che hanno uno scopo ed utilizzo permanentemente diverso da quello di imballaggio.
Assoggettamento, registrazione, tassazione
Nella pratica, bisogna dapprima appurare se gli imballaggi prodotti o importati sottostanno effettivamente alla PPT ed effettuare in seguito una verifica dei quantitativi (produzione o importazione superiore a 10 tonnellate all’anno di imballaggi in plastica). Se questi sono superati o si prevede di superarli nei successivi 30 giorni, è necessario registrarsi per la PPT. Solo i produttori o importatori di imballaggi che contengono meno del 30% di plastica riciclata sottostanno tuttavia al pagamento dell’imposta. L’accertamento dell’imposta dovuta è effettuato in base a dichiarazioni trimestrali.
Sul suo sito web, il governo britannico fornisce indicazioni utili sui requisiti per l’applicazione della PPT, come ad es. quali imballaggi sottostanno alla PPT, la necessità effettiva di registrarsi, come calcolare il peso dell’imballaggio, quali documenti presentare, ecc: Plastic Packaging Tax – GOV.UK (www.gov.uk)
Per aiutare produttori e importatori a comprendere se i loro imballaggi sottostanno alla PPT e se essi devono effettuare o meno la registrazione alla tassa sulla plastica, l’erario britannico ha preparato due brevi guide in pdf sugli step da seguire:
In che misura la PPT tocca le aziende esportatrici svizzere? La PPT è rivolta sia ai produttori inglesi sia agli importatori. L’azienda esportatrice svizzera è a rischio assoggettamento alla tassa dal momento in cui agisce in qualità di importatore, ad es. con la stipula di una clausola Incoterms DDP.
Lo scorso 21 giugno 2022, in concomitanza con la prima visita ufficiale nella città di Lugano dell’Ambasciatore del Vietnam in Svizzera Phung The Long e su iniziativa del Gruppo Fidinam, della stessa Città di Lugano e della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), si è tenuto un evento volto a presentare alle PMI ticinesi i vantaggi e le opportunità che il “Paese dei draghi” offre agli investitori stranieri.
Dopo i saluti iniziali da parte degli organizzatori e un breve intervento dell’Ambasciatore Phung The Long, si è entrati nel vivo dell’evento con l’intervento di Phuong Thao Bui, Managing Director di Fidinam (Vietnam) Ltd, che ha innanzitutto illustrato come la sua posizione strategica nel cuore del sud-est asiatico, la scena politica stabile, l’ampia forza lavoro dai costi competitivi e l’apertura agli investimenti diretti (IDE) rendano il Vietnam una promettente destinazione in cui investire o avviare un’attività. Esperta di diritto fiscale e societario, l’avvocatessa Bui ha in seguito presentato gli incentivi offerti agli investitori esteri, i settori di interesse, il funzionamento del sistema di tassazione, il processo di costituzione di un’azienda e i costi del lavoro.
A testimoniare l’interesse nei confronti del “Paese dei draghi” la presenza in sala di una trentina di imprenditori e dirigenti d’impresa ticinesi.
La Nazione sta infatti emergendo quale valida alternativa per lo spostamento delle catene di approvvigionamento globale anche grazie alla sua ampia rete di accordi di libero scambio (ALS), tra cui accordi di nuova generazione quali l’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’ALS con l’Unione europea, l’ALS con il Regno Unito e, più di recente, l’Accordo di partenariato economico globale regionale (RCEP): tutti accordi, questi, che aprono a chi è presente in Vietnam l’accesso a importanti mercati di sbocco e di approvvigionamento. La Svizzera sta attualmente negoziando un ALS con il Vietnam nel quadro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS).
Gli imprenditori interessati ad approfondire l’argomento posso trovare maggiori informazioni su come avviare una presenza in Vietnam sul sito web di Fidinam Group, a questa pagina, dove è anche possibile scaricare la relativa Business Guide.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-Vietnam-retrospettiva-evento.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-22 14:20:412022-07-04 09:30:34Vietnam: vivo interesse da parte delle aziende ticinesi
Modifica della struttura tariffaria dei servizi della Cc-Tiinerenti ai documenti d’esportazione e delle direttive amministrative concernenti l’Ordinanza sull’attestazione non preferenziale delle merci a partire dal 1° luglio 2022.
Come ben sapete, per conto del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), la nostra Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti), rilascia certificazioni di origine non preferenziale soggette a tassa.
