Valori svizzeri e mobilità, anche per l’avvenire

L’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti e Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

L’anno del centenario sta lentamente volgendo al termine, dopo mesi contraddistinti da molte iniziative atte a celebrare la nostra storia e da altrettante rivolte ai temi del presente e del futuro, l’Assemblea generale ordinaria dello scorso 20 ottobre è stata certamente un “highlight” di portata storica per tanti motivi.

Innanzitutto per il luogo scelto, cioè l’aeroporto di Lugano-Agno, scelta non casuale e operata in tempi non sospetti quasi due anni fa per sottolineare simbolicamente l’apertura del Ticino verso il mondo, ma soprattutto per ribadire quanto sia importante l’aeroporto per la regione. Siamo sempre stati fautori della complementarietà dei vettori di trasporto per un territorio competitivo e, nel caso del Ticino, questo significa strada, ferrovia e aereo. Rinunciare a quest’ultimo sarebbe autolesionistico. Malgrado Alptransit, Malpensa, ecc., un aeroporto regionale può avere una sua funzione importante, a patto ovviamente che vi sia una strategia chiara. Questo però è un altro discorso che, purtroppo o per fortuna, al momento non ci compete, visto che è più volte stato ribadito che si tratta di fatti in cui i privati non devono mettere il naso. Bene, ne prendiamo atto, ma non possiamo non sottolineare come a Sion e Berna, ad esempio, nessuno metta in dubbio l’utilità di un aeroporto regionale per il territorio, malgrado le difficoltà che a scadenze regolari affliggono soprattutto l’aeroporto della Capitale federale.

Ma, come evidenziato lo scorso 20 ottobre, l’Assemblea generale non era il momento per creare polemiche. Infatti l’Assemblea del centenario è stata un momento di grande positività, grazie anche alla prestigiosa partecipazione della Presidente della Confederazione Doris Leuthard, volata appositamente da Berna per essere presente ai nostri festeggiamenti e rientrata subito dopo il suo intervento. Presenza non solo prestigiosa, ma soprattutto brillante per i contenuti delle dichiarazioni, incisive e decise, malgrado i toni “leggeri” e una propensione alla battuta non comune.

Un momento molto intenso che resterà nella storia della Cc-Ti.

Le attività della Cc-Ti sono orientate alla libertà imprenditoriale, su cui continueremo a puntare con impegno e tenacia anche per i prossimi 100 anni.

L’Assemblea è stata resa speciale anche dalla partecipazione massiccia di soci, ospiti e autorità politiche federali, cantonali e comunali. Oltre 500 persone che hanno testimoniato vicinanza alla nostra  associazione. Senza dimenticare tutti gli associati non presenti la sera dei festeggiamenti ma fedeli sostenitori, che ci permettono di svolgere la nostra attività a favore dell’economia e del territorio cantonale.  Sempre rispettando e sottolineando quei valori svizzeri invocati da molti sul piano teorico ma applicati solo sporadicamente. Su questo punto si giocherà molto del nostro futuro, come abbiamo avuto modo di sottolineare nei nostri interventi. La trasformazione digitale, tanto per citare il cambiamento che al momento sembra preoccupare maggiormente, ci pone davanti a scelte epocali, con importanti impatti sui modelli di business, sui modi di lavorare e quindi anche sulle basi legali concernenti il lavoro, le assicurazioni sociali, ecc.. Il tutto con una rapidità senza precedenti. Di fronte a mutamenti così repentini e impegnativi, la tutela della libertà economica resta per noi un cardine imprescindibile, di cui occorre tenere conto quando si discute di modifiche del nostro sistema. Perché correggere non significa per forza stravolgere e, una volta rotti, gli equilibri sono difficili da ricostruire.

Ritrovate online sul nostro sito l’intervista alla Presidente della Confederazione Doris Leuthard
e il resoconto della nostra 100° Assemblea Annuale!

La valorizzazione del settore enogastronomico ticinese passa da Lugano

Nell’ambito della presentazione del progetto “Lugano Città del Gusto 2018” (tenutasi a Lugano il 6 e l’8 novembre 2017) il Presidente della Cc-Ti Glauco Martinetti ha presenziato e portato il suo pensiero.

Nel 2018 saranno infatti organizzati degli eventi a livello enogastronomico e non, che coinvolgeranno la popolazione, le aziende, il turismo e la società in genere, sulla maggior conoscenza e promozione delle eccellenze settoriali alimentari ticinesi. Lugano è stata recentemente nominata “Lugano Città del Gusto 2018”, progetto sostenuto dal Municipio della Città di Lugano.
Nelle serate informative era anche presente il Sindaco, On. Marco Borradori, oltre a Dany Stauffacher, CEO di Sapori Ticino Sagl e promotore del progetto.

Si tratta dunque di un’occasione per mettere in luce le eccellenze enogastronomiche e alimentari del Canton Ticino; fatto che metterà in evidenza differenti enti pubblici e privati, come pure delle aziende, sia a Lugano che nel territorio ticinese, con ricadute positive in termini di immagine, ma soprattutto quale generatore di business e relazioni in numerosi settori (turismo, eventi, hotellerie, esercentesco, ecc.).

 

Un momento delle presentazioni della serata del 6 novembre.

Sulle foto si riconoscono il Sindaco di Lugano, Marco Borradori, il Presidente della Cc-Ti Glauco Martinetti e Dany Stauffacher, CEO di Sapori Ticino.

 

 

 

 

 

 

 

 

Glauco Martinetti ha ricordato la ricchezza e la diversità delle associazioni di categoria presenti sul territorio e affiliate alla Cc-Ti, sottolineando come (soprattutto anche per la piazza luganese, ma in generale per il Cantone) i servizi non raffigurino solo banche ed assicurazioni, bensì tutta una serie di altri ambiti (come appunto hotellerie, ristorazione, organizzazione e gestione di eventi, ecc.) che, globalmente, rappresentano il 70% dei posti di lavoro dell’intera economia cantonale.

A livello enogastronomico è pure molto ampia la fabbricazione di prodotti, per cui il progetto “Lugano Città del Gusto 2018” è senz’altro interessante.

Infine il Presidente Cc-Ti ha parlato dell’importanza della formazione continua per il personale e l’imprenditoria in generale, citando il corso “Specialista della gestione PMI” con attestato federale che la Cc-Ti eroga da molto tempo con le sue scuole manageriali. Il prossimo corso infatti partirà nel 2018, ed è stato strutturato in collaborazione con alcune associazioni del settore alimentare. Il corso è aperto, in ogni caso, a tutte le altre associazioni e a tutti i settori economici.

Maggiori informazioni per il corso di formazione Specialista della gestione PMI sono disponibili online. È altresì possibile scaricare il flyer informativo sul corso che partirà nel 2018. Potete anche contattare Lisa Pantini, Tel. 091 911 51 32, pantini@cc-ti.ch per ulteriori ragguagli.

Dettagli sul progetto “Lugano Città del Gusto 2018” sono disponibili scrivendo a info@saporiticino.ch

Tre grandi insidie per la nostra economia

Testo a cura di Alessio Del Grande

La carenza di personale specializzato, l’eccesso di regolamentazioni e la mancanza di grandi riforme sono le principali insidie per la nostra economia. Tre punti deboli che rischiano di compromettere la crescita futura. Oggi una delle maggiori preoccupazioni delle piccole e medie imprese svizzere è la difficoltà nel trovare manodopera qualificata. È quanto emerge da un recente studio del Credit Suisse sui fattori di successo per le PMI, che ha coinvolto 1900 aziende.

Più delle metà delle piccole e medie imprese che sarebbero pronte ad assumere fanno fatica a trovare candidati per i posti disponibili e circa un quarto di esse soffre di un’acuta carenza di lavoratori  specializzati. Un problema che, secondo le stime dei ricercatori del CS, interessa 90mila PMI. La mancanza di profili adeguati alle necessità aziendali si avverte soprattutto per alcune competenze tecniche  specialistiche e tra le funzioni direttive o di project management. A soffrire di più sono le imprese delle regioni della Svizzera orientale e centrale, mentre le PMI dei grandi agglomerati urbani hanno meno  difficoltà nel reclutare il personale di cui hanno bisogno. Anche le PMI ticinesi e del Canton Ginevra risultano meno colpite dalla mancanza di specialisti, fatto questo che lo studio del CS spiega con la forte presenza di lavoratori frontalieri. La digitalizzazione dell’economia, che richiederà ancora più competenze professionali, l’invecchiamento della popolazione e il pensionamento della generazione dei baby  boomer, sembrano destinati ad accentuare le difficoltà nel reperire manodopera qualificata. Se, in generale, le PMI danno un giudizio positivo sulla piazza economica svizzera, lamentano, però, un eccesso di  regolamentazione. Problema questo già più volte evidenziato da altre ricerche e su cui le associazioni economiche insistono da tempo per i crescenti oneri amministrativi che ne derivano e i troppi vincoli imposti all’attività imprenditoriale.

Si rischia l’erosione della prosperità economica, occorrono grandi riforme.

Un altro inquietante segnale per un mercato del lavoro che stenta a stare al passo con le esigenze delle imprese nella ricerca di personale specializzato, è arrivato alla fine di agosto con la richiesta dei Cantoni di Basilea Città, Ginevra e Zurigo di aumentare i contingenti per i lavoratori provenienti da Paesi terzi, ossia extra UE, che erano stati ridotti dopo l’approvazione dell’iniziativa UDC contro l’immigrazione di massa. I contingenti per i permessi (B di dimora ed L di breve durata) fissati all’inizio dell’anno erano, difatti, già esauriti nel primo trimestre del 2017. Perciò, i tre Cantoni hanno chiesto a Berna di portare i contingenti almeno al livello fissato nel 2014, ossia mille permessi in più. Un’analoga richiesta era stata già avanzata dall’Unione svizzera degli imprenditori. “Primanostristi” e quanti altri vorrebbero chiudere del tutto le frontiere ai lavoratori stranieri avrebbero che di riflettere. Non meno preoccupante è l’allarme lanciato poche settimane fa da Eric Scheidegger, Responsabile della politica economica della Seco, secondo cui è dagli anni ‘90 che in Svizzera non si fanno grandi riforme. Per Scheidegger sarebbero necessarie più concorrenza sul mercato interno e più apertura nella politica agricola. Inoltre, sarebbe auspicabile, dal punto di vista economico, la privatizzazione della Posta e delle Ferrovie federali per evitare distorsioni nella concorrenza. Conseguenza di questo “vuoto” politico, ha avvertito, sarà la  progressiva erosione della nostra prosperità economica.

Big data al servizio di tutti

L’opinione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni

Alcuni giorni fa, in occasione della nostra assemblea generale del centenario (tenutasi il 20 ottobre scorso), ho risollevato la questione dell’utilizzo dei Big Data, nello specifico dei segnali emessi dai telefoni cellulari, nel contesto della mobilità in senso lato. A scanso di equivoci e polemiche varie, l’ho tematizzato anche come strumento per la gestione di determinate attività aziendali. Lo scopo era quello di indurre alla riflessione sull’utilizzo di cifre e dati che sono già a disposizione o che possono essere raccolti con poco sforzo, tutelando ovviamente le privacy perché anonimi.

Ne avevo già parlato in svariate occasioni, citando città come Pully e Montreux, che per la pianificazione degli interventi sui rispettivi flussi di traffico hanno utilizzato questo sistema. Potrei aggiungere anche la gestione del traffico attorno allo stadio San Giacomo di Basilea e altri esempi, che possono comunque essere trovati sul sito internet di Swisscom sotto il capitolo “Smart City”. Legittimo quindi chiedersi se e come uno strumento utilizzato con profitto in altre regioni svizzere possa essere sfruttato in maniera costruttiva anche in Ticino, magari senza scatenare gazzarre ideologiche.

Ho sorriso vedendo alcuni  commenti del tipo «interessante ma non risolve alcun problema perché ci vogliono più strade» o cose del genere. Nessuno, tantomeno io, ha mai preteso che questo strumento possa risolvere i problemi. La finalità è un’altra: cioè quella di dare informazioni attendibili per la ricerca di soluzioni. Una bella differenza, che non va banalizzata. Perché per risolvere veramente i problemi occorre prima capire di cosa si sta parlando, lasciando da parte le sole percezioni, rispettabili, ma pericolosamente atte a portare su strade sbagliate. Non è un caso che Montreux abbia risparmiato parecchi milioni di franchi rinunciando a costruire una galleria inutile e addirittura controproducente, per intervenire con altre misure risultate più efficaci. Dati invece o a complemento di percezioni umorali, non mi sembra così complicato. Poi i dati vanno valutati, analizzati e occorre trarne le debite conclusioni, con i processi decisionali previsti dal nostro sistema. Su questo non ci piove. Ma per potersi definire “smart”, quindi intelligente nel senso di capire le situazioni per cercare le soluzioni più adatte, occorre basarsi sulle indicazioni attendibili che la tecnologia mette oggi a disposizione, a costi molto contenuti. Può sembrare scontato, ma la comprensione dei fenomeni è fondamentale se si vuole operare in maniera veramente efficace e con la vera volontà di agire in modo costruttivo. Del resto, nessuno mette in dubbio l’utilità della tecnologia ad esempio per l’osservazione di fenomeni geologici e la prevenzione di catastrofi, come hanno dimostrato i recenti casi di Bondo e Saas-Fee, dove sono stati evitati guai peggiori per la popolazione proprio grazie a strumenti che qualche anno fa non esistevano ancora. Allora perché non farlo per altri ambiti? E non mi riferisco solo alle amministrazioni pubbliche, tanto è vero che non poche sono le aziende che si stanno muovendo per valutare, dati alla mano, determinate esigenze della clientela sulla base dei suoi spostamenti. Trattandosi di dati, la cui tipologia non lede i diritti dell’individuo, i rischi di abusi sono assai remoti, per non dire quasi inesistenti. Anche se sembra una frase fatta, non è fuori luogo dire che il futuro è adesso. A noi scegliere se vogliamo solo subirlo o se preferiamo cavalcarlo.

I big data, così come la digitalizzazione, sono argomenti strategici e centrali per la nostra associazione. Nel corso del 2017 li abbiamo declinati sotto molte forme, con approfondimenti ed eventi. Ritrovate la nostra posizione in merito qui e leggete il resoconto della recente Assemblea del Centenario, nella quale Luca Albertoni ha parlato anche di big data e smart cities.

Il 2017 della Cc-Ti in breve

Durante i festeggiamenti per i nostri 100 anni, in occasione dell’ Assemblea generale ordinaria del 20 ottobre scorso abbiamo ripercorso con un video (ritrovatelo sul nostro canale Youtube, ma anche qui sotto) le principali attività svolte finora nel corso dell’anno.

Il 2017 è stato per la Cc-Ti un momento importante di riflessione, scaturito da un lato dall’importante traguardo raggiunto, e dall’altro sul ruolo che quale associazione mantello dell’economia ticinese abbiamo avuto, abbiamo tutt’ora e avremo in futuro.

A livello tematico, sono 4 gli assi strategici principali sui quali ci stiamo muovendo, oltre, sicuramente, alle normali attività di servizi, consulenza e formazione agli associati (siano essi aziende o associazioni di categoria), trasversalmente su tutti i settori che rappresentiamo. Gli assi strategici sono dunque:

  1. L’internazionalizzazione delle aziende
  2. La responsabilità sociale e sostenibilità per le imprese
  3. La digitalizzazione
  4. La swissness, intesa come cultura imprenditoriale svizzera

Se dovessimo fare il punto di quanto fatto durante il 2017, potremmo ben evidenziare quanto vissuto finora, siamo partiti in gennaio con le previsioni congiunturali ed economiche per l’anno che stava iniziando, grazie ai risultati della nostra Inchiesta Congiunturale 2016/2017.

Gli highlights dei principali eventi della Cc-Ti nell’anno del centenario

Avendo così dato l’avvio “ufficiale” all’anno eventistico della Cc-Ti, si è poi proseguiti trattando il primo dei grandi macro temi, ovvero l’internazionalizzazione. Il tutto nella cornice della Giornata dell’Export, tenutasi il 23 marzo , a cui sostegno vi sono anche gli eventi Paese, che hanno lo scopo di avvicinare le aziende ticinesi a Stati potenzialmente interessanti poiché offrono nuove opportunità e sbocchi di business (quest’anno Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Cuba – per i quali attraverso questo link potete accedere ai differenti resoconti online – , e il prossimo 28 novembre Myanmar).

A ciò si aggiungono anche le missioni economiche della Cc-Ti nei mercati focus individuati per il 2017: Iran e Kazakistan (trovate maggiori informazioni contattando il nostro International Desk).

Nell’ambito della RSI e della sostenibilità, oltre all’evento principale del 4 maggio, in cui si è parlato di strategia aziendale e responsabilità sociale su differenti livelli , citiamo anche Agiamo Insieme, la manifestazione che premia le aziende che si sono distinte nel reinserimento professionale di persone lese nella salute.

Altro macro tema strategico è la digitalizzazione. Con “L’economia del futuro è digitale”, tenutosi il 26 aprile, si è parlato di come essa migliori molti prodotti e servizi, crei delle nuove attività – malgrado le incertezze nel mondo del lavoro – e possa persino salvare delle vite umane. À côté di quest’evento, la digitalizzazione è stata trattata anche all’inizio dell’autunno in un evento dedicato alla trasformazione in atto nei modelli di business.

Per quanto concerne invece la swissness, vi è in programma un evento prossimamente, ma è possibile ritrovare un corposo dossier d’approfondimento su Ticino Business – edizione di settembre 2017.

Questo in breve il nostro anno di approfondimenti. Senza dimenticare i nostri 100 anni, di cui trovate un dossier storico già pubblicato sia su Ticino Business di ottobre 2017, come pure online.

Cento anni di lavoro per la libertà economica e la prosperità

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Il 21 gennaio 1917 nacque la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, con lo scopo principale di dare una voce coordinata agli interessi imprenditoriali di queste due categorie in un periodo storico particolarmente difficile a causa anche del contesto della Prima guerra mondiale. Come usuale in Ticino, le discussioni che precedettero questo atto furono numerose e vivaci, con malcelate tentazioni di creare una struttura solo apparentemente privata, ma in realtà braccio prolungato dello Stato. Fortunatamente la scelta fu diversa e si optò per il modello anglosassone, cioè di un’associazione completamente  privata, senza alcun contributo statale e quindi realmente rappresentativa degli interessi economici del mondo produttivo nel confronto con le autorità cantonali e federali. Una scelta coraggiosa e giusta, perché a livello mondiale il modello si dimostra molto più efficace nel contesto politico-istituzionale grazie alla chiara ripartizione dei ruoli.

Laddove invece le Camere sono di natura pubblica o semi-pubblica (penso ad esempio alle strutture tedesche, di forma privata ma con obbligo di adesione per ogni azienda), esse hanno sì una forza finanziaria inimmaginabile per la nostra realtà, ma hanno altresì un ruolo a tratti più ambiguo e molto meno orientato alla tutela delle imprese. Oggi la nostra Camera, ma direi tutte le Camere di commercio e dell’industria in Svizzera hanno un ruolo molto chiaro, cioè di riferimento indiscutibile per i temi di politica economica generale. Come deve essere per un’associazione-mantello che al contempo sostiene in maniera sussidiaria le associazioni di categoria per le loro questioni particolari.

Anche dopo 100 anni di battaglie, quella più importante ed attuale resta quella per la tutela della libertà economica.

Avendo il privilegio di presiedere l’Associazione svizzera delle Camere da ormai sei anni, posso anche confermare che questo modello funziona in tutte le regioni elvetiche e permette a me e ai miei colleghi di parlare un linguaggio comune quando si tratta di affrontare molte questioni che sono simili nelle varie regioni elvetiche. Per cercare soluzioni comuni, nell’interesse dei rispettivi territori, che sono sì in una  certa misura in competizione, ma che in realtà traggono la loro forza proprio dall’interazione fra le varie realtà economiche. Ovviamente con uno scopo comune, cioè quello della difesa della libertà economica e  imprenditoriale sancita dall’articolo 27 della Costituzione federale, valore imprescindibile per la prosperità svizzera e non fastidioso ammennicolo per proteggere i manigoldi, come taluni maleinformati o, peggio, in malafede, tendono a voler far credere. Dopo 100 anni questa battaglia è più attuale che mai, fra pericolose tendenze isolazioniste e autocratiche che rischiano di portare a una chiusura senza futuro.  D’altra parte è ovvio che non ci possono essere aperture senza regole e su questo abbiamo sempre dato la disponibilità a lavorare. La ricerca di tale equilibrio è una sfida che ci accompagnerà anche negli anni a venire (magari per i prossimi 100…) e non è sempre facile trovare un punto d’intesa fra chi chiede anche legittimamente una maggiore protezione del mercato locale e chi invece vuole meno barriere possibili perché esporta i suoi prodotti. Con il sostegno e il lavoro serio della quasi cinquantina di associazioni legate alla Cc-Ti e degli oltre mille associati individuali, sono certo che potremo continuare a lavorare nell’interesse della prosperità del Cantone, con l’obiettivo che tutto il territorio possa beneficiarne. Non è facile in un contesto che purtroppo tende ingiustamente a generalizzare e ad avere scarsa  considerazione per il mondo imprenditoriale. Ma la determinazione non ci manca e ne parleremo all’Assemblea generale del prossimo 20 ottobre.

Modifiche del Piano Direttore: la proprietà privata va tutelata nel rispetto dei Cittadini

La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, insieme alla Società svizzera impresari costruttori Sezione Ticino, e ad AITI, ha preso posizione riguardo alle proposte di modifica per il Piano Direttore (PD) che applicano i principi della Legge sulla pianificazione del territorio (LPT). Se da un lato non si contestano gli indirizzi, dall’altro lato si ritiene che vi debba essere una maggiore attenzione per la proprietà privata dei cittadini, ponendo in atto una moratoria sull’esistente.

La tutela del territorio e il continuo miglioramento qualitativo a livello di pianificazione dello stesso sono dei concetti condivisi da tutti. In questo senso si ritiene che il fatto di cercare una maggiore densificazione del costruito, così come lo sviluppo coordinato delle diverse politiche in particolare riguardo alla mobilità, siano aspetti importanti. Tuttavia il diritto alla proprietà privata, così come prescritto dall’Art. 26 della nostra Costituzione federale, va difeso e preservato in quanto essa rappresenta il frutto del lavoro e dei sacrifici dei Cittadini.

I margini di manovra concessi dalla Legge federale devono quindi essere utilizzati nell’interesse di questi ultimi e in particolare si ritiene che si debba prevedere un innalzamento della soglia oltre la quale i Comuni saranno chiamati a intervenire con misure di riduzione delle potenzialità edificatorie (nella proposta questa è posta al 120% delle necessità calcolate per i prossimi 15 anni) e che vi sia un obbligo di indennizzo per tutti i proprietari penalizzati da restrizioni edificatorie.

Si ritiene anche che il modo migliore di agire sarebbe di introdurre il concetto di moratoria per l’esistente. La LPT recentemente entrata in vigore non è retroattiva e dunque le nuove disposizioni andrebbero applicate soltanto sulle future transazioni immobiliari o su cambiamenti di destinazione. Un po’ come avvenuto per gli edifici fuori zona edificabile, che sono stati autorizzati in un regime pianificatorio che non è l’attuale e per questo motivo non viene richiesta la demolizione. Diverso è il discorso in caso di cambiamento di proprietario o di destinazione, per il quale occorre operare secondo le disposizioni dei nuovi strumenti pianificatori, Piani regolatori comunali (PR) in primis. Dunque, una volta aggiornati i vari PR secondo la nuova LPT, gli stessi andrebbero applicati soltanto sulle nuove transazioni immobiliari.
Questo sarebbe il modo migliore per garantire la certezza del diritto agli attuali proprietari, che hanno acquistato e pagato i loro terreni secondo le disposizioni di PR approvati dalle autorità comunali e cantonali.

Scaricate la presa di posizione integrale firmata da Cc-Ti/SSIC TI/AITI
Restiamo a vostra disposizione, e per maggiori informazioni su questo tema potete contattarci:
info@cc-ti.ch, Tel. +41 91 911 51 11.

La Cc-Ti in prima linea per la crescita del Ticino

Testo a cura di Alessio del Grande

Vi proponiamo un interessante articolo (pubblicato sull’edizione di ottobre 2017 di Ticino Business, la nostra rivista ufficiale), che ripercorre, dalla fondazione della Cc-Ti nel 1917, i punti salienti dei 100 anni della nostra storia.

Corriere del Ticino, lunedì 22 gennaio 1917: “Ieri ebbe luogo l’assemblea straordinaria della Associazione Commerciale-industriale del Canton Ticino con sede a Lugano. Presenti 62 membri rappresentanti di 103 ditte, il Presidente Signor Giuseppe Greco dichiarò aperta l’assemblea e chiamò a scrutatori i signori Candido Greco e Guindani Augusto”.

È l’atto di nascita di quella che negli anni a venire diventerà la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti).
Allora il Cantone contava poco più di 150mila abitanti, oltre alla profonda crisi e allo sconvolgimento provocati della prima guerra mondiale, il Ticino si ritrovava con le macerie di fallimenti bancari che avevano dissestato decine d’imprese e bruciato i risparmi di migliaia di famiglie. Era dal 1830 che si auspicava, con una deliberazione del Gran Consiglio, la fondazione di una Camera cantonale di commercio. Ma dovevano passare ben 87 anni prima di raggiungere un traguardo reso sempre più impellente dalle restrizioni ai commerci e alle attività produttive, imposte dalla guerra, e dalla necessità di dotare il Cantone di una “bussola” per mantenere sulla rotta giusta la sua economia.
Il forte intervenzionismo dello Stato nell’economia privata durante la guerra dal 1914 al 1918 suggerì al ceto commerciale ed industriale del nostro Cantone di creare una Camera di commercio” annoterà Carlo Kuster, per un trentennio storico Segretario della nuova istituzione.

Negli anni Venti la Cc-Ti si occupava già di tematiche ricorrenti nei suoi 100 anni, come i trasporti e la mobilità. Allora vi era la ferrovia a tener banco.

I primi anni della Camera saranno contraddistinti dall’impegno per orientare e agevolare commerci e imprese tra le tante prescrizioni restrittive adottate dai Paesi belligeranti, che rendevano assai difficili sia la produzione che lo scambio di merci.
Nel rapporto di esercizio della Camera per il 1917-18 si legge: “Tutto lascia supporre che anche a guerra finita le varie attività economiche non riconquisteranno la perduta libertà (…), importazioni ed esportazioni rimarranno molto probabilmente soggette, e chi sa per quanto tempo ancora, alla vigilanza degli enti pubblici”. Già allora era forte il richiamo a quella libertà economica, poi riconosciuta nell’articolo 27 della Costituzione svizzera, che resterà sempre uno dei principi guida nell’azione della Camera di commercio, che con l’assemblea del 20 ottobre festeggia i cento anni di attività.

Scaricate l’articolo completo, che parla della storia e delle battaglie della Cc-Ti, sempre in difesa della libertà economica, lungo tutto il XX secolo, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Svizzera-Italia, quali relazioni economiche?

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Si è tenuta a Lugano ad inizio ottobre la quarta edizione del Forum per il dialogo tra la Svizzera e l’Italia, seguito poi da vari gruppi di lavoro che si confrontano su temi scelti delle relazioni bilaterali (anche se il termine “bilaterale” oggi equivale purtroppo quasi a un’ingiuria…). Si può disquisire a lungo sull’utilità di tali incontri, perché sovente non ci sono risultati immediati e tangibili, anche perché non sono queste le sedi per farlo. È però essenziale mantenere aperto un canale di comunicazione a livello ministeriale, che apre poi la strada a negoziati più concreti sui molti temi che preoccupano i due territori. In generale, è sempre meglio confrontarsi direttamente che insultarsi per via mediatica, perché magari discutendo si può calmare qualche bollente spirito e affrontare seriamente talune questioni, soprattutto di ordine economico. E qui è giusto sottolineare come purtroppo la politica estera svizzera in passato abbia per troppo tempo sottovalutato i rapporti con l’Italia, riducendoli spesso a questione quasi solo ticinese, quando invece siamo confrontati a un Paese economicamente molto importante per tutta la Svizzera. L’Italia è il quinto partner commerciale del nostro Paese e già solo per questo i rapporti bilaterali   meriterebbero una maggiore considerazione. Che invero c’è in parte stata negli ultimi anni, anche se restano macchie non da poco, come quella di condurre trattative importanti in inglese. Una cosa che non sarebbe mai successa con Francia e Germania, mentre è quasi uso corrente nei rapporti con l’Italia. Errore strategico importante, anche perché il nostro vicino meridionale non è un partner facilissimo, non per  forza per cattiva volontà, ma per una certa complessità intrinseca del sistema italiano e per i frequenti cambi di Governi e Ministri.

L’Italia è il quinto partner commerciale del nostro Paese e già solo per questo i rapporti bilaterali meriterebbero una maggiore considerazione.

Come detto, una maggiore attenzione alle varie sfumature, non da ultimo quella culturale, che caratterizzano i rapporti economici fra Italia e Svizzera, è un elemento assolutamente fondamentale non solo per il Ticino ma per tutta la Confederazione. Non è un caso che ad esempio la famosa (o famigerata, a seconda dei punti di vista) questione delle liste nere italiane per le aziende svizzere, sia assurta a tema nazionale quando ci si è resi conto che non penalizzava solo le imprese ticinesi, ma tutte quelle elvetiche. Stesso discorso per la modifica della Legge federale sull’imposta sul valore aggiunto (IVA), che abbiamo fatto emergere come discriminatoria verso le aziende svizzere e che nel frattempo è stata corretta. Sarà stato casuale, ma l’aiuto decisivo per portare questi temi e le relative discussioni sul tavolo della politica federale a suo tempo è venuto da Ignazio Cassis, nuovo Responsabile della politica estera svizzera a partire dal prossimo 1° novembre. Senza voler caricare il nuovo Consigliere Federale di eccessive aspettative, è però innegabile che è legittimo aspettarsi un’accresciuta sensibilità per la comprensione di questioni che da qualche tempo rendono più difficili i rapporti bilaterali Svizzera-Italia dal punto di vista economico. Al di là dei giusti convenevoli fra ministri, i dossier aperti sono complessi e numerosi e quantità e qualità delle problematiche non diminuiranno certo in futuro. Nessuno deve aspettarsi miracoli negoziali e spesso è necessario anche fare la voce grossa, ma lo scontro continuo con uno dei più importanti partner commerciali della Svizzera non è probabilmente la via migliore per risolvere i problemi. Anche qui, come sempre nella vita, è questione di equilibrio.

L’industria: un settore di grande valore

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

L’industria oggi: fatti e cifre di un comparto importante per la nostra economia

Con il viaggio all’interno dei vari settori economici dell’economia ticinese nel quadro delle celebrazioni per i 100 anni della Cc-Ti, l’attenzione è dedicata questa volta al comparto dell’industria, settore fondamentale della nostra economia, visto che contribuisce a creare circa il 22% del Prodotto interno cantonale. Sono circa 2’000 le aziende industriali con oltre 28’000 collaboratori e un tessuto estremamente diversificato in termini di dimensioni aziendali e di settori, visto che si passa dalla meccanica all’elettronica, dalla moda alla farmaceutica, passando per l’industria alimentare e le raffinerie di metalli preziosi. Strutture ed esigenze diverse, accomunate dalla costante ricerca della qualità per affrontare i mercati mondiali, visto che comunque la parte dedicata all’esportazione, che si aggira sui 6 miliardi di franchi all’anno, è consistente. Un confronto sui mercati internazionali che esige una costante ricerca dell’eccellenza, altrimenti non sarebbe possibile lavorare per clienti come la NASA e la Boeing, oppure piazzare sui mercati internazionali prodotti di nicchia come il cioccolato prodotto con il latte di cammello, creazione quasi unica.

Le industrie del nostro territorio hanno saputo reagire in maniera positiva ai cambiamenti congiunturali e non in atto negli ultimi anni, mantenendo un alto livello competitivo grazie alla flessibilità, all’innovazione e alla ricerca di nuovi mercati.

A dimostrazione di quanto siano ingenerosi i troppo frequenti riferimenti al presunto “basso valore aggiunto” e l’uso dispregiativo del termine “capannoni”. Se non ci fosse qualità, sarebbe del resto stato impossibile triplicare le cifre dell’export ticinese negli ultimi venti anni. Le cifre di un settore come quello farmaceutico sono significative: 2’500 persone occupate, 190 milioni di franchi di salari versati e un fatturato globale industriale in Ticino di 1,3 miliardi di franchi. Senza dimenticare investimenti per 500 milioni di franchi sul nostro territorio cantonale fra il 2016 e il 2018 e la formazione di 120 apprendisti nell’anno scolastico 2016-2017. E non è nemmeno un caso che il settore della moda, con circa 6’000 posti di lavoro, generi una cifra d’affari di circa 10 miliardi in Ticino e contribuisca alle finanze dello Stato con un gettito fiscale di una novantina di milioni di franchi. Comune a tutti gli ambiti industriali è l’attenzione per la formazione, sia nell’ambito di quella di base che in quella continua, anche per permettere a un numero sempre crescente di residenti di poter entrare in contesti internazionali che hanno specificità tecniche o modelli di business tali da rendere indispensabile l’acquisizione di competenze sempre più mirate. Da sottolineare il fatto che, malgrado le difficoltà legate alla forza del franco svizzero, le industrie del nostro territorio hanno saputo reagire in maniera positiva, mantenendo un alto livello competitivo grazie alla flessibilità, all’innovazione e alla ricerca di nuovi mercati. Il che non era scontato.