Lavoro ridotto da aprile 2022

Le disposizioni speciali della legge Covid-19 sul lavoro ridotto si applicano solo ….continua a leggere

Le disposizioni speciali della legge Covid-19 sul lavoro ridotto si applicano solo se quest’ultimo è in parte legato alle conseguenze economiche della pandemia (vedi regola A). Nel caso in cui sia dovuto esclusivamente ad altri motivi (p.es. gli effetti della guerra in Ucraina), si applica in via esclusiva quanto disposto dalla legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (vedi regola B).

A. Regole in vigore da aprile 2022 per il lavoro ridotto in relazione con le conseguenze economiche della pandemia
B. Regole per il lavoro ridotto non in relazione con la pandemia

Scarica il documento: “Le disposizioni speciali della legge Covid-19 sul lavoro

Update 29.3.22 – INFORMAZIONE – VEICOLI AZIENDALI

Si premette che la presente comunicazione è purtroppo ancora generica in quanto siamo in attesa di ulteriori concretizzazioni da parte di specifiche e preannunciate circolari ministeriali. Concretamente tali circolari dovrebbero fornire maggiori indicazioni circa l’applicazione prevista di queste nuove regole ai lavoratori frontalieri impiegati in Svizzera che beneficiano di un veicolo aziendale per il tragitto casa-lavoro.

SCARICA IL DOCUMENTO COMPLETO

Aggiornamento del 28 marzo 2022

  1. L’Automobile Club d’Italia (ACI) gestisce il nuovo sistema di registrazione dei veicoli.
  2. L’ACI ha pubblicato una guida specifica Servizi ACI – Registro dei veicoli esteri (REVE)
  3. Oltre alla guida ACI ad oggi non ci sono circolari specifiche dei ministeri italiani.
  4. La nuova normativa italiana prevede un’eccezione all’obbligo di registrazione se il veicolo è utilizzato in Italia esclusivamente per espletare la propria attività professionale.
  5. La nostra Ambasciata a Roma reputa che l’eccezione di cui al punto precedente non copra il tragitto casa-lavoro.
  6. Ne consegue che per un tale utilizzo, se superiore a 30 giorni/anno, vi è l’obbligo di registrazione.
  7. L’obbligo di registrazione è entrato in vigore il 21 marzo. A partire da tale data vi è quindi un termine di 30 giorni per procedere all’eventuale registrazione.
  8. I costi della registrazione ammontano a 27 euro. Non è ancora chiaro se oltre a questa tassa venga richiesta anche l’imposta di circolazione italiana. Chiarimenti al riguardo sono attualmente in corso a Roma.
  9. Per contro sembra escluso che la registrazione del veicolo in Italia abbia implicazioni di natura fiscale/doganale. La nuova normativa italiana riguarda infatti solo il Codice stradale e non le regole fiscali.
  10. Per queste ragionei per poter continuare ad utilizzare un veicolo aziendale per il tragitto casa-lavoro, oltre alla registrazione del veicolo secondo le nuove regole, resta necessario espletare le usuali pratiche doganali, pratiche in vigore da diversi anni e note alle aziende che già mettono a disposizione veicoli aziendali ai dipendenti frontalieri. In altre parole, la registrazione non sostituisce la procedura doganale da tempo in vigore.

Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti

Giovedì 17 marzo 2022 si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della piattaforma per la compilazione di un modello online di rapporto di sostenibilità, sviluppato dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE). Il nuovo strumento ha lo scopo di agevolare le imprese, comprese quelle piccole e medie, nel redigere il proprio rapporto di sostenibilità ed è disponibile sul portale TI-CSRREPORT.CH.

Da sin. G. Pagani, CSR manager Cc-Ti; L. Albertoni, Direttore Cc-Ti; C. Vitta, Consigliere di Stato e Direttore DFE; A. Gehri, Presidente Cc-Ti e N. Bagnovini, Direttore SSIC TI

La responsabilità sociale delle imprese è un tema di grande attualità, dibattuto non solo a livello politico ma anche nel contesto delle ricerche di lavoro. Non sono unicamente le Autorità a chiedere sempre più responsabilità sociale alle imprese, anche il mercato ne sta facendo un fattore di competitività rilevante e viene considerato con molta attenzione. Un fattore diventato preferenziale in molti legami commerciali. Di regola, le imprese praticano già diverse buone pratiche sul tema, come confermato dai rilevamenti della Cc-Ti effettuati in questi anni unitamente alle Camere di commercio e dell’industria delle altre regioni svizzere. Tali comportamenti spesso non vengono però comunicati, purtroppo sottovalutati anche dalle aziende stesse, e così si perde, sfortunatamente, traccia di molte buone pratiche del mondo imprenditoriale in campo economico, ambientale e sociale già presenti e in atto sul nostro territorio. La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, sta dedicando molte risorse a questo tema e ha sviluppato, col supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), un modello online di rapporto di sostenibilità, che è disponibile dal 1° marzo 2022 sul portale ti-csrreport.ch.

