L’opinione puntuale

di Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti

La necessità di una riforma generale della fiscalità, programmata per il 2024, è evidente. Quali sono i punti su cui lavorare prioritariamente?

Il gruppo di lavoro creato dal DFE con la SUPSI ha identificato quattro assi principali, cioè l’imposizione del riscatto del capitale previdenziale, le deduzioni per le spese professionali, le imposte di successione e donazione, le aliquote massime dell’imposta sul reddito. Tutti i temi sono rilevanti, ma mi preme sottolineare in primis l’urgenza dell’intervento sulle imposte di successione e donazione, perché come sottolineato dall’iniziativa parlamentare da me presentata queste oggi ostacolano in maniera importante la successione aziendale, penalizzando pesantemente eventuali subentranti che non appartengono alla stretta cerchia familiare dei titolari dell’impresa. Questo è nocivo per l’economia e tutto il territorio, perché si perdono aziende e competenze.

Vi è la stessa urgenza per i residenti più facoltosi?

Sicuramente, anche perché va sottolineato che l’1% dei contribuenti (2’000 persone fisiche) versa circa il 33% del gettito fiscale totale. Pochi che pagano molto smentisce la tesi che non vi sia redistribuzione e al contempo costituisce un rischio sistemico, perché anche solo qualche partenza di simili contribuenti ha effetti immediati sulle risorse che vengono messe a disposizione dello Stato. Va da sé, che anche l’alleggerimento dell’imposizione del riscatto del capitale previdenziale, fra le più alte in Svizzera, aiuterebbe a mantenere in Ticino molti contribuenti che passano al beneficio della pensione.

Perché è importante che la riforma fiscale già approvata dal popolo entri in vigore senza riserve nel 2025?

Il discorso è simile a quello per le persone facoltose. Poche aziende pagano la maggior parte delle imposte. In effetti, 1’000 aziende versano circa il 75% del gettito totale e 270 aziende garantiscono ben il 63% dei ricavi dell’imposta sul capitale. Numeri che parlano chiaro: il sistema da questo punto di vista è fragile e va corretto per dargli stabilità e questo passa attraverso condizioni concorrenziali. Facile ridistribuire la ricchezza quando c’è, occorre anche fare sforzi non solo per produrla ma anche per mantenerla.

Fiscalità: numeri e fatti

Con questo ritmo di spesa è evidente che non ci sono imposte e tasse che bastano

La realtà economica e sociale subisce cambiamenti sempre più veloci e non solo a causa di eventi eccezionali come la pandemia. La fiscalità non fa eccezione, visto che essa deve, o dovrebbe, adattarsi all’evoluzione del contesto generale. Tuttavia, la discussione concernente le imposte (e, in parte, anche le tasse) è spesso bloccata da confronti più di stampo ideologico che concreto e pragmatico, il che ovviamente non facilita le riforme. Anche nella nostra realtà cantonale il tema appare spesso come un tabù, sul quale scontrarsi più che confrontarsi. Peccato, perché si perdono molte occasioni favorevoli di mantenere attrattivo il nostro territorio, con benefici per tutta la popolazione. Non è quindi purtroppo un caso se il Ticino oggi, nel confronto intercantonale, occupa una posizione decisamente scomoda, collocandosi fra i cantoni più esosi e meno concorrenziali per l’imposizione sulle imprese e gli alti redditi delle persone fisiche. Non a caso, è molto attesa e di fondamentale importanza la scadenza del 2025, quando l’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dovrebbe scendere dall’8% al 5,5%, secondo quanto già deciso dal popolo.

Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti

Mutamenti rapidi del contesto nazionale e internazionale per l’imposizione delle aziende

Il Ticino, fino alla metà degli anni Novanta, “vantava” un peso fiscale
su cittadine e cittadini e aziende ben al di sopra della media nazionale.
La tendenza è stata invertita, arrivando a competere con cantoni come Zugo e Svitto. Con una fiscalità più equa, si era arrivati a pagare il 36,7% in meno d’imposte rispetto alla media nazionale. Poi altri cantoni si sono mossi più rapidamente, non in una corsa al ribasso, ma all’efficienza. Tanto che il nostro sistema fiscale cantonale ha vieppiù perso attrattività, come evidenziato da un’analisi, riferita al 2021, del Centro di competenza tributarie della SUPSI. Che ha messo in evidenza come il nostro ordinamento tributario sia rimasto fermo al palo, non più in grado di stare al passo con la concorrenza degli altri Cantoni.

Per le aziende ci ritroviamo al 24esimo posto e malgrado la diminuzione dell’aliquota sull’utile dal 9% all’8%, in vigore dal 2020, nella graduatoria generale la posizione del Ticino non è migliorata, poiché quasi tutti gli altri Cantoni nel frattempo hanno messo in campo nuove riforme. Nel 2025, quando l’aliquota sarà abbassata al 5,5%, saremo solo attorno al ventesimo posto, restando di fatto tra le regioni fiscalmente poco attrattive. Né va dimenticato che questo abbassamento di aliquota è stato accompagnato da nuovi prelievi sociali sulle aziende. Del resto, secondo un recente report della società di consulenza KPMG, nel 2022 con un tasso del 19,2% il Ticino è, assieme a Berna (21%) e Zurigo (19,7%), tra i Cantoni che tassano maggiormente le aziende; mentre Zugo (11,9%), Nidvaldo (12%) e Lucerna (12,2%) sono quelli dove si registra l’imposizione più bassa, senza che questi abbiano a registrare sconquassi sociali.

Questo è anche il risultato di discussioni troppo ideologizzate, poco aderenti ai fatti. In altri Paesi e in alcuni Cantoni anche gli schieramenti meno inclini alle riduzioni di imposte hanno spesso sostenuto una fiscalità meno oppressiva. Staccandosi quindi dal dogma degli alleggerimenti fiscali che arricchiscono le imprese e svuotano le casse dello Stato. Per confutare tale tesi, basta considerare persino i più decisi tagli alle imposte fatti in passato in Ticino, che pur riducendo la pressione fiscale mediamente del 30%, innescarono un aumento del gettito delle persone giuridiche del 39%.

Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti

Persone fisiche e alti redditi

Per le persone fisiche veleggiamo a metà classifica nel contesto nazionale, ma solo come media. Sui redditi alti siamo assai poco attrattivi, visto che per questa categoria ci attestiamo al 22° posto della classifica intercantonale, tenendo conto dell’imposizione comunale e cantonale. Considerando anche l’imposta federale diretta, il prelievo fiscale massimo in Ticino ascende al 40.6%, quasi il doppio di quello di Zugo (22.4%) e poco lontano dal cantone più esoso, cioè Ginevra (45%). Questo elemento concernente le persone fisiche più abbienti, non necessariamente milionari, va visto anche nell’ottica dell’imminente voto del prossimo mese di giugno, quando saremo chiamati ad approvare il nuovo sistema fiscale voluto a livello internazionale che prevede un’aliquota minima del 15% per le imprese. Il Ticino, con la parte di revisione del sistema fiscale che entrerà definitivamente in vigore nel 2025 sarà allineato su questo livello. Ma quale è il nesso con le persone definite “facoltose”? Semplice, con una parziale armonizzazione delle aliquote fiscali, la concorrenza fiscale si sposterà almeno in parte sulle aliquote delle persone fisiche, in altre parole soprattutto su imprenditori e dirigenti con redditi alti e medio alti. Un’imposizione pesante su queste figure, che già oggi tendono a lasciare il Ticino verso altri cantoni più attrattivi, ha indubbiamente un effetto dissuasivo anche per l’insediamento o la permanenza di imprese dirette o gestite da dirigenti e manager con qualifiche e stipendi elevati. Parliamo anche di imprenditori e manager ticinesi, non solo stranieri. Il rischio non solo di perdita di entrate fiscali, ma anche di impoverimento del tessuto economico è concreto.

Chi svuota davvero le casse del Cantone

L’evoluzione dell’onere fiscale e del gettito sull’arco dell’ultimo quindicennio indica che a svuotare le casse cantonali non sono le riforme fiscali, ma soprattutto l’aumento della spesa pubblica, balzata dai 2’893 milioni spesi nel 2006 ai 4’218 milioni del 2021. Con questo ritmo di spesa è evidente che non ci sono imposte e tasse che bastano. Del resto, rispetto alla fine degli anni ’90, il gettito annuale è aumentato di 439 milioni. Il che smentisce il mantra degli sgravi che avrebbero dissanguato l’erario, quando in realtà hanno fatto crescere, e non diminuire, il gettito fiscale.

Dal 2005 al 2019 le imposte prelevate dal Cantone sulle persone fisiche sono cresciute del 52%, quelle sulle persone giuridiche del 37%, mentre le tasse hanno registrato un’impennata del 45%. Un carico fiscale che ha impoverito i cittadini e sottratto sostanziose risorse alle imprese. Quello delle tasse è un tema che
purtroppo nel dibattito sul carico fiscale resta solitamente sottotraccia e che meriterebbe invece più attenzione, vista la crescita esponenziale delle tasse esistenti e la creazione di nuovi balzelli. Nel 2005 le tasse fruttavano alle casse cantonali 190 milioni e nel 2019 si è passati a circa 270 milioni.


La nuova GMDSI a difesa della Svizzera italiana nelle comande militari

Si è presentata in data 13 febbraio 2023 ai media la neonata associazione “Gruppo materiale difesa e sicurezza della Svizzera italiana (GMDSI)”.

Associazione senza scopo di lucro, il GDMSI si propone di unire le forze dell’industria ticinese attiva in questo settore, per rafforzarne l’immagine, difenderne gli interessi presso le istituzioni e promuoverne la partecipazione alle operazioni di compensazione (i cosiddetti “offset”) degli acquisti militari svizzeri.

Come noto infatti, per ogni grande acquisto di nuovi sistemi d’arma esteri (in particolare di questi tempi nell’aviazione e nella difesa contraerea) i contratti prevedono degli acquisti di compensazione in Svizzera (sia diretti che indiretti, ovvero materiale militare, duale o anche puramente civile) che per legge devono essere ripartiti equamente fra le regioni linguistiche del paese.

Le aziende della Svizzera italiana, tuttavia, o non partecipano alle gare perché poco informate, o vengono regolarmente dimenticate da Berna in questa ripartizione, benché la relativa legge federale preveda che di regola il 5% della spesa debba giungere nella nostra regione.

Per questo motivo, un primo gruppo di aziende si è riunito in un comitato promotore che ha lanciato la neonata associazione, auspicando che nei prossimi mesi parecchie altre aziende interessate si uniscano a questo progetto.

Obiettivo primo è quello della circolazione dell’informazione – tutti i soci devono essere costantemente al corrente di quanto bolle in pentola in questo settore – del sostegno tecnico nelle gare di appalti e del lobbying presso le istituzioni nazionali.

Presieduto dall’on. Filippo Lombardi, il GMDSI può contare sull’appoggio del Dipartimento delle Istituzioni del Cantone Ticino, il cui sostegno è stato espresso in Conferenza stampa dal direttore On. Norman Gobbi, e della Camera di Commercio Cantone Ticino, per la quale ha preso la parola il direttore Luca Albertoni. Il segretario generale dell’Associazione è assunto dalla Swiss Communication Agency, nella persona della sig.ra Maria Luisa Bernini.

L’obiettivo è chiaro: unire gli sforzi per portare in Svizzera italiana contratti di fornitura, difendendo le capacità tecnologiche e soprattutto i posti di lavoro della regione.


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Inchiesta tematica di formazione nella logistica

La Cc-Ti si impegna, da sempre, nell’ambito della formazione.

La logistica è un tema molto importante per le aziende e stiamo pensando di ampliare la nostra offerta formativa di lunga durata su questo tema.

Tramite questo link potete accedere a un’inchiesta per l’identificazione delle esigenze e necessità presenti nel settore della logistica. Il sondaggio durerà al massimo 2-3 minuti. Saremmo lieti di ricevere un vostro riscontro entro fine febbraio 2023.

NEW Podcast

Luca Albertoni, Dir. Cc-Ti, Tagesgespräch DRS, 6.2.2023

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La manodopera è strategica

Intervista a Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti

Cosa perseguite con questo monitoraggio sulla manodopera?

Come associazione-mantello dell’economia ticinese abbiamo il compito di avere una visione generale su tutti i settori che compongono la nostra economia. La questione della manodopera è centrale, per cui vogliamo dare un impulso a una discussione costruttiva, raccogliendo gli elementi che giungono dai vari settori. Questo permette di capire dove sono i maggiori punti deboli e quali sono le varie esigenze, spesso molto diverse fra le varie categorie.

Come intendete usare questi dati?

Molti chiedono allo Stato di intervenire, ma senza indicazioni precise. Il nostro approccio è diverso, come sempre. Cerchiamo prima di individuare il problema, capire quale può essere il nostro ruolo per contribuire a risolverlo e proporre vie d’uscita concrete e percorribili, attuate dal privato e/o in collaborazione con l’autorità statale. La questione della manodopera è strettamente legata alla formazione ed è certamente strategica per il paese.

Il Ticino è messo peggio di altri cantoni?

No, assolutamente. I rilevamenti che effettuiamo a scadenze regolari con le altre Camere svizzere ci mostrano ormai da anni che marciamo in parallelo e che la penuria di manodopera è una costante in tutti i cantoni. Poi vi sono differenze legate ai rispettivi tessuti economici, ma ciò non toglie che “siamo tutti sulla stessa barca”. Non è un caso che talune soluzioni andrebbero cercate anche in collaborazione con altri cantoni, al di là delle barriere linguistiche, comunque sempre meno rilevanti in molti settori.

Risultati inchiesta congiunturale 2022-2023

2022 tutto sommato positivo per le aziende ticinesi, le incertezze inducono a previsioni meno favorevoli per il 2023.

Sulla base dell’annuale inchiesta congiunturale condotta presso i soci della Cc-Ti, alla quale hanno partecipato 247 aziende, l’anno 2022 è stato in generale di segno tutto sommato positivo per le imprese ticinesi, malgrado le crescenti difficoltà legate ai costi dell’energia, alle reperibilità e ai prezzi delle materie prime e, per le aziende esportatrici, alla forza del franco. Difficoltà che per talune aziende raggiungono livelli anche molto preoccupanti.

Fra i parametri più importanti, va rilevato che il livello degli investimenti, è rimasto buono nel 2022 e sembra stabile anche nel 2023, con il 44% delle aziende che ha investito e intende investire. Il valore è leggermente superiore ai due anni precedenti caratterizzati dalle note difficoltà causate dalla pandemia. Soprattutto nel settore industriale/artigianale vi è stato un incremento dal 61 al 67% delle imprese che hanno investito o che investiranno.

L’autofinanziamento è rimasto costante, con il 33% delle aziende che lo considera buono e il 37% soddisfacente, valori praticamente invariati rispetto agli anni passati.

Preoccupa comunque in prospettiva la costante riduzione dei margini di utile, in atto già da qualche anno, e che potrebbe portare a medio termine ad una perdita di competitività e quindi avere anche con riflessi sull’occupazione, che per il momento si conferma stabile.

Le previsioni per il 2023 indicano un andamento un po’ meno positivo, considerate le molte incertezze nel panorama internazionale.   Rispetto al 2022, anno considerato buono dal 36% delle imprese, si passa al 32% di andamento buono previsto per il primo semestre 2023 e al 28% per il secondo semestre del 2023. In generale gli indicatori restano su livelli considerati soddisfacenti, ma prevale comunque l’attesa di una certa flessione nel 2023 qualora si confermassero le difficoltà con le materie prime e nell’ambito dell’energia. In effetti, ben il 74% delle aziende segnala aumenti del costo dell’elettricità di oltre il 10% nel 2023. Malgrado praticamente tutte le aziende che si sono espresse abbiano previsto misure per ridurre i costi energetici, i timori di dover sospendere almeno parzialmente la produzione sono considerevoli, con conseguenze importanti sulle forniture, sui prezzi, sui margini e sugli investimenti. A questo proposito, grazie alla collaborazione con Enerti SA, la società delle aziende di distribuzione di energia elettrica in Ticino, le imprese possono avere la possibilità di ottenere modelli tariffali con prezzi bloccati per un determinato periodo. L’andamento 2022 e le previsioni 2023 sono perfettamente in linea con quanto rilevato negli altri Cantoni.


1.         Andamento generale degli affari

L’andamento generale degli affari nel 2022 è risultato di segno positivo, sostanzialmente confermando le aspettative espresse nel 2021, con un recupero rispetto ai due anni caratterizzati dalla pandemia di Covid. Il 77% delle imprese ha valutato in maniera favorevole l’andamento degli affari nello scorso anno (soddisfacente per il 41% delle aziende, buono per il 36%). Le tendenze sono simili per le aziende esportatrici (soddisfacente per il 42% e buono per il 38%), malgrado le note difficoltà a livello internazionale.

Per quel che riguarda le previsioni sull’andamento degli affari a breve termine, cioè̀ per i prossimi 6 mesi, la tendenza è invece in calo. Prevale una certa positività, ma un buon andamento degli affari è in calo e previsto dal 32% delle aziende (41% lo valuta soddisfacente, mentre il trend negativo/mediocre passa dall’attuale 21% al 25%).

Per il secondo semestre del 2023, le previsioni sono di un’evoluzione soddisfacente per il 46% delle aziende, ma le previsioni di andamento buono scendono ulteriormente al 28%. Il segno negativo concerne il 25% delle imprese, anche se un andamento pessimo è segnalato “solo” dal 5-6% delle risposte.

2.         Margine di autofinanziamento delle imprese

Come sempre, particolare attenzione viene data ai valori espressi quanto al margine di autofinanziamento delle aziende, perché si tratta di un indicatore importante del loro stato di salute. Il valore resta costante con il 70% delle imprese che giudica positivamente il margine di autofinanziamento (37% soddisfacente, 33% buono) e la conferma di questa tendenza è un indicatore importante della capacità competitiva del nostro sistema.

3.         Investimenti

Riflessi della situazione pandemica e dell’incertezza generale si notano negli investimenti. Pur rimanendo il livello molto buono, anche se paragonato agli altri cantoni, si nota una certa flessione. Il 44% delle aziende ha investito (come termine di paragone vi sono il 2018 con il 50% e il 2019 con il 46%). Si conferma comunque, senza sorprese, che la quota maggiore di investimenti è nel settore industriale (67% delle aziende ha investito) e nella categoria delle aziende grandi (con oltre 100 dipendenti), nella quale il 77% delle imprese ha effettuato investimenti.  

Il calo è tutto sommato entro limiti fisiologici date le molte incertezze di questi ultimi anni, legate soprattutto agli effetti della pandemia anche sulle supply chain, alla difficile reperibilità delle materie prime e ai loro prezzi, così come gli aumenti dei costi dell’energia.

Per il 2023 il valore di chi prevede investimenti è invariato (44%), di per sé fatto rassicurante, visto che d’altra parte si prevede un rallentamento congiunturale.

4.         Attenzione verso l’occupazione

Come negli anni scorsi, l’attenzione verso l’occupazione è confermata anche nel 2022 con una sostanziale stabilità dell’effettivo espressa dal 63% delle aziende. Un aumento è segnalato dal 24% e una diminuzione dal 13%, in linea con quanto sempre rilevato. Malgrado le difficoltà e le incertezze di vario genere, l’occupazione non ha subito contraccolpi. Dato interessante è che, anche qui, nonostante vi siano aumenti di costi (v. energia) e altre problematiche non da poco, ben il 72% prevede una stabilità dell’effettivo per il 2023 e solo il 7% stima che vi possa essere una diminuzione.

5.         Problematica dell’energia

Una delle domande dell’inchiesta verteva sulla questione energetica. In termini di consumi, il 52% delle aziende risulta essere sotto i 100 Mwh/anno di consumo all’anno, il 29% fra i 100 e i 500 Mwh/anno e il 19% sopra i 500 Mwh/anno. Nel settore industriale/artigianale e per le aziende oltre i 30 collaboratori, senza sorprese, aumenta la proporzione di chi consuma oltre i 100 Mwh/anno.

L’aumento dei costi tocca praticamente quasi tutti, in proporzioni diverse, Ben il 17% delle risposte indica un aumento di oltre il 50%, valore che sale al 29% delle risposte per il settore secondario e raggiunge picchi del 33% delle risposte per le aziende più grandi.

Interessante notare che i vettori energetici più utilizzati quali l’elettricità (40%), il gas (34%) e il gasolio (38%), anche se va rilevato che spesso le aziende usano più vettori contemporaneamente.

Fra le misure prese per cercare di contenere i costi (risposte multiple possibili), figurano la negoziazione del prezzo con i fornitori (24%), l’autoproduzione (21%), il miglioramento dei processi (34%), l’adattamento dell’illuminazione (57%), del riscaldamento (19%). Oltre a misure varie (21%). È molto basso il numero di aziende che NON hanno preso alcuna misura (25 sulle 247 che hanno partecipato).

In caso di limitazione dell’approvvigionamento energetico (elettricità o altro), l’8% delle aziende prevede di sospendere completamente l’attività, una sospensione parziale è prevista dal 39% e il telelavoro è un’alternativa per il 51% (con ovviamente una proporzione molto maggiore nei servizi rispetto al settore secondario). Comportamenti anticipatori sono la modifica della fonte di approvvigionamento usata finora (8%), un piano di continuità (21%) e le istruzioni date dalle autorità (79%).

6.         Difficoltà di approvvigionamento di materie prime

La percentuale rispetto allo scorso anno è chiaramente aumentata da circa il 30% al 44%. Con un picco del 71% per le aziende del secondario (industria/artigianato), mentre per servizi e commercio la percentuale si inverte.

Le conseguenze sono molteplici: ritardo di forniture (85%), aumento dei prezzi di acquisto (81%), aumento dei costi di trasporto (59%), riduzione dei margini (56%), rallentamento dell’attività (48%) e la sospensione o lo spostamento di progetti (28%).

Le misure prese vanno dalla ripercussione sui prezzi di vendita (60%), all’utilizzo di materiale sostitutivi (26%), passando per la diminuzione della produzione (14%) e la rinegoziazione di contratti (24%). Per arrivare alla diversificazione dei fornitori (53%) e all’aumento degli stock (41%). Solo il 6% segnala la possibilità di ricorrere al lavoro ridotto per parte del personale.

I prezzi delle componenti sono aumentati praticamente per tutti, fino al 10% per il 50% delle imprese, per le restanti gli aumenti variano dall’11 al 100% e oltre. In media, per il 2023, sono previsti aumenti dello stesso tenore, con un 46% che rileva un incremento fra l’11 e il 50%.

Hanno partecipato all’inchiesta 247 imprese associate alla Cc-Ti, che impiegano in tutto 14’470 dipendenti nel cantone.

Si tratta di 83 aziende del settore industria-artigianato e di 164 del comparto commercio e servizi.       
Un campione di aziende consolidato da un rilevamento che si svolge ormai da oltre dieci anni, per cui i risultati sono da considerarsi attendibili e, inoltre, le tendenze che emergono sono sempre confermate da altre ricerche congiunturali condotte da istituti federali e cantonali e dai dati ufficiali.

L’indagine della Cc-Ti, che ha coinvolto 143 realtà̀ aziendali che operano sul mercato interno e altre 104 orientate invece all’export, mira appunto a fornire indicazioni sulle tendenze generali dell’economia ticinese, senza volersi sostituire ad analisi più mirate effettuate da singoli settori economici.

L’inchiesta è stata condotta unitamente alle Camere di commercio e dell’industria di Friborgo, Ginevra, Giura, Neuchâtel, Vaud e Vallese.Le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera tedesca operano individualmente, ma seguendo lo stesso schema.


Link ai risultati delle Camere degli altri Cantoni che hanno condotto l’inchiesta comune (alcuni dati sono accessibili solo ai soci delle rispettive Camere)

VD:      www.cvci.ch/fr/conjoncture/actualites/details/news/un-bilan-economique-2022-positif-laisse-place-a-davantage-dincertitudes-pour-2023-notamment-sur-le-front-de-lelectricite.html

JU:      www.ccij.ch/News/Enquete-conjoncturelle-dautomne-2022-la-confiance-predomine-malgre-tout-

NE:      www.rtn.ch/rtn/Actualite/Region/20221024-L-economie-neuchateloise-tient-le-coup-mais-2023-sera-difficile.html

FR:      www.laliberte.ch/info-regionale/economie/l-industrie-fribourgeoise-s-attend-a-une-degradation-des-conditions-economiques-666190

GE:      www.ccig.ch/blog/2022/11/Une-belle-annee-2022-mais-perspectives-plus-compliquees

Inchieste condotte da altre Camere di commercio e dell’industria svizzere con i propri associati

BS/BL: ww.hkbb.ch/Stimmungsbarometer/Stimmungsbarometer_Herbst_2022.php

Svizzera orientale (SG, TG, AI, AR): www.konjunkturboard.ch/ostschweizer-wirtschaft-weiter-guter-verfassung-%E2%80%93-kommt-die-wirtschaftliche-abk%C3%BChlung-0

ZH: www.zhk.ch/de/wirtschaft-und-politik/konjunktur-und-wachstum/zuercher-wirtschaftslage-bleibt-erfreulich.html

Alcune Camere di commercio e dell’industria si basano di regola sui rapporti degli Uffici cantonali di statistica oppure su valutazioni del KOF.


Materiale informativo


Archivio delle edizioni passate

I milioni generati dall’imposta minima dell’OCSE devono rimanere in Svizzera

Un’ampia alleanza sostiene l’adozione dell’imposta minima decisa dall’OCSE.

Con l’adozione dell’imposta minima dell’OCSE, le Camere hanno trovato una soluzione ampiamente condivisa dal Consiglio federale e dai Cantoni. Essa assicura che le nuove entrate fiscali rimangano in Svizzera e non vengano regalate all’estero. Il nostro paese rimane quindi ben posizionato per mantenere posti di lavoro e benessere in Svizzera.

L’applicazione della riforma fiscale decisa dall’OCSE è inevitabile. Con la riforma fiscale, le grandi aziende attive a livello internazionale saranno assoggettate ad un’aliquota minima del 15%. Se la Svizzera non si adegua, altri paesi potranno riscuotere la mancata imposizione. Il Consiglio federale e il Parlamento non vogliono rinunciare alle nuove entrate fiscali e vogliono quindi applicare velocemente e a livello nazionale per tutti i Cantoni l’imposizione minima dell’OCSE.

Se la Svizzera non recepirà la riforma fiscale, altri paesi potranno chiamare alla cassa le nostre aziende. Importanti entrate fiscali andrebbero perse, facendo fuggire all’estero milioni e in Svizzera mancherebbe la certezza giuridica. Grazie alla riforma, le nuove entrate fiscali rimangono in Svizzera e contemporaneamente le aziende vengono protette da una doppia imposizione. In questo modo, il nostro paese continua a rimanere una piazza finanziaria attrattiva per le aziende attive a livello internazionale.

Per questo motivo un’ampia alleanza di organizzazioni accoglie con favore l’applicazione a livello nazionale proposta dal Consiglio federale e dai Cantoni e adottata dal Parlamento. La modifica costituzionale è soggetta a referendum obbligatorio e sarà votata il 18 giugno 2023.


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Uniti nel presente per il nostro futuro

Serata imprenditori del Comune di Mezzovico-Vira del 7 dicembre 2022, con la presenza del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni

Mario Canepa (Sindaco di Mezzovico-Vira); Marco Bigatto (Direttore Generale AIL SA); Luca Albertoni  (Direttore Cc-Ti); Diego Rodoni (Direttore Divisione Costruzioni del Canton Ticino); Francesco Caggìa (Responsabile settore Gestione progetti Sud di USTRA). Foto di Mirko Tamagni

Serata di grande valenza quella del 7 dicembre scorso per il Municipio di Mezzovico-Vira.

Era infatti previsto il tradizionale momento che il Comune dedica, dal 2009, con cadenza biennale, agli imprenditori attivi sul suo territorio.

Una serata espressamente voluta sia per ripartire dopo la forzata pausa dovuta alla pandemia, sia per significare la vicinanza dell’Autorità politica al proprio mondo industriale e sottolineare il felice connubio con lo stesso sin dai primi anni ’70.

Per rafforzare ancora di più questo sentimento di unione l’incontro è stato organizzato, simbolicamente, in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Canton Ticino con la presenza del suo Direttore Luca Albertoni; proprio a sottolineare come la collaborazione e il dialogo tra tutti gli attori potranno contribuire ad affrontare in maniera proattiva il futuro prossimo del mondo economico ed industriale ticinese.

Anche questa volta l’interesse suscitato è stato importante, con più di ottanta partecipanti in rappresentanza di diversi settori economici,  sicuramente attratti anche dai temi di attualità e dai qualificati relatori proposti per questa occasione ovvero:
“Approvvigionamento energetico in tempo di crisi”, presentato dal Direttore Generale di AIL SA Dott. Ing. EHT Marco Bigatto, che ha trattato l’approccio da parte di AIL SA verso la crisi energetica in atto e come si sta cercando di supportare i grandi consumatori del comprensorio
e
“Svincolo autostradale di Sigirino”, esposto dall’Ing. Francesco Caggìa responsabile settore Gestione progetti Sud di USTRA unitamente all’Ing. Diego Rodoni, Direttore della Divisione delle costruzioni del Canton Ticino, che hanno illustrato gli ultimi sviluppi del complesso iter di questa opera fortemente attesa dalla Valle Carvina.   

Il Sindaco Mario Canepa, visibilmente soddisfatto per la folta presenza ha voluto sottolineare, a questo proposito “il coraggio di continuare. Quanto coraggio ci è voluto per andare avanti specie chi come voi ha visto stravolto il mondo economico in poche settimane“; ha inoltre rimarcato nel suo saluto che “ben conscio della qualificata realtà industriale, il Municipio è sempre ricettivo e ben disposto nel sostenere progetti concreti. Occasioni come questa favoriscono il rafforzamento e il dialogo tra ente pubblico e privato; due mondi che, purtroppo e per motivi diversi, spesso viaggiano a velocità diverse“.

Il Sindaco ha poi passato la parola al Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni che ha avantutto “ringraziato il Municipio per l’occasione di incontro fra autorità locale e imprese. Iniziative di questo tipo, sempre più attivamente promosse dall’associazione mantello dell’economia ticinese, sono particolarmente importanti per rafforzare la rete fra le aziende e facilitare i contatti con le autorità comunali, perno essenziale del sistema, anche economico, ticinese“. Albertoni ha poi “ringraziato le imprenditrici e gli imprenditori presenti per tutti gli sforzi profusi in questi ultimi anni difficili. La grande flessibilità e capacità di adattamento delle imprese ha fino a oggi permesso di mantenere l’economia cantonale su buoni livelli.   

Panoramica della “Sala la Quercia” durante la serata, foto di Mirko Tamagni

Al termine della presentazione i presenti hanno potuto continuare la serata in maniera conviviale con un ottimo aperitivo-cena offerto, occasione propizia per uno scambio di idee e approfondimento delle conoscenze reciproche in un clima gioviale e rilassato tra le diverse realtà economiche presenti.

Multinazionali e falsi miti

Le votazioni federali sulla tassa di bollo e sull’imposta preventiva hanno riportato alla ribalta tutta l’ostilità verso le aziende multinazionali, presenti in Svizzera, accusate di essere all’origine di molti mali.

Un articolo dello scorso 15 agosto pubblicato nell’”Agefi” da Xavier Comtesse offre spunti interessanti, in risposta ad alcune voci invocanti una minore dipendenza della Svizzera dalle multinazionali, con maggiore attenzione rivolta alle PMI.

Intento assolutamente lodevole e sul quale, in teoria, non vi è nulla da obiettare, soprattutto per la parte di maggiore attenzione verso le PMI. Il problema è che la realtà, come spesso accade, è ben più complessa.

Già più volte abbiamo sottolineato come una delle forze della Svizzera sia proprio la diversificazione del tessuto economico, fatto di piccole, medie e grandi aziende. Negare questa interdipendenza è pericoloso e prigioniero di cecità ideologica.

È un fatto che le PMI siano in buona parte dipendenti dall’attività delle grandi. Come fornitori diretti o di servizi (fiduciari, legali, alberghieri, di ristorazione, immobiliari, artigianali, ecc.). Le grandi società (per definizione quelle che impiegano più di 250 persone) giocano quindi un ruolo essenziale. Siano esse multinazionali o “solo” nazionali: precisazione importante perché “grande” non è sinonimo di “multinazionale”.

Come giustamente indica Comtesse nel suo contributo, il 99% (approssimativamente) delle imprese svizzere è costituito da PMI, ma è rilevante il fatto che l’89,7% è fatto di microimprese (con meno di tre impiegati), fortemente dipendenti dalla presenza di aziende di dimensioni più grandi.

Secondo studi attendibili, le grandi imprese producono una parte importante del valore aggiunto del PIL nazionale lordo (36%) e le 250 più grandi aziende svizzere pagano il 51% dell’imposta federale diretta e rappresentano il 29% degli impieghi in Svizzera. Comprendendo anche gli impieghi indiretti si arriva a circa i 2/3 dei posti di lavoro in Svizzera.

Comtesse trae pertanto tre conclusioni che meritano attenzione:

  1. La struttura delle economie territoriali è complessa e implica una forte interdipendenza fra i vari attori. Vale anche per il Ticino, ovviamente. Come dimostrano le difficoltà dei molti fornitori diretti e indiretti delle aziende che negli ultimi anni hanno lasciato il nostro cantone fra i fischi e le penose manifestazioni di giubilo di taluni esponenti politici. Esponenti molto meno giubilanti una volta accortisi dei buchi lasciati da queste imprese (tutt’altro che a basso valore aggiunto) anche nel gettito fiscale di Comuni e Cantone. Esigenze diverse fra aziende di grandi dimensioni e le altre non significa incompatibilità. Le conseguenze di eventuali chiusure aziendali colpiscono tutti sul territorio, senza eccezioni.
  2. Una seconda tesi di Comtesse è provocatoria, ma non per questo meno interessante. Egli sostiene che, essendo l’89,7% delle aziende microimprese fortemente dipendente da altri, sarebbe più corretto parlare di imprese medie, piccole e micro e non solo di PMI. Tesi in parte condivisibile, più che altro per prendere coscienza della complessità della situazione e delle varie realtà del territorio, sia svizzero che ticinese. Il mutamento del lessico non porterà forse a mutamenti sostanziali, ma permette forse di operare qualche distinguo di sostanza, soprattutto per contrastare la tesi che vuole indistintamente (tanti) cattivi da una parte e (pochi) buoni dall’altra.
  3. La Svizzera non è paese di PMI ma di microimprese e due terzi degli impieghi dipendono dalle aziende di grandi dimensioni. Lapidario ma corretto, soprattutto per la conclusione concernente i posti di lavoro.

“Food for thought” direbbero gli anglofoni.