Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità

Diverse richieste di aziende con sede in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti, interessate a prodotti attualmente oggetto di misure restrittive nei confronti della Russia, fanno emergere lo spettro dell’elusione delle sanzioni.

Nei mesi scorsi ci sono state segnalate richieste da parte di aziende turche ed emiratine interessate all’acquisto di merci attualmente sottoposte a sanzioni se destinate al mercato russo. L’ipotesi più accreditata è che tali aziende rivendano in seguito le merci alla propria clientela russa, forti del fatto che i loro rispettivi Paesi non hanno imposto sanzioni nei confronti di tale Stato. Per le aziende svizzere si prospetta un rischio elevato di elusione delle sanzioni attualmente in vigore nei confronti della Russia, e nello specifico dell’Ordinanza del 4 marzo 2022 che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina.

Infatti, l’ordinanza del 4 marzo prende esplicitamente in considerazione l’ipotesi di bypassare i divieti per il tramite dell’export indiretto e lo vieta espressamente con formulazioni tipo “sono vietati la vendita, la fornitura, l’esportazione e il transito di… destinati a persone fisiche o giuridiche o organizzazioni / a destinazione della Federazione Russa o per un uso nella Federazione Russa”.

Nel dubbio, si consiglia di richiedere alla controparte estera una dichiarazione di utilizzo finale (end user declaration), tramite la quale questa dichiara da un lato la destinazione d’uso e dall’altro se la merce viene rispedita. Stesso dicasi nel caso in cui il partner risieda in Svizzera o in un altro Paese, ma chiede di spedire la merce direttamente al suo cliente ubicato in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti.

Nel commercio estero, in base al principio della responsabilità individuale, è compito dell’azienda esportatrice effettuare le opportune verifiche (in gergo: controllo delle esportazioni) e ciò significa essenzialmente di essere in grado di rispondere alle domande “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”:

  • cosa si intende esportare: il prodotto figura in un elenco delle merci di cui è limitata o vietata l’esportazione?
  • chi è coinvolto: le parti coinvolte figurano in un elenco di persone fisiche e/o giuridiche sanzionate?
  • dove si vuole esportare: il Paese di destino è sottoposto a sanzioni o embarghi?
  • a che scopo: come viene impiegato il prodotto (in ambito civile vs. in ambito militare)?

Fermo restando che l’ente ultimo di riferimento è la Segreteria di Stato dell’economia SECO, il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti è volentieri a disposizione per i primi chiarimenti.

Si attira qui l’attenzione sul fatto che il mancato rispetto degli obblighi specifici in materia di controlli all’esportazione comporta rischi reali per le aziende: oltre al fermo della merce in dogana e al relativo sequestro, parliamo anche di danni reputazionali e, non da ultimo, di sanzioni amministrative e penali. Infatti, secondo la legge sugli embarghi (LemB, RS 946.231), le violazioni delle misure coercitive emanate dal Consiglio federale (leggi: sanzioni) sono perseguibili. Le pene massime sono 1 anno di detenzione o una multa fino a 500’000 franchi; in casi gravi 5 anni di detenzione e una multa fino a 1 milione di franchi. Anche il mero tentativo e la complicità sono punibili, così come se il reato è commesso per negligenza. Il perseguimento di eventuali violazioni della LemB spetta alla SECO nel quadro del diritto penale amministrativo.

Chi è ritenuto responsabile? Secondo la LemB, alle infrazioni commesse nelle aziende è applicabile l’articolo 6 della legge federale sul diritto penale amministrativo e la responsabilità delle violazioni è sia della persona fisica che l’ha commessa, sia del management dell’azienda.

Imballaggi destinati al mercato italiano: etichetta ambientale obbligatoria

A prescindere da ogni altro obbligo di etichettatura relativo ai prodotti ivi contenuti, dal 1° gennaio 2023 sugli imballaggi destinati al consumo in Italia devono essere indicate anche le modalità di raccolta e smaltimento ai fini ambientali.

