R&S farmaceutica e controllo dell’export

La ricerca farmaceutica è interessata da numerose normative sul controllo delle esportazioni, la cui analisi fornisce importanti indicazioni in merito all’assoggettamento o meno a tali controlli. L’attuazione pratica dei controlli richiesti all’inizio e nel corso dell’intero progetto dipende dalle procedure aziendali, non deve tuttavia mancare l’obiettivo principale: conciliare la conformità in materia di controllo delle esportazioni e le misure di sicurezza con gli obiettivi aziendali. Il controllo riguarda il contenuto del progetto stesso, i partecipanti al progetto interni all’azienda e presso il partner di cooperazione esterno, il quadro concordato per il trasferimento tecnologico e la stesura del contratto per quanto attiene alla riservatezza o alla pubblicazione dei risultati.

Gli aspetti legali e pratici del controllo delle esportazioni in relazione alla ricerca farmaceutica in azienda e le definizioni fornite nei quadri normativi svizzero, americano ed europeo sono stati illustrati nel dettaglio da Nora Bartos, Legal Counsel Export Control & Economic Sanctions del Gruppo Roche nell’articolo “Forschung im Unternehmen – rechtliche und praktische Aspekte der Exportkontrolle” apparso sull’ultimo numero (1/2023) della rivista Zoll + MWST Revue | Revue Douanière + TVA.

Zoll + MWST Revue | Revue Douanière + TVA è una rivista trimestrale specialistica che dal 2016 si rivolge a professionisti attivi negli ambiti consulenza, economia, industria e amministrazione. Essa fornisce informazioni fondate sugli ultimi sviluppi giuridici, sui cambiamenti nella prassi amministrativa e sulle sentenze giudiziarie rilevanti, con un occhio di riguardo alla quotidianità professionale.

Per gentile concessione di Zoll + MWST Revue | Revue Douanière + TVA, la Cc-Ti cura la traduzione in italiano di articoli selezionati, che mette gratuitamente a disposizione dei propri associati sotto forma di scheda informativa. È quanto avvenuto con l’articolo di Nora Bartos sul controllo delle esportazioni in relazione con la ricerca farmaceutica.

La scheda informativa “La ricerca in azienda: aspetti legali e pratici del controllo delle esportazioni” può essere richiesta tramite e-mail a Monica Zurfluh, responsabile Servizio Commercio internazionale, zurfluh@cc-ti.ch. Il documento è destinato unicamente agli associati.

Algeria: codice a barre obbligatorio

Dal 29 marzo 2023 in Algeria vige l’obbligo di apposizione del codice a barre sui prodotti destinati al consumo umano. Sono soggetti a tale obbligo i prodotti destinati alla rivendita senza trasformazione.

L’obbligo è conforme al decreto interministeriale del 16 febbraio 2021 recante regolamenti tecnici che fissano le condizioni e le modalità di applicazione del codice a barre sui prodotti destinati al consumo umano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 marzo 2021. Sono soggetti a tale obbligo i prodotti alimentari e non alimentari preimballati, fabbricati in loco o importati, destinati alla rivendita senza subire ulteriori trasformazioni.

Il codice a barre deve essere rilasciato da un’organizzazione accreditata nel Paese esportatore. Per quanto riguarda l’Algeria, il Governo algerino ha autorizzato in tal senso la società GS1 Algeria.

Fonte: Important Notice to Producers and Importers (caci.dz)

Chi guida la corsa alle tecnologie critiche?

Diciamolo subito: nota per essere sempre stata alla ricerca di qualsiasi nuova tecnologia occidentale da copiare o migliorare, la Cina domina ora sugli Stati Uniti nella maggior parte dei settori ad alta tecnologia e “le democrazie occidentali stanno perdendo la competizione tecnologica globale, compresa la corsa alle scoperte scientifiche e di ricerca, e la capacità di trattenere i talenti globali – ingredienti cruciali alla base dello sviluppo e del controllo delle tecnologie più importanti del mondo, incluse quelle che ancora non esistono”. È quanto emerge dal Critical Technology Tracker – The global race for future power, uno studio del think tank australiano ASPI finanziato nientemeno che dal Dipartimento di Stato statunitense.

