Intervista al Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti
a cura di Lisa Pantini
In veste di Presidente della Cc-Ti possiede una visione globale dell’economia ticinese. A livello di sostenibilità le PMI ticinesi dove sono situate?
“Il Ticino in generale non è mai stato il Cantone all’avanguardia sulle novità. Il Ticino è periferia, di Zurigo o di Milano, e come tutte le periferie adotta le spinte avanguardistiche in ritardo. Non ho dati oggettivi (è anche molto difficile reperirli dalle aziende) ma credo che non brilliamo tra i primi della classe in termini di sostenibilità e/o responsabilità sociale delle imprese. Vero è per contro che il motore è avviato e che quindi anche da noi sempre di più si parla di sostenibilità. È un tema chiave per la Cc-Ti. Sovente si pensa di più a quella ambientale, dimenticando forse un attimo quella economica e sociale. Inoltre la popolarità di questa tematica dipende molto da settore a settore: mi sembra che nel farmaceutico e nella moda vi siano best pratices all’avanguardia in questi ambiti. In generale le aziende che operano su mercati internazionali sono più sensibili alla sostenibilità, mentre per chi opera sul solo mercato svizzero la
pressione per adottare una strategia sostenibile è forse meno sentita. Non da ultimo la taglia dell’azienda è anche un fattore determinante. Possiamo però affermare con certezza che esistono numerosi casi riconosciuti di aziende grandi e medio-piccole virtuose anche in Ticino. Parliamo di gestione imprenditoriale e manageriale responsabile, con molteplici attività svolte, che poi non sono sempre misurate o rese note al grande pubblico (ad esempio audit, certificazioni esterne, rendiconti agli stakeholder, ecc.)”.
Quanto è importante, di questi tempi, che un’azienda sia sostenibile? In che modo ogni impresa può fronteggiare questa sfida?
“La sostenibilità garantisce all’azienda un futuro. Porsi una domanda sulla responsabilità sociale porta inevitabilmente a dover progettare il proprio futuro aziendale, ideare la propria strategia, osservare da vicino l’operato della propria azienda. È quindi un momento importante ed arricchente che va al di là della semplice parola «sostenibile». In questo senso è quindi fondamentale che l’impresa sia consapevole di questi meccanismi. Essere sostenibili di regola porta ad una maggiore soddisfazione dei propri clienti, dei propri investitori e dei propri dipendenti. Ricordo infatti che la sostenibilità non è solo di tipo ambientale, ma anche economica e sociale. E le misure che possono essere intraprese per una società sono davvero molteplici, in tutti i comparti della PMI. Un’azienda sostenibile gode quindi dei favori e delle attenzioni di un vasto pubblico, sia esterno che interno alla stessa, sostenendola nell’ottimizzazione e miglioramento
dell’efficacia e dell’efficienza. Oggi, proprio perché già da molti anni si parla di sostenibilità e responsabilità sociale, esistono ancora realtà che non si sono ancora avvicinate a questo tema. Esse possono avvalersi del supporto di molti specialisti nel settore, che le accompagnano in un percorso di approfondimento. Ricordo che la nostra Camera di commercio tratta il tema. Inoltre gli uffici della Cc-Ti sono sempre a disposizione per un consiglio o un’informazione in materia. L’azienda che intende quindi affrontare il tema ha molteplici porte di entrata, non deve più svolgere un ruolo pionieristico”.
Sostenibilità a 360 gradi, coinvolgendo tutti i comparti dell’azienda (produzione, supply chain, HR, ecc.). A livello strategico, quali crede siano le best practices da seguire ed in quali ambiti?
“Credo che dipenda molto dalla complessità e dalla struttura aziendale. È evidente che un’azienda monoprodotto con una struttura molto lineare avrà meno difficoltà a implementare una strategia sostenibile rispetto ad una realtà molto più complessa. In ogni caso le conoscenze necessarie per implementare una strategia sostenibile sono veramente plurime e difficilmente acquisibili solo da una persona all’interno della struttura. Vedo quindi due approcci possibili a livello strategico: l’assunzione al proprio interno di uno specialista in materia o l’acquisizione esterna delle competenze tramite consulenze mirate. Personalmente prediligo la seconda variante: permette di avere un aggiornamento molto costante sulle novità, consente un miglior controllo dei costi e di regola si sfruttano molte sinergie con altri casi analoghi trattati dal consulente, ma dipende in ogni modo molto dalla complessità dell’azienda. Il management è però essenziale nel dare la giusta spinta e la motivazione all’interno dell’azienda: infatti il punto negativo di un approccio ricorrendo all’outsourcing tramite consulenze esterne, può proprio essere quello della difficoltà interna rispetto alla motivazione ed alla condivisione degli obiettivi da raggiungere. In questo caso il tema della sostenibilità va continuamente trattato e discusso in tutte le occasioni possibili (assemblee, riunioni del personale, ecc.) proprio
per sensibilizzare continuamente i collaboratori e mostrare l’importanza che il management dà a questa tematica. I risultati raggiunti vanno poi condivisi all’interno dell’azienda e giustamente festeggiati”.
Il caso Rapelli: l’industria alimentare che dirige ha incrementato in maniera importante la propria efficienza energetica. Ce ne può parlare brevemente, spiegandoci quali saranno i passi futuri che intraprenderete?
“La nostra azienda è il tipico esempio di società che opera esclusivamente in Svizzera e che si è avvicinata nell’ultimo decennio soprattutto alla sostenibilità ambientale. Rapelli è un grosso consumatore di energia per via della tipologia di beni che produce. In generale il prodotto che trattiamo deve subire una trasformazione, sovente a caldo, per poi essere raffreddato è mantenuto a temperature basse. Tutte queste trasformazioni richiedendo quindi dei grandi investimenti energetici. Da una prima analisi fatta con l’Agenzia Svizzera per l’Energia era scaturita una radiografia abbastanza impietosa: Rapelli riscaldava con olio da riscaldamento, aveva un’isolazione insufficiente, non recuperava il calore prodotto e quindi tutto questo portava ad un consumo e ad emissioni di CO2 esagerate. Con degli investimenti mirati dilazionati su vari anni, siamo però riusciti a ribaltare questa situazione, al punto che alla fine del 2015
siamo stati insigniti del premio «Il sole sul tetto» erogato dal WWF Sezione Svizzera Italiana. Oggi emettiamo circa la metà del CO2 del 2010. I risparmi dati dai costi di energia e il risparmio dall’esenzione della tassa sul CO2 vengono reinvestiti in azienda, generando nuovamente altre diminuzioni di consumo. Quest’anno ad esempio inseriremo una pompa calore nel nostro circuito energetico, ciò che ci permetterà di diminuire ancora sensibilmente il fabbisogno energetico”.