Il 1° gennaio 2023 è entrato in vigore in Italia il Decreto legislativo 116/2020 che modifica l’art. 219, comma 5 del Decreto legislativo 152/2006 e stabilisce che “tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 129/97/CE della Commissione”.

Stando a quanto decretato dal legislatore italiano, gli imballaggi (primari, secondari, terziari) immessi al consumo dopo il 1° gennaio 2023 devono pertanto essere muniti di etichettatura così composta (requisiti minimi obbligatori):

  • natura dei materiali utilizzati
  • indicazione sul tipo di raccolta

Si consiglia altresì di indicare la tipologia di imballaggio e i suggerimenti per una raccolta differenziata di qualità.

Il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti ha predisposto una breve scheda informativa che sintetizza la tematica e fornisce documenti e link utili. La scheda è riservata agli associati e può essere richiesta a: Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch

Austria, legge sugli imballaggi: nuovi obblighi dal 2023

Dal 1° gennaio 2023 in Austria vige l’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato per le aziende straniere che forniscono imballaggi o beni confezionati a consumatori finali privati tramite e-commerce.

In Austria, il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore una modifica al decreto austriaco sugli imballaggi (VerpackungsVO, VVO): in base all’art. 16b VVO in combinato disposto con l’art. 13g (cpv 1 riga 5) della legge sulla gestione dei rifiuti (Abfallwirtschaftsgesetz, AWG), le aziende straniere che non hanno una sede legale o uno stabilimento nel Paese e che, nel contesto di una vendita a distanza, forniscono imballaggi o beni confezionati a un consumatore finale privato sono assoggettate all’obbligo di nomina di un rappresentante autorizzato (Bevollmächtigter). L’atto di nomina deve essere autenticato da un notaio.

Il rappresentante autorizzato deve essere una persona fisica o giuridica con domicilio rispettivamente sede legale in Austria e con un indirizzo di consegna nel Paese. Esso è responsabile per l’adempimento degli obblighi di licenza di imballaggio dell’azienda straniera, ossia per la registrazione presso un sistema duale di raccolta e recupero, e funge da referente per le comunicazioni ufficiali. Deve altresì rilasciare le dichiarazioni obbligatorie sulla quantità di imballaggi.

Analogamente a quanto è avvenuto in Germania a luglio 2022, i marketplace online sono tenuti a verificare che i loro commercianti adempiano agli obblighi legali in Austria e siano registrati al sistema duale corrispondente. Se ciò non fosse il caso, dovranno escluderli dalla loro piattaforma.

Unione europea: arriva la carbon tax alla frontiera

A ottobre 2023 nell’Unione europea (UE) entrerà in vigore il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), che introdurrà una tassa sulle importazioni di talune merci ad alto contenuto di CO2. L’UE intende così equiparare il prezzo del carbonio tra i prodotti europei e i prodotti provenienti da Paesi con standard climatici più bassi, tutelare la competitività delle aziende europee ed evitare fenomeni di delocalizzazione dei processi produttivi più energivori e inquinanti. La misura sarà implementata gradualmente e prevede un periodo transitorio.

Traducendo nella pratica il principio “chi inquina paga”, nel 2005 l’Unione europea ha implementato il più grande sistema di tariffazione del carbonio al mondo: il sistema di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (SSQE, o più comunemente ETS). Con la fissazione dei prezzi delle emissioni di CO2 l’UE ha incoraggiato la decarbonizzazione industriale, aumentando però allo stesso tempo anche il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e di importazione di prodotti esteri più economici non soggetti a un prezzo del carbonio nel Paese di origine. L’UE ha pertanto attenuato questi rischi concedendo quote gratuite e compensazioni per l’incremento dei costi dell’energia elettrica.

L’aumento delle ambizioni climatiche e dei prezzi del carbonio, hanno poi spinto la Commissione a voler eliminare gradualmente le assegnazioni gratuite e a cercare nuove soluzioni. A luglio 2021, ha quindi annunciato una serie di proposte – note anche come pacchetto “Fit for 55” o “Pronti per il 55%” – per realizzare il Green Deal, impegnandosi a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tra queste proposte figurava anche l’introduzione graduale di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) per alcune importazioni da Paesi terzi.

