Un passo fondamentale verso una fiscalità moderna

Comunicato stampa – 13.07.2023

Il progetto di riforma fiscale presentato in data odierna dal Consiglio di Stato, costituisce un passo fondamentale per rendere più moderno e al passo con i tempi il sistema fiscale ticinese. Gli interventi previsti per la Legge tributaria sono urgenti e assolutamente necessari, correggono delle distorsioni che penalizzano molti contribuenti e il Canton Ticino nella concorrenza intercantonale. La riforma, compatibile con la manovra di rientro finanziario del cantone, ha il pregio di tenere conto dell’evoluzione del contesto fiscale internazionale e nazionale, concretizzando il mandato conferito al Governo dal Parlamento cantonale nel 2019. Si tratta di misure che rendono il Canton Ticino maggiormente attrattivo per chi vuole investire e risiedere nel nostro cantone, generando in tal modo entrate fiscali e posti di lavoro a beneficio di tutti. 

E’ noto che i redditi alti in Ticino hanno un’imposizione fiscale molto elevata, non concorrenziale con quella degli altri cantoni. Un intervento in questo ambito, come previsto dal progetto di riforma fiscale, è quindi assolutamente necessario e urgente, perché è riferito a contribuenti fondamentali per le entrate delle casse cantonali e quindi anche per il sistema di ridistribuzione. Questa necessità di intervento è ancora più urgente se consideriamo l’introduzione dell’imposta minima globale per le aziende, accettata in votazione popolare lo scorso 18 giugno. Questo nuovo sistema porta a un innegabile cambio di paradigma, con un maggiore accento sulla concorrenza fiscale delle persone fisiche legate alle aziende, in particolare i dirigenti con redditi elevati. Intervenire sull’imposizione dei redditi alti significa garantire la permanenza in Ticino di professionisti e imprenditori essenziali per il nostro sistema, nonché poterne attrarre di nuovi.

Per i lavoratori dipendenti importante è anche la possibilità di aumentare le deduzioni fiscali per spese professionali, prendendo spunto e migliorando quanto già oggi applicato a livello federale. Una misura che va a favorire anche e soprattutto il ceto medio.

Le agevolazioni previste per la successione e le donazioni sono pure misure importanti e rispondo alle nuove realtà della famiglia e della società. Fondamentale per l’economia risultano le agevolazioni a favore della successione aziendale. Attualmente le regole sono molto penalizzanti e accentuano la già notevole difficoltà della trasmissione di un’azienda, spesso impossibile perché troppo costosa. La riforma permette di alleviare questo problema, favorendo anche il passaggio di un’azienda ai dipendenti e quindi permettendo di salvaguardare la continuità e il know-how di cui le imprese dispongono e quindi di riflesso di tutelare il tessuto economico cantonale.

Infine, la riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali ritirati è importante perché permette di mantenere in Ticino persone altrimenti attratte da altri cantoni vicini con imposizioni più favorevoli. In questo modo, la misura si finanzia da sé, attraverso appunto i contribuenti che rimangono o arrivano nel nostro cantone.

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino sostiene e invita a sostenere senza indugio la riforma proposta dal Consiglio di Stato.


MAGGIORI INFORMAZIONI: Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti, 079 620 49 83

Piano energetico e climatico cantonale

Lettera della Cc-Ti inviata al DT

Ci permettiamo inoltrare le nostre osservazioni alla consultazione sul Piano energetico e climatico cantonale (PECC) – strategia 2022.

Il termine per la presentazione di osservazioni scade il 30 aprile 2023, per cui questa presa di posizione è ampiamente tempestiva.

In ingresso rileviamo che purtroppo non siamo stati ufficialmente invitati alla consultazione, malgrado il nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese. Speriamo che ciò sia frutto di una semplice svista, altrimenti non sarebbe giustificabile, dato che sono state esplicitamente invitate molte associazioni di varie categorie economiche.

Osservazioni introduttive

L’economia svizzera e ticinese sostiene in generale il principio di ridurre la nostra dipendenza da fonti energetiche estere e di staccarsi, laddove possibile, dalle energie fossili per andare verso un consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Restiamo però fermamente convinti che oggi nessuno possa permettersi a priori di rinunciare a una delle varie fonti energetiche a nostra disposizione, nemmeno del nucleare. È essenziale che si continui a lavorare su più fronti e ad avere un approccio multivettoriale, soprattutto in presenza di tante incognite legate allo sviluppo tecnologico, ai costi, ai tempi di realizzazione di vere (“mature”) alternative alle odierne fonti di approvvigionamento. Infatti, se da un lato è comprensibile auspicare lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, dall’altro lato sono ancora da chiarire tempi e costi per determinare quando tutto ciò (produzione, stoccaggio, trasporto, ecc.) permetterà di coprire il fabbisogno energetico del paese. Una condivisione degli obiettivi energetici e climatici odierni non significa che le novità verso le quali si vuole tendere siano applicabili senza adattamenti (anche complicati) nell’immediato.

1. Base costituzionale e tempistica del PECC

È opportuno ricordare, quando si affronta il tema dell’energia nel suo complesso, che la Costituzione federale del 18 aprile 1999, e più precisamente l’articolo 89 capoverso 1, prevede quanto segue:

“Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni si adoperano per un approvvigionamento energetico sufficiente, diversificato, sicuro, economico ed ecologico, nonché per un consumo energetico parsimonioso e razionale”. Gli elementi citati, compreso quello economico e quello della diversificazione, sono tutti di pari livello, per cui una visione globale sul tema energetico impone di tenere conto di tutte le componenti, cercando di armonizzarle. Ignorarne anche uno solo di questi sarebbe anticostituzionale.

