Evento inaugurale Swiss Medtech Ticino

Una collaborazione tra Swiss Medtech e la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti).

Con l’avvio delle attività di Swiss Medtech Ticino – nel corso di un evento inaugurale che ha visto riuniti oggi, 29.11.2022, un centinaio di addetti ai lavori presso il Grand Hotel Villa Castagnola a Lugano – l’associazione di categoria nazionale Swiss Medtech intende consolidare la sua attività nella Svizzera italiana.
All’evento sono intervenuti anche Raffaele De Rosa, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità, e Cristina Maderni, Vicepresidente della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti).
La Cc-Ti eserciterà la direzione su mandato del segretariato nazionale e sarà supportata da un comitato costituito da figure rappresentative del settore industriale medicale ticinese.

Nel suo discorso introduttivo, Raffaele De Rosa, Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità, ha sottolineato l’importanza del lancio di Swiss Medtech Ticino per il settore sanitario ticinese. Esso riunisce un’ampia gamma di competenze e know-how provenienti dal settore ospedaliero e sanitario e dall’industria della tecnologia medica, che si muovono tutti nella stessa direzione.
Cristina Maderni, Vicepresidente della Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti), ha dato il benvenuto a Swiss Medtech nell’associazione delle associazioni professionali affiliate alla Cc-Ti.

Il Ticino ha molto da offrire, non solo come meta turistica con un’offerta culturale variegata. Grazie alla sua università e alla scuola universitaria professionale, un ambiente dinamico favorevole alle start-up e numerose aziende leader dal forte orientamento internazionale, il Cantone si posiziona sempre più come luogo di innovazione. Tra i settori economici con una crescita considerevole si annovera il comparto life science, che comprende anche le tecnologie medicali ed è fortemente orientato alle esportazioni. Negli ultimi dieci anni la creazione di valore per persona occupata nel settore life science è aumentata di circa il 17 percento, collocandosi quindi ben oltre la media svizzera.

Delle oltre 150 aziende medtech in Ticino solo una ventina sono affiliate all’associazione di categoria nazionale Swiss Medtech. Per rappresentare meglio gli interessi particolari e i punti di forza della Svizzera italiana all’interno dell’associazione mantello, le aziende del medtech ticinesi e Swiss Medtech vogliono collaborare ancora più strettamente.
E la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) rivestirà un ruolo centrale.

«Siamo davvero lieti di aver trovato nella Cc-Ti il partner ideale, che dispone dei contatti necessari con il mondo economico e politico, oltre che con le aziende del territorio, svolgendo un ruolo direzionale su mandato di Swiss Medtech», dichiara Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech.
Il segretariato sarà supportato da un comitato costituito da una decina di personalità del settore medtech ticinese, sotto la guida di Giuseppe Perale – che assume il ruolo di Presidente della Sezione ticinese – cofondatore di un’impresa hightech, che si dedica alla medicina rigenerativa.
«Il Ticino vanta ampie competenze medtech a livello universitario e industriale. Per contro, le imprese medtech ticinesi aderenti a Swiss Medtech possono farsi ascoltare meglio», Perale ne è certo.

L’importanza di avere una bussola che funzioni

È da un quadro d’instabilità generale che ha preso le mosse la relazione del Presidente Andrea Gehri alla 105esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti, svoltasi a Bellinzona lo scorso 14 ottobre 2022). Una relazione che per lo spessore dell’analisi, gli spunti di riflessione e le proposte concrete, è opportuno ripercorrere nei suoi più importanti passaggi.

Sappiamo bene che per l’economia, e per tutta la società, l’incertezza rappresenta uno dei nemici e dei veleni peggiori – ha avvertito il Presidente –, perché impedisce alle aziende di pianificare, di investire, di creare nuovi posti di lavoro e non permette di progettare seriamente il proprio futuro”.
Una minaccia che potrebbe compromettere il nostro tessuto produttivo, pregiudicando la crescita economica, sociale e occupazionale del Cantone, ma di cui il mondo politico non pare sia pienamente consapevole.

A preoccupare la Cc-Ti e le imprese, ha rilevato Gehri, c’è, infatti, anche una polarizzazione della politica”, in cui si agitano e si rincorrono mille promesse di ridistribuzione delle risorse finanziarie pubbliche. Senza domandarsi se esse siano sufficienti o meno, ma soprattutto senza curarsi del fatto che queste risorse non sono infinite e che esse, prima di essere ridistribuite, vanno create. Senza curarsi di salvaguardare e migliorare le condizioni quadro che permettono alle aziende di continuare a generare la ricchezza di cui poi beneficia tutta la società, in termini di salari, impieghi, gettito fiscale, prestazioni sociali e aiuti alle fasce più deboli della popolazione. Ridistribuire la ricchezza, a suon di slogan e rivendicazioni, è molto più facile che produrla.

Un’economia resiliente

A produrre la ricchezza della Nazione e del Cantone, siamo tutti noi, è l’economia che, con grande sacrificio, credibilità e senso di responsabilità sociale d’impresa, lavora quotidianamente per mantenere, creare impieghi e benessere nel territorio” ha sottolineato il Presidente.
Ma l’economia, ha ammonito, non può essere trattata alla stregua di un bancomat, da cui prelevare senza riguardi, perché convinti che i soldi ci sono e ci saranno sempre. Un modo di procedere miope e pericoloso che mortifica lo spirito imprenditoriale, scoraggia le aziende già alle prese con un deteriorarsi delle condizioni quadro, che penalizza l’attività produttiva frenandone lo slancio competitivo.
Non è una situazione rassicurante, soprattutto se si guarda ai vantaggi e alle opportunità che offrono altri Paesi, ma anche molti altri Cantoni, a chi vuole fare impresa. Nonostante un contesto generale di ingiustificata ostilità verso l’economia, nonostante i tempi incerti e difficili, le aziende svizzere e ticinesi in questi anni hanno dato prova di una concreta e invidiabile resilienza.

La capacità di adattamento delle nostre imprese costituisce una delle poche certezze odierne. Benché qualcuno per mero calcolo politico – si rimarca nella relazione presidenziale – continui a mettere in dubbio il fatto che disponiamo di un tessuto economico cantonale sano, diversificato e solido”.

A certificarlo ci sono infatti cifre, studi e dati oggettivi che, però, sono scientemente e bellamente ignorati. Per dare spazio, invece, a polemiche sterili, a critiche strumentali e persino alla sconsiderata esultanza di una certa politica quando qualche grande gruppo straniero lascia dal Ticino. Non ci si rende conto di cosa significhi per un imprenditore che, dopo aver affrontato le restrizioni di due anni di pandemia (i ripetuti lockdown che hanno destabilizzato il sistema produttivo, le gravi smagliature nella rete logistica internazionale e i forti rincari delle materie prime), dover tenere testa ora anche ai devastanti contraccolpi della guerra in Ucraina: l’inasprirsi della crisi energetica, i prezzi insostenibili e altamente volatili di gas e petrolio, l’inflazione, i ritardi nelle forniture, le filiere produttive frammentate, i mercati sempre più condizionati alle tensioni geopolitiche. Non si vuol capire, o si fa finta di non capire, quanta tenacia, determinazione e senso di responsabilità siano necessarie per continuare a fare impresa in tempi in cui non si sa più cosa può succedere dall’oggi al domani.

La Cc-Ti è preoccupata per una certa mancanza di spirito costruttivo, per l’assenza di una reale volontà di affrontare seriamente le grandi emergenze del nostro tempo. Tanto più in una fase storica come questa, densa d’incognite e sfide impreviste che imporrebbe, invece, fronti compatti e unità d’intenti nell’interesse di tutto il Paese, pur nel rispetto delle diverse opinioni ed esigenze.

Ogni kilowattora conta

La grande sfida di oggi è l’approvvigionamento energetico perché esso investe trasversalmente tutti: l’economia, la società e le istituzioni. Su questa emergenza la Cc-Ti sta lavorando di concerto con le Aziende di distribuzione dell’energia in Ticino per sostenere i settori produttivi più in difficoltà.

L’obbiettivo comune è di trovare soluzioni pragmatiche che, senza intaccare le capacità d’investimento delle Aziende elettriche, indispensabili per l’innovazione tecnologica e la sicurezza e delle loro infrastrutture, possano comunque offrire un aiuto concreto alle imprese.

A questo proposito, dal palco della 105esima Assemblea Generale il Presidente Gehri ha sollecitato un deciso intervento di Confederazione, Cantone e Comuni su due componenti chiave del prezzo dell’energia: le tasse e i tributi. Sospendere temporaneamente il pagamento del contributo al fondo cantonale per la promozione delle energie rinnovabili, ad esempio, oppure della tassa d’uso sul demanio pubblico sarebbe un segnale importante, perché si alleggerirebbero di questi oneri le bollette di famiglie e imprese.

Altrettanto significativa sarebbe la rinuncia alla distribuzione dei dividendi agli enti pubblici, proprietari di quasi tutte le Aziende di distribuzione di energia. Per i Comuni ciò rappresenterebbe solo un piccolo sacrificio che testimonierebbe, però, la volontà di uscire tutti assieme da questa crisi. Si tratta di rinunciare ad incassare qualcosa oggi per non dover pagare un prezzo più alto domani con l’impoverimento del tessuto economico locale.
Parafrasando il Consigliere federale Guy Parmelin, Gehri ha ricordato che se “ogni kilowattora conta”, per le aziende e i cittadini anche “ogni centesimo conta”. Di fronte ad una crisi che sta mettendo a dura prova la tenuta economica del Paese, che erode i redditi delle famiglie, è legittimo aspettarsi dallo Stato misure decise e tempestive. Alle scontate critiche di chi rimprovera agli imprenditori di battere nuovamente cassa dopo aver già ricevuto sostanziosi aiuti pubblici durante la pandemia, il Presidente ha replicato che alle imprese non sono stati fatti regali. Pur riconoscendo l’importanza degli interventi di Confederazione e Cantone, non va, infatti, dimenticato che i crediti Covid sono soldi che vanno restituiti, che le indennità ricevute per il lavoro ridotto non sono altro che i contributi assicurativi pagati prima da datori di lavoro e dipendenti, che i risarcimenti per le chiusure forzate sono un tributo dovuto dallo Stato quando, per un motivo qualsiasi, esso
proibisce un’attività assolutamente legale.

Critiche, dunque, prive di fondamento, ma che si scrivono in quella cultura di ostentata ostilità alle imprese e al profitto, di ideologica avversione alla ricchezza, ai ricchi o presunti tali, che oggi vuole rimettere in discussione anche le necessarie riforme fiscali già concordate e approvate dal popolo qualche anno fa.

La Cc-Ti, voi con noi

Mettere continuamente alla gogna gli imprenditori è da irresponsabili, realizzare degli utili non è un peccato mortale, ha ribadito il Presidente. Poiché solo se ci sono degli utili si può investire nello sviluppo delle aziende, garantendo la loro competitività, i posti di lavoro, la formazione e il gettito fiscale. Ecco un aspetto fondamentale, ma sin troppo sottaciuto e sminuito, di quella responsabilità sociale delle imprese che in Ticino non è di certo inferiore agli altri Cantoni.
Tema questo su cui, peraltro, la Cc-Ti lavora alacremente da anni, creando da ultimo, in collaborazione col DFE e a proprie spese, nuovi e incisivi strumenti per incrementare le buone pratiche della CSR, sempre più importante per il territorio e i mercati internazionali.

Ma la responsabilità sociale è di tutti, nessuno escluso”, ha sottolineato Gehri, non la si può interpretare a senso unico. Allora, è doveroso chiedersi: “Il parlamentare che scientemente vota una legge illegale è socialmente responsabile? No; il giornalista che accusa qualcuno di nefandezze di ogni genere senza la minima verifica preventiva, salvo poi scoprire che si tratta di pure illazioni, è socialmente responsabile? No; la difesa ad oltranza di certificati medici di comodo per dipendenti irrispettosi è socialmente responsabile? No; coloro che, pur non mancando di mezzi finanziari, alimentano gli acquisti e la spesa all’estero sono socialmente responsabili? No; è da considerare un comportamento socialmente responsabile rivendicare già da adesso un ulteriore aumento da 20.25 franchi a 22.50 franchi/ ora del salario minimo decretato appena un anno fa, senza che si sia ancora raggiunta la scala di progressione prevista entro il 2024? No. La responsabilità sociale non è un menù à la carte da cui scegliere ciò che più torna comodo, ma deve essere un principio, una linea di condotta che ci deve accompagnare tutti e sempre”.

Non si è mancato, infine, di ricordare il lavoro della Cc-Ti per sostenere la crescita delle aziende, a beneficio anche del territorio della popolazione. La vasta offerta di servizi e consulenze, l’organizzazione di molteplici eventi d’informazione e confronto sui temi economici di più stretta attualità, l’apertura e l’accompagnamento sui mercati esteri con un ‘Servizio internazionale’ che rappresenta un unicum a livello nazionale e un modello per le Camere degli altri Cantoni, la formazione continua con un centinaio di corsi annuali, i percorsi formativi di gestione aziendale, l’intenso rapporto con le Camere di commercio e dell’industria svizzere ed europee, fondamentale per sottolineare la realtà ticinese a livello nazionale e internazionale.

I collaboratori della Cc-Ti pronti ad intervenire in caso di arresto cardiocircolatorio

Un personale correttamente formato permette di intervenire rapidamente ed in maniera efficace in attesa dell’arrivo dei soccorsi professionali contenendo i danni fisici subiti in caso di malore o infortunio. Dei semplici gesti che possono salvare una vita. Per tale motivo, alcuni collaboratori della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) hanno avuto la possibilità di partecipare al corso di primo soccorso “BLS-DAE SRC 4h” presso Croce Verde Lugano.

Già nel gennaio 2018 alcuni dipendenti della Cc-Ti avevano aderito a questa proposta formativa, certificandosi.

I partecipanti hanno acquisito le nozioni di base e le capacità necessarie a soccorrere la persona colta da arresto cardiocircolatorio (ACR) e di sostenere le funzioni vitali per mezzo della rianimazione cardiopolmonare e l’uso del defibrillatore (DAE). Questa formazione ha inoltre permesso al team Cc-Ti di aggiornare alcune conoscenze e tecniche di base per riconoscere e far fronte a situazioni che potrebbero sfociare in un ACR.

I corsi di formazione erogati da Croce Verde Lugano sono organizzati secondo le raccomandazioni dello Swiss Resuscitation Council (SRC) e le linee guida 2020 della International Liason Committee on Resuscitation (ILCOR). Al termine della formazione BLS viene rilasciata una certificazione di abilitazione alla rianimazione e defibrillazione, riconosciuta a livello europeo con una validità di 2 anni. Successivamente sarà possibile effettuare il corso BLS Refresh.

La formazione BLS permette inoltre di aderire alla rete dei “First Responder”, modello organizzativo innovativo ideato dalla Fondazione Ticino Cuore e dalla Federazione Cantonale Ticinese Servizi Ambulanze (FCTSA) nell’ambito del “piano cantonale di intervento in caso di arresto cardiaco e rianimazione precoce”.

La rete “First Responder” è costituita infatti da un insieme di persone ed istituzioni che, su base volontaria, hanno dato la propria disponibilità ad essere allarmati da Ticino Soccorso 144 per situazioni di arresto cardiaco.

Nel nostro Cantone si contano annualmente tra i 250 e 300 arresti cardiaci improvvisi con una sopravvivenza globale del 14%, che aumenta fino al 55% in caso di fibrillazione ventricolare. Ad ogni minuto di ritardo nella defibrillazione la probabilità di successo per una rianimazione efficace si riduce del 7-10%.

Il sistema di emergenza territoriale ticinese generalmente giunge sul paziente colpito da ACR improvviso mediamente in 9 minuti. I tempi di arrivo sul luogo sono influenzati da diversi fattori quali la distribuzione della popolazione, il tipo di territorio, le caratteristiche dell’organizzazione dei servizi di soccorso sanitario ed altre variabili.

La scelta della Cc-Ti di partecipare nuovamente alle iniziative proposte da Croce Verde Lugano è stata dettata dalla volontà di fornire ai propri dipendenti un’importante ed utile formazione di malore o infortunio.

Inoltre, con questa partecipazione, la Cc-Ti tiene a sensibilizzare le aziende sull’importanza di avvicinarsi alle tecniche di primo soccorso, con lo scopo di incrementare la rete di persone abilitate ad intervenire in caso di arresto cardiocircolatorio e di conseguenza aumentare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti.


Per un’informazione mirata sull’offerta formativa di Croce Verde Lugano è possibile contattare la Coordinatrice, Signora Remina Sorrentino: corsi@croceverde.ch – T. +41 79 762 66 22.

Malgrado un’economia che si sta dimostrando solida, le preoccupazioni sono date da tutte le incertezze che contraddistinguono il periodo attuale

Comunicato stampa della 105esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti

Il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, il Presidente della Cc-Ti Andrea Gehri e la Vice Presidente della Cc-Ti Cristina Maderni

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto il 14 ottobre 2022, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 105esima Assemblea Generale Ordinaria.
L’evento si è svolto con il fedele supporto dei due ‘Main Sponsor’ EFG Bank e Swisscom SA.

Alla presenza di circa 400 partecipanti si è svolta con successo la 105esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti.
Si sono svolti i lavori i previsti lavori assembleari, che hanno visto la nomina di quattro nuovi membri dell’Ufficio presidenziale (composto di 21 elementi in rappresentanza di tutti i settori economici del Cantone).
Sono stati nominati all’unanimità dall’Assemblea Generale Ordinaria
(in ordine alfabetico):

  • Dario a Marca, Capo vendita per la regione Ticino di Coop, in rappresentanza del settore della grande distribuzione;
  • Alessandra Juri Zanolari, contitolare della Adolfo Juri elettronica industriale SA, in rappresentanza del settore dell’industria elettronica;
  • Giuseppe Perale, professore, ricercatore e imprenditore, presidente della sezione ticinese di SwissMedtech, in rappresentanza del settore Medtech;
  • Piero Poli, CEO della Rivopharm SA e Presidente di Farma Industria Ticino, in rappresentanza del settore farmaceutico.

In seguito, vi sono stati gli interventi del Presidente Cc-Ti, Andrea Gehri, della Vicepresidente Cc-Ti, Cristina Maderni, il saluto al Presidente della Confederazione da parte del Presidente del Consiglio di Stato ticinese, On. Claudio Zali e del Consigliere di Stato Christian Vitta.
Ospite d’onore è stato, come citato, il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, intervistato dal capo edizione del telegiornale e responsabile del settore nazionale della RSI Pietro Bernaschina. L’evento è stato chiuso con la presentazione di un’opera artistica eseguita appositamente durante questa occasione dall’apprezzata artista poliedrica Serena Maisto, nata a Mendrisio e residente a Lugano.
                                                                              

Fra tessuto economico sano, incertezze mondiali e necessità di riforme

Il Presidente Andrea Gehri e la Vicepresidente Cristina Maderni hanno ribadito un’economia ticinese in linea con le tendenze del resto della svizzera da tutti i punti di vista. Le incertezze internazionali legate alla reperibilità e ai costi delle materie prime e alle difficoltà nell’ambito energetico, in particolare, rendono però la vita difficile a moltissime imprese, che si trovano a dover operare nell’insicurezza di costanti di riferimento, con evidenti difficoltà di pianificazione e di investimento.

Per questa ragione, la Cc-Ti sta lavorando da tempo a stretto contatto con le aziende ticinesi produttrici e distributrici di energia e con le Autorità per cercare di trovare soluzioni praticabili, che non creino disparità di trattamento e permettano un piano strategico valido da proporre al mondo economico.

Proprio in quest’ottica il Presidente della Cc-Ti, Andrea Gehri, ha sottolineato l’importanza di un gesto politico concertato da parte di Confederazione, Cantone e Comuni sospendendo almeno temporaneamente l’incasso dei tributi pubblici che rincarano il prezzo dell’energia. Su un tema così complesso, tutti devono essere chiamati a fare la loro parte.

È stata ribadita e sottolineata la necessità di procedere anche a concrete riflessioni in materia di riforme fiscali sul piano cantonale, mettendo in atto quanto già deciso dal popolo e promuovendo modifiche che migliorino la competitività del nostro territorio, soprattutto sul piano della fiscalità delle persone fisiche.

L’intervento presidenziale non ha tralasciato di citare i numerosi servizi che la Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia cantonale, mette a disposizione dei propri associati e l’impegno costante profuso a favore di cittadini e imprese quale mediatore in tutti i temi di attualità d’importanza per il migliore sviluppo auspicato del nostro territorio.

Unità d’intenti per centrare gli obiettivi

Il Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, Christian Vitta, ha sottolineato la grande incertezza del periodo che stiamo attraversando e i suoi risvolti concreti, in particolare per quanto concerne l’ambito energetico. Il Cantone ha istituito un apparato organizzativo al fine di monitorare costantemente la situazione ed essere pronto a reagire in caso di problemi di approvvigionamento energetico.

Ha inoltre rimarcato l’importanza di rendere il Ticino sempre più attrattivo e competitivo nel contesto nazionale e internazionale. Con questo obiettivo il Cantone continua a lavorare nella direzione di un aggiornamento del quadro fiscale: dopo le importanti riforme fiscali promosse negli scorsi anni sono attualmente in corso degli approfondimenti in vista di una futura riforma della Legge tributaria cantonale.

Il Cantone punta inoltre con determinazione sul tema dell’innovazione, in particolare attraverso la concretizzazione del Parco dell’innovazione ticinese e lo sviluppo dei suoi centri di competenza.

Ha infine ricordato l’importanza dell’unione d’intenti e del gioco di squadra, elementi che si sono rivelati fondamentali nell’affrontare la crisi pandemica e che saranno indispensabili anche per affrontare le sfide future.

In conclusione il Consigliere di Stato ha rivolto i propri ringraziamenti alla Cc-Ti per la costruttiva collaborazione e agli imprenditori che, nonostante le difficoltà del contesto, contribuiscono allo sviluppo economico del nostro Cantone e al mantenimento di posti di lavoro sul nostro territorio.  

Economia e politica internazionale

L’assemblea si è fregiata dell’intervista al Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, sollecitato su vari temi di politica internazionale dal capo edizione del telegiornale e responsabile del settore nazionale della RSI Pietro Bernaschina. È stata l’occasione per ribadire la complessità del contesto attuale e gli effetti per l’economia svizzera. Sottolineando però quanto l’economia elvetica, in un contesto di forte interdipendenza fra paesi, continui a giocare un ruolo importante anche a livello internazionale.

“Il futuro è sempre in costruzione”

Da quella frase che rappresenta lo spirito della 105esima Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti, l’artista svizzera Serena Maistro ha rappresentato con in un’opera pittorica, la spinta che immagina essere in ogni imprenditore davanti alle tante sfide: “Non essendo alberi, possiamo muoverci, provare, reinventarci, capire e vedere cosa si può creare di nuovo e cosa possiamo modificare di già esistente. Il cambiamento arriva. Che sia per decisione propria, per necessità o per obbligo, è qualcosa che ci fa evolvere.”


L’evento nei media

Stampa e portali online

L’incertezza è un’ipoteca sulle scelte delle imprese – CdT , 14.10.2022

“Chiediamo di sospendere determinati tributi” –  RSI, 14.10.2022

‘No a sfrenate corse redistributive della ricchezza’  – La Regione, 14.10.2022

105esima AGO della Cc-Ti: malgrado un’economia che si sta dimostrando solida, le preoccupazioni sono date da tutte le incertezze che contraddistinguono il periodo attuale – etcinforma.ch, 14.10.2022

Gehri: “la sensazione è che la politica stia facendo poco” –  Ticinonews, 14.10.2022

Energia, Gehri: “Serve un gesto politico da parte di tutti”. Vitta: “Monitoriamo la situazione” – Libera Tv 15.10.2022

105esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti. Ospite d’onore, Ignazio Cassis – Moneymag.ch, 14.10.202

105° Assemblea CcTi: il Ticino è pronto a reagire alle difficoltà internazionali – La pagina, 17.10.2022

Servizi video

(RSI Il Quotidiano/ Teleticino / Ticinonews)


Discorsi ed interventi

Intervento del Consigliere di Stato Christian Vitta in occasione della 105esima AGO – Repubblica & Cantone Ticino, 17.10.2022


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Approfondimenti

Leggete quanto emerso nelle precedenti Assemblee:

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Prezzi elettrici

Documenti firmati Cc-Ti

La Cc-Ti si è da tempo coinvolta e attiva sulle tematiche energetiche, ancora prima dell’inizio del conflitto Russia-Ucraina con le sue criticità.

Nel contesto della possibile penuria di gas ed elettricità e del vertiginoso aumento dei prezzi, la Cc-Ti ha chiesto alle Autorità federali che vengano disposte misure urgenti e strutturali di lungo, medio e breve termine. A livello cantonale lavoriamo a stretto contatto con il Consiglio di Stato e le aziende elettriche presenti sul nostro territorio per cercare di unire le forze e lavorare in maniera collaborativa a fronte di un comune periodo storico particolarmente difficile.

In questa pagina troverete (sempre in modo aggiornato) le nostre prese di posizioni o azioni mirate:


Scopri le misure e i comunicati sul tema pubblicati dal Consiglio federale
Energia: il Consiglio federale lancia una campagna di risparmio energetico
Energia: consultazione sulle misure previste in caso di penuria di gas
Info e consigli per le imprese

Illusione o prospettiva?

Settimana lavorativa ridotta a quattro giorni ma con salario invariato, maggiore produttività e tutti felici e contenti. È davvero così? Il tema lanciato in Ticino in occasione del 1° maggio e ripreso con sempre più insistenza dalla parte sindacale anche nelle ultime settimane non è nuovo e la Cc-Ti se ne è già occupata più volte negli scorsi mesi. In Svizzera la discussione ha avuto origine lo scorso anno dopo la pubblicazione di uno studio islandese che magnificava i risultati dell’esperimento della durata di tre anni svolto all’interno dell’amministrazione pubblica. Ecco le riflessioni sul tema del Presidente Cc-Ti Andrea Gehri.

La proposta di ridurre l’orario lavorativo settimanale mantenendo inalterato lo stipendio dei dipendenti è indiscutibilmente una prospettiva allettante basata su buone intenzioni e nobili principi. Nulla da eccepire!

Ma, come spesso accade in situazioni del genere, le buone idee possono rivelarsi spesso non ottimali e illusorie, come ben dicono i francofoni con l’espressione “une fausse bonne idée”. È evidente che il mondo del lavoro ha conosciuto e sta conoscendo profonde trasformazioni, basti pensare allo sviluppo del telelavoro durante il periodo pandemico. Tuttavia, un’attenta analisi della questione della settimana di quattro giorni a salario invariato mette chiaramente in risalto gli aspetti più ostici e l’effettivo costo dell’eventuale provvedimento.

“Risultati sorprendenti” e “successo travolgente” in termini di salute e rendimento, queste le espressioni usate da alcuni ricercatori in merito all’esperimento islandese che ha coinvolto circa 2’500 lavoratori i cui orari d’impiego sono stati ridotti a parità di retribuzione tra il 2015 e il 2019. Esiti positivi, rivisitazione dei modelli esistenti, ecc..

Partiamo da una riflessione che è un fatto. lo studio ha valutato solo il settore pubblico, le cui peculiarità non sono certamente migliori né peggiori dell’economia privata, ma senza dubbio molto, ma molto differenti. Basti solo pensare che il pubblico non è ovviamente confrontato con la logica di mercato e della concorrenza e pertanto il costo del lavoro non rappresenta un criterio di confronto fortemente rilevante.  Quindi poco probante, tanto più, e qui vi è un secondo punto critico, che la struttura economica della repubblica nordica (basata in modo preponderante sulla pesca) difficilmente può fungere da diretto confronto per la Svizzera.

Se è vero che diverse nazioni stanno seguendo la scia di sperimentazioni analoghe, ogni caso va giudicato in maniera individuale. Evitiamo di prendere ad esempio la Francia, che dall’introduzione delle 35 ore settimanali obbligatorie ha dovuto inventarsi artifici legislativi per gestire in modo differente quelle che sono diventate numerose ore supplementari (con costi maggiorati per le aziende e una burocrazia spaventosa). Citiamo la Spagna, che ha adottato il progetto pilota delle 32 ore, ma per incentivare le imprese a parteciparvi lo Stato interviene assumendosi parte dei costi. Non propriamente una idea brillante!

In alcuni Paesi, fra cui anche la Svizzera, la settimana di quattro giorni è stata introdotta da singole aziende o determinate categorie di professioni. Qui sta il punto. Chi può adottare nuovi modelli di lavoro creativi lo fa senza esitare. È il caso di un ufficio di progettazione di software svizzero, sempre citato quale esempio, ma che per la natura della sua attività e del suo prodotto può permettersi una settimana di quattro giorni senza riduzione di salario. Anche perché i margini di guadagno e il valore aggiunto generato lo permettono, aspetti questi non scontati per altri settori economici.

Ipotizzare quindi un obbligo generalizzato è semplicemente fuori dalla realtà economica. Ognuno deve avere la facoltà di decidere, tenendo conto della realtà in cui opera. Le molte considerazioni su benessere, produttività e competizione con datori di lavoro più attrattivi ecc., vanno lasciate alle singole imprese o eventualmente alle categorie. Un diktat statale non avrebbe alcun senso e illuderebbe i lavoratori a pensare che lavorando meno si guadagna di più. Tutt’altro, lavorando meno si spenderebbe di più, senza peraltro averne le necessarie risorse o maggiorate.

Questo non significa assolutamente sminuire l’importanza del fattore salute e benessere sul posto di lavoro. Anzi! È sempre più un fattore di competitività e pragmatismo.

Ma la questione è ben più complessa e delicata di quanto alcuni abbiano interesse a dipingerla e il rovescio della medaglia poco positivo. In sostanza, misure generalizzate non sono applicabili a tutte le realtà professionali e il rischio poi che si vada incontro ad una riduzione dei giorni lavorativi ma non delle ore settimanali complessive è altrettanto elevato. Il già citato esempio francese è illuminante, visto che il cospicuo numero di straordinari rendono di fatto le 35 ore d’impiego una mera clausola formale, senza peraltro aver generato il benessere auspicato. Inoltre, la maggiore flessibilità cercata oggi da molte persone non è necessariamente legata ad uno schema fisso come quello offerto dalla settimana lavorativa ristretta. Senza dimenticare che il mantenimento intatto della rimunerazione a fronte di un tempo d’impiego ridotto porta inevitabilmente all’insorgere di un problema di costo del lavoro e al bisogno di assumere personale aggiuntivo, fattore non banale data l’attuale e ormai cronica carenza di manodopera qualificata.

Non dobbiamo poi dimenticare le origini del benessere costruito in Svizzera nel corso dei decenni, bene che tutti ci riconoscono e che molti Stati prendono come esempio. Il successo del modello svizzero è senza dubbio costituito da principi sacrosanti quali, passione nel lavoro, attitudine al sacrificio, serietà e dedizione. Vogliamo veramente metter in dubbio principi che hanno favorito il benessere generale di cui la nostra società beneficia?

Grazie alla proverbiale attitudine positiva al lavoro e alla capacità di creare valore aggiunto della sua economia, la Svizzera non teme confronti al mondo e assicura una ridistribuzione della ricchezza equilibrata e capillare a sostegno delle fasce della popolazione meno fortunate.

È quindi fondamentale lasciare ad ogni azienda la libertà di scelta in base alle proprie esigenze e disponibilità piuttosto che imporre indistintamente un rigido piano che non tiene conto minimamente delle situazioni individuali e per il quale pagheremmo tutti conseguenze importanti, al momento non quantificabili.

L’illusione della settimana lavorativa di 4 giorni con il miraggio di una maggiore produttività, migliore qualità di vita e benessere psicologico si scontra inevitabilmente con la realtà dei fatti.

Il costo del lavoro aumenterebbe sostanzialmente attraverso l’assunzione di maggior personale (ammesso che lo si trovi) e l’azienda si troverebbe inevitabilmente confrontata con costi di produzione che, in un mercato come il nostro, rischierebbe di penalizzarla fatalmente.

Se le aziende non integrassero nuovo personale, perché non ne hanno le risorse, il rischio consisterebbe nella riduzione delle attività e servizi offerti, che applicando un nuovo ritmo di lavoro si tradurrebbe in un maggiore carico di lavoro per i dipendenti, favorendo l’insorgere di ansia, stress e rischio di burnout. L’esatto contrario di quanto atteso.

Dulcis in fundo …. Il mondo d’oggi, non solo per le aziende che affrontano un mercato globale, richiede, flessibilità disponibilità e reperibilità continua, indipendentemente dall’orario. L’aspettativa del cliente si scontra innegabilmente con una settimana lavorativa ridotta, soprattutto quando viene richiesta l’interazione con un unico referente. Lavorare meno e guadagnare di più è quindi una pia illusione!

Votazioni federali del 25 settembre 2022: raccomandazioni di voto della Cc-Ti

Ecco la nostra presa di posizione

NO all’iniziativa sull’allevamento intensivo

Iniziativa sull’allevamento intensivo
L’iniziativa sull’allevamento intensivo ha come obiettivo di tutelare la dignità dell’animale nel settore della custodia degli animali a fini agricoli e vietare l’allevamento intensivo. Il Consiglio federale e il Parlamento respingono l’iniziativa, poiché l’attuale legislazione sulla protezione degli animali già vieta l’allevamento intensivo e protegge il benessere individuale degli animali, indipendentemente dal numero di animali. Un risultato positivo all’iniziativa avrebbe come conseguenza di indebolire la competitività dell’agricoltura Svizzera. Aumento dei costi legati agli ampliamenti delle strutture, condizioni di produzione restrittive con conseguente riduzione dell’offerta di prodotti svizzeri e locali causerebbero un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari agricoli di origine animale (latte, uova e carne) in Svizzera, incoraggiando così anche il turismo degli acquisti. La conseguenza sarà così una diminuzione dell’offerta interna e per contro un aumento delle importazioni rese però complicate da standard più restrittivi.


Sì alla Stabilizzazione AVS (AVS 21)

Finanziamento supplementare dell’AVS mediante l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e modifica della Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti
Il Parlamento ha adottato la riforma AVS 21 il 17 dicembre 2021. Lo scopo è quello di garantire l’equilibrio finanziario dell’AVS, nonché di mantenere il livello delle prestazioni dell’AVS. La popolazione svizzera si pronuncerà, da un lato, sull’aumento dell’IVA (decreto federale), sottoposto al referendum obbligatorio e, dall’altro, sul progetto di nuova legge sull’AVS, contro il quale un referendum aveva avuto esito. L’aumento dell’aspettativa di vita ha fatto sì che le persone vivono più a lungo e in buona salute per più tempo. L’invecchiamento della popolazione sta avendo come conseguenza un peggioramento delle finanze AVS.
Il numero di persone in età pensionabile è maggiore rispetto al numero di persone che inizia a lavorare. Continuando così, in futuro, l’AVS dovrà far conto a un numero maggiore di uscite rispetto alle entrate.
La riforma AVS 21 può quindi essere il primo passo verso la sicurezza finanziaria dell’AVS.
Ecco una panoramica delle principali misure della riforma:


• Introduce l’età di pensionamento unica di 65 anni per uomini e donne. L’età di pensionamento delle donne viene portato da 64 a 65 in modo graduale. Le donne nate tra il 1961 e il 1969 potranno andare in pensione anticipata a condizioni favorevoli. Se invece andranno a 65 anni riceveranno un supplemento sulla rendita AVS.
• Maggiore flessibilità. Con la riforma AVS 21 si avrà la possibilità di percepire la rendita di vecchiaia tra i 63 e i 70 anni nell’AVS e nella previdenza professionale obbligatoria (per uomini e donne). Passaggio progressivo dalla vita lavorativa alla pensione grazie alla possibilità di anticipare o aggiornare una parte della rendita.
• Incitazione a continuare l’attività lucrativa oltre i 65 anni. A determinate condizioni chi continua a lavorare oltre i 65 anni potrà colmare eventuali lacune e migliorare di conseguenza la propria rendita.
• L’IVA sarà aumentata per generare entrate a favore dell’AVS. L’aliquota ridotta passerà dal 2.5 al 2.6 per cento, mentre quella normale dal 7.7 al 8.1 per cento.

La Cc-Ti sostiene dunque il progetto AVS 21. Dice si all’aumento dell’IVA e sì alla legge sull’AVS.


Sì alla riforma sull’Imposta preventiva

Il prossimo 25 settembre ci esprimeremo sulla riforma dell’imposta preventiva. La riforma è stata voluta dal Consiglio federale dopo aver riconosciuto lo svantaggio che questa rappresenta per il nostro Paese. L’obiettivo della riforma è di mantenere la Svizzera competitiva e rafforzare la propria attrattività come piazza economica. La riforma mira principalmente a eliminare l’imposta preventiva sulle nuove obbligazioni. In molti paesi questa imposta non esiste o le aliquote fiscali sono più basse, rendendo così le obbligazioni svizzere poco interessanti. Il mercato dei capitali terzi in Svizzera è poco sviluppato e di conseguenza la creazione di valore e di posti di lavoro nel settore finanziario avvengono all’estero. Ma, soprattutto, l’imposta preventiva rappresenta un freno evidente alle possibilità di finanziamento delle aziende in Svizzera. L’abolizione dell’imposta preventiva è attesa da tempo e porterebbe numerosi vantaggi al nostro paese.
In primo luogo, la riforma riporterebbe in Svizzera le aziende che svolgono attività finanziarie con obbligazioni all’estero. Questo rilancerebbe il mercato dei capitali elvetico aprendo nuove opportunità anche per le PMI. Attualmente è chiaro che questa tassa sfavorisce le imprese svizzere. Per le aziende, infatti, il finanziamento è più costoso e le pone in una posizione svantaggiosa rispetto alla concorrenza estera. L’abolizione di questa tassa renderebbe possibile una maggiore vendita delle obbligazioni svizzere e permetterebbe alle aziende svizzere di reperire anche capitali e fondi stranieri così da aumentare la propria competitività e guadagnare nuova visibilità sui mercati.
Senza l’imposta preventiva, per le aziende sarebbe più attrattivo e più facile vendere le obbligazioni, per cui a medio termine aumenterebbero le entrate fiscali. La riforma porterebbe infatti un gettito fiscale aggiuntivo di 350 milioni di franchi all‘anno entro cinque anni, importo che aumenterebbe, entro dieci anni, fino a 490 milioni di franchi all‘anno. Le maggiori entrate andrebbero a beneficio di tutte le cittadine e i cittadini. Rimpatriare aziende, significa anche creare nuovi posti di lavoro e valore in Svizzera. Infine, grazie alla riforma dell’imposta preventiva, lo Stato, i Cantoni, i Comuni, il servizio pubblico come ospedali, società di trasporto e settori come quello energetico e della sostenibilità, risparmierebbero quando devono finanziarsi. Questo va a vantaggio di tutta la popolazione e quindi del nostro benessere.


Link utili
Le spiegazioni del Consiglio federale sugli oggetti in votazione

Inchiesta congiunturale autunno 2022

L’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera romanda è giunta alla sua 13esima edizione. È possibile compilare il tutto online su www.enquetecci.ch. Termine: 17.10.2022.

In qualità di Associazione mantello dell’economia cantonale ticinese contiamo ormai da 13 anni sulla preziosa collaborazione delle aziende affiliate per raccogliere dati essenziali sullo stato di salute dell’economia ticinese. Ogni anno, quanto raccolto, viene sistematicamente confermato dai dati ufficiali, a conferma dell’affidabilità dei nostri rilevamenti e delle vostre risposte.

Affidabilità e serietà ampiamente riconosciute dalle Autorità federali e cantonali, per cui lo strumento dell’inchiesta congiunturale è più che mai importante per la Cc-Ti a tutela degli interessi degli associati.

Oltre alle usuali domande generali riguardanti l’attività aziendale, l’inchiesta quest’anno comprende un capitolo specifico dedicato alla questione dell’approvvigionamento in senso lato (energia, costi, reperibilità delle materie prime, ecc.). Temi complessi, legati fra loro e dipendenti da dinamiche poco controllabili, eterogenee e internazionali.

Il Consiglio federale ha comunicato che sta valutando la situazione con attenzione, ma apparentemente sta lavorando soprattutto su scenari che andrebbero a colpire principalmente le aziende, obbligandole a una riduzione dell’attività produttiva.

È pertanto fondamentale che emergano in modo chiaro e massiccio le difficoltà per le imprese sul delicato tema dell’energia in particolare, anche per evitare scenari che contrappongano artificialmente l’economia a cittadine e cittadini. Tutti saremo probabilmente chiamati a fare sacrifici, vanno quindi fronteggiati interventi eccessivamente penalizzanti e puntuali per le attività economiche.

I risultati dell’inchiesta saranno presentati ufficialmente e poi pubblicati sui nostri usuali canali di comunicazione (Ticino Business, newsletter, sito internet www.cc-ti.ch, Facebook, Instagram, Twitter e YouTube) in forma anonima.


Istruzioni per la compilazione ai soci Cc-Ti:

L’inchiesta deve essere compilata e rispedita entro il 17 ottobre 2022, attraverso una delle seguenti modalità a vostra scelta:

La volontà è la forza motrice

La recente comunicazione della Commissione federale dell’energia elettrica (ElCom), secondo cui dobbiamo prepararci a un’eventuale penuria di corrente, non fa che confermare quanto la situazione in campo energetico sia delicata.

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Conflitto russo-ucraino, interruzione dell’erogazione di gas, siccità costituiscono un mix ad alto rischio. La valutazione dell’El-Com è ovviamente inquietante benché non sorprendente e mette chiaramente in chiaro quanto gli equilibri nel campo dell’energia siano delicati e legati a dinamiche eternogenee, fra le quali, non di meno, quelle internazionali. Da una parte vi è l’interdipendenza di una moltitudine di fattori interni (come il livello dei laghi artificiali e la manutenzione delle centrali nucleari), dall’altra parte la dipendenza da quanto avviene sullo scenario internazionale (non solo il gas, ma anche le centrali nucleari francesi ad esempio). Il fattore geopolitico in mutamento sia continuo che preoccupante, esige una politica pronta alla flessibilità e mutazione in tempi brevi e volta a coniugare le legittime pluralità ed esigenze delle posizioni sociali.
Il Consiglio federale ha comunicato che sta valutando, con attenzione, la situazione e che darà indicazioni più precise entro fine agosto. Bene, prendiamo atto fiduciosi, anche se le prime, provvisorie indicazioni non ci permettono di esserlo pienamente, visto che apparentemente si lavora soprattutto su scenari che andrebbero a colpire principalmente e in primo luogo, le aziende, obbligandole a una riduzione dell’indice produttivo, limitandone significativamente le attività. Non è pragmaticamente corretto pensare di poter scindere, nuovamente, l’economia dai cittadini. In più occasioni abbiamo sottolineato come alcune risoluzioni settoriali, mettano a grave rischio la serenità delle persone che, proprio da queste attività dipendono. Ci siamo messi alle spalle l’effetto “domino” delle chiusure in pandemia? Per memoria storica, non più di un anno fa, abbiamo potuto, purtroppo, constatare il costo umano e finanziario di scelte di parte.

Quali insegnamenti?

L’illusione di una scelta di transizione energetica unilaterale, tra eolica e solare, sta tramontando. Si tratta di vettori indubbiamente strategici per il futuro e da promuovere con decisione, ma oggi non ancora sufficienti per sostituire completamente i combustibili fossili. E saranno comunque necessari investimenti di proporzioni enormi e tempi di realizzazione lunghi per arrivare a un “Green Deal” energetico. Magari alleggerendo un po’ anche le procedure che oggi impongono tempi eccessivamente lunghi per alzare le dighe (procedura di per sé già impegnativa anche dal punto di vista logistico), o per prevedere pale eoliche o coperture fotovoltaiche massicce in talune valli. È indicativo che l’Unione europea, quasi per magia e ammettendo di fatto la difficoltà della transizione energetica, qualche settimana fa abbia improvvisamente stabilito prodotta con il gas
sono “verdi ”. Forse meglio delle centrali che l’energia nucleare e quella a carbone che Francia e Germania si trovano costrette, frettolosamente, a dover riattivare…

Le dipendenze sono sempre tortuose

Si fa presto a dire che occorre ridurre la dipendenza dall’energia fossile. Si dimentica però spesso che le implicazioni sono molteplici. Il primo ragionamento di utilizzo va a quello pratico quotidiano che tutti conosciamo e utilizziamo. Ma i materiali sono le fondamenta di molteplici altri funzionamenti che, senza accorgerci, utilizziamo con disinvoltura e senza troppe riflessioni sulle loro componenti base. Ad esempio, rinunciare al petrolio come fonte energetica è un’operazione delicata e per niente scontata, perché dal greggio non si ricavano soltanto benzina, gasolio e olio combustibile, che a tutt’oggi muovono i trasporti privati e pubblici e riscaldano gran parte degli edifici privati e pubblici in tutto il mondo. Esso serve anche per produrre oli lubrificanti, paraffina, asfalto, catrame e i polimeri, ossia la maggior parte delle materie plastiche indispensabili, ad esempio, nell’edilizia, nell’industria e nella distribuzione commerciale. Quali alternative? Ricerca e innovazione su materiali alternativi, ma anche questo non si realizza da un giorno all’altro, ma richiedono anni di ricerche che richiedono investimenti corposi. La garanzia di un risultato sostenibile e pratico non è sempre scontata e così, bisogna continuare o, a volte, ricominciare. La fretta non è compresa certamente in questi percorsi e neanche la copertura infinita finanziaria, che spesso, nel frattempo deve invece coprire altre esigenze sociali prevalenti.

La realtà è il punto di partenza

La dipendenza energetica o dalle materie prime in generale sembra a volta un argomento un po’ astratto concernente, in prevalenza, i massimi sistemi. Con una facile riflessione è però facile comprendere come in realtà vi siano risvolti concreti sulla vita quotidiana di tutti. Prendiamo il caso del caro a tutti, telefono cellulare.

Sciences Avenir – «Les éléments chimiques qui composent nos smartphones»

Come si può vedere nell’immagine, un IPhone è composto da circa una quarantina di elementi, fra metalli rari, semimetalli e altri. Dai più conosciuti come il cobalto, il litio, l’alluminio, il rame, il piombo e il fosforo, ad altri dai nomi più esotici (almeno per i profani) come il gallio, l’indio e il gadolinio. Materie estratte nei paesi più disparati, anche se, in media il 54% della produzione mondiale è in mano cinese. Per alcune materie si raggiunge anche l’80%. La dipendenza delle importazioni europee da fornitori come la Cina o il
Congo varia da un 30% per il cobalto al 100% per il magnesio. Già abbiamo sottolineato più volte come la Cina controlli anche oltre il 90% del mercato globale dei pannelli fotovoltaici. Analogo discorso vale pure per la tanto decantata svolta elettrica del parco dei veicoli.
Anche in questo ambito, ca. il 90% della produzione mondiale di terre rare, leggere e pesanti, indispensabili per tali mezzi di trasporto, è di origine cinese. Cerio, lantanio, zirconio, neodimio, europio, ittrio, disprosio, praseodimio, terbio, tutti metalli che confluiscono nella produzione di un’automobile elettrica o ibrida, il doppio di una vettura a benzina. In particolare, per le batterie dei veicoli elettrici, è essenziale il cobalto, soprattutto per gli accumulatori di nuova generazione, prodotto anch’esso, nella misura del 71%, da Cina e Congo. Alternative dal Canada e dall’Australia sono insufficienti. Così come non è trascurabile il fatto che la Russia sia anche un Paese leader nelle forniture di palladio e rodio indispensabili nell’industria automobilistica. Senza dimenticare che la produzione di semiconduttori dipendeva in buona parte anche dal gas neon che arrivava da Mariupol e Odessa. Interi popoli in grave emergenza da dipendenze vitali e che sottolineano come solo un pensiero evolutivo sociale, nella sua interezza e che non dimentichi le interdipendenze sul campo, possa fare fronte alle sfide mondiali. Una Russia che insieme all’Ucraina assicurava il 28% del grano, il 29% dell’orzo, il 15% del mais e il 75% dell’olio di girasole che si consumano a livello mondiale ha inevitabilmente e pericolosamente sconvolto l’agenda delle priorità e messo in evidenza la fragilità dei sistemi. Cambiare le tendenze non può funzionare in tempi brevi. Non siamo pronti. Non abbiamo pensato, per molto tempo, di doverci preparare in tempi brevi. Va preso atto di questa ovvietà per costruire una politica seria in ambito energetico e di approvvigionamento generale. Soluzioni ve ne sarebbero in teoria, visto che ad esempio la zona dell’Extremadura in Spagna è ricca di litio e di cobalto, ma la popolazione si oppone all’estrazione. Scelta legittima, come sono legittime le proteste in Finlandia contro le già esistenti miniere di estrazione del cobalto, per l’impatto ecologico. Ma, come sempre, si tratta di scelte e priorità. In tutti gli ambiti se non si è disposti a determinati sacrifici occorre in qualche modo pagarne
il prezzo. Il costo è alto per tutti, nessuno escluso. Ma poi le lamentele non sono più accettabili o legittime. È importante scegliere, nell’emergenza, una direzione, senza tuttavia dimenticare le altre. Le scelte difficili sono i passi che devono guardare al passato e al futuro per affrontare il presente.

Nessuna soluzione?

In sostanza, un mondo molto complesso, interconnesso su tantissimi livelli diversi fra loro, che rende difficili le decisioni, smentendo puntualmente chi “la fa facile”, promettendo soluzioni rapide, indolori, ideali per tutti. La realtà è molto diversa. Corretto cercare di ridurre le dipendenze, illusorio pensare di eliminarle, sbagliato vendere ipotetiche soluzioni nuove con faciloneria. In realtà tutti siamo chiamati a fare sacrifici e sarebbe sbagliato e pericoloso limitarsi interrompendo o limitando determinate attività aziendali, considerate troppo energivore. Sarebbe un messaggio doppiamente sbagliato, economicamente e socialmente. All’interno di un equilibrio fortemente delicato, sottovalutare o colpire un solo tassello innescherebbe quell’effetto a domino che avremmo già dovuto apprendere durante la fase più dura della pandemia e non dimenticato da molti imprenditori che, ancora oggi, stanno lottando per riattivare e sostenere le proprie attività, collaboratori compresi. Dal punto di vista economico perché minaccerebbe molti posti di lavoro e porrebbe limiti ulteriori a determinati approvvigionamenti, rendendo di conseguenza le dipendenze l’unica via di uscita. È proprio la tendenza che stiamo faticosamente cercando di contrastare. Dal punto di vista sociale perché si proporrebbe nuovamente una spaccatura fra economia e cittadine e cittadini, quando in realtà l’economia siamo tutti noi, nessuno escluso. Le intenzioni interconnesse per una soluzione ottimale deve comprendere tutte le parti sociali. È illusorio pensare, o anche solo immaginare, che una sola parte della nostra società possa, da sola, risolvere le difficoltà di una collettività.

Sottolineando che i sacrifici li deve fare sempre e solo qualcun altro, non risolve alcun problema e rischia di aprire nuovamente una diatriba che speravamo fosse stata accantonata e compresa molto bene. È chiaro che si possano e debbano prevedere dei sacrifici commisurati ai diversi contesti, ma il messaggio deve prevalere sul populismo: tutti devono essere chiamati a contribuire al superamento delle difficoltà che coinvolgono il Paese. È questo l’atteggiamento che diventa vincente in ogni presente e futuro contesto. Creando e spiegando una coerenza e responsabilità sociale nella sua interezza è certamente una forza sulla quale potremo contare anche nelle sfide future. La coesione delle parti, il rispetto reciproco e lo stesso intento rappresentano la differenza.

Chiusura uffici Cc-Ti al pubblico: 4 e 5 luglio 2022

Informazioni specifiche per le aziende sull’operatività dei nostri servizi

Gli uffici della Cc-Ti resteranno chiusi al pubblico i prossimi 4 e 5 luglio 2022. Siamo raggiungibili attraverso i contatti diretti.

Il Servizio delle legalizzazioni, in particolare, opererà come segue:

Per rispondere alle esigenze di associati e aziende che richiedono il rilascio cartaceo dei documenti sopra menzionati, lo sportello estenderà gli orari di apertura nei giorni che precedono rispettivamente seguono la chiusura della Cc-Ti:

  • venerdì 1° luglio 2022, dalle 08:00 alle 12:00 e dalle 13:30 alle 17:30
  • mercoledì 6 luglio 2022, dalle 08:00 alle 12:00 e dalle 13:30 alle 17:30

Potete trovare, nella pagina del nostro sito web, i nostri contatti diretti.