Commissione europea e Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo sul CBAM martedì 13 dicembre 2022. La nuova legge è la prima del suo genere ed è stata concepita per essere pienamente conforme alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Essa si applicherà a partire dal 1° ottobre 2023, con un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2025 in cui gli obblighi degli importatori europei saranno limitati alla presentazione di relazioni.

Per evitare una doppia protezione delle industrie dell’UE, la durata del periodo di transizione e la piena introduzione del CBAM saranno legate alla graduale eliminazione delle quote gratuite nell’ambito del sistema ETS. Questo aspetto è stato negoziato nel corso della settimana successiva alla conclusione dell’accordo sul CBAM e sabato 17 dicembre è stata decisa la riforma dell’ETS. Nello specifico, la grande industria e il settore dell’energia dovranno diminuire le proprie emissioni del 62% rispetto al 2005 (anno in cui il sistema ETS ha iniziato a funzionare). Le quote gratuite nell’ambito del sistema ETS saranno eliminate gradualmente:

202620272028202920302031203220332034
2.5%5%10%22.5%48.5%61%73.5%86%100%

Dal 1° gennaio 2026, il CBAM entrerà a regime gradualmente e alla stessa velocità con cui saranno eliminate le quote gratuite del sistema ETS, per essere poi completamente operativo entro il 31 dicembre 2034.

Sebbene Consiglio e Parlamento abbiano pubblicato dei comunicati stampa che illustrano il loro accordo (cfr. sopra), i testi del regolamento CBAM e della direttiva ETS così come concordati dalle due istituzioni non sono ancora stati resi pubblici. Affinché la nuova legge possa entrare effettivamente in vigore, i testi definitivi richiedono l’adozione formale da parte del Parlamento e del Consiglio e la loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’UE. Nel frattempo, la proposta di regolamento CBAM nella sua versione più attuale è visionabile qui: Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 22 giugno 2022, alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.

I settori interessati

Il CBAM coprirà inizialmente ferro e acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno, nonché alcuni precursori e un numero limitato di prodotti a valle (come viti e bulloni e articoli simili in ferro o acciaio). I beni toccati dalla misura sono identificati chiaramente tramite il loro codice merceologico (nomenclatura combinata, NC). Anche le emissioni indirette saranno incluse in modo ben circoscritto.

Prima della fine del periodo di transizione, la Commissione valuterà l’estensione del campo di applicazione a un maggior numero di prodotti lungo la catena di approvvigionamento, tra cui i prodotti chimici organici e i polimeri, con l’obiettivo di includere tutti i beni coperti dal sistema ETS entro il 2030.

Funzionamento del CBAM

In sostanza, la carbon tax coprirà le importazioni della tipologia di merci sopra elencate originarie dei Paesi terzi che non partecipano al sistema ETS o a un meccanismo collegato.

In una prima fase transitoria che inizierà a ottobre 2023 e fino alla piena operatività del meccanismo, gli importatori attivi nei settori sopra elencati saranno soggetti a un obbligo di comunicazione trimestrale dei quantitativi di merci importate e delle loro emissioni dirette e indirette di CO2[i] nonché del prezzo del carbonio pagato all’estero, senza però compensare a livello finanziario le emissioni. Non appena il CBAM diventerà pienamente operativo, le aziende che importano nell’UE i prodotti in oggetto dovranno registrarsi presso le autorità competenti (diventando “dichiaranti autorizzati”) e acquistare certificati di carbonio (quote CBAM) corrispondenti al prezzo del carbonio che avrebbero pagato per produrre le merci su suolo europeo.

Implicazioni per le aziende svizzere

Il CBAM si applicherà a tutte le importazioni dei prodotti elencati, ad eccezione di quelle originarie di Paesi che partecipano all’ETS dell’UE o ad esso pienamente legati. Tra questi Paesi figura anche la Svizzera[ii], che ha un suo ETS collegato a quello dell’UE (e finché i due ETS resteranno connessi[iii]).

