Le recenti calamità naturali hanno causato gravi danni nelle regioni della Vallemaggia e della Mesolcina, lasciando dietro di sé distruzione e difficoltà per le comunità locali.
In risposta a questa emergenza, le principali associazioni economiche – Unione Svizzera Arti e Mestieri (usam), Associazione Industrie Ticinesi (AITI) e Camera di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato e dei Servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) – hanno unito le forze per lanciare un’iniziativa di sostegno straordinaria.
Questa iniziativa rappresenta un segnale di solidarietà e impegno verso le regioni colpite, dimostrando la vicinanza dell’economia ticinese e delle nostre aziende alle necessità del territorio, non soltanto mirando a fornire un supporto immediato alle valli interessate dal maltempo, ma anche a garantire un futuro sostenibile per queste regioni che permetta loro di mantenere l’attrattività necessaria per la loro ripresa economica.
Con la presente, ci permettiamo appellarci alla vostra generosità, invitandovi a sostenere questa iniziativa tramite un contributo finanziario libero. La partecipazione è totalmente volontaria e senza nessun tipo di vincolo.
È possibile contribuire all’iniziativa tramite versamento utilizzando le seguenti coordinate o tramite QR code:
Ogni contributo, per quanto piccolo possa sembrare, avrà un impatto significativo nel supportare la ripresa e la rinascita di queste comunità.
Vi ringraziamo anticipatamente per il vostro supporto e la vostra solidarietà e restiamo a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/07/ART24-Sostegno-Vallemaggia-Mesolcina.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-07-19 10:34:212024-07-19 10:34:23Partecipazione all’iniziativa di sostegno da parte dell’economia per la Vallemaggia e la Mesolcina
Il Consiglio federale ha nominato un nuovo membro del Consiglio di Amministrazione della SERV: si tratta di Luca Albertoni, Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino. Assumerà il nuovo incarico a partire dal 1° luglio 2024 e lo manterrà per la durata residua del mandato 2024-2027 attualmente in corso.
Nel mese di novembre 2023 si era svolta la procedura di rinnovo integrale del Consiglio di Amministrazione della SERV per il mandato relativo al periodo 2024-2027. In tale occasione erano stati nominati otto membri tra confermati e nuovi eletti. Ora si è scelto di introdurre un’ulteriore persona, per conferire al Consiglio maggiore flessibilità, ottimizzarne il know-how e assicurare la rappresentanza della Svizzera italiana. È stato così raggiunto il numero massimo di nove membri, una formazione che ha già dato buoni frutti per l’Organizzazione in passato.
“Con Luca Albertoni il Consiglio si arricchisce di competenze specialistiche per quanto riguarda il panorama delle PMI elvetiche e in particolare ticinesi”, commenta Barbara Hayoz, Presidentessa del Consiglio di Amministrazione della SERV. “Inoltre, possiede ottimi contatti con le Camere di Commercio e dell’Industria della Svizzera. Siamo felici della collaborazione che ci attende.”
Il neoeletto membro del Consiglio di Amministrazione della SERV Luca Albertoni aggiunge: “E’ un grande onore poter mettere a disposizione della SERV le mie competenze giuridiche e le esperienze maturate in anni di collaborazioni con aziende esportatrici. I prodotti della SERV sono sempre più importanti in un contesto internazionale complesso e pieno di incertezze.”
Luca Albertoni è nato a Lugano e cresciuto a Bellinzona. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza, con specializzazione in diritto commerciale, presso l’Università di Berna. Dal 2008 è Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, dove aveva ricoperto la carica di responsabile del servizio giuridico a partire dal 2000. È, inoltre, membro del Comitato dell’Unione svizzera degli imprenditori e Presidente della sezione ticinese di “ICT-Formazione professionale Svizzera”
Chi siamo
La SERV è un’istituzione di diritto pubblico della Confederazione. Assicura le operazioni di esportazione – merci o servizi – delle aziende svizzere secondo principi di autonomia finanziaria, tutelandole soprattutto dai mancati pagamenti. In altre parole, risarcisce l’azienda esportatrice assicurata o la banca che ha erogato il finanziamento qualora l’acquirente estero non possa o non voglia saldare il pagamento per motivi politici o economici. Inoltre, con i suoi prodotti assicurativi, la SERV facilita alle aziende l’accesso a crediti e limiti di credito più elevati per i loro costi di produzione, aiutandole a tutelare la propria liquidità. La SERV opera in via sussidiaria e offre le proprie assicurazioni a integrazione delle prestazioni di assicuratori privati. Con la sua offerta contribuisce alla competitività internazionale dell’economia di esportazione svizzera e al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro in Svizzera.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/12/ART22-Albertoni-che-scrive.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-06-24 14:40:552024-06-24 14:40:58Luca Albertoni entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della SERV
I vertici dell’Unione svizzera imprenditori incontrano Aiti e Camera di commercio: ‘Dal 2002 Pil su del 25%, ma in Ticino non è tutto rose e fiori’
Per l’Usi Accordi bilaterali da mantenere
Dossier sulla previdenza, in vista della votazione sulla riforma della Lpp prevista per l’autunno, e gli Accordi bilaterali con le discussioni in atto con l’Unione europea. È stato questo il menù dell’incontro che ha avuto luogo ieri (venerdì 24 maggio) a Lugano tra i vertici nazionali dell’Unione svizzera imprenditori (Usi) col mondo economico ticinese che, insieme, hanno convocato la stampa per spiegare lo stato dell’arte dal loro punto di vista.
Dopo il saluto del presidente dell’Usi Severin Moser, è il turno di Roland Müller – direttore dell’Unione che riunisce 90 associazioni regionali e settoriali e 100mila imprese che contano circa 2 milioni di collaboratori – rompere il ghiaccio. Partendo dall’assoluta importanza che per l’Usi hanno gli Accordi bilaterali con l’Ue. E di rimpallo, la libera circolazione delle persone che «dalla sua introduzione nel 2002 ha contribuito in modo significativo al rafforzamento del mercato del lavoro svizzero, all’aumento della produttività e al benessere generale». Dal 2002, riprende Müller, «il Prodotto interno lordo reale pro capite in Svizzera è aumentato di circa il 25%. Secondo la Segreteria di Stato dell’Economia, la libera circolazione delle persone ha contribuito ogni anno alla crescita economica in misura di circa lo 0,5%». La conseguenza, rileva il direttore dell’Usi, è «un mercato del lavoro dinamico, rafforzato da immigrati qualificati e che porta a una maggiore crescita economica creando più posti di lavoro per tutti». E il mercato locale? «Anche la forza lavoro locale beneficia di migliori opportunità di impiego e di aumenti salariali». Sicuri sicuri? Fino a un certo punto, dal momento che è lo stesso Müller a riconoscere che «non è tutto rose e fiori» e che «in Ticino la popolazione è particolarmente colpita dagli effetti negativi della libera circolazione delle persone. L’alto numero di frontalieri e la pressione salariale che ne consegue, così come la concorrenza per i posti di lavoro e la pressione sulle infrastrutture, provocano tensioni sociali e in alcuni casi anche rabbia». E quindi? Che fare? «È ancora più importante avere una posizione chiara in merito ai negoziati sugli Accordi bilaterali III e definire quali posizioni sono inamovibili. Come Usi siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale protezione dei salari».
Pesenti (Aiti): ‘Qualcuno si è scordato come era negli anni Novanta…’
«Per le nostre imprese la conferma dell’impianto degli Accordi bilaterali è fondamentale», gli fa eco il presidente dell’Associazione delle industrie ticinesi (Aiti) Oliviero Pesenti. Anche perché «forse pochi ricordano che per oltre un decennio, negli anni Novanta, l’economia svizzera non cresceva più. A metà decennio, la disoccupazione in Svizzera era oltre il 4% e i tassi d’interesse erano arrivati a superare il 6%. L’economia e la popolazione pagarono a caro prezzo quella situazione, anche in termini di posti di lavoro e potere d’acquisto». Pesenti, quindi, sottolinea che «solo lo slancio dell’aumento delle esportazioni verso l’estero, grazie anche ai Bilaterali, ci permisero di risalire la china e creare migliaia di posti di lavoro anche in Ticino». Anche il presidente di Aiti non si nasconde, «i Bilaterali comportano alcuni problemi in una regione di confine come il Ticino. Ma la loro eliminazione avrebbe conseguenze ben più negative per la popolazione e l’economia». E no, «non ci sono alternative credibili. Del resto, chi non li sostiene in tutti questi anni non è mai stato in grado di portarne neanche una».
Gehri (Cc-Ti): ‘Abbiamo versato 90 milioni in 4 anni per la conciliabilità’
Convinto è il presidente della Camera di commercio ticinese Andrea Gehri: «Purtroppo, in Ticino la discussione verte quasi esclusivamente sempre attorno alla libera circolazione delle persone. Dimenticando che, a livello sistemico, la certezza del diritto e la stabilità delle relazioni con l’Ue sono di fondamentale importanza anche per la nostra realtà locale». E Gehri spalleggia Müller: «Siamo favorevoli al mantenimento dell’attuale livello di protezione dei salari e sosteniamo pienamente, come sempre, la lotta contro il dumping salariale». Ma fermi tutti: «Senza però scadere in eccessi di nuovi strumenti che nulla hanno a che vedere con il tema specifico».
Gehri rivendica anche con orgoglio, sul tema della carenza di manodopera e sulle misure per favorire l’impiegabilità delle persone che oggi sono attive solo in parte, che «negli ultimi quattro anni l’economia ticinese ha versato nelle casse cantonali oltre 90 milioni di franchi destinati alla conciliabilità lavoro famiglia, soldi che dovrebbero permettere di coinvolgere maggiormente nel mondo del lavoro soprattutto molte donne». Questo, ribadisce Gehri, «è un dato che deve far riflettere chi afferma che l’economia non fa nulla ed è poco sensibile a favore della politica famigliare. È vero il contrario». Senza dimenticare, è la battaglia campale di queste settimane, «che per taluni aspetti la politica fiscale necessita di correttivi, come previsto dalla votazione del 9 giugno». Questo perché «è difficile incentivare il lavoro se esso viene penalizzato fiscalmente da una progressione eccessiva, per cui non è raro che in molte coppie uno dei due rinunci a lavorare o lo faccia solo parzialmente per evitare un’imposizione fiscale eccessiva, sproporzionata e confiscatoria».
Fonte: La Regione – 25 maggio 2024
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/05/ART24-Libera-circolazione-futuro.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-05-31 10:22:582024-05-31 10:32:45Libera circolazione modello per il futuro
La riforma fiscale in votazione il prossimo 9 giugno non rappresenta uno stravolgimento del nostro sistema tributario, ma solo un necessario, quanto urgente, adeguamento alle mutate condizioni socioeconomiche che, negli ultimi decenni, hanno cambiato il volto del Ticino.
Si tratta di modernizzare un impianto normativo che risale ad oltre mezzo secolo fa, correggendo alcune distorsioni che penalizzano fortemente i contribuenti, con un’esosa imposizione fiscale. È del tutto fuori luogo parlare di “regali ai ricchi”.
Della revisione della legge beneficia, infatti, tutta la popolazione, con una serie di misure mirate, la cui legittimità è stata riconosciuta dallo stesso PS che, dopo aver fucilato a priori la riforma, ha presentato un’iniziativa parlamentare per riproporle separatamente. Una scelta strumentale e macchinosa che rischia di compromettere la modifica legislativa. Senza questa riforma si prospetta un aumento del 3% delle imposte per tutti.
I contenuti della riforma
Aumento della deduzione per le spese professionali.
Adeguamento delle imposte sulle successioni e le donazioni ai cambiamenti sociodemografici (crescita dei divorzi, aumento della speranza di vita e nuove relazioni familiari), facilitando anche le successioni aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa.
Riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali oggi molto svantaggiosa per chi dispone di un capitale medio o medio-alto, per cui molti contribuenti trasferiscono altrove il proprio domicilio fiscale.
Riduzione a tappe dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito. Un’aliquota tanto pesante da bloccare il Ticino negli ultimi posti della classifica intercantonale e spingere alla fuga i contribuenti più ricchi. È questo il punto più contestato dalla sinistra e dai sindacati. La riforma prevede la diminuzione dal 15 al 12%, da qui al 2030, dell’aliquota per i redditi più alti e la riduzione lineare dell’1,66% dell’aliquota d’imposta per tutti contribuenti, come compensazione dell’aumento del 3% del coefficiente cantonale. Una compensazione che evita un aggravio fiscale per i cittadini di 45 milioni di franchi.
La revisione tributaria vuole rendere più attrattivo e concorrenziale il Ticino per chi vorrebbe risiedere o investire nel Cantone, incrementando così le entrate fiscali e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Vantaggi per i lavoratori, i pensionati e le imprese
Intervista con Andrea Gehri, Presidente della Cc-Ti
Per Andrea Gehri, Presidente della Cc-Ti, si vota su una riforma moderata e graduale che vuole rendere il Ticino più attrattivo, riportandolo nella media della concorrenza fiscale intercantonale, ma che tocca anche altri aspetti cruciali del sistema tributario, attenuando vecchie storture impositive che pregiudicano i legittimi interessi dei cittadini.
Presidente, al di là della riduzione dell’aliquota massima sui redditi più elevati, quali vantaggi offre la riforma a tutti gli altri contribuenti?
Ne beneficeranno, innanzitutto, i lavoratori grazie ad un aumento delle deduzioni per le spese professionali. Ci sarà, inoltre, una tassazione più equa per le successioni e le donazioni, così come per il prelievo del capitale del secondo pilastro, oggi soggetto ad un’imposizione estremamente punitiva. Non da ultimo, con il ritorno al 100% del coefficiente cantonale d’imposta, senza questa revisione le imposte aumenterebbero per tutti del 3%.
Come cambieranno le deduzioni per le spese professionali e con quali benefici concreti per i lavoratori?
Va premesso che attualmente il Ticino è tra gli ultimi Cantoni per quel che riguarda l’ammontare di queste detrazioni. Da noi non si superano i 2’500 franchi, mentre in gran parte della Svizzera si riconosce una soglia di 4’000 franchi circa. A Svitto, ad esempio, si arriva sino al 20% del reddito conseguito. Con la riforma le deduzioni saranno aumentate in due tappe: da 2’500 a 3’000 franchi per l’anno fiscale 2024-2025, per passare a 3’500 franchi nel 2026. Quando l’aumento sarà a regime i dipendenti beneficeranno di mille franchi in più di detrazioni. Soldi che resteranno nelle loro tasche, contribuendo a migliorare la loro situazione economica e i bilanci familiari. Dunque, un sostegno concreto a difesa del reddito dei lavoratori in tempi di rincari generalizzati.
Anche con la tassazione del capitale di previdenza siamo fuori dalla media intercantonale?
In generale si può affermare che nessun Cantone torchia i pensionati come il Ticino sul prelievo del capitale del secondo pilastro. Un capitale non piovuto dal cielo, ma accumulato con anni di lavoro e di risparmi, che al momento della riscossione è soggetto ad aliquote troppo pesanti. Un’imposizione particolarmente pregiudizievole per chi dispone di un capitale medio o medio-alto, con una tassazione che non si discosta dall’esosità dell’imposta sul reddito. Sino a mezzo milione di franchi di capitale siamo concorrenziali rispetto alla media nazionale, oltre questo limite si scivola in fondo alla graduatoria federale. Perciò, molti contribuenti trasferiscono il proprio domicilio fiscale altrove, nei Grigioni, a Uri o a Svitto, ad esempio, quando si avvicina il momento di riscuotere il capitale previdenziale. Plafonando al 3% la tassazione sul prelievo, la riforma assicura un trattamento più equo e limita la differenza impositiva con gli altri Cantoni.
La revisione tocca pure le successioni e le donazioni per adeguarle ai cambiamenti sociodemografici. Quali ripercussioni ci saranno per le successioni aziendali con persone che non fanno parte della cerchia familiare dei titolari dell’impresa?
È un adeguamento improrogabile con un contenimento delle tasse di successione tra non parenti, che sono a dir poco penalizzanti, per allinearle alla media nazionale. Per le eredità in Ticino si applicano aliquote che possono arrivare sino al 41%, rispetto ad una media federale del 15% e con ben sette Cantoni che non richiedono alcuna imposta. Noi, invece, siamo tra i Cantoni con le aliquote più alte per le successioni al di fuori dell’ambito familiare. La modifica è importante per garantire la continuità e le successioni aziendali con soggetti che non fanno parte della famiglia. In Ticino abbiamo 8’400 aziende familiari che occupano 83mila persone e ogni anno centinaia di queste imprese rischiano di scomparire per la mancanza di eredi. Difatti, con le disposizioni attuali il passaggio aziendale ad eventuali subentranti al di fuori della famiglia è scoraggiato da un’imposizione molto pesante, col rischio di perdere attività produttive, know-how e posti di lavoro.
Ridare slancio all’attrattività del Ticino
Intervista con Cristina Maderni, Vicepresidente della Cc-Ti
“La riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito è una modifica che si attende dal 1976, l’anno dell’ultima revisione – ricorda Cristina Maderni, Vicepresidente della Cc-Ti e Gran Consigliera del PLR. Se questo è un elemento centrale e improrogabile della riforma in votazione il 9 giugno, va anche sottolineato che essa offre dei vantaggi per le famiglie, i lavoratori, per i giovani, i pensionati e per la continuità aziendale. Inoltre, scongiurerà un aumento delle imposte per tutti”.
Perché è indispensabile la riduzione di questa aliquota, contro cui si concentra l’opposizione della sinistra che la ritiene solo un “regalo ai ricchi”?
Per la semplice ragione che il Ticino ha bisogno di contribuenti facoltosi. Senza il gettito fiscale da loro garantito ci sarebbero molte meno risorse per la socialità e per gli investimenti con il rischio di un aumento della pressione fiscale per tutti. Oggi un 3% di contribuenti paga il 40% circa del gettito fiscale delle persone fisiche, con aliquote che superano il 40%; i 767 globalisti registrati in Ticino nel 2022 hanno versato nelle casse di Comuni, Cantone e Confederazione 183,5 milioni di franchi. Non possiamo fare a meno di queste risorse, eppure rischiamo di perderle. Con un’aliquota d’imposta sul reddito così elevata è inevitabile che i grandi contribuenti pensino di trasferirsi laddove trovano una fiscalità più vantaggiosa. È altrettanto sicuro che i grandi manager e i dirigenti aziendali, quelli che decidono l’ubicazione delle imprese siano attenti alla fiscalità delle imprese come pure di sé stessi, e che oggi siano poco attratti dal Ticino.
Per i promotori del referendum con la riduzione dell’aliquota per gli alti redditi si continuano a favorire solo i residenti più benestanti.
Né i contribuenti più ricchi né le imprese in tutti questi anni hanno ricevuto favori di sorta. Lo dimostra lo studio della SUPSI, presentato qualche settimana fa, sul confronto intercantonale per le imposte dirette nel 2024. Ebbene, il Ticino si colloca al 22esimo posto per l’imposta sul reddito, con il 40,5% contro il 22,25% di Zugo che ha il prelievo più basso. Per l’imposta sull’utile siamo ancora oggi meno competitivi: 24esimo posto con il 23,9% rispetto al 13,5% di Zugo, mentre per l’imposta effettiva sull’utile siamo al 24esimo posto con il 19,3%, contro l’11,9% di Zugo. Molto più alta pure l’imposta sul capitale che colloca il nostro Cantone nella 22esima posizione con il 2,9%. Per chi li vuole capire sono dati allarmanti, pur considerando che dal 2025 l’aliquota cantonale per le persone giuridiche si ridurrà dall’8% al 5,5%. Molti Cantoni per attirare buoni contribuenti hanno alleggerito la pressione fiscale, noi, invece, siamo rimasti fermi col rischio di perderli o di non incoraggiarli a trasferirsi in Ticino. Con questa riforma non diventeremo un paradiso fiscale, si cerca semplicemente di riavvicinarci alla media nazionale della pressione tributaria.
Per la sinistra, però, non c’è una fuga di ricchi contribuenti. Cosa replica al riguardo?
A smentirla ci sono i dati forniti dal Consiglio di Stato: tra il 2016 e il 2022 ben 395 grandi contribuenti, con redditi o sostanze imponibili che vanno dai 500mila ai 5 milioni di franchi hanno trasferito il loro domicilio fiscale fuori Ticino. Negli stessi anni ne sono arrivati 190. Dunque, un saldo negativo di 205 grandi contribuenti e una perdita di circa 10 milioni di franchi all’anno di gettito fiscale.
Parlare di ridurre le aliquote per le persone fisiche, bloccate da 50 anni, da noi è un tabù inviolabile, come mai?
Penso si tratti soprattutto di una posizione ideologica, frutto di una visione classista della società poco realistica e per nulla pragmatica, rispetto un sistema fiscale che, peraltro, favorisce molto i redditi più bassi, penalizza quelli più elevati e con ben 40mila persone del tutto esentasse. La battaglia della sinistra contro la diminuzione dell’aliquota, rischia di ridurre tutto ad uno scontro sul fisco, quando in realtà c’è in gioco il grande problema di rilanciare i fattori di competitività e attrattività del nostro Cantone per garantire a tutti un futuro di benessere e sicurezza economica.
Iniziativa popolare “Al massimo il 10 per cento del reddito per i premi delle casse malati (Iniziativa per premi meno onerosi)” (FF 2023 2285); La Cc-Ti raccomanda di votare NO
Iniziativa popolare “Per premi più bassi – Freno ai costi nel settore sanitario (Iniziativa per un freno ai costi)” (FF 2023 2286); La Cc-Ti raccomanda di votare NO
Iniziativa popolare “Per la libertà e l’integrità fisica” (FF 2023 2287); La Cc-Ti non si esprime sul tema
Legge federale del 29 settembre 2023 su un approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabili (Modifica della legge federale sull’energia e della legge sull’approvvigionamento elettrico) (FF 2023 2301); La Cc-Ti sostiene questa modifica, invitando a votare SÌ
VOTAZIONI CANTONALI
Modifica del 12 dicembre 2023 della legge tributaria del 21 giugno 1994 (LT) La Cc-Ti sostiene questa modifica, invitando a votare SÌ
Decreto legislativo concernente lo stanziamento di un credito di 76 milioni di franchi per l’acquisto dell’edificio ex Banca del Gottardo di proprietà di EFG Bank SA e di un credito di 6,44 milioni di franchi per la progettazione della sua ristrutturazione e dell’adeguamento logistico nonché per uno studio di fattibilità e progettazione per gli spazi destinati alla sede provvisoria necessaria per la ristrutturazione del Palazzo di giustizia del 7 febbraio 2024 La Cc-Ti sostiene questo decreto legislativo, invitando a votare SÌ
Modifica del 17 ottobre 2023 della legge sull’Istituto di previdenza del Cantone Ticino del 6 novembre 2012 (LIPCT). La Cc-Ti non si esprime sul tema
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2021/05/ART21-votazioni.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2024-05-14 10:25:372024-05-14 10:25:40Votazioni del 9 giugno 2024: raccomandazioni di voto della Cc-Ti
Piaccia o no, è incontestabile che l’Unione Europea (UE) sia il primo partner commerciale della Svizzera. Illusorio pensare che un mercato così grande possa essere sostituito estendendo le quote di altri paesi. Possono esservi variazione di qualche punto percentuale, ma la sostanza resta la stessa: non si può prescindere dall’UE. Questo non significa ovviamente avallare o accettare tutto quanto reca la bandiera blu con le dodici stelle, perché sappiamo bene che l’UE presenta diversi punti critici anche a livello istituzionale. Tuttavia, è assolutamente logico preoccuparsi delle relazioni con un partner di tale rilevanza. Soprattutto quando le attuali basi contrattuali, ossia gli Accordi bilaterali, iniziano a mostrare qualche limite, dovuto anche al passare del tempo. Per questo motivo, lo scorso 8 marzo 2024, il Consiglio federale ha approvato il mandato negoziale con l’Unione Europea (UE) nella sua forma definitiva in vista di nuove trattative. Il mandato adottato tiene conto dei risultati delle consultazioni delle Commissioni della politica estera (CPE) e delle altre commissioni interessate del Parlamento oltre che dei Cantoni, e considera i pareri espressi dalle parti sociali e dai rappresentanti dell’economia. Il 18 marzo 2024 la Presidente della Confederazione Viola Amherd e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno ufficialmente aperto i negoziati tra la Svizzera e l’UE. L’approccio “a pacchetto” presentato dal Consiglio federale per i nuovi negoziati è stato accolto sostanzialmente in modo positivo.
Questo permette di avere un approccio commisurato alle esigenze dei vari temi in discussione. Il testo integrale del mandato negoziale definitivo è scaricabile dal sito ella Confederazione al seguente link: www.newsd.admin.ch/newsd/message/attachments/86560.pdf.
L’agenda è ricca e molto impegnativa, perché spazia su molti temi. Si passa dalla questione dell’energia, alla sicurezza alimentare e alla sanità, passando per i programmi di ricerca e innovazione, senza dimenticare le questioni istituzionali e le modalità di un dialogo politico a livelloministeriale. Ruolo importante lo avrà anche la libera circolazionedelle persone in generale, con le questioni specifiche dell’immigrazione, della protezione dei salari e del programma EURES, così i permessi di domicilio di lunga durata. Oggetto di negoziato saranno anche l’applicazione di misure transfrontaliere contro il dumping salariale e sociale, così come altri accordi esistenti riguardanti il mercato interno (trasporti aerei e terrestri, commercio di prodotti agricoli). Non poteva mancare l’elemento degli aiuti di Stato e nemmeno quello del contributo svizzero per la coesione europea. Infine, da segnalare anche un punto concernente i sistemi di informazione e, last but not least, il dialogo sulla regolamentazione dei mercati finanziari.
Sui vari temi, il Consiglio federale ha accolto specificamente le seguenti raccomandazioni espresse nella procedura di consultazione:
Energia elettrica: per quanto riguarda l’apertura del mercato, il Consiglio federale intende garantire alle consumatrici e ai consumatori la possibilità di restare nel regime dell’approvvigionamento di base, previsto come scelta «standard» con prezzi regolamentati. Questa possibilità di scelta, incluso il diritto di rientrare nel regime dell’approvvigionamento di base (servizio pubblico), viene rafforzata. Il Consiglio federale mira inoltre a proteggere i principali aiuti di Stato attuali, segnatamente nel campo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Accordo sui trasporti terrestri: parallelamente all’apertura controllata del trasporto internazionale di passeggeri per ferrovia, il Consiglio federale punta a preservare il modello di cooperazione e la prerogativa della Svizzera di assegnare le tracce sul proprio territorio. L’apertura controllata del mercato del trasporto ferroviario internazionale non deve influire sulla qualità dei trasporti pubblici in Svizzera.
Accordo sui prodotti agricoli: si precisa che le tariffe doganali sono mantenute, compresi i contingenti tariffari e le modalità di gestione di questi ultimi. La sovranità della Svizzera nel campo della politica agricola non sarà intaccata.
Immigrazione: l’obiettivo di un’immigrazione orientata al mercato del lavoro viene rafforzato, così come la formulazione concernente il diritto di soggiorno, allo scopo di proteggere meglio il sistema sociale svizzero.
Protezione dei salari: si riafferma l’obiettivo di garantire le condizioni salariali e lavorative preservando l’attuale livello di protezione nel lungo termine. Viene precisata l’eccezione relativa alla cauzione: si mira a ottenere un effetto paragonabile a quello del sistema di cauzione attuale. Si cercherà, inoltre, una soluzione per quanto riguarda le spese. L’obiettivo è garantire la parità dei diritti, tenuto conto del livello dei prezzi in Svizzera.
Elementi istituzionali: per quanto riguarda la partecipazione della Svizzera al mercato unico dell’UE, il Consiglio federale intende garantire che, nel caso in cui la Svizzera si rifiuti di adottare una specifica modifica del diritto europeo, le misure di compensazione siano possibili solo a seguito di una decisione del tribunale arbitrale relativa anche alla questione della proporzionalità.
Accordo di libero scambio: l’Accordo del 1972 non fa parte del pacchetto e non rientra dunque nel quadro dei negoziati.
Prossime tappe
I vari elementi del pacchetto saranno affrontati contemporaneamente sotto la direzione generale del capo negoziatore Patric Franzen, Segretario di Stato supplente del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Ogni elemento del pacchetto sarà specificamente negoziato in tandem dal capo negoziatore e dal negoziatore specialista in materia, rappresentante del dipartimento competente. Un gruppo di lavoro interdipartimentale guidato dal segretario di Stato del DFAE Alexandre Fasel coordinerà i lavori svolti in Svizzera con quelli portati avanti in ambito negoziale. In caso di conclusione positiva dei negoziati si porrà la questione del referendum obbligatorio o facoltativo per il pacchetto negoziale.
L’ordinanza modificata è entrata in vigore il 1° aprile 2024
Le aziende potranno ottenere autorizzazioni temporanee per lavorare di notte e la domenica quando le Autorità ordineranno misure per prevenire o controllare la carenza di gas o elettricità. Il Consiglio federale ha appena aggiunto un paragrafo esplicito nell’ordinanza 1 (OLL 1) relativa alla legge sul diritto del lavoro. L’aggiunta di questo nuovo all’art. 1bis all’art. 27 OLL 1, conferma in realtà la prassi giuridica attuale che già implicitamente consente il rilascio di autorizzazioni in caso di carenze.
Le aziende autorizzate, infatti, potranno occupare i propri dipendenti nei periodi di basso consumo energetico, ovvero nelle ore notturne e domenicali. In un contesto di carenza, questa possibilità aiuterà ad evitare misure aggiuntive di quote, razionamento del gas o dell’elettricità, disoccupazione parziale e altre misure penalizzanti. Per le aziende, la possibilità di lavorare di notte e di domenica aiuterà a garantire una certa continuità produttiva.
Affinché il nuovo paragrafo possa essere applicato, è essenziale che le Autorità abbiano disposto misure restrittive per ridurre il consumo di energia elettrica. Si noti che questa modifica fa seguito all’adozione, da parte di entrambe le Camere, di una mozione parlamentare che chiede di “rendere temporaneamente più flessibile il diritto del lavoro in caso di carenza di gas o elettricità”.
L’ordinanza modificata è entrata in vigore il 1° aprile 2024.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/04/ART24-Lavoro-notturno-domenicale.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-04-11 10:51:152024-04-11 10:51:17Lavoro notturno e domenicale possibile in caso di carenza di energia
Il Consiglio federale ha deciso di non modificare i tassi d’interesse COVID-19 a partire dal 31 marzo 2024
Il Consiglio federale ha deciso di non modificare i tassi d’interesse COVID-19 a partire dal 31 marzo 2024. Gli accrediti fino a 500 000 franchi continueranno ad essere soggetti al tasso dell’1,5%, quelli di importo superiore a del 2%.
Il governo ricorda che i beneficiari del prestito COVID-19 sono incoraggiati a non utilizzare i prestiti più a lungo del necessario, indicazione che corrisponde all’obiettivo iniziale del programma messo in atto durante la pandemia per contribuire a colmare un gap di liquidità.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/03/ART24-CF-adegua-tassi-interesse.png8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-04-11 10:41:102024-04-11 10:41:12Nessuna modifica dei tassi d’interesse COVID-19
Era scontato. L’ultimo rilevamento dell’Ufficio federale di statistica sulla struttura dei salari in Svizzera nel 2022 ha ridato la stura alle polemiche sulle buste paghe ticinesi che sarebbero inferiori del 18- 20% rispetto alla media nazionale. Ecco una di quelle contraffazioni della realtà che, ripetute per anni, sono diventate una verità incontestabile. Ma le cose stanno veramente così? Non proprio. Indubbiamente una differenza salariale esiste, ma non dell’entità che si vuol far credere, sfruttando delle “distorsioni” statistiche al solo scopo di dimostrare che nel nostro Cantone i “padroni” sono disonesti.
Nella statistica federale il Ticino da solo e paragonato con intere regioni composte da più Cantoni
Innanzitutto, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), la forbice retributiva, sia in Svizzera che in Ticino, è rimasta in generale pressoché stabile. Storicamente un certo divario salariale con le altre ragioni è dovuto al fatto che da noi, per le caratteristiche stesse che ha avuto lo sviluppo economico, ci sono parecchi settori annoverati nella fascia media e medio bassa dei salari, ad esempio, ristorazione, servizi d’alloggio e commercio al dettaglio, mentre altrove, come sottolinea l’UST, c’è una maggiore presenza di attività a forte valore aggiunto e, quindi, buste paga più alte. Ciò non significa che la nostra economia sia debole, anzi. Semplicemente hanno un peso specifico taluni settori che in altri cantoni hanno un ruolo “annacquato” dalla presenza di grandi strutture, spesso multinazionali. È pertanto chiaro che la situazione ticinese, con un terzo di manodopera frontaliera e pur contando tante realtà produttive avanzate, ma comunque non comparabile alla concentrazione di sedi e centri dirigenziali di grandi imprese che vantano altri Cantoni, sia strutturalmente diversa.
Una comparazione fuorviante
Ma c’è un aspetto cruciale da rimarcare per non interpretare l’inchiesta dell’UST in maniera fuorviante al fine di avvalorare la tesi del notevole scarto salariale: nella statistica federale il Ticino da solo è paragonato con intere regioni composte da più Cantoni, il che è come confrontare le mele con le pere”.
Difatti, l’UST utilizza la seguente ripartizione regionale:
Arco lemanico con VD, VS, GE;
Espace Mittelland con BE, FR, SO, NE, JU;
Svizzera nord-occidentale con BS, BL;
Svizzera orientale con GL, SH, AR, AI, SG, GR, TG;
Svizzera centrale con LU, UR, SZ, OW, NW, ZG;
Zurigo;
e, infine, il Ticino, da solo!
Dunque, a parte Zurigo che per forza economica e struttura generale fa storia a sé, non c’è una vera comparazione tra Cantoni. Così il Vallese, con un’economia certamente meno diversificata e per molti aspetti meno forte della nostra, è affiancato al Canton Vaud e al Canton Ginevra Stesso discorso per il Giura affiancato a Friburgo, cantone che negli ultimi anni grazie all’insediamento di importanti realtà industriali come Rolex e Nespresso, ha registrato una forte crescita grazie che hanno alzato sensibilmente anche i livelli retributivi di tutta la regione. Un assemblaggio regionale che porta a relativizzare di molto i risultati pubblicati la scorsa settimana, che necessitano di molti distinguo e interpretazioni. Basti ricordare che, quando si stilano le graduatorie per i singoli cantoni, il Ticino si colloca all’ottavo posto in termini assoluti di PIL pro capite. Difficile credere che i famelici imprenditori si pappino tutti i proventi di quanto prodotto…
Si potrebbe obiettare che nella produzione del PIL sono conteggiati anche i frontalieri. Bene, togliamoli. Ma allora per coerenza vanno tolti anche nella statistica sui salari per evitare distorsioni. Sì, perché il divario salariale arriva al 18-20% solo se nel calcolo si conteggiano gli stipendi degli oltre 78mila frontalieri che sono retribuiti in Ticino, ma non vivono qui. Retribuzioni che generalmente sono più basse e che, aggregate a quelle più alte dei residenti, comprimono la media dei salari. Detratte le paghe dei frontalieri e confrontando i salari dei soli residenti con quelli degli altri Cantoni la differenza si riduce all’ 8-10%. Anche su questo occorrerebbe confrontarsi se si vogliono fare discorsi costruttivi e correggere le vere situazioni problematiche in termini di salari e non solo quelle presunte che fanno comodo per scatenare polemiche e inventare rimedi spacciati per miracolosi.
Una distorsione statistica
Insomma, è in gioco quella stessa forzatura statistica che il Consiglio di Stato ha denunciato a Berna per ottenere maggiori contributi nell’ambito della perequazione finanziaria intercantonale. Se il Ticino quest’anno riceverà 86,77 milioni di franchi, molto meno di quanto avranno altri Cantoni di certo non più svantaggiati (il Vallese, ad esempio, riceverà 884 milioni) ciò è dovuto anche al fatto che i redditi di quasi 79mila frontalieri vengono inclusi nel potenziale delle risorse utilizzato nel calcolo fiscale pro capite. Un’ ingente massa salariale che ci fa apparire più ricchi, quando in realtà essa fluisce oltre confine. Riconoscendo questa semplice verità il contributo per il nostro Cantone sarebbe molto più consistente. Perciò, Il Consiglio di Stato ha chiesto di limitare al 50% la quota di redditi dei frontalieri usata per stimare il potenziale fiscale. Applicando lo stesso ragionamento non si vede perché le retribuzioni dei frontalieri, che abbassano la media salariale, non devono essere estrapolate dal totale delle paghe versate in Ticino ai fini di una più corretta valutazione statistica dei livelli salariali e del confronto con gli altri Cantoni. Tolti i salari dei frontalieri, le cifre sarebbero diverse. Infatti, dalle tabelle dell’UST si evince che per le funzioni non dirigenziali gli svizzeri guadagnano molto di più dei residenti stranieri e dei frontalieri. Elemento questo fondamentale, visto che la grande massa dei lavoratori d’oltreconfine è occupata in funzioni non dirigenziali. Un dato in particolare merita però un’attenzione speciale, perché da quanto pubblicato dall’UST emerge (almeno nel settore privato) un aumento dei salari delle funzioni più basse, tradizionalmente occupate soprattutto da frontalieri, a scapito della categoria della categoria dei quadri inferiori, dove troviamo invece soprattutto residenti. Primi effetti perversi dell’introduzione del salario minimo? Molto probabile, anche perché è sempre stato chiaro che il salario minimo sarebbe andato a beneficio soprattutto dei frontalieri. Non essendo le masse salariali variabili indipendenti modificabili a piacimento, è logico che alzando il livello degli stipendi più bassi taluni livelli più alti possano essere compressi.
Si sottrae reddito ai cittadini
Tematizzando i livelli dei salari ormai è usuale fare riferimento solo al fatto che essi non crescono abbastanza, come se questo potesse essere un meccanismo automatico e dovuto, indipendentemente dall’andamento delle aziende. Di per sé negli ultimi anni i salari, anche in assenza d’inflazione, sono costantemente aumentati in Ticino sebbene forse non in modo omogeneo e generalizzato. Si dimentica però troppo spesso l’erosione del potere d’acquisto che, di fronte a certe evoluzioni repentine e massicce, non può essere compensata “solo” da aumenti salariali. Il riferimento è all’aumento esponenziale delle spese obbligate, assicurazione malattia in testa, e al peso dello Stato che preleva quote crescenti di reddito sottraendole ai consumi privati e ai risparmi. Secondo una recente stima dell’UST, un’economia domestica tipo, composta da 2,09 persone, con reddito lordo mensile di poco meno di 10mila franchi, vede volar via oltre 3’000 franchi al mese in spese vincolate, a cui vanno aggiunti i costi dell’affitto, del riscaldamento e dei vari premi assicurativi.
Una differenza salariale esiste, ma non dell’entità che si vuol far credere
A limitare i budget domestici ci sono imposte e tasse (comunali, cantonali, federali), oneri delle assicurazioni sociali, balzelli amministrativi, costi burocratici e i prezzi amministrati dallo Stato che rappresentano il 30% del totale dei prezzi al consumo svizzeri, una tra le più alte percentuali in Europa. Prezzi che non sono determinati dal libero mercato, ma spesso indotti da interessi corporativi o politici e il cui livello non ha sempre una motivazione economica plausibile. Alla radice del problema dei redditi insufficienti, assottigliati dall’esplosione dei costi e delle uscite vincolate, non c’è un’economia privata che non funziona e dal braccino corto con gli stipendi, o comunque non è la sola responsabile. Si dimenticano troppo spesso gli eccessi di un sistema pubblico il cui peso si scarica per mille vie sui cittadini.
L’escalation delle tasse
Solitamente si parla molto delle imposte e poco invece delle tasse e dei vari balzelli che cittadini e imprese pagano per coprire i costi di gran parte dei servizi pubblici forniti dallo Stato. Ad evidenziare l’escalation di questi tributi causali in Ticino è il rapporto del novembre scorso sul “Finanziamento mediante tasse o emolumenti nel 2021”, elaborato dal Dipartimento federale delle finanze (DFF), nel quale si analizza in che misura determinati compiti svolti da Cantoni e Comuni sono coperti da queste entrate. Nell’analisi si mettono a fuoco solo gli indicatori di quei servizi che generano i maggiori incassi, ovvero: Uffici della circolazione stradale e della navigazione, diritto generale (emolumenti riscossi dagli uffici d’esecuzione, dei fallimenti, del controllo abitanti, del registro fondiario, dello stato civile e da molti altri sportelli), approvvigionamento idrico ed eliminazione delle acque di scarico e la gestione dei rifiuti. Ebbene, in tutti questi settori tasse ed emolumenti, pagati per ricevere una determinata prestazione pubblica, hanno registrato un considerevole aumento. Una crescita vertiginosa in cui spicca il Ticino. Alla voce Uffici della circolazione stradale (pagamenti per patenti, licenze di circolazione e collaudi di veicoli), se l’indice medio nazionale è pari al 119%, il Ticino si colloca in testa alla classifica, toccando addirittura il 162%, seguito da Ginevra col 154%. Nel nostro Cantone si è passati da un indice del 116% nel 2008 al 162% del 2021. È aumentato anche l’indicatore relativo al diritto generale: dal 79% all’80% sull’arco degli stessi anni, mentre per l’approvvigionamento idrico e lo smaltimento delle acque di scarico il balzo è stato dal 55% al 68%. Infine, per la gestione dei rifiuti si è passati dal 44% del 2008 al 75% di tre anni fa. Nel giro di 13 anni, per il totale di questi quattro servizi il Ticino ha registrato uno dei maggiori incrementi con un indice di finanziamento schizzato dal 61% al 78%. E, si badi bene, che oltre a questi servizi, c’è una miriade di altre tasse, pure rincarate, per altre funzioni che non sono contemplate nel rapporto del DFF. Tasse per servizi certamente utili, per carità e di cui non si mette certo in dubbio la legittimità. Ma elementi di cui occorre tenere conto prima di additare con superficialità e generalizzazioni la politica salariale delle imprese. Più che solo su una presunta differenza salariale eccessiva, bisognerebbe, quindi, concentrare l’attenzione anche sulla progressiva erosione dei redditi provocata dal continuo aumento dei carichi di spesa originati dall’ente pubblico. L’onere fiscale complessivo in Ticino è molto al di sopra della media nazionale per cui parlare di fantomatici sgravi fiscali selvaggi è del tutto fuori luogo e chi insiste su questo mantra dovrebbe magari usare una maggiore prudenza… Se in questi ultimi anni le imposte non sono state toccate, è aumentato per contro in maniera sconsiderata il peso delle tasse e delle spese obbligate che impoveriscono la popolazione, contro cui non c’è aumento salariale che basti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2024/03/ART24-salari.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-03-26 08:00:002024-03-22 16:22:24Salari e statistiche
Mercoledì 27 marzo 2024 alle ore 17.30 presso gli Spazi Cc-Ti al 6° piano
La Cc-Ti organizza una serata informativa per tutti gli interessati ad iscriversi al corso Specialista della gestione PMI. Durante l’incontro saranno fornite maggiori informazioni inerenti al corso (costi, calendario, docenti e contenuti).
Coloro che volessero partecipare alla serata sono pregati di confermare la propria presenza al Signor Roberto Klaus all’indirizzo email: klaus@cc-ti.ch.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/09/ART23-serata-gestione-PMI.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2024-03-14 14:25:242024-03-14 14:25:26Serata informativa per il corso Specialista della gestione PMI con attestato federale
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