Una moneta intera pericolosa

L’opinione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni

Il ritmo incessante delle consultazioni popolari ci chiamerà di nuovo alle urne il prossimo 10 giugno per due oggetti federali, fra cui l’iniziativa popolare per una moneta intera. Tema complesso e molto tecnico, che anche gli iniziativisti faticano a spiegare. L’intento di base che viene propagandato potrebbe anche sembrare accattivante, visto che la finalità dell’operazione sembrerebbe quella di scongiurare l’insolvenza delle banche e il ripetersi di crisi finanziarie. Lodevole, benché il sistema bancario elvetico, dopo l’implementazione di numerose misure (“too big to fail”, standard internazionali di ogni genere e una vigilanza assai rigorosa della FINMA), non necessiti di ulteriori regole. Ma tant ’è, questo sembra non bastare a chi vuole fare della Svizzera un laboratorio di un pericoloso esperimento che non ha praticamente uguali nel mondo. Esperimento oltretutto concepito fuori dai nostri confini nazionali, per cui il legittimo dubbio di tentativi esteri di ulteriore attacco alla piazza finanziaria svizzera non è infondato.

L’iniziativa limiterebbe in sostanza il raggio d’azione delle banche. Le banche infatti potrebbero prestare solo denaro messo loro a disposizione dai risparmiatori, da altri istituti o dalla Banca Nazionale Svizzera (BNS) sotto forma di moneta intera, non potendo più emettere moneta scritturale tramite la concessione di crediti con il contemporaneo accredito sui conti correnti. La massa monetaria circolante non potrebbe quindi essere incrementata. In pratica, questo conferirebbe alla BNS la facoltà di distribuire in maniera diretta ed esclusiva denaro agli enti pubblici e ai cittadini, con buona pace dell’indipendenza della BNS, che è uno dei pilastri del nostro sistema, perché è facile immaginare che vi sarebbero pressioni politiche non indifferenti se la BNS assumesse questo nuovo ruolo. Non a caso la stessa BNS è fermamente contraria all’iniziativa e questo la dice già lunga sulla fondatezza della proposta. Chi dovrebbe in teoria avere un potere accresciuto non lo vuole perché lo ritiene inutile se non controproducente per l’intero sistema elvetico. Mica roba da poco. Va infatti anche tenuto conto che non solo cambierebbe il ruolo della BNS, che ha dimostrato di saper fare molto bene il suo lavoro anche in questi anni turbolenti, ma si rimetterebbe in questione in maniera fondamentale anche il modello imprenditoriale delle banche commerciali, che si troverebbero con un margine di manovra eccessivamente limitato. Con l’inevitabile conseguenza che la concessione di crediti diverrebbe molto più complessa, dato che le banche sarebbero obbligate a rifinanziarsi presso la BNS. La quale dovrebbe decidere anche sulla concessione dei singoli crediti, il che, dal punto di vista pratico, non è certo molto favorevole per i cittadini.
Un azzardo burocratico che metterebbe in difficoltà non solo le aziende ma appunto anche i cittadini ad esempio per la concessione di ipoteche. Il nostro sistema non è certamente perfetto, perché di perfetto non esiste nulla. Ma è performante come attestano tutti i dati economici. Stravolgerlo per fare della Svizzera un laboratorio per soddisfare strane curiosità o poco trasparenti interessi estranei al nostro sistema sembra decisamente esagerato, per cui l’iniziativa per una moneta intera deve essere rigettata.