Ciò malgrado, il CBAM potrebbe comunque applicarsi alle aziende svizzere

  • se esportano verso l’UE prodotti di origine terza (saranno infatti chiamate a fornire ai loro importatori europei i dati necessari, rispettivamente dovranno richiedere i relativi dati ai loro fornitori)
  • se agiscono in qualità di importatori nell’UE
  • nel caso di un loro coinvolgimento in pratiche di elusione.

Un ETS II per gli edifici e i trasporti

Entro il 2027 sarà istituito un ETS separato (“ETS II”) per i carburanti per il trasporto su strada e per gli edifici, che imporrà un prezzo alle emissioni di questi settori. Il sistema è studiato per incidere sui fornitori di carburanti e non sulle economie domestiche e, per proteggere i cittadini, potrebbe essere posticipato al 2028 se i prezzi dell’energia saranno troppo elevati.

Il vostro contatto in Cc-Ti per ulteriori ragguagli:
Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale, T +41 91 911 51 35, zurfluh@cc-ti.ch


 

NOTE

[i] Le emissioni di CO2 dirette derivano dal processo produttivo, le emissioni indirette derivano dall’elettricità consumata durante la produzione.

[ii] cfr. proposta di regolamento

[iii] Iniziativa parlamentare del 18.03.2021 21.432 | Creare le basi per un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera | Oggetto | Il Parlamento svizzero, a cui è stato dato seguito il 25.04.2022 dalla Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia CN.

Traffico merci e Passar 1.0: cosa bisogna sapere

Il 1° giugno 2023, l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) metterà in funzione la prima versione del nuovo sistema di gestione del traffico merci “Passar”, che sostituirà gradualmente le attuali applicazioni NCTS ed e-dec.

L’entrata in funzione del nuovo sistema del traffico merci “Passar”, volto a sostituire gradualmente le attuali applicazioni NCTS ed e-dec per il trasporto merci, costituisce un’importante pietra miliare nel programma DaziT di trasformazione digitale della dogana.

La prima versione di Passar (Passar 1.0), che sarà in funzione dal 1° giugno 2023, riguarda il transito e l’esportazione e implementa il nuovo formato di annuncio dell’UE (NCTS Fase 5). Essa interessa principalmente le aziende di spedizione e di trasporto, i destinatari autorizzati (DA), gli speditori autorizzati (SA) nonché gli esportatori svizzeri.

I fornitori di software di sdoganamento garantiscono l’integrazione delle funzionalità di Passar nelle loro soluzioni. È altresì prevista una fase di transizione, durante la quale Passar 1.0 e NCTS rispettivamente e-dec Esportazione opereranno parallelamente. NCTS potrà continuare ad essere utilizzato al massimo fino alla fine di novembre 2023, mentre e-dec Esportazione sarà operativo fino alla fine di giugno 2024.

Cosa devono fare le aziende per utilizzare Passar?

A partire da gennaio 2023, l’UDSC contatterà direttamente le aziende interessate offrendo servizi di onboarding per la necessaria registrazione una tantum nell’ePortale federale. Ciò avverrà a fasi:

  • prima metà del 2023: attuali utenti NCTS in accordo con i rispettivi fornitori di software
  • a partire dalla seconda metà del 2023: attuali utenti di e-dec Export; su richiesta è possibile registrarsi prima.

Le aziende che attualmente utilizzano un software commerciale di sdoganamento per la gestione del transito e delle esportazioni possono contattare il proprio fornitore di software per ottenere informazioni specifiche.

Le informazioni più importanti su Passar 1.0 sono riassunte in questa scheda informativa. L’UDSC ha altresì approntato la seguente pagina informativa: www.passar.admin.ch.