All’evento, tenutosi nella cornice dell’ex-convento delle Agostiniane di Monte Carasso, sono intervenuti Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti; Christian Vitta, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE); Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Nicola Bagnovini, Direttore SSIC.
Presenti in sala anche Gianluca Pagani (CSR Manager Cc-Ti); Caterina Carletti (ricercatrice responsabile dello studio- SUPSI); Jenny Assi (ricercatrice responsabile dello studio- SUPSI); Walter Bizzozero (Responsabile del Centro di competenza in materia di commesse pubbliche) e Luca Bordonzotti (Direttore Marketing & Product Management Banca Stato).
Davanti ai media ed ai partecipanti presenti (esponenti delle associazioni di categoria affiliate alla Cc-Ti, riuniti nel Consiglio economico) è stato illustrato questo nuovo supporto, frutto di un’iniziativa completamente auto-finanziata dalla Cc-Ti, intende supportare tutte le aziende ticinesi di ogni settore economico, con un occhio di riguardo per le piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di una struttura dedicata per trattare in modo approfondito il tema.

L’obiettivo vuole affiancare, anche in questo ambito, tutte le aziende e agevolarle nell’opportunità di dotarsi di un esaustivo documento che raccolga le buone pratiche, integrando le informazioni economiche con un rendiconto dell’impatto sociale e ambientale delle proprie attività. Uno strumento di analisi e di comunicazione che, in modo semplice ed efficace, permette di approcciare il tema della sostenibilità e della responsabilità sociale. Le imprese hanno così l’opportunità di manifestare il loro impegno ai vari interlocutori del territorio (azionisti, clienti, fornitori, dipendenti, comunità, enti finanziatori, pubblica amministrazione, associazioni del territorio, media, ecc.), evidenziando il loro valore generato non solo a livello economico.
Il rapporto di sostenibilità sarà anche un utile strumento atto a verificare con regolarità le misure prese dalle aziende e quindi i miglioramenti e/o rispettivamente gli ambiti su cui ancora intervenire.
La responsabilità sociale delle imprese è un elemento che dal 2021 rientra anche nei bandi di concorso pubblici, visto che vi è un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione.
Il documento della Cc-Ti, anche attraverso un lavoro di consulenza puntuale, aiuterà le aziende a dimostrare la realizzazione di obiettivi economici, ambientali e sociali idonei a ottenere questa percentuale. Grazie al rapporto di sostenibilità e con l’ottenimento di una relativa “Dichiarazione di conformità” (certificata dal servizio CSR della Cc-Ti) si sosterrà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle Autorità chiamate a valutare i dossier. L’iniziativa non è ancora una condizione per partecipare agli appalti pubblici, ma alla quale si può aderire su base volontaria ed è sostenuta dal DFE, dal DT e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche. In presenza dei rappresentanti delle associazioni di categoria associate alla Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, la conferenza stampa è stata aperta dal Presidente della Cc-Ti, Andrea Gehri, seguito dal Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) Christian Vitta che ha salutato positivamente l’importante lavoro di squadra tra istituzioni, Cc-Ti e SUPSI per la realizzazione del modello di rapporto di sostenibilità e ha sottolineato quanto questo sia “un ulteriore tassello nel sostegno alla CSR, a dimostrazione dell’importanza del tema per il Cantone e per gli attori del territorio. Consolidando il proprio impegno verso la responsabilità sociale delle imprese, le aziende contribuiscono a realizzare la visione di un Ticino sostenibile, attento non solo agli sviluppi economici, ma anche sociali e ambientali in atto e, di riflesso, con un impatto positivo sul nostro territorio, su chi vi lavora e su chi vi abita”.

È in seguito intervenuto il Direttore della Cc-Ti, Luca Albertoni, con alcuni cenni generali sullo strumento e il ruolo attivo dell’economia sul tema. Egli ha sottolineato come si tratti di un segnale molto importante del mondo imprenditoriale verso il territorio, anche perché finanziato interamente con i fondi della Cc-Ti. Inoltre, significativo è il fatto che lo strumento sia stato concepito sia per sostenere il lavoro delle aziende che per facilitare quello delle Autorità, ulteriore segnale di grande collaborazione a 360°.
A chiudere la conferenza stampa l’intervento del Direttore della Società Svizzera Impresari Costruttori – Sezione Ticino, Nicola Bagnovini a confermare l’importanza e l’utilità della dichiarazione di conformità. Egli ha evidenziato la semplicità d’uso dello strumento per le aziende e come questo approccio molto pragmatico eviterebbe ingenti spese supplementari alle imprese che intendano o necessitano dotarsi di un rapporto di sostenibilità e di un riconoscimento come quelli varati in data odierna. L’agevolazione e il supporto assicurati agli utenti saranno un apprezzato sgravio per le aziende.


SCOPRI
– Il Rapporto di sostenibilità – TI-CSRREPORT.CH
La pagina della Cc-Ti dedicata
– Discorso dell’onorevole Christian Vitta alla presentazione della piattaforma CSR

L’evento nei media

Gioco di squadra per la responsabilità sociale – CdT, 17.3.2022
RESPONSABILTÀ SOCIALE ‘Fattore di competitività’ – LaRegione, 17.3.2022

Servizio al Quotidiano del 17.03.2022 sulla presentazione della piattaforma CRS
Servizio su Radio Fiumeticino del 17.03.2022 sulla presentazione della piattaforma CRS, dal m. 28.05 al m. 34.35

Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti – etcinforma, 17.3.2022
Sostenibilità e responsabilità sociale, Andrea Gehri presenta il nuovo strumento della Cc-Ti – liberatv, 17.3.2022
Christian Vitta: “Un passo importante per un Ticino sostenibile” – liberatv, 17.3.2022
Al via la nuova piattaforma per la sostenibilità aziendale – bluewin.ch, 17.3.2022
“Non un ostacolo, ma uno strumento di competitività” – RSI online, 17.3.2022
Responsabilità sociale delle imprese: un nuovo strumento per le aziende targato Cc-Ti – ticinolibero, 17.3.2022