Nuove tecnologie per l’innovazione

Eccovi l’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF

L’economia ticinese è in crescita. A confermarlo recentemente è stato anche lo studio commissionato dalla Cc-Ti all’istituto BAK Economics. Un’economia dinamica quella ticinese, che è supportata da settori sempre più specializzati, dove l’innovazione è il propulsore naturale. A risultare innegabile è proprio l’impatto che le nuove tecnologie hanno su quest’ultima e come ciò si ripercuota a cascata positivamente su tutti i comparti economici. Gli spunti che l’onda della digitalizzazione porta con sé sono numerosi e vanno da nuovi modelli di business a dinamiche differenti in atto nel mondo del lavoro, passando per figure professionali specializzate sempre più richieste. Questo cambiamento epocale è trasversale su tutta l’economia e coinvolge aziende e PMI. Le aziende sono pronte ad innovarsi, con l’obiettivo di diversificarsi per restare competitive in un mondo interconnesso. È questo il caso, ad esempio, del comparto nel quale opero, quello dei commercialisti e dei fiduciari, che negli ultimi anni ha subito profonde trasformazioni, sia dal punto di vista strutturale che operativo. Una delle tattiche adottate è quella della razionalizzazione dei costi nell’ottica del potenziamento di prodotti più competitivi per mercati maggiormente diversificati, proprio combinando l’economia digitale e le sue opportunità con il progresso tecnologico, che presenta potenzialità da cogliere a 360 gradi. Una politica già in atto, di cui si vedono i risultati, considerate la stabilità dell’attività fiduciaria e la ripresa dei ricavi nel settore bancario. Pensiamo solo alla specializzazione dei sistemi IT e ai nuovi modi di comunicare, così come alla sicurezza che è richiesta nel trattamento dei dati, vista anche l’imminente entrata in vigore del Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, il prossimo 25 maggio. Regolamento che avrà ripercussioni sulle attività aziendali svizzere e di cui come Cc-Ti abbiamo ampiamente parlato e continueremo a farlo in appositi momenti informativi e formativi. Quindi, per tutto il sistema produttivo, di beni e servizi, le sfide dell’era digitale sono prossime e coinvolgono la governance aziendale a livello strategico. Riflettiamo in questo senso con propositività, senza timori, ma con slanci di rinnovamento.

Swissness per il territorio

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore della Cc-Ti

Lo studio elaborato da BAK Economics sullo sviluppo dell’economia ticinese ha messo in evidenza tassi di crescita molto interessanti, grazie anche al tessuto economico molto diversificato.

Un’evoluzione costante nel periodo 2005-2016, nonostante periodi difficili e tre grandi crisi in dieci anni (una di natura finanziaria, le altre due legate alla questione euro-franco). Anche le prospettive future sono di segno positivo, soprattutto se riusciremo a mantenere intatte le caratteristiche tipicamente elvetiche, improntate alla libertà imprenditoriale, che non significa ovviamente vivere senza regole, ma limitarsi a quelle indispensabili che non ostacolano lo spirito d’impresa, la creatività e l’innovazione, motori essenziali di ogni sviluppo economico. Certo, ci sono settori trainanti come l’IT, l’industria farmaceutica, il settore dell’elettronica, il commercio di materie prime o il settore della moda, che vanno considerati con la giusta attenzione, ma la forza del Ticino oggi è la coesistenza fra realtà grandi e piccole, fra multinazionali e aziende rivolte al mercato interno, in un delicato ma fondamentale equilibrio fra la necessaria apertura e alcune legittime  richieste di tutela che però non devono sconfinare nel protezionismo tout court.

Equilibrio non sempre facile da mantenere e per il quale ci adoperiamo, poiché riteniamo che, come in una squadra vincente, ci voglia una copertura di qualità per tutti i ruoli. Quando il denominatore comune sono valori come appunto l’innovazione, la creatività, il rispetto delle regole, la qualità, la precisione, ecc., le basi sono più che solide e danno origine a quella che si può definire come una Swissness più ampia non solo legata al prodotto, ma vero e proprio marchio di fabbrica di un atteggiamento imprenditoriale di qualità. Come abbiamo avuto modo di discutere durante la recente Giornata dell’export lo scorso 26 aprile, durante la quale abbiamo potuto dare spazio a realtà aziendali di assoluto valore mondiale, alle quali anche i vati del disfattismo generalizzato farebbero bene a prestare qualche attenzione. Certo, come in ogni ambito dell’attività umana, anche il sistema economico ticinese non è perfetto e necessita di alcuni correttivi, di un’attenta e mirata lotta a determinati abusi e su questo non ci siamo mai tirati indietro. Intanto noi continuiamo a lavorare anche su temi strategici come appunto la Swissness,  internazionalizzazione, la sostenibilità, la trasformazione digitale, che sono assi portanti anche per le aziende ticinesi.

Farmaceutica: una forte specializzazione

Giorgio Calderari, Presidente Farma Industria Ticino e membro del nostro UP, ci parla in questo breve approfondimento, delle dinamiche in atto nel settore farmaceutico ticinese e di come questo comparto si stia vieppiù specializzando (dato confermato anche dai risultati emersi dallo studio BAK Economics), con grandi aziende consolidate, accanto a nuove start up che dialogano con i centri di ricerca accademici.

Lo studio BAK Economics ha evidenziato una forte specializzazione nel settore della farmaceutica.
Come ci stiamo muovendo?

Mi fa molto piacere vedere come il BAK abbia validato con una ricerca seria ed indipendente quanto da noi rilevato come Farma Industria Ticino in questi ultimi anni: una forte crescita del settore ed il consolidamento di un cluster di aziende molto unite nel modo di fare impresa ma anche molto diversificate e specializzate, così da rendere il settore resiliente verso la competizione mondiale. Sono 28 le aziende associate con 2’900 collaboratori ed una massa salariale di CHF 255 milioni; il fatturato ammonta a CHF 2.3 miliardi realizzato soprattutto tramite esportazioni. Tornando al cluster, mi piace sottolineare come se si dovessero raggruppare gli associati in azienda paragonabile ad una media multinazionale, sia per fatturato che per capacità di creare valore aggiunto. E di fianco alle società consolidate, cominciano a nascere alcune start-up, anche grazie al supporto delle scuole universitarie e dei centri di ricerca del territorio.

Quale valenza hanno il modo di fare impresa “svizzero” ed il marchio Swiss made, nel settore farmaceutico?

Mentre l’importanza del marchio “Swiss made” è relativa, il modo di fare impresa svizzero è determinante, grazie alla nostra capacità di innovare, di creare know-how e proprietà intellettuale, di pianificare a lungo termine e all’eccellenza nell’implementazione dei processi. E naturalmente, la tradizione del polo basilese è di grande rilevanza per la crescita di tutto il settore nazionale.

Sostenibilità, chiave del successo

Nell’ambito delle interviste che mirano a conoscere i differenti membri del nostro Ufficio Presidenziale, che poi appaiono anche sulla rivista economica della Cc-Ti, Ticino Business, conosciamo oggi una donna che dirige un’azienda che produce cioccolato ed esporta in tutto il mondo. Alessandra Alberti, Direttrice Chocolat Stella SA, ci parla dell’importanza della Swissness, dell’attenzione alla qualità ed all’innovazione per fare impresa oggi.

Quanto è importante la sostenibilità nell’ambito delle attività della Cc-Ti e per l’economia?

L’attenzione che la Cc-Ti dedica alla sostenibilità è forte: da alcuni anni è stato incrementato il focus su questo argomento, tanto che nel settembre 2016 anche la Cc-Ti si è autocertificata con una valutazione interna. Inoltre nelle proprie attività la considerazione verso il tema è sempre presente con corsi, approfondimenti e seminari. Ricordo che sono tre i fattori che compongono la sostenibilità (economica, ambientale e sociale). Essi generano un circolo virtuoso nelle aziende, che porta un benessere per l’economia e la società più in generale.

Se si pensa alla Svizzera si dice “cioccolato”. Anche altri Paesi lo producono. Come si resta competitivi sul mercato, dalla sua esperienza personale?

La Svizzera è sempre riconosciuta per la qualità dei suoi prodotti. Non si può tuttavia dormire sugli allori perché anche gli altri si danno da fare. Chocolat Stella esporta oggi in 50 Paesi, oltre che vendere le proprie specialità in Svizzera e in Ticino. Ci siamo concentrati sulle nicchie di mercato (come ad esempio biologico, ecosolidale, vegan, dietetico, …), dopo approfondite analisi relative ai bisogni dei consumatori. La nostra azienda è molto attenta all’innovazione. Crediamo che essa ci fornisca, insieme alla ricerca ed alla creatività, quel propulsore che ci permette di distinguerci ed andare avanti con successo. Vendiamo prodotti sia con il nostro marchio, come pure con quello del cliente. La metà della produzione ha il marchio Bio e Fair Trade. Siamo molto attenti alla  sostenibilità, in tutte le attività aziendali.

Costruire insieme il futuro

Intervista a Cécile Chiodini Polloni, Responsabile Formazione Puntuale Cc-Ti

Nell’ambito della sua rinnovata strategia di formazione, la Cc-Ti ha ampliato la sua offerta di corsi puntuali.
Può anticiparci qualche novità?

La Cc-Ti è, da sempre, attiva nella formazione su differenti livelli: sia in modo mirato con una formazione puntuale su temi di gestione aziendale a 360 gradi, come pure con una scuola  manageriale che forma futuri dirigenti, imprenditori e collaboratori di direzione. La nostra linea è quella di un dialogo sempre più performante e interattivo improntato a rispondere alle esigenze peculiari dei soci (aziende ed associazioni di categoria) per permettere uno sviluppo futuro delle loro attività. Nella scelta dei temi da trattare, siamo molto attenti all’attualità. Gli ambiti nei quali possiamo offrire corsi di formazione puntuale spaziano dalle HR alle questioni giuridiche (con il diritto del lavoro che occupa una parte preponderante delle tematiche). Oltre a ciò tutto il comparto della comunicazione e della vendita. Non dimentichiamoci dell’importanza che riveste oggi la digitalizzazione, in tutti gli ambiti aziendali: sia per la produzione, sia per i servizi, ecc.. Gli approfondimenti ed i seminari, come pure i numerosi eventi legati alla tematica “digital” sono da alcuni anni nelle prerogative della Cc-Ti, che puntualmente propone. À côté, dall’autunno di quest’anno, offriremo anche un ampio ventaglio di proposte formative legate alla digitalizzazione per avvicinare sempre di più aziende e PMI al tema, ma anche e soprattutto per sensibilizzare sulle opportunità che essa dà.

Come avviene l’interazione con le aziende a voi associate? Su quali temi ricevete invece le maggiori sollecitazioni?

Principalmente attraverso le comunicazioni e le interazioni che ogni dipendente del team della Cc-Ti ha quotidianamente con gli associati. Gli stimoli che riceviamo sono numerosi e ci spingono ad analizzare e creare eventi, approfondimenti e formazioni mirate su temi d’attualità, anticipando spesso i tempi su informazioni e dibattiti. I temi di attualità – pensiamo soprattutto all’introduzione e / o modifiche di leggi cantonali o federali – sono quelli su cui siamo maggiormente sollecitati. Tra i nostri punti di forza, sicuramente uno  dei più rilevanti è la vasta conoscenza di specialisti del settore ben ancorati al nostro territorio. Siamo quindi in grado di aiutare concretamente l’imprenditore per mantenere e migliorare la propria competitività sul mercato.

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Cc-Ti e soci: dialogo performante

Due domande a Cristina Maderni

Prosegue l’approfondimento dedicato ai membri del nostro Ufficio Presidenziale. In quest’intervista a Cristina Maderni, Vicepresidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF, scopriamo il ruolo della Cc-Ti nell’interazione con i propri associati (aziende ed associazioni di categoria), e quanto il settore dei servizi nei quali lei opera (commercialisti/fiduciari) sia in ripresa, anche dai dati emersi dallo studio BAK Economics.

La Cc-Ti ha un forte approccio di prossimità alle aziende associate, in che modo sta potenziando questo aspetto?

Ritengo che proprio questa nostra rivista economica costituisca un indicatore di quanto la Cc-Ti si adoperi per essere “vicina” alle aziende associate. Le sue pagine rivelano la qualità del dialogo che assieme ci sforziamo di edificare. La Cc-Ti fa consulenza, eroga formazione puntuale, supporta le aziende in tema di diritto del lavoro, di risorse umane, di export, di vendita. Certo, la prossimità è un aspetto che desideriamo potenziare e migliorare. Ne sono testimonianza gli investimenti che destiniamo a progetti ad hoc per singoli associati, alle missioni all’estero, alle riflessioni sull’economia del Cantone che proponiamo con successo ai soci e alla collettività. Il tutto basato sull’ascolto delle esigenze dei nostri membri.

L’economia ticinese si presenta dinamica e in crescita, quali sviluppi ritiene possibili per la piazza finanziaria luganese?

Sì, l’economia ticinese si caratterizza per un ritrovato clima di crescita e di ottimismo. Il recente studio BAK Economics conferma questo trend, cui il settore finanziario si sente spronato a partecipare. Il focus strategico dei nostri operatori si riposiziona dalle politiche di razionalizzazione dei costi alla ricerca di nuovi sentieri di crescita. Sentieri imperniati sullo sviluppo di prodotti più competitivi e di mercati maggiormente diversificati, così come sull’investimento in tecnologie emergenti. E già si intravedono i primi risultati, ad esempio nella confermata stabilità  dell’attività fiduciaria e nella recente ripresa dei ricavi del settore bancario.

La forza della nostra economia

Due domande al Presidente Cc-ti, Glauco Martinetti

Da quest’edizione di Ticino Business, che apparirà lunedì 7 maggio, potrete approfondire e conoscere meglio i membri del nostro Ufficio Presidenziale. Nella prima intervista, vi proponiamo due domande al Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti, che è anche Direttore dell’azienda Rapelli SA. Egli parla della nostra economia, concentrandosi anche sull’attività della ditta che dirige, in relazione alle opportunità che la Cc-Ti offre e crea per le PMI e le aziende e su diversi mercati.

L’economia ticinese è in crescita, fatto confermato dallo studio BAK Economics e che la Cc-Ti afferma da tempo. Su quali questioni occorre lavorare?

Credo che il Ticino abbia da anni intrapreso una via positiva ma la stessa società ancora non se ne è accorta. Il Ticino imprenditoriale ed economico di oggi è più forte di trent’anni fa, eppure si è molto più divisi oggi di allora. Il mio primo auspicio è che si capisca l’importanza e la necessità di un lavoro di concerto da parte di tutti gli attori sul territorio a favore di una dinamicità economica di cui possono beneficiare tutti, in modo da poter preparare il nostro Cantone a cogliere le diverse opportunità già oggi esistenti e che si svilupperanno ancora di più nel futuro. Secondariamente abbiamo delle grandi sfide nella successione aziendale e nell’importanza di tramandare il nostro modo di fare impresa, che nel corso degli anni è stato fonte importante di  successo. Il sistema imprenditoriale svizzero, dalla formazione duale alla spirito associativo, è un modello di successo: va preservato e moltiplicato.

Al timone di un’azienda come la Rapelli SA e con ampia esperienza alle spalle, quali sono i servizi fondamentali che la Cc-Ti offre agli imprenditori e aziende attive in Ticino?

La Cc-Ti è il rappresentante degli interessi imprenditoriali di chi fa impresa, e da oltre 100 anni tutela e promuove l’esistenza di condizioni quadro favorevoli per tutta l’economia cantonale. Uniti siamo più forti, con questo spirito è nata nel 1917 l’associazione mantello dell’economia ticinese. Ho toccato con mano questa forza dell’agire insieme quando sono riuscito, tramite una missione economica in Russia, organizzata dalla Cc-Ti, ad entrare su questo mercato con i nostri prodotti di salumeria.

Serve più innovazione istituzionale

L’opinione del Direttore Cc-Ti, Luca Albertoni

Per sfruttare l’enorme potenzialità della digitalizzazione, per la Svizzera è d’importanza cruciale, adottare al più presto la tecnologia 5G. Si tratta di una tecnologia che aumenterà notevolmente le prestazioni della telefonia mobile, moltiplicando i volumi dei dati gestibili e accelerando i tempi di reazione di tutto il sistema alla nuova potenza delle comunicazioni.

Purtroppo, in questo campo siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, poiché il nostro attuale quadro normativo non permette di introdurre rapidamente le reti mobili di quinta generazione e di sfruttare, dunque, già adesso le enormi possibilità che esse offrono per l’economia e per la società. Questo ritardo è la chiara dimostrazione che la necessità di stare al passo con l’incessante evoluzione tecnologica, non richiede solo adeguati investimenti nelle infrastrutture e nella formazione per l’acquisizione di nuove competenze, ma impone anche una forte innovazione istituzionale e culturale. Che può nascere solo da una comune consapevolezza, a livello politico, economico e sociale, delle grandi trasformazioni che stanno investendo la produzione, i consumi e il nostro stile di vita. Serve, insomma, un approccio innovativo nella scelta degli investimenti, nella politica della formazione scolastica e professionale, così come nella legislazione sociale e nel diritto del lavoro, che oggi sembrano ancora ingabbiati negli schemi novecenteschi della vecchia società industriale.

Alla luce di tutto ciò acquistano maggiore rilevanza l’esigenza del dialogo tra le parti sociali, senza arroccamenti ideologici, la discussione costante con lo Stato e il confronto costruttivo nel dibattito pubblico, su cui come Cc-Ti insistiamo da tempo. Ma la capacità d’innovare dei nostri imprenditori, per essere soggetti attivi e non passivi dalla rivoluzione digitale, è strettamente legata alla libertà d’impresa. Se quest’ultima viene limitata, come purtroppo sta accadendo oggi, con un eccesso di regolamentazioni e di burocrazia, si rischia di pregiudicare la crescita e lo sviluppo del nostro Paese.

 

Guardiamo con più fiducia al nostro Paese

L’opinione del Presidente Cc-Ti, Glauco Martinetti

“Il Ticino non è più il figliolo problematico della Svizzera”, scriveva qualche settimana fa la Neue Zürcher Zeitung, commentando i brillanti risultati della nostra economia rilevati nel recente studio di Bak Economics. Il prestigioso istituto ha difatti sottolineato “uno sviluppo economico con un andamento particolarmente dinamico” del Cantone, evidenziando peraltro molti fattori positivi. Tra questi il notevole aumento del PIL pro capite, una crescita della produttività che si è allineata alla media nazionale e una forte espansione dell’occupazione che dal 2005 al 2016 ha registrato un aumento del 24%. Un sistema produttivo che ha ottenuto spesso performances superiori a quelle ottenute nel resto della Svizzera e in altri Paesi europei.

Come Camera di commercio e dell’industria non possiamo che essere soddisfatti di questi risultati e orgogliosi degli sforzi intrapresi in questi anni dei nostri imprenditori per restare competitivi, nonostante non pochi ostacoli. Ciò non significa assolutamente sottovalutare alcune criticità di questa crescita, talune distorsioni del mercato del lavoro o le difficoltà ancora presenti in certi settori. Anzi, non possiamo che ribadire la nostra volontà di affrontare e risolvere questi problemi assieme agli altri partner sociali e alle Istituzioni, attraverso un dialogo costante e un confronto costruttivo, com’è sempre stato nella tradizione della nostra associazione.

Ma siamo altresì convinti che oggi possiamo, e dobbiamo, guardare con più fiducia e ottimismo alla nostra economia ticinese. Con quella fiducia e ottimismo di cui ha bisogno tutto il Paese e con cui ora si guarda, invece, da oltre Gottardo alle potenzialità del Ticino. Come hanno ben messo in luce recenti analisi dedicate al nostro Cantone, la decisione di UBS d’insediare a Manno il suo nuovo polo tecnologico e l’adesione del Ticino alla Greater Zurich Area, la più grande piattaforma svizzera di marketing territoriale. Riconoscimenti che segnalano un forte apprezzamento per l’affidabilità e la solidità della nostra economia, ma che purtroppo non pare siano stati recepiti in Ticino in tutta la loro importanza.

Ritrovate i risultati dello studio BAK Economics direttamente qui.