In breve: gli americani potrebbero anche limitare la capacità dei cinesi di produrre chip avanzati, vedi bloccare il trasferimento di tecnologie, e sovvenzionare la produzione nazionale per massimizzare la distanza tecnologica tra i due Paesi, ma come evidenzia l’Australian Strategic Policy Institute (ASPI) nel suo Critical Technology Tracker, la Nazione asiatica sta avanzando nella corsa al dominio tecnologico globale molto più rapidamente di quanto si possa pensare e di fatto ha già gettato le basi per posizionarsi quale superpotenza scientifica e tecnologica del mondo, stabilendo una leadership nella ricerca ad alto impatto nella maggior parte dei settori tecnologici critici ed emergenti (tra cui difesa, spazio, robotica, energia, ambiente, biotecnologia e intelligenza artificiale) e nello specifico in 37 delle 44 tecnologie valutate. Le sette rimanenti sono guidate dagli Stati Uniti (vaccini, computer, calcolo quantistico, sistemi di lancio orbitale nello spazio, progettazione di circuiti, sistemi di riconoscimento linguistico e piccoli satelliti, informatica ad alte prestazioni, informatica quantistica, vaccini). Ma c’è di più, la Cina ha un vantaggio a “rischio monopolio alto” in sette ambiti: materiali e produzione su scala nanometrica, tecnologie di rivestimento, comunicazioni RF avanzate (incl. 5G e 6G), idrogeno e ammoniaca per l’energia, supercondensatori, batterie elettriche, biologia sintetica e sensori fotonici. In questo mondo bipolare tendente all’unipolarismo c’è ben poco spazio per gli altri Paesi. In ordine di importanza, e seppur distanziate dalle prime due, le uniche Nazioni ad essere menzionate nella speciale classifica delle eccellenze nella ricerca tecnologica sono India e Regno Unito, seguite da Corea del Sud, Germania, Australia, Italia e Giappone.

Gli americani mantengono una lunghezza di vantaggio in alcune tecnologie mature e sono leader non solo in ambito digitale e della difesa, ma anche nelle biotecnologie e altri settori. Dispongono inoltre di università e laboratori di richiamo mondiale, di alti livelli di investimento, di un mercato favorevole all’innovazione e di un’ampia rete di alleanze internazionali. Il Paese di Mezzo è però sede dei dieci principali istituti di ricerca al mondo per alcune tecnologie fondamentali e spesso produce una quantità di ricerca ad alto impatto cinque volte superiore a quella americana. Un dato, questo, da non sottovalutare, anche se trasformare le scoperte della ricerca in successi produttivi “made in China” è ben più complicato: ad esempio, nonostante gli investimenti da parte cinese per padroneggiare tecnologie come i motori a reazione, i suoi ingegneri hanno faticato per decenni per produrli, motivo per cui l’aviazione commerciale e militare continua per lo più a far capo a fornitori stranieri.

Gli Stati Uniti dominano anche nella ricerca sull’informatica quantistica, ma la Nazione asiatica li insegue primeggiando nella crittografia post-quantistica, nelle comunicazioni quantistiche e nella ricerca sui sensori quantistici. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, gli americani si affermano sì nella progettazione di circuiti integrati avanzati, nell’elaborazione del linguaggio e nel calcolo ad alte prestazioni, ma i cinesi capeggiano nelle comunicazioni a radiofrequenza avanzate come il 5G e il 6G, oltre che in molte altre aree. Il Paese di Mezzo sta inoltre superando gli Stati Uniti in tutte le aree di ricerca sulle tecnologie energetiche e ambientali ed è leader in tecnologie come i droni, i sistemi autonomi e l’ipersonica. Svolge inoltre un ruolo cruciale nella transizione verso l’energia pulita, perché produce molti prodotti essenziali e opera su una scala così vasta da dominare alcune parti delle catene di approvvigionamento, quali ad esempio i settori eolico, solare e delle batterie. Ha costruito questo vantaggio per decenni, dominando la capacità di lavorazione e raffinazione di tali prodotti. Per gli Stati Uniti, e più in generale l’Occidente, cancellare questa dipendenza richiederà uno sforzo a lungo termine.