Energia a 360 gradi

Una diversità imprescindibile

Consumo energetico per settore

Da molti mesi attiriamo l’attenzione sulla delicatezza del tema energetico, fondamentale per le aziende ma ovviamente per tutti le cittadine e i cittadini. Produzione insufficiente a coprire i consumi, pericolosi giochi ideologici che limitano le fonti di produzione a disposizione, dipendenza dall’estero, rischio di incremento dei prezzi, ecc..
Appelli passati quasi inosservati al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori, fino a quando il Consiglio federale ha rotto gli indugi parlando apertamente di crisi energetica imminente, con probabili black-out. Il repentino e vertiginoso aumenti dei prezzi dell’energia ha dato il tocco finale, riaprendo un dibattito che rischiava di morire imbrigliato fra false credenze e illusioni, si spera solo dettate dall’ingenuità. È evidente che siamo di fronte a un’equazione che, allo stato attuale delle cose, sembra sempre più irrisolvibile, con consumi in aumento e limitazioni alla produzione, visto che taluni vettori restano ancora un tabù, il nucleare su tutto, malgrado l’evoluzione tecnologica.

Tre pilastri essenziali

La politica energetica poggia fondamentalmente su tre pilastri: la garanzia dell’approvvigionamento, l’economicità e la sostenibilità ambientale. Su questi assi, legati indissolubilmente, occorre lavorare. Trascurarne anche solo uno significa pasticciare e trovare pseudo-soluzioni raffazzonate che, nella migliore delle ipotesi, si rivelano inutili. Un punto fermo è comunque il fatto che da parecchi anni la Svizzera è costretta a importare energia elettrica soprattutto da Germania, Francia, Italia e Austria. Energia prodotta anche con il nucleare e il carbone.
Quindi consumiamo sempre di più ma siamo costretti a fare capo ad altri Paesi per coprire il fabbisogno energetico. Altri Paesi che, nel corso dei prossimi anni, avranno sempre più la necessità di pensare per sé. Da una parte l’ambiziosa e costosissima agenda verde dell’Unione Europea (UE), a cui si sommano decisioni nazionali come quella della Germania di abbandonare il nucleare porteranno inevitabilmente a ristrettezze ovunque e quindi è verosimile ritenere che cedere energia alla Svizzera non sarà più la priorità dei Paesi dell’UE.
Non è quindi solo la difficoltà data dal mancato Accordo quadro con l’UE a caratterizzare la situazione, ma anche, molto più prosaicamente, la concreta quantità di energia disponibile. A fronte soprattutto di consumi crescenti, spesso non manifesti, ma non per questo meno “pesanti”.
Il telelavoro ad esempio, per il grande consumo di dati, è tutt’altro che neutrale dal punto di vista dei consumi e delle emissioni di CO2, vista la forte necessità di energia dei data center. Magari si userà meno l’automobile per andare al lavoro, ma certamente lavorare dal salotto di casa non è a impatto zero. E anche di questo occorre tenere conto nel bilancio energetico globale.
La sensazione netta è che le strategie energetiche pomposamente presentate dalla Confederazione negli scorsi anni siano ormai destinate al macero e necessitino cambi di paradigma importanti. Non a caso, il Consiglio federale ha comunicato la necessità di far ricorso, in caso di penuria energetica, anche a centrali a gas da realizzare nei prossimi anni, ammettendo di fatto che la legittima volontà di fare capo solo a energie rinnovabili, in particolare l’energia solare ed eolica, non sono sufficienti a coprire il fabbisogno. Inutile tergiversare, questa è la realtà.

Limitazioni pericolose

È più che evidente che non si può prescindere dal valutare soluzioni sistemiche, che comprendano tutto il pacchetto di risorse esistenti, cioè eolica, solare, idroelettrica, fotovoltaica e, ebbene sì, pure nucleare. Tema tabù quest’ultimo, malgrado l’evoluzione tecnologica ne faccia un vettore che non può essere ignorato, visto che reattori di nuova generazione offrono garanzie notevoli in termini di sicurezza. Visti però i lunghi tempi di realizzazione, sarebbe già un passo importante prolungare l’attività delle centrali nucleari svizzere esistenti, perché spegnerle nel 2035 significherebbe tagliare una percentuale consistente di copertura del fabbisogno (si stima il 25%), triplicando la parte che deve essere importata dall’estero, già oggi molto consistente.
Non si tratta certamente di rigettare lo sviluppo e l’importanza delle energie cosiddette pulite, ma far collimare la crescente fame di energia, le ristrettezze produttive e al contempo l’obiettivo di decarbonizzare la società (cioè azzerare le emissioni di CO2) sembra facile quanto una fusione (a caldo) tra Lugano e Ambrì…
Certamente, la via del nucleare è irta di ostacoli, sia per i tempi che per la decisione popolare del 2017 di abbandonare questo tipo di energia. Ma notoriamente, solo gli sciocchi non cambiano mai idea, soprattutto di fronte a sviluppi tecnologici che comunque meritano di essere approfonditi. Perché, nel contesto internazionale, gli attori maggiori si muovono in questo senso, con colossi come Cina, India e Russia che si muovono decisi nell’ottica nucleare con progetti in fase di realizzazione. Analogo discorso vale per gli Stati Uniti e per il nostro vicino tradizionalmente “nuclearista” come la Francia. Va detto che la Cina si è lanciata parallelamente nella sperimentazione di fonti differenziate, aggiungendo al nucleare pure il fotovoltaico (nel quale è leader), passando per l’eolico. Disponendo al contempo della riserva più ampia di carbone in tutto il mondo.

