Emirati Arabi Uniti: nuova procedura di legalizzazione fatture online

Gli Emirati Arabi Uniti introducono un nuovo sistema per l’attestazione elettronica delle fatture commerciali di importazione.

A partire dal 1° marzo 2023, le fatture di importazione di valore pari o superiore a AED 10’000 (ca. CHF 2’500) devono essere attestate dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti (MoFAIC) tramite il sistema eDAS, a cui è necessario registrarsi e dove è altresì possibile scaricare un manuale in formato PDF. L’“electronic attestation reference number” (numero di riferimento eDAS) così generato deve in seguito essere inserito nella dichiarazione doganale di importazione.

La fattura legalizzata dalla propria Camera di commercio (nel caso specifico: la Cc-Ti) e il certificato d’origine possono essere caricati al momento dell’arrivo della merce in dogana e in fase di dichiarazione doganale. Il MoFAIC riscuote una commissione di AED 150 (ca. CHF 37.50) per ogni fattura commerciale del valore uguale o superiore all’importo sopra indicato.

L’attestazione elettronica tramite eDAS va a sostituire quelle della Camera di commercio arabo-svizzera (CASCI) e della rappresentanza ufficiale emiratina in Svizzera.

Sono esentate dalla procedura le importazioni di beni di valore inferiore a AED 10’000, le importazioni personali, quelle provenienti da Paesi del GCC e quelle a destinazione di una zona franca, così come le merci in transito, gli invii e-commerce B2C e le importazioni diplomatiche, militari, di NGO e di organizzazioni internazionali.

La nuova procedura è già operativa a Dubai e sarà presto integrata nel sistema doganale degli altri emirati, tra cui Abu Dhabi, Sharjah e RAK.

Altri link utili:
Customs Notice No. 11/2022 (Dogana di Dubai)

Fonte: IHK Bonn/Rhein-Sieg; adattamento: Servizio Commercio Internazionale Cc-Ti

Stati Uniti: nuova normativa sui cosmetici

Il 29 dicembre 2022 è stato approvato il Modernization of Cosmetics Regulation Act of 2022 (MoCRA), che modifica in modo significativo l’attuale quadro normativo relativo ai cosmetici negli Stati Uniti: l’industria del settore è chiamata a prepararsi allo sviluppo di sistemi di farmacovigilanza, alla registrazione dei propri stabilimenti e prodotti, alle buone pratiche di fabbricazione e alla nuova autorità di richiamo obbligatorio.

Il Modernization of Cosmetics Regulation Act of 2022 (MoCRA), firmato dal Presidente Biden il 29 dicembre 2022, è la prima modifica della legislazione statunitense sui cosmetici effettuata a livello federale dal 1938 e allinea i cosmetici agli altri prodotti di consumo regolamentati dalla Food and Drug Administration (FDA). Le aziende cosmetiche sono assoggettate ai requisiti di registrazione degli stabilimenti produttivi e dei prodotti, alla segnalazione e alla registrazione di reazioni avverse gravi subite dai consumatori, alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) e alla tenuta dei registri e delle prove di sicurezza. Inoltre, il MoCRA conferisce alla FDA l’autorità di ordinare un richiamo obbligatorio di un prodotto cosmetico e di sospendere la registrazione di uno stabilimento se li ritiene connessi con gravi problemi di salute.

Di seguito, e in breve, i nuovi obblighi:

  • Gli stabilimenti coinvolti nella fabbricazione o nella lavorazione di cosmetici distribuiti negli Stati Uniti devono essere registrati presso la FDA entro il 29 dicembre 2023. Per i nuovi stabilimenti vige la regola dei 60 giorni dall’inizio dell’attività. La registrazione deve essere rinnovata ogni due anni. Gli stabilimenti esteri devono avere un agente americano. Sono esentati dall’obbligo di registrazione gli stabilimenti che si limitano a etichettare, confezionare, immagazzinare o distribuire prodotti cosmetici, gli stabilimenti che producono ingredienti ma non prodotti finiti e gli stabilimenti utilizzati esclusivamente per scopi di ricerca e valutazione dei prodotti.
  • Entro il 29 dicembre 2023 la cosiddetta “responsible person” – ovvero il produttore, confezionatore o distributore il cui nome compare sull’etichetta del prodotto cosmetico – deve presentare alla FDA un elenco dei cosmetici già in commercio, compresi i suoi ingredienti (entro 120 giorni per i cosmetici commercializzati dopo tale data). L’elenco dei prodotti deve essere aggiornato annualmente.
  • La persona responsabile deve notificare alla FDA ogni reazione avversa grave collegata con l’utilizzo di un prodotto cosmetico negli Stati Uniti entro 15 giorni dal ricevimento della relativa segnalazione. È altresì tenuta a conservare ogni dossier relativo a dichiarazioni di reazione avversa per 6 anni, o 3 anni per le piccole imprese non coinvolte nella produzione o lavorazione di prodotti cosmetici.
  • La persona responsabile è tenuta a conservare i registri che attestano la sicurezza di un prodotto cosmetico con “prove adeguate”. I prodotti cosmetici che non dispongono di adeguate prove di sicurezza saranno considerati adulterati.
  • Il MoCRA introduce modifiche all’etichettatura dei prodotti: l’etichetta dovrà includere le coordinate della persona responsabile (a cui segnalare reazioni avverse), gli allergeni dei profumi, l’eventuale uso professionale.
  • La FDA è chiamata a stabilire buone pratiche di fabbricazione (GMP) per proteggere la salute pubblica e garantire che i prodotti cosmetici non siano adulterati. Una proposta di regolamentazione in tal senso dovrà essere pubblicata entro dicembre 2024, norme definitive dovranno seguire entro dicembre 2025.
  • Se la FDA ritiene che il prodotto cosmetico sia stato adulterato o sia etichettato in modo errato e che il suo utilizzo possa provocare gravi conseguenze per la salute dei consumatori, potrà richiedere alla persona responsabile un richiamo volontario del prodotto. Se la persona responsabile non vi dà seguito, la FDA può ordinare un richiamo obbligatorio. La FDA è altresì autorizzata a sospendere la registrazione di uno stabilimento.

Link utili:
Modernization of Cosmetics Regulation Act of 2022 (MoCRA), sottotitolo E “Cosmetics”, sezione 3501 e ss.

Nuove regole per l’export di alimenti in India

L’India richiede la registrazione obbligatoria degli stabilimenti alimentari stranieri per l’importazione di alcune categorie di alimenti e posticipa l’introduzione dei certificati sanitari.

A partire dal 1° febbraio 2023, i produttori stranieri di alimenti che esportano i seguenti prodotti in India devono di registrare i propri stabilimenti presso la Food Safety and Standards Authority of India (FSSAI):

  • latte e prodotti lattiero-caseari
  • carne e prodotti a base di carne, compresi pollame, pesce e loro prodotti
  • polvere d’uovo
  • alimenti per bambini
  • nutraceutici.

A tale scopo, devono compilare il modulo di registrazione (documento Word) messo a disposizione dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) e inviarlo all’autorità cantonale competente (Canton Ticino: Laboratorio cantonale), che procederà con la vidimazione e l’inoltro alle autorità svizzere e indiane di riferimento.

Si segnala inoltre che l’obbligo di utilizzo dei nuovi modelli di certificato sanitario per i prodotti animali, inizialmente previsto per il 1° gennaio 2023, è stato posticipato al 1° marzo 2023. L’esportazione di prodotti lattiero-caseari con il vecchio certificato M-2013-02 è possibile fino al 1° marzo 2023.

Link utili:
Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV): documenti relativi all’esportazione
Piattaforma per le esportazioni agricole PAE/PEA: India (FR/DE)

Da complicato a complesso: il contesto internazionale è sempre più impegnativo

Le aziende che operano a livello internazionale navigano sempre più in un labirinto di accordi commerciali, formalità amministrative e doganali, guerre commerciali, sanzioni e controlli delle esportazioni nonché di nuove e sempre più stringenti normative in ambito ESG (ovvero le questioni ambientali, sociali e di governance). Far fronte a queste sfide crescenti richiede notevoli risorse e competenze, ma le aziende del territorio possono contare sul supporto della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti).

La Svizzera, si sa, ha concluso numerosi accordi di libero scambio grazie ai quali le PMI che operano a livello internazionale hanno l’opportunità di accedere ai mercati esteri o di importare beni strumentali e/o fattori produttivi a costi inferiori, ricavandone così un vantaggio competitivo. A causa della complessità degli accordi e della mancanza di coerenza delle norme, lo sgravio dai costi è però associato anche ad un elevato onere amministrativo sia per comprendere ed applicare correttamente le varie disposizioni e procedure sia per espletare, altrettanto correttamente, le formalità doganali.

I beni da immettere sui mercati esteri devono anche soddisfare vari requisiti amministrativi e tecnici, tra cui test e certificazioni, che possono variare da un Paese all’altro. Talvolta queste misure diventano delle vere e proprie barriere commerciali, con conseguente ulteriore onere burocratico e aumento dei costi di produzione e del tempo necessario per portare i prodotti sul mercato. Le procedure d’importazione nel Paese target si fanno sempre più complesse e sono talvolta legate a specifiche modalità di pagamento definite dai governi stessi. È il caso ad esempio delle disposizioni attuate di recente da Egitto e Argentina a causa della grave carenza di valuta estera: nel 2022, e per ben nove mesi, il primo ha imposto l’obbligo di utilizzo di lettere di credito per finanziare forniture superiori ai 5’000 dollari, con conseguente aumento dei costi di gestione delle pratiche e ritardi nello sdoganamento degli invii; di recente la seconda ha invece introdotto un sistema (tuttora in vigore) di monitoraggio e rilascio di licenze all’importazione legato ad autorizzazioni di pagamento delle fatture estere rispettivamente all’accesso al mercato dei cambi per pagamenti in valuta estera. In casi come questi, alle oggettive difficoltà che all’atto pratico le aziende si trovano a dover affrontare, si inserisce spesso la mancanza di informazioni chiare, affidabili e aggiornate sulle nuove misure introdotte dai vari Paesi e la complessità nel reperirle.

Un’altra tematica che occupa e preoccupa sempre più le aziende è quella del controllo delle esportazioni, volto ad impedire non solo la proliferazione di materiale di armamento e di beni a duplice impiego, ma anche di tecnologie critiche. Il tema è stato portato alla ribalta dall’attuazione di vari regimi sanzionatori nei confronti della Russia, alcuni dei quali anche di natura extra-territoriale, e dalla cosiddetta “guerra dei chip” tra Stati Uniti e Cina. Nel primo caso, i regimi sanzionatori diversi pongono sfide e rischi non facili da affrontare per le nostre imprese, che si devono interfacciare con la normativa straniera per comprenderne gli impatti ed evitare rischi e conseguenze dagli effetti anche devastanti. Nel secondo caso, invece, l’intensificarsi della competizione tra Stati Uniti e Cina per la supremazia tecnologica espone le catene di approvvigionamento a scosse create da restrizioni alle esportazioni e da altre barriere non tariffarie attuate da entrambe le Nazioni. Le imprese non possono rinunciare all’accesso a questi mercati strategici, ma il progressivo disaccoppiamento tra i due Stati mette in discussione i loro modelli di sviluppo, costringendole ad attuare ed effettuare controlli all’esportazione nonché a segmentare la propria offerta e i propri processi. In questo caso non si tratta più solo di decidere se operare in un Paese piuttosto che nell’altro, ma di come operare in un Paese affinché non vi siano riscontri negativi nell’altro.

Da ultimo, ma non meno importante, le aziende sono chiamate anche a conformarsi a nuove e complesse normative ambientali e sociali sui prodotti che fabbricano e acquistano e che, talvolta, richiedono la creazione di sistemi per la tracciabilità delle merci. È il caso, ad esempio, delle nuove normative sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio entrati recentemente in vigore in diversi Paesi europei o anche della cosiddetta “carbon tax alla frontiera”, che l’Unione europea introdurrà ad ottobre 2023 e che imporrà alle aziende di documentare, comunicare e, se del caso, pagare una carbon tax sulle emissioni di gas serra associate a diverse tipologie di merci energivore e inquinanti introdotte nel mercato unionale.

In sostanza, ogni Paese in cui un’azienda opera rappresenta un rischio di compliance: leggi e regolamenti vengono modificati anche con breve preavviso e con poca o nessuna notifica, nonché con ammende in caso di mancata conformità. A fronte di tale complessità, solo chi padroneggia le regole del commercio internazionale, si informa adeguatamente e adatta rapidamente la propria strategia può ottenere un prezioso vantaggio strategico e competitivo rispetto alla concorrenza. È qui che si inserisce la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino: con i suoi servizi di informazione puntuale, consulenza mirata, formazione ed eventi nei vari ambiti del commercio con estero, la Cc-Ti è partner e interlocutore privilegiato delle aziende del territorio ad essa associate.

Frontalieri e fiscalità-1° febbraio 2023

IMPORTANTE INFORMATIVA

Lo scorso 23 dicembre vi abbiamo informati che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato e che il regime speciale in materia fiscale decadrà quindi il prossimo 1° febbraio 2023.
Ieri l’Autorità fiscale italiana ha precisato che i frontalieri italiani che continueranno in modalità di telelavoro perderanno lo statuto fiscale di frontaliere. Il regime dei frontalieri viene riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo saltuario) si recano all’estero per svolgere il proprio lavoro.
Per mantenere tale statuto è quindi necessario che la persona non lavori nemmeno un giorno completo dal proprio domicilio.
In caso contrario il frontaliere rischia di essere tassato in Italia per l’intero reddito conseguito in Svizzera.
Per quanto riguarda le aziende, inoltre, rimane aperta pure la questione relativa all’assoggettamento al fisco italiano, a determinate condizioni, quale stabile organizzazione.

INFORMATIVE PRECEDENTI:
www.cc-ti.ch/calendario/frontalieri-e-fiscalita/
www.cc-ti.ch/normative-diverse-in-vigore-dal-2023/
www.cc-ti.ch/info-veicoli-aziendali/

Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità

Diverse richieste di aziende con sede in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti, interessate a prodotti attualmente oggetto di misure restrittive nei confronti della Russia, fanno emergere lo spettro dell’elusione delle sanzioni.

Nei mesi scorsi ci sono state segnalate richieste da parte di aziende turche ed emiratine interessate all’acquisto di merci attualmente sottoposte a sanzioni se destinate al mercato russo. L’ipotesi più accreditata è che tali aziende rivendano in seguito le merci alla propria clientela russa, forti del fatto che i loro rispettivi Paesi non hanno imposto sanzioni nei confronti di tale Stato. Per le aziende svizzere si prospetta un rischio elevato di elusione delle sanzioni attualmente in vigore nei confronti della Russia, e nello specifico dell’Ordinanza del 4 marzo 2022 che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina.

Infatti, l’ordinanza del 4 marzo prende esplicitamente in considerazione l’ipotesi di bypassare i divieti per il tramite dell’export indiretto e lo vieta espressamente con formulazioni tipo “sono vietati la vendita, la fornitura, l’esportazione e il transito di… destinati a persone fisiche o giuridiche o organizzazioni / a destinazione della Federazione Russa o per un uso nella Federazione Russa”.

Nel dubbio, si consiglia di richiedere alla controparte estera una dichiarazione di utilizzo finale (end user declaration), tramite la quale questa dichiara da un lato la destinazione d’uso e dall’altro se la merce viene rispedita. Stesso dicasi nel caso in cui il partner risieda in Svizzera o in un altro Paese, ma chiede di spedire la merce direttamente al suo cliente ubicato in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti.

Nel commercio estero, in base al principio della responsabilità individuale, è compito dell’azienda esportatrice effettuare le opportune verifiche (in gergo: controllo delle esportazioni) e ciò significa essenzialmente di essere in grado di rispondere alle domande “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”:

  • cosa si intende esportare: il prodotto figura in un elenco delle merci di cui è limitata o vietata l’esportazione?
  • chi è coinvolto: le parti coinvolte figurano in un elenco di persone fisiche e/o giuridiche sanzionate?
  • dove si vuole esportare: il Paese di destino è sottoposto a sanzioni o embarghi?
  • a che scopo: come viene impiegato il prodotto (in ambito civile vs. in ambito militare)?

Fermo restando che l’ente ultimo di riferimento è la Segreteria di Stato dell’economia SECO, il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti è volentieri a disposizione per i primi chiarimenti.

Si attira qui l’attenzione sul fatto che il mancato rispetto degli obblighi specifici in materia di controlli all’esportazione comporta rischi reali per le aziende: oltre al fermo della merce in dogana e al relativo sequestro, parliamo anche di danni reputazionali e, non da ultimo, di sanzioni amministrative e penali. Infatti, secondo la legge sugli embarghi (LemB, RS 946.231), le violazioni delle misure coercitive emanate dal Consiglio federale (leggi: sanzioni) sono perseguibili. Le pene massime sono 1 anno di detenzione o una multa fino a 500’000 franchi; in casi gravi 5 anni di detenzione e una multa fino a 1 milione di franchi. Anche il mero tentativo e la complicità sono punibili, così come se il reato è commesso per negligenza. Il perseguimento di eventuali violazioni della LemB spetta alla SECO nel quadro del diritto penale amministrativo.

Chi è ritenuto responsabile? Secondo la LemB, alle infrazioni commesse nelle aziende è applicabile l’articolo 6 della legge federale sul diritto penale amministrativo e la responsabilità delle violazioni è sia della persona fisica che l’ha commessa, sia del management dell’azienda.

Imballaggi destinati al mercato italiano: etichetta ambientale obbligatoria

A prescindere da ogni altro obbligo di etichettatura relativo ai prodotti ivi contenuti, dal 1° gennaio 2023 sugli imballaggi destinati al consumo in Italia devono essere indicate anche le modalità di raccolta e smaltimento ai fini ambientali.

Il 1° gennaio 2023 è entrato in vigore in Italia il Decreto legislativo 116/2020 che modifica l’art. 219, comma 5 del Decreto legislativo 152/2006 e stabilisce che “tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 129/97/CE della Commissione”.

Stando a quanto decretato dal legislatore italiano, gli imballaggi (primari, secondari, terziari) immessi al consumo dopo il 1° gennaio 2023 devono pertanto essere muniti di etichettatura così composta (requisiti minimi obbligatori):

  • natura dei materiali utilizzati
  • indicazione sul tipo di raccolta

Si consiglia altresì di indicare la tipologia di imballaggio e i suggerimenti per una raccolta differenziata di qualità.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ha predisposto una breve scheda informativa che sintetizza la tematica e fornisce documenti e link utili. La scheda è riservata agli associati e può essere richiesta a: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch

Austria, legge sugli imballaggi: nuovi obblighi dal 2023

Dal 1° gennaio 2023 in Austria vige l’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato per le aziende straniere che forniscono imballaggi o beni confezionati a consumatori finali privati tramite e-commerce.

In Austria, il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore una modifica al decreto austriaco sugli imballaggi (VerpackungsVO, VVO): in base all’art. 16b VVO in combinato disposto con l’art. 13g (cpv 1 riga 5) della legge sulla gestione dei rifiuti (Abfallwirtschaftsgesetz, AWG), le aziende straniere che non hanno una sede legale o uno stabilimento nel Paese e che, nel contesto di una vendita a distanza, forniscono imballaggi o beni confezionati a un consumatore finale privato sono assoggettate all’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato (Bevollmächtigter). L’atto di nomina deve essere autenticato da un notaio.

Il rappresentante autorizzato deve essere una persona fisica o giuridica con domicilio rispettivamente sede legale in Austria e con un indirizzo di consegna nel Paese. Esso è responsabile per l’adempimento degli obblighi di licenza di imballaggio dell’azienda straniera, ossia per la registrazione presso un sistema duale di raccolta e recupero, e funge da referente per le comunicazioni ufficiali. Deve altresì rilasciare le dichiarazioni obbligatorie sulla quantità di imballaggi.

Analogamente a quanto è avvenuto in Germania a luglio 2022, i marketplace online sono tenuti a verificare che i loro commercianti adempiano agli obblighi legali in Austria e siano registrati al sistema duale corrispondente. Se ciò non fosse il caso, dovranno escluderli dalla loro piattaforma.

Unione europea: arriva la carbon tax alla frontiera

A ottobre 2023 nell’Unione europea (UE) entrerà in vigore il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), che introdurrà una tassa sulle importazioni di talune merci ad alto contenuto di CO2. L’UE intende così equiparare il prezzo del carbonio tra i prodotti europei e i prodotti provenienti da Paesi con standard climatici più bassi, tutelare la competitività delle aziende europee ed evitare fenomeni di delocalizzazione dei processi produttivi più energivori e inquinanti. La misura sarà implementata gradualmente e prevede un periodo transitorio.

Traducendo nella pratica il principio “chi inquina paga”, nel 2005 l’Unione europea ha implementato il più grande sistema di tariffazione del carbonio al mondo: il sistema di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (SSQE, o più comunemente ETS). Con la fissazione dei prezzi delle emissioni di CO2 l’UE ha incoraggiato la decarbonizzazione industriale, aumentando però allo stesso tempo anche il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e di importazione di prodotti esteri più economici non soggetti a un prezzo del carbonio nel Paese di origine. L’UE ha pertanto attenuato questi rischi concedendo quote gratuite e compensazioni per l’incremento dei costi dell’energia elettrica.

L’aumento delle ambizioni climatiche e dei prezzi del carbonio, hanno poi spinto la Commissione a voler eliminare gradualmente le assegnazioni gratuite e a cercare nuove soluzioni. A luglio 2021, ha quindi annunciato una serie di proposte – note anche come pacchetto “Fit for 55” o “Pronti per il 55%” – per realizzare il Green Deal, impegnandosi a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tra queste proposte figurava anche l’introduzione graduale di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) per alcune importazioni da Paesi terzi.

Commissione europea e Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo sul CBAM martedì 13 dicembre 2022. La nuova legge è la prima del suo genere ed è stata concepita per essere pienamente conforme alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Essa si applicherà a partire dal 1° ottobre 2023, con un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2025 in cui gli obblighi degli importatori europei saranno limitati alla presentazione di relazioni.

Per evitare una doppia protezione delle industrie dell’UE, la durata del periodo di transizione e la piena introduzione del CBAM saranno legate alla graduale eliminazione delle quote gratuite nell’ambito del sistema ETS. Questo aspetto è stato negoziato nel corso della settimana successiva alla conclusione dell’accordo sul CBAM e sabato 17 dicembre è stata decisa la riforma dell’ETS. Nello specifico, la grande industria e il settore dell’energia dovranno diminuire le proprie emissioni del 62% rispetto al 2005 (anno in cui il sistema ETS ha iniziato a funzionare). Le quote gratuite nell’ambito del sistema ETS saranno eliminate gradualmente:

202620272028202920302031203220332034
2.5%5%10%22.5%48.5%61%73.5%86%100%

Dal 1° gennaio 2026, il CBAM entrerà a regime gradualmente e alla stessa velocità con cui saranno eliminate le quote gratuite del sistema ETS, per essere poi completamente operativo entro il 31 dicembre 2034.

Sebbene Consiglio e Parlamento abbiano pubblicato dei comunicati stampa che illustrano il loro accordo (cfr. sopra), i testi del regolamento CBAM e della direttiva ETS così come concordati dalle due istituzioni non sono ancora stati resi pubblici. Affinché la nuova legge possa entrare effettivamente in vigore, i testi definitivi richiedono l’adozione formale da parte del Parlamento e del Consiglio e la loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’UE. Nel frattempo, la proposta di regolamento CBAM nella sua versione più attuale è visionabile qui: Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 22 giugno 2022, alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.

I settori interessati

Il CBAM coprirà inizialmente ferro e acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno, nonché alcuni precursori e un numero limitato di prodotti a valle (come viti e bulloni e articoli simili in ferro o acciaio). I beni toccati dalla misura sono identificati chiaramente tramite il loro codice merceologico (nomenclatura combinata, NC). Anche le emissioni indirette saranno incluse in modo ben circoscritto.

Prima della fine del periodo di transizione, la Commissione valuterà l’estensione del campo di applicazione a un maggior numero di prodotti lungo la catena di approvvigionamento, tra cui i prodotti chimici organici e i polimeri, con l’obiettivo di includere tutti i beni coperti dal sistema ETS entro il 2030.

Funzionamento del CBAM

In sostanza, la carbon tax coprirà le importazioni della tipologia di merci sopra elencate originarie dei Paesi terzi che non partecipano al sistema ETS o a un meccanismo collegato.

In una prima fase transitoria che inizierà a ottobre 2023 e fino alla piena operatività del meccanismo, gli importatori attivi nei settori sopra elencati saranno soggetti a un obbligo di comunicazione trimestrale dei quantitativi di merci importate e delle loro emissioni dirette e indirette di CO2[i] nonché del prezzo del carbonio pagato all’estero, senza però compensare a livello finanziario le emissioni. Non appena il CBAM diventerà pienamente operativo, le aziende che importano nell’UE i prodotti in oggetto dovranno registrarsi presso le autorità competenti (diventando “dichiaranti autorizzati”) e acquistare certificati di carbonio (quote CBAM) corrispondenti al prezzo del carbonio che avrebbero pagato per produrre le merci su suolo europeo.

Implicazioni per le aziende svizzere

Il CBAM si applicherà a tutte le importazioni dei prodotti elencati, ad eccezione di quelle originarie di Paesi che partecipano all’ETS dell’UE o ad esso pienamente legati. Tra questi Paesi figura anche la Svizzera[ii], che ha un suo ETS collegato a quello dell’UE (e finché i due ETS resteranno connessi[iii]).

Ciò malgrado, il CBAM potrebbe comunque applicarsi alle aziende svizzere

  • se esportano verso l’UE prodotti di origine terza (saranno infatti chiamate a fornire ai loro importatori europei i dati necessari, rispettivamente dovranno richiedere i relativi dati ai loro fornitori)
  • se agiscono in qualità di importatori nell’UE
  • nel caso di un loro coinvolgimento in pratiche di elusione.

Un ETS II per gli edifici e i trasporti

Entro il 2027 sarà istituito un ETS separato (“ETS II”) per i carburanti per il trasporto su strada e per gli edifici, che imporrà un prezzo alle emissioni di questi settori. Il sistema è studiato per incidere sui fornitori di carburanti e non sulle economie domestiche e, per proteggere i cittadini, potrebbe essere posticipato al 2028 se i prezzi dell’energia saranno troppo elevati.

Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch


 

NOTE

[i] Le emissioni di CO2 dirette derivano dal processo produttivo, le emissioni indirette derivano dall’elettricità consumata durante la produzione.

[ii] cfr. proposta di regolamento

[iii] Iniziativa parlamentare del 18.03.2021 21.432 | Creare le basi per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera | Oggetto | Il Parlamento svizzero, a cui è stato dato seguito il 25.04.2022 dalla Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia CN.

Traffico merci e Passar 1.0: cosa bisogna sapere

Il 1° giugno 2023, l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) metterà in funzione la prima versione del nuovo sistema di gestione del traffico merci “Passar”, che sostituirà gradualmente le attuali applicazioni NCTS ed e-dec.

L’entrata in funzione del nuovo sistema del traffico merci “Passar”, volto a sostituire gradualmente le attuali applicazioni NCTS ed e-dec per il trasporto merci, costituisce un’importante pietra miliare nel programma DaziT di trasformazione digitale della dogana.

La prima versione di Passar (Passar 1.0), che sarà in funzione dal 1° giugno 2023, riguarda il transito e l’esportazione e implementa il nuovo formato di annuncio dell’UE (NCTS Fase 5). Essa interessa principalmente le aziende di spedizione e di trasporto, i destinatari autorizzati (DA), gli speditori autorizzati (SA) nonché gli esportatori svizzeri.

I fornitori di software di sdoganamento garantiscono l’integrazione delle funzionalità di Passar nelle loro soluzioni. È altresì prevista una fase di transizione, durante la quale Passar 1.0 e NCTS rispettivamente e-dec Esportazione opereranno parallelamente. NCTS potrà continuare ad essere utilizzato al massimo fino alla fine di novembre 2023, mentre e-dec Esportazione sarà operativo fino alla fine di giugno 2024.

Cosa devono fare le aziende per utilizzare Passar?

A partire da gennaio 2023, l’UDSC contatterà direttamente le aziende interessate offrendo servizi di onboarding per la necessaria registrazione una tantum nell’ePortale federale. Ciò avverrà a fasi:

  • prima metà del 2023: attuali utenti NCTS in accordo con i rispettivi fornitori di software
  • a partire dalla seconda metà del 2023: attuali utenti di e-dec Export; su richiesta è possibile registrarsi prima.

Le aziende che attualmente utilizzano un software commerciale di sdoganamento per la gestione del transito e delle esportazioni possono contattare il proprio fornitore di software per ottenere informazioni specifiche.

Le informazioni più importanti su Passar 1.0 sono riassunte in questa scheda informativa. L’UDSC ha altresì approntato la seguente pagina informativa: www.passar.admin.ch.

Importazione e procedure speciali

Passar 1.0 non ha effetti sulle aziende che effettuano unicamente delle importazioni in Svizzera (importatori), le quali potranno continuare ad utilizzare le applicazioni e-dec Importazione ed e-dec web. Infatti, l’implementazione delle procedure di importazione così come quella delle altre procedure doganali avverrà solo con Passar 2.0 rispettivamente Passar 3.0, a partire dal 2025.