Il think tank australiano sottolinea infine come la leadership cinese sia un problema, non solo per la posizione dominante in sé e la sua capacità di stabilire una morsa sulle catene di fornitura globali per le tecnologie critiche, che le conferiscono una potente leva e un chiaro vantaggio tecnico, ma anche perché a lungo termine tale dominio potrebbe “spostare non solo lo sviluppo e il controllo tecnologico, ma anche il potere e l’influenza globale verso uno Stato autoritario in cui lo sviluppo, la sperimentazione e l’applicazione di tecnologie emergenti, critiche e militari non sono aperti e trasparenti e non possono essere scrutati dalla società civile e dai media indipendenti”. Tra le raccomandazioni fornite per contrastare la leadership della Nazione asiatica figurano l’istituzione di fondi sovrani per finanziare la ricerca e lo sviluppo, l’agevolazione di visti tecnologici, il “friend-shoring”, le sovvenzioni per la R&S tra nazioni e il perseguimento di nuovi partenariati pubblico-privato.

Preferenze doganali: aggiornato l’elenco dei valori limite

L’elenco dei valori limite in valuta estera e in franchi svizzeri nel quadro delle preferenze doganali è stato aggiornato (LB).

L’elenco dei valori limite validi dal 27 marzo 2023 può essere scaricato dal sito web dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) al seguente link: UDSC – Elenco dei valori limite

Cosa fare se la banca non finanzia l’export?

Il sistema bancario di molti Paesi non funziona bene come in Svizzera e per le aziende più piccole attive nella distribuzione può essere difficile e oneroso ottenere un credito. Essere in grado di offrire ai propri partner commerciali una soluzione per finanziare i loro ordini di acquisto può quindi rappresentare un grande vantaggio. In tal senso, le aziende esportatrici svizzere possono avvalersi di una gamma crescente di servizi offerti dagli istituti finanziari.

Il nostro partner Switzerland Global Enterprise illustra in questo articolo (in inglese) le basi del finanziamento delle esportazioni e della copertura dei rischi.

Unione europea: la nozione di immissione sul mercato

La data di “immissione sul mercato” di un prodotto stabilisce il termine entro il quale il produttore deve poter dimostrare che tale prodotto soddisfa i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di consumatori e operatori. Quando un prodotto è considerato immesso sul mercato?

La corretta individuazione del momento della cosiddetta “immissione sul mercato” costituisce un aspetto importante per le aziende che operano nel mercato dell’Unione europea, indipendentemente dalla loro ubicazione (UE/extra-UE): a prescindere dalla loro origine, infatti, solo i prodotti conformi alla legislazione ad essi applicabile possono essere immessi sul mercato comunitario.

Una prima definizione di “immissione sul mercato” europeo è data dal Regolamento (CE) n. 765/2008: con tale nozione si intende “la prima messa a disposizione di un prodotto sul mercato comunitario”, ovvero “la fornitura di un prodotto per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato comunitario nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito”. Le stesse definizioni sono state riprese nel Regolamento (UE) n. 2019/1020 che ridefinisce la “messa a disposizione sul mercato” come “qualsiasi fornitura di un prodotto per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito”.

Su queste definizioni (e non solo) viene in ulteriore aiuto la Guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti, un documento della Commissione europea che, seppur puramente orientativo e non giuridicamente vincolante, contribuisce fattivamente a un’interpretazione e applicazione uniforme delle varie normative europee sui prodotti. Nella sua più recente edizione (2022), la Commissione europea offre infatti importanti precisazioni su questi concetti. Di seguito sono riassunti i punti principali.

La Guida blu (cf. sezioni 2.2 e 2.3) chiarisce innanzitutto che un prodotto è considerato come “immesso sul mercato” quando è messo a disposizione per la prima volta sul mercato unionale e che tale operazione è riservata al fabbricante o all’importatore. Qualsiasi operazione successiva, ad esempio da distributore a distributore o da distributore a utilizzatore finale, è definita “messa a disposizione”. Infine, la fornitura di un prodotto è considerata una messa a disposizione sul mercato comunitario esclusivamente quando il prodotto è inteso per l’uso finale nel mercato dell’UE: la fornitura di prodotti (per l’ulteriore distribuzione, per l’incorporazione in un prodotto finale, per l’ulteriore lavorazione o la raffinazione) allo scopo di esportare il prodotto finale fuori dal mercato comunitario non è considerata una messa a disposizione.

Il concetto di “immissione sul mercato” così come di “messa a disposizione” si riferisce poi a ogni singolo prodotto e non a una tipologia di prodotto, a prescindere dal fatto che questi sia stato fabbricato in esemplare unico o in serie. L’immissione sul mercato unionale può pertanto avvenire solo una volta per ogni singolo prodotto in tutta l’UE e non ha luogo in ciascuno Stato membro. Anche se una tipologia o un modello di prodotto è stato fornito prima dell’entrata in vigore di una nuova normativa che stabilisce nuovi requisiti obbligatori, i singoli esemplari della stessa tipologia o modello immessi sul mercato dopo che nuovi requisiti sono diventati applicabili devono conformarsi a questi ultimi.

Se i prodotti sono fabbricati su ordinazione, un’offerta o un accordo concluso prima che sia stata ultimata la fase di fabbricazione non possono essere considerati come una “immissione sul mercato”. È il caso, ad esempio, di un’offerta per fabbricare un prodotto conformemente a determinate specifiche concordate dalle parti contrattuali se il prodotto sarà fabbricato e consegnato solo in una fase successiva.

La Guida blu stabilisce altresì che i prodotti messi in vendita online o tramite altri canali di vendita a distanza sono considerati disponibili sul mercato dell’Unione se l’offerta è destinata agli utilizzatori finali dell’UE (cfr. sezione 2.4). Tali prodotti devono pertanto essere conformi alle norme UE applicabili e possono essere soggetti a controlli da parte delle autorità di vigilanza del mercato UE.

Prodotti importati da paesi extra-UE

La normativa europea si applica ai prodotti extra-UE quando essi sono messi a disposizione sul mercato comunitario per la prima volta (cfr. sezione 2.4). Essa si rivolge non solo ai prodotti di nuova fabbricazione, ma anche ai prodotti usati e di seconda mano.

Prima di raggiungere l’utilizzatore finale nell’UE, i prodotti provenienti da paesi extra-UE sono presentati in dogana nell’ambito della cosiddetta “procedura di immissione in libera pratica”. Scopo dell’immissione in libera pratica è l’espletamento di tutte le formalità di importazione in modo che i prodotti possano essere messi a disposizione sul mercato comunitario come qualsiasi prodotto fabbricato nell’UE. Di conseguenza, quando si presentano prodotti in dogana nell’ambito della procedura di immissione in libera pratica si può di norma ritenere che tali merci siano immesse sul mercato dell’UE e queste dovranno quindi essere conformi alla normativa unionale applicabile. Può però anche accadere che l’immissione in libera pratica e l’immissione sul mercato non avvengano contemporaneamente. L’immissione sul mercato è il momento in cui il prodotto è fornito per la distribuzione, il consumo o l’uso e può avvenire prima dell’immissione in libera pratica, ad esempio in caso di vendite online da parte di operatori extra-UE, anche se il controllo materiale della conformità dei prodotti può essere effettuato soltanto non appena i prodotti arrivano in dogana nell’UE.

I prodotti entrati nel territorio unionale e che richiedono un’ulteriore trasformazione per essere conformi alla normativa prodotto applicabile devono essere vincolati al regime doganale che consente tale lavorazione e possono essere dichiarati per la libera pratica solo dopo essere stati resi conformi.

Esempi pratici

La Guida blu analizza alcune casistiche sulla base di esempi pratici:

  • esempio di vendita di prodotto extra-UE ad un utilizzatore finale nell’UE: un’apparecchiatura a raggi X, fabbricata negli Stati Uniti, che è stata venduta a un ospedale nei Paesi Bassi il 15 marzo 2019 arriverà alla dogana olandese solo il 5 aprile 2019. Il prodotto è venduto dal fabbricante extra-UE direttamente al cliente UE tramite vendita a distanza.
    In questo caso la data dell’immissione sul mercato dell’apparecchiatura a raggi X è il 15 marzo 2019, data in cui l’utilizzatore finale nell’UE ha acquistato da un fabbricante extra-UE un prodotto già fabbricato e data in cui è stato effettuato e accettato l’ordine di un prodotto pronto per la spedizione (cfr. sezione 2.4);
  • esempio di vendita di prodotto extra-UE ad un importatore: una stampante fabbricata in Cina viene spedita nell’UE a un importatore spagnolo, per l’ulteriore distribuzione nell’UE, il 15 febbraio 2019, ed è immessa in libera pratica nell’UE il 15 marzo 2019. Il prodotto è fabbricato al di fuori dell’UE e immesso sul mercato unionale da un importatore. In questo caso la data di immissione sul mercato è il 15 marzo 2019, che corrisponde alla data di immissione in libera pratica. In genere si può dire che, nel caso di vendite ad un importatore, l’immissione nel mercato coincide con l’immissione in libera pratica (cfr. sezione 2.5);
  • esempio di vendita di prodotto extra-UE da fabbricare a utilizzatore finale nell’UE: una macchina completa viene ordinata da un utilizzatore finale dell’UE il 1° aprile 2019 sulla base di un’offerta/un modello contenuti in un catalogo. La macchina è successivamente fabbricata in Cina e spedita all’utilizzatore finale il 1° giugno 2019. Arriva in dogana il 20 giugno 2019. Il prodotto è venduto dal fabbricante extra-UE direttamente al cliente UE tramite vendita a distanza. In questo esempio la data dell’immissione sul mercato è il 1° giugno 2019, data in cui il prodotto che l’utilizzatore finale dell’UE ha acquistato da un fabbricante extra-UE è già fabbricato e pronto per la spedizione (cfr. sezione 2.4);
  • esempio di spedizione di prodotto extra-UE da fabbricare a un prestatore di servizi di logistica: il 15 marzo 2019 un fabbricante di giocattoli extra-UE spedisce a un prestatore di servizi di logistica 100 giocattoli dello stesso modello che sono immessi in libera pratica il 20 marzo 2019. Il fabbricante inizia a vendere tali prodotti sul proprio sito web a partire dal 1° aprile 2019. I prodotti sono fabbricati al di fuori dell’UE e materialmente trasferiti a un prestatore di servizi di logistica per essere distribuiti sul mercato unionale. In questo esempio la data di immissione sul mercato non è la data della vendita online, ma la data dell’immissione in libera pratica, ovvero il 20 marzo 2019 (cfr. sezione 2.4).

Link utili:

Requisiti dell’UE per i prodotti (europa.eu)

Elusione sanzioni Russia: nota delle autorità USA

Sono in aumento gli operatori che si avvalgono di intermediari per eludere le restrizioni verso la Russia. Per aiutare gli operatori economici ad individuare questi tentativi di elusione, le autorità americane hanno emanato una nota congiunta che riporta i segnali di allarme più comuni. Un documento utile anche alle aziende estere coinvolte nella riesportazione di beni o tecnologie USA o che utilizzano componenti o tecnologie di origine USA nei loro prodotti poiché assoggettate alle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni.

A fine gennaio, la Cc-Ti aveva segnalato l’emergenza di alcune pratiche di elusione delle sanzioni nei confronti della Russia.

Ad inizio marzo l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro, il Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del commercio e il Dipartimento della giustizia (DOJ) degli Stati Uniti hanno pubblicato un’interessante nota di conformità congiunta volta a dare un giro di vite all’utilizzo di intermediari per eludere le restrizioni verso la Russia.

Nella nota, le autorità americane sottolineano come la Russia utilizzi attivamente intermediari di terze parti e/o punti di trasbordo per aggirare le restrizioni e mascherare il coinvolgimento dei cosiddetti “cittadini specialmente designati e persone bloccate” (Specially Designated Nationals And Blocked Persons, SDN) o di entità elencate nella rispettiva lista (Entity list) allo scopo di oscurare le vere identità degli utenti finali russi.

Per aiutare gli operatori economici ad individuare eventuali tattiche di evasione e ad implementare le misure di compliance appropriate, nella loro nota le autorità USA elencano una serie – non esaustiva – di segnali d’allarme (red flags):

  • utilizzo di persone giuridiche, società di comodo e accordi legali per oscurare la proprietà, la fonte dei fondi o i Paesi coinvolti, in particolare quelli sottoposti a sanzioni;
  • riluttanza di un cliente a condividere informazioni sull’utilizzo finale di un prodotto e a compilare la relativa documentazione;
  • utilizzo di società di comodo per effettuare bonifici internazionali, spesso coinvolgendo istituzioni finanziarie in giurisdizioni diverse da quella di registrazione della società;
  • rifiuto della consueta installazione, formazione o manutenzione degli articoli acquistati;
  • indirizzi IP che non corrispondono ai dati di localizzazione segnalati da un cliente;
  • modifiche dell’ultimo minuto alle istruzioni di spedizione, diverse da quelle consone del cliente o alle pratiche commerciali;
  • pagamenti provenienti da un Paese terzo o da un’azienda non menzionati nella dichiarazione di uso finale (end-user statement, modulo BIS-711) o di altro modulo applicabile;
  • utilizzo di caselle di posta elettronica personali al posto di quelle aziendali;
  • gestione di attività complesse e/o internazionali utilizzando indirizzi residenziali o comuni a più entità societarie strettamente controllate;
  • modifiche alle lettere di incarico standard che oscurano il cliente finale;
  • transazioni che comportano una modifica delle spedizioni o dei pagamenti precedentemente programmati per la Russia o la Bielorussia;
  • transazioni che coinvolgono entità con scarsa o nessuna presenza sul web;
  • instradamento degli acquisti attraverso punti di trasbordo comunemente utilizzati per reindirizzare illegalmente prodotti soggetti a restrizioni verso la Russia o la Bielorussia, come Cina (inclusi Hong Kong e Macao), Armenia, Turchia e Uzbekistan (elenco non esaustivo).

Le autorità americane sottolineano la necessità di sviluppare, implementare e aggiornare programmi interni di compliance su prodotti e servizi, clienti e controparti nonché aree geografiche.

Il documento è di utilità non solo per le aziende americane, ma anche per le aziende non statunitensi coinvolte nella riesportazione di beni o tecnologie americane o che utilizzano componenti o tecnologie di origine USA nei loro prodotti poiché assoggettate anche alle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni (le cosiddette “sanzioni secondarie”). Non meno importante, esso fornisce spunti di riflessione anche per quelle aziende estere che non sono direttamente toccate dalle regolamentazioni americane.

La Convenzione CITES celebra il suo 50° anniversario

La CITES è stata istituita il 3 marzo 1973 a Washington con l’accordo di diversi Stati. Cinquant’anni dopo, è considerata la più importante convenzione nel suo genere.

Nel frattempo ha raggiunto 184 Paesi membri e protegge dallo sfruttamento eccessivo decine di migliaia di specie di fauna e di flora, a cui se ne aggiungono sempre di nuove: in occasione dell’ultima conferenza CITES svoltasi nel novembre 2022 gli Stati membri hanno aggiunto alla Convenzione oltre 500 specie di fauna e di flora, tra cui anche numerose specie di squali e razze. La Svizzera detiene la presidenza del Comitato per gli animali e contribuisce nel suo ruolo a monitorare l’attuazione delle disposizioni di protezione.

La Svizzera ne fa parte dal 1973, anno della sua istituzione. Rappresentata dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV).

La Convenzione CITES

Oltre 5’000 specie animali e più di 37’000 specie vegetali sono soggette alla Convenzione CITES delle Nazioni Unite. Sono suddivisi in tre livelli di protezione (i cosiddetti allegati), a seconda del grado di pericolo. L’allegato I contiene circa 1’000 specie minacciate di estinzione e anche dal commercio internazionale. Il commercio di questi esemplari è vietato. L’allegato II elenca oltre 37’000 specie che, senza controlli commerciali, rischiano di estinguersi. In questi casi il commercio è consentito, ma solo se è dimostrabilmente sostenibile. L’allegato III contiene poco più di 200 specie per le quali un singolo Paese ritiene necessario un controllo commerciale.

Fonte: USAV
Comunicato stampa: La Convenzione CITES celebra il suo 50° anniversario (admin.ch)

Spagna: in vigore la tassa sulla plastica

Il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore in Spagna la nuova tassa sugli imballaggi in plastica non riutilizzabili, inclusi quelli da trasporto.

Posticipata più volte, il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore in Spagna la cosiddetta “plastic tax”, una tassa pari a € 0,45 per chilogrammo di imballaggi in plastica non riciclabili prodotti nel mercato spagnolo, acquistati nell’UE oppure importati da Paesi terzi e destinati ad essere utilizzati all’interno del mercato ispanico.

La tassa copre sia i materiali di imballaggio (vuoti) sia i prodotti confezionati ed è applicabile agli imballaggi primari, secondari e terziari. Rientrano tra i beni tassabili anche

  • i semilavorati in plastica quali film/fogli termoplastici, preforme, tappi e chiusure destinati alla produzione di contenitori in plastica non riutilizzabili;
  • i prodotti in plastica volti a facilitare la chiusura, la commercializzazione o la presentazione dei contenitori non riutilizzabili.

Sono previste eccezioni per alcuni prodotti, come gli imballaggi in plastica per i prodotti farmaceutici o altri tipi di beni sanitari e ad uso ospedaliero.

I prodotti contenenti più materiali vengono tassati esclusivamente in base al peso effettivo della plastica non riciclata. A differenza della tassa sugli imballaggi in plastica introdotta lo scorso anno nel Regno Unito (cfr. nostro articolo del 23 giugno 2022), nel caso della plastic tax spagnola non vige una soglia di contenuto riciclato minimo per determinare la tassabilità del prodotto, ma viene considerata la quantità di plastica non riutilizzabile, espressa in chili.

I fornitori sono tenuti a specificare in fattura i quantitativi di plastica non riciclata inclusi nel prodotto e gli importatori ad indicare tali quantitativi nella dichiarazione doganale di importazione e a pagare la relativa tassa allo sdoganamento della merce.

Link utili:
Legge 7/2022 dell’8 aprile 2022 sui rifiuti e il suolo contaminato per un’economia circolare
(vedasi nello specifico il “Título VII Medidas fiscales para incentivar la economía circular” > “Capítulo I Impuestos especial sobre los envases de plástico no reutilizables”)

Il valore in dogana: come determinarlo

Tra gli elementi essenziali della dichiarazione doganale, oltre alla classificazione doganale della merce e alla sua origine, figura anche il suo valore in dogana. Una valutazione errata del valore doganale può infatti comportare conseguenze sia sotto il profilo tributario sia sotto il profilo commerciale.

Per “valore in dogana” delle merci si intende il valore attribuito alle merci all’atto dell’importazione, al fine di applicare i dazi (da cui il termine dazi ad valorem). Tale valore costituisce anche la base per il calcolo dell’imposta all’importazione (generalmente: l’IVA) e di altri tributi, così come per la compilazione delle statistiche del commercio estero. Una valutazione non corretta del valore doganale delle merci può esporre l’azienda al pagamento di differenze daziarie, di quelle degli altri tributi e persino a sanzioni, così come a errori di valutazione in merito alle effettive opportunità di approvvigionamento dall’estero.

Salvo altre modalità di misura prescritte, in Svizzera le merci sono generalmente tassate secondo il peso lordo (cfr. art. 2 della Legge sulla tariffa delle dogane, LTD). Pertanto, se il valore in dogana delle merci è irrilevante dal profilo daziario (a maggior ragione per i prodotti industriali con l’abolizione dei dazi all’importazione dal 01.01.2024), tale valore resta invece importante sia per il calcolo dell’IVA e degli altri tributi sia a livello statistico.

Come determinare il valore in dogana?

La legislazione sul valore in dogana si basa sull’art. VII dell’Accordo sul valore in dogana dell’OMC e prevede i seguenti metodi di valutazione, applicabili in modo gerarchico, ossia per esclusione del metodo precedente:

  1. metodo del valore di transazione, dove con “valore di transazione” si intende il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci all’atto della vendita per l’esportazione nel paese d’importazione (cfr. art. 1 dell’Allegato 1A.9 all’Accordo che istituisce l’OMC);
  2. metodo del valore di transazione di merci identiche (cfr. art. 2);
  3. metodo del valore di transazione di merci simili (cfr. art. 3);
  4. metodo del valore dedotto, ovvero del valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate (o merci identiche o simili importate) sono vendute nel quantitativo complessivo maggiore a compratori non collegati ai venditori, previa deduzione dei costi aggiuntivi sostenuti per la commercializzazione (commissioni dovute o margini di utile, spese di trasporto o di assicurazione, spese di sdoganamento compresi i tributi, cfr. art. 5);
  5. metodo del valore calcolato (o ricostruito): il valore in dogana viene “ricostruito” sommando il costo o il valore delle materie prime utilizzate e dei processi di fabbricazione o di altre lavorazioni, gli utili e le spese generali (uguali a quelli solitamente presi in considerazione in analoghe condizioni di mercato), del costo o del valore di qualsiasi altra spesa (cfr. art. 6). Nota: su richiesta dell’importatore, l’ordine di applicazione degli art. 5 e 6 può eventualmente essere invertito (cfr. art. 4);
  6. metodo del valore determinato ricorrendo a mezzi ragionevoli e sulla base dei dati disponibili: questo metodo è da utilizzarsi come extrema ratio, ovvero quando non è possibile terminare il valore in dogana con nessuno dei metodi precedenti e quindi ci si basa sui dati esistenti e riscontrabili oggettivamente.

Ulteriori link utili:
Base di calcolo doganale (admin.ch)
WTO | Customs valuation gateway