Costi per tutti

L’esplosione dei costi dell’energia sta già flagellando molti Paesi e segnali inquietanti si percepiscono anche da noi. Da questo fenomeno nessuno è escluso, perché sarebbe errato pensare che ne siano colpiti solo i cosiddetti grandi consumatori, cioè in particolare le aziende di ampie dimensioni. Il rincaro galoppante dell’elettricità, del gas e del gasolio, della benzina colpisce tutti indistintamente e in proporzione alle loro abitudini, comprese quindi le famiglie e le cittadine e i cittadini in generale. Nei consumi, infatti, secondo le statistiche dell’Ufficio federale dell’energia, la parte principale è costituita dalle economie domestiche con circa il 33%, seguite dall’industria e attività manifatturiere (30%), dai servizi (27%) e dal traffico (8%). Ben si capisce quindi gli effetti importanti se agli aumenti succitati sommiamo quelli delle altre materie prime che servono ad esempio alla costruzione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, ecco che si crea un mix micidiale di rincari su ogni fronte. Rincara la realizzazione di siti produttivi e rincara il “prodotto finito”. Sarebbe illusorio pensare che vi siano soluzioni facili e a portata di mano, soprattutto perché si tratta di un problema complicatissimo, di dimensione mondiali, in cui si intersecano anche interessi geopolitici notevoli e speculazioni varie. Impensabile che nella nostra piccola realtà cantonale si possano fare miracoli, visto che anche la Confederazione fatica ad orientarsi.
Non va però dimenticato l’articolo 89 della Costituzione federale che sancisce come “nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni si adoperano per un approvvigionamento energetico sufficiente, diversificato, sicuro, economico ed ecologico, nonché per un consumo energetico parsimonioso e razionale”. Teniamo a sottolineare il termine “diversificato”, e non è casuale. Dell’elenco degli obiettivi sembra in effetti l’elemento al momento più trascurato e non rispettare i dettami costituzionali, anche se a volte sembrano concetti astratti, non è mai una buona cosa (senza tirare in ballo le implicazioni giuridiche).
Riconsiderare la politica energetica, unitamente a quella ambientale, non è quindi solo una questione di opportunità ma è un obbligo costituzionale che incombe a Confederazione e cantoni nei rispettivi ruoli. Le belle teorie, certo accattivanti per vincere elezioni e votazioni, stanno mostrando i loro limiti. Difficile pensare che la popolazione accetti di buon grado limitazioni nei consumi o importanti rincari imposti in nome di un presunto interesse generale (vedi l’esito della votazione sul CO2, affossata sostanzialmente perché giudicata troppo costosa per i singoli cittadini). Del resto, per ridurre i consumi si invoca spesso il progresso tecnologico, non si capisce perché questo principio non dovrebbe valere per le discussioni sui mezzi di produzione dell’energia.
Nell’ambito dei consumi, ad esempio, le aziende stanno dando da anni esempi molto probanti di risparmi e misure votate all’efficienza energetica, come facilmente rilevabile dai lavori dell’Agenzia
dell’energia per l’economia (enaw.ch).

Nessuna novità

Il mix di energie non è del resto una novità nel sistema elvetico. Attualmente le centrali nucleari svizzere producono circa il 33% di elettricità, il 7% circa è generato dalle energie eolica e solare e il 60% dal settore idroelettrico. Attenzione queste cifre indicano i rapporti della produzione indigena, diversi sono quelli dell’origine dell’energia distribuita, perché entra in linea di conto quanto importato dall’estero. Ma non è questa la sede per entrare in troppi tecnicismi, molte informazioni possono essere evinte dal sito internet dell’Ufficio federale dell’energia e da www.strom.ch.
Il fatto è che, già oggi malgrado una strategia basata su varie fonti energetiche, a causa di vari fattori come il clima e le fluttuazioni stagionali, la produzione in Svizzera di energia solare ed eolica ha una parte ancora ridotta, malgrado l’incremento del fotovoltaico nel 2020 grazie in particolare all’installazione di impianti per il consumo privato. Difficile, se non impossibile recuperare questo divario, soprattutto se dal 2035 non vi fosse più il nucleare. Con le attuali 42 turbine eoliche non si va molto lontano, visto che ce ne vorrebbero 6’000. E sapendo le discussioni che questi impianti generano, così come l’eventuale innalzamento delle dighe, il tutto non è molto rassicurante e la realizzazione rapida sembra più un ideale che una realtà concreta.
Per dare un’idea, qualche settimana fa una malcapitata aquila reale è stata decapitata da una pala eolica in Svizzera romanda. Il povero pennuto è uno dei circa 800 consimili che sciaguratamente incocciano contro queste strutture. Inevitabile la levata di scudi di chi non ama le pale eoliche sul territorio e delle associazioni di difesa degli uccelli, che tradizionalmente sono favorevoli alle energie cosiddette pulite. Un accenno di schizofrenia che evidentemente complica ancora di più una situazione già intricata. Con tutto il rispetto per le specie animali e gli uccelli in particolare, forse è bene ricordare che, come sottolinea la Confederazione, 30 milioni di volatili sono uccisi dai gatti, 5 milioni si schiantano contro i vetri e 1 milione è vittima delle automobili. Così, per dare il senso delle proporzioni sul tenore delle discussioni, visto che finora nessuno ha ancora pensato a proibire la caccia ai gatti (o a proibire i gatti tout court) o a obbligarci a vivere senza finestre (il che farebbe
crescere ulteriormente i consumi energetici soprattutto in inverno).
Aneddoti a parte, è chiaro che le pale eoliche, al di là dei costi di realizzazione, si scontrano con opposizioni pianificatorie e interessi divergenti di ogni tipo, anche da ambienti di solito non ostili. Facile immaginare cosa succederebbe per realizzare le superfici necessarie di pannelli solari (pari a circa 19mila campi di calcio, contro i 1’800 odierni), in termini di discussioni interminabili. E intanto si vuole abbandonare il nucleare… Una volta dismesse le due centrali di Beznau e quelle di Gösgen e Leibstadt, ci sarebbe il forte rischio che la Confederazione possa essere costretta a comprare all’estero ancora più energia, prodotta, magari, da impianti nucleari o col carbone, mentre noi facciamo i puristi. E la dipendenza dall’estero, comprese le fluttuazioni di prezzo, crescerebbe ancora.