È evidente che l’autorità cantonale, vista la ripartizione delle competenze in tema di energia, non può prescindere da quanto deciso a livello federale. Per questo motivo, riteniamo poco opportuno procedere a una revisione del PECC mentre a livello federale si sta discutendo dell’adozione di un atto mantello (Mantelerlass) che prevede la revisione di numerose leggi e ordinanze in tema energetico. Atto federale che ha davanti a sé probabilmente un iter ancora abbastanza lungo prima di essere adottato e di cui il cantone dovrà comunque giocoforza tenere conto, per capire quali siano i margini di azione a livello cantonale.

Il rischio di elaborare un PECC che potrebbe già di fatto essere superato è molto concreto.

Quindi, da una parte condividiamo la necessità di avere un piano strategico cantonale che possa essere sempre adattato alle esigenze espresse dalla realtà economica e sociale, tenendo soprattutto conto dell’evoluzione tecnologica, che può risultare decisiva nella scelta degli strumenti idonei a soddisfare i fabbisogni energetici del cantone. Ma la tempistica non ci sembra appropriata.

2. Impostazione generale

Già si è detto della condivisione del principio di avere uno strumento con obiettivi definibili secondo le evoluzioni della realtà. Vi sono tuttavia alcune domande di ordine generale che è assolutamente necessario porsi, prima di sancire una direzione dalla quale poi potrebbe risultare difficile ritirarsi.

a. Obiettivi – La prima domanda concerne gli obiettivi che si perseguono: rendere il cantone energeticamente indipendente al 100% e neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 è realistico, visto che nemmeno la Confederazione aspira a tanto? A nostro avviso, a causa delle molte implicazioni pratiche, si tratta di un traguardo troppo ambizioso, per motivi che verranno spiegati in seguito. In primis per la sicurezza dell’approvvigionamento, cardine essenziale della questione energetica. Forse sarebbe stato opportuno coinvolgere cerchie più ampie nell’elaborazione del progetto posto in consultazione, in particolare rappresentanti del settore privato, che avrebbero potuto completare l’importante lavoro svolto dagli esponenti del settore pubblico e para-pubblico (AET e AMB). L’impressione è che, al di là degli obiettivi assolutamente lodevoli, manchi un approccio pratico.

b. Strumenti – Nel PECC si fa ampio riferimento a incentivi sotto forma di sussidi di vario genere. Probabilmente in taluni casi può trattarsi di uno strumento idoneo, ma manca un’analisi più approfondita su altre possibilità di facilitare gli investimenti, ad esempio con deduzioni fiscali mirate. A nostro avviso è concettualmente errato concentrarsi solo sugli incentivi, che tra l’altro potrebbero anche necessitare, per attribuzione, controllo ed eventuali sanzioni, di un apparato burocratico non indifferente, facendo lievitare i costi. Rischio che potrebbe forse essere evitato con un approccio che preveda anche altre facilitazioni per gli investimenti, ad esempio intervenendo sulla leva fiscale, che dispone di un apparato già rodato e che potrebbe portare a una maggiore chiarezza su cosa, chi e come viene incentivato. Riteniamo che un’analisi di questo tipo sulle varie possibilità di strumenti da mettere in campo sia indispensabile.

c. Costi – Strettamente legato al punto precedente è quello dei costi delle molte misure previste. Nel PECC mancano totalmente calcoli concreti sui costi che andrebbero affrontati per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e neutralità. È evidente che in una certa misura si conta sull’evoluzione tecnologica ma l’impatto sul terreno e in particolare sui costi non è certo e speculare sul fatto che vi sarà una riduzione dei prezzi e una maggiore diffusione, ad esempio, delle batterie per accumulare l’energia è esercizio a nostro avviso troppo rischioso. È evidente che questo rende difficile fare calcoli precisi, però è necessario avere almeno delle stime attendibili, ma a maggior ragione si impone una certa prudenza e comunque non si può prescindere da stime almeno credibili dell’impatto finanziario dei principi perseguiti dal PECC. Ad esempio, si menziona la necessità di sopprimere l’olio combustibile quale vettore di riscaldamento per gli immobili, che vanno tutti convertiti. Data l’ampiezza del parco immobiliare ticinese che fa ancora capo a questa forma di energia, risulta difficile credere che si tratti di un’operazione possibile nei tempi previsti e sostenibile finanziariamente. Il fatto che oltretutto non vi siano indicazioni su chi dovrà concretamente sopportare i costi induce a rifiutare quanto proposto nel PECC, nell’attesa di indirizzi più precisi. Tanto più che il summenzionato dettame costituzionale richiede anche l’economicità degli interventi, elemento allo stato attuale impossibile da determinare.

d. Procedure – La volontà di alleggerire e sveltire le procedure pianificatorie è senza dubbio un elemento da ritenere, perché facilitano gli investimenti, anche per le energie rinnovabili, e permettono una reattività migliore quando si tratta di adattarsi alle evoluzioni sempre più rapide del contesto economico e sociale e, ovviamente, energetico.

3. Obiettivi strategici e scenari 2050 in particolare

Già si è detto al punto precedente che vi sono dubbi sul raggiungimento degli obiettivi che si pone il cantone. Indipendenza al 100% e decarbonizzazione, per quanto lodevoli, non tengono conto in maniera sufficiente della sicurezza dell’approvvigionamento e a quali costi, quindi anche del criterio dell’economicità.

Inevitabilmente occorre fare riferimento alla Strategia Energetica 2050 (SE 2050) prevista dalla Confederazione, che ha già dimostrato i suoi limiti (senza dimenticare le incertezze legate agli esiti della prossima votazione federale del 18 giugno 2023 sulla Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica). Malgrado la SE 2050 sia oggetto di discussioni per la sua manifesta inadeguatezza, il PECC afferma di voler essere ancora più ambizioso e incisivo. Rileviamo che basarsi di fatto solo su due unici pilastri, idroelettrico e fotovoltaico, non ossequia al dettame costituzionale di avere un approvvigionamento diversificato, per cui la produzione di elettricità proveniente da legna e gas va inclusa nelle valutazioni.