Importazione e procedure speciali

Passar 1.0 non ha effetti sulle aziende che effettuano unicamente delle importazioni in Svizzera (importatori), le quali potranno continuare ad utilizzare le applicazioni e-dec Importazione ed e-dec web. Infatti, l’implementazione delle procedure di importazione così come quella delle altre procedure doganali avverrà solo con Passar 2.0 rispettivamente Passar 3.0, a partire dal 2025.

Esportazione temporanea: l’uso del Carnet ATA (parte 2)

Il Carnet ATA è un documento doganale ufficiale con validità massima di un anno utilizzato per l’esportazione temporanea di merci. Cosa succede se la scadenza non viene rispettata? E se si perde il documento o la merce viene rubata? Ecco a cosa prestare attenzione durante il suo utilizzo.

Il Carnet ATA (acronimo delle parole francesi e inglesi “Admission temporare / Temporary Admission”) è un documento doganale internazionale che consente l’introduzione temporanea di merci in determinati Paesi senza dover pagare dazi e tasse, semplificando così il passaggio alla frontiera e riducendo i tempi di sdoganamento. Le categorie di merci per le quali è consentito l’uso del Carnet ATA sono state illustrate nell’articolo “Il Carnet ATA e il suo utilizzo (parte 1)”.

La scadenza

Un aspetto a cui prestare particolare attenzione durante l’utilizzo del Carnet ATA è la sua scadenza: infatti, il Carnet ha una durata massima di un anno dalla data del rilascio e non è prorogabile. È pertanto imperativo che esso venga timbrato dalle dogane entro la scadenza indicata sulla copertina del documento.

In alcuni casi è possibile che la dogana estera anticipi la scadenza del Carnet ATA (indicando sulla souche di importazione la nuova data stabilita per la riesportazione). Tale data deve essere rispettata.

Una volta eseguito l’ultimo viaggio, e quindi espletate le procedure di riesportazione e reimportazione in Svizzera, il Carnet ATA andrà consegnato al più presto alla propria Camera di commercio per il controllo dei timbri e la relativa chiusura.

Se la data di scadenza indicata sul Carnet non viene rispettata, le dogane non lo potranno più timbrare e di conseguenza il Carnet ATA risulterà “mal scaricato” per mancanza dei timbri di riesportazione da parte della dogana estera e di reimportazione in Svizzera. In tal caso bisognerà procedere con lo sdoganamento e con il pagamento degli eventuali dazi di reimportazione in Svizzera. La Camera di commercio, d’altro canto, non potrà procedere con la chiusura del documento, ma dovrà “bloccare” il Carnet ATA per un anno e mezzo dalla data di scadenza (periodo durante il quale la dogana estera potrà inviare dei reclami).

Furto o smarrimento del Carnet rispettivamente della merce

In caso di smarrimento o furto del Carnet ATA quando la merce è ancora all’estero, è necessario sporgere denuncia alle autorità competenti e presentarla alla propria Camera di commercio, che provvederà a rilasciare un Carnet ATA sostitutivo (un duplicato che ha lo stesso numero di registrazione e la stessa validità). Se il furto o lo smarrimento del Carnet ATA avviene a viaggio concluso, quindi quando la merce è già stata reimportata in Svizzera, il titolare dovrà presentare la denuncia alla propria Camera di commercio. La Camera di commercio terrà in sospeso il Carnet per un anno e mezzo dalla data di scadenza. Questo perché non è possibile verificare immediatamente i timbri presenti sulle souche.

Un altro aspetto da non sottovalutare durante il viaggio con il Carnet ATA è il furto o lo smarrimento della merce all’estero. In tal caso, il titolare del Carnet ATA dovrà innanzitutto sporgere denuncia alle autorità competenti. In mancanza della merce, il documento non potrà essere timbrato dalle autorità doganali e resterà bloccato presso la Camera di commercio per un anno e mezzo dalla data di scadenza.

Carnet CPD Taiwan

Sulla base di un accordo concluso tra la Svizzera e Taiwan ed entrato in vigore il 1° luglio 1993, a differenza di quanto accade per la Cina continentale, per il traffico fra i due Paesi è necessario utilizzare il cosiddetto “Carnet CPD Taiwan”, la cui copertina anteriore e posteriore nonché il foglio della matrice sono di color salmone.