Su richiesta della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e della Sorveglianza dei prezzi (SPr), la struttura tariffaria è stata riveduta, armonizzata a livello svizzero e semplificata. Le nuove tariffe della Cc-Ti valide a partire dal 1° luglio 2022 possono essere scaricate a fondo pagina.
Vi segnaliamo inoltre l’entrata in vigore dei seguenti provvedimenti previsti dalle direttive amministrative:
Dichiarazione a lungo termine per l’origine non preferenziale ai sensi degli artt. 59-61 del Codice doganale dell’Unione (CDU) A partire dal 1° luglio 2022 saranno accettate dichiarazioni a lungo termine provenienti non solo dalla Germania ma da tutta l’UE, purché certificate da una Camera di commercio estera competente o da un’autorità analoga.
Aumento a CHF 2’000 dell’obbligo di presentazione della prova dell’origine per le merci (criterio di origine G): A partire dal 1° luglio 2022, l’attuale prassi di rinunciare alle prove dell’origine per le merci di valore non superiore a CHF 1’000 per articolo e per linea tariffale sarà modificata: essa passerà a CHF 2’000 per articolo e per linea tariffale. Il richiedente è tenuto a conservare le prove dell’origine valide e a presentarle su richiesta.
Il Servizio legalizzazioni della Cc-Ti resta a disposizione per eventuali chiarimenti (tel. 091 911 51 23/29, e-mail internazionale@cc-ti.ch).
Scarica le nuove tariffe valide a partire dal 01.07.2022
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22A-adeguamento-tariffe-leg.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-20 08:00:002022-06-30 10:12:46Adeguamento tariffe Servizio legalizzazioni
Nel 2020, grazie agli accordi di libero scambio le aziende svizzere hanno risparmiato circa 2.3 miliardi di franchi svizzeri in dazi doganali sulle merci importate. È quanto si evince da un rapporto pubblicato congiuntamente dalla SECO e dall’AELS.
La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e l’Associazione europea di libero scambio (AELS) hanno pubblicato un’analisi dettagliata dell’impatto degli accordi di libero scambio (ALS) attualmente in vigore. Essa analizza i risparmi tariffari di cui hanno beneficiato le aziende svizzere grazie a tali accordi.
Secondo il rapporto, nel 2020 le aziende svizzere hanno realizzato risparmi sulle importazioni in Svizzera per un totale di 2.27 miliardi di franchi, una somma corrispondente all’82.9% dei risparmi ipoteticamente possibili. Il tasso di utilizzo degli ALS è stato del 68.1%. I maggiori risparmi sono stati realizzati nei settori della plastica (227 milioni di franchi), delle automobili (142 milioni) e dei macchinari (73 milioni).
Nella sola Unione europea (UE), principale partner commerciale del nostro Paese, i risparmi si sono attestati a 1.96 miliardi di franchi, pari all’89.4% dei risparmi possibili. Anche in questo caso i principali beneficiari sono stati i settori della plastica (207 milioni di franchi), delle automobili (118 milioni) e dei macchinari (62 milioni).
Si ricorda che lo scopo primario degli ALS è essenzialmente di facilitare gli scambi tra due o più Paesi riducendo o eliminando gli ostacoli migliorando altresì la competitività delle aziende. Anche se il contenuto degli ALS si è evoluto negli anni, l’abbattimento dei dazi doganali resta un elemento centrale. I Paesi partner di un ALS si concedono reciprocamente queste agevolazioni (e non le accordano ad altri Paesi) ed è per questo motivo che ogni accordo è circoscritto ai prodotti originari dei Paesi partner dello stesso, per i quali definisce le regole d’origine specifiche da rispettare. Solo se queste regole sono soddisfatte, e se le merci sono scortate da una prova dell’origine valida, l’esenzione o l’agevolazione in materia di dazi viene concessa. In ambito doganale si parla di “preferenze tariffali” e dunque di “origine preferenziale”. Nella fattispecie, se un’azienda svizzera intende beneficiare di un’agevolazione nel Paese di destinazione, deve comprovare l’origine svizzera della propria merce. Per maggiori ragguagli sul tema si rinvia all’articolo del 17 marzo 2022 “L’origine non è sempre origine”.
I risparmi di cui sopra sono stati resi possibili grazie alla rete molto sviluppata di ALS che conta, oltre alla Convenzione AELS (Associazione europea di libero scambio) e all’ALS con l’UE, ben 33 accordi di libero scambio con 43 Paesi partner.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/ART22-monitoraggio-ALS-1.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2022-06-17 10:08:092022-06-27 09:33:54Risparmi miliardari grazie al libero scambio
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