Montreux, fra jazz e gallerie

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Se si vuole ragionare in termini di Smart City la base d’azione utilizzata dalle autorità di Montreux è la via migliore per decidere quali siano le misure adatte per intervenire sul traffico.”

La ridente cittadina vodese di Montreux è universalmente conosciuta per uno dei più importanti festival musicali al mondo. E nella zona vi sono anche alcune famose o famigerate (a causa dei frequenti controlli di velocità) gallerie autostradali. E allora? Cosa c’entra questo con il nostro piccolo e fantastico mondo ticinese, che comunque le sue belle gallerie già le ha? Tutto e niente. In realtà qui mi riferisco a una galleria che non esiste ancora e che mai esisterà. Perché parlarne allora? Il motivo è legato agli argomenti che hanno indotto la città di Montreux a non costruire una galleria per gestire il traffico, perché non era la migliore soluzione.

Autorità e cittadinanza avevano in sostanza l’impressione che il traffico attraverso fosse soprattutto di transito e non legato ai residenti e alle attività commerciali. Di qui l’ipotesi di investire una vagonata di milioni per costruire un tunnel sotto l’arteria stradale principale, per convogliarvi il fastidioso traffico di transito (non sono frontalieri ma la sostanza non cambia, sempre di transito si tratta). Sennonché qualcuno ha pensato bene di effettuare qualche approfondimento prima di dare avvio a un progetto mostruoso in termini di costi e disagi, perché dubbi sul fatto che si trattasse della migliore misura possibile ve ne erano comunque parecchi. Analogamente a quanto già fatto in altri comuni vodesi (Pully) o altre città svizzere (Basilea e Friborgo tanto per citarne qualcuna), si è pensato di fare capo all’analisi delle tracce lasciate dai telefoni cellulari, il che consente un monitoraggio 24/24 e 7/7 di tutti i flussi, distinguendo anche mobilità lenta e più sostenuta. Ovviamente il tutto in forma anonima, senza individuare i possessori dei cellulari. Ebbene, con una cifra modesta di qualche decina di migliaia di franchi (a fronte della possibile spesa di 150 milioni per una galleria), è chiaramente emerso che le percezioni di autorità e popolazione erano sbagliate, perché il traffico di Montreux è di transito solo nella misura del 20% (a differenza di Pully, ad esempio, dove invece è il 60%). Significa che l’80% del traffico è legato alle attività commerciali del centro cittadino e agli spostamenti dei residenti, per cui una galleria di transito sarebbe stata, se non inutile, un lusso eccessivo per risolvere solo una parte minima del problema del traffico. Per cui, niente galleria, senza psicodrammi né interminabili beghe politiche. Decisione presa sulla base di dati oggettivi, punto e basta. Nello specifico un monitoraggio costante è stato chiaramente decisivo perché ha dato risultati molto più probanti rispetto ai rilevamenti puntuali effettuati su periodi particolari come i rientri dai week-end e le manifestazioni (festival, congressi, ecc.), poco probanti per dare indicazioni attendibili sulle tendenze globali del traffico. Quali insegnamenti per la situazione ticinese? Avantutto che fidarsi solo delle percezioni è talvolta sbagliato e rischia di portare a commettere costosi errori che non risolvono nulla. In secondo luogo, non bisogna essere timidi quando si tratta di utilizzare la tecnologia, soprattutto se questa garantisce la protezione dei dati personali secondo i più severi criteri della legislazione vigente. Se si vuole ragionare in termini di Smart City, termine usato a volte anche in modo improprio per definire la mobilità intelligente, una base d’azione di questo tipo è la via migliore per decidere quali siano le misure adatte per intervenire sul traffico.

Il tema della mobilità è di nostro grande interesse.
La Cc-Ti si è già ampiamente espressa sulla tematica, cliccate qui per saperne di più.

Contatto diretto per progetti vincenti

Prosegue l’interazione tra la Cc-Ti e le associazioni di categoria affiliate. Emergono soluzioni innovative su tematiche d’attualità.

Le associazioni di categoria rappresentano, per la Svizzera, un vero e proprio plus valore. Contiamo nel nostro Paese oltre 100’000 associazioni, attive in diversi ambiti.
La rilevanza di questa forma giuridica per il tessuto sociale elvetico è di primaria importanza, e la Cc-Ti lo sa bene, annoverando tra i propri associati, oltre a quasi 1’000 soci individuali, anche 44 realtà associative. Si tratta di un vero e proprio punto di forza per la nostra struttura, che, quotidianamente si interfaccia con differenti settori economici rappresentati da queste entità. La collaborazione che nasce da queste interazioni ci porta a migliorare costantemente i nostri servizi e calibrare al meglio le nostre azioni verso il territorio.

Da molti anni sono affiliate alla Cc-Ti delle realtà importanti per l’economia ticinese, rappresentative di settori professionali molto diversi fra loro, ma che agiscono insieme e creano un tessuto economico cantonale ricco di caratteristiche positive. Motivo che ci rende orgogliosi e ci spinge a puntare ancora maggiormente al dialogo con le differenti entità.

Sono ben 44, dicevamo, le associazioni che hanno aderito alla Cc-Ti. Tra esse si spazia attraverso tutti i settori professionali esistenti. Ogni realtà possiede missioni e obiettivi propri, e si confronta regolarmente con dinamiche interne al proprio settore. Tutti i collaboratori della Cc-Ti hanno costantemente relazioni con i Comitati delle diverse associazioni, in quanto vi sono anche alcune di esse che hanno deciso di affidarci la gestione del loro Segretariato. Citando qualche esempio, possiamo facilmente dimostrare quanto ricca sia la rappresentanza associativa, e soprattutto trasversale su molteplici settori della nostra economia: Ticinomoda, Federcommercio, Spedlogswiss Ticino, Lugano Commodity Trading Association, Associazione Installatori Elettricisti Ticinesi, Unione Professionale Svizzera dell’Automobile – sezione Ticino, ASA – Associazione Svizzera d’Assicurazioni, ecc. (per una panoramica più completa e l’elenco esaustivo degli associati collettivi, potete consultare l’apposita sezione dedicata sul nostro sito web).

Le tematiche di dialogo fra la Cc-Ti e gli associati collettivi riguardano sia argomenti comuni che soddisfano molteplici necessità, come pure soluzioni mirate che nascono dall’interazione e riguardano i bisogni settoriali. Molte idee sono individuate e vengono poi proposte dall’associazione affiliata alle proprie imprese, con nuovi servizi e misure settoriali di qualità.

Da sempre abbiamo ribadito l’attenzione verso la Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI) quale risposta alla gestione di problematiche legate all’ambito economico, ambientale e sociale. La RSI offre infatti un approccio metodologico.

In questo senso, oltre agli indicatori scelti per la nostra valutazione interna in termini di sostenibilità (rileggete qui i risultati), ci siamo fatti interpreti delle diverse voci e necessità degli associati verso questo ambito. Abbiamo potuto sviluppare competenze specifiche per l’accompagnamento e lo svolgimento di analisi e progetti aziendali ed associativi legati alla RSI, con l’obiettivo di dare delle linee guida ai soci per azioni concrete di governance sostenibile.

In particolare, vi proponiamo l’esperienza di viscom sulla sostenibilità, dalle parole del suo Segretario Stefano Gazzaniga.


Senza sostenibilità non c’è futuro

di Stefano Gazzaniga, Segretario viscom Ticino

Il dialogo con la Cc-Ti è sempre stato basilare per la nostra associazione, sin dalla nostra affiliazione. Vi è sempre stata una comunicazione costruttiva e aperta in entrambe le direzioni, che ci ha resi più forti e rappresentativi a livello ticinese e svizzero.

viscom, sul piano nazionale, e con la sua sezione ticinese, è l´associazione di settore leader nel campo della comunicazione visiva, rappresentando gli interessi di oltre 750 aziende (dati relativi al territorio nazionale). Tra i nostri soci annoveriamo tipografie classiche e ditte che operano nei settori della concezione, progettazione, produzione di prodotti stampati e digitali.

Per la nostra realtà il tema della sostenibilità è sempre stato molto importante, soprattutto per riuscire a differenziarsi dalla concorrenza estera.

Da alcuni anni abbiamo implementato un codice etico a livello svizzero; un marchio di sostenibilità composto da certificazioni varie che portano ad un punteggio all’interno di una classifica e, a seconda delle misure scelte, mettono l’accento su un aspetto sostenibile piuttosto che un altro; e una Whitelist ticinese, firmata da 38 dei 42 soci della nostra sezione.

Le aziende che intendono presentare domanda d’ammissione ed essere socie della viscom devono, obbligatoriamente, rispettare il codice etico. Questo strumento ha l’obiettivo di considerare equamente gli interessi di clienti, concorrenti, dipendenti, opinione pubblica, dell’associazione e dei suoi membri in contrapposizione alle pratiche commerciali sleali nell’ambito della comunicazione visiva. Il codice mira pure alla protezione degli interessi legittimi di tutti gli associati, dell’opinione pubblica e dell’ambiente.
Parallelamente a ciò, il nostro ranking, visibile cliccando qui, presenta l’impegno degli associati verso la sostenibilità ambientale. Grazie a diverse certificazioni, ci siamo autoregolati con un punteggio attribuito in una “classifica” pubblica, dove, per chi la consulta, è facile sapere che le aziende presenti sono sostenibili.

Rientrano qui misure come la certificazione FSC (elementi essenziali per una gestione forestale rispettosa dal punto di vista ambientale, per cui nel nostro caso la carta e derivati); l’analisi energetica; le emissioni di CO2; ecc.. Questo marchio di sostenibilità è sviluppato in collaborazione con l’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (UFCL).
Infine vi è la Whitelist, già creata in Ticino nel 2013, dove alcune aziende presenti sul territorio l’hanno adottata come principio per i propri acquisti in fatto di prodotti stampati.

La Cc-Ti, forte della sua esperienza di autocertificazione portata avanti con Quantis, e della grande competenza maturata sul tema, ci ha fornito diverse consulenze mirate. Ci ha, in primis, seguito nell’implementazione di indicatori preparati in accordo con il GRI (Global Reporting Initiative) della nostra Whitelist, che rappresentano le linee guida per il reporting di sostenibilità.

In Ticino abbiamo potuto contare sull’adesione alla Cc-Ti e alla collaborazione diretta (anche) su questo tema, per rilanciarlo tra le aziende operanti del settore. Sarà uno dei cavalli di battaglia per il 2017. Crediamo che, grazie alla Cc-Ti, e quanto fatto finora dalla nostra associazione, possiamo accogliere con favore le sfide future che ci presenterà il mercato, arrivando pronti e preparati alle novità in corso.

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Il protezionismo è una minaccia per la nostra economia

di Alessio del Grande

Questo primo scorcio del nuovo Secolo sarà ricordato dagli storici dell’economia come il ventennio del grande paradosso. In un mondo sempre più interconnesso grazie alle grandi reti infrastrutturali che facilitano la produzione di merci e la circolazione di persone, capitali, idee, innovazioni, dati, materie prime e informazioni, i Governi di molti Paesi tendono, invece, a chiudere e proteggere la loro economia, limitando il libero scambio. Solo negli Stati del G20, secondo i dati del Global Trade Allert, dal 2008 al 2016, sono state introdotte oltre 3’500 misure che limitano gli scambi commerciali, che stanno, perciò, registrando una brusca frenata. Dopo 5 anni di crescita, nel 2015 le esportazioni globali sono diminuite del 13,6%.

Ormai è di moda inveire contro la globalizzazione e il libero mercato, ma si dimentica che nell’ultimo mezzo secolo lo sviluppo del commercio internazionale ha strappato centinaia di milioni di persone dalla miseria più nera. Nella sola Cina ben 700 milioni di abitanti si sono lasciati alle spalle la povertà. Ex poveri che cominciano a consumare merci prodotte anche nei Paesi ricchi. Nel 1998 in tutto il pianeta si contavano 2 miliardi di persone sotto la soglia d’indigenza, oggi sono 767 milioni (dati Banca mondiale). Certo, la globalizzazione ha provocato nei singoli Paesi squilibri sociali che richiedono correttivi e aggiustamenti, ma sono sotto gli occhi di tutti gli immensi progressi fatti nelle condizioni di vita e di salute, nell’accessibilità a beni e consumi prima impossibili e nelle libertà di scelta di ognuno di noi.

Nell’epoca del grande paradosso capita persino di vedere il leader di un Paese comunista, il cinese Xi Jinping, che dalla tribuna del WEF difende la globalizzazione e il libero commercio, mentre Donald Trump, neo Presidente USA, la più grande democrazia liberale del mondo, si profila come l’alfiere del neo protezionismo. Il suo “America First” è un concentrato di nazionalismo che molti politici europei hanno eletto a loro modello. E qui il gioco si fa pericoloso. Anche per la Svizzera, la cui forza economica è trainata dalle esportazioni favorite dalla libertà di commercio. Se nei suoi furori protezionistici Trump dovesse davvero applicare quella tassa del 20% sulle importazioni, già ipotizzata per la Germania, anche per il nostro Paese sarebbero guai seri, poiché la catena di creazione del valore delle imprese svizzere si basa essenzialmente sugli scambi internazionali. Oggi la Svizzera esporta negli USA beni per 17 miliardi di franchi in più di quanto importa, sostenuta anche dagli interventi della BNS per mantenere un cambio vantaggioso. Interventi che potrebbero far storcere il naso a Trump, il quale ha, peraltro, già criticato il prezzo dei farmaci importati dalla Svizzera.

Ma il problema immediato per l’economia elvetica non è Trump, bensì l’ondata protezionista che sta montando in tutta e Europa, Svizzera compresa. Restrizioni al commercio e agli scambi, con dazi doganali e altre limitazioni, non significano solo grosse perdite per la nostra industria d’esportazione e per i consumatori che vedranno aumentare i prezzi di molti beni, ma indeboliscono tutto il tessuto produttivo. Perché è con il mercato aperto alla competizione internazionale che tutte le imprese imparano a restare competitive, invece di vivacchiare grazie a barriere protezionistiche e aiuti statali. È dall’apertura dei mercati, e non dalla loro chiusura, che nasce la spinta ad innovare processi e prodotti per conquistare altri spazi di business, a creare nuove imprese. Se il protezionismo può sembrare un vantaggio a breve termine, alla lunga si rivela un veleno per tutta la società. Come hanno dimostrato le disastrose esperienze del 1914 e degli anni Trenta.

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Libertà economica, caposaldo svizzero

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Libertà economica non significa anarchia né possibilità di agire al di fuori dalle regole, bensì una protezione del singolo dall’ingerenza statale, come per tutti i diritti costituzionali.”

La Cc-Ti compie 100 anni e per celebrare questo importante traguardo vuole portare l’attenzione su diversi temi importanti non solo per l’economia. Oggi scopriamo la libertà economica e imprenditoriale.

Nella Costituzione federale svizzera vi è l’articolo 27 dedicato alla libertà economica, che prevede quanto segue:

1 La libertà economica è garantita.
2 Essa include in particolare la libera scelta della professione, il libero accesso a un’attività economica privata e il suo libero esercizio.

Il diritto fondamentale della libertà economica è stato inserito nella nostra Magna Charta nel 1874 e costituisce un unicum nel panorama internazionale, il che sottolinea la specificità della scelta svizzera, che considera tale libertà generale un pilastro essenziale per il funzionamento del nostro Stato. A differenza di molte altre costituzioni che si limitano a menzionare settori specifici dell’economia. La prosperità del nostro paese dimostra la bontà di tale scelta atipica. Libertà economica non significa anarchia né possibilità di agire al di fuori dalle regole, bensì una protezione del singolo dall’ingerenza statale, come per tutti i diritti costituzionali. Le eventuali limitazioni devono rispettare determinati criteri legati al principio di legalità, a un eventuale interesse pubblico preponderante e al principio della proporzionalità, elementi oggi tenuti purtroppo in sempre minore considerazione. Quanto il grado di libertà economica contribuisca al benessere generale, alla crescita economica e alla soddisfazione della popolazione è oggetto di molti studi. Malgrado occorra tenere conto di molti parametri, in regola generale maggiore è la libertà economica e migliori sono gli altri parametri.

Alla ricerca del consenso

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Uno dei fatti per noi confortanti è stato il sì in controtendenza del Ticino alla Riforma fiscale.”

Il week-end di votazioni appena trascorso ha riservato non poche sorprese, su tutte ovviamente quella per noi negativa, benché non inaspettata, del rifiuto della Riforma III dell’imposizione delle imprese. Se un NO rientrava tra le ipotesi molto concrete, la sua entità è stata molto più netta del previsto, anche in cantoni che recentemente hanno lavorato intensamente sulla fiscalità con un buon consenso popolare (Lucerna su tutti). Verdetto inequivocabile, questa riforma non è piaciuta. I motivi sono molteplici e sono stati snocciolati nei commenti post-voto. Di tutti occorre tenere conto, ma ora va cercata velocemente una via consensuale che permetta di evitare una situazione di stallo e la relativa incertezza che, come noto, è il peggiore nemico dell’economia. Vi sarà modo di tornare sul tema e a una discussione fattuale. Uno dei fatti per noi confortanti è stato il Sì in controtendenza del Ticino.

Anche qui i motivi sono molteplici e non è il caso di abbandonarsi a trionfalismi. Il voto cantonale esprime però una sensibilità verso una riforma fiscale, ora tutta da definire secondo i parametri della situazione venutasi a creare dopo il 12 febbraio 2017. Ma comunque si dispone di una buona base per cercare di costruire qualcosa che possa mantenere il Ticino competitivo in un contesto internazionale estremamente concorrenziale e aggressivo. Tenendo ovviamente conto delle molte sensibilità emerse nel contesto della Riforma III appena bocciata e che taluni hanno ignorato. Perché la costruzione del consenso resta un elemento indispensabile nel nostro sistema, anche e soprattutto per sostenere progetti tecnicamente validi ma poco “digeribili” per complessità, incertezze vere e presunte ecc. Per terminare su una nota decisamente lieta, non posso non segnalare il netto SÌ popolare al nuovo fondo infrastrutturale per le strade (FOSTRA), che di fatto pone fine all’assurda contrapposizione fra strada e ferrovia in nome di una complementarietà essenziale per la mobilità moderna. Battaglia meno controversa della Riforma III, ma non per questo dall’esito scontato. Un segnale importante.

Raccomandazioni di voto della Cc-Ti

In vista delle votazioni federali e cantonali del 12 febbraio 2017, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) raccomanda 2 sì in materia federale e 3 sì per i temi cantonali che toccano il risanamento delle finanze.

La Cc-Ti sostiene la Riforma III dell’imposizione delle imprese al fine di mantenere la competitività della piazza economica svizzera. La riforma è stata infatti concepita per rendere il sistema elvetico compatibile con i nuovi standard internazionali e per mantenere la nostra piazza attrattiva per le varie attività economiche. Tutte le aziende attualmente assoggettate ad un’imposizione ordinaria beneficerebbero di una riduzione fiscale e, parallelamente, le società al beneficio di un’imposizione speciale vedrebbero il loro carico fiscale aumentare e allinearsi a quello normalmente applicato. L’adattamento delle regole permette di mantenere un contesto affidabile, fondamentale per gli investimenti e i posti di lavoro in Svizzera. In un contesto internazionale fortemente competitivo, è importante ribadire l’affidabilità delle regole elvetiche ed evitare ogni incertezza che potrebbe portare numerose aziende a scegliere di investire su altre piazze economiche. Votare sì significa quindi votare a favore di un sistema equilibrato, rispettoso del federalismo e decisivo per il mantenimento degli impieghi in Svizzera e in Ticino.

La Cc-Ti è favorevole pure al Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA), grazie al quale potranno finalmente essere completati importanti progetti come il collegamento A2-A13 per il Ticino. Con questo fondo si assicura la complementarietà tra i mezzi di trasporto; nel 2014 è stato infatti approvato in votazione popolare il progetto per il finanziamento e l’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria (FAIF). Il fondo FOSTRA rappresenta a livello stradale quello che il progetto FAIF rappresenta per la ferrovia, che è stato pure fortemente sostenuto dagli ambienti economici. Infine il FOSTRA permetterà la realizzazione dei Programmi di agglomerato di terza generazione (sviluppo di ciclopiste, lo sgravio dei quartieri residenziali, il miglioramento della sicurezza, sostegno alla mobilità aziendale, …). In conclusione, sì al FOSTRA per garantire una rete viaria affidabile al nostro paese e per gestire in modo più razionale i trasporti a vantaggio della qualità di vita della popolazione svizzera e ticinese!

3 sì alle modifiche di legge volte al risanamento delle finanze cantonali

Il 12 febbraio saremo chiamati ad esprimerci anche su 3 temi che concernono direttamente il riequilibrio delle finanze cantonali: la modifica della Legge sull’organizzazione giudiziaria, la modifica della Legge sull’assistenza e cura a domicilio e la modifica della Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali. Tutte e tre le misure si inseriscono nelle manovre di risanamento delle finanze cantonali e andranno a migliorare lo stato di salute dei conti pubblici, senza mettere a rischio la qualità dei servizi e delle prestazioni fornite alla popolazione.

La Cc-Ti sostiene queste manovre e per queste ragioni raccomanda di votare sì alle 3 modifiche di legge proposte da Governo e Parlamento.

 

Il 2017 segna il centenario della Cc-Ti

Per tale occasione, vogliamo rimarcare alcuni messaggi chiave per la nostra struttura, con un percorso dedicato ai nostri associati composto da eventi, formazioni e appuntamenti mediatici ad hoc.

Il 2017 per la Cc-Ti è un anno cruciale: festeggiamo il nostro centenario. Per tale occasione, vogliamo rimarcare alcuni messaggi chiave per la nostra struttura, con un percorso dedicato ai nostri associati composto da eventi, formazioni e appuntamenti mediatici ad hoc. Vi aggiorneremo periodicamente attraverso tutti i nostri canali di comunicazione (newsletter, Ticino Business, social media, sito web) sulle novità in preparazione.

Il 100° è un momento di particolare importanza per dar risalto la solidità della nostra struttura e affermare che, oggi come allora, le sfide a cui la nostra associazione fa fronte, quale mantello dell’economia di tutto il territorio cantonale, sono molteplici e variate. Sin dalla sua nascita la Cc-Ti si fa interprete delle voci delle aziende e delle associazioni di categoria, a loro tutela ed in difesa della libertà economica (che ricordiamo è sancita dall’art. 27 della Costituzione federale), ed è stata capace di adattarsi agli eventi del XX secolo, senza mai perdere di vista il proprio obiettivo: i propri soci e il loro benessere. Questo è un fil rouge che percorre trasversalmente tutti i nostri cento anni. Fondata sull’iniziativa privata, la Cc-Ti promuove lo sviluppo dell’economia ticinese, portando avanti iniziative, servizi e progetti in difesa della libertà imprenditoriale, spina dorsale dell’attività economica per tutto il territorio cantonale.

Un dialogo franco con i nostri associati ci permette di essere costantemente “sul pezzo”, proponendo servizi innovativi costruiti sulla base delle loro esigenze. Qui rientrano anche tutti i nostri eventi: quale interlocutore privilegiato possiamo anticipare i trend e le tematiche di stretta attualità e proporre ai soci dei momenti di aggiornamento e informazione di qualità. In questo senso identifichiamo temi, argomenti e Paesi nei quali stanno nascendo possibilità d’affari e presentiamo degli appuntamenti dove, oltre all’aggiornamento sulla tematica in questione, vi è la possibilità di un’interazione tra i partecipanti. Così facendo i membri della Cc-Ti possono disporre di molteplici occasioni di networking, per sfruttare una rete vincente e creare opportunità di business.

Su cosa ci si concentrerà quest’anno? Oltre alla difesa della libertà imprenditoriale, che resta il nostro obiettivo principale, si parlerà dell’internazionalizzazione, della digitalizzazione, della responsabilità sociale delle aziende e dello swissness – inteso nella sua accezione più larga come modo svizzero di fare impresa -. Inoltre, con differenti azioni, si evidenzierà il valore del territorio cantonale, composto da realtà aziendali importanti e forte di un sistema associativo (a livello svizzero) che rappresenta un unicum mondiale, invidiatoci da molti.

Tutto ciò ponendo al centro delle attività il ruolo della Cc-Ti, e mostrando, con numerosi esempi positivi, la reale immagine del mondo imprenditoriale ticinese, tutt’altro che negativa.

Gli eventi del centenario

Per rimarcare il traguardo del 100°, i cui festeggiamenti culmineranno durante l’Assemblea del 20 ottobre 2017, saranno proposte ai soci numerose attività. In questo senso vi annunciamo i primi 5 grandi appuntamenti da non perdere, a cui ne seguiranno altri nel corso del 2017:

Per questi ultimi quattro eventi non mancheremo di informarvi sugli ulteriori dettagli.
Restiamo a vostra disposizione: Tel. +41 91 911 51 11, info@cc-ti.ch

Vuoi conoscere la Cc-Ti?

Ecco la nostra infografica di presentazione.

Una riforma inevitabile ed equa

L’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

“La riforma, oltre che essere inevitabile ed equa, è quindi pure equilibrata. Incentiva le nostre aziende locali e dà gli strumenti per mantenere in Svizzera le società internazionali, altrimenti attratte da altri lidi. “

La campagna di votazione sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, su cui il popolo svizzero si esprimerà il prossimo 12 febbraio, presenta alcune caratteristiche quantomeno curiose. Gli oppositori alla riforma sono in larga misura gli stessi che da anni sostengono che la Svizzera deve conformarsi agli standard internazionali e introdurre una maggiore equità nell’imposizione fiscale. Elementi entrambi caratteristici del progetto in votazione, perché la riforma è proprio stata dettata dai nuovi standard fiscali internazionali ai quali la Svizzera, piaccia o no, deve conformarsi per evitare sanzioni che comprometterebbero in modo pesante la nostra competitività nel quadro mondiale. Inoltre, non si può negare l’equità della riforma, visto che essa eliminerà gli statuti speciali e quindi determinati privilegi invisi a molti, applicando lo stesso tasso di imposizione a tutte le persone giuridiche. Si tratta pertanto di una mossa obbligata ed equilibrata sui principi. Quanto alle cifre sollevate e alle presunte ricadute negative sulle persone fisiche, è opportuno sottolineare qualche cifra, visto che impropriamente si sottende sempre che le aziende non pagherebbero alcuna imposta né contribuirebbero alla politica sociale.

Lasciando da parte gli stipendi pagati, a loro volta elemento essenziale del gettito fiscale, le circa 24’000 imprese internazionali presenti in Svizzera e al beneficio di regimi fiscali speciali, generano il 50% delle spese private per la ricerca e lo sviluppo e danno lavoro a migliaia di PMI locali, che sono loro fornitori diretti o indiretti in beni e servizi. Dal punto di vista strettamente fiscale, benché queste società rappresentino soltanto circa il 7% del totale delle imprese in Svizzera, esse contribuiscono per quasi la metà alle entrate dell’imposta federale diretta (IFD) sull’utile, versando circa 5,3 miliardi di franchi di Imposta federale diretta. Mica noccioline. A cui vanno aggiunti evidentemente altri miliardi di entrate per cantoni e comuni. Infatti, a livello cantonale, tali aziende, pur rappresentando solo il 4,5% dei contribuenti, generano circa il 20% al gettito fiscale delle persone giuridiche. La stessa proporzione che vi è in Ticino, con 1’355 aziende che creano complessivamente un gettito fiscale di 166 milioni di franchi. E, sia detto chiaramente, queste società con la riforma in votazione saranno chiamate a versare più imposte. Altro che regali alle grandi aziende. Sì, perché le riduzioni dell’aliquota fiscale, per compensare l’aumento imposto alle cattive multinazionali e mantenere la già citata equità, andranno a beneficio delle PMI svizzere o, detto altrimenti con il lessico attualmente in voga, alle “nostre”. Elemento che dovrebbe rallegrare e non preoccupare chi su altri temi asserisce di preoccuparsi per l’integrità del territorio. E anche qui siamo molto lontani da regali fiscali, perché le aziende le imposte le pagano direttamente o permettono di pagarle (v. voce stipendi) e, giustamente, versano gli oneri sociali, si occupano della formazione, ecc. Il timore che la riforma possa creare voragini nei conti dello Stato è infondato. Ogni modifica della fiscalità, tanto più della sua struttura, cela inevitabilmente qualche incognita, ma finora le riduzioni fiscali hanno sempre portato a un aumento del gettito e non vi è ragione di pensare che questa volta vada diversamente. Va anche ricordato che nel contesto della riforma fiscale in votazione il canton Ticino riceverebbe annualmente circa 30 milioni di franchi supplementari dalla Confederazione. Parallelamente una modifica della perequazione finanziaria nazionale garantirà che il cantone continui a ricevere circa 18,7 milioni di franchi all’anno a titolo di compensazione. La riforma, oltre che essere inevitabile ed equa, è quindi pure equilibrata. Incentiva le nostre aziende locali e dà gli strumenti per mantenere in Svizzera le società internazionali, altrimenti attratte da altri lidi. Non è una minaccia, è la realtà di un contesto mondiale sempre più competitivo e prima di cacciarle con superficiale faciloneria magari sarebbe il caso di pensarci.

Riforma fiscale fra fantasie e realtà

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“È avantutto sbagliato affermare che la riforma favorisce le (tanto deprecate) multinazionali e penalizza le PMI indigene. La riforma prevede esattamente il contrario, cioè un aumento per le prime e una diminuzione per le seconde.”

La virulenta campagna contro la riforma III della fiscalità delle imprese, in votazione il prossimo 12 febbraio, impone alcune considerazioni fattuali, visto che vengono utilizzati a piene mani termini come truffa, furto, inganno, ecc. che poco hanno a che vedere con la realtà dei fatti.

Andiamo con ordine. Occorre avantutto ricordare che si vota su una base legale federale che prevede determinati strumenti fiscali, che poi i cantoni dovranno decidere se e in quale misura adottare, tenendo conto delle rispettive realtà economiche e finanziarie. L’unica eccezione ad oggi è costituita dal canton Vaud, che si è premunito di votare sugli strumenti cantonali per essere pronto ad adottarli in tempi rapidi in caso di approvazione del progetto federale. Negli altri cantoni, compreso il Ticino, l’applicazione pratica dei nuovi strumenti deve ancora essere approvata, per cui la discussione è tuttora aperta. Chiarito questo aspetto, mi preme sottolineare alcuni elementi concreti. E’ avantutto sbagliato affermare che la riforma favorisce le (tanto deprecate) multinazionali e penalizza le PMI indigene. La riforma prevede esattamente il contrario, cioè un aumento per le prime e una diminuzione per le seconde. O, detto altrimenti, più imposte per le grandi aziende che hanno potuto godere di statuti speciali, meno imposte per quelle che il lessico in vigore oggi definisce “le nostre”, cioè le aziende più legate al territorio. Inoltre, gli oppositori alla riforma asseriscono che aumenterebbero le imposte per le persone fisiche. In realtà non vi è alcuna variante del genere prevista e ricordo quanto detto sopra a proposito delle leggi di applicazione cantonali. Dubito fortemente che i vari direttori delle finanze e dell’economia cantonali che sostengono la riforma federale vogliano mandare al massacro le rispettive popolazioni, anche perché di regola i politici devono farsi rieleggere. Affrontare e motivare aumenti di imposte basate su presunti inganni e perdere qualche referendum cantonale non è certo il miglior modo di proporsi per essere rieletti…Talune preoccupazioni, soprattutto di amministratori comunali, possono anche essere comprensibili, dato che il discorso delle compensazioni, legato alle applicazioni cantonali, deve ancora essere completamente definito. Ma questo non significa che non ci saranno compensazioni e non giustifica che si parli di truffa né di altri reati penali. La certezza vera è che la Confederazione metterà a disposizione 1,1 miliardi di franchi per compensare eventuali perdite fiscali iniziali dei cantoni, aumentando la loro quota-parte dell’imposta federale versata dalle aziende dal 17 al 21,2%. Un’altra cifra incontestabile è che il gettito delle persone giuridiche in materia di imposta federale diretta è quadruplicato dal 1990, dopo, è giusto ricordarlo, la Riforma I del 1998 e la Riforma II del 2008. La riforma è complessa, questo è vero. Ma non fare nulla sarebbe molto peggio, perché un No alle urne non porterebbe semplicemente al rinvio del progetto per qualche piccolo adattamento e poi all’adozione rapida di un’alternativa. Gli oppositori non hanno presentato alcun piano B e vi sono ragionevoli motivi di credere che le aziende oggi al beneficio di statuti speciali non attenderebbero il loro affossamento definitivo fra un paio di anni prima di levare le tende dal nostro paese. Con conseguenze mica da poco su gettito fiscale e posti di lavoro e anche per i comuni questo sarebbe sicuramente peggio di quanto proposto dalla riforma. Al di là delle aliquote, si vota anche su alcuni criteri definiti “soft”, difficilmente quantificabili, che sono più legati al clima economico generale, rilevante per gli insediamenti aziendali e il fare impresa. E’ per questo che le precedenti riforme già menzionate, pur prevedendo delle agevolazioni fiscali, hanno portato a un aumento del gettito. Lo stesso principio vale anche questa volta.

Gettito fiscale aziendale tra realtà e presunti “regali”

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“Le aziende contribuiscono sempre di più alle finanze dello Stato.”

La campagna di votazione per la Riforma III dell’imposizione delle imprese è stata lanciata qualche settimana fa con toni subito incendiari, visto che gli oppositori parlano di furto, truffa, ulteriori regali sconsiderati alle cattive imprese, ecc.. Ormai le campagne politiche poggiano su questi slogan e la cosa non stupisce più di tanto.

Dei dettagli della riforma diamo conto negli altri articoli di questa edizione di Ticino Business, per cui in questo contributo è giusto affrontare l’argomento da un’altra angolazione, cioè dando un’occhiata all’evoluzione del gettito fiscale delle aziende, secondo taluni vergognosamente diminuito per affamare lo Stato con una liberalizzazione e una defiscalizzazione selvagge che priverebbero gli enti pubblici delle risorse necessarie. In altre parole, per verificare in che misura i presunti “regali” concessi con le precedenti riforme fiscali abbiano diminuito il gettito fiscale nelle casse dello Stato. A tale scopo si può fare riferimento a quanto recentemente pubblicato dall’Amministrazione federale delle finanze e ovviamente ignorato nella discussione pubblica. Forse perché ormai vi è l’andazzo di considerare automaticamente taroccate tutte le cifre che non corroborano la propria tesi politica. Ma qui più che di statistiche in senso stretto si tratta di registrazioni di cassa comparabili a quanto farebbe un negozietto di paese. Quanto è entrato e da chi (risp. quanto è uscito e dove è andato, ma questo non è oggetto delle presenti riflessioni), con precisione svizzera, senza possibilità di interpretazione e a prova di tarocco. Orbene, le entrate della Confederazione derivanti dall’imposta sull’utile aziendale sono aumentate nel 2015 del 14,6%. Secondo alcune stime, le cifre dei Comuni e dei Cantoni dovrebbero in generale avere la medesima evoluzione positiva, una volta forniti i dati definitivi. E questo malgrado ripetute crisi (tre dal 2008, una finanziaria e due valutarie). Un caso si dirà. Mica tanto. Basta dare un’occhiata all’evoluzione del gettito delle persone giuridiche dal 1990 (si veda il grafico qui di seguito). Dalla prima riforma fiscale concernente le aziende e risalente al 1997, le entrate derivanti dall’imposta federale diretta sono passate da 7,5 a 19,8 miliardi di franchi. Nei Cantoni e nei Comuni sono più che raddoppiate, l’incremento per la Confederazione è stato del 166%. La crescita è stata di oltre il doppio rispetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche e buona parte di questa evoluzione è legata alle aziende internazionali e/o a statuto speciale.

Allora perché tutto questo accanirsi contro le aziende e in particolare le multinazionali? Che, detto per inciso, creano posti di lavoro e versano salari, a loro volta soggiacenti all’imposizione fiscale. Probabilmente uno dei motivi dell’ostilità è legata alla riforma II dell’imposizione delle imprese, con le polemiche su alcune valutazioni approssimative che hanno portato a mancati introiti fiscali imprevisti di circa 200-300 milioni di franchi per la Confederazione. Cifra comunque di molto inferiore alle riforme della fiscalità dei coniugi e delle famiglie che hanno privato l’erario di cifre ben superiori (circa un miliardo globalmente per l’imposta federale diretta). Ma le riforme fiscali per le imprese danno molto più fastidio e hanno, come dicono i francofoni, “mauvaise presse”. Ed è un errore. Perché le cifre summenzionate dimostrano inequivocabilmente che le aziende contribuiscono sempre di più alle finanze dello Stato, tanto che la loro parte alle imposte dirette di Confederazione, Cantoni e Comuni dal 1997 è passata dal 18,7 al 25%. E la quota di imposte delle aziende rispetto al prodotto interno lordo nazionale in Svizzera è più alto di quanto avviene nell’OCSE. È vero che vi sono stati tagli fiscali in molti Cantoni, ma le cifre dimostrano che essi sono stati ampiamente compensati da utili maggiori, per cui la cura delle famose (o famigerate, secondo i punti di vista) condizioni-quadro ha dato i suoi frutti. Con una parte importante, come detto, delle vituperate multinazionali che le imposte le pagano, eccome. Con più di 4 miliardi di franchi queste aziende coprono la metà delle entrate fiscali della Confederazione derivanti dalle persone giuridiche, nei Cantoni con circa due miliardi siamo al 20%, la stessa proporzione che grosso modo abbiamo in Ticino. Per non parlare sempre e solo del nostro Cantone (visto che ormai il pensiero dominante è che le aziende straniere creano solo problemi e devastano il Cantone), rileviamo che ad esempio Procter&Gamble nel 1999 si è spostata a Ginevra ed è uno dei più grandi datori di lavoro del Cantone, facendo capo inoltre a circa 400 aziende locali, dal giardiniere al panettiere, passando per il falegname e l’idraulico.

È quindi scorretto affermare che il contributo diretto delle aziende alle casse dello Stato è insufficiente e che già in passato vi sono stati regali ingiustificati, per sostenere che con la riforma III delle imprese si procede ad un ulteriore vergognoso omaggio.

La situazione è ben diversa e la discussione sull’epocale riforma fiscale che sarà in votazione il 12 febbraio 2017 non può prescindere da questi fatti e cifre. Le riforme fiscali passate non hanno affamato lo Stato, quella imminente entrerà nello stesso filone. Anche se incombe l’incognita della permanenza in Svizzera di alcune delle aziende che oggi godono di statuti speciali (che, come visto sopra, non sono da confondere con favori gratuiti), che potrebbero essere orientate verso altri lidi. Non è una minaccia, semplicemente così funzionano le dinamiche internazionali, tanto che non è più assolutamente scontato che la Svizzera sia sempre e comunque considerata la migliore soluzione. Per cui, prima di parlare di ladri e furti, sarebbe bene essere un po’ prudenti e ricordarsi che se si vuole distribuire qualcosa (disciplina in cui molti eccellono) è necessario dapprima creare la ricchezza, anche con strumenti magari poco simpatici sulla carta ma certamente più efficaci di tante roboanti ma vuote dichiarazioni.

Scoprite tutte le argomentazioni del “SÌ alla riforma dell’imposizione delle aziende”
visitando il sito della campagna o seguendola tramite Facebook.
Il numero di giugno di Ticino Business, la rivista mensile della Cc-Ti, era stato proprio dedicato alle riforme fiscali, tematica di grande importanza per la Cc-Ti.
Qui di seguito potrete scaricare il PDF con i vari approfondimenti e interviste a esperti del tema.