Analogamente al Carnet, il Carnet CPD Taiwan consente di esportare temporaneamente merci a Taiwan in occasione di mostre e fiere oppure per l’utilizzo di campioni commerciali e di materiale professionale.

Se oltre a Taiwan, la merce viene utilizzata temporaneamente anche in Paesi firmatari della Convenzione ATA, è necessario utilizzare contemporaneamente sia il Carnet ATA sia il CPD Taiwan. Le informazioni fornite sui due libretti (titolare, rappresentante, elenco merci) devono corrispondere esattamente.

Se all’atto della reimportazione della merce viene presentato soltanto uno dei due libretti, l’autorità doganale lo scaricherà solo con riserva. Entro 60 giorni il libretto mancante dovrà essere presentato all’autorità competente per lo scarico.

Garanzia per il rilascio

Il rilascio del Carnet ATA è subordinato alla presentazione da parte del richiedente di una garanzia.

Questa può essere depositata a contanti (fino ad un valore massimo di CHF 5’000. -), versata su conto postale o tramite fideiussione bancaria/assicurativa. È possibile stipulare anche una garanzia globale bancaria o assicurativa.

Un nuovo stress test per le PMI europee, e non

Nonostante il rapido susseguirsi di crisi, le piccole e medie imprese europee danno prova di resistenza. La prossima sfida è però all’orizzonte: l’Unione europea è in stallo e l’economia tedesca, locomotiva del mercato unico, sta attraversando grandi difficoltà. Spunta lo spettro della recessione.

Le PMI sono la spina dorsale dell’economia europea, proprio come in Svizzera, e la loro condizione riflette quella dell’intero sistema economico. Negli ultimi due anni, il susseguirsi delle crisi le ha messe sotto pressione, ma l’ultimo indice della produzione industriale pubblicato a novembre da Eurostat, ha evidenziato un aumento della produzione a settembre sia nella zona euro sia nell’UE (del 0,9% in entrambi i casi rispetto ad agosto e del 4,9% rispettivamente 5,7% rispetto a settembre 2021, dati destagionalizzati).

Gli shock scatenati dalla guerra in Ucraina stanno però intaccando la domanda globale e rafforzando le pressioni inflazionistiche. L’inflazione, trainata principalmente dai prezzi elevati dell’energia e dei prodotti alimentari ha raggiunto livelli record nell’UE e ciò si è riflettuto sul clima delle imprese europee, che è diminuito ad ottobre, toccando il livello più basso da agosto 2020. A causa del netto peggioramento del portafoglio ordini complessivo e dell’aumento delle scorte di prodotti finiti, la fiducia del comparto industriale sta crollando.

Impennano inflazione e costo dell’energia

Ad ottobre, il tasso d’inflazione annuo ha raggiunto il 10,6% nella zona euro e l’11,5% nell’UE, con notevoli differenze tra i vari Stati membri. I tassi annui più elevati (oltre il 21%) si registrano nei Paesi baltici e in Ungheria, mentre Francia, Spagna e Malta riescono a contenere meglio il fenomeno (tra il 7,1% e il 7,3%). Il contributo maggiore al tasso di inflazione annuo della zona euro è venuto dall’energia (+4,44 punti percentuali), seguito da alimentari, alcol e tabacco (+2,74), servizi (+1,82) e beni industriali non energetici (+1,62).

La recessione è dietro l’angolo, o è già arrivata

L’economia tedesca occupa una posizione di primo piano in Europa ed è un indicatore fondamentale per capire l’evoluzione dell’economia europea. A sorpresa, secondo una prima stima dell’Ufficio federale di statistica tedesco, nel terzo trimestre l’economia del Paese è cresciuta dello 0,3%, continuando a reggere nonostante tutto. La performance è però basata principalmente sulla spesa per consumi privati. Gli economisti non credono che una recessione possa essere evitata, anzi, il forte consumo sembra piuttosto essere “la calma prima della tempesta”: l’inflazione elevata (10,4% in ottobre) sta erodendo il potere d’acquisto dei consumatori e tutto fa pensare a una contrazione della produzione economica a breve.

La crescente preoccupazione per una recessione emerge anche dai risultati dell’ultima indagine globale sulle prospettive di business delle imprese tedesche condotta dall’Associazione delle Camere di commercio e industria tedesche, che evidenzia però anche il minore pessimismo e la maggiore fiducia delle filiali estere rispetto alle case madri ubicate in patria o le consorelle in Europa. Detto ciò, in linea con le fosche aspettative, anche le loro intenzioni in materia di investimento e di occupazione stanno calando.

Germania e Italia: crescita negativa

A livello globale, le previsioni di ottobre del Fondo Monetario Internazionale (FMI) non lasciano dubbi sugli sviluppi futuri: la crescita globale dovrebbe rallentare al 3,2% nel 2022 e al 2,7% nel 2023. Circa un terzo dell’economia mondiale sta affrontando due trimestri consecutivi di crescita massicciamente ridotta e due trimestri di PIL negativo significano niente meno che recessione. Il rallentamento della crescita colpirà più duramente gli Stati Uniti (1% di crescita nel 2023) e la zona euro (0,5%), dove a soffrire di più saranno altri due partner commerciali principali della Svizzera: Germania e Italia, la prima deve attendersi una crescita negativa del -0,3% e la seconda del -0,2% nel 2023.

Com’è messa la Svizzera?

Secondo l’ultima fotografia effettuata da Swissmem, la principale associazione dell’industria metalmeccanica ed elettrica svizzera, la situazione del comparto è ancora buona: grazie ad un primo semestre forte, il fatturato nei primi nove mesi del 2022 è aumentato del +9,6% rispetto allo stesso periodo del 2021, le esportazioni del +7,0% e le commesse del +2,3%. Il terzo trimestre ha tuttavia fatto segnare un’importante inversione di tendenza per quanto riguarda le nuove commesse, diminuite del -12,4% rispetto allo stesso trimestre del 2021 e del -21,1% rispetto al secondo trimestre del 2022. Da due mesi l’indice dei responsabili degli acquisti industriali (PMI) segna però chiaramente una flessione nella maggior parte dei mercati. Le prospettive si fanno più cupe e le aziende MEM sono più pessimiste, tanto che un terzo prevede una diminuzione degli ordini dall’estero nei prossimi dodici mesi (2021: 13%).

Sebbene la situazione delle aziende rimanga prevalentemente buona anche negli altri settori, l’indicatore della situazione economica per il settore privato svizzero, elaborato dal Centro di ricerca congiunturale (KOF) del Politecnico di Zurigo, è sceso significativamente in ottobre, confermando i segnali di rallentamento dell’attività del comparto manifatturiero e il calo nei servizi finanziari e assicurativi, nel commercio all’ingrosso, (leggermente) nel settore del commercio al dettaglio e nel settore dell’ingegneria. Unica eccezione: la discreta performance del settore delle costruzioni.

Come si presenta la situazione in Ticino? Secondo una prassi decennale consolidata, la Cc-Ti ha condotto la sua inchiesta congiunturale tra gli associati, aziende di tutti i settori economici, dimensioni e distretti cantonali. I risultati saranno pubblicati a breve.

Posticipato l’obbligo di marcatura UKCA in Gran Bretagna

Il governo britannico ha nuovamente posticipato l’obbligo di marcatura UKCA per la maggior parte dei prodotti industriali, estendendo di due anni il riconoscimento del marchio CE. Il nuovo termine per l’applicazione obbligatoria del marchio UKCA è stato fissato al 1° gennaio 2025.

Le aziende che intendono immettere sul mercato britannico (Inghilterra, Scozia, Galles) i loro prodotti dovranno obbligatoriamente applicare il nuovo marchio UKCA (UK Conformity Assessed) solo a partire dal 1° gennaio 2025 e non più dal 1° gennaio 2023 come previsto in precedenza. La decisione è stata presa per dare “a migliaia di aziende la libertà di concentrarsi sulla crescita”, così recita il comunicato stampa del 14 novembre 2022 del Dipartimento per l’energia, le imprese e la strategia (BEIS).

A partire dal 1° gennaio 2025, la sola marcatura CE non sarà più accettata. Nulla vieta tuttavia che i prodotti immessi nel mercato britannico, debitamente marcati UKCA, presentino al contempo la marcatura CE. Essi devono però rispettare le norme vigenti e i requisiti di visibilità del marchio UKCA.

I prodotti marcati CE ed importati in Gran Bretagna entro il 31 dicembre 2024 sono considerati immessi sul mercato e non devono essere sottoposti a nuovi test, certificazioni o etichettature. Va tuttavia conservata la documentazione a dimostrazione che i prodotti sono stati importati nel Paese prima di tale data.

Si segnala infine che:

  • in diversi ambiti, tra cui ad esempio i dispositivi medici, i prodotti ferroviari, i prodotti da costruzione, le funivie, le attrezzature a pressione trasportabili e gli esplosivi civili vigono disposizioni specifiche;
  • l’Irlanda del Nord beneficia di un regime differente e continua a seguire talune regole del mercato unico europeo e nello specifico a sottostare alla marcatura CE.

Accordo CH-UK sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità

Nell’ambito dell’Accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito, entrato in vigore il 1° gennaio 2021, i due Paesi hanno convenuto un accordo sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità per i veicoli a motore, la buona prassi di laboratorio (BPL) e le ispezioni della buona pratica di fabbricazione (GMP) e certificazione delle partite dei medicinali. In data 17 novembre 2022 i due Paesi hanno sottoscritto un nuovo accordo che estende il reciproco riconoscimento delle valutazioni della conformità a cinque ulteriori categorie di prodotti: apparecchi a pressione portatili, apparecchiature radio, materiale elettrico e compatibilità elettromagnetica (EMC), apparecchi che emettono rumori destinati a funzionare all’aperto e strumenti di misurazione.

Ulteriori ragguagli sulla marcatura UKCA e sulla valutazione della conformità in Gran Bretagna sono disponibili nell’AREA SOCI o contattando il Servizio Commercio internazionale (T+41919115135, internazionale@cc-ti.ch).

Egitto – posticipo sistema ACI a data da definirsi

Il governo egiziano ha deciso di posticipare nuovamente l’applicazione obbligatoria del sistema ACI (Advance Cargo Information) per le merci trasportate per via aerea, estendendo ulteriormente il periodo di prova iniziato a maggio.

Il sistema “Advanced Cargo Information” (ACI) è una procedura telematica introdotta lo scorso anno dal governo egiziano allo scopo di dematerializzare i documenti e semplificare nonché velocizzare le procedure di svincolo delle merci. Tale sistema consente infatti la registrazione anticipata delle informazioni relative alle spedizioni e nel contempo di verificare esportatori e importatori attraverso un unico portale online.

Operativo e obbligatorio sin dal 1° ottobre 2021 per le spedizioni via mare, dal 1° gennaio 2023 sarebbe dovuto entrare in vigore anche per gli invii effettuati per via aerea. Ora il governo egiziano ha però deciso di posticiparne l’applicazione obbligatoria a data da definirsi, ovvero “fino a quando le condizioni economiche globali non si stabilizzeranno”.

Per maggiori ragguagli sull’Advance Cargo Information si rinvia all’articolo Egitto: spedizioni aeree solo con pre-dichiarazione ACI – Cc-Ti.

Aggiornate le istruzioni sulle prove dell’origine

In data 17 novembre 2022, l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha aggiornato le istruzioni concernenti il rilascio e l’impiego delle prove dell’origine.

L’aggiornamento riguarda il sistema di preferenze generalizzate (SPG) e in particolare la trasmissione del carattere originario e la quota parte del Paese in riferimento alla Turchia.

Il documento può essere scaricato in formato pdf qui.