Quali misure a breve?

Visto che è difficile procedere in tempi rapidi a modifiche strutturali, va valutato se vi siano margini per altre manovre anche di tipo congiunturale. La Svizzera, a nostro avviso giustamente, non ha la tradizione interventista come ad esempio la Francia, dove sono state bloccate le bollette dell’elettricità per i cittadini. Misura certamente popolare in tempi di elezioni presidenziali, ma che sposta solo il problema, perché comunque qualcuno (leggi: il contribuente) sarà chiamato a pagare presto o tardi, oppure in altro modo. Ciò detto, nulla proibisce che vi sia una presa di coscienza comune e un dialogo costante fra, nel nostro caso, le aziende, la politica e i produttori e i distributori di energia. In momenti difficili è ragionevole pensare che su certi aspetti della base contrattualistica si possa magari ragionare, anche solo per misure temporanee.

Aziende e Responsabilità sociale

La nuova piattaforma TI-CSRREPORT.CH

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, sta dedicando molte risorse a questo tema e ha s sviluppato, col supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE),un modello online di rapporto di sostenibilità, che sarà disponibile dal 1° marzo 2022.
Questo strumento, unico nel suo genere, e che costituisce un progetto-pilota per tutte le Camere di commercio e dell’industria svizzere, va ad aggiungersi al “Questionario di autovalutazione” che la Cc-Ti da più di un anno ha già messo gratuitamente online a disposizione dei suoi associati, consentendo così a tutte le imprese, anche quelle piccole e medie, di disporre di una prima valutazione sulla propria posizione in tema della responsabilità sociale.
Un primo step pensato per censire e conoscere le “buone pratiche” adottate sul territorio e che è stato già utilizzato da oltre 200 aziende del Cantone.

Uno strumento riconosciuto anche dall’Autorità cantonale

L’importanza di mettere a disposizione delle aziende un nuovo strumento è frutto quindi di un’evoluzione già esistente e riveste anche un’innegabile utilità pratica, soprattutto dopo la decisione del Consiglio di Stato di annoverare la CSR tra i criteri di valutazione delle offerte nella nuova Legge sulle commesse pubbliche. La responsabilità sociale delle imprese è infatti un elemento che dal 2021 rientra anche nei bandi di concorso pubblici, con un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione. In una prima fase le nuove disposizioni cantonali saranno adottate, e testate, solo per gli appalti della pubblica amministrazione (Divisione delle costruzioni e Sezione della logistica). Successivamente esse saranno estese a gran parte delle commesse.

Alla luce di questa fondamentale svolta normativa, la possibilità di disporre, dal 1° marzo 2022, di un modello di “Rapporto di sostenibilità” è essenziale per le imprese, trattandosi di un report con cui l’azienda descrive e certifica il suo impegno nell’ambito della responsabilità sociale, in relazione anche ai 30 indicatori selezionati dal Consiglio di Stato per la ponderazione delle offerte che concorrono agli appalti pubblici.

Grazie al rapporto di sostenibilità e con l’ottenimento di una separata “Dichiarazione di conformità” aggiuntiva (rilasciata dalla Cc-Ti) si faciliterà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle autorità chiamate a valutare i dossier. Il documento della Cc-Ti rappresenta una naturale evoluzione dopo la fase di test condotta da oltre un anno con un formulario di autovalutazione e costituisce un unicum a livello svizzero, visto che permette di stilare concretamente un rapporto di sostenibilità che poi vene anche riconosciuto formalmente quale documento, dal Cantone.

Un lavoro di consulenza puntuale aiuterà le aziende a dimostrare la realizzazione degli obiettivi economici, ambientali e sociali idonei pure nell’ottica a ottenere questa percentuale. Questo strumento non rappresenta la condizione per partecipare agli appalti pubblici ma resta su base volontaria ed è sostenuta dal DFE e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche.