Del resto, pur condividendo il fatto che si faccia riferimento a effetto e misure globali, va tenuto conto che il Ticino può influenzare relativamente poco nel panorama mondiale. Variazioni di temperatura di uno o due gradi sono decisi risp. influenzati da colossi come Cina, India, Brasile, USA, ecc., il cui obiettivo non è la decarbonizzazione, almeno non come priorità assoluta. Il Ticino in questo contesto può ben poco. Ciò non significa che non bisogna fare nulla, anzi. Ma gli obiettivi vanno commisurati a quanto noi possiamo effettivamente fare. Combattere da soli l’aumento stimato di 1,5 gradi della temperatura è illusorio, cercare di aumentare l’indipendenza energetica è più realistico, ma va comunque sempre tenuto conto dell’impatto economico e sociale delle misure ipotizzate in termini di costi.

Che la SE 2050 abbia i suoi limiti è ormai noto. Il prezzo dell’elettricità è esploso nel 2022 e le misure urgenti previste per ovviare alle difficoltà (riserva energetica, Birr, Monthey, Cornau…) portano poca energia supplementare e sono costate 850 milioni di franchi e a tal proposito Swissgrid ha già annunciato degli aumenti tariffali per il 2024. Malgrado il fondo KEV/RIC dal 2009 a oggi abbia raccolto circa 15 miliardi di franchi (attualmente circa 1,4 miliardi all’anno), il fotovoltaico produce solo circa 2,8 TWh (anno 2021), quindi pensando ai sussidi erogati, la resa è assai limitata. Se si considera che con questi mezzi finanziari avrebbero potuto essere costruite 2 nuove centrali nucleari, producendo 10 volte di più energia, 24 ore su 24, non solo quando splende il sole e a un prezzo inferiore, si impongono riflessioni ad ampio raggio che non si concentrino solo su una gamma limitata di fonti energetiche.

L’approvvigionamento invernale, che è quello sostanzialmente problematico visto che siamo obbligati a importare energia, viene a nostro avviso frettolosamente liquidato, con un generico riferimento anche a nuove possibilità di stoccaggio. Dallo Stato le cittadine e i cittadini si aspettano condizioni-quadro affidabili come pure un piano di implementazione chiaro. Limitarsi a dire, come figura a pagina 69 del PECC posto in consultazione, “La sfida è di riuscire a ridurre la dipendenza dall’estero tramite trasferimento di parte dell’esubero di produzione estiva nei mesi invernali” corrisponde sostanzialmente a vendere un’illusione. Tanto più che si afferma pure, sempre a pagina 69, che “Malgrado l’importante aumento di potenza fotovoltaica installata, rimarrebbe un deficit invernale di circa 700 GWh, mentre nei mesi estivi vi sarebbe da gestire, con i relativi problemi sulla stabilità della rete, un esubero di 1’100 GWh”. In parole povere, significherebbe che più dei 2/3 della “nuova” produzione sarebbe gettata alle ortiche!?

In conclusione, resta senza risposta il quesito di come si possa immagazzinare il surplus di energia prodotta nei mesi “favorevoli”. Considerato l’attuale stato della tecnica e dei prodotti disponibili sui mercati risp. di progetti come il Sambuco, significherebbe che occorrerebbero 14 altri progetti come il Sambuco. In sostanza, i 100 a 200 milioni di franchi necessari per aumentare la produzione di 50 GWh, diventerebbero una cifra mostruosa variante da 1,4 a 3 miliardi di franchi per coprire il deficit invernale di 700 GWh. Figuriamoci se volessimo immagazzinare la stessa quantità di energia con batterie attualmente reperibili sul mercato: in effetti 700GWh corrispondono a 700‘000‘000 kWh e per immagazzinarli in batterie TESLA (capacità 15 kWh a 10’000 franchi al pezzo) avremmo bisogno di 45 milioni di batterie per un costo totale di oltre 400 miliardi di franchi e per una durata di vita delle batterie di soli 15 a 20 anni.

Ovviamente sproporzionato e irrealizzabile. Immagazzinare l’esubero di energia estiva per poi utilizzarlo nella stagione fredda è certamente corretto dal punto di vista teorico, ma, all’atto pratico, trovare 14 progetti equivalenti a quanto previsto per il Sambuco o, peggio, illudersi di installare milioni di batterie, rappresenta un esercizio velleitario che non si sposa con la realtà dei fatti.

Tra l’altro, se veramente si vorrà procedere con lo spegnimento del nucleare senza condizioni, nel 2035 il fabbisogno invernale salirà ulteriormente.

Il problema dello stoccaggio non è quindi ancora risolto e occorrono maggiori analisi e la verifica di alternative credibili, anche per i forti dubbi sulla sostenibilità dei costi.

4. Alternative?

Abbiamo già sottolineato la necessità di non precludersi determinate fonti energetiche. Per questo vanno sostenute svariate alternative: fotovoltaico, idroelettrico (incluso la mini-hydro), eolico, biogas, geotermia, nuovo nucleare, ecc., tutto ciò al fine di garantire una sicurezza di approvvigionamento economica 24/24h e non solo quando splende il sole o soffia il vento.

Il PECC fa riferimento per il 2035 al Power to X da energie rinnovabili e quando d‘inverno saremo al massimo delle importazioni. Si tratta di una visione poco coerente. Garantire il “pieno” delle auto elettriche e far funzionare le pompe di calore grazie a energia elettrica importata ci pare molto azzardato.

Infine, se già vi sono problemi di approvvigionamento in inverno e vista la bassa resa/efficienza, la produzione di idrogeno con l’idroelettrico andrebbe evitata, visto che poi essa richiede il triplo di energia rispetto alla resa

5. Obblighi non commisurati alla realtà

Da pagina 73 del PECC vengono elencati molti degli obblighi che dovrebbero permettere una transizione energetica. Nutriamo qualche dubbio sulla fattibilità, visto che spesso si fa riferimento anche a tecnologie e prodotti non ancora „maturi “. Per quanto riguarda gli edifici, le reti di teleriscaldamento sono certamente una via corretta, ma abolendo il gasolio, come nelle intenzioni, quale sarebbe il destino delle zone periferiche senza teleriscaldamento? Non verrebbero riscaldate?

6. Conclusioni

Visto quanto precede, chiediamo che il PECC sia riesaminato completamente, rivedendone gli obiettivi sulla base delle tecnologie disponibili oggi e non basandosi su supposizioni e speranze. Aggiornamenti e correzioni degli obiettivi possono essere effettuati di pari passo con l’evoluzione tecnologica. Considerata l’importanza del tema, una valutazione dell’impatto finanziario degli obiettivi perseguiti è assolutamente necessario. Un allineamento con il Mantelerlass della Confederazione è indispensabile sia per gli obiettivi, che per le vie per raggiungerli. Nel nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese riteniamo che sarebbe opportuno muoversi con maggiore realismo, prevedendo anche un piano alternativo, qualora le ipotesi illustrate, anche per i motivi suddetti, non potessero essere realizzate.

Ringraziandovi per l’attenzione dedicata al nostro scritto, l’occasione ci è gradita per porgervi i nostri più distinti saluti.

Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti

Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Le télétravail des frontaliers pourra se poursuivre jusqu’à deux jours par semaine

Le 30 juin 2023, les autorités françaises ont signé l’accord-cadre multilatéral permettant le maintien de la législation sociale de l’État d’emploi des travailleurs frontaliers qui télétravaillent moins de 50 pour cent de leur temps de travail dans leur État de résidence (Accord social : signature de l’accord-cadre multilatéral sur la (…) – La France en Suisse et au Liechtenstein (ambafrance.org)).

Ainsi, à partir de cette date, les frontaliers français dont l’employeur est en Suisse sont autorisés à télétravailler jusqu’à 49,9 pour cent de leur temps de travail sans que leur assujettissement à la sécurité sociale ne subisse de modification.

Il importe de mettre cet accord-cadre en perspective avec la solution en matière fiscale récemment confirmée entre la Suisse et la France (La Suisse et la France signent un avenant à la convention bilatérale contre les doubles impositions (admin.ch). Pour rappel, depuis le 1er janvier 2023, les travailleurs frontaliers français ne peuvent télétravailler qu’à concurrence de 40 pour cent de leur taux d’activité pour éviter toute incidence fiscale.

Les associations économiques romandes, dont la CCIG, conseillent à leurs membres de n’autoriser le télétravail que jusqu’à concurrence de deux jours par semaine pour leurs collaborateurs frontaliers venant de France. En effet, à partir de ce seuil, des conséquences pénales pourraient s’appliquer.


CCIG –  04/07/2023
Chambre de commerce, d’industrie et des services de Genève
4, boulevard du Théâtre,  1204 Genève


Lo Swiss Medtech Award 2023 va ad Abionic

Un test rapido diagnostico che può salvare la vita a milioni di persone.

Nel corso dello Swiss Medtech Day – tenutosi il 13.6.2023 –, il principale evento dell’industria della tecnologia medica svizzera con circa 800 partecipanti, l’azienda di Losanna Abionic, fondata nel 2010, è stata insignita dello Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000. Abionic si è specializzata nella produzione di test rapidi diagnostici, che possono essere utilizzati per analisi decentrate (point-of-care testing). Secondo l’opinione della giuria, la tecnologia ha il potenziale di rivoluzionare la diagnostica in vitro.

Allo Swiss Medtech Day di quest’anno hanno partecipato circa 800 rappresentanti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Peter Biedermann, direttore di Swiss Medtech, è molto soddisfatto di queste cifre da record. «Lo Swiss Medtech Day è la principale piattaforma di interconnessione del settore medtech ed è il palcoscenico perfetto per il conferimento dello Swiss Medtech Award. Quale pubblico potrebbe apprezzare meglio il contributo del team di vincitori? Tutti nella sala sanno quante conoscenze e quanto lavoro ci siano dietro a un’innovazione medtech».

Lo Swiss Medtech Award del valore di CHF 75’000 va quest’anno all’impresa di diagnostica point-of-care Abionic. Fondata nel 2010 dal Dr. Nicolas Durand e dal Dr. Iwan Märki come spin-off del Politecnico federale di Losanna (EPFL), l’azienda è stata premiata per la sua piattaforma diagnostica di test rapidi (abioSCOPE). L’aspetto rivoluzionario della tecnologia basata sulla nanotecnologia: in soli cinque minuti è possibile analizzare un campione di sangue, saliva o urina misurando oltre una dozzina di biomarcatori ed eventualmente, sulla base dei risultati del test, prendere una decisione clinica. L’apparecchio maneggevole e pratico viene utilizzato nel luogo di erogazione del servizio, presso il letto del paziente, in farmacia, nel luogo dell’incidente o in ambulanza. «Il tempo risparmiato può salvare vite umane. In caso di sepsi ogni ora è importante», spiega Andi Vonlanthen di Sonova, rappresentante della giuria. La sepsi, in gergo comune avvelenamento del sangue, è una delle cause di decesso più diffuse al mondo. È una risposta errata del corpo a un’infezione, nel corso della quale il sistema immunitario non danneggia solo gli agenti patogeni, ma anche i propri organi. Una diagnosi rapida e sicura è fondamentale, poiché ogni ora che passa prima che vengano somministrati gli antibiotici aumenta il rischio di morte dell’otto percento. Con il test rapido di Abionic nel campione di sangue viene analizzata la proteina del calcolo pancreatico, un biomarcatore prodotto dal pancreas come reazione di una sepsi.

«Abionic sorprende anche dal punto di vista imprenditoriale. In soli dieci anni i fondatori sono riusciti a espandere la propria azienda con i test rapidi per l’assistenza sanitaria primaria e acuta. Il loro team è riuscito a riunire in modo impressionante talenti provenienti da un’ampia gamma di settori scientifici e tecnici, oltre che da questioni cliniche, normative e commerciali», spiega Andi Vonlanthen. Il Dr. Nicolas Durand, CEO di Abionic, ritira lo Swiss Medtech Award con grande entusiasmo a nome del suo team. Dalla fondazione dell’impresa sono cambiate molte cose, ma l’ambizione è rimasta immutata. «Ci siamo dati il compito di rivoluzionare la diagnostica in vitro, di migliorare sensibilmente con i nostri test rapidi l’assistenza ai pazienti e di salvare vite umane. Lo Swiss Medtech Award è l’ulteriore conferma che siamo sulla strada giusta», spiega il vincitore. 

Tra i vari candidati per lo Swiss Medtech Award 2023 era presente anche Genny Factory SA di Sant’Antonino, un’azienda facente parte del gruppo Wullschleger e associata a SwissMedtech Ticino. Il Direttore dell’azienda, Signor Paolo Badano, è uno dei membri del Comitato di Swiss MedTech Ticino.
Per ulteriori informazioni, invitiamo a visitare i siti web https://swiss-medtech.ch/it/swiss-medtech-ticino e www.gennymobility.com.

Sullo Swiss Medtech Award e lo Swiss Medtech Day

Nel 2018 Swiss Medtech ha creato lo Swiss Medtech Award. Il premio di 75’000 franchi – sponsorizzato dalla Fondazione Lichtsteiner, dal Gruppo Sonova, dal Gruppo Straumann e da Ypsomed – è un riconoscimento delle prestazioni eccellenti dell’industria della tecnologia medica svizzera. Presieduta dal prof. Mirko Meboldt, ETH, Politecnico federale di Zurigo, la giuria esprime una valutazione sulla base dei seguenti criteri: «benefici per i pazienti», «contributo al miglioramento dell’assistenza sanitaria» e «spirito pionieristico tecnologico». Il team di vincitori sarà reso noto durante lo Swiss Medtech Day. I partner del grande evento sono Innosuisse, l’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, e konplan systemhaus ag. Gli sponsor principali dello Swiss Medtech Day sono be-advanced SADeloitteHelbling Technik e Zühlke

Telelavoro frontalieri

Informazione importante

In data odierna alcuni media ticinesi hanno impropriamente riportato la notizia della proroga dell’Accordo Svizzera Italia sulla fiscalità del telelavoro dei frontalieri.

La presente informazione ha lo scopo di rettificare alcune imprecisioni pubblicamente diffuse.

Innanzitutto, come già comunicato negli scorsi mesi, dal 1° febbraio 2023 è scaduto l’Accordo amichevole tra Svizzera ed Italia firmato nel 2020 sull’imposizione fiscale del telelavoro dei frontalieri. A partire da tale data si è quindi tornati al regime di imposizione usuale e in caso di telelavoro il frontaliere è soggetto fiscale italiano, anche per un solo giorno di attività in Italia. Quindi, ad oggi, non vi è alcun accordo in vigore tra Svizzera ed Italia da prorogare.

È verosimile che nei prossimi giorni Italia e Svizzera firmino un nuovo accordo amichevole. Non si tratta di una semplice proroga in quanto, come detto, attualmente non vi è alcun accordo in vigore e, comunque, il regime sarà sostanzialmente differente e più limitativo rispetto a quello concordato durante il periodo della pandemia.

Inoltre, sull’effettiva durata di questo nuovo accordo al momento non ci sono informazioni certe.

Ritorneremo sul tema non appena riceveremo comunicazioni ufficiali e consolidate.

Riassumendo: ad oggi non vi è alcun accordo in vigore tra Svizzera e Italia sulla fiscalità del telelavoro dei frontalieri.

San Gottardo & pedaggio: NO grazie

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

È notizia di queste settimane la proposta di un Consigliere nazionale urano di prevedere un pedaggio per accedere al tunnel del San Gottardo (e forse anche del San Bernardino), per cercare di mitigare i disagi provocati dalle colonne che si formano davanti alla galleria in alcuni periodi dell’anno.
Purtroppo, la presunta “soluzione” del pedaggio non è assolutamente accettabile. Tralasciamo i più che legittimi dubbi su come si potrebbe gestire anche fisicamente un sistema con questo meccanismo, malgrado tutte le evoluzioni della tecnologia. Ma è certo che per il Ticino vi sarebbero unicamente svantaggi
incomprensibili e non di poco conto.

Si pensa prevalentemente al settore turistico, ma la questione è ben più ampia. Molti altri settori sarebbero toccati in maniera considerevole, visto che ad esempio un grande numero di aziende industriali e artigianali ticinesi, sono in vari modi, strettamente collegati alla parte Svizzera tedesca. Dover sopportare un pedaggio a ogni passaggio dei propri prodotti finiti, dei componenti dei prodotti, ecc. , significherebbe un aumento di costi non indifferente e una conseguente perdita di competitività in un contesto già per nulla facile e molto concorrenziale.
Inevitabili i riflessi su taluni insediamenti aziendali e sui posti di lavoro.

Ma, a parte il discorso prettamente economico, vi sarebbe una chiara discriminazione per il nostro Cantone. Non è mia abitudine usare l’arma del lamento, ma è un fatto che nella fattispecie vi sarebbe una macroscopica disparità di trattamento con gli altri Cantoni svizzeri. Infatti, se si fa riferimento alla densità del traffico che attraversa il San Gottardo, numerose sono le situazioni in Svizzera che sono ben peggiori. E’ opportuno ricordare che nel 2021 delle 32’481 ore di colonna registrate in Svizzera, quelle al San Gottardo sono state circa 2’500, quindi l’8%. Significa che in molte altre regioni elvetiche, che rappresentano il 92% delle ore di colonna, non siano d’esempio o messe meglio, basti pensare ai tunnel del Baregg o del Gubrist, oppure alle code fra Berna e Zurigo, fra Losanna e Ginevra, ecc. Dove le colonne sono quotidiane e non solo in periodi “di punta”
come al San Gottardo. Logica ed equità vorrebbero che si dovrebbe affrontare lo stesso discorso del pedaggio anche in altre regioni, se il traffico fosse la discriminante. Legittimo ritenere che romandi e svizzero
tedeschi avrebbero qualcosa da eccepire e con un peso politico
maggiore del nostro. Non è del resto un caso che il “road pricing” riferito
agli agglomerati sia sparito dai radar. Curioso è anche rilevare come nella campagna di votazione sul secondo tubo autostradale del San Gottardo gli oppositori, in prima linea i Cantoni romandi, insistettero sul fatto che non valeva la pena investire soldi su una tratta con scarsa densità di traffico. Ora però andrebbe bene il pedaggio? Direi di NO.

Essere al di qua delle Alpi rappresenta già sotto diversi aspetti, uno svantaggio,
perché il nostro territorio è più difficilmente raggiungibile e per noi varcare la catena alpina rappresenta comunque un ostacolo spesso non trascurabile. Peggiorare questo svantaggio obbligando tutti a pagare per transitare nella galleria autostradale sarebbe assurdo. In pratica saremmo l’unica regione svizzera
(parliamo della Svizzera italiana se dovesse esserci il medesimo provvedimento per il San Bernardino) a essere raggiungibile solo a pagamento.
Alla faccia della coesione nazionale. L’autore della mozione, il Consigliere nazionale Simon Stadler, cerca di rassicurare sulla sua brillante idea dicendo che vi potrebbero essere esenzioni per i ticinesi. Il problema è che nel testo della mozione si parla di riduzioni per gli abitanti dei cantoni interessati e non di
esenzioni. In sostanza, i ticinesi dovrebbero pagare comunque, magari un po’ meno, ma sempre di balzello si tratta. Nella stessa mozione si citano anche esempi di valichi con pedaggi che funzionano molto bene (Brennero, Monte Bianco, Fréjus, Gran San Bernardo) dimenticando (?) che si tratta di trafori che portano da una nazione all’altra e non collegano regioni di uno stesso paese, come è il caso del San Gottardo e del San Bernardino. La differenza non è sottile e si può tranquillamente parlare di una “staatspolitische Frechheit”.

In altre parole, una decisa mancanza di rispetto per un Cantone e una regione che non sono certamente di Serie B.

Apertura tecnologica

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

2035: l’anno della definitiva svolta energetica in ambito del trasporto privato. Anche l’ultima istanza politica europea, che doveva decidere sulla messa al bando dei carburanti di origine fossile e di conseguenza puntare tutto sulla mobilità elettrica, si è espressa a favore di questa drastica misura. C’è però stata una svolta che ha cambiato le carte in tavola. Dietro pressione della Germania, gli europarlamentari hanno inserito tra i vettori energetici per le autovetture anche la possibilità di vendere, dopo il 2035, veicoli con motore a combustione interna se alimentati con carburanti sintetici o e-carburanti. Questa decisione è molto positiva per tutti. Da un lato sarebbe stato piuttosto pericoloso affidarsi ad un unico vettore energetico, l’elettricità, per mettere in movimento l’intero parco circolante europeo. Dall’altra, se si vuole veramente risolvere il problema delle
emissioni di CO2, bisogna lasciare il campo aperto a tutte le tecnologie.
Solo così il mondo scientifico e lo sviluppo tecnologico possono valutare ogni via percorribile e proporre le soluzioni migliori. Chiudendo invece a priori lo sviluppo degli e-carburanti, gli investimenti nella ricerca e sviluppo di questa innovativa tecnologia sarebbero sati cancellati o per lo meno spostati al difuori dell’Europa dove le altre nazioni non hanno posto vincoli ai vettori energetici per il settore dei trasporti. Altre fonti energetiche invece, non sono state perse in considerazione.
Per esempio, i bio-carburanti, come chiesto a gran voce dall’Italia che in quest’ultima tecnologia ha investito moltissimo negli scorsi anni. La decisione presa dai parlamentari europei, una volta tanto, ha una ragione d’essere. Vediamo perché.

Gli e-carburanti

Questi carburanti, definiti carburanti sintetici, e-carburanti o carburanti elettrici, sono dei prodotti che non si trovano in natura, ma si ottengono grazie alla sintesi di idrogeno o, in rari casi, anche di bio-carburanti e CO2. Per questo processo di sintesi, ma anche per la produzione di idrogeno verde, serve molta energia elettrica. Da qui il nome di e-carburanti. Alla base c’è dunque l’idrogeno, un elemento molto abbondante sulla Terra, ma solo in combinazione con altri elementi come, ad esempio, l’ossigeno formando in pratica l’acqua. Per ottenere l’idrogeno occorre quindi scomporre i due elementi, ossigeno e idrogeno, grazie all’elettrolisi. Questo processo può funzionare soltanto utilizzando grandi quantità di elettricità, motivo per il quale quest’ultima, se si vuole ottenere un processo realmente sostenibile da punto di vista ambientale, deve essere prodotta da fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico o idroelettrico. Oltre all’idrogeno serve la CO2. Quest’ultima, per far sì che il processo sia neutro dal punto di vista delle emissioni, deve essere prelevata dall’aria ambiente.
Combinando poi i due elementi, idrogeno e CO2, si ottiene un carburante che può essere utilizzato in un motore a combustione interna come quelli che oggi utilizziamo su gran parte delle vetture circolanti. Ecco, quindi, un altro vantaggio: la tecnologia e le vetture già oggi in circolazione non sarebbero da buttare, ma, anzi, diventerebbero anche queste a emissioni a zero di CO2. A dire il vero, questo tipo di automobili emetterebbe comunque della CO2, la differenza rispetto alle emissioni attuali è che in questo caso si tratterebbe della stessa quantità di anidride carbonica prelevata dall’aria ambiente utile per la reazione chimica necessaria.
Una domanda però sorge spontanea: per quale motivo si dovrebbe utilizzare la corrente elettrica per produrre un carburante sintetico da bruciare in un motore a combustione interna? Non converrebbe utilizzare direttamente la corrente elettrica per alimentare una vettura a batteria? Uno dei problemi dell’elettricità
è il suo immagazzinamento. Sappiamo che quest’ultimo non è semplice e, con la tecnologia attuale, l’unica possibilità è accumularla all’interno di una batteria. Per quantità relativamente ridotte questo è fattibile senza problemi, mentre per grandi quantità ad oggi non esiste una soluzione. Un altro problema dell’energia elettrica è il suo “trasporto” su lunghe distanze. Oggi per portare l’energia elettrica da un punto di produzione al punto di utilizzo si fa capo alla rete di distribuzione ad alta tensione. Questo è fattibile su distanze di qualche migliaio di chilometri, ma non oltre. È impossibile immaginare di produrre energia elettrica in America del Sud grazie all’eolico per poi utilizzarla in Europa quale vettore energetico per il trasporto privato. È invece possibile produrre e-carburanti in Argentina, dove oggi esiste un impianto pilota gestito da Porsche, e in seguito, come avviene già con la benzina e il diesel, trasportarlo in tutta sicurezza in Europa per essere poi venduto presso la rete di stazioni di rifornimento già esistenti.

E i bio-carburanti

I bio-carburanti sono prodotti a partire da bio-masse o da vegetali coltivati a questo scopo. Anche in questo caso si possono ritenere dei carburanti con bilancio di emissioni di CO2 neutro. Infatti, la CO2 che viene emessa quando il bio-carburante brucia all’interno del motore è la stessa che le piante coltivate per la sua produzione hanno assorbito dall’aria durante la loro fase di crescita. Allora perché non sono stati presi in considerazione al pari degli e-carburanti?
Uno dei principali problemi è proprio la necessità di coltivare molti terreni a questo scopo sottraendoli alla produzione di vegetali a scopo alimentare.
La decisione dell’Unione Europea va quindi nella giusta direzione offrendo la possibilità di una migliore gestione dell’energia che è possibile produrre da fonti rinnovabili consentendo un immagazzinamento più semplice e una distribuzione più capillare, indipendentemente dal luogo di produzione. Pensando poi anche al difuori del mondo delle automobili, come ad esempio il trasporto aereo o marittimo, la disponibilità di carburanti liquidi o gassosi di facile immagazzinaggio renderanno più ecologici anche gli spostamenti a lungo raggio.

Assegno Unico Universale NEW

Nuovo pannello e guida personale INPS

Assegno Unico figli: nuovo pannello e guida personale INPS

L’INPS attiva il nuovo pannello per l’Assegno Unico e le video guide personalizzate per chi ha riscontrato criticità in fase di erogazione del beneficio.

Novità per i contribuenti che diritto all’Assegno Unico figli a carico: l’INPS ha attivato il nuovo pannello semplificato e sta procedendo con l’invio di video guide personalizzate e interattive ai nuclei familiari che hanno richiesto la prestazione ma che hanno riscontrato problemi in fase di erogazione del beneficio.

Le video guide hanno lo scopo di informare sullo stato della domanda presentata e fornire all’utente interessato indicazioni su come procedere, illustrando in modo semplice e intuitivo le attività da effettuare per fruire dell’Assegno Unico.

Pannello INPS per l’Assegno Unico

Il nuovo pannello informativo semplificato per l’Assegno Unico Universale è operativo dal 10 giugno 2023, accessibile attraverso il sito web dell’Istituto e utilizzando le proprie credenziali di autenticazione (SPID, CIE e CNS) o tramite l’intermediario di fiducia.

Video guida per chi ha problemi

Con il messaggio n. 2096 dello scorso 6 giugno, inoltre, l’INPS annuncia l’invio di video guide personalizzate e interattive a coloro che, pur avendo richiesto l’Assegno Unico per i figli a carico nel corso delle annualità 2022 e 2023, non hanno avuto accesso alla prestazione a causa di alcune criticità in fase di istruttoria.

Dall’esame delle posizioni che risultano dagli archivi INPS è stata rilevata la presenza di domande senza documentazione allegata, oppure domande che sono nello stato di “accolta” ma con pagamento non a buon fine a causa di anomalie, dovute al mancato abbinamento tra il Codice Fiscale dell’utente e l’IBAN inserito.

Per visualizzare la video-guida personalizzata è necessario procedere come segue:

  • accedere all’area riservata “MyINPS”, attraverso la propria identità digitale (CIE, SPID almeno di livello 2 o CNS);
  • consultare le notifiche nelle app “IO” e “INPS Mobile”.

Fonte: Portale INPS, PMI.IT (Teresa Barone, 9 Giugno 2023 9:15)

Così Linkedin ha cambiato (e continua a cambiare) l’HR

di Manuela Cuadrado, Account Manager in Breva Digital Communication Sagl

Linkedin si conferma uno dei social media più amati. In un panorama mutevole come quello digitale, ha saputo evolversi senza mai venire meno alla sua “mission” originale: fornire a chi lavora uno strumento di networking in grado di supportare gli utenti nella ricerca di un nuovo lavoro e le aziende nella ricerca di personale. Un mondo virtuale in cui domanda e offerta di lavoro possano incontrarsi direttamente, rompendo le tradizionali barriere gerarchiche. Una felice intuizione per l’epoca: Linkedin è infatti nato ufficialmente il 5 maggio del 2023.
Sì, avete fatto bene i conti: quest’anno, le candeline sulla torta saranno 20. Due decadi di crescita solida e costante, che hanno portato le funzionalità della piattaforma ad espandersi: oggi imprese e privati utilizzano Linkedin per la ricerca attiva di clienti, il rafforzamento della propria reputazione online, la formazione, o semplicemente per restare aggiornati su quanto accade nella propria sfera di interesse professionale.
Tuttavia, la vocazione HR di Linkedin non è certo venuta meno. Al contrario: si è arricchita di nuove, interessanti funzionalità.

Anche la ricerca di personale ha la sua brand awareness.

Oggi più che mai, la ricerca di lavoro da parte dei candidati tiene conto di fattori che vanno oltre l’inquadramento o la retribuzione: non cercano più solamente un impiego, ma un’esperienza di lavoro che consenta loro un accrescimento personale, oltre che professionale. Vogliono poter sposare i valori dell’azienda in cui lavorano e trovare un ambiente positivo e accogliente, in cui il loro talento venga valorizzato. Per questo, sono più portati che in passato a fare ricerche sull’azienda e chi ci lavora. Ricerche che avvengono al 99% online… le aziende che vogliono attrarre i candidati migliori trovano in Linkedin un’eccezionale opportunità di comunicare le proprie attività, missione e valori, avendo la certezza di trovarsi già su sulla piattaforma social più adatta per ottenere la visibilità che gli serve. I dipendenti e i collaboratori dell’azienda possono essere chiamati direttamente a contribuire a questa visibilità attraverso le funzionalità di Employee Advocacy; l’engagement da parte di chi già lavora in azienda, è senza dubbio il miglior biglietto da visita agli occhi di un candidato. Pubblicare e condividere contenuti interessanti sulle attività aziendali può stimolare molti professionisti a contattarvi per primi, con una candidatura spontanea.
Ma… cosa accade se abbiamo bisogno di una ricerca di personale mirata, magari con una certa urgenza?

Job posting e Job ADS: pubblicare e sponsorizzare gli annunci di lavoro

È risaputo che le aziende possono pubblicare e diffondere annunci di lavoro su Linkedin. È meno noto che per farlo non occorre necessariamente pagare: basta avvalersi della funzionalità “Pubblica un’offerta di lavoro” dal menù aziendale e una procedura guidata ci permetterà di redigere e pubblicare l’annuncio perfetto per noi, che verrà pubblicato sulla pagina aziendale e da lì potrà essere ricondiviso. Questo, in alcuni casi, potrebbe già essere sufficiente ad attirare l’attenzione di candidati interessanti, ma solo a patto diaver nutrito nel tempo la nostra rete con contatti qualificati e in target (questo ovviamente, vale per tutti quelli che condivideranno l’annuncio). È anche possibile arricchire la propria foto profilo con la dicitura “I’m hiring” – “Sto assumendo”, per ottenere ulteriore visibilità presso la nostra rete.
Se però vogliamo accelerare i tempi o abbiamo necessità di raggiungere velocemente un pubblico più ampio, potremo avvalerci della possibilità di sponsorizzare l’annuncio: grazie alla capacità di selezione capillare del target della piattaforma pubblicitaria di Linkedin, potremo mostrare il nostro annuncio solo a candidati che corrispondono il più possibile al nostro candidato ideale: tra i filtri troviamo, ad esempio, gli anni di esperienza, il titolo di studio, ma anche le lingue conosciute o determinate conoscenze tecniche e/o particolari skill (ad esempio, la competenza nell’utilizzo di determinati software o macchinari). I termini e condizioni del servizio di Linkedin non permettono di inserire criteri discriminanti quali sesso, età, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità etc. (anche in accordo alle leggi e normative vigenti nel Paese di riferimento).
Altro spunto da tenere presente: grazie a un codice di tracciamento da inserire sul sito web (pixel) è possibile fare pubblicità retargeting a tutti i potenziali candidati che sono atterrati sul nostro sito web per approfondire l’annuncio o conoscere meglio l’azienda, andando così a colpire un pubblico non solo idoneo, ma anche
fortemente interessato.

Più forza alla ricerca di personale con Linkedin Recruiter

Per chi lavora nel campo delle Risorse Umane o le imprese che hanno bisogno di molto personale, è nato Linkedin Recruiter, una soluzione tailor-made per venire incontro alle specifiche necessità di ogni azienda. Grazie a Recruiter, non è necessario aspettare che il candidato giusto venga da noi: possiamo essere noi a
trovarlo e contattarlo per primi! I responsabili della selezione hanno a disposizione una ricerca attiva che permette di impostare diversi filtri e trovare gli utenti con il profilo più adeguato: tra gli oltre 690 milioni di iscritti nel mondo, c’è sicuramente il candidato giusto! L’HR manager potrà quindi contattarlo direttamente attraverso i messaggi InMail.

Sì ad una fiscalità conforme al modello OCSE: per la Svizzera, per il Ticino

Il prossimo 18 giugno, i cittadini saranno chiamati alle urne su tre temi di carattere federale, tra cui la riforma OCSE per l’imposizione minima delle imprese attive a livello mondiale con un fatturato di almeno 750 milioni all’anno. Il Canton Ticino non figura tra i cantoni direttamente più toccati dalle modifiche tributarie. Ma indirettamente la riforma riveste una grande importanza per la nostra regione, per le imprese stesse e per l’erario. Per questa ragione l’Associazione imprese di famiglie (AIF), l’Associazione industrie ticinesi (AITI) e la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) invitano a votare Sì alla riforma OCSE.

COMUNICATO STAMPA