Procedura e contenuti del Rapporto di sostenibilità

Il “Rapporto di sostenibilità” sarà accessibile a tutte le aziende sulla piattaforma online della Cc-Ti. Si è espressamente voluta una formulazione di facile compilazione, che permette di includere, oltre a paragrafi descrittivi, logo, foto e tutte le informazioni puntuali aziendali di rilevanza. Perché, ed è importante sottolinearlo, non si tratta dell’ennesimo ostacolo burocratico a carico delle aziende, bensì di uno strumento pensato per dare loro la giusta e positiva visibilità e aiutarle con un mezzo semplice. Oltre ai principali dati sull’azienda e alla sua storia, la compilazione del documento porta a descrivere le misure adottate per la responsabilità sociale in relazione a: governance, mercato, risorse umane, rapporti con la comunità e tutela dell’ambiente. Per arrivare, poi, agli obiettivi che ci si prefigge a media e lunga scadenza.

Come già descritto in precedenza, il rapporto può essere completato da una scheda supplementare dedicata ai 30 indicatori determinati dal governo ticinese che sono suddivisi
in tre aree tematiche: ambiente, economia, società. Grazie alla compilazione di questa scheda, saranno confermati i requisiti di base per ottenere il punteggio richiesto sul tema CSR negli appalti pubblici.

Per le imprese il Rapporto di sostenibilità rappresenta un ottimo dispositivo per monitorare costantemente il loro approccio alla sostenibilità, per metterne a fuoco limiti, progressi e obiettivi futuri. E scoprire, magari, che delle misure già adottate spontaneamente, ad esempio, per la mobilità aziendale, il risparmio energetico o per meglio conciliare lavoro e impegni familiari, rientrano a pieno titolo nelle “buone pratiche” contemplate dalla CSR.

La Cc-Ti organizzerà una presentazione al pubblico nelle prossime settimane e, assieme ai suoi partner istituzionali, proporrà alle imprese e alle associazioni di categoria, degli eventi formativi e informativi sui temi della CSR.

La visione del futuro vede la crescita delle nostre aziende strettamente collegata ad una prospettiva di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Con la ferma convinzione che la forza, la coesione
di una comunità e il suo capitale sociale rappresentino un vantaggio competitivo per tutto il tessuto produttivo.

La responsabilità sociale, “questa sconosciuta”

Da anni la Cc-Ti, oltre a collaborare con istituzioni cantonali, associazioni e fondazioni per una fattiva sensibilizzazione sulla responsabilità sociale, supporta le aziende nell’implementare le “buone pratiche” della CSR attraverso un articolato lavoro di informazione e formazione. È importante rilevare che la CSR non è terreno sconosciuto per le nostre tante aziende del territorio, anzi!
Nel quadro dell’annuale inchiesta congiunturale della Cc-Ti, condotta con le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, un’analisi specifica sul tema ha evidenziato il grande lavoro già in atto da parte delle imprese. Rilevando, ad esempio, oltre 130 “buone pratiche”, suddivise in 32 tipologie d’intervento, applicate nei diversi rami economici. Un impegno che investe, sia nelle grandi che nelle piccole imprese, gli obiettivi qualificanti della responsabilità sociale.

Con scelte imprenditoriali coraggiose, che vanno spesso oltre i canoni ordinari della CSR, per concretizzare un concetto di responsabilità più aderente non solo alla vita dell’azienda, ma anche alla realtà del territorio e della comunità. Va fatta chiarezza e sottolineato che, se da una parte è giusto avere dei parametri di CSR, dall’altra parte non va assolutamente trascurato quanto fatto anche al di fuori dei criteri “ufficiali”. Il peso e il valore dell’impegno sociale di un’impresa difficilmente possono essere misurati solo ed esclusivamente sulla base dei soli parametri citati. Già il fatto del rischio imprenditoriale assunto per avviare un’impresa e creare posti di lavoro è un atto sociale e non solo economico, molto importante. A maggior ragione chi crea e mantiene un’azienda, ad esempio, in una regione periferica o in altri contesti “svantaggiosi”, offrendo dei posti di lavoro laddove non ci sono molte opportunità occupazionali, non è socialmente meno meritevole di chi può fregiarsi di tutti i crismi della CSR. Questo va detto in modo forte e deciso.

Purtroppo, nella discussione politica, è sempre dietro l’angolo la tentazione di usare la responsabilità sociale come discriminante per stilare avventate classifiche sulle aziende più o meno “virtuose”, per dividerle tra “buone” e “cattive”, da premiare o penalizzare. Un termine, “virtuoso”, pesantemente abusato negli ultimi anni, spesso per cercare d’imporre una concezione ideologizzata dei principi della CSR con lo scopo di resettare la libertà economica e ingabbiare lo spirito imprenditoriale. Per colpire alle radici la vocazione naturale di ogni impresa: conseguire un profitto.

Perché soltanto se si realizza un profitto, si avranno le risorse necessarie per investire e innovare, fermo restando il rispetto delle norme legali e i principi etici che regolano la società.
Restare competitivi sul mercato, creando più occupazione e ricchezza di cui beneficia poi, tutta la collettività. Esiste già una responsabilità sociale quotidiana, costante e volontaria, non dettata da prescrizioni calate dall’alto o da pressioni esterne. Le aziende sono pronte ad assumersi ulteriori responsabilità, ma è evidente che lo stesso comportamento deve essere tenuto da tutti gli attori in gioco: istituzioni, politica, partner sociali e società civile, al fine di una responsabilità condivisa per una crescita equilibrata ed armoniosa.

Area soci Cc-Ti 2022

L’Area soci Cc-Ti si rinnova con contenuti in esclusiva per le aziende e le associazioni di categoria affiliate.

Con il nuovo anno abbiamo introdotto due nuove sezioni: articoli e schede inerenti il Servizio Internazionale e un’area che riporta gli articoli dei soci dalla carta stampata (ossia dalle pagine di Ticino Business) ora anche in versione web nella nostra Area soci.

Un consolidamento dell’apprezzata area riservata, dove è possibile:
conoscere alcuni dei soci Cc-Ti, leggendo i loro profili NEW
sfogliare gli archivi della rivista economica della Cc-Ti
– leggere ed approfondire temi di natura giuridica e relativi al commercio internazionale NEW
– accedere alle piattaforme social (gruppo LinkedIn e pagina Facebook) targate Cc-Ti, strutturate per la messa in rete online dei nostri soci, per un networking di qualità.

Accedete subito all’area soci per scoprirne i contenuti!
Avete perso i dati di accesso? Lisa Pantini, Responsabile delle relazioni con i soci, è a vostra disposizione.

Posizioni della Cc-Ti sui temi oggetto della votazione federale del 13 febbraio 2022

Informazione

Iniziativa «Sì al divieto degli esperimenti sugli animali e sugli esseri umani »NO

Iniziativa «Sì alla protezione dei fanciulli e degli adolescenti dalla pubblicità per il tabacco »NO

Modifica della legge federale sulle tasse di bollo (LTB)SI

Legge federale su un pacchetto di misure a favore dei mediaSI

Il Ticino è una risorsa fondamentale

In questi ultimi mesi molto si è parlato, e si continua a parlare, del settore medicale, soprattutto in relazione alle difficoltà che esso sta riscontrando dopo la decisione del Consiglio Federale di non concludere l’accordo quadro con l’Unione Europea. Tale decisione ha, infatti, portato con sé automaticamente la conseguenza che le aziende del settore hanno perso in un colpo solo il loro accesso fino ad allora privilegiato al mercato europeo, sbocco evidentemente fondamentale per le imprese svizzere.

In effetti, il mercato europeo per le nostre imprese è più importante di quello di Stati Uniti, Cina e Giappone messi insieme. Un posto di lavoro su tre nell’industria medtech svizzera è direttamente legato a mandati che provengono dall’UE.

Per le aziende più grandi, le difficoltà di accesso al mercato europeo sono in parte meno pesanti, poiché esse hanno già punti di riferimento fisici all’interno dello spazio dell’Unione Europea. Il problema è quindi più “facilmente” risolvibile, sebbene vi sia comunque un impatto sui costi. Per le imprese più piccole altre si tratta invece di operare scelte strategiche, ad esempio, quanto alla sede aziendale e alle decisioni sugli investimenti. Con la decisione del Consiglio federale, si complica anche la situazione per l’importazione di prodotti medicali, poiché i fornitori esteri devono soddisfare nuove disposizioni in Svizzera.

Dal punto di vista ticinese, si è parlato poco dell’impatto di tale situazione sul nostro cantone, che ha sul proprio territorio molte realtà aziendali di questo settore. Ne abbiamo parlato con Peter Biedermann, Direttore dell’associazione nazionale Swiss Medtech, che ha deciso di rafforzare la sua presenza in Ticino, proprio a voler sottolineare l’importanza strategica del nostro cantone. E con Giuseppe Perale, Professore e Presidente di Regenera SA, e futuro Presidente della neocostituita sezione cantonale di Swiss Medtech che inizierà le proprie attività nel 2022 con l’obiettivo di essere pienamente operativa nel 2023.

A tale scopo si appoggerà, come molte altre associazioni nazionali, alla Cc-Ti.

Peter Biedermann, Direttore dell’associazione nazionale Swiss Medtech

Peter Biedermann, quali sono state le evoluzioni per il settore in Svizzera in questi ultimi mesi?

In generale l’andamento del settore è leggermente migliorato, anche se non siamo ancora ai livelli di prima della pandemia. Per alcune aziende attive soprattutto nella medicina intensiva e nella diagnostica la crescita è stata importante, ma dall’altra parte la limitazione di interventi chirurgici non indispensabili in tutto il mondo ha colpito anche molti attori del settore del Medtech, riducendone le attività.

La problematica del riconoscimento automatico delle apparecchiature e dei dispositivi medicali svizzeri da parte dell’Unione Europea ha conosciuto qualche sviluppo o siamo ancora fermi?

Purtroppo, siamo molto lontani da una soluzione e il fatto che la Svizzera ora è considerato uno Stato terzo è diventato una dura realtà. Secondo le nostre stime, il mancato riconoscimento automatico della conformità dei nostri prodotti e le relative procedure per ottenere tale conformità hanno comportato, ad oggi, un costo supplementare immediato di 110 milioni di franchi per le aziende elvetiche. A questi vanno aggiunte spese amministrative ricorrenti per circa 75 milioni di franchi. È evidente che, pur non potendo quantificarla in cifre esatte, la perdita di attrattività della Svizzera a medio e lungo termine è innegabile. Questa posizione di Stato terzo e alcune regole restrittive che la Svizzera stessa ha introdotto comportano anche il grande pericolo che si verifichi una strozzatura dell’offerta già nella seconda metà del 2022. Quelli che soffriranno saranno i pazienti. Tutti fatti già segnalati mesi fa e che ora si stanno concretizzando.

La Brexit ha avuto qualche effetto sul settore?

Purtroppo, è stata ed è una complicazione in più. Non sono poche le segnalazioni secondo cui le nuove condizioni per i fornitori in Gran Bretagna iniziano a mostrare qualche effetto negativo. Anche qui vi sono problemi di riconosicmento di conformità, come del resto constatano anche aziende di altri ambiti nel contesto dell’accettazione delle regole sull’origine delle merci. Tutto questo comporta costi supplementari se non si vogliono perdere quote di mercato importanti.

Non è possibile virare su altri mercati?

Dobbiamo essere realisti. L’Unione Europea è e resta un mercato fondamentale, rappresentando quasi il 50% di tutte le esportazioni svizzere, anche se le nostre aziende votate all’esportazione devono giocoforza orientarsi pure in misura maggiore verso i mercati asiatici. Fra questi vi sono in primis la Cina ma anche i Paesi membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), trattandosi di mercati che conoscono una crescita maggiore rispetto al continente americano o europeo.

Che ruolo svolgono le aziende ticinesi in questo contesto?

Swiss Medtech è una realtà abbastanza nuova a livello associativo e, pur raggruppando circa 700 imprese e oltre 60’000 posti di lavoro, deve ancora estendersi in modo capillare sul territorio. In Ticino sono presenti decine di aziende che lavorano direttamente o indirettamente, completamente o parzialmente nell’ambito del Medtech. Per noi è importante coinvolgerle nelle dinamiche nazionali, perché rafforza la rappresentatività del settore. E da parte delle imprese site in Ticino ci è stata più volte segnalata la necessità di creare un legame diretto con l’associazione nazionale, soprattutto per avere un accesso di prima mano e veloce alle informazioni che concernono il settore. Da qui la decisione di creare nei prossimi mesi un’antenna ticinese di Swiss Medtech. Essa, dopo una fase introduttiva nel corso di quest’anno, sarà pienamente operativa nel 2023, e sarà guidata da Giuseppe Perale, Presidente di Regenera SA e già membro di Swiss Medtech.

Perché appoggiarsi alla Cc-Ti, che sarà la sede operativa di questa antenna ticinese?

I rapporti con la Cc-Ti sono iniziati parecchi anni fa, in piena ristrutturazione del nostro settore, che ha unito due associazioni nel 2017 nell’odierna Swiss Medtech. La Cc-Ti ha già molti associati del nostro settore, ma ci apre anche la rete delle altre Camere di commercio e dell’industria in Svizzera grazie alla sua rete in tutte le regioni del paese. Con questa collaborazione possiamo raggiungere due obiettivi: sostenere le aziende ticinesi con il nostro supporto specialistico e rafforzarne la presenza nel contesto nazionale. È un passo che hanno fatto e stanno facendo diverse associazioni nazionali in collaborazione con la Cc-Ti, per cui anche noi abbiamo ritenuto interessante adottare questo modo operativo. Un’associazione di settore è certamente complementare a quelle già esistenti sul territorio e mira a rafforzare ulteriormente il tessuto economico ticinese.

Quando sarà operativa l’antenna ticinese?

Le decisioni da parte di Swiss Medtech e della Cc-Ti sono state prese, a breve vi sarà l’istituzione formale di un Comitato e poi il Vicedirettore della Cc-Ti, Michele Merazzi, che sarà anche segretario dell’associazione locale, coordinerà le prime attività che, pandemia permettendo, nel 2022 saranno soprattutto momenti informativi per gli addetti ai lavori. Ciò permetterà di calibrare le attività sulle esigenze delle aziende del settore, in modo che nel 2023 si procederà alle varie formalità che permetteranno un’operatività completa e commisurata alle specificità delle imprese ticinesi nel contesto nazionale e internazionale.

Breve guida: telelavoro e frontalieri italiani – assicurazioni sociali e fiscalità

Il telelavoro dei frontalieri può avere conseguenze considerevoli, sia per il datore di lavoro sia per i lavoratori, in particolare nell’ambito delle assicurazioni sociali e in materia fiscale. Una scheda in merito.

Durante la pandemia di Covid-19, il telelavoro ha registrato un’impennata in Svizzera. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), nel 2020 questo fenomeno ha coinvolto quasi una persona attiva su tre. Diversi sondaggi mostrano che questa pratica potrebbe affermarsi a lungo termine in un numero crescente di imprese.

SCARICA LA SCHEDA IN PDF

La Cc-Ti incontra l’Ambasciatrice di Polonia in Svizzera Iwona Kozlowska

Comunicato stampa

Dopo essere stata ricevuta dal Presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli ieri in serata, questa mattina l’Ambasciatrice di Polonia in Svizzera Iwona Kozlowska, ha incontrato – in occasione di una visita di cortesia – i rappresentanti della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino, associazione mantello dell’economia ticinese.

In questo contesto è stato possibile uno scambio di vedute sui principali dossier economici che riguardano le relazioni bilaterali nonché i rapporti con l’Unione Europea.

Da sin.: Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti; Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale Cc-Ti; Iwona Kozlowska, Ambasciatrice di Polonia in Svizzera e Michele Rossi